La maledizione degli Uchiha

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    I N N O V A T I O N:
    “Just as energy is the basis of life itself, and ideas the source of innovation, so is innovation the vital spark of all human change, improvement and progress”

    Shizuka Kobayashi's change of air




    divisore





    « Hai davvero un pessimo carattere, tu »
    Le parole le uscirono di bocca improvvisamente, facendosi largo durante una piccola pausa di sospensione del monologo del suo interlocutore, e nel dirle la giovane Principessa del Villaggio della Foglia non poté che sorridere con ironia, reclinando leggermente la testa di lato.
    Sembrava divertita dai discorsi offerti lei da Atasuke Uchiha -il giovane Shinobi che aveva incontrato per caso fortuito e assieme al quale era rimasta per tutto il tardo pomeriggio- ma non per questo aggressiva o irritata come lo era stata durante le prime battute della loro conoscenza: Nel suo volto, ora, vi era piuttosto una nota di gentile rassegnazione, che conferiva ai suoi lineamenti una morbidezza quasi materna.
    « Davvero nessuno, all'interno del tuo stesso Clan, se n'è mai reso conto? » Domandò ancora, dopo un attimo, mimando adesso stupore. Agli effetti, com'era possibile che nessuno si fosse mai accorto di quanto superbo e presuntuoso quell'uomo potesse essere? Possibile che tutti si fossero lasciati ingannare da quella sua parvenza di galanteria e gentile disponibilità?
    Rise, scuotendo la testa, e suo malgrado non poté fare a meno anche di sospirare, rendendosi conto solo in quel momento che forse, il motivo per il quale a lei sembravano così evidenti quelle sfumature del carattere del suo compagno che a molti altri evidentemente sfuggivano, risiedeva nel fatto che non era poi troppo diversa da lui: Dopotutto non era una novità che la Principessa dei Kobayashi fosse una testarda, orgogliosa, spesso impulsiva e decisamente indomabile giovane signorina...
    … Chissà se agli altri faceva la stessa impressione che Atasuke faceva a lei?
    Suo malgrado, rabbrividì.

    “Tuttavia... Se permetti, preferirei parlarne meglio in casa, magari sorseggiando un buon bicchiere di vino seduti in poltrona ed osservando il giardino dalla piattaforma panoramica di casa mia...
    Quindi... cosa hai deciso di fare? Ti va di venire con me?”



    Silenzio.

    Ferma sotto un grosso faggio giapponese in piena fioritura estiva, che con le sue ombre e le sue sporgenti fronde ne celava la figura, Shizuka Kobayashi fissò per un lungo attimo di silenzio il suo interlocutore, quasi stesse aspettando che quest'ultimo le ridesse in faccia o le facesse presente che stava giocando, che nulla di quello che aveva detto era vero... ma quando si rese conto che niente, in lui, sembrava scherzare, non poté fare a meno di schiudere la bocca in una sconvolta espressione di stupore, talmente evidente e talmente ben riuscita, che per cercare di attutirla la kunoichi non poté che portarsi una mano al volto, facendo un passo all'indietro come una fanciulla spaurita di fronte ad un malpensante.
    « Come scusa? » Domandò infatti, sbattendo le palpebre in modo teatrale « Come hai detto? » Ripeté... prima che la sua mano scivolasse lungo il fianco e il suo volto si rivelasse, agli occhi del giovane Shinobi, illuminato da un profondo ironico sorriso che nulla aveva in comune con quello di pochi istanti prima « Ci conosciamo solo da qualche ora e già mi inviti nella tua casa con piattaforma panoramica? » Chiese con una velata nota di malizia nella voce « Sono allibita, sul serio... quanta intraprendenza voi uomini Uchiha, nulla di cui stupirsi se ogni donna del Villaggio vi guarda con passione... » Aggiunse, alzando gli occhi al cielo e sospirando con aria sognante, andando così ad imitare la stragrande porzione di kunoichi di Konoha, che guardavano agli esponenti del Clan del ventaglio nello stesso modo in cui lei guardava alla (lontana e impensabile) promozione Chunin: Vogliosa e colma di aspettative.
    […] Era molto più maliziosa di quello che aveva potuto dare ad intendere fino a quel momento e in verità, come si sarebbe reso conto pochi istanti dopo Atasuke Uchiha, anche molto meno pudica di quello che una Principessa avrebbe mai dovuto essere. Una constatazione più che ovvia da fare, quella...
    … dato che la ragazza, ignorando la presenza del suo interlocutore e approfittando della breve pausa che si era venuta a creare, si sfilò di dosso il suo kimono, rimanendo così con indosso solamente la sua fascia nera per il seno e il tipico retino ninja a coprirle l'addome: Molto più formosa di quello che era possibile constatare vedendola sempre indossare gli austeri abiti tradizionali giapponesi, Shizuka Kobayashi presentava una fisicità che nulla aveva a che spartire con quella di sua madre -la più bella donna di Konoha, famosa per il suo corpo sinuoso e snello come un giunco- ma che lei parve non avere poi troppi problemi a mostrare, quasi fosse abituata a circostanze come quelle, e del resto, anche prepotentemente convinta che una creatura come lei mai avrebbe potuto attrarre un uomo... del resto, chi mai avrebbe voluto una ragazza come lei al proprio fianco?
    Quella domanda, le si leggeva sul viso.
    « I miei vestiti sono pieni di sangue » Si sarebbe scusata un attimo dopo la kunoichi, lanciando un'occhiata al suo interlocutore. Ed era vero, cercando di soccorrere il giovane Uchiha infatti, sia l'obi che il tessuto del suo kimono da combattimento erano stati macchiati e sporcati in modo quasi irrimediabile, tanto che lei, nell'osservare il pregiato tessuto con cui era stato confezionato l'abito, non poté che assumere uno sguardo sofferto « Se anche avessi il permesso di entrare al Quartiere... come pensavi di farmi passare inosservata, precisamente? » Riprese tuttavia a dire dopo un attimo, perplessa « Coperta di sangue non credo ci riusciremmo, e del resto... » Si guardò un attimo, sospirando e facendo spallucce « ...dubito che nuda mi farebbero andare da qualche parte, o sbaglio forse? » Domandò ancora, e così dicendo, senza curarsi poi troppo della situazione nella quale versava, si avvicinò ad Atasuke, di fronte al quale si fermò prima di allungare un braccio con aria autoritaria « Spogliati » Ordinò immediatamente con tono perentorio, inarcando un sopracciglio nel fissare il compagno « Dammi il tuo mantello, o qualcosa che possa mettermi addosso » Puntualizzò, fissando divertita il volto di lui « Mi rendo conto di non essere un bello spettacolo, non fare quella faccia » Protestò poi, mettendosi a braccia conserte: Era davvero molto più prosperosa di quello che ci si sarebbe mai aspettati da una ragazzina bassa come lei « Sai com'è, preferirei indossare qualcosa prima che il tuo amichetto mi insulti... » Aggiunse alzando gli occhi al cielo...
    … e sebbene in un primo attimo quelle sue parole poterono sembrare insensate se non addirittura visionarie, assunsero immediatamente un significato nel momento in cui da dietro un arbusto poco distante dai due ragazzi non fece capolino uno Shinobi dai capelli e gli occhi corvini, il cui sguardo irritato pareva essere solo l'ovvio risultato della scena di fronte alla quale si trovava, che sembrava apparire ai suoi occhi come la peggior visione ripugnante a cui un povero essere umano poteva avere la disgrazia di assistere... proprio come egli ebbe la premura di far notare quando, rivolgendosi ad Atasuke -il quale era stato il primo ad invitarlo allo scoperto-, parve sul punto di vomitare bile.
    Una constatazione, quella, che non poté che far ridacchiare la giovane Kobayashi, la quale, portandosi una mano al volto, cercò di mantenersi il più possibile seria: Alla fine gli Uchiha non cambiavano proprio mai, erano davvero tutti uguali... il tono della loro voce, quando parlavano di lei, era sempre il solito. Disgustato e iracondo.

    “Credi forse che basti così poco perchè quella disgraziata possa accedere ai nostri quartieri? Hai idea di che colpe è macchiata? E poi tu sei l'ultimo del clan a poterti permettere di darmi ordini o ancora di più a poterti permettere di decidere le autorizzazioni a nome del clan!”



    « Vedi? » Incalzò subito Shizuka, tirando una gomitata amichevole sul fianco del compagno, quasi si fosse scordata che anche questo, suo malgrado, era un Uchiha « Io sono macchiata, tu sei l'ultimo del clan... propongo di andare in una lavanderia e poi iscriverci ad una maratona, se non ti dispiace » Suggerì con sarcasmo canzonatorio, scoppiando poi a ridere... ma al suo fianco, non ci furono reazioni di alcun genere se non quelle decise dallo stesso Atasuke, il quale, dando le spalle alla ragazza, si concentrò solamente sul nuovo sopraggiunto, verso il quale cominciò dunque a parlare a voce bassa e fitta, tanto che la stessa Principessa ebbe difficoltà a cercare di capire cosa diavolo stesse blaterando...
    … qualcosa di sicuramente agghiacciante in ogni caso, non c'erano dubbi visto e considerato che il ninja che pareva chiamarsi Shinji non perse poi troppo tempo a impallidire come un cencio e prendere poi ad annuire come un fantoccio, mentre il suo aguzzino si sbrigava ad estrarre dalla sua saccoccia ninja un rotolo su cui prese a incidere con il chakra chissà quale messaggio...
    […] Beh, non che le interessasse sapere cosa stava succedendo, ormai aveva perso da tempo la voglia di immischiarsi negli affari dei rotelle-muniti. Era cresciuta ormai, del resto era diventata una donna, e come le diceva sempre Ritsuko, la curiosità è tipica della scimmia e non dell'uomo, che si distingue dalla bestia proprio per l'autocontrollo e la raffinatezza di...
    « Fammi leggere » Troppe idiozie: Da che mondo e mondo, la curiosità è donna « Scrivi di me? » Chiese Shizuka Kobayashi, appiccicandosi ad Atasuke senza remore della sua condizione, quasi arrampicandosi su di lui per cercar di dare un'occhiata al contenuto del rotolo... il quale si sarebbe rivelato ai suoi occhi colmo di qualcosa che lei, nel suo essere bambina ingenua, non avrebbe mai potuto credere vero. Sgranando gli occhi e staccandosi di botto dallo Shinobi degli Uchiha, la ragazza rivolse infatti lui uno sguardo sconcertato che non poté che accompagnarsi ad un lungo attimo di silenzio scandito solamente dal rumore del vento tra le fronde degli alberi e delle vie del Villaggio testimone di cambiamento..
    « Perché? » Avrebbe chiesto con la voce ridotta ad un filo appena udibile. Sul suo volto, adesso, il ritratto più raffinato dell'incomprensione « Nemmeno mi conosci » Mormorò, continuando a guardare con stupore il ragazzo che si trovava di fronte a lei, non riuscendo a capire, non riuscendo ad accettare...
    … Ma per quanto ella sembrasse stupita se non addirittura smarrita da quel gesto a cui non riusciva a dare né un nome né un motivo, il suo interlocutore non sembrava condividere il suo stato d'animo, come dimostrò due istanti dopo, quasi ignorando la sua reazione, porgendo al sopraggiunto terzo incomodo il rotolo che aveva appena terminato di sigillare, lasciando poi che questo sparisse di lì in un istante, lasciando dietro di sé solo il silenzio del vuoto.
    piagnisteo
    Immobile nel punto che si era guadagnata giocando a fare la bambina, Shizuka guardò senza emettere suono il ragazzo che il fato aveva deciso di mettere sul suo cammino, quasi fosse ormai incapace di fare altro, e dopo una manciata di secondi in cui le espressioni del suo volto visitarono tutto lo spettro di sentimenti conosciuti, la kunoichi abbassò lo sguardo, quasi con rabbia.
    « Non ho niente da darti in cambio per tutto questo, sappilo... » Sussurrò con voce rotta, ma di fronte a lei quella sua presa di posizione parve non sortire effetti di alcun genere, poiché Atasuke Uchiha, ignorandola, si limitò a porgerle il braccio con galanteria, invitandola piuttosto a proseguire...
    … Invitandola ad entrare là dove non sarebbe mai dovuta andare.
    Invitandola ad oltrepassare la soglia di quel luogo che per tanti anni aveva continuato a spiare da lontano, limitandosi ad immaginare cosa si celasse dietro a quelle alte e imponenti mura marchiate dal simbolo di un Clan che la odiava senza conoscerla...
    … Cosa sarebbe successo se fosse entrata? Sarebbe morta?

    « Ho paura » Gemette improvvisamente, avvinghiandosi ad Atasuke come una bambina angosciata, e così dicendo rivolse lo sguardo verso di lui, sentendosi molto più pallida e terrorizzata di quello che avrebbe mai voluto essere, poiché in un momento come quello, se c'era un sentimento che voleva lasciar trasparire, era solamente l'orgoglio potente e nobile della sua famiglia.
    “Sono arrivata, sono qui” Avrebbe voluto lasciar intendere a chiunque si sarebbe fermato a guardarla... e invece a fare il suo primo ingresso all'interno del tanto rinomato e temuto Quartiere Uchiha fu solo una donna mezza nuda, sporca di sangue e palesemente impaurita, la quale, dopo aver oltrepassato la soglia delle mura, in un gesto dettato dal puro e selvatico istinto portò un mano agli occhi e l'altra alla sua wakizashi, rimanendo poi immobile per dei secondi che le parvero infiniti... ma alla fine dei quali, si rese conto che nulla era successo: Nessuno le era piombato addosso cercando di decapitarla o tentando di bruciarle i bulbi oculari, e nessuno l'aveva maledetta e mortalmente annichilita... anzi, per la verità nessuno si era nemmeno girato a guardarla.
    Impallidendo ulteriormente la ragazza lasciò andare l'impugnatura della sua lama, e tornò a toccarsi dapprima il collo, poi nuovamente gli occhi.
    « Ci sono » Disse, senza però specificare a cosa si stesse riferendo, e senza nemmeno rendersi conto di quanto il suo gesto potesse risultare ingenuo « Sono viva » Pigolò girandosi di scatto verso Atasuke, che guardò quasi si trovasse di fronte al grande Dio misericordioso sceso sulla terra per la salvezza dell'uomo « Hai capito che sono viva? » Chiese sconcertata: Sembrava davvero un cucciolo indifeso in quel momento, così piccola e smarrita da far quasi tenerezza « Sono viva... » Ripeté ancora, fissando un punto indefinito dello spazio di fronte a sé... poi, improvvisamente e prima che il giovane Shinobi potesse capirne il motivo, la ragazza scoppiò a piangere.
    Alzando lo sguardo al cielo e portandosi un braccio nudo al viso, si mise a singhiozzare disperata, piangendo e piangendo ogni sua lacrima, incurante del suo nome, della sua reputazione e persino delle persone che ora, si, la guardavano...
    Pianse disperata, continuando a passarsi le mani sul viso arrossato fino a quando, senza nemmeno chiedere il permesso, sprofondò la testa sul petto di Atasuke, continuando a singhiozzare come una bambina piccola. Non si capiva ormai più nemmeno se fosse triste o felice.
    “Sono viva” Continuava a ripetere, tremando tutta “Sono viva...” E così dicendo continuava a stropicciare il visetto sul torace del suo compagno, al quale si aggrappò come se fosse sul punto di cadere in terra. Nei suoi occhi, ora, una velata nota di puerile felicità.
    « V-voglio... » Esitò, cercando di porre fine a quel piagnisteo assolutamente imbarazzante continuando a passarsi le manine sul viso « Vorrei... » Si corresse « ...vedere il Quartiere, prima di... » Era talmente rossa in volto che sembrava sul punto di svenire, ma nonostante tutto, il sorriso che andò a dipingersi sul suo volto era il più bello che si fosse mai visto al Villaggio della Foglia da molti anni, ormai... « ...prima di andare a casa » Borbottò balbettando « Casa tua intendo » Puntualizzò, togliendosi i capelli dal viso congestionato dal pianto « Sempre se l'invito è ancora v-valido, s'intende... »


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    Narrato

    °Pensato°
    «Parlato»
    "Parlato" (altri)
    -Citazioni-


    [Abilità/Potenziamenti/tecniche]


    ~Opinioni~


    Mentre il suo "breve" monologo proseguiva, la giovane Kobayashi sfruttò una delle pause che egli si prese per lasciarsi sfuggire un'interessante considerazione su quello che Atasuke sembrava essere.

    "Hai davvero un pessimo carattere, tu "


    Fece quasi per arrestare il suo discorso per ribattere, tuttavia notando la lieve risata della sua compagna decise di proseguire lasciando correre quella che aveva preso come una banale battuta ironica e che probabilmente era.

    "Davvero nessuno, all'interno del tuo stesso Clan, se n'è mai reso conto?"


    Rimase quasi stupito ignorando quanto in realtà ella avesse capito, forse travisando le sue parole o forse comprendendolo ben oltre di quanto si capisse lui stesso.

    «Beh, evidentemente no... Anche se ni verità non mi pareva di essere una persona dal carattere così pessimo...»


    Rimase alcuni attimi con aria pensante cercando di meditare su che cosa la giovane intendesse dire, tuttavia dopo un po lasciò perdere andando avanti con la serata.
    Alla sua offerta però la giovane shizuka reagì in maniera differente, ironica forse. Difficile era comprendere se lo facesse solo per prenderlo in giro o se avesse in qualche maniera travisato le sue intenzioni, o più semplicemente ancora non fosse in grado di elaborare il fatto che ella POTEVA entrare nei territori del clan Uchiha.

    "Come scusa? Come hai detto? Ci conosciamo solo da qualche ora e già mi inviti nella tua casa con piattaforma panoramica? Sono allibita, sul serio... quanta intraprendenza voi uomini Uchiha, nulla di cui stupirsi se ogni donna del Villaggio vi guarda con passione... "


    Le sue parole vennero accentuate ulteriormente dalla sua azione di mimare la classica aria sognante che le giovani ragazze di Konoha parevano avere ogni qual volta incrociavano un Uchiha. Stranamente mai gli era capitato di notare tali comportamenti nei rari casi in cui avesse incontrato una ragazza al villaggio. Forse perchè ella stava enfatizzando particolarmente l'azione, o forse perchè egli non aveva lo stesso fascino che dimostravano gli altri rampolli del clan.

    «Beh... Oddio... A me non sembrava uhna proposta così osè... e inoltre non ho mai notato una tale reazione da parte delle donne del villaggio, ma dato che tu sembri conoscere meglio l'ambiente mondano ti crederò sulla parola»


    E poi rise ammettendo la sua pressochè totale ignoranza su quel particolare della vita del villaggio.
    Rise finchè non si rese conto che la giovane si era praticamente spogliata restando davanti a lui coperta solo da una fascia sul seno, dalla parte inferiore della sua "divisa" ed una retina grigia che ne ricopriva il busto come una specie di maglietta. A quella vista Atasuke quasi arrossì rimanendo di sasso nel vedere le forme della giovane ma soprattutto notando con quanta facilità la ragazza si fosse spogliata davanti a lui quasi come se la cosa fosse normale.

    °Ma che diavolo... Che le è saltato in mente? Per carità... affascinante da ammirare ma spogliarsi così in mezzo alla strada...°

    "I miei vestiti sono pieni di sangue Se anche avessi il permesso di entrare al Quartiere... come pensavi di farmi passare inosservata, precisamente? Coperta di sangue non credo ci riusciremmo, e del resto... dubito che nuda mi farebbero andare da qualche parte, o sbaglio forse?"


    A quelle parole sensate, Atasuke si sbloccò iniziando a comprendere il motivo di tale gesto, anche se non ne comprendeva bene la libertà con cui la ragazza si era spogliata. Fece quasi per darle il suo mantello per coprirsi almeno fino alla sua casa dove le avrebbe dato qualche abito, quando ella riprese a parlare lasciandolo nuovamente pietrificato.

    "Spogliati"

    °Ma... Ma che diavolo? Che diavolo le prende così di punto in bianco?°

    "Dammi il tuo mantello, o qualcosa che possa mettermi addosso Mi rendo conto di non essere un bello spettacolo, non fare quella faccia"


    «Si... O meglio... No, non è per quello, anzi... Complimenti vivissimi a tua madre, il "problema" è un'altro...»


    Disse porgendole il mantello che fino a pochi istanti prima stava per porgerle. Appena la giovane ebbe tempo di prendere il mantello, Atasuke si voltò iniziando la propria discussione con l'altro membro del clan che pareva osservarli ormai da tempo.
    Alle parole dell'Uchiha ella rispose ironicamente con una risposta che ben poco si discostava da un "te lo avevo detto" tuttavia Atasuke non le diede ascolto e proseguì imperterrito sulla sua linea a dir poco aggressiva.
    Con curiosità fin esagerata, ella si mise poi a leggere ciò che Atasuke stava imprimendo sulla sua carta ninja prima di porla nelle mani dell'altro Uchiha il cui compito era diventato quello di portare quel messaggio senza troppe storie.
    Quando poi l'Uchiha si allontanò Atasuke si voltò nuovamente verso la giovane, mentre il vento che soffiava lieve tra le fronde degli alberi ne scompigliava i neri capelli disegnando una scena a dir poco "epica".

    "Perché? Nemmeno mi conosci"


    Ella gli aveva chiesto poco prima che l'Uchiha svanisse nel vento con un mormorio appena. Una volta voltatosi, Atasuke con un tono poco più alto, ma di certo molto più caldo ed appacificante rispose con completa sincerità alle domande della giovane Shizuka.

    «Perchè è giusto così... Mi sembrava abbastanza chiaro che questo fosse uno dei tuoi desideri più reconditi e dato che mi hai salvato la vita... Beh... mi sembrava il minimo dato che ne avevo la possibilità»

    "Non ho niente da darti in cambio per tutto questo, sappilo..."


    Ella rispose con voce rotta e con una lieve venatura di rabbia, tuttavia Atasuke non vi fece a caso e le porse il braccio per accompagnarla verso il quartiere del clan.

    [...]


    Giunti dalle porte di ingresso del quartiere, ella si avvinghiò ulteriormente stringensodi al braccio di Atasuke quasi a fermarne la circolazione sanguigna per quanto stava stringendo.

    "Ho paura"

    «Tranquilla... Non hai nulla da temere qui con me»


    Rispose egli con tono calmo ed appagante cercando di infondere un po di coraggio nella giovane che sebrava allo stesso tempo lottare contro la sua più grande paura e compiere il suo più grande desiderio.
    Varcata la soglia La giovane parve bloccarsi per un attimo coprendosi con una mano gli occhi e con l'altra andando a cercare l'impugnatura della wakizashi pronta a reagire. Rimase immobile per diversi istanti prima di svelare nuovamente il suo volto e lasciare la presa dall'arma.

    "Ci sono Sono viva Hai capito che sono viva?"


    Atasuke la osservò prima con stupore dimenticando per un attimo ciò che ella gli aveva detto in precedenza, per poi rammentare e cambiare completamente espressione. Se qualcuno lo avesse visto avrebbe visto nel suo volto tanta di quella compassione che difficilmente se ne sarebbe riivista altrettanta in un unica persona. Ella continuò poi ripetendo a se stessa che era viva, quasi come un mantra iniziando a singhiozzare per poi sbattere la sua fronte sul petto di Atasuke in cerca probabilmente di affetto e di conforto.
    Egli con tutta la tenerezza di cui era dotato la strinse a se tra le sue braccia e con altrettanta tenerezza chinò il suo capo arrivando a baciarle la testa per poi sussurrarle parole di conforto.

    «Si, sei viva... Ci sei riuscita ed io sono qui con te per aiutarti come tu hai fatto con me...»


    Poi ella si allontanò leggermente sfuggendo alla sua stretta iniziando a stropicciarsi il viso per cercare di cancellare le tracce di tutte quelle lacrime.

    "V-voglio... Vorrei... vedere il Quartiere, prima di... prima di andare a casa Casa tua intendo Sempre se l'invito è ancora v-valido, s'intende..."


    Mentre ella si preoccupava di risistemarsi i capelli che le erano scivolati sul volto Atasuke si prese il tempo necessario per meditare un piano di visita, tuttavia risolse che in quelle condizioni non le era di certo possibile visitare i quartieri del clan.

    «E perchè mai non dovrebbe più essere valido il mio invito? Tuttavia... Comprenderai bene che così conciata... Rischi di farti arrestare per altri motivi... inoltre io non sono propriamente in uno stato presentabile...»


    Sottolineò facendo notare alla ragazza lo stato in cui versavano gli abiti che aveva addosso particolarmente lacerati a causa della missione da cui era tornato.

    «... quindi se non ti spiace preferirei prima fare una tappa a casa per rifarmi le fasciature con qualche benda nuova e cambiarmi... Poi cercheremo di trovare qualche abito che ti vada bene per la serata... che ne dici? Non trovi sia meglio darci una rinfrescata prima di visitare il quartiere? Tanto più che messi come siamo rischiamo di non godercelo appieno»


    Disse sorridente Atasuke aprendole la via verso la sua "umile" dimora nelle profondità del quartiere Uchiha.

    «Da questa parte»


    Disse in aggiunta al gesto con la mano sinistra che fece per indicare la direzione alla sua ospite. per poi offrirle nuovamente la destra qualora ella avesse voluto stringerla come facevano al loro ingresso al villaggio.
    [...]

    ~Casa di Atasuke, Quartiere Uchiha~


    Giunti dinnanzi alla sua casa, Atasuke aprì il cancelletto di ingresso per poi richiuderlo quanto entrambi fossero passati entrando definitivamente nella sua proprietà. Con rapidi passi si avvicinò alla porta di ingresso aprendola alla sua ospite per poi farle cenno di entrare.

    «Prego, fai come se fosse casa tua»


    E poi la precedette mostrandole molto alla veloce l'inetro edificio per poi portarla al piano di sopra nella sua camera da letto, conscio del fatto che ella probabilmente avrebbe potuto pensare male di quella cortesia.

    «Bene, questa invece è la mia camera da letto, una volta appartenuta ai miei genitori... In questo armadio invece ci sono un po di vestiti da donna... Non so se c'è qualcosa della tua taglia, tuttavia sono sicuro che troverai qualcosa di adatto per la serata»


    Disse aprendo l'ampio armadio che si stagliava di fronte al letto a due piazze che usava abitualmente per dormire. Egli aprì davanti alal giovane solo la metà in cui erano presenti i vecchi abiti appartenuti alla madre che tuttavia erano ancora perfettamente tenuti, oltre che particolarmente eleganti. La madre di Atasuke era meno prosperosa della giovane shizuka ed era leggermente più alta e filiforme, tuttavia Atasuke era portato a pensare che la giovane Kobayashi non avrebbe di certo avuto problemi nel trovare qualcosa che le andasse comunque bene, al massimo con qualche rapido ritocco.
    Intanto egli prese dall'altra pare dell'armadio i suoi abiti eleganti e dei nuovi rotoli di bende per ripristinare quanto era stato utilizzato e per effettuare delle nuove bendature. Poi uscì dalla stanza lasciando la giovane Kobayashi nella sua intimità.

