Cacciatori di informazioni.

QdC- Boschi di Toshi,

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    Il Tempio delle Ossa






    Raizen chinò la testa durante le prime battute del capo degli Hanta, un uomo che ini quel momento dimostrava un attaccamento alla sua famiglia smisurato, ma che al contempo pareva riuscire a frenare con la ragione, forse invaghita delle proposte pacifiche del Colosso.

    Come ha detto l’otese, l’accademia deve proteggere anche i suoi interessi, e nel suo interesse è anche tenere la pace in una valle come questa, immagino che voi sappiate bene quanto sarebbe dannoso per entrambe le parti perdere delle vite innocenti, e la guerra non ha occhi, soltanto mani abili a togliere la vita.
    È probabile che gli Horu, oltre allo scotto dovuto per le vite rubate agli Hanta, dovranno pagare anche per i vostri boschi e la vostra economia, i soldi gli piacciono, e saranno costretti a pagarvi con essi.
    Avari simili soffriranno della perdita