    «Ok, ti lascio un po di intimità, intanto vado a rifarmi le bendature ed a cambiarmi nella stanza matrimoniale di sotto davanti alla cucina. Se hai bisogno di me non hai che da chiamarmi ed arrivo subito, nitanto scegli pure con libertà un'abito o una combinazione di vestiti che ti piaccia»


    E poi con un sorriso si chiuse dietro a se la porta scorrevole dirigendosi al piano inferiore.

    [...]


    Se la giovane non lo avesse chiamato prima, quando si sarebbero rivisti, avrebbe trovato Atasuke vestito di tutto punto con una camicia bianca contornata da un gilet nero con le bordature dorate e da un paio di eleganti pantaloni neri, il tutto rigorosamente in seta.
    Nei piedi indossava un paio di scarpe eleganti nere appena lucidate e con se portava una lunga giacca dai bottoni ed i decori dorati al pari del gilet mentre al fianco sinistro portava la sua wakizashi, questa volta indossata in maniera "classica" alla cintura di cuoio marrone.

    «Se vuoi possiamo andare a visitare il quartiere, o preferisci mettere prima qualcosa sotto i denti?»


    Le chiese con il consueto sorriso sincero lasciandole tutto il tempo che voleva per decidere.
     
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    P R O B L E M:
    The ultimate measure of a man is not where he stands in moments of comfort and convenience, but where he stands at times of challenge and controversy.

    Shizuka Kobayashi's little problem




    divisore





    Era una casa normale.
    Questo fu il primo pensiero di Shizuka Kobayashi nel momento in cui entrò timidamente all'interno dell'abitazione del suo compagno, scusandosi per il disturbo com'era buon costume fare... e quando si rese conto del motivo del suo stupore, non poté che sorridere con rassegnazione: Per qualche strana ragione aveva sempre creduto che le case dei membri del Clan Uchiha fossero in qualche modo diverse da quelle comuni. In cosa dovessero essere “speciali” non avrebbe saputo dirlo, ma sin da bimba, ascoltando i ricordi di suo nonno in merito alla fantomatica “Villa Uchiha” in cui sua madre era stata invitata a vivere quando fu scelta come futura capoclan, si era costruita delle sicurezze in merito al Quartiere del ventaglio...
    … sicuramente doveva essere un posto meraviglioso, incredibile.
    Davvero unico.

    “Prego, fai come se fosse casa tua”



    Inchinandosi nuovamente con educazione per ringraziare di quella premura, la ragazza si abbassò dunque per togliersi gli stivali prima di entrare propriamente in casa, sul cui parquet salì con esitazione, chiudendo un occhietto, quasi fosse spaventata di poter disturbare qualcuno...
    … un qualcuno che, però, non si fece vivo.
    In casa di Atasuke infatti pareva non esserci nessuno, e lei venne quindi accolta solo da un religioso e quieto silenzio, che per un attimo la stupì.
    « ...I tuoi genitori sono fuori? » Domandò la ragazza, la quale dopo un rapido giro dell'abitazione, si ritrovò a salire una lineare rampa di scale in legno chiaro.
    [...] L'idea di essere sola con il coetaneo era una prospettiva addirittura migliore di quella che aveva osato sperare... del resto, se così non fosse stato, non avrebbe saputo come presentarsi ai signori di quella dimora nelle condizioni in cui si ritrovava: Nuda, piangente, e per di più senza nemmeno un dono di ringraziamento per l'ospitalità che le sarebbe stata offerta.
    Sospirò sollevata, sorridendo nel portarsi una mano al petto con fare liberatorio, e proprio mentre era tutta intenta a ringraziare gli Dei di averle risparmiato la sua ennesima pessima figura, la voce del ragazzo degli Uchiha arrivò a solleticarle le orecchie.

    “Bene, questa invece è la mia camera da letto, una volta appartenuta ai miei genitori... In questo armadio invece ci sono un po di vestiti da donna... Non so se c'è qualcosa della tua taglia, tuttavia sono sicuro che troverai qualcosa di adatto per la serata”



    “Taglia” era esattamente l'unico sostantivo che assieme a “Calorie” era in grado di far bubbolare la giovane e morbida kunoichi, e infatti, proprio come da previsione, alla ragazza non servì poi molto per porsi a braccia conserte, mettere su il broncio e prendere a sbuffare come un tegamino sul fuoco in direzione del suo interlocutore, a cui rivolse uno sguardo profondamente offeso...
    … lo sapeva benissimo di essere paffutella, non c'era bisogno che glielo facessero notare continuamente. Ecco.
    Baka Atasuke.
    ...Ecco!

    “Ok, ti lascio un po di intimità, intanto vado a rifarmi le bendature ed a cambiarmi nella stanza matrimoniale di sotto davanti alla cucina. Se hai bisogno di me non hai che da chiamarmi ed arrivo subito, nitanto scegli pure con libertà un'abito o una combinazione di vestiti che ti piaccia”



    Udire quelle parole bastò tuttavia a trascinare la piccola erede fuori dal suo castello di permalosità, giusto in tempo per gettarla in un mare d'imbarazzo in cui lei non poté che sguazzare per qualche attimo prima di girarsi di scatto verso Atasuke, di cui cercò di richiamare l'attenzione con un gemito strozzato.
    Sul suo volto, ora, si leggeva solo l'angoscia più straziante.
    « ...Posso davvero indossare gli abiti di tua madre? » Avrebbe subito chiesto, imbarazzatissima, non appena il compagno si fosse girato verso di lei. La sola idea di infilare le mani nell'armadio di un'altra donna senza l'esplicito permesso della stessa le faceva venire i brividi (poiché, suo malgrado, conosceva bene le reazioni di una femmina a cui viene sottratto un oggetto del genere... e nessuna di queste prevedeva il non versare del sangue innocente), ma addirittura prendere in prestito, le sembrava troppo... e se mangiando a cena si fosse sporcata!? Le capitava spesso!!
    […] Oddio. Avrebbe potuto sbrodolare il vestito di una donna Uchiha.
    Impallidì.
    « C-credo che prenderò solo un piccolo cambio... » Mormorò in modo davvero poco convinto la kunoichi, guardando chissà cosa con un'espressione molto più che tetra « ...che provvederò a portare a casa per lavarlo, stirarlo... » “...E cucirlo da capo se necessario” pensò con tensione, riscoprendosi eccezionalmente felice di essere nata in un clan di mercanti e sarti...

    ... Ma il difficile arrivava ora, e Shizuka Kobayashi -la più famosa Principessa delle Terre del Fuoco- lo sapeva bene: Era arrivato il fatidico momento di scegliere quale vestito avrebbe dovuto prendere in prestito dalla Signora Uchiha senza volto e senza nome (ma che sicuramente era una tipa decisamente cazzuta che l'avrebbe saputa smontare e rimontare all'incontrario molto, ma molto rapidamente).
    [...] Per un secondo, si stupì della sua stessa capacità di vaneggiare da sola.

    « Che eleganza... » Sussurrò dopo essersi ripresa, facendo a quel punto passare le dita tra i vestiti che erano stati messi a sua disposizione: Erano tutti veramente di ottima fattura, creati da tessuti davvero raffinati... seta, organza, velluto, raso. C'era davvero l'imbarazzo della scelta.
    Sorrise con entusiasmo, estraendo dunque dall'armadio un semplice abito a due cuciture di georgette color corallo, che con la sua linea avrebbe sicuramente valorizzato la sua figura...
    … già, peccato che non sarebbe entrata lì dentro nemmeno se ci fosse stata infilata di forza. Poteva già sentire il rumore del tessuto che si strappava sui fianchi e ai lati del seno, mentre lei tratteneva il fiato da bravo salamino compresso.
    Ripose la gruccia nell'armadio con sguardo paziente, e dopo un attimo estrasse a colpo sicuro un vestitino di Chiffon verde dal taglio cinese, con lunghi spacchi ai lati delle gambe...
    ... che se solo avesse indossato le avrebbe tolto il fiato, visto e considerato che il suo seno, lì dentro, come minimo sarebbe esploso.
    Toccandosi il petto estremamente prosperoso per poi accennare ad un sorriso molto più che irritato, ripose al suo posto l'abito esaminato per poi estrarne immediatamente un altro di broccato che, non appena si rese conto essere altrettanto aderente sui fianchi e le gambe, lasciò grottescamente cadere al suolo, mentre il suo volto non sprofondava nella più totale oscurità.

    In un attimo, la verità raggiunse la mente in modo quasi illuminante: Nessuno degli abiti di quell'armadio le sarebbero mai entrato.

    shizukashockkissimo



    Impallidì, portandosi le mani alla testa con angoscia... e prima che se ne rendesse conto la sarcastica voce di sua madre le risuonò nella testa: “Un giorno il tuo essere così formosa ti causerà dei problemi! Verrai messa di fronte alla realtà dei fatti... una kunoichi paffuta non si è mai vista da nessuna parte!”
    … e quel momento, alla fin fine, era arrivato davvero. Aveva un armadio pieno di vestiti, ma niente da mettere: Il grande dilemma del mondo femminile.
    Nonostante tutto Shizuka era famosa per la sua perseveranza, cosicché dopo aver estratto fuori dal loro ricovero tutti i vestiti da donna che trovò, provandosi e riprovandosi quelli che credeva di poter indossare... scoppiò a ridere vittoriosa quando finalmente individuò un abito ceruleo che, legandosi sotto il seno in un'ampia scollatura per poi cadere morbido fino alle ginocchia, non solo le entrava, ma le stava addirittura bene.
    « Ho vinto » Ringhiò a quel punto la ragazza, puntando un indice contro tutti i vestiti ammontati sul letto a due piazze che troneggiava al centro della stanza « Ho vinto, Signora-Uchiha-sapientina-che-si-compra-tutti-gli-abiti-aderenti... ho vinto io! » E mettendosi le mani sui fianchi scoppiò ferocemente a ridere fino a quando non si sentì abbastanza folle da rimettere tutto in ordine, sciogliersi i capelli lungo le spalle, sistemarsi il volto come meglio poteva, e infine scendere le scale alla ricerca del figlio della donna alta e longilinea...
    … che trovò ad attenderla nella sala da pranzo, vestito in modo talmente elegante che per un attimo la ragazza si sentì improvvisamente una cialtrona. Del resto lei, eccetto quel bellissimo vestito che neanche era suo, non aveva nemmeno un paio di scarpe adatte all'occasione se non i suoi stivaloni da combattimento.
    Guardandosi i piedini nudi, aggrottò la fronte: Beh, del resto non poteva sperare di vestirsi con l'eleganza che avrebbe potuto sfoggiare a casa sua.
    Fece spallucce, sorridendo nel riportare lo sguardo su Atasuke a cui rivolse dunque uno splendido sorriso.
    « Stai molto bene » Ammise, intrecciandosi le mani dietro la schiena e dondolandosi brevemente sui talloni « Ti dona la tenuta elegante » Aggiunse, ridacchiando allegramente: Era molto più serena rispetto a prima, ma nonostante tutto era probabilmente ancora imbarazzata...
    A dispetto della apparenze, infatti, Shizuka Kobayashi era una ragazza piuttosto timida ed introversa, che trovava difficile ambientarsi in situazioni come quelle che le si erano paventate davanti dall'inizio del pomeriggio... del resto, lei, non aveva mai propriamente “salvato” qualcuno, e certamente mai prima di quel momento era entrata nel famoso Quartiere Uchiha, per non parlare del cambio improvvisato che le era stato gentilmente offerto e che lei aveva accettato facendo appello a chissà quale sua recondita forma di sfacciataggine...
    Senza dubbio, quello, sarebbe stato un giorno che non si sarebbe mai dimenticata.

    “Se vuoi possiamo andare a visitare il quartiere, o preferisci mettere prima qualcosa sotto i denti?”



    La domanda la colse di sorpresa: Si era completamente dimenticata di mangiare.
    « Non ho molta fame » Borbottò infatti la ragazza... un po' perché in effetti tutti gli avvenimenti di quel giorno memorabile le avevano tolto l'appetito, e un po' perché il ricordo dei vestiti che non le entravano erano ancora un po' troppo vivido. Mettendosi a braccia conserte, assunse dunque nuovamente la sua solita espressione offesa, una peculiarità, quella, che continuava ad accompagnarla sin dall'infanzia, e che per quanto le donne della sua famiglia avessero cercato di cancellare, era ancora onnipresente nel carattere della Principessa, la quale, con il labbrino inferiore sporgente e la fronte aggrottata, se non fosse stato per il modo in cui era vestita con ogni probabilità avrebbe dimostrato appena quindici anni.
    Nonostante tutto non era certo colpa di Atasuke se sua madre era più magra e alta di lei, e del resto lui aveva fatto così tanto per aiutarla, che... mettere su il broncio sarebbe stato la cosa peggiore che avrebbe potuto.
    Scuotendo la testa e sospirando, la ragazza si concentrò dunque sulla domanda che le era stata posta, e dopo un po' ammise che, forse, mangiare a casa era un'idea migliore...
    ... che il motivo della sua scelta risiedesse nel fatto che lei, eccetto il suo equipaggiamento ninja, con sé non aveva né la sua carta d'identità shinobi né tantomeno il portafoglio, però, non lo disse.
    « Posso cucinare io » Si offrì con entusiasmo « Credo di poterti preparare qualcosa di buono! » Aggiunse allegramente, e avrebbe insistito fino a quando il suo interlocutore non avrebbe avuto altra scelta che quella di arrendersi. Avere a che fare con un soggetto testardo come Shizuka, del resto, era davvero problematico...
    … così, dieci minuti e un grembiule da cucina dopo, la giovane Principessa della foglia aveva già impastato gli Udon con farina e acqua, e stava tritando rapidamente gli ingredienti per il brodo di quello che si sarebbe presto presentato come un appetitoso Ramen.
    [...] Se avesse dovuto essere onesta, avrebbe preferito cucinare qualcosa di più sofisticato che avrebbe non solo potuto mettere in mostra le sue capacità da cuoca provetta, ma anche soddisfare in modo migliore il suo commensale, nonostante tutto, con sua grande sorpresa, quando era andata ad aprire gli sportelli della dispensa, la giovane erede si era ritrovata di fronte ad uno scenario piuttosto desolante, che se in un primo momento l'aveva fatta sorridere vittoriosa (a quanto pareva la Signora Uchiha poteva certo essere magra e sicuramente bellissima, ma dannazione, se c'era così poco nella sua cucina, sicuramente non sapeva cuocere nemmeno un uovo sodo... proprio come sua madre!), successivamente l'aveva messa piuttosto in difficoltà, ragion per cui l'unica cosa che si era ritrovata in grado di cucinare era, appunto, del buon Udon.
    Sospirò, assaggiando il brodo che aromatizzava sul fuoco scoppiettante, e trovandolo ottimo ne prese un altro cucchiaio, vi portò sotto la mano e poi si diresse con attenzione verso Atasuke, che invitò ad aprire la bocca.
    « Dimmi se ti piace » Avrebbe esclamato, e se le fosse stato permesso, avrebbe poi adagiato delicatamente l'utensile sulla bocca del ragazzo, facendogli assaporare il suo artefatto « Troppo poco sale? Le spezie come ti sembrano? Non conosco i tuoi gusti, e non ho voluto esagerare... » Ammise, imbarazzata « ...Io adoro le cose piccanti, ma qui noto che manca anche il peperoncino » Borbottò « Tua madre non ama cucinare immagino » Sghignazzò dunque, non potendo trattenersi, ma subito si sbrigò ad aggiungere un concitato: « Oh non ti preoccupare! Cioè non è un'offesa! E' solo che anche mia madre non è capace, neanche riesce a preparare del Tofu lesso, pensa te! » Rise « Ho pensato così che magari il problema risiede nel fatto che le donne Uchiha non sono poi proprio propense alle doti di casa... » Aggiunse, alzando gli occhi al soffitto: In effetti nemmeno sua nonna materna brillava come signora del focolare « Beh in ogni caso non importa, dammi una mano con le ciotole e le bacchette, tra cinque minuti siamo a tavola! » E così dicendo, trotterellò nuovamente verso i fornelli.


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    Narrato

    °Pensato°
    «Parlato»
    "Parlato" (altri)
    -Citazioni-


    [Abilità/Potenziamenti/tecniche]


    ~Donne~


    Al suo ingresso nella casa di Atasuke la giovane Shizuka non diede quasi segni di particolare stupore o interesse, segno probabile di una sua qualche forma di abitudine agli edifici di grandi dimensioni e abbastanza lussuosi, per quanto la casa di Atasuke fosse tutto meno che effettivamente lussuosa nel suo arredamento.

    "I tuoi genitori sono fuori?"


    Domandò la ragazza ignara di quanto quella domande fosse triste e dolorosa per il povero Atasuke, il quale a parte una breve pausa per meditare una buona risposta, non diede a vedere il suo sconforto interno.

    «Si, in un certo senso si...»


    E poi più nulla. Ella non pronunciò altre parole per tutto il tragitto sino al piano superiore e neppure si espresse prima che Atasuke uscisse dalla stanza per lasciare un po di intimità alla giovane e per cambiarsi a sua volta dopo aver rinnovato le bende. Unica forma di comunicazione che potè cogliere fu una opsa ed uno sguardo particolarmente imbronciato a causa di quanto egli aveva involontariamente detto. Non gli era ben chiaro quale fosse la causa di quel broncio, ma non gli fu difficile intuire quanto quella reazione fosse legata probabilmente alla sua opinione sulle possibilità della ragazza di trovare qualcosa che le andasse.
    Tuttavia, proprio quando stava per chiudersi al porta alle spalle, la giovane dei Kobayashi riprese la parola perdendo tutta quell'aria imbronciata che aveva avuto sino a pochi istanti prima.

    "Posso davvero indossare gli abiti di tua madre? C-credo che prenderò solo un piccolo cambio... che provvederò a portare a casa per lavarlo, stirarlo"


    Rimase quasi stupito della reazione mistra tra eccitazione e terrore che la ragazza aveva in quel momento, tuttavia non le diede troppa attenzione.

    «Certamente che puoi indossarli, altrimenti non ti avrei portato fin qui... Comunque stai tranquilla, non c'è nessuna necessità di tanta premura per l'abito... Comunque ora vado, sai dove mi puoi trovare...»


    E quindi richiuse dietro di se la porta incamminandosi a passi leggeri fin nella camera matrimoniale del piano inferiore.

    °Certo che tra tutte le persone che ho incontrato, questa è la più strana di tutte...°

    [...]


    ~Una cenetta?~


    Atasuke attendeva la sua ospite nella sala da pranzo al piano inferiore, vestito di tutto punto, anche se in verità queli erano gli abiti che generalmente indossava nel tempo libero a konoha, eccezion fatta per la giacca lunga.

    "Stai molto bene Ti dona la tenuta elegante"


    Disse la giovane con uno splendido sorriso

    «Beh, grazie, anche tu non stai affatto male... Anzi, se permetti un consiglio, ti donano di più i capelli così sciolti, dovresti tenerli sempre così... Missioni a parte»


    Rispose lui con un sorriso per poi concludere con una velata risata a sottolineare la velata ironia che lo divertiva nel sottolineare la necessità di un differente abito e stile per quanto riguardava i combattimenti e le missioni.
    Alla domanda che Atasuke espose, tutta la sicurezza della giovane ed il suo desiderio di visitare il quartiere quasi vennero a mancare, come se per qualche arcano motivo qualcosa la tutbasse, portandola a preferire stare in casa. Nuovamente fece la sua comparsa sul volto della kobayashi un broncio che difficilmente si era visto in persone di età superiore ai 10/12 anni. Ancora una volta Atasuke era rimasto impreparato nel vedere una così strana reazione nella giovane.

    "Non ho molta fame"


    Esordì la giovane, lasciando quindi ad intendere che preferisse visitare prima il resto del quartiere per poi tornare a casa, oppure soffermarsi ancora per mangiare qualcosa al termine della "gita".

    «Immagino quindi che tu preferisca...»


    Non ebbe tempo di terminare la sua frase che la giovane riprese la parola proponendosi come cuoca per cucinargli qualcosa.

    "Posso cucinare io Credo di poterti preparare qualcosa di buono!"

    «Ma... Veramente...»


    Ella non gli diede possibilità alcuna di controbattere alla sua proposta, ed alla fine dovette arrendersi alla decisione della giovane Shizuka.

    [...]


    Non ci volle molto che la giovane era già in preda ad una rapida frenesia culinaria, la quale sarebbe terminata probabilmente con una ciotola di ramen. Ella infatti non era a conoscenza delle abilità culinarie del giovane erede degli Uchiha, am allo stesso modo non era a conoscenza del fatto che in quella casa vi fosse soltanto lui a viverci.
    Egli la guardava con attenzione mentre al giovane cercava di dimostrare le sue abilità culinarie preparandogli quella rapida cena che in verità doveva essere Atasuke ad offrirle, o almeno così si era detto al loro incontro.
    Pochi minuti dopo, la giovane iniziò ad assaggiare il brodo e trovandolo evidentemente buono, portò un cucchiaio alla bocca di Atasuke per farglielo assaggiare.

    "Dimmi se ti piace"


    E poi con gesto delicato gli poggiò il cucciaio sulle labbra afcendogli sorseggiare adagio il brodo.

    "Troppo poco sale? Le spezie come ti sembrano? Non conosco i tuoi gusti, e non ho voluto esagerare... Io adoro le cose piccanti, ma qui noto che manca anche il peperoncino."

    «No, tranquilla... sembrerebbe perfetto così... Sul puccante, devo ammettere che anche a me piacciono i gusti piccanti... sfortunatamente non ho più avuto al possibilità di fare la spesa negli ultimi giorni e quindi non sono riuscito a rifornire la dispensa... ma credo che a questo provvederò domani»

    "Tua madre non ama cucinare immagino... Oh non ti preoccupare! Cioè non è un'offesa! E' solo che anche mia madre non è capace, neanche riesce a preparare del Tofu lesso, pensa te! Ho pensato così che magari il problema risiede nel fatto che le donne Uchiha non sono poi proprio propense alle doti di casa... Beh in ogni caso non importa, dammi una mano con le ciotole e le bacchette, tra cinque minuti siamo a tavola! "


    A quelle parole il cuore di Atasuke parve quasi andare in pezzi. Il suo sguardo da allegro divenne torvo e particolarmente triste. Non era offeso dalle parole della ragazza, perlomeno non in maniera diretta. Egli era piuttosto triste nell'anima. Triste di non sapere se sua madre fosse in grado o meno di cucinare, triste di non averla potuta conoscere e triste di aver perso quella che fino ad un anno da quel giorno sapeva essere sua madre e che ora non c'era più, uccisa con tutti coloro che credeva essere suoi parenti e concittadini, in quell'assalto che distrusse tutto ciò che sapeva essere il suo passato e che credeva essere casa sua.
    Menre la giovane, ancora ignara di cosa aveva fatto trotterellava verso i fornelli, Atasuke con passo lento andò a prenderle le due ciotole per il ramen e quanto serviva per apparecchiare per due andando poi ad apparecchiare il tavolo presente nella cucina senza stare a preparare nella sala adibita dove generalmente pranzava e cenava con gli ospiti.
    Con sguardo spento si sedette sulla propria sedia restando a fissare il vuoto dinnanzi a se e lasciando che la giovane continuasse a giocherellare ai fornelli alle sue spalle. Dalle ampie vetrate era possibile scorgere la via da cui si entrava nella casa ed i lampioni che come piccole lucciole iniziavano ad accendersi con una luce fioca che via via diveniva sempre più intensa illuminando le strade.
    Quando poi la giovane si fosse seduta alla sua sinistra dall'altro lato del tavolo, Atasuke le avrebbe nuovamente rivolto la parola, non tanto per confessarsi, qaunto per evitare che nuove situazioni spiacevoli come quella potessero nuovamente fare comparsa.

    «Prima di cominciare, shizuka... Dovrei parlarti di una cosa...»


    Egli continuava a guardare verso la sua ciotola di ramen, anche se realmente i suoi occhi spenti continuavano a guardare il nulla dinnanzi a lui.

    «Prima di tutto mia madre non era un Uchiha... Ma una Yamanaka... In secondo luogo, io non l'ho mai potuta conoscere... Sono cresciuto in un villaggio al di fuori di Konoha da alcuni amici dei miei genitori... Probabilmente avrai sentito parlare di me... Io sono il figlio del traditore Uchiha, colui che dopo aver sposato una Yamanaka contro il volere di entrambi i clan è fuggito con sua moglie dal villaggio abbandonando suo figlio... Un figlio illegittimo, un figlio che ha fatto ora ritorno alla sua vera casa»


    Si prese una pausa per cercare di riacquistare pienamente il controllo su se stesso, cercando di resistere ai brutti ricordi, a tutto quello che aveva visto, a tutto ciò che era accaduto e che ora pareva ritornare, tentando di sottometterlo in un alone di sofferenza. Cercando di trasformarlo in una bestia quale egli non era e che non voleva diventare.
    Nelel sue parole non vi era rabbia verso la giovane, per quanto il suo tono fosse leggermente duro. In realtà le sue parole erano cariche d'amore verso i pochi ricordi che aveva di sua madre, ma soprattutto erano cariche di tristezza... Tristezza e disperazione nell'aver conosciuto sua madre solo attarverso racconti e documenti scritti che aveva trovato.

    «Quindi... Se non ti spiace... Preferirei che non parlassi più di mia madre, soprattutto non fare più commenti su di lei o su quelle che credi possano essere le sua abilità o mancanze... d'accordo?»


    Egli sapeva bene che qualunque risposta ella gli avesse dato non si sarebbe ripreso di li a poco e sicuramente non avrebbe aiutato a farlo sentire meglio. Tuttavia preferì esporre questo problema per poi cercare di annegare i suoi dispiacer nel cibo mangiando la ciotola di ramen che la ragazza aveva preparato.
    Per quanto quella pietanza fosse ottima, al suo palato parve quasi senza gusto a causa di quello che sentiva nel proprio cuore. Egli era quasi assente, ma soprattutto era assente la voglia ed il desiderio che aveva poco prima di conoscere meglio quella ragazza...

     
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    S A V I O U R:
    Children must be taught how to think, not what to think.

    Shizuka Kobayashi and Atasuke Uchiha's past




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    “Prima di tutto mia madre non era un Uchiha... Ma una Yamanaka... In secondo luogo, io non l'ho mai potuta conoscere...”



    Silenzio.

    shizukaatasuke
    Ferma al posto che aveva scelto come proprio, di fronte a quel ragazzo a cui aveva appena servito un racabattato Ramen, la kunoichi, nell'udire quelle parole, non disse assolutamente nulla. Le bacchette di legno giapponesi che aveva da poco impugnato, pronta per gustarsi la sua ultima prelibatezza, rimanevano sospese nel vuoto di una ciotola fumante, anche loro forse in attesa che qualcosa accadesse, cambiasse, succedesse...
    … ma l'unica cosa che fece la propria comparsa in quel teatro di ricordi e rimpianti di cui era stata improvvisamente resa protagonista a sua insaputa, fu la tristezza di un passato ormai perduto e l'amarezza di un'impotenza senza appello. Niente di più, niente di meno.

    “Sono cresciuto in un villaggio al di fuori di Konoha da alcuni amici dei miei genitori... Probabilmente avrai sentito parlare di me... Io sono il figlio del traditore Uchiha, colui che dopo aver sposato una Yamanaka contro il volere di entrambi i clan è fuggito con sua moglie dal villaggio abbandonando suo figlio... Un figlio illegittimo, un figlio che ha fatto ora ritorno alla sua vera casa.
    Quindi... Se non ti spiace... Preferirei che non parlassi più di mia madre, soprattutto non fare più commenti su di lei o su quelle che credi possano essere le sua abilità o mancanze... d'accordo?”



    […] Shizuka Kobayashi aveva avuto un'infanzia e una vita estremamente felici.
    Cresciuta nell'amore di due genitori presenti e attenti, quattro nonni pronti a dispensare lei i consigli di una sapienza antica e un fratello maggiore che era sempre stato la sua luce -la sua splendida Luna per lei che era il più abbagliante dei Soli- la giovane Principessa di Konoha non aveva mai conosciuto la disperazione della perdita o dell'abbandono fino al giorno in cui il sangue del suo sangue, Kuroro Kobayashi, non aveva inspiegabilmente tradito il suo Villaggio e la sua famiglia, sparendo dalla sua vita senza lasciarle altro che una lettera priva di significato e troppe domande senza risposta...
    … un episodio, però, che l'aveva afflitta nei suoi maturi diciassette anni, e che dunque non aveva compromesso il suo passato agiato e oltremodo invidiabile.
    Una privilegiata dunque, senza dubbio, ma che proprio in quanto tale sembrava provare difficoltà a comprendere la vita di chi era cresciuto senza nessuno al proprio fianco: Era successo con Raizen Ikigami, il suo maestro e migliore amico, un randagio abbandonato a se stesso dal giorno della propria nascita; con Masayuki Hasegawa, l'uomo che l'amava e a cui lei guardava con predilezione, il quale aveva trascorso la sua intera giovane vita rincorrendo le ombre dei suoi genitori scomparsi... e adesso, accadeva anche con Atasuke Uchiha, la nuova presenza della sua vita, a cui la bella Principessa non poté che rivolgere uno sguardo rispettoso, chinando la testa verso il basso per la sua semplice incapacità di saper fare altro.
    La verità era che, ogni volta, di fronte all'abbandono, alla tristezza o alla morte, ella non sapeva precisamente come comportarsi: Non c'era del resto un'etichetta da seguire, non esistevano regole di buon costume che era consigliabile sfruttare, e senza dubbio non erano mai stati creati comportamenti prestabiliti da attuare in circostanze del genere... ragion per cui, chiudendo gli occhi e inspirando profondamente nell'adagiare le bacchette di legno sul tavolo al quale era seduta, la ragazza dei Kobayashi non vide altro da fare che prendersi un attimo di riflessione, tacendo, per poi annuire, infine, con ritrovata serenità.
    Questo, almeno, fu quello che diede ad intendere.

    « Sai... Io penso che ogni genitore ami il proprio figlio, in qualche modo »
    Esordì così la kunoichi, chiudendo gli occhi e raccogliendo le mani in grembo: Il suo volto, disteso in un sorriso appena accennato, sembrava essere esitante, timido addirittura, tanto che quelle parole, così pronunciate, sembravano ricordare il bussare delicato di una bambina ad un portone al quale non si era mai accostata prima d'allora...
    Tacendo dunque per un istante, riprese poi a parlare.
    « Mi rendo conto che a questo mondo esistono individui che abbandonano le persone amate, decidendo così di camminare da soli... » E lei, questo, lo sapeva bene « ...ma, sai... preferisco pensare che, in qualche modo, una famiglia rimanga unita anche nella lontananza... » Esitò, forse riorganizzando i suoi pensieri, e sempre sostando con gli occhi chiusi, dopo qualche attimo di immobilità, alzò improvvisamente e leggermente le mani verso l'alto, andando poi a disegnare con le dita figure, sagome e colori che nessun altro oltre lei avrebbe mai potuto vedere e che un battito di ciglia dopo, si erano già perdute nell'aria « In verità, a mio parere, questo accade ogni volta che si viene a creare un legame... tu non credi? » Sorrise impacciata, quasi esporre quel suo punto di vista le fosse complicato, tuttavia, dopo una breve esitazione, riprovò a delineare i suoi pensieri, che per qualche strana ragione voleva condividere a tutti i costi con la persona che di fronte a lei sostava...
    … ma perché sentisse quella necessità -forse invadente, forse insensata- non avrebbe saputo proprio dirlo.
    « (…) Quando delle persone si conoscono, ho sempre immaginato che si legassero le une alle altre con una sorta di... di nastro, ecco » Annuì « Il nastro del destino » Puntualizzò attentamente, per poi riprendere a parlare con fluidità « Questo nastro è uno dei grandi misteri della vita, poiché non importa quanto siano distanti le persone che esso unisce: Ovunque e per sempre, queste saranno collegate da qualcosa che supera il semplice legame di sangue o di amicizia... » Sorrise « ...Proprio per questo motivo, se queste persone lo desidereranno, tirando il loro nastro, potranno far avvertire a coloro cui sono legati che il loro pensiero gli è in quel momento rivolto e così, forse, ci potrà essere una ricongiunzione. Una riappacificazione. Un ritrovamento. » Tacque per un istante, abbassando lo sguardo che lentamente si riaprì, bagnandosi di momentanea tristezza « ...Ma esistono anche persone che si dimenticano di quel filo d'unione e non lo sfruttano mai. Semplicemente. » Il suo volto, arrivati a quel punto, si incupì per un attimo... e la Principessa del Villaggio della Foglia, prima che potesse impedirlo, fermarlo o negarlo, non poté fare a meno di veder comparire di fronte ai suoi splendidi occhi verdi i lineamenti di suo fratello, la cui voce giunse rapida e cristallina alle sue orecchie con il suono tipico del ricordo sfocato.
    Mordendosi le labbra per poi scuotere la testa con insistenza, come a voler cacciare i demoni inconsistenti e impalpabili di un incubo assillante, la ragazza si alzò dalla sua sedia quasi inconsciamente, e quando fu certa che il suo sguardo non avrebbe tradito i suoi pensieri, lo condusse in quello corvino del suo interlocutore, che fronteggiò a testa alta...
    … mostrando così l'ennesima maschera, l'ennesimo volto, di quella donna ancora tutta da scoprire. Ancora tutta da comprendere.
    Risoluta. Determinata.

    « Non pensi di essere un po' troppo rassegnato per essere un bambino che non ha mai conosciuto i propri genitori, Atasuke? »

    La sua voce si sarebbe allargata come una macchia d'inchiostro in uno specchio d'acqua -rapida e affilata- e qualora il ragazzo degli Uchiha avesse cercato di intervenire, la kunoichi avrebbe immediatamente posto di fronte a sé una mano, ammonendolo poi con lo sguardo come una madre fa con il proprio agitato figlioletto « Non interrompermi! » Lo avrebbe sgridato, incredibilmente, un attimo dopo, ponendosi poi le mani sui fianchi, e senza pensare ulteriormente, riprese a parlare: « Dici di non aver mai conosciuto tua madre e tuo padre eppure sembri essere sicuro di tutto ciò che è successo nel tuo passato, benché al tempo, se non ho capito male, tu non eri nient'altro che un neonato... com'è possibile? » Parve perplessa
    shizukaatasuke2
    « Se io fossi al tuo posto, prima di dare per scontate tutte le cose che dai tu -come il fatto che tu sia stato abbandonato volontariamente come un pacchetto indesiderato tanto per dirne una- pretenderei di parlare con i diretti interessati a costo di sentirmi dire in faccia le cose peggiori della mia vita... e solo nell'eventualità che questo non fosse possibile per motivi che non potrei mai contrastare, mi rassegnerei all'evidenza di accettare una storia che, evidentemente, è stata costruita per me da chissà chi » E così dicendo, senza pensarci un attimo, sbatté entrambe le mani sul tavolo « I tuoi genitori sono morti? » La domanda sarebbe stata brutale, gelida addirittura. Impietosa. « Lo sono? Ne sei sicuro? » Insistette, senza dare tregua o scampo al suo interlocutore cui avrebbe rivolto uno sguardo tagliente e colmo di un sentimento difficilmente nominabile... forse perché troppo confuso per poter essere delineato. Troppo coinvolto, per poter risultare obiettivo.
    « Ma se non lo sono... perché sei qui a farti divorare dalla tristezza e dalla disperazione!? » Avrebbe domandato a quel punto la minuta kunoichi dai capelli castani, e senza rendersene nemmeno conto, prima che potesse domare i suoi stessi pensieri, sentimenti, istinti e ragioni... cominciò a urlare « SE C'E' ANCHE SOLO UNA PICCOLA POSSIBILITA' CHE I TUOI GENITORI SIANO VIVI, CERCALI! CERCALI OVUNQUE, OGNI GIORNO, OGNI ORA, OGNI MINUTO DELLA TUA VITA! CERCALI FINCHE' NON AVRAI PIU' LA FORZA DI CAMMINARE, DI STRISCIARE, DI RESPIRARE! » Nei suoi occhi, ora, brillava la rabbia « IO CONTINUO A CERCARE! SEMPRE! FINCHE' NON L'AVRO' TROVATO NON MI ARRENDERO'! » Una sedia che cade all'indietro, l'ombra del risentimento su un volto perfetto, da bambola, da donna, da Shinobi... « E SAI PERCHE'? PERCHE' VOGLIO AVERE FIDUCIA! FIDUCIA IN QUELLA PERSONA CHE PER ME E' STATA IMPORTANTE! » E così dicendo, la giovane erede strinse le mani a pugno, facendo poi stridere i denti in una smorfia involontaria a cui seguì una profonda espressione di pietà, la quale -rivolta a quell'uomo che sembrava non riuscire ad ignorare e che per qualche motivo non poteva liquidare con semplici parole di circostanza- sembrava il preludio di un comportamento molto peggiore di quello finora tenuto...
    … un comportamento, che avrebbe assunto i toni della condanna, a quanto pareva.
    « Tu non hai mai avuto fiducia nei tuoi genitori, è questa la verità » Sentenziò improvvisamente, affilando lo sguardo « Né in loro, né in te stesso... perché se fosse stato altrimenti, Atasuke, non avresti ora questa espressione a solcarti il viso e a gravarti cuore » E così dicendo, alzò l'indice della mano sinistra ad indicare il volto del ragazzo « Vivi in una casa in cui non sembri aver cambiato nulla, conservi vestiti e una storia che non è la tua e subisci e soffri un passato che non conosci... » Esitò « ...Sei molto più debole di quello che ti piace andare a dimostrare in giro, a quanto pare » E reclinando la testa all'indietro, come a voler guardare meglio il proprio interlocutore, arricciò un labbro « Non porti come il salvatore del tuo prossimo, se non sei nemmeno capace di salvare te stesso » Sibilò, velenosa.
    E così dicendo, tacque.


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    ~Scambio di opinioni, la breve vista della giovane~


    Quando Atasuke terminò di parlare scese un silenzio quasi innaturale. La giovane erede dei Kobayashi pareva esser rimasta ormai senza parole, o forse ne aveva ancora molte da dire, ma in quell'attimo, forse l'imbarazzo, forse la comprensione, pareva averla paralizzata.
    Ed il silenzio permase, per alcuni secondi, simili quasi a lunghi minuti per quanto il tempo era in grado di dilatarsi in situazioni di quel tipo, poi, come dal nulla, riaffiorò nuovamente la voce di Shizuka, con un tono meno allegro e giocoso di poco prima e certamente molto più sommesso.

    "Sai... Io penso che ogni genitore ami il proprio figlio, in qualche modo"


    Egli tacque. Non tanto perchè non sapesse cosa rispondere o non ne avesse il desiderio. Semplicemente intuì che quello non era altro che l'inizio di un breve discorso e che in un certo senso lo riguardava, o pareva comunque riguardarlo.

    "Mi rendo conto che a questo mondo esistono individui che abbandonano le persone amate, decidendo così di camminare da soli... ma, sai... preferisco pensare che, in qualche modo, una famiglia rimanga unita anche nella lontananza... In verità, a mio parere, questo accade ogni volta che si viene a creare un legame... tu non credi? "

    «Si, non nego che le tue parole siano corrette, anzi, le condivido appieno, tuttavia non sono sicuro di capire dove vuoi andare a parare...»


    E poi ella ancora riprese a parlare cercando di affinare maggiormente ciò che intendeva dire aggiungendo dettagli che fino a poco prima aveva omesso.

    "Quando delle persone si conoscono, ho sempre immaginato che si legassero le une alle altre con una sorta di... di nastro, ecco Il nastro del destino Questo nastro è uno dei grandi misteri della vita, poiché non importa quanto siano distanti le persone che esso unisce: Ovunque e per sempre, queste saranno collegate da qualcosa che supera il semplice legame di sangue o di amicizia... Proprio per questo motivo, se queste persone lo desidereranno, tirando il loro nastro, potranno far avvertire a coloro cui sono legati che il loro pensiero gli è in quel momento rivolto e così, forse, ci potrà essere una ricongiunzione. Una riappacificazione. Un ritrovamento. Ma esistono anche persone che si dimenticano di quel filo d'unione e non lo sfruttano mai. Semplicemente."


    Ed a quel punto anche il volto della giovane erede divenne cupo, forse anche più cupo di quello di Atasuke, il quale in vero non comprendeva perfettamente la causa di quella tristezza della giovane, anche se intuì che quella parte di discorso forse si riferiva a Kuroro, il ragazzo di cui la giovane aveva "parlato" nella propria mente mentre Atasuke cercava di estrapolarne i motivi della sua sofferenza e del suo odio.

    "Non pensi di essere un po' troppo rassegnato per essere un bambino che non ha mai conosciuto i propri genitori, Atasuke?"


    Come d'un lampo le parole della giovane proruppero in quella brevissima pausa di tristezza con un tono che chiaramente non ammetteva repliche. Repliche che Atasuke avitò di fare renstando ancora in ascolto della giovane finchè questa non avesse terminato di esporre ciò che andava dicendo.
    A seguire infatti vi fu un breve crescendo delle teoride della giovane, delle sue opnioni e di ciò che ella avrebbe fatto qualora fosse stata al posto di Atasuke per poi concludere con un diretto accenno a se stessa e probabilmente alla sua ricerca di quel tal Kuroro, ma lasciandosi un'acida conclusione alle spalle, rivolta ad Atasuke. Una conclusione che molti avrebbero preso come un'offesa o una sorta di accusa, ma a cui Atasuke reagì in maniera completamente differente.
    Egli infatti si lasciò scappare un breve sbuffo di disappunto prima di voltarsi verso la giovane con uno sguardo difficile da descrivere ma che di certo aveva il suo effetto.


    «Tu credi? Credi forse che non abbia tentato? Credi che mi sia arreso? Tu credi questo quindi?»


    Richiuse gli occhi per tornare a fissare la ciotola dinnanzi a se concedendosi anche una breve pausa utile più che altro a creare suspance piuttosto che a raccogliere meglio le proprie idee.

    «Certo, ciò che dici è giusto e non lo nego affatto... Tuttavia... Chi ti ha detto che io non sia alla ricerca? Chi forse ti ha detto che io mi sia piegato al mio destino? Io ti ho solo raccontato la storia che fino ad ora il clan ha sentito e raccontato nei miei confronti, non ciò che è accaduto, non ciò che realmente è...»


    Ancora una pausa ed ancora una nuova presa di fiato da parte dell'Uchiha.

    «Ogni singola missione che accetto di portare a termine per il clan ha lo scopo di avvicinarmi il più possibile alle informazioni che cerco... Ogni mia minima azione al di fuori del villaggio è guidata alla ricerca di mio padre per scoprire quale sia la vera storia prima ancora che dallo scopo diretto della missione. Non credere solo a ciò che ti pare di vedere... Tu di me hai solo visto una parte, e con questo tuo discorso ti sei limitata a vedere ciò che tutti vedono... Non ti biasimo, tuttavia non sempre la prima impressione è quella giusta, anzi... spesso è il contrario ed il fatto che ora siamo qui a parlarne ne è una prova... Se mi fossi fermato alla prima impressione probabilmente sarei morto, o forse lo saresti tu, chissà, eppure così non è andata»


    Si lasciò sfuggire un nuovo sorriso, leggermente amaro a causa di ciò che stava per raccontare, ma non per questo meno sincero.

    «Tuttavia ho voglia di raccontarti ciò che c'è dietro la maschera, o almeno quello che per ora so... Per cominciare so che mia madre è morta qualche anno dopo essere fuggita mentre lavorava in una miniera con mio padre sotto copertura... Quello che so è che è morta tra atroci sofferenze a causa di un cancro ai polmoni causata dai fumi tossici della miniera e che da li mio padre fuggì nuovamente dilaniato dal dolore e dalla rabbia...»


    Atasuke dovette prendere un'ulteriore pausa prima di poter nuovamente riprendere il discorso in maniera accettabile senza che il dolore gli impedisse di parlare.

    «Poi so dirti che in un qualche modo mio padre è collegato a dei gruppi di nukenin che pare abbia "tradito" in passato e che ora gli danno la caccia, tanto più che non sono poche le volte in cui mi sono imbattuto in nukenin sulle sue tracce... Inoltre so dirti che mio padre è ancora vivo e che si nasconde da qualche parte per questo vasto mondo, anche se non so ne il perchè ne altro»


    Si prese un'ultima pausa prima di concludere il proprio discorso riportando poi il suo sguardo duro e serio sulla giovane, non tanto per intimorirla, quanto per sottolineare la sua determinazione e la sua sicurezza.

    «Ed infine... So che i miei genitori mi amavano e che mi hanno abbandonato per proteggermi, non so da chi o da che cosa, ma stai pur certa che lo scoprirò, anche a costo di metterci degli anni... Non ha importanza... Tuttavia... per rispondere alla tua provocazione... io non mi pongo a salvatore, tuttavia per ciò che ho ottenuto fino ad ora, posso dire di aver salvato già gran parte di me stesso»


    E solo a quel punto permise alla giovane shizuka di controbattere o comunque di rispondere al suo breve ma ispirato monologo che in sunto era la storia della sua vita per non dire quasi dell'anno circa che aveva passato li a Konoha dopo il suo ritorno.
     
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    Shizuka Kobayashi's suggestion




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    L'aveva definita “provocazione” …
    … in verità, l'ultima frase di Shizuka Kobayashi era semplicemente uno sfogo.

    […] Sin da quando era piccola, Kuroro Kobayashi era stato tutto per lei: Il membro più importante di tutta la sua famiglia, l'unico che, assieme a Chizuru Uchiha, sapeva comprenderla lì dove gli altri parenti spesso trovavano difficoltà...
    … ecco perché il suo tradimento improvviso fu per la giovane Principessa Tempesta di Konoha il motore inarrestabile che aveva cambiato completamente la sua vita.
    Rinchiusa in una Oikiya per Geishe un anno intero lontano dai propri affetti -così da poterle essere impedito di partire alla ricerca di quel fratello che divenne presto uno dei primi ricercati del Clan Uchiha, il quale non avrebbe esitato a spazzare via anche lei qualora si fosse posta a sua difesa- e in seguito messa di fronte alla verità che ogni dettaglio della sua vita era stato a costruito a tavolino dalla sua famiglia, lei che era l'ultima erede di una dinastia di kunoichi senza tempo e senza limite, lei che era portatrice latente di una Genkei Kekkai che non conosceva, lei che era stata condotta sulla strada della mercante per impedirle di interessarsi alla via dello Shinobi... lì dove i suoi miglioramenti sarebbero stati considerati una minaccia. Un tradimento.
    Il motivo della sua morte.
    … Dal giorno del tradimento di Kuroro, dunque, quella minuta ragazzina dagli occhi verdi aveva visto la sua vita crollare e distruggersi tra le sue dita tremanti, e per quanto lei si fosse impegnata per far si che questo non accadesse, l'unica cosa che sembrava aver ottenuto era stata una maledizione secolare che ne aveva snaturato l'animo, avvinghiandosi a quel piccolo punto di odio e rancore che in lei era cresciuto fino a contaminare come un cancro il suo cuore, e che molto prima che lo potesse fermare, l'aveva divorata...
    … non c'era di che stupirsi, perciò, che ormai da anni Kuroro Kobayashi fosse divenuto una sorta di ossessione per la Principessa della Foglia, che guardava al fratello come l'individuo da trovare ad ogni costo.
    Non sarebbe infatti stato importante quanto tempo ci avrebbe messo e fin dove si sarebbe dovuta spingere per riuscire a incontrare di nuovo quegli occhi tanto simili ai suoi... un giorno, l'avrebbe trovato. Ne era sicura.

    E quel giorno, cosa sarebbe successo?

    Abbassando lo sguardo verso il pavimento e stringendo le mani a pugno, la kunoichi non poté che chiudere gli occhi in un'espressione indecifrabile: Cosa avrebbe fatto quando sarebbe riuscita a trovare Kuroro?
    Lo avrebbe cercato di ricondurre a Konoha...?
    Lo avrebbe ucciso?

    Silenzio.

    Lo avrebbe ucciso?

    Tacque, immobile. I suoi occhi che improvvisamente si aprono nel vuoto, un volto da fanciulla che si contrae rendendosi una maschera. La sua lingua che schiocca come una frusta. Rapida. Tagliente.

    La verità era che lei amava ancora suo fratello.

    Ogni giorno, suo malgrado, pensava a lui con amore... nonostante questo, tuttavia, non poteva che odiarlo per tutto ciò che aveva fatto: Per averla abbandonata senza darle spiegazioni, per aver tradito il Villaggio che aveva sempre detto di voler proteggere, per aver lasciato indietro quella famiglia che continuava a piangerlo...
    … per averle distrutto la vita.
    Se solo fosse stato per lei possibile amarlo ed ucciderlo nel medesimo momento, Shizuka Kobayashi avrebbe trovato la realizzazione ad ogni suo più profondo desiderio. E questo era così evidente. Così chiaro.
    Era talmente cristallino il suo desiderio di poter annientare Kuroro che ogni giorno sua nonna, Chizuru Uchiha, la conduceva nei boschi al limitare delle mura del Villaggio, e lì, nel silenzio di una placidità irreale, la faceva sedere su massi, tronchi recisi ed erba fresca, insegnandole l'arte del controllo. Della riflessione.
    … Poiché proprio come la superficie di un lago posto in mezzo a tempeste contrastanti, lo spirito di uno Shinobi non doveva essere toccato dai sentimenti e dall'istinto. E quando sarebbe arrivato quel momento, quell'istante in cui un sasso fosse stato gettato nelle acque imperturbabili di quel lago senza colore, quello sarebbe stato il momento in cui tutto si sarebbe finalmente risolto.
    Poiché, dopotutto, era proprio questa la grande sfida di un Uchiha maledetto dall'odio: Saper domare l'ululato potente della propria malvagità. Saper ergersi con maestosa forza sopra l'istinto bramoso di morte.
    Saper scindere cos'era giusto e cos'era sbagliato...
    … ed uccidere Kuroro Kobayashi, strappando lui il cuore pulsante dalla cassa toracica, era sbagliato.
    Questo, almeno, era ciò che le era sempre stato ripetuto.

    shizukarisate
    « Dici di aver salvato in gran parte te stesso » Le parole della kunoichi uscirono improvvise dalla di lei bocca, e la ragazza, riconducendo il suo sguardo in quello corvino del proprio interlocutore, non poté fare a meno di indurire momentaneamente lo sguardo in un'espressione severa « Molto bene, allora » Continuò, tendendo lui una mano, e in quel momento la severità divenne risolutezza « L'altra metà, la salvo io » Sentenziò imperiosa, e reclinando leggermente la testa all'indietro, sorrise divertita « Non ci si salva bene da soli, da quel che mi risulta, oppure sbaglio? » E lei, questo, lo sapeva davvero bene « Facciamo un patto, ti va? » Domandò a quel punto, aggirando poi lentamente il tavolo e avvicinandosi al ragazzo degli Uchiha, di fronte al quale si fermò, piazzandosi le mani sui fianchi: Era davvero piccolina per essere una ragazza di diciotto anni, all'incirca sul metro e sessanta, centimetro più centimetro meno, eppure in quel momento sembrava maestosa più di qualsiasi altra persona, più di qualsiasi altra donna « Diventerò io la tua compagna. Ciò vuol dire che sarò io la persona che ti sostiene quando pensi di non farcela e la mano che ti tira in piedi se cadrai a terra » Sorrise ironica « Mi sembra di aver già dimostrato di essere brava in questo » Commentò, prima di mettersi a braccia conserte « Facendo così, potrai concentrarti meglio sulla ricerca di tuo padre, perché per quanto lontano andrai e per quanto veloce correrai, ci sarà sempre qualcuno che ti guarda le spalle » ...poiché lei sapeva più di ogni altro che una persona, senza un luogo in cui tornare, non era nient'altro che un nomade alla deriva, la cui bussola rotta era incapace di condurla là dove avrebbe potuto trovare la felicità « In poche parole » Riprese a dire, fissando Atasuke negli occhi « Ti sto dicendo che divento io la tua famiglia finché non ritrovi quella che hai perso di vista... così, anche nell'eventualità questo non accadesse, non ti perderai: Avrai sempre qualcuno da cui tornare » Tacque un attimo, incerta. Non era ben sicura di aver espresso precisamente quello che voleva dire... agli effetti, quella, sembrava più una dichiarazione d'amore che un impacciato tentativo di creare un legame. Portandosi le mani al volto la ragazza scosse la testa: Se Masayuki l'avesse sentita in quel momento come minimo l'avrebbe presa per una caviglia e fatta roteare in aria fino a gettarla sulla luna. L'idea, stranamente, la fece ridacchiare.
    « Non posso dire che condividerò ogni tua scelta e che tutto ciò che fai mi piacerà. Non posso nemmeno dirti che un giorno non mi ritroverò a contestarti o metterti le mani al collo... del resto, tu mi stai decisamente antipatico » Confessò, sbuffando e scoccando un'occhiata offesa al suo interlocutore « Mi fai arrabbiare dieci volte su otto, e se devo essere del tutto onesta trovo gran parte dei tuoi atteggiamenti veramente intollerabili, se solo mi fosse possibile ti prenderei a schiaffi dalla mattina alla sera » Ringhiò puntandogli contro il viso un dito, tanto vicino che l'unghia ben curata della principessina era sul punto di toccare lui il naso « Tuttavia devo ammettere che sei un tipo gentile... per essere un Uchiha intendo » Borbottò « Quindi la mia proposta è questa: Smettila di cercare da solo quello che manca all'appello di te... ti aiuto io, quando non ce la fai » E a quel punto, per un attimo, parve riflettere: Alzando gli occhi al cielo e portandosi l'indice della mano sinistra alla bocca, rimase in silenzio per una frazione di secondo, al termine del quale, semplicemente, si sciolse in un gran sorriso e riportando il suo sguardo sull'interlocutore, annuì « In cambio però adesso usciamo, e tu mi porti a vedere tutto il quartiere Uchiha fino a che non potrò dire soddisfatta una vita di curiosità!! » Rise « Ti va bene? »


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    [Abilità/Potenziamenti/tecniche]


    ~Una proposta inaspettata~


    Mentre le parole di Atasuke uscivano dalla sua bocca, ella rimase in silenzio ad ascoltarlo stringendosi i pugnie chiudendo gli occhi i quali fino a pochi istanti prima osservavano solo il nulla ed il vuoto nel pavimento. Poi li riaprì come uno scatto per poi continuare ad osservare il nulla. Per Atasuke non fu complesso decifrare ciò che quel volto gli stava dicendo. Per quanto la conosesse da poco aveva ormai iniziato a comprenderla laddove, probabilmente, molti fallivano. Comprese infatti che ella si era in qualche modo calata nei suoi pensieri, rivolgendoli nuovamente al tal Kuroro. Non poteva sapere che cosa ella pensasse ed allo stesso modo non poteva in alcun modo immaginare come la cosa potesse palesarsi nella mente della giovane, ma sapeva che non lo stava ascoltando con la piena attenzione. Poi come d'un lampo ella riprese a parlare facendo prendere uno sguardo incuriosito da parte di Atasuke.

    "Dici di aver salvato in gran parte te stesso Molto bene, allora L'altra metà, la salvo io Non ci si salva bene da soli, da quel che mi risulta, oppure sbaglio? Facciamo un patto, ti va?"


    Egli tacque, dacchè il suo sguardo interrogativo la diceva ben lunga, ma soprattutto era tranquillamente in grado di esprimere tutto ciò che quella specie di proposta aveva scatenato in lui: ubbio e curiosità. Si permise quindi un breve gesto dela mano con la quale intese incitare la giovane a proseguire con il suo discorso, poi stette quindi a sentire la successiva proposta della giovane.
    Di tutta risposta la giovane si alzò portandosi dinnanzi a lui in una poasa che probabilmente voleva essere maestosa e con le mani sui fianchi iniziò ad esprimere ciò che intendeva fare ed a cui probabilmente non ammetteva repliche.

    "Diventerò io la tua compagna. Ciò vuol dire che sarò io la persona che ti sostiene quando pensi di non farcela e la mano che ti tira in piedi se cadrai a terra Mi sembra di aver già dimostrato di essere brava in questo Facendo così, potrai concentrarti meglio sulla ricerca di tuo padre, perché per quanto lontano andrai e per quanto veloce correrai, ci sarà sempre qualcuno che ti guarda le spalle In poche parole Ti sto dicendo che divento io la tua famiglia finché non ritrovi quella che hai perso di vista... così, anche nell'eventualità questo non accadesse, non ti perderai: Avrai sempre qualcuno da cui tornare"


    Rimase quasi sbalordito dall'audacia di quelle parole e soprattutto rimase niterdetto per il significato intrinseco che queste potevano avere. Che realmente essa volesse diventare la sua compagna? O forse quello era solo un suo impacciato modo di dichiarare il suo supporto morale e logistico? In quel momento era impossibile saperlo, tuttavia, in un certo senso quelle parole risvegliarono dentro ad Atasuke altri tristi ricordi. A quelle parole gli tornò in mente la vecchia casa, quella che era stata la sua famiglia, coloro che lo avevano allevato, il piccolo villaggio, che in fondo era più una sorta di famiglia allargata che un villaggio per lui, ma soprattutto gli tornarono in mente tre persone. Shay Hyuga, la quale fin dall'inizio al suo arrivo nel villaggio lo aveva aiutato a superare i suoi primi problemi affermandosi in quel mondo; Akane, colei che sola era riuscita a conquistare il suo cuore e che per lui era stata un vero e proprio riferimento, un motivo per cui tornare a casa ed infine Ayame Uchiha, la nipote della vicina di casa, la prima degli Uchiha ad avero accettato e che stava guadagnando giorno dopo giorno sempre più importanza per lui e che al momento era divenuta un punto fermo per cui tornare a casa.
    Tuttavia mentre egli andava perdendosi nei suoi pensieri la giovane dei Kobayashi proseguì con il suo discorso e la sua proposta cercando di inquadrarla meglio e con meno ambiguità.

    "Non posso dire che condividerò ogni tua scelta e che tutto ciò che fai mi piacerà. Non posso nemmeno dirti che un giorno non mi ritroverò a contestarti o metterti le mani al collo... del resto, tu mi stai decisamente antipatico Mi fai arrabbiare dieci volte su otto, e se devo essere del tutto onesta trovo gran parte dei tuoi atteggiamenti veramente intollerabili, se solo mi fosse possibile ti prenderei a schiaffi dalla mattina alla sera Tuttavia devo ammettere che sei un tipo gentile... per essere un Uchiha intendo Quindi la mia proposta è questa: Smettila di cercare da solo quello che manca all'appello di te... ti aiuto io, quando non ce la fai In cambio però adesso usciamo, e tu mi porti a vedere tutto il quartiere Uchiha fino a che non potrò dire soddisfatta una vita di curiosità!! Ti va bene?"


    E con una profonda risata ella concluse la propria esposizione. Atasuke meditò alcuni istanti, o meglio, finse di farlo [Abilità], portandosi la mano destra al mento chiudendolo con l'indice in una sorta di appoggio mentre il gomito si posava sul tavolo creando così una sorta di sostegno per il mento. Per poi socchiudere gli occhi iniziando a parlare con tono pacato.

    «In vero apprezzo molto la tua offerta, non posso negarlo... Tuttavia... Sei veramente certa di ciò che mi sati offrendo? Sai verso quali rischi ti stai imbarcando con queste tue parole? Non dico che tu non ne sia all'altezza... anzi... è solo che non sono molto incline a rischiare la vita altrui per cose mie personali... Tuttavia... se davvero sei convinta di ciò che dici e se davvero ti senti in dovere di aiutarmi, sarò ben lieto di chiederti aiuto qualora se ne presentasse l'occasione»


    Ed a quel punto attese una risposta, anche solo un cenno con la testa della giovane che ne confermasse o ne smentisse le intenzioni prima di poter proseguire con il suo discorso.

    «Tuttavia, prima di uscire per goderci il quartiere del clan in tutta la sua bellezza... Che ne diresti di finire di mangiare? Sarebbe un pessimo spreco buttare via questo ramen... Poi ti prometto che ti porterò ovunque io abbia accesso all'interno del quartiere se ciò ti ispira tanto»


    Sorrise prima di richiudere gli occhi tornando a concentrarsi sulla propria ciotola in modo da finire il prima possibile in modo che la giovane potesse sfruttare più tempo possibile per visitare il quartiere.

    [...]


    ~Una proposta inaspettata~


    Il resto della cena proseguì quindi in silenzio, o comunque con brevi battute e risposte senza particolare importanza. Giunse quindi il momento di uscire di casa e portare la giovane Kobayashi in visita alle strutture del clan.

    «Bene, allora è finalmente giunto il tuo momento... Da che cosa vorresti cominciare con la tua visita?»


    Si prese una breve ed imbarazzata pausa per meditare che cosa fare sorridendo alla giovane.

    «Sai com'è... Non sono così abituato a fare da guida turistica alle persone, ma soprattutto questa è la prima volta che faccio visitare il quartiere Uchiha a qualcuno... Sai com'è... di solito non sono in molti a voler visitare il quartiere del clan...»


    Si lasciò sfuggire un nuovo sorriso per poi guardare nei verdi occhi la giovane in attesa che questa decidesse che direzione prendere per cominciare con il tour, di visita.
    Quando poi i due si fossero messi in moto, Atasuke avrebbe ripreso la parola cercando di ottenere qualche altra informazione sulla giovane.

    «Pensavo... Prima, quando parlavi della mia "rassegnazione", mi è parso di intendere che anche tu stia cercando qualcuno, è vero? Sai com'è, il dubbio mi è parso dal fervore che avevi nelle tue parole ed in un qualche modo, mi sembrava uno scambio più corretto aiutarti nella sue ricerca al pari di come tu sei intenzionata ad aiutare me... Anche perchè il tour del quartiere te lo avevo già promesso»


    Si fermò quindi voltandosi verso la giovane con un sorriso in volto nella speranza che essa gli fornisse una risposta affermativa, giungendo quindi ad un patto certamente più equo di quello che lei aveva proposto.
     
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    Shizuka Kobayashi and Uchiha Clan




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    “Sei veramente certa di ciò che mi stai offrendo?”

    « No, lo dicevo così per dire, giusto per spezzare la tensione, sai com'è »



    “Sai verso quali rischi ti stai imbarcando con queste tue parole?”

    « Ah, perché non ci limiteremo a fare ghirlande di fiori seduti in un prato? »



    “Non dico che tu non ne sia all'altezza... anzi...”

    « In effetti sono alta solo un metro e sessantacinque, posso capire le tue perplessità... »



    “è solo che non sono molto incline a rischiare la vita altrui per cose mie personali...”

    « Prometto che starò attenta quando userò il coltello per recidere lo stelo dei fiori... »



    “Se davvero sei convinta di ciò che dici e se davvero ti senti in dovere di aiutarmi, sarò ben lieto di chiederti aiuto qualora se ne presentasse l'occasione”

    « Ah va bene, non ti preoccupare, mi fai un fischio e corro subito da te scodinzolando »



    Sorrise.
    Reclinò leggermente la testa verso sinistra.
    Alzò il dito medio della mano destra.
    Poi rimase immobile così, fissando placidamente il suo interlocutore, quasi volesse dare lui il tempo di immagazzinare nella sua propria mente quel momento, in seguito al quale, d'improvviso, la ragazza avrebbe cercato di afferrare il colletto dell'Uchiha, per poi sollevarlo verso l'alto dalla sedia sulla quale era accomodato, portandolo così ad un palmo di distanza dal suo volto.
    I suoi occhi, ora, dardeggiavano di collera.
    « Ohe, teme » Sibilò la kunoichi, fulminando il giovane con lo sguardo « Quando una persona ti parla come ti ho parlato io non ci si mette lì a fare tutti i tuoi discorsi complicati... qual è il tuo dannato problema, eh!? » La sua voce era un sibilo colmo di sarcasmo e irritazione « Ascoltami bene adesso, e fallo con attenzione perché sono una donna che odia ripetersi più di una volta... e questo è già il secondo tentativo che sfrutto per cercare di farti capire il concetto » E così dicendo sorrise pudicamente, tentando poi di assumere la migliore espressione di composta educazione che sarebbe riuscita a ricreare in quel momento...
    … E a guardarla così si sarebbe detta essere molto più simile a Raizen Ikigami di quello che probabilmente lei stessa avrebbe mai voluto essere. Nulla di cui stupirsi, tuttavia, del resto da quando era divenuta una Shinobi, ormai due anni e mezzo prima, la giovane mezzosangue aveva trascorso più tempo in compagnia del Colosso della Foglia di quanto ne avesse mai passato con sua madre, ragion per la quale nessuno si allarmava poi troppo di vedere sul bel volto da bambola kokeshi della ragazza le stesse medesime espressioni del possente Chunin. In una circostanza come quella, tuttavia, la strafottenza del randagio risultava bagnata della risolutezza della giovane Principessa, creando per questo motivo un connubio di indomabile e determinata forza rara da vedersi in tempi come quelli odierni.
    « Fino a questa mattina non avevo idea di chi tu fossi. Semplicemente mi sei piombato davanti, sanguinante e mezzo morente, mentre io ero occupata a fare e pensare altro » Riprese a dire la kunoichi dopo una lunga pausa. Il suo sguardo, deciso e fiero, era fisso in quello del suo interlocutore, che pareva non aver intenzione di lasciar andare lontano da lei « Immagina il mio stupore quando ho capito che eri un Uchiha... un membro di quel Clan che mi ha rovinato la vita da quando sono una bambina » Sorrise amaramente, scuotendo la testa « Nonostante tutto, però, ti aiutato... » Esitò « ...Mentre tornavamo a Konoha ho lungamente pensato al motivo per il quale mi sono comportata così, e benché in un primo istante avessi deciso di giustificare le mie decisioni come una mia semplice incapacità a poter fare altro... alla fine ho capito che non era così. Non ti ho aiutato perché non potevo fare altrimenti, l'ho fatto perché eri in difficoltà. Solo per questo. » E a quel punto, incredibilmente, la ragazza sorrise: Un sorriso splendido, il suo, forse addirittura più luminoso di quelli finora mostrati, poiché ricco della consapevolezza di una realtà che, nel suo essere tanto clemente, non poteva che schiacciare la maledizione latente del suo animo corrotto; la stessa che combatteva la guerra del dominio all'interno del suo cuore ogni giorno della sua vita, cercando sempre di prendere il controllo...
    … una maledizione che, ormai era chiaro, non aveva ancora vinto.
    Non importava quanto malvagia lei potesse essere... il suo cuore riusciva ancora a scegliere l'amore anziché l'odio, e proprio per questo, lei ancora riusciva a porgere la propria mano anziché ritirarla con sdegno. Era ancora capace di amare, ed era ancora capace di farlo nei confronti di quelle persone che l'avevano fatta piangere per così tanto tempo: Questo era tutto ciò di cui aveva bisogno. L'unica cosa che le bastava sapere per poter andare avanti, continuando a lottare senza mai arrendersi.
    Lei era ancora capace di amare.
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    « Ti ho aiutato perché non importa chi tu sia e qual è il tuo Clan di appartenenza: Io voglio proteggere chiunque. Voglio poter proteggere tutto il mio Villaggio e tutte le persone ivi presenti... e non importa se queste persone sono degli Uchiha: Proteggerò anche loro.
    Un giorno diventerò abbastanza potente da potermi meritare di camminare al loro fianco, di guardare loro le spalle, di offrire loro la mia mano... Un giorno meriterò di poter essere la persona alla quale si rivolgeranno se si troveranno in difficoltà o se desidereranno semplicemente parlare con qualcuno... e questo perché io riesco ancora ad amare, nonostante tutto, io riesco ancora ad avere qualcosa di prezioso... e questa, è la consapevolezza di poter aiutare chi mi circonda »
    E così dicendo, la Principessa avrebbe lasciato andare il colletto del proprio interlocutore, così da poter portare entrambe le mani al petto, lì dove le dita si chiusero con delicatezza sopra il cuore. La sua espressione, ora, era il ritratto più splendido della dolcezza « Non importa se gli Uchiha mi odiano, ora che mi è permesso entrare in questo quartiere voglio provare a stare al loro fianco cercando di proteggerli, e non perché così spero di poter ottenere chissà cosa, ma perché è così che reputo giusto...
    … proprio per questo motivo voglio poter aiutare anche te.
    Posso starti accanto, se è questo che desidererai, ma devi essere il primo ad esserne convinto, perché se non crederai in me come io sono pronta a credere in te, non riusciremo mai ad andare avanti fianco a fianco »
    Esitò, chiudendo gli occhi per un breve istante « Hai capito? » E sospirando, tese la mano verso Atasuke, cui sorrise con gentilezza « So che non ci conosciamo, ma abbiamo tutto il tempo per imparare a farlo, no? » Socchiuse gli occhi « Vogliamo provarci? » Chiese ancora, attendendo poi una di quelle risposte che avrebbero preceduto una cena silenziosa e composta, colma solo dei pensieri fluttuanti di quella Principessa che, mangiando lentamente il suo Ramen, non poté fare a meno di ripensare alle sue stesse parole, quelle che aveva pronunciato quasi senza accorgersene...
    … quando aveva maturato tutti quei pensieri? Quando aveva cristallizzato quella sua risolutezza?
    Precisamente, quando aveva accettato il suo essere Uchiha?
    Abbassò la testa verso la sua ciotola ormai sfreddata, e suo malgrado non poté fare a meno di sorridere: Con ogni probabilità era vero ciò che le aveva sempre detto suo padre... non aveva mai veramente odiato il Clan di Okaa-sama... aveva semplicemente sempre cercato di raggiungerlo, e non riuscendoci mai, si era solo fatta divorare dallo sconforto.
    Era stata una bambina incapace di vedere i propri desideri. Semplicemente.

    […]



    “Da che cosa vorresti cominciare con la tua visita?”



    La voce di Atasuke Uchiha sarebbe risuonata imbarazzata nel suo essere rivolta ad un piccolo fagottino di vesti che, fermo al suo fianco, zampettava da un piedino all'altro in un incontenibile sfogo di gioia repressa... benché, a ben vedere, non si sarebbe potuto propriamente dire che si trattasse di felicità: Avvolta in un grosso mantello nero che a malapena ne lasciava scoperti i lineamenti del volto, infatti, la minuta figurina celava completamente la propria identità, e se non fosse stato per quelle piccole mani intente ad alzare da terra i lunghi lembi strascicanti del manto o per quel vestitino turchese che faceva capolino da sopra un paio di stivaloni di pelle nera, con ogni probabilità nemmeno lei stessa si sarebbe riconosciuta, guardandosi.
    La prima impressione che Shizuka Kobayashi avrebbe effettivamente potuto dare ad un qualsiasi spettatore esterno, era quella dell'accattona.
    […] Sapeva perfettamente che il giudizio a cui sarebbe andata incontro conciandosi in quel modo non era esattamente ciò che avrebbe desiderato ottenere alla sua prima visita nel Quartiere Uchiha, nonostante tutto poco prima di uscire di casa aveva insistito molto per prendere in prestito da Atasuke quel mantello in cui si era sbrigata ad avvolgersi, limitandosi poi a liquidare ogni domanda a lei posta circa quel suo discutibile comportamento con un mellifluo “Ho paura di prendere freddo!” che sarebbe suonato tanto più falso quando, nell'uscire, i due ragazzi avrebbero potuto constatare che ancora le serate non erano tanto fredde da necessitare di un abbigliamento del genere....
    … Del resto, però, non era nemmeno necessario che fosse lei a dare una spiegazione logica a quella sua insicurezza, poiché era evidente che fosse ancora spaventata all'idea di potersi permettere di camminare tra quelle vie che non aveva fatto altro che immaginare in tutti quegli anni: E se qualcuno l'avesse riconosciuta? Se qualche vecchio Uchiha, ancora ricordo dell'episodio di sua madre, rendendosi conto di chi ella fosse, l'avesse ricoperta di insulti, umiliandola e cacciandola da lì? Se improvvisamente gli Uchiha si fossero pentiti della loro concessione e l'avessero rapidamente revocata, rendendola così una colpevole innocente?
    Non poteva fare a meno di porsi quelle domande, cosicché alla fine la sfiducia aveva prevalso sulla curiosità e lei, pur non volendo rinunciare al suo giro esplorativo, non era riuscita a non infagottarsi come un grazioso orsacchiotto pezzato.
    Sospirando e facendo spallucce, la ragazza scosse la testa.
    « Sono diciotto anni che cerco di immaginarmi com'è il quartiere Uchiha, Atasuke... nella mia mente ho costruito planimetrie, edifici, locali e graziosi giardinetti colmi di fiori variopinti, ma è solo frutto della mia immaginazione: Non ho assolutamente idea di quanto grande possa essere questo posto e cosa possa offrire » Sorrise con impacciata rassegnazione « Mi fido di te... ovunque desideri portarmi, ti seguirò. Voglio vedere tutto nei minimi dettagli, anche se servisse tutta la notte! »

    “Non sono così abituato a fare da guida turistica alle persone, ma soprattutto questa è la prima volta che faccio visitare il quartiere Uchiha a qualcuno... Sai com'è... di solito non sono in molti a voler visitare il quartiere del clan...”



    Quelle parole la stupirono e lei, perplessa, fissò il suo interlocutore con fare dubbioso: Come poteva esistere una sola persona che non avesse mai desiderato di visitare il Quartiere degli Uchiha?
    Per qualche strana ragione, quella sola ipotesi le parve incredibile.
    « Beh non importa, sono convinta che se camminiamo da qualche parte arriveremo » Ridacchiò tuttavia Shizuka, prendendo così una mano di Atasuke, che attirò vicino a sé con uno strattone « L'importante è continuare ad avanzare senza mai voltarsi indietro!» Aggiunse allegramente, prendendo poi a camminare lungo la strada sulla quale si trovava, dirigendo così verso un grazioso piccolo bazaar le cui serrande abbassate non le impedirono di saltare come una bambina di fronte ad un parco giochi, emozionatissima del constatare che “anche gli Uchiha avevano un negozio del genere” come ebbe la premura di annunciare tra un sorriso e una serie infinita di schiamazzi entusiastici...
    … una scena che, ahimè, si ripeté per molte altre cose: Fruttivendoli, piccole librerie, ristoranti e locali notturni, alberi, fiori... un pretesto perfetto, quello, per far finta di non udire l'ultima domanda posta lei dal giovane ninja, una curiosità che la ragazza ebbe la premura di sovrastare con un urletto raggiante dovuto ad un cane scodinzolante poco distante di lei, e a cui evitò di rispondere correndo poi in avanti quanto più veloce riuscì, suo malgrado conscia dell'evidenza del suo comportamento...
    … nonostante tutto, avrebbe continuato su quella linea di atteggiamento qualora la domanda fosse stata lei posta nuovamente, e se anche fosse stata messa alle strette, si sarebbe mostrata per quello che era: La più abile glissatrice della storia di Konoha.
    Non aveva motivi di nascondere ad Atasuke le verità su suo fratello, del resto era anche abbastanza convinta che sarebbe bastato lui poco per venire a conoscenza da solo del tradimento che gravava sulla sua famiglia, nonostante ciò, tuttavia, ancora dopo tanto tempo, trovava difficoltà a spiegare ciò che era successo, poiché c'erano ancora cose di Kuroro che non avrebbe saputo come giustificare. Esporre. Spiegare.
    In verità -si rese conto alzando lentamente lo sguardo da una “caratteristica panchina Uchiha” situata sulla strada principale del Quartiere- c'erano molte cose della sua famiglia che non sapeva e che spesso non comprendeva...
    ….questo fu evidente quando, a pochi metri di distanza da lei, ancora intenti ad uscire da un delizioso piccolo ristorante di Yakiniku, li vide. Vide loro.
    […] Vi era un'alta e snella donna dai lunghi capelli neri raccolti in una crocchia, la quale, splendida in un kimono blu notte dal taglio sobrio e sin troppo serio, si inchinava con educazione a qualcuno posto dentro il ristorante, mentre al suo fianco usciva in strada un possente uomo dai capelli corvini scompigliati e un paio di fini baffi composti, il quale, anch'egli vestito di un austero Hakama nero come la notte, sembrava essere intento a ringraziare qualcuno.
    I due insieme, a vederli così, sembravano la raffigurazione tipica dei libri antichi in possesso della biblioteca di Konoha: Nobili, seri, silenziosi e oltremodo affascinanti. L'esatta rappresentazione di ciò che ogni Uchiha avrebbe mai dovuto essere...
    … proprio come il piccolo bambino che, trotterellante al loro fianco, uscì dal locale per poi precipitarsi a raccogliere da terra un piccolo sasso dalla superficie ruvida, che ebbe subito la premura di infilarsi in tasca con sguardo serio. Doveva avere all'incirca cinque o sei anni, e una fortuna sfacciata con la bellezza: Capelli corvini lisci e ribelli, brillanti occhioni neri dal taglio felino e zigomi alti...
    Immobile nel punto in cui si trovava, con lo sguardo perso nell'immagine che a poca distanza da lei si snodava con serenità, Shizuka Kobayashi non poté a quel punto che irrigidirsi come la statua di bronzo del monaco viandante, rimanendo poi così, silenziosa e impassibile. Le sue braccia, fino a quel momento alzate verso l'alto come quelle di una bambina entusiasta, scivolarono a quel punto lungo i rispettivi fianchi, giacendo senza più muoversi...
    Il volto della giovane Principessa, ora, era il ritratto più puro dello doloroso stupore.
    « Isamu Oji-sama... » Sussurrò la kunoichi, incapace di trattenersi. Da sotto il cappuccio del mantello, i suoi lineamenti si contrassero in un'espressione di indecifrabile sofferenza « Junko Oba-sama... » Mormorò ancora mentre la voce le si incrinava... ma a quel punto, tacque. I suoi lucidi occhi verdi scivolarono rapidi sulla figura del piccolo e ignoto individuo, e lì si fermarono. Nessun'altra parola venne detta... e non sarebbe potuto essere altrimenti, poiché la giovane mezzosangue non sapeva. Non conosceva l'identità di quel bambino.
    Ferma come fosse impossibilitata a muoversi, la Principessa affinò lo sguardo, cercando di capire, di comprendere: Che fosse il figlio di qualche vicino? Un allievo di suo zio, forse? L'educando di sua zia...?
    O forse...

    « Tatsuya! Vieni subito qui, insomma! » La voce di Junko Uchiha che si alza. Il bambino che si volta.
    Un sorriso. Un saluto puerile.
    Piccoli passi che corrono. Graziose mani che si stringono ad un kimono da donna.
    L'espressione più pura della gioia.
    « Gomenasai Okaa-sama!! »

    … O forse, suo cugino?

    « Non ti allontanare senza avvertire » Uno sguardo gentile. Una mano affusolata che si posa su quella testolina ancora piena di speranze e felicità.
    « Hai, Okaa-sama! » L'ennesimo sorriso. L'ennesima serenità...

    … l'ennesima morte.

    « “Okaa-sama” …? »
    La voce di Shizuka sarebbe risultata uno spiro a malapena udibile, rotto com'era da un magone troppo forte per poter esser negato persino al di sotto di quel cappuccio che nascondeva tutto, forse troppo.
    Incapace di muoversi, la Principessa dei Kobayashi guardò il bambino e, nuovamente, ripeté quell'unica parola da lui più volte pronunciata... ogni volta, sentendo la sua voce incrinarsi sempre di più.
    […] Quel bambino, era suo cugino.
    Non aveva idea di avere un cuginetto di quell'età, non era del resto mai stata messa al corrente nemmeno della gravidanza di sua zia. L'ultima notizia che aveva udito, relativa al ramo materno della sua famiglia ancora risiedente all'interno del Quartiere Uchiha, risaliva ormai a sette anni orsono, quando suo cugino Tadao, alllora ventiduenne, morì in missione.
    Al tempo sua madre e suo padre, assieme ai rispettivi genitori di entrambi, si erano recati a porgere condoglianze a Isamu e Junko Uchiha, entrambi straziati da quella perdita... ma da quel momento, nessun'altra notizia loro era giunta alle sue orecchie. Che due anni dopo fosse dunque nato un altro bambino, lei non lo sapeva.
    Lei, non lo sapeva.

    Improvvisamente, il risentimento.

    shizukaatasuke-1



    Perché? Perché non sapeva di un episodio talmente importante... sua madre, almeno, era stata informata? Quella povera donna sapeva di avere un nipote di ormai cinque anni?
    Era talmente bassa la considerazione che suo zio aveva nei confronti suoi e del suo Clan, ma soprattutto di sua sorella? Talmente infima da non riferire neanche di essere divenuto nuovamente padre? Di aver finalmente imparato a convivere con il dolore incancellabile tipico della perdita di un figlio?
    Era talmente basso il rispetto? La stima? L'educazione?
    Avevano avuto un bel coraggio, mesi prima, a giungere alla magione Kobayashi per cercare di strapparla alla sua propria famiglia quando era risultato evidente che anche lei fosse una detentrice latente di Sharingan. Avevano avuto la faccia tosta di dire lei che avrebbe dovuto cambiare il proprio cognome e rinnegare tutto ciò che Era per trasferirsi nel Quartiere, lì dove sarebbe stata accolta e accettata per quello che era: Una vera Uchiha.
    Sorrise beffarda, mentre le sue mani si stringevano a pugno: Davvero sarebbe stata accettata? Sul serio?
    … No, non era vero, e loro lo sapevano. Sapevano perfettamente che nessun Kobayashi sarebbe mai stato integrato in mezzo agli Uchiha, ma nonostante tutto avevano svolto il loro dovere come era stato loro comandato, ignorando così ciò che lei avrebbe potuto passare nell'eventualità avesse accettato... proprio come molti anni addietro erano stati i primi a denunciare sua madre al Consiglio degli Anziani, revocando lei il coprifronte da Shinobi, incuranti di tutto ciò che il loro grottesco attaccamento alla legge avrebbe potuto suscitare nella vita di quella persona.
    Scosse la testa, abbassando lo sguardo: Mentivano. Avevano sempre mentito.
    Lei non era una Uchiha, non lo sarebbe mai stata...
    … nonostante tutto, però, non era più nemmeno una Kobayashi.

    Dunque cos'era?
    Precisamente, come poteva definirsi?

    Avanzò lentamente al centro della strada al margine della quale si trovava, muovendo i suoi piedi con lenta decisione, e quando ebbe conquistato il centro esatto del viale, si fermò. A cinque metri di distanza da lei, adesso, i suoi stessi parenti si accorsero della sua presenza, e fermandosi, le rivolsero uno sguardo perplesso: Era chiaro che non sapessero chi si celasse sotto il mantello, ed era altrettanto chiaro che nessuno di loro avrebbe mai potuto immaginare la sua identità...
    … fu proprio per questo che la Principessa Tempesta del Villaggio della Foglia sorrise, compiaciuta.
    E sarebbe apparsa proprio così quando il cappuccio del suo manto sarebbe stato fatto cadere all'indietro, lungo quella schiena seminuda dalla quale, rapidi e leggiadri, si sollevarono subito i suoi lunghissimi capelli castani, i quali, cominciando a serpeggiare nel vento, andarono a liberare il volto fiero e nobile dell'unica erede che il Paese del Fuoco, da quel momento in poi, avrebbe mai ricordato....
    … poiché proprio in quanto non più Kobayashi e non abbastanza Uchiha, ella era il punto perfetto che univa i due Clan, la via di mezzo che collegava due realtà distanti che mai, altrimenti, avrebbero potuto incontrarsi.
    Proprio per questo motivo ella vedeva il difetto e il pregio di ognuno dei due potenti Clan proprio per ciò che erano, senza coinvolgimenti, senza prendere la parte di nessuno, riuscendo lì dove molti, prima di lei, avevano fallito...
    … Lei era il Kakehashitonaru che avrebbe riunito le due dinastie, proprio come il suo sguardo avrebbe annunciato in quel momento, quando le persone presenti sulla via si girarono verso di lei, guardandola, scrutandola. Riconoscendola e ignorandola. Sconvolgendosi e incuriosendosi. Rinnegandola e affrontandola.

    Non importava quanto avrebbe dovuto lottare: Un giorno, sarebbe stata degna di quel Clan che ancora la disprezzava. Un giorno, sarebbe stata degna anche di essere partecipe della vita dei suoi stessi parenti.

    « Konbawa Oji-sama, Oba-sama »

    Un sorriso.

    « Atasuke... ti presento mio zio, mia zia, e a quanto pare, anche mio cugino » L'ennesimo sorriso « Questi sono i parenti che mi hanno rinnegata prima che io nascessi »




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  10. Asgharel
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    Narrato

    °Pensato°
    «Parlato»
    "Parlato" (altri)
    -Citazioni-


    [Abilità/Potenziamenti/tecniche]


    ~Una strana reazione~


    Alle sue parole la giovane shizuka reagì con non poca aggressività, come se in qualche modo la avessero offesa. Atasuke dal canto suo non comprese bene che cosa la giovane avesse in testa di fare, tuttavia per una pacifica convivenza la lasciò fare, in maniera che potesse sfogare in qualche modo quella aggressività repressa.
    Non solo ella rispose beffardamente, cosa che di per se non era un problema e per cui Atasuke non si era posto la questione di fermarla in qualche modo, poi iniziò a prenderlo per il collo della camicia con sguardo minaccioso, segno che forse stava andando fin troppo oltre. Anche qui preferì non reagire, attendendo in vero un attacco diretto prima di rispondere a quell'aggressività, ma forunatamente non ve ne fù necessità. Ella infatti, terminata la sua serie di parole in cui aveva semplicemente racchiuso gran parte della giornata, sorrise nuovamente, come se in un qualche modo fosse riuscita a sfogarsi recuperando la calma e la sanità mentale.

    °Dannazione, credo che dovrei stare ancora più attento a come parlo con lei... Tuttavia non è normale una reazione così aggressiva... Che sia causa di quello che il clan le ha fatto? Oppure è colpa di qualche sensei folle che l'ha seguita in passato, magari al corso genin? mah... di sicuro va capita ed educata su questo aspetto... deve imparare a controllarsi, ma soprattutto bisogna riuscire a sfogare tutta questa rabbia prima che esploda di nuovo, magari in condizioni peggiori...°


    Pensava mentre la giovane sorridente proseguiva con il suo discorso senza mollarlo un attimo. In un certo senso si sentiva minacciato da quella sepcie di presa, anche se in verità sapeva bene di non correre rischi, ma soprattutto da una posizione del genere con lui quello a rischiare era assolutamente quello che lo teneva al collo.
    Poi, finalmente, la giovane mollò la presa per portarsi entrambe le mani al petto, dando così modo ad Atasuke di risistemarsi alla svelta il colletto spiegazzato.

    "Non importa se gli Uchiha mi odiano, ora che mi è permesso entrare in questo quartiere voglio provare a stare al loro fianco cercando di proteggerli, e non perché così spero di poter ottenere chissà cosa, ma perché è così che reputo giusto...
    … proprio per questo motivo voglio poter aiutare anche te.
    Posso starti accanto, se è questo che desidererai, ma devi essere il primo ad esserne convinto, perché se non crederai in me come io sono pronta a credere in te, non riusciremo mai ad andare avanti fianco a fianco Hai capito? So che non ci conosciamo, ma abbiamo tutto il tempo per imparare a farlo, no? Vogliamo provarci?"


    Egli sorrise, lasciandosi sfuggire anche una lieve risatina prima di rispondere alla giovane.

    «Invero avevo già compreso ciò che intendevi dire, ma volevo solo esserne sicuro...»


    Disse allungandole la mano ed andando a dtringere quella di lei in una vigorosa ma dolce stretta.

    «Quindi si, sarò ben lieto di fare la tua conoscenza e di stare al tuo fianco. Una persona come te è assolutamente indispensabile. Forte come una tigre, candda come la neve e dolce come il profumo di una rosa... Sono rari i fiori con queste caratteristiche»


    Alluse alla giovane portandola verso di se con un rapido e deciso strattone della mano facendo si che le mani strette si levassero in alto, fin al di sotto dei loro menti con gli avambracci che facevano da divisione tra i loro petti che altrimenti avrebbero cozzato.
    Gli occhi di lui intensamente la guardavano come tuffandosi in quelli verdi di lei mentre con solennità la sua voce risuonava in quelle brevi parole che racchiudevano una altresì solenne promessa.

    «Possa questo essere un giorno di speranza. Da oggi saremo compagni e ci batteremo fianco a fianco contro le avevrsità che questa nostra "maledizione" ci ha posto dinnanzi»


    Ed a quel punto solo più un dolce sorriso a rasserenargli il volto prima di lasciare la presa lasciando che la sua giovane ospite potesse nuovamente tornare a sedere.

    [...]


    ~Gita in quel del Clan~


    Terminata la cena, la giovane, in trepidante attesa di poter visitare il quartiere decise per qualche strana ragione di aver bisogno del mantello di Atasuke, anche se era più che chiara la totale assenza di tale necessità. Tuttavia ella non volle uscire finchè non fosse soddisfatta tale condizione, ed alla fine Atasuke non potè fare altro che accettare. Iniziarono così a vagare per il quartiere. Lui, un giovane rampollo vestito di tutto punto con il massimo dell'eleganza che sapeva concedersi e lei, una specie di fagotto nero che saltellava gioioso per le vie celando il proprio aspetto al di sotto di quel nero mantello che faceva tutto, tranne che donarle.

    °Quasi mi vien da chiedermi perchè mai avesse dovuto prendere un vestito di ricambio se poi va in giro infagottata in quela maniera... bah... donne, valle a capire certe volte°


    Con quel pensiero nella mente Atasuke cercava di studiarsi un piano di visita tale da poter soddisfare tutta quella sete di scoperta che la sua compagna aveva nei confronti di quel territorio che finora le era stato negato.
    Ella diceva di non sapere da dove volesse cominciare con la visita rivelandogli di come la sua mente avesse immaginato infinite planimetrie, luoghi, strade ed edifici di quel settore di Konoha in cui non aveva ancora mai messo piede.
    A stento Atasuke riusciva ade evitare di ridere alle reazioni a dir poco esagerate della giovane, specie quando con "abilità" glissava amabilmente le domande di Atasuke a riguardo dei suoi dubbi, segno chiaro del fatto che aveva fatto centro ma che ella ancora non era pronta a rispondere a quelle domande, forse per paura o forse per altro... Tuttavia con le sue reazioni la ventenne pareva esser divenuta una bambina di dieci anni lasciata libera in un negozio di caramelle, eccitata quasi come fosse in overdose di zuccheri, ella saltellava qua e la beandosi della sola vista dei negozietti, dei locali, degli uffici e delle case che ad una ad una incontravano lungo il percorso.
    Ad ogni edificio che Atasuke conosceva egli si fermava alcuni istanti narrandole di chi vi abitasse, quale scopo avesse tale edificio o anche solo chi ne fosse il proprietario, cercando così anche di metterla al corrente della "storia" degli ultimi anni di quel quartiere, anche se in vero egli era forse l'ultimo a poterne narrare lo sviluppo dato che le poche informazioni che aveva erano frutto del suo "rapporto" con la giovane Ayame e dei racconti che la nonna, ovvero la sua vicina di casa, gli narrava di tanto in tanto.

    ~Un particolare incontro~


    Il tempo trascorreva felice e la notte sembrava proprio essere piccola come diceva un famoso detto, tuttavia, tanto quanto la notte anche il mondo era piccolo ed ancor più piccolo era il quartiere Uchiha. Tanto piccolo da portare ad un incontro che a stento si poteva definire inatteso, se non forse anche indesiderato.
    Di li a poco, infatti all'uscita di una locale, ella parve come pietrificarsi di botto alla vista di due uchiha all'uscita dello stesso. Atasuke rimase momentaneamente spiazzato da una tale reazione, in fondo quelli non erano i primi due Uchiha che avevano incontrato lungo il loro percorso e dal suo punto di vista quei due non avevano nulla di differente dagli altri, o perlomeno nulla di così vistoso da poter provocare una tale reazione. Tuttavia di li a poco ebbe modo di comprendere il perchè di quella particolare reazione.

    «Shizuka, tutto bene? Che hai?»


    Le chiese con cortesia e con un velo di preoccupazione nella speranza che la sua voce potesse in qualche modo sbloccarla da quella specie di paralisi indotta dalla vista di quelle due persone e del bambino che poco dopo li raggiunse trotterellando fuori dal locale.
    Egli non prestò particolare attenzione alle parole dei due figuri e del bambino, tuttavia parve che shizuka vi ponesse non poca attenzione quasi ignorando le parole che Atasuke stesso aveva pronunciato. Poi con voce rotta e flebile iniziò a ripetere un nome, un nome che Atasuke le aveva già "sentito dire": Okaa-sama.

    °Diavolo... che sia realmente la stessa persona? Che sia l'Okaa-sama che vuole uccidere? La situazione è problematica, qui si rischia grosso... Spero solo che si tratti di un caso di omonimia e che solo il nome le abbia provocato questa reazione, altrimenti... Ho timore per quello che potrebbe fare valutando come reagì poco fa in casa per molto meno...°


    Pensava tra se Atasuke preoccupandosi sempre più per quella situazione che pareva peggiorare mentre Shizuka sembrava aver riacquisito controllo di se e delle proprie parole dirigendosi verso le due figure e verso il centro della strada che stavano percorrendo.
    Atasuke la seguì con passo svelto ed attento, pronto a reagire ad un'aventuale reazione spropositata della giovane, anche se per fortuna non accadde nulla di così grave... forse...

    "Konbawa Oji-sama, Oba-sama"

    °Dannazione pare proprio si tratti della stessa persona! Non va affatto bene°

    "Atasuke... ti presento mio zio, mia zia, e a quanto pare, anche mio cugino Questi sono i parenti che mi hanno rinnegata prima che io nascessi"


    °Ecco, nulla di così eclatante e diretto come temevo, ma di certo nulla di così diplomatico... Speriamo solo che questa frecciata non provochi reazioni a catena...°


    Atasuke sorrise, celando il suo stato d'animo leggermente alterato da quella lieve tensione che si stava creando, [Abilità] specie nella sua mente, la quale essendo già a conoscenza di informazioni potenzialmente pericolose stava già elaborando i peggiori scenari possibili, preparandosi al peggio.
    Intanto il suo volto sprizzava gentilezza e cortesia, nella speranza che un comportamento accomodante potesse in un qualche modo aiutare ad evitare eventuali rischi aggiuntivi.

    «Buona sera, come immagino abbiate udito, io sono Atasuke Uchiha, lieto di fare la vostra conoscenza...»


    Disse inchinandosi in modo rispettoso ai due membri del clan che aveva dinnanzi oltre che al loro pargoletto.

    «Se così si può dire»


    Sibilò infine tra i denti con un tono tanto basso che a stento riusciva a sentirsi da solo, in maniera che i due interlocutori non avessero modo alcuno di udirlo, evitando così eventuali spiacevoli discussioni.
     
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    « … Shizuka? »



    Fu un sussurro appena udibile quello che chiamò il nome della Principessa Tempesta di Konoha. Un lieve ruscello di voce incrinata, incredula, esitante. Oltremodo sconvolta.
    L'alto e possente uomo dai capelli corvini, il cui Hakama scuro era a malapena rischiarato dal bagliore di un lampione birbante sul ciglio della strada, guardò in direzione della giovane donna ferma di fronte a lui, ad appena cinque metri di distanza, lì dove i suoi capelli danzavano ancora nel vento della sera, i suoi profondi occhi verdi guardavano ancora, fermi, quelli di colui che continuava a scrutarla con sguardo assente... lì dove il pesante mantello di panno veniva fatto cadere cupamente a terra, mentre una nube beffarda di polvere si alzava attorno a quella ragazza vestita di un grazioso abitino turchese indossato sopra un improbabile paio di stivalacci consunti neri. Gli stessi stivali che, sfidando un suolo che sino ad allora era per loro incalpestabile, fecero un passo avanti con aria di sfida.
    Sul volto della bella kunoichi, adesso, un sorriso ironico.

    « Isamu Oji-sama » La voce di Shizuka Kobayashi sarebbe apparsa deliziata nel pronunciare, finalmente a voce alta quel nome che per tanti anni aveva solo ripetuto nella solitudine della sua stanza, lei che, bambina abbandonata, sognava il giorno in cui i suoi zii l'avrebbero salutata anziché ignorata... quegli stessi zii di cui sua madre continuava a parlarle bene, descrivendole persone straordinarie che lei, nel suo essere tanto sognatrice, non aveva potuto far altro che stereotipare nel tempo, sperando di poter, un giorno, dare fondamento ai suoi pensieri...
    Quel giorno, finalmente, pareva essere giunto.
    « Shizuka... » Ripeté l'uomo dopo diversi tentativi falliti di dare una forma ai soffi d'aria che uscivano dai movimenti scoordinati della sua bocca « ...Che ci fai qui?! » Gemette ad un certo punto, in un misto di rabbia, incredulità e qualche altro sentimento che la ragazza, nel suo essere tanto presa dall'osservare la scena, non riuscì a identificare.
    « Sono venuta a farti visita » Rispose lei. Non era vero, ma poco importava « Non sei felice di vedermi? » Chiese poi, educatamente, mentre Junko Uchiha, ferma alle spalle del marito, cercava di afferrare il figlioletto esagitato che continuava a trotterellarle attorno, incapace di comprendere la circostanza nel quale era stato egoisticamente fatto precipitare.
    « ...Non hai l'accesso ai quartieri del Clan » Disse però l'uomo, incurante persino di rispondere alla domanda sarcastica della nipote, prendendo a quel punto a guardarsi attorno in modo teso « Hai idea di cosa possa succederti se ti trovano qui!? »
    « E se anche fosse? »
    Avrebbe incalzato immediatamente Shizuka, fulminando lo zio con il volto contratto dalla collera « Dubito che ti possa interessare quale sia la mia sorte visto che » Continuò, facendo un eloquente gesto della mano in direzione del piccolo bimbetto « non sono stata nemmeno informata di avere un cugino » Rise in quello che sembrava più un sibilo che un'espressione di felicità « Dimmi, Isamu, quanti anni ha precisamente? » Domandò a quel punto, dopo aver placato le sue risa, omettendo volontariamente l'appellativo familiare che fino a quel giorno aveva usato... « Cinque? Sei? » ...e non sarebbe potuto essere altrimenti, poiché esiste una linea di demarcazione spessa che separa l'amore dall'astio, ma che per quanto ampia possa essere è destinata ad essere oltrepassata nel momento in cui l'affetto che comprendi di aver immotivatamente nutrito, assieme alla speranza di unificare qualcosa che sembra essere destinato a rimanere per sempre distante, finisce per essere tradito.
    Di fronte a lei, lo sgomento.
    « Shizuka non è il momento per--- » Cercò di intavolare Isamu Uchiha, guardando la nipote nel compiere un passo avanti con fare circospetto. Era diventato improvvisamente in guardia e la sua mano, si rese conto solo in quel momento Shizuka, era scivolata all'interno della ringonfianza del suo elegante Hakama scuro.
    Strinse i denti.
    « Quando è il momento allora? » Insistette ma, suo malgrado, fece istintivamente un passo indietro. La sua mano scattò rapida alla sua schiena ma lei, impallidendo, si ricordò solo in quel momento che non aveva con sé niente del suo equipaggiamento. Aveva lasciato tutto a casa di Atasuke, convinta che gironzolare con indosso delle armi fosse il peggior messaggio che si potesse offrire ad un Clan che aveva appena offerto la propria imposta grazia ad una traditrice di nascita... nonostante tutto, in quel momento, se ne pentì.
    Suo zio era un Jonin. Sua zia era una Chunin.
    Se l'avessero attaccata, sarebbe stata spacciata. Con ogni probabilità, non avrebbe neanche avuto il tempo di capire cosa sarebbe successo nell'attimo prima di vedersi, magari, piantare un coltello nell'addome...
    Bestemmiò tra i denti: Era stata ingenua. Ingenua e stupida.
    « Shizuka, devi andare via di qui » Ordinò Isamu Uchiha, scoccando un'occhiata vacua alla nipote e lei, guardando quegli occhi neri indecifrabili, seppe che doveva smettere di giocare con il fuoco. Avrebbe dovuto dire a quell'uomo del permesso che le era stato concesso. Avrebbe dovuto...
    … fare tante cose.
    Fu però un solo attimo, appena un battito di ciglia, e in un secondo la figura di Isamu Uchiha sparì alla vista della kunoichi per poi ricomparire accanto al suo fianco, piena di una velocità e una fluidità tale che né Atasuke né Shizuka sarebbero stati minimamente in grado di seguire, e che perciò di fronte alla quale non poterono far altro che... trasalire.
    Sgranando gli occhi nel vuoto Shizuka Kobayashi ebbe infatti appena il tempo di schiudere la bocca in un'espressione di puro terrore che suo zio fece serpeggiare una mano sulle sue labbra, impedendole di dire o fare qualsiasi cosa. Il suo sguardo, ora, era contratto in una maschera di pura e semplice... angoscia.
    « Taci » Ordinò, poi, come svegliatosi da un torpore lampante, portò la mano libera sugli occhi della nipote in un gesto simbolico che venne subito ritratto « Non fare niente » Ordinò ancora, ma la sua voce, incrinata, sembrava più una supplica che un'imposizione « ...Non lo attivare » Sussurrò, in modo che solo lei potesse udirlo e a quelle parole, la Principessa, non poté che irrigidirsi.
    La situazione le era sfuggita di mano molto più rapidamente di quello che avrebbe desiderato, non dandole nemmeno il tempo di fare la sarcastica quanto avrebbe voluto... se poi era quello che, in verità, voleva davvero fare.
    Cosa aveva sperato di ottenere piombando davanti a suo zio e sua zia in quel modo? Voleva ferirli? Annichilirli? Sperava forse che si bagnassero del senso di colpa che era convinta dovessero avere per tutto ciò che aveva fatto fino a quel momento? Come aveva solo sperato di poter suscitare un qualsiasi tipo di sentimento in delle persone che non avevano esitato a vendere la propria stessa famiglia ad una giustizia dalle sfumature di insensatezza?

    L'avrebbe uccisa...?

    « Ti uccideranno » Gemette a quel punto Isamu Uchiha, raccogliendo rapidamente da terra il mantello lasciato precedentemente cadere, in cui avviluppò nuovamente la nipote senza nemmeno aver prima la premura di sbatterlo dalla polvere di cui si era riempito « Ti hanno vista » Insistette, lanciando uno sguardo gelido e tagliente ad Atasuke prima di rivolgere alla ragazza lo stesso sguardo colmo del sentimento di poco prima... e che nulla aveva di malevolo, quanto più di disperato.
    Per un attimo, scrutando il volto del suo proprio zio, la kunoichi aggrottò la fronte sentendosi... improvvisamente confusa: Era ansia quella che leggeva nei suoi occhi? Era timore quello che guidava la sua mano?
    Perché non l'aveva uccisa quando aveva potuto, appena un attimo prima? Era talmente evidente che non era in grado di stare alla pari dei suoi movimenti...
    … Impallidì: Che pensasse di consegnarla nelle mani di...

    « Ti uccideranno se non scappi immediatamente. Ti guiderò io, stammi accanto, non parlare, non fare niente. Ti riporto immediatamente da Heiko »

    Silenzio.

    Due profonde iridi verdi che si alzano verso l'alto.
    Lo stupore che inonda un volto da bambola di porcellana.
    Un paio di rigide braccia di ragazza che precipitano verso il basso.
    Una bocca che si schiude nello sconvolgimento.

    shizukaatasuke1



    « ...Eh? » Sussurrò Shizuka Kobayashi, guardando lo zio quasi non avesse compreso cosa egli gli stesse dicendo « ...Che hai detto? »
    « Seguimi »
    Ordinò però il Jonin, perentorio, afferrando bruscamente la nipote per un braccio e prendendo a camminare rapidamente verso il ciglio della strada costeggiata da un'ordinata fila di alberi dalla chioma spumosa. I suoi occhi corvini, per un attimo, si soffermarono nuovamente su Atasuke... cui venne rivolto il peggior sguardo assassino che il Clan Uchiha avesse probabilmente mai avuto la disgrazia di ammirare: C'era una tacita minaccia in quegli occhi, che, gelidi oltre ogni dire, parevano intimare il silenzio con chicchessia a pena, in caso contrario, qualcosa di molto, molto, molto brutto...
    Era talmente evidente cosa fosse quel "qualcosa" che la Principessa della Foglia, leggendolo negli occhi dello zio, non poté fare a meno di trasalire e puntando i piedi a terra, opponendosi così all'essere trascinata via come un fagottino di stracci sporchi, prendere a scuotere rapidamente la testa.
    Il suo volto, in un attimo, impallidì.
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    « No! » Esclamò, agitata, guardando Atasuke impaurita come quando, poche ore prima, gli si era stropicciata addosso prima di entrare nel quartiere da cui sua madre era stata un tempo cacciata « Lui non ha fatto niente » Disse, secca « E' lui che ha fatto revocare il divieto che mi impediva di entrare qui » Spiegò rapidamente la kunochi, mentre Isamu Uchiha le lasciava un braccio, guardandola stralunato « Lui era con me e poi stava morendo » Trasalì « Non perché io gli abbia fatto qualcosa, chiaramente » Puntualizzò, esagitata, prima di mettersi a spiegare: « Tornava da una missione, poi è caduto, era pieno di sangue, io l'ho aiutato, però non riuscivo a caricarlo sulla schiena, allora lui si è svegliato, poi siamo tornati a Konoha insieme, però io ero piena di sangue, allora mi sono spogliata, così lui mi ha dato il suo mantello, poi è arrivato un tipo con il naso da maiale, e lui ha scritto con un dito su una pergamena, e poi il tipo si è arrabbiato, e c'era anche una maratona insieme ad una lavanderia, il maiale è andato via, e poi lui mi ha detto che potevo entrare al quartiere, però io non volevo entrare, poi alla fine ci sono entrata comunque, così siamo andati a mangiare a casa sua, e la casa era vuota, poi c'erano i vestiti nell'armadio, però nessuno dei vestiti mi entrava, allora ho pensato di essere ingrassata perchè mangio troppi mochi, però poi ho trovato questo vestito che mi sta bene, così ho preparato la cena, lui mi ha parlato della sua famiglia, poi abbiamo tipo quasi litigato, poi siamo usciti perchè volevo vedere il clan, e c'era il bazar degli Uchiha che è uguale a quello di Makoto della via secondaria del villaggio, poi c'erano delle panchine e c'era anche un cane, poi abbiamo passeggiato, così io ho visto il Clan e poi ho visto te, Junko oba-sama e anche il bambino, mi sono arrabbiata perchè non sapevo chi lui fosse, allora ho deciso di fare qualcosa, però non sapevo cosa, e così alla fine sono qui... capito!? »

    S
    ilenzio.

    Isamu Uchiha guardò la nipote, alzò una mano che condusse alla fronte, chiuse gli occhi in un'espressione confusa, si prese un attimo di silenzio e infine annuì, piuttosto smarrito.
    « ...Credo di aver capito, in qualche modo » Mormorò con un timbro di voce che, però, lasciava intendere tutto il contrario: Con ogni probabilità l'uomo si era arreso a comprendere i rapidi vaneggi della ragazza dopo le prime battute iniziali.
    « In sostanza... » Riprese allora a dire Shizuka, decisa più che mai a spiegare allo zio l'innocenza di Atasuke e il suo buon cuore che, al contrario, l'aveva aiutata a togliere un altro dei grossi massi di condanna che gravavano su di lei, ma il Jonin degli Uchiha alzò una mano di fronte a sé scuotendo la testa e guardando la sua interlocutrice inarcò le sopracciglia, palesemente spaventato all'idea che questa ricominciasse a parlare.
    « No, va bene così Shizuka » Penò Isamu Uchiha con voce supplichevole « Ho capito » Assicurò prima di reclinare leggermente la testa in basso a destra e, riducendo gli occhi a due fessure, sussurrare un sibilante: « Dannazione, è sempre più uguale a quell'idiota di Toshiro » ...che però fu a malapena udibile, divorato come fu dallo schiamazzo eccitato del piccolo bambino fino a quel momento trattenuto dalle mani terrorizzate di Junko Uchiha, il quale, liberandosi dalla presa della madre muovendosi scompostamente come una piccola anguilla, non perse tempo a precipitarsi in direzione del trio, di fronte al quale si fermò, con gli occhi colmi di emozione.
    « Chi sono, Otou-sama? » Si sbrigò a domandare, e la sua vocina poteva risultare ancor più deliziosa se udita da vicino, come del resto il bimbo stesso appariva ancora più bello ad osservarlo meglio.
    Socchiudendo gli occhi e sentendo che il suo corpo andava facendosi sempre più molle, Shizuka Kobayashi inarcò le sopracciglia in un'espressione premurosa e tenera che non riuscì a trattenere nel momento in cui si rese conto che... la somiglianza del piccolo con sua madre era senza dubbio lampante: Entrambi avevano lo stesso taglio degli occhi, felino e perfetto, gli stessi zigomi alti e nobili, lo stesso colore di capelli, di quel nero corvino che tendeva quasi al blu nel suo essere tanto pieno... e lo stesso meraviglioso sorriso.
    Per un attimo, con suo inimmaginabile stupore, la Principessa sentì un groppo legarsi alla sua gola e le lacrime pungerle irrimediabilmente gli occhi, tanto che lei, abbassando lo sguardo a terra, fu costretta a passarsi sbrigativamente una mano sul volto mentre suo zio, avvicinandosi al figlio di fronte al quale si accovacciò lentamente, andò ad accarezzargli il volto ovale con una dolcezza che nessuno avrebbe mai pensato di poter attribuire a delle mani grandi e ruvide come quelle.
    Il volto di Isamu Uchiha era il ritratto perfetto dell'amore paterno, e guardando il piccolo negli occhi con dolcezza, annuì solennemente.
    « Tatsuya, oggi io e tua madre ti dobbiamo presentare una persona » Disse dopo una lunga pausa l'uomo, mentre la moglie, guardando per un attimo Shizuka e poi Atasuke, gli si avvicinava silenziosamente « Questa ragazza qua... » Tacque un attimo, pareva indeciso cosicché, dopo aver chiuso gli occhi ed essersi preso del tempo che per un istante parve interminabile, scosse la testa solennemente.
    Sospirando, ricominciò a parlare.
    « Ricordi quando chiedesti a me e tua madre se avevamo dei fratelli o delle sorelle? » Domandò con gentilezza. Il bambino, riflettendoci un secondo, annuì abbastanza convinto « Tua madre è figlia unica, i nonni te lo hanno detto... io, invece, ho una sorella minore di nome Heiko » E così dicendo, esitò. Sembrava in difficoltà, come se arrivati a quel punto non sapesse cos'altro dire... e con ogni probabilità, era proprio così: Heiko ed Isamu Uchiha si erano perduti quando lei aveva ventidue anni appena compiuti e lui venticinque e un matrimonio novello appena celebrato. La sentenza del Clan emanata dallo stesso consiglio degli anziani a cui l'allora Chunin si era rivolto -convinto di star facendo la cosa più giusta nel denunciare di aver visto l'invidiata sorella passeggiare mano nella mano con un uomo che non era quello scelto per lei dal Capoclan- li aveva allontanati irrimediabilmente, impedendo ad entrambi di vedersi se non per errore o durante l'unica visita annuale concessa alla traditrice... a cui però, spesso e volentieri, Isamu Uchiha mancava, costringendo così la sorella a sedere in silenzio in una casa vuota che un tempo le era appartenuta, ma in cui ormai nemmeno i domestici si degnavano più di servirle il tè.
    Da allora, i due fratelli si erano incontrati a malapena sei volte, e nessuna di queste occasioni era ricordata con piacere poiché, per qualche motivo, il verdetto finale scemava sempre in un dibattito o, peggio, nel silenzio più tombale...
    In tutto quel tempo, però, Heiko era cresciuta. Era divenuta una donna, fiorendo come l'adulta piena d'amore che non era mai stata, abbracciata da un marito che sembrava amarla più della sua stessa vita e da due figli splendidi, uno più eccellente dell'altro, che cingendole i kimono di splendida seta offerti lei dal Clan che l'aveva adottata, sembravano il ritratto perfetto della felicità.
    Quando raramente la vedeva da lontano camminare per le strade di quel Villaggio che apparteneva ad entrambi, e ammirava la sua espressione senza però farsi notare, Isamu Uchiha non poteva fare a meno di paragonare quel sorriso dolce con l'espressione austera e priva di sentimento che l'aveva caratterizzata quando era considerata la più potente Jonin del Clan Uchiha, lei che era destinata a divenire capoclan, lei a cui fu imposto un matrimonio mai desiderato, lei che veniva guidata in allenamenti folli sin dal giorno in cui sapeva camminare, lei che... si era ribellata a tutto questo per l'unica cosa che considerava più importante di se stessa: L'uomo che aveva sposato.
    Isamu Uchiha si era sempre chiesto che cosa fosse riuscito a dire o fare alla sorella quell'uomo dagli occhi verdi e il sorriso perennemente allegro, per riuscire a cambiarla così tanto in così poco tempo. Per trasformare una creatura vuota priva di sogni, ambizioni e sicurezze, in una madre e una donna forte e decisa...
    … per quanto potesse odiare quell'idiota di Toshiro Kobayashi, non poteva che arrendersi all'evidenza che lui era riuscito laddove tutti avevano fallito: Aveva dato un cuore a chi di cuore non ne aveva.
    Era per questo che i loro genitori avevano deciso di seguirla nella sua nuova vita quando venne espulsa dal Clan? Era per questo che lui, dopo tutti quegli anni, ancora si domandava se aveva fatto la cosa giusta?
    Se non avesse mai denunciato la sorella al consiglio, lei, adesso, sarebbe ancora accanto a lui? Sarebbero ancora vicini come un tempo, quando da bambini correvano l'uno accanto all'altra per andare insieme all'accademia ninja...?
    Ma del resto, se non avesse preso quella decisione, Heiko non sarebbe potuta fiorire come aveva fatto, non sarebbe mai divenuta una donna tanto splendida e non avrebbe mai messo al mondo un bocciolo raro come quello che era riuscita a creare...
    Voltandosi lentamente verso Shizuka Kobayashi, Isamu Uchiha guardò la nipote con gli occhi colmi di malinconia, e dopo aver esitato per un attimo, sorrise involontariamente, non potendo, forse, fare altrimenti...
    Heiko aveva fatto tante cose sensazionali nella sua vita, ma quella ragazzina era senza dubbio la sua opera migliore. Era riuscita a crescere una bambina come lei, in una realtà come quella che l'attanagliava da ogni lato, trasmettendole comunque l'amore per la vita e il desiderio di proteggere gli altri senza curarsi di chi questi fossero... ma come ci fosse riuscita, lui non avrebbe saputo mai dirlo.
    [...] Era stato quasi sollevato di venir a conoscenza da terzi dell'odio che la nipote provava per lui, la sua famiglia e il suo Clan, come se quel sentimento di repulsione fosse la giusta punizione che si era meritato per ciò che aveva fatto in tutti quegli anni, quando non era nemmeno mai stato capace di sedere di fronte al sangue del sue sangue e dire la verità che gravava sul suo cuore... nonostante tutto, era anche piuttosto evidente che la piccola in questione non fosse realmente incollerita come si diceva in giro, ma piuttosto solamente ferita dal non ricevere le attenzioni desiderate, situazione questa che l'aveva indotta a preferir trasformare le proprie aspettative in un astio apparente destinato a finire presto non appena qualcuno, gentilmente, le avrebbe offerto una mano...
    Voltandosi a quel punto verso Atasuke, il Jonin sorrise nuovamente con rassegnazione, e così facendo scrutò il bel ragazzo che di fronte a lui sostava.
    A quanto pareva, infine, quella persona gentile era arrivata a salvare la nipote che, in fondo, avrebbe voluto in qualche modo salvare lui, come quando, chiamato dalla sorella per domare le conseguenze di una Kekkei Genkai troppo fuori controllo come quella di Shizuka, aveva offerto lei di trasferirsi al Clan Uchiha, cambiare nome ed entrare a far parte così della gloriosa dinastia del Ventaglio.
    Si sarebbe occupato lui, di lei. Della piccola, amata figlia della sua adorata Heiko.
    Avrebbe pensato a tutto, a sistemare una stanza nella sua stessa casa, alla burocrazia del villaggio, ad introdurla agli allenamenti speciali riservati ai membri del clan... se solo glielo avrebbe permesso, sarebbe stato lui il suo maestro, lui che aveva addestrato la maggior parte delle leve degli Uchiha e che poteva vantare la migliore fama di insegnante e mentore.
    Lei però aveva rifiutato, colma d'astio, d'odio: Non avrebbe mai abbandonato la sua preziosa famiglia e la sua più che amata madre per far ritorno lì dove un tempo quest'ultima era stata distrutta. Non avrebbe barattato l'amore per le sue persone speciali con qualcosa come la gloria o la potenza incontrollata... questo perché la sua “cosa giusta” rispondeva alla sua personale giustizia.
    Shizuka Kobayashi faceva sempre e solo ciò che reputava giusto, ignorando la legge, ignorando le norme, ignorando tutto. Ecco perché non si pentiva mai delle sue azioni.
    Abbassando lo sguardo e stringendo le mani a pugno mentre il piccolo bambino dagli occhioni di cerbiatto andava a mettergli le mani sul viso, cercando di capire perché il padre si fosse zittito di botto, Isamu Uchiha chiuse gli occhi, sorridendo amaramente: Aveva sbagliato tutto nella sua vita. Realmente, non aveva mai fatto niente di buono.
    Aveva quarantacinque anni e a malapena riusciva a descrivere la sua stessa sorella al suo amato figlio... questo, con ogni probabilità, era il più grande fallimento di tutta la sua esistenza: Lui, si era scordato di amare.

    « Heiko Uchiha è una donna assolutamente eccezionale »

    La voce che risuonò improvvisamente in quel silenzio fu quella di Junko, la quale, abbassandosi verso il figlio, sulla cui testa adagiò una mano, reclinò leggermente la testa di lato, sorridendo « Talmente eccezionale da essere stata la più grande e potente Jonin del Clan, Tatsuya, destinata addirittura a divenire capoclan! »
    « Davvero? » Esclamò il bimbo, stupito, guardando un altrettanto incredulo Isamu, il quale, rivolgendo lo sguardo alla moglie, la guardò in silenzio.
    « Certamente » Rispose Junko Uchiha, annuendo seriamente « Tuo padre è molto fiero di lei, non ha mai smesso di esserlo in verità » Continuò, guardando per un attimo Shizuka.
    « E perché io non la conosco allora? » Domandò il bimbetto, risentito, mettendosi a braccia conserte e facendo il muso « Dov'è lei? » Chiese ancora, offeso « E poi che c'entra con quello che avevo chiesto io? » Fece presente di nuovo, ancora più offeso di prima.
    Di fronte a lui, un sorriso gentile.
    « Heiko Uchiha è la sorella di tuo padre » Ripeté la madre del piccolo, affettuosamente « Un giorno decise di abbandonare la carriera ninja per sposare un uomo da lei grandemente amato, e così andò a vivere a casa di questo, allontanandosi dal Clan senza pentirsene mai » Spiegò la donna, adducendo quella che, agli effetti, era una visione piuttosto rosea della realtà « Questa ragazza qui, invece, si chiama Shizuka Kobayashi » Continuò la Chunin, e voltandosi nell'indicare la Principessa di Konoha, guardò il suo piccolo interlocutore « E' la figlia di Heiko Uchiha-sama » Annunciò « Il che la rende tua cugina di primo grado » Concluse dolcemente mentre, al suo fianco, la rinnovata protagonista di quella scena alzava timidamente lo sguardo su quel bambino dal visetto perplesso e l'aria interrogativa il quale, portandosi una mano al mento e alzando gli occhi al cielo, parve riflettere. Aprendo le sue piccole manine contò qualcosa, fece qualche rapido calcolo nell'aria, dubitò, annuì e infine sorrise.
    « Siamo davvero cugini! » Disse a quel punto, come se lo avesse scoperto da solo, e correndo verso Shizuka, le si precipitò addosso, stringendole le gambe e stropicciandogli il musino in grembo... un gesto di fronte al quale la kunoichi, suo malgrado e nonostante avesse fatto di tutto perché questo non accadesse, non riuscì a non mettersi a piangere. Di nuovo.
    Odiava scoppiare in singhiozzi ogni dannata volta e per ogni dannata cosa, possibile che fosse così piagnucolona? Ritsuko faceva bene a prenderla in giro!
    « Shizuka nee-chan! » Esclamò però Tatsuya Uchiha, alzando gli occhi verso di lei che, pulendosi il viso rapidamente nonostante quel richiamo l'avesse fatta piangere ancora, sorrise con dolcezza « Perché ti chiami Kobayashi? » Chiese.
    La domanda non la colse alla sprovvista. Aveva immaginato che il bambino glielo avrebbe chiesto, prima o poi.
    Accovacciandosi dunque a terra proprio come aveva fatto suo zio, Shizuka sorrise al piccolo Tatsuya e dopo aver cercato di stabilizzare i singhiozzi della sua voce, sorrise ancora una volta.
    « Il mio papà si chiama Kobayashi, quindi anche io mi chiamo così » Spiegò con pazienza e voce soffice.
    « L'ho già sentito questo nome » Disse il piccino, alzando gli occhi al cielo con aria pensosa « Siete ninja? »
    « No »
    Rispose la Principessa, scuotendo la testa lentamente « Siamo mercanti »
    « Mercanti di cosa? »
    Domandò ancora, stupito, Tatsuya. Sembrava totalmente incredulo di venire a conoscenza del fatto che sua cugina non appartenesse ad una famiglia di Shinobi come lui.
    « Sete e Tessuti » Rispose però pazientemente Shizuka, annuendo con una punta di orgoglio « Siamo il Clan più potente delle Terre del Fuoco »
    « L'Uchiha è il Clan più potente delle Terre del Fuoco! »
    Si infervorò subito il bambino, guardando tutto borioso la cugina, mettendosi poi di nuovo a braccia conserte e facendo il musino. Aveva un carattere poco incline a giungere a patti a quanto sembrava... l'ennesima somiglianza con sua madre, insomma.
    Voltandosi verso Atasuke, la kunoichi arrivati a quel punto gli lanciò uno sguardo eloquente: “Aiutami!” sembrava dire, e in effetti era piuttosto evidente che cominciava ad essere in difficoltà, visto e considerato che il piccolo, dopo esserle saltato in grembo e averle afferrato la testa con le mani così da assicurarsi che la sua attenzione fosse tutta per sé, aveva cominciato a sommergerla di domande: “Quanti anni hai?”, “Sei una Kunoichi?”, “Da quanto tempo?”, “Sei brava?”, “Perché non ti ho mai conosciuta?”, “Vuoi giocare con me?”, “Oggi dormi a casa mia?” ...a cui, anche se la ragazza faceva in tempo a rispondere, veniva incalzata sempre dal solito “Perché?” oppure “Spiegami meglio” che ben presto le fecero girare la testa verso il compagno d'avventura, cui rivolse uno sguardo supplichevole il quale sarebbe apparso quanto più evidente possibile poiché Isamu e Junko Uchiha, dopo essersi scambiati uno sguardo reciproco, non poterono che mettersi a ridere, e voltandosi verso i due ragazzi esclamare un gentile: « Volete prendere una tazza di té a casa nostra oppure avevate altri programmi? » a cui si accompagnò (non appena Isamu riuscì ad estirpare il figlio dal corpo dell'aggredita nipote) un sincero sorriso d'invito.
    Voltandosi verso Atasuke, il Jonin si inchinò profondamente.
    « Non potevo immaginare cosa tu avessi fatto per Shizuka, ti prego di perdonare il mio comportamento oltremodo scandaloso » Disse con rispetto l'uomo, e riportandosi in eretta postura porse una mano al Genin del Clan « Lascia che mi presenti nuovamente, ti prego » Disse allora, con decisione « Il mio nome è Isamu Uchiha, Jonin del Clan e primo educatore delle leve di primo pelo » Rise, per poi indicare rispettivamente la moglie e il figlio « Questa invece è mia moglie Junko, Chunin ed educatrice accademica, e mio figlio Tatsuya » Sorrise con gentilezza, poi, guardando prima il suo attuale interlocutore e infine la nipote, annuì seriamente mentre la moglie, avvicinandoglisi e intrecciando un braccio a quello di lui, non poté fare a meno di portarsi una mano di fronte alla bocca e scoccando un'occhiata eloquente ad entrambi, far scivolare i suoi profondi occhi nocciola in quelli di Atasuke, cui sorrise prima di chiedere un candido:

    « Beh, e voi invece da quanto siete fidanzati precisamente? »

    shizukaatasuke3

    Per un attimo Shizuka Kobayashi non si morse la lingua in modo mortale.




    divisore




     
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  12. Asgharel
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    Narrato

    °Pensato°
    «Parlato»
    "Parlato" (altri)
    -Citazioni-


    [Abilità/Potenziamenti/tecniche]


    ~Discorsi di Famiglia~


    In un primo momento parve che i parenti di shizuka non avessero in alcun modo udito le sue presentazioni, anche se forse le avevano udite, ma erano di importanza assai ridotta se paragonate a vedere la loro nipote nei quartieri Uchiha senza essere informati della cessazione del divieto.
    Diverse furono le parole e molto fu il tempo che intercorse in discussione diretta tra shizuka ed i suoi parenti, quasi come se tutti d'un tratto avessero iniziato ad ignorare la sua presenza. Atasuke comprendeva che in effetti la sua presenza fosse di importanza limitata in quel frangente, tuttavia non gli piaceva molto essere messo da parte senza spiegazioni. Specie quando di tanto in tanto si vedeva puntato da sguardi gelidi ed assassini al pari di una preda puntata durante una battuta di caccia.

    °Non mi piace questa situazione, perchè diavolo mi stanno puntando con aria tanto minacciosa? Meglio se mi tengo pronto a reagire a qualunque situazione°


    Ad un tratto lo zio sparì affiancandosi a Shizuka. Brutto segno, ma forse poteva anche non essere così tragica come temeva dentro di se, anche se una presa di posizione tanto preponderante non prometteva nulla di buono. Egli tentò di trascinarla via per riportarla da sua madre, evidentemente in un istinto protettivo, piuttosto che in una forma di aggressione. Tuttavia egli non poteva sapere che la restrizione di shizuka non vi era più.

    «No! fermi! ha diritto di stare qui!»


    Esplose Atasuke ignorando la differenza di potenza e di grado tra lui ed i suoi interlocutori scattando a prendere il polso dello zio che a sua volta teneva quello di shizuka per trascinarla via. Intanto anche Shizuka si oppose iniziando poi a farfugliare una sorta di riepilogo alquanto contorto ed agitato della serie di eventi che in realtà pareva in gran parte inventato sul momento, o almeno Atasuke non ricordava di alcun maiale o di una maratona ed una lavanderia.
    Gli occhi di lui continuarono a fissare il jonin, mentre la sua mano avrebbe lasciato il polso dello stesso solo nel momento in cui egli avesse mollato quello di Shizuka.
    Ad alleviare la tensione ci pensò poi il piccolo bambino che si liberò dalla presa della madre correndo loro incontro e chiedendo chi fossero loro due. Atasuke non potè non sorridere a quella dimostrazione di innocenza, tuttavia preferì non abbassare la guardia. In fondo aveva "aggredito" un suo superiore, seppur avendone titolo.
    Giunsero così gli attimi delle presentazioni, dato che il piccolo, giustamente, non aveva idea di chi loro due fossero. Il padre iniziò a raccontare in breve sottolineando il fatto di avere una sorella, restando però interdetto dalle sue stesse parole, come se in qualche modo non sapesse più proseguire su quella linea del discorso. La moglie gli venne in aiuto con un esclamazione, prima di riprendere il discorso elogiando la madre di Shizuka per le sue capacità e scatenando così l'interesse e la curiosità del piccolo, il quale concluse chiedendosi il perchè del fatto che non la aveva mai conosciuta.
    Agli occhi di Atasuke quello pareva quasi essere un "classico" quadretto familiare, per quanto gli fosse chiaro che tutta quella storia, non fosse altro che una rosea visione degli eventi, resa semplice e da un certo punto di vista lieta per le piccole orecchie che la stavano udendo.
    Alla fine della storia, dopo averci meditato per bene su, il piccolo si fiondò addosso a Shizuka iniziando a tempestarla di domande, come se ella fosse il suo nuovo giocattolino dalle mille risposte.
    Dal canto suo, Shizuka chiese silenziosamente aiuto ad Atasuke con uno sguardo sufficentemente eloquente. Era chiaro che anche ella non sapesse che cosa fare per arginare le mille domande del piccolo, il quale da un certo punto di vista andava esagerando con la sua sete di sapere.
    Atasuke osservò per alcune domande la scena, quasi divertito dalla cosa, per poi intervenire poco prima della risata degli altri due Uchiha, seguita poi dalla loro offerta.

    «Hey, hey, capisco il tuo entusiasmo, ma se la tartassi così di domande rischi di farla svenire»


    Rise

    «Che ne dici di darle qualche attimo di tregua? In fondo il mondo non finirà questa sera, quindi per colmare la tua curiosità c'è tempo»

    "Volete prendere una tazza di té a casa nostra oppure avevate altri programmi?"


    E con quelle parole il piccolo venen strappato a forza di dosso a Shizuka liberandola così da quella specie di scimmietta che non la lasciava più stare.

    "Non potevo immaginare cosa tu avessi fatto per Shizuka, ti prego di perdonare il mio comportamento oltremodo scandaloso Lascia che mi presenti nuovamente, ti prego Il mio nome è Isamu Uchiha, Jonin del Clan e primo educatore delle leve di primo pelo Questa invece è mia moglie Junko, Chunin ed educatrice accademica, e mio figlio Tatsuya"


    Egli rispose di rimando al sorriso con un'altro sorriso, comprendendo che forse la criticità era svanita e che quindi poteva rilassarsi. Sembrava che la situazione si fosse finalmente calmata, quindi sperava che finalmente ci si potesse godere la serata senza altri intoppi.

    «Lieto di fare la vostra conoscenza... Come dissi pocanzi, io sono Atasuke Uchiha, genin ed evidentemente collega di vostra moglie... Anche io sono un sensei accademico, per quanto sia solo un genin... Per quanto riguarda la vostra proposta, non saprei, se a Shizuka va bene, per quanto mi riguarda sarei ben lieto di accettare la vostra offerta, ma dacchè questo è il suo primo giro nel quartiere, sta a lei decidere cosa fare»


    Mentre egli palava, Junko si avvicinò al marito intrecciando un braccio con quello di lui e lanciando ad entrambi una eloquente occhiata che non presupponeva nulla di buono, o almeno, non propriamente...

    °No... Non starà mica pensando che... Perchè ha quello sguardo supponente? Non vorrà mica°

    "Beh, e voi invece da quanto siete fidanzati precisamente?"

    °Ecco... Come temevo... lo ha detto... Ma come diavolo faccio a finire in queste situazioni... che ho fatto di male?°


    Atasuke rimase, ovviamente, incastrato da quella specie di affermazione, che da un certo punto di vista poteva considerarsi legittima, anche se un po forzata. Egli ci mise alcuni istanti a cercare di elaborare una buona risposta da dare, dacchè, in effetti, non sapeva affatto cosa rispondere ad una domanda del genere.

    «Beh... ecco... in verità... noi due ci siamo conosciuti solo oggi... Per essere precisi qualche ora fa, quindi non direi proprio che siamo... ehm... fidanzati... anche perchè... suvvia, anche volendo... ci conosciamo da così poco tempo»


    Non seppe che cosa rispondere d'altro, tuttavia si rese conto che quella risposta non era nulla di così convincente, per quanto in effetti fosse il vero. Era visibilmente a disagio in quella situazione, specialmente per la sua incapacità nel poter trovare una buona risposta da dare a quella particolare domanda che in effetti era a dir poco invadente.
     
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    R E C O N C I L E M E N T:
    Some colors reconcile themselves to one another, others just clash.

    Shizuka Kobayashi's smile




    divisore





    « Hai lo stesso sguardo di tua madre quando ti arrabbi »



    Fermo nel punto che si era guadagnato insieme alla moglie, Isamu Uchiha guardò stupito la nipote, quasi non si fosse mai aspettato di poter riscoprire sul volto di lei la stessa mimica di quella sorella che un tempo era stata definita come il sangue più puro degli Uchiha.
    Fingendosi stupito, prima però di sorridere ironicamente, l'uomo guardò dunque la consorte la quale, a sua volta, ricambiò lo sguardo del marito con un'espressione eloquente che sembrava saperla lunga su tutte le cose del mondo: Entrambi, insomma, apparivano quanto più possibile divertiti dalla situazione che si era venuta a creare... ma soprattutto dalla reazione dei due protagonisti di quell' “improponibile equivoco”, come lo aveva definito la Principessa di Konoha con voce secca. Una presa di posizione decisa quella, che invece, non sembrava essere stata pienamente condivisa dall'altro Genin, il quale si era dimostrato invero molto più indeciso e titubante nel negare la circostanza... un'esitazione, quella lì, che non aveva potuto far altro che far brillare di gioia gli occhi di Junko Uchiha, la quale, lanciando un sorrisetto alla nipote, si limitò a fissarla.
    “Quindi è così che stanno le cose” Sembrava dirle...
    … mentre lei, dall'altra parte di quello spettacolo di incomprensione, sentiva tutti i suoi capelli drizzarsi sulla testa. Per qualche dannato motivo si sentì una vera traditrice.
    « Non siamo fidanzati » Si sentì infatti in dovere di ripetere, indicando con un gesto secco del braccio Atasuke « Neanche so chi sia » Sentenziò, ed in effetti era vero: I due si conoscevano si e no da un paio di ore « ...Vero? » Mormorò poi, cercando a quel punto un po' di partecipazione nel diretto interessato... che però, dal canto suo, era talmente imbarazzato e a disagio che il suo stato d'animo appariva addirittura palpabile.
    Aprendo la bocca in un'espressione quanto più possibile sconcertata, Shizuka fissò allora il compagno prima di alzare entrambe le braccia nel voltare i palmi delle mani verso l'alto, come a voler così puntualizzare l'equivocabilità del suo comportamento, poi, come infervorata da un'idea brillante, si fiondò addosso al ragazzo degli Uchiha, che ebbe rapidamente la premura di trascinare a distanza dall'estasiata famigliola, la quale seguiva la scena con il compiacimento che si riserva ai regali inattesi delle grandi occasioni. Lanciando a quel punto uno sguardo ai suoi zii, la ragazza rabbrividì dalla testa ai piedi, e senza perdere tempo avvicinò il suo viso ad un millimetro di distanza da quello di Atasuke, per poi scivolare verso il suo orecchio destro, accanto al quale condusse la bocca.
    « La situazione si sta mettendo male » Gli sussurrò ansiosamente « Guarda che i miei zii poi ci credono davvero che stiamo insieme » Lo ammonì severamente « Cosa penserà la tua ragazza?! » Gemette poi a quel punto, impallidendo « Mi ucciderà » Piagnucolò, dando evidentemente per scontato che un ragazzo come Atasuke fosse non solo già accasato, ma che lo fosse anche con una donna Uchiha (che sicuramente le avrebbe aperto la testa in due come un cocomero giallo nel sapere che una povera gallina dal sangue sporco come lei cercava di portarglielo via) « Vedi di essere più convincente, per l'amor degli Dei, altrimenti... » Sibilò, pronta a minacciarlo in qualche modo... un tentativo vano il suo, poiché di idee che risultassero valide e adatte all'occasione parve non trovarne nemmeno una, ragion per cui si limitò ad assottigliare lo sguardo, portare l'indice della mano destra davanti alla faccia e poi sussurrare un temibile: « Altrimenti vedrai » che fu rapidamente accompagnato da un suo voltarsi di scatto verso la sarcastica famiglia Uchiha, in direzione della quale prese a camminare con passo cadenzato.
    Sul suo volto, adesso, si leggeva la risolutezza più pura... la quale però scemò subito quando sua zia, sorridendo beffarda, anticipò la nipote nella sua ennesima affermazione di innocenza, e guardandola con candore esclamò un deliziato: « Non siete fidanzati, vero? » di fronte al quale Shizuka fece appena in tempo ad aprire la bocca, pronta a gettarsi in una lunghissima arringa in prosa che avrebbe confermato quella grande verità, che suo cugino Tatsuya le si gettò nuovamente addosso. I suoi occhioni neri da cerbiatto, adesso, parevano offesi.
    « Non mi interessano questi discorsi » Protestò infatti puntualmente il bambino, fissando la sua preda « Non mi interessano » Ripeté, quasi mettendosi a piagnucolare di fronte al volto ammonitore del padre, già pronto a riprendere il pargoletto per quel comportamento decisamente infantile « Vieni a casa mia e gioca con me piuttosto » Ordinò con una voce perentoria di fronte alla quale la Principessa della Foglia, dopo un attimo di stupore, non poté che sorridere con rassegnazione: Era davvero uguale a sua madr-- ...

    « Smettila di sorridere come una stolta, non ho intenzione di tollerare un attimo di più. Detesto quando le persone non mi ascoltano »

    … No. Quello non era proprio il carattere di sua madre.
    Spalancando la bocca nell'aggrottare il volto in un'espressione inorridita, la fanciulla dei Kobayashi fissò il cugino cercando di prenderne le distanze: Aveva davvero sei anni quel coso? Cos'era quella lingua da serpente e quell'espressione sarcastica che sembrava in grado di dominare l'intero mondo?
    Da chi diavolo aveva preso?!
    « Tatsuya-kun io purtroppo... » Cercò tuttavia di esordire Shizuka, con la voce più gentile che riuscì a trovare, allungando poi una mano verso la testa del bimbo, pronta a spiegare lui che ormai l'ora tarda cominciava ad incalzare anche per lei, che presto avrebbe dovuto tornare a casa... ma per tutta risposta il marmocchietto le tirò un colpo secco al braccio, e inarcando un sopracciglio nel sorridere ironicamente, reclinò la testa all'indietro, quasi volesse vedere per intero la donna che di fronte a lui sostava. Mettendosi poi a braccia conserte sospirò con rassegnazione, come se si trovasse di fronte una povera sciocca.
    « Non mi dire che hai il coprifuoco » Esclamò il piccolo, scoccando un'occhiata divertita alla sua interlocutrice « Non avevi diciotto anni...? »

    S
    ilenzio.

    sgrunt
    […] Shizuka Kobayashi era una donna famosa per l'amore e la premura che rivolgeva ai bambini.
    Si diceva che ogni piccolo abitante di Konoha fosse estasiato dalla Principessa dagli occhioni di smeraldo, la quale veniva spesso rapita dalla sua casa natia per essere coinvolta in giochi sempre diversi ai quali lei partecipava con allegria e sempre nuovo entusiasmo... Proprio per questo motivo era risaputo che non ci fosse un solo bambino, al famoso e florido Villaggio della Foglia, che dicesse di odiare quella ragazza, la quale, a sua volta, adorava proprio tutti i bambini...
    Già. Proprio tutti.

    « Sporco piccolo marmochietto Uchiha »
    La voce della kunoichi risuonò rapida come una frusta e lei, fulminando con lo sguardo il cugino con occhi dardeggianti di collera, non seppe nemmeno a quale Dio appellarsi per trattenersi dal prendere per il collo quel piccolo sacco di veleno e tirare lui il collo come ad un tacchino.
    Era il bambino più odioso, sarcastico, presuntuoso, irritante, indisponente e arrogante che avesse mai avuto la dannata disgrazia di incontrare... poco ma sicuro non assomigliava a nessuno della sua famiglia, perché da quello che ricordava non c'era nessuno di tanto sfacciato tra i suoi parenti: Era senza dubbio un Uchiha.
    Ghignò dunque ironica per quei pensieri, e mettendosi a braccia conserte nell'ergersi in tutta la sua (scarsa) altezza, la ragazza guardò divertita il bimbo, cui rivolse un'espressione altezzosa.
    « Che io abbia o meno un coprifuoco non ti riguarda » Sibilò infatti « I mocciosi come te, piuttosto, non dovrebbero essere già a letto? » E affilando uno sguardo in un sorrisetto sarcastico, aggiunse un gelido: « Non farai in tempo a cambiarti il pannolino se non ti sbrighi » ...che venne accolto dal suo piccolo interlocutore come si potrebbe ricevere uno schiaffo in pieno viso offerto senza una ragione.
    « Infantile » Si limitò però a dire lui, incenerendo con lo sguardo la cugina.
    « Sfacciato » Rispose prontamente lei, digrignando i denti.
    « Sei davvero una bambina, vergognati » Rincarò Tatsuya.
    « Senti chi parla » Abbaiò Shizuka alzando di scatto le mani, ed era già pronta a stringerle al collo del cugino, incurante di poter andare per questo incontro alla morte istantanea per mano di suo zio e sua zia, quando la voce dello stesso Isamu Uchiha arrivò a solleticarle il padiglione auricolare.
    « Oh? » Disse infatti il Jonin, visibilmente e sinceramente stupito « Vi assomigliate davvero tantissimo! »

    S
    ilenzio.

    « Ma che diav... » Ringhiò immediatamente la kunoichi, sconvolta, scoccando un'occhiata iraconda prima allo zio e poi al bambino « In quale dannato mondo parallelo!? » E indicando Tatsuya ululò un rabbioso: « Non assomiglio di certo a questo mostro » che fu accompagnato... dalle medesime parole del piccolo, il quale, messosi a braccia conserte nel dare le spalle alla cugina, pronunciò le stesse identiche, spiccicate parole. Se avessero voluto farlo apposta, non ci sarebbero riusciti molto probabilmente.
    Neanche a dirlo, scoppiò il caos più totale.
    « Sono stupita » Esordì a quel punto Junko Uchiha, dopo una lunga pausa di silenzio, rivolgendosi ad Atasuke (per la mera incapacità di parlare alla nipote, la quale si era appena scagliata addosso al cugino pronta a strangolarlo sul posto, mentre questo aveva estratto un sasso dalla tasca e aveva cominciato a farlo roteare pericolosamente tra le mani) « Il comportamento di Tatsuya è sempre stato particolarmente ribelle e testardo, e sembra andare solo peggiorando ad essere onesta. Non avevamo idea da chi avesse potuto prendere una simile indisponente attitudine caratteriale... » Disse, sorridendo al giovane Uchiha in quella che sembrava una sorta di rassegnazione non propriamente felice « …ma adesso mi spiego molte cose » Disse, guardando perplessa Shizuka che urlava mentre Tatsuya le tirava i lunghissimi capelli castani in un tentativo più che evidente di lasciarla calva « ...E' davvero da così poco che la conosci? » Chiese poi, sempre rivolgendosi ad al Genin, mentre il marito interveniva nel dividere i due tra un imprecazione e un ammonimento più sconvolto che irritato « Posso chiederti una cosa? » Domandò a quel punto per poi voltarsi in direzione dell'improvvisato interlocutore, cui rivolse un lungo sguardo. Sembrava cercare qualcosa, un indizio forse, o forse una tacita confessione... di qualunque cosa fosse alla ricerca, tuttavia, parve non trovarne traccia, o così almeno sembrò poiché la donna, abbassando lo sguardo e raccogliendo le mani in grembo, chiuse debolmente gli occhi per un attimo.
    Il suo volto contratto appariva la tavolozza di una collezione di dubbi mai sopiti e mai manifesti...

    « Come hai fatto a capire che lei era degna di fiducia? »



    La domanda arrivò titubante, quasi restia all'essere pronunciata, tanto che nel dirla Junko Uchiha continuò a tenere lo sguardo basso, come se si vergognasse di guardare il suo interlocutore negli occhi. Esitando per un istante, la donna sospirò debolmente.
    « ...Mi spiego meglio » Esordì allora, dopo quella breve pausa di silenzio « Sei stato tu a far dare il permesso a Shizuka perché potesse accedere al nostro quartiere, giusto? » Domandò, alzando infine i suoi sottili occhi nocciola in quelli del ragazzo « Cosa ti ha spinto a rischiare la convocazione di fronte al Consiglio degli Anziani per una... una Kobayashi? » Chiese, evidentemente dando per scontato che il suo interlocutore fosse pienamente a conoscenza sia delle conseguenze che il suo gesto avrebbe potuto portare, sia della fama del Clan di Shizuka « Sono traditori » Disse a quel punto, senza distogliere lo sguardo da quello di Atasuke « Il loro nome è impronunciabile nel nostro quartiere, i nostri bambini sono stati cresciuti nell'ignoranza della loro storia, e noi adulti ci impegniamo da anni per evitare ogni contatto con qualsiasi membro di quella dinastia... » Esitò « ...cosa ti ha spinto dunque a pensare che lei fosse degna di mischiarsi alle nostre genti, di parlare con i nostri amici e parenti e di partecipare alla vita del nostro Clan? Non pensi che un giorno possa tradire le tue aspettative? La tua fiducia? » Domandò... e a quel punto, improvvisamente, fu evidente il senso di colpa. La frustrazione.
    Già, perché era stata proprio lei, Junko Uchiha, a revocare il coprifronte dalle mani della sorella del suo novello sposo quel giorno che ancora ricordava con cristallina nitidezza.
    Era stata lei a sostenere il marito nella sua decisione di denunciare il sangue del suo sangue all'insensatezza della legge del ventaglio, e ancora lei aveva insistito per non porgere omaggio al casato Kobayashi il giorno del matrimonio di Heiko e Toshiro, il giorno della nascita di Kuroro, il giorno della venuta al mondo della piccola Shizuka...
    … era stata lei che per tanti anni aveva ricordato i principi saldi degli Uchiha al suo sempre più abbattuto marito, cercando di convincerlo che le decisioni prese erano quelle giuste da perseguire, quelle corrette da serbare...
    Eppure, ogni giorno che passava, si sentiva sempre più colpevole, sempre più sbagliata... poiché lei lo sapeva, lo sapeva meglio di chiunque altro che se solo avesse deciso affinché le colpe gravanti su Heiko venissero cancellate, ella sarebbe stata immediatamente liberata dal giogo che le era stato imposto quel giorno di vent'anni prima.
    […] Junko apparteneva ad una famiglia di Uchiha che si diceva essere cultrice del sangue puro dai tempi antichi del famoso Madara, il primo capoclan. Era risaputo che ogni membro della sua discendenza avesse, nel corso degli anni, cercato il matrimonio più propizio per tenere il proprio rango il più nobile possibile, poiché anche nella purezza del sangue vi era l'aristocrazia e la plebaglia.
    Proprio per questo motivo, dunque, nessuna unione era mai stata vista meglio di quella con Isamu Uchiha, primogenito di uno dei più importanti rami del Clan da cui egli traeva il nome.
    Poco importava, perciò, che l'allora giovanissima Junko fosse innamorata di un uomo diverso da quello che per lei era stato scelto, poco importava che il suo sogno fosse quello di divenire una semplice insegnante e non una kunoichi: Avrebbe imparato ad amare il suo futuro sposo proprio come molte donne prima di lei avevano fatto e molte altre, in un futuro non troppo distante, sarebbero state costrette a fare.
    Era condannata. Semplicemente.
    La sua vita era un incubo da cui non c'era risveglio e lei, pedina di un disegno troppo grande per essere letto nella sua completezza, non poteva che abbandonarsi alla sicurezza di essere troppo debole per ribellarsi, per opporsi. Valeva talmente poco da non essere neanche ascoltata, come poteva pretendere quindi di vivere la sua vita come desiderava...?

    E poi c'era lei. C'era Heiko Uchiha.
    Tutto ciò che aveva sempre odiato.

    Era bellissima -molto più della media delle donne del Clan- intelligente, aristocratica e sopratutto... era talmente portata alla via dello Shinobi da esser stata designata come futura capoclan.
    Tutti pendevano dalle sue labbra. Ogni sua parola era legge. Ogni suo desiderio un ordine.
    “Sarà un onore per te sostenere Heiko-dono in tutta la sua vita” Le continuava istericamente a ripetere la madre, tra un sorriso di cortesia e l'altro “Non tutte le donne possono avere la fortuna di essere la cognata del Capoclan” Insisteva... e ogni volta, Junko sentiva di odiarla sempre di più. Sempre di più. Sempre di più.
    […] In verità il matrimonio con Isamu Uchiha fu un'unione fortunata.
    Junko scoprì l'amore per il consorte in modo naturale e spontaneo, poiché egli era un compagno comprensivo e accondiscendente che non le negò mai il desiderio di rimanere una Chunin e perseguire la strada dell'insegnamento, che la sostenne più volte in ogni sua decisione e che seppe amarla con fedeltà e devozione...
    … Heiko, però, nonostante tutto, doveva sparire. Doveva essere cancellata.
    L'occasione di denunciarla al Consiglio degli Anziani era la possibilità perfetta per eliminare quella ignobile presenza dalla sua vita: Avrebbe fatto in modo che la cacciassero, fosse stata l'ultima cosa che fosse riuscita a fare...
    Poco di cui stupirsi, dunque, che il suo desiderio divenne infine realtà: Le famiglie di sangue puro e nobile come le sue sono, del resto, quelle più influenti all'interno del Clan Uchiha, così rigido alla tradizione e all'orgoglio della propria stirpe...
    Nonostante tutto non era lei che aveva sbagliato. Non era lei la colpevole. Lei aveva fatto ciò che doveva... dopotutto, come aveva osato quella dannata donna seguire il suo cuore anziché il suo dovere? Che fine aveva fatto il rigore degli Uchiha? L'autocontrollo? La serietà?
    E lei sarebbe dovuta essere la futura capoclan?

    Quell'egoista era davvero considerata migliore di lei?!

    Le era stato imposto un matrimonio e come tutte, anche lei avrebbe semplicemente dovuto accettare l'uomo che era stato scelto per la sua vita, imparare ad amarlo, venerarlo e sostenerlo... semplice. Tutto qua.
    E invece lei, proprio lei che aveva tutto e tutto poteva ancora fare, aveva rinunciato ad ogni cosa in nome di un “cuore” che professava di non aver mai avuto sino al giorno in cui aveva conosciuto il pezzente sarto di cui si era innamorata.
    “Non importa a cosa andrò incontro” Aveva detto a suo fratello il giorno in cui lui si presentò a casa dei loro sconvolti genitori assieme alle guardie del Clan “Puoi biasimarmi, odiarmi se preferisci...” E poi sorrise. Sorrise quella sfacciata sgualdrina “... provo amore, Isamu. Per la prima volta nella mia vita vedo i lineamenti sfocati di un futuro pieno di colori. Mi addormento con il desiderio di svegliarmi presto e iniziare un'altra giornata, che so per certo essere ricca di felicità e novità sempre diverse. Io, per la prima volta, desidero vivere... e sai qual è la cosa che non mi fa demordere? Che non mi fa compiere un passo indietro per la paura che nonostante tutto provo?” Aveva poi domandato, mentre le guardie le bloccavano le mani e, guardandola in cagnesco, la trascinavano fuori di casa senza nemmeno darle il tempo di infilarsi le scarpe. Heiko Uchiha era scalza il giorno in cui fu condotta nelle stanze di stallo del Clan “...E' la convinzione che tutto questo non finirà mai” L'ennesimo sorriso “So per certo che ogni giorno della mia vita sarà felice se lo trascorrerò accanto a Toshiro, che saprà stupirmi, amarmi, farmi ridere, piangere e arrabbiare ogni giorno... ogni giorno in modo diverso, ogni giorno in modo eccezionale” Poi la sua voce, sempre più lontana nella strada principale affollata di curiosi, si era andata perdendo... ma Junko poteva essere convinta di aver udito un “Sono felice” che ancora, dopo tanti anni, la tormentava.
    […] Era felice? Lei era felice di essere stata cacciata dal suo clan, di essere considerata una traditrice!?
    Perché!? Che problema aveva quella donna!?
    Aveva perso tutto. TUTTO.
    PERCHE' ALLORA ERA FELICE!?

    PERCHE'... ?!

    « Junko oba-sama fai qualcosa »
    Un paio di mani andarono a stringersi attorno ad un'unica sua e lei, nel voltarsi, si ritrovò di fronte i bellissimi occhi verdi di Shizuka Kobayashi, la quale, guardandola tutta offesa, indicò di scatto Tatsuya che, tenuto dal padre per il bavero della maglietta indossata, continuava a scalciare e gesticolare furiosamente. In mano aveva una ciocca dei suoi capelli.
    « ...E cosa dovrei fare io? » Disse la donna, guardando tutta stralunata la nipote « ...Non sarei capace di fare niente » Mormorò poi cupamente, ma per tutta risposta la Principessa di Konoha, stringendole maggiormente la mano e affiancandola con dolcezza, le sorrise teneramente.
    Ed era un sorriso splendido il suo, scevro da qualsiasi sentimento d'odio, rancore o vendetta: Sembrava quasi che si fosse dimenticata di tutte le malignità che il Clan Uchiha le aveva fatto, che avesse scordato tutte le volte in cui la sua voce era stata ignorata, che avesse ormai scusato ogni comportamento rancoroso che lei stessa o Isamu le avevano offerto sin da quando era piccola.
    Era semplicemente felice, o così almeno dimostrava di essere. Si comportava e parlava come se non fosse mai esistita distanza tra lei e il Clan Uchiha.
    Era felice. Anche lei.
    « Non dire così oba-sama » Esclamò infatti la ragazza, scuotendo la testa « Sei mia zia, no? » Domandò, facendo spallucce « Sono convinta che se tu potessi, mi aiuteresti in qualsiasi circostanza » Disse gentilmente, dando per scontata quella che evidentemente era per lei una chiara verità. Poi però, ricordandosi di essere offesa, mise su il broncio e indicò il cugino « Quindi visto che ora puoi, fai qualcosa: Tatsuya mi ha strappato i capelli »
    « SOLO PERCHE' TU MI HAI TIRATO UN MORSO »
    Urlò furibondo il bambino, muovendosi come fosse posseduto dai demoni dell'inferno... ma per tutta risposta, sua madre rimase in silenzio a guardare la giovane Principessa che si ritrovava davanti, quasi quella fosse la prima volta che la vedesse.
    Ne scrutò il volto con attenzione, sorprendendosi nel rendersi conto che non c'era nessun tratto Uchiha nei suoi lineamenti, i quali, ereditati dalla famiglia del padre, le conferivano una bellezza antica e particolare che nulla aveva a che spartire con quella sensuale e fortemente seducente del Clan del ventaglio... nonostante tutto però, quello sguardo colmo di orgoglio e testardaggine era tanto più simile a quello di un purosangue di quello che avesse mai veduto nei membri della sua famiglia.
    Tutto, nella sua giovane persona, sembrava trasudare orgoglio e nobiltà, forza e gentilezza...
    … sorrise, chiudendo gli occhi: Quindi erano così che stavano le cose.

    Adesso capiva perchè Heiko era così felice.

    « Perché non vieni a prendere un tè a casa nostra, Shizuka? » La voce di Junko Uchiha sarebbe apparsa gentile, soffice addirittura « Sono sicura che Tatsuya apprezzerebbe di averti anche per la notte » Annunciò, mentre il figlio prendeva ad abbaiare frasi sconnesse mentre arrossiva fino alla punta delle orecchie...
    … ma nonostante tutto, di fronte a quella proposta, Shizuka Kobayashi non si scompose.
    Compiendo rapida un passetto all'indietro così da potersi profondamente inchinare di fronte alla propria zia, la kunoichi scosse la testa dopo un breve attimo di esitazione, stringendo a quel punto le mani ai lembi dell'abitino celeste che stava indossando.
    « Perdonami Junko oba-sama » Iniziò dunque a dire « temo di non poter essere vostra ospite proprio oggi » Annunciò nel riportarsi in eretta postura, così da poter guardare quella parente che per tanti anni aveva sognato di avvicinare... lei come quel marito che lentamente le si accostava, cingendole dolcemente un fianco con la mano.
    […] Non le sembrava reale il potersi trovare lì in quel momento.
    Entrare nel quartiere Uchiha? Parlare con i membri di quella famiglia che aveva sempre e solo immaginato? Scoprire che, forse, nel profondo del loro cuore, non la odiavano così tanto come lei credeva?
    Fantasia. Pura fantasia.
    Eppure si trovava lì in quel momento, e se era riuscita ad entrare in quel Quartiere che le era sempre stato precluso, a visitarlo, a viverlo per una sola rapida notte... Se era riuscita a incontrare la sua famiglia, avvicinarla, litigare, sorridere, dirimere un fraintendimento, ricevere un invito, rifiutare lo stesso, e parlare con tranquillità... era solo merito di una persona.
    Ed era con quella persona che avrebbe passato il resto della serata. Con lei e nessun altro.
    « Oggi sono ospite di Atasuke Uchiha » Annunciò, voltandosi verso il compagno, cui rivolse uno dei suoi più bei sorrisi, prima di avvicinarsi lui così da potergli prendere una mano con gentilezza « Mi dispiace » Si scusò ancora, continuando a guardare il ragazzo degli Uchiha « Sarò lieta di venire a trovarvi un'altra volta se me lo concederete... » Esitò. Sorrise « ...un'altra miriade di volte! » Puntualizzò stridendo i denti in un sorriso scomposto, prima di alzarsi in punta di piedi per tirare una timida spallata al Genin della foglia « Ma stasera c'è una persona con la quale voglio stare » Annunciò serenamente prima di alzare gli occhi al cielo, perplessa « Inoltre ormai suppongo che l'ora si stia facendo tarda... dovrò presto tornare a casa » Sorrise rassegnata, grattandosi la testa « Okaa-sama e Otou-sama sono molto severi per l'orario di rientro, e non voglio farli preoccupare, non se lo meritano » Borbottò, imbarazzata « Se posso, evito di dare loro inutili preoccupazioni » Aggiunse arrossendo, mentre di fronte a lei Isamu Uchiha sorrideva con una gentilezza che non si credeva possibile su quel volto burbero e sempre severo che per anni aveva terrorizzato le inesperte leve del Clan.
    Scuotendo la testa, l'uomo sospirò.
    « Non voglio metterti nei guai, se devi andare è meglio che tu vada » Disse piano, guardando la nipote per un lungo attimo prima di accennare ad un altro sorriso, più impacciato stavolta, che anticipò un suo avvicinarsi lentamente ai due ragazzi, affiancato dalla moglie e dall'irrequieto figlioletto (che sembrava aver preso malissimo la decisione della kunoichi). Esitando per un attimo, il Jonin si irrigidì, e tendendo infine una mano alla nipote mormorò un teso: « Torna a trovarci presto, Shizuka... e porta i nostri omaggi a Heiko e Toshiro-san quando rincasi, se ti è possibile... » …di fronte al quale la Principessa della Foglia, sgranando gli occhi nel vuoto, non poté far altro che tacere.
    Guardò dunque suo zio, la mano ch'egli le offriva così impacciatamente, poi osservò la bellezza austera di sua zia, lo sguardo accigliato di suo cugino, e infine di nuovo quell'uomo dagli scompigliati capelli corvini e gli alti zigomi pronunciati....
    …. e lì, seppe che era successo. In qualche modo. Prima che se ne rendesse conto. Senza che lei facesse nulla perché avvenisse: Era riuscita a riprendersi la sua famiglia...
    … Lei. Era riuscita. A riprendersi. La sua. Famiglia.

    Era tutto ciò che le serviva sapere per essere felice.
    Era tutto ciò che le serviva sapere per non smettere mai più di sorridere.

    E fu solo un attimo: La Principessa, lasciando la mano di Atasuke, si slanciò addosso allo zio a braccia aperte, andando così ad stringere sia lui che Junko Uchiha, i quali, trasalendo come fossero spaventati dal gesto, rimasero immobili mentre la nipote, tenendoli vicini a sé nel rimanere sulla puntina dei piedi, scoppiava a piangere e ridere nello stesso momento.
    E pianse la Principessa Tempesta di Konoha. Pianse. Pianse.
    Pianse fino a quando le sue braccia non si allontanarono dai suoi parenti.
    Pianse mentre suo zio tendeva la mano ad Atasuke.
    Pianse mentre baciava Tatsuya sulla fronte, che la guardava forse stupito forse ancora offeso.
    Pianse mentre salutava i suoi parenti, che si allontanavano lentamente, voltandosi sempre indietro quasi sincerandosi che lei si trovasse ancora lì ad attenderli. In quel momento come per sempre.
    Pianse mentre le loro figure svanivano nell'oscurità.
    Pianse. Pianse. Pianse.

    E pianse ancora quando si girò verso Atasuke Uchiha, cui si avvicinò con passo incerto.
    Pianse mentre alzava debolmente una mano verso la testa del ragazzo, così da poter intrecciare le sue dita nei capelli di lui per cercare poi di avvicinarlo a sé, così da poterlo abbracciare, stringere al petto con delicata forza.
    Il suo volto sarebbe dunque sprofondato nel collo di lui, mentre le sue braccia si sarebbero sollevate ad intrecciarsi dolcemente attorno al torace dello Shinobi degli Uchiha, vicino al quale la ragazza rimase ancora e ancora... fino a quando le sue lacrime non bagnarono il colletto dell'abito elegante del ragazzo, fino a quando il suo sospiro non cominciò a regolarizzarsi e la sua voce a schiarirsi.
    E fu solo in quel momento che, inspirando a fondo il profumo di Atasuke, Shizuka sorrise.
    « Grazie » Gli disse, vicino ad un orecchio « Grazie per l'opportunità che mi stai dando... » Sussurrò, continuando a tenerlo stretto a sé « Sei una delle cose migliori che gli Dei mi abbiano potuto mai regalare... » Gemette, cercando di trattenersi dal rimettersi a piangere « ...Grazie » Ripeté, e continuò a farlo ancora e ancora... fino a quando la sua voce scemò nel silenzio e lei, rimanendo aggrappata ad Atasuke, sospirò sonoramente.

    Un sospiro lungo. Impalpabile.
    Libero.

    shizukaatasukefinale





    divisore




     
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  14. Asgharel
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    Narrato

    °Pensato°
    «Parlato»
    "Parlato" (altri)
    -Citazioni-


    [Abilità/Potenziamenti/tecniche]


    ~Giocosi litigi e ringraziamenti...~


    Alla risposta di Atasuke, si aggiunse un più sonoro urlo di conferma da parte di Shizuka, probabilmente allertata dal dubbio sguardo della zia, anche se più che dubbio pareva ben conscio della "falsità" delle parole di Atasuke, come se in qualche modo quel suo primo tentennare avesse dimostrato che invero quella fosse una menzogna buttata li, piuttosto che la nuda e cruda verità.

    "Neanche so chi sia ...Vero?"


    Puntualizzò ella, aspettandosi probabilmente una conferma da parte di Atasuke, il quale però non diede una conferma totale della questione.

    «Oddio, non proprio fino a questo punto, tuttavia confermo che ci conosciamo a malapena da qualche ora, nulla più, quindi si potrebbe quasi dire che neppure ci conosciamo, o perlomeno non abbastanza da...»


    Egli si ferò, rendendosi conto che il discorso andava prendendo una piega "pericolosa" e che non aveva la più pallida idea di come gestire un discorso di quel tipo, senza almeno aver pianificato un buon piano d'attacco.
    Si sentì poi trascinare via, comprendendo che era la giovane ad allontanarlo dalla famigliola, forse per conferire privatamente con lui o forse chissà che altro.

    "La situazione si sta mettendo male Guarda che i miei zii poi ci credono davvero che stiamo insieme Cosa penserà la tua ragazza?! Mi ucciderà Vedi di essere più convincente, per l'amor degli Dei, altrimenti... Altrimenti vedrai"


    Atasuke rimase come imbambolato per appena un'attimo, cercando di capire quali contorti ragionamenti la ragazza avesse portato avanti prima di rispondere.

    «Ragazza!? Ti ucciderà!? Non so di chi tu stia parlando... Io non ho nessuna ragazza e beninteso non sono neppure sposato... Quindi non capisco di cosa tu stia parlando... Se poi ti da tanto problema quello che pensano i tuoi zii, d'accordo, cercherò di essere più convincente»


    Rispose lui con tono curioso e confuso, non essendo sicuro di quale oscura macchinazione avvenisse nella mente della sua ospite che fissava quasi in cagnesco la famigliola.
    D'un tratto la voce del piccolo attirò nuovamente la sua attenzione, sbucando come dal nulla a chiedere loro se non fossero realmente fidanzati, prima di venire zittito dallo sguardo serio del padre che continuava a fissarlo con un eloquente sguardo.
    Di li in poi, la scena scemò in una sorta di duello assurdo ed asoslutamente infantile di botta e risposta tra shizuka ed il cuginetto. Situazione da cui Atasuke pensò bene di prendere le distanze evitando come la morte di intervenire in quella assurda discussione senza senso.
    Il tutto ebbe una dose di rincaro con l'intervento di Isamu, il quale sottolineò la somiglianza dei due, portando così shizuka a protestare ancora una volta, ma dando questo giro la possibilità ad Atasuke di intervenire.

    «Shizuka... per favore... calmati un attimo e lasciamo perdere queste discussioni... non è il caso di alterarsi tanto...»


    Sapeva bene che probabilmente le sue parole sarebbero rimaste ignorate, tuttavia volle tentare.

    [...]


    A concludere quella serie di eventi ci pensò però Junko, la quale intervenne con stupore esprimendo il dubbio che da tempo li affliggeva e sottolineando che forse i geni irrequieti del figlio provenivano proprio dal ramo di shizuka.
    Atasuke venne come preso da parte, mentre gli altri tre proseguivano qcon quella specie di baruffa dissennata.

    "E' davvero da così poco che la conosci? Posso chiederti una cosa?"

    «Si, come ho ribadito la conosco solo da poche ore... Comunque certamente, se sono in grado di rispondere, chiedi pure...»


    Le diede del tu ignorando la netta differenza di età e di grado dato che la situazione, unita al tono familiare della donna, pareva ormai giustificare un tale tono confidenziale in cambio del precedente tono serioso tenuto sino a pochi istanti prima.

    "Come hai fatto a capire che lei era degna di fiducia? ...Mi spiego meglio Sei stato tu a far dare il permesso a Shizuka perché potesse accedere al nostro quartiere, giusto? Cosa ti ha spinto a rischiare la convocazione di fronte al Consiglio degli Anziani per una... una Kobayashi? Sono traditori Il loro nome è impronunciabile nel nostro quartiere, i nostri bambini sono stati cresciuti nell'ignoranza della loro storia, e noi adulti ci impegniamo da anni per evitare ogni contatto con qualsiasi membro di quella dinastia... cosa ti ha spinto dunque a pensare che lei fosse degna di mischiarsi alle nostre genti, di parlare con i nostri amici e parenti e di partecipare alla vita del nostro Clan? Non pensi che un giorno possa tradire le tue aspettative? La tua fiducia?"


    La domanda della donna, per quanto titubante era una domanda molto seria, forse fin troppo valutando la situazione assurda in cui versava quell'incontro. Dal canto suo Atasuke titubò a sua volta, cercando però di contenere le pause tutte in una maggior attesa prima della sua risposta, dandosi così il tempo di pensare con attenzione ad una risposta che era tutto meno che banale e scontata.

    «La tua è una domanda complessa ed importante, e come tale credo meriti un'altrettanto completa ed importante risposta... Se dovessi dirti perchè mi sono voluto fidare di lei beh, semplicemente mi ha salvato la vita, già solo per questo ritengo sia degna di fiducia... Sulla questione dei Kobayashi ammetto di non esser stato informato precedentemente di questo "marchio" della loro famiglia, ma personalmente non mi interessa... non è il cognome della tua famiglia a fare chi sei, e neppure la fama e le leggende dei tuoi antenati decidono chi diventerai... Forse ha un pessimo cognome, ma non per questo lei sarà una pessima persona... Io non so se e quando mi tradirà, so che non mi aspetto nulla da lei e so che posso comunque fidarmi della sua lealtà... So bene di non aver particolari prove a dimostrazionee di questa mia tesi, tuttavia... è come se me lo sentissi dentro, non è un pensiero razionale, è così e basta... Per quanto poi riguarda il consiglio, non c'è problema, sono stati loro a dirmi che potevo chiedere ciò che volevo, senza limitazioni, come ricompensa... Il peggio che posso subire credo sia avere delle rcompense predefinite prima delle missioni»


    Terminò con tono scerzoso ed ironico come a smorzare la serietà delle sue parole, le quali avevano acquistato vigore man mano che il suo discorso a dir poco ispirato proseguiva.
    Il tutto venne poi bruscamente interrotto dalla richiesta di aiuto di Shizuka, la quale, probabilmente stremata dal cuginetto non sapeva più che fare per riuscire a sfuggire dalla piccola peste. Atasuke non seppe più se ridere o piangere per quella situazione che sfiorava l'assurdo in cui nessuno sapeva più che fare.


    Dopo un breve scambio di opinioni e di discussione, venne poi portata nuovamente a galla un'opzione, questa volta proposta direttamente a Shizuka, la quale con gentilezza decise di rigiutare mostrando un sorriso a dir poco forzato, probabilmente spento dall'idea di rivedere quel marmocchietto in futuro.

    "Ma stasera c'è una persona con la quale voglio stare"


    A quelle parole Atasuke ebbe come un sussulto, un breve sussulto che riuscì a tenere celato senza darlo a vedere all'esterno, come se in qualche modo quelle semplici parole lo avessero emozionato, come se gli facesse piacere venire in qualche modo "preferito" ai parenti che ella da tanto cercava e che ora poteva incontrare.

    [...]


    Giunto infine il momento dei saluti, ella scattò verso i suoi parenti, abbracciandoli uno ad uno e sgorgando lacrime liete unite ad una risata. Una reazione che Atasuke non ricordava di aver mai visto prima. Ella pianse a lungo, anche mentre Atasuke salutava i parenti della giovane, stringendo prima la mano allo zio in una silenziosa e decisa stretta unita ad un cenno di saluto con il capo di entrambi, per poi passare alla zia che salutò con un più composto inchino ed infine passando per la piccola peste che salutò teneramente con un gesto della mano e con una carta ninja che lasciò al piccolo con su un breve messaggio farcito anche del suo indirizzo di casa.
    CITAZIONE
    Se vuoi rivedere shizuka, passa un giorno a l'altro a casa mia con i tuoi genitori, se vuoi ti dirò dove abita, così potrete incontrarvi più spesso... l'indirizzo lo trovi in basso

    Via XXX n.XX, Quartiere Uchiha
    Atasuke

    Ella continuava a piangere mentre i suoi parenti a poco a poco si allontanavano fino a svanire nel buio di quella notte dietro ad un angolo, e mentre loro si allontanavano, lei continuava a piangere e ridere, come se una qualche forma di isteria l'avesse colta, anche se Atasuke capì bene che quella non era isteria, bensì felicità, seppure dimostrata in maniera tanto strana.
    Le mani di lei andarono ad intrecciarsi nei suoi corvini capelli mentre ella si avvicinava a passo incerto verso di lui. Atasuke rimase immobile, come se non sapesse che cosa fare, finchè ella non srofondò nuovamente il suo volto nel petto di Atasuke, continuando a piangere ancora ed ancora stringendolo a se. Con uno sguardo di compassione e tenerezza, Atasuke ricambiò l'abbraccio, cingendola con le sue forti braccia e stringendola a se in segno di conforto per poi poggiare la sua guancia sopra la testa di lei, come racchiudendola in un tenero bozzolo.
    Ci volle tempo, ma poco alal volta ella parve recuperare fiato ed il controllo delle proprie parole fino a potersi esprimere liberamente senza singhiozzare. A quel punto Atasuke alzò nuovamente il capo come a lasciarla andare, ed ella avvicinò il suo orecchio per ringraziarlo.

    "Grazie per l'opportunità che mi stai dando... Sei una delle cose migliori che gli Dei mi abbiano potuto mai regalare... Grazie"


    E decine di altri grazie giunsero finchè la voce di lei a poco a poco non si fece più fioca, sino a diventare un sussurro e poi nulla. Un nulla seguito da un sonoro sospiro di sollievo.
    Atasuke dal canto suo non fece altro che stingerla a se, comprendendo che a nulla sarebbe valso parlare in quella situazione, salvo che rovinare quel momento di sollievo per lei e di comprensione per lui. Stranamente si sentiva bene a confortarla, quasi come se gli piacesse in un qualche modo portarle conforto.
    Nella sua mente ancora ronzavano le tomande di Junko Uchiha mentre la sua parte logica e razionale tentava di ideare delle nuove risposte a quei quesiti più assennate, più logiche, più regolari, tuttavia senza mai riuscirci appieno.

    «Grazie...»


    Esordì poi dopo alcuni istanti di silenzio.

    «Tu mi ringrazi, tuttavia... Forse sono io a dover ringraziare te... In fondo sei stata tu a salvarmi la vita questa sera... E sei tu che hai deciso spontaneamente di aiutarmi d'ora in poi nella mia ricerca... Quindi alla fin fine sei tu che meriti un ringraziamento, non io... in fondo... che ho fatto di tanto speciale?»


    Le chiese con tono lieve e dolve, come quasi a sussurrare parole d'amore ad un amante. Tuttavia Egli sapeva bene, o meglio, aveva ormai compreso l'importanza che aveva per Shizuka il suo gesto, ed aveva altresì compreso quanto importante fosse per lei tutto ciò che stava accadendo. Le sue parole infatti erano più atte a sminuire il suo operato e sottolineare quello di shizuka, più che una vera e propria analisi critica della situazione.

    «Tuttavia... Davvero devi tornare a casa? Perchè se vuoi puoi restare a dormire da me questa notte... Se il problema è avvisare i tuoi, sarà mia premura avvisarli... Ma se invece devi proprio tornare a casa... sarà un mio lieto piacere accompagnarti fino a casa»


    Un dolce sorriso comparve sulle sue labbra nel pronunciare quelle parole e nell'attendere una risposta.
     
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    T H E E N D:
    Life's like a movie, write your own ending. Keep believing, keep pretending.

    Shizuka Kobayashi's happy ending




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    Era un uomo strano.
    Con ogni probabilità non aveva conosciuto nessun'altra persona simile a lui.
    Era vanitoso, egocentrico, spesso e volentieri saccente, ma nonostante tutto sapeva tirare fuori dal suo animo una gentilezza e una squisita premura verso chi lo circondava che mai si sarebbe potuto pensare attribuibile ad un Uchiha.
    Osservandolo con la coda dell'occhio, la giovane Principessa di Konoha si rese conto che, ad un palmo di distanza in altezza da lei, quel ragazzo dai capelli corvini e gli occhi scuri sorrideva in modo davvero timido e in qualche modo, per questa ragione, sembrava molto più delicato e sensibile di quello che il suo comportamento sempre fermo e indissolubile dava a intendere.
    Per qualche strano motivo quell'uomo che in quel momento la teneva stretta tra le sue braccia, viziando così le sue lacrime con il tepore della dolcezza, le ricordava molto un bambino desideroso di essere cullato al seno della propria madre... ma se avesse dovuto essere sincera, non avrebbe saputo dire su quali basi poteva dirsi tanto sicura di ciò.

    « Sei tenero »

    Le parole uscirono di bocca a Shizuka Kobayashi accompagnate da un sorriso mentre lei, discostandosi leggermente dal torace del suo compagno, non poté fare a meno di guardarlo in volto, offrendo lui un'espressione serena e colma di gentilezza.
    Teneva gli occhi smeraldinei socchiusi e, in un gesto del tutto involontario, non poté fare a meno di stringersi teneramente nelle spalle, prendendo poi a dondolare sui suoi stessi talloni come fosse in verità lei la bambina del momento: Sul suo volto, adesso, si leggeva la più pura delle felicità. Quella che sa perfettamente di non aver bisogno di null'altro che l'aria che si respira normalmente per continuare a sorridere a quel modo.
    « Mi chiedi cosa hai fatto di tanto speciale per me, ma in verità sai perfettamente di cosa ti sei reso artefice, non è vero? » Disse in un sussurro « Tu non conoscevi davvero la storia del Clan Kobayashi, eh? » Mormorò dopo un attimo, seguendo un filo di pensieri insensato che sarebbe rimasto sempre e solo suo, e nel pronunciare quelle parole la kunoichi si rese conto che non era del tutto impossibile che quella fosse realmente la verità: Il ragazzo che si trovava di fronte in quel momento era un suo coetaneo cresciuto per gran parte della sua vita lontano dal quartiere in cui adesso risiedeva, e se a questo si aggiungeva che gli Uchiha educavano le nuove generazioni nell'ignoranza della storia dei Kobayashi e dell'ormai dimenticata Heiko “La capoclan reietta”, non era poi così impossibile che Atasuke non fosse veramente a conoscenza della sua condizione quando l'aveva incontrata per la prima volta quel pomeriggio.
    Per un istante, interrompendo il suo dondolio infantile, si domandò se per questo motivo egli non fosse per caso meno “lodevole” per ciò che aveva fatto. Non sapendo chi lei fosse, dopotutto, non aveva motivi di odiarla, e concederle un qualcosa che per lui era naturale come respirare e vivere non doveva essere stata chissà quale grande impresa...
    … nonostante tutto però, si rese anche conto che esistevano anche molti altri Uchiha nel suo villaggio i quali, pur non conoscendola, si sarebbero fatti bastare la confessione della sua impossibilità ad accedere ai quartieri per rifiutarsi di aiutarla in qualche modo. Non era la prima volta che questo succedeva, del resto.
    Abbassò lo sguardo, sorridendo con rassegnazione.
    La verità, si rese conto a quel punto, era un'altra: Non era Atasuke ad essere più o meno meritevole di qualcosa, era lei ad essere incapace di capire cosa egli avrebbe dovuto di ricevere.
    Affetto? Gratitudine? Debito?
    Non lo sapeva.

    […] Shizuka Kobayashi era sempre stata una bambina sola.
    Cresciuta secondo le rigidi tradizioni e la più che severa educazione impartita ad ogni futuro capoclan Kobayashi, all'età di cinque anni era stata affidata alle cure del suo occupato padre, che non aveva potuto far altro che caricarla su un cavallo dal manto color caramello e trascinarla lungo tutte le Terre Conosciute, insegnandole così l'arte del mercanteggiare, del manipolare il prossimo e dell'ottenere ad ogni costo ciò che si vuole.
    Vivendo a stretto contatto con uomini molto più adulti di lei, e tutti molto o forse troppo impegnati per offrirle ciò che una bimba tanto piccola avrebbe avuto necessità di avere, Shizuka la Principessa aveva dunque presto imparato a badare a se stessa, accarezzandosi una guancia quando faceva una cosa buona e punendosi da sola se commetteva un errore.
    Aveva imparato perciò a cavalcare autonomamente all'età di cinque anni e mezzo, a mettere a tacere subordinati arroganti a sei, a supportare il padre nelle vendite al compimento dei sette... e già all'età di nove anni poteva vantarsi di aver piazzato un grosso carico di sete color ocra ad un Daimyo delle Terre del Vortice, il quale, povera creatura, si era fatto convincere da quella bambina dalla parlantina sciolta e il sorrisetto sincero che il colore di moda del momento non era l'azzurro come tutte le corti davano intendere... ma appunto l'ocra.
    Neanche a dirlo, quattro mesi dopo ogni Daimyo conosciuto vestiva di sete dorate e paglierine.
    E tutte quelle sete, recavano il marchio tessuto in filo d'argento dei Kobayashi.

    … Ad ogni grande talento, tuttavia, corrisponde da sempre un rovescio della medaglia non propriamente piacevole da ammirare, e questo, nel caso di Shizuka Kobayashi, era la totale assenza di vita sociale.
    Vissuta lontana da Konoha fino ai suoi sedici anni e avendo trascorso ogni permanenza al suo Villaggio Natio presso l'Oikiya per Geishe che si era assunta la non facile responsabilità di insegnarle l'arte della femminilità e della seduzione -cercando così di smussare quel carattere imperioso e potente in una più soave sfumatura di grazia- la sempre più bella e ricercata Principessa della Foglia non poteva dire di avere una folta schiera di amicizie... anzi, al contrario non aveva proprio nessuno.
    Goffamente cercava di intrattenersi con chi le stava vicino, e sempre altrettanto goffamente falliva, venendo lasciata indietro. Sola. Abbandonata.
    L'occasione per abbattere quel muro di isolamento che l'aveva sempre distinta, caratterizzandone lo sguardo affascinante ma sempre velatamente triste, fu la conquista del coprifronte di Konoha, che l'aveva introdotta al grande mondo Shinobi...
    … un mondo grazie al quale cominciarono ad entrare nella sua vita persone sempre nuove. Sempre diverse. Persone che, si rendeva conto molto bene, non sarebbe mai stata in grado di avvicinare in passato.
    Atasuke Uchiha era una di queste.

    Nulla di cui stupirsi dunque se la graziosa Kunoichi non risultasse capace di approcciarsi al suo prossimo con spontaneità e non fosse perciò in grado di scindere cosa dovesse meritare il suo salvato-salvatore in quel momento.
    Grattandosi la testa nel mettersi a braccia conserte la ragazza sospirò, e alzando gli occhi guardò il cielo, sperando forse che fosse questo a suggerirle un finale poetico per quella piccola grande avventura che, sapeva, l'avrebbe profondamente cambiata per tutta la sua vita...
    … per tutta risposta, però, la volta celeste si chiuse in un capriccioso silenzio e in una dispettosa immobilità, cosicché la Principessa si arrese all'evidenza che, almeno per quella volta, avrebbe dovuto farcela da sola.
    I kami, era evidente, la odiavano.

    “Tuttavia... Davvero devi tornare a casa?”



    La domanda le arrivò alle orecchie soave e lei, alzando nuovamente lo sguardo sul suo interlocutore, lo fissò per un lungo istante prima di annuire.
    Per la verità si era dimenticata i vestiti a casa di lui... e anche il suo equipaggiamento... e indossava ancora il vestito di Yamanaka okaa-sama...
    … era proprio un disastro.
    « Si, mia madre penso metterebbe sottosopra tutta Konoha se non tornassi per la notte... » Disse accennando ad un sorriso e sperando di essere così riuscita a presentare una visione tenera di quella possibilità... mentre al contrario la verità si sarebbe certo basata sul fatto che sua madre avrebbe veramente messo a soqquadro il Villaggio, ma per ucciderla dell'assenza di cui aveva peccato, non certo per stringerla tra le sue braccia e piangere dal sollievo.
    Rabbrividì.
    « Passerò da casa tua prima di tornare, così posso recuperare rapidamente le mie cose » Mormorò timidamente « Porterò a casa questo vestito però, vorrei potertelo riportare lavato e stirato » Aggiunse poi, con un gran sorriso, lasciando così intendere al ragazzo degli Uchiha che sarebbe tornata a trovarlo una, due... forse mille volte.

    “Perchè se vuoi puoi restare a dormire da me questa notte... Se il problema è avvisare i tuoi, sarà mia premura avvisarli...”



    Si era già voltata per fare ritorno a casa di Atasuke quando le parole di lui arrivarono a solleticarle l'udito, e nel farlo si presentarono alla sua mente molto più maliziose di quello che probabilmente erano.
    Voltandosi quel tanto che le bastò per lanciare al suo compagno uno sguardo complice, la kunoichi si portò dunque una mano di fronte alla rubiconda bocca, e accennando ad un sorriso sbarazzino, affilò lo sguardo.
    In quell'istante, e solo per un attimo, sarebbe apparsa molto più adulta e donna di quello che aveva lasciato trasparire sino a quel momento, confermando così la fama che la vedeva come una delle più esperte seduttrici e ammaliatrici del Villaggio della Foglia...
    « Ti devo piacere davvero tanto » Sussurrò a quel punto la Principessa, non riuscendo a trattenersi « Ribadisco che voi Uchiha siete davvero molto intraprendenti... mi desideri talmente tanto da invitarmi a dormire da te la prima notte da che ci conosciamo? » Stuzzicò, ironica « Prima invitami ad uscire almeno, non sia mai che mi conceda ad un membro del Clan del Ventaglio senza prima aver avuto un degno corteggiamento » E così dicendo sghignazzò divertita.
    Sapeva perfettamente che non vi era scarsa pudicizia nelle parole del suo interlocutore, ma lei era maliziosa per entrambi ed anche abbastanza malandrina da sapere perfettamente quando una sua provocazione poteva trovare terreno fertile per germogliare... e quella, era una di quelle volte.
    Così almeno le sembrò.

    “Ma se invece devi proprio tornare a casa... sarà un mio lieto piacere accompagnarti fino a casa”



    « Atasuke, di questo passo mi innamorerò di te » Commentò per tutta risposta Shizuka Kobayashi, scoppiando a ridere e scuotendo la testa per poi sospirare « Abito nella zona residenziale dall'altra parte di Konoha, se andiamo insieme dovremmo per forza prendere la via Principale... arriveremo a casa tra una quarantina di minuti » Calcolò rapidamente la kunoichi, portandosi una mano al mento, riflettendo « Se invece vado da sola posso arrivare in una ventina di minuti dato che taglierei la strada correndo sui tett--- » Ma non completò la frase che si ingoiò le ultime parole, arrossendo.
    L'idea di rivelare al suo compagno le sue pessime abitudini caratteriali, compresa quella di muoversi sui tetti delle abitazioni del villaggio come una seconda (e sempre libera) strada alternativa, la imbarazzò.
    Abbassando lo sguardo cercando di nascondere l'impaccio del momento, la Principessa sorrise rendendosi conto di quanto ci tenesse a fare bella figura con quel ragazzo, una constatazione assolutamente folle se paragonata al breve lasso di tempo che caratterizzava la loro conoscenza e il loro avvicinamento.
    Sospirando, annuì: Aveva ragione sua madre a dirle che si affezionava agli altri proprio come fa un cane. Rapidamente e indossolubilmente.
    « …Ma se vuoi puoi accompagnarmi fino alle porte del Quartiere Uchiha » Disse dolcemente, prendendo una mano dello Shinobi nella sua « Mi farebbe piacere » Aggiunse sorridendo « Mi farebbe piacere se ci fossi sempre tu ad accogliermi e salutarmi da lì ogni volta che tornerò in questo posto » Mormorò gentilmente...
    … e a quel punto, molto prima che la sua mente potesse riflettere e suggerirle la scissione di ciò che una Bastarda come lei avrebbe potuto o meno osar fare, Shizuka Kobayashi “La Principessa Tempesta del Villaggio della Foglia” comprese cosa si meritava il suo compagno. Capì qual era il “grazie” adatto a lui.
    Slanciandosi nel portarsi sulla punta dei piedi la kunoichi si avvicinò dunque al volto del ninja, che baciò a schiocco su una guancia, in modo tanto veloce e tanto delicato che lo “smack” timidamente offerto si perse in un secondo nel vento della sera.
    Ritirandosi di scatto per poi mettersi a ridere nuovamente, la fanciulla si portò a quel punto entrambe le mani alla bocca e sghignazzando non perse tempo a dare le spalle ad Atasuke, zampettando per un po' lontano da lui.
    « Questo è il tuo personalissimo “grazie” » Annunciò allora la Principessa, ridendo « Grazie di tutto ciò che hai fatto » Disse « E grazie di tutto ciò che diventerai per me! » Aggiunse, prima di mettersi brevemente a correre in avanti, aspettando che l'altro la seguisse.

    shizukaatasuke-2



    Non aggiunse altro. Non disse altro.

    In qualche modo, era sicura che lui avesse capito.
    Era convinta che Atasuke Uchiha avrebbe compreso il suo messaggio...
    … il suo timido e velatissimo: “Rimaniamo vicini e cresciamo insieme”




    divisore




     
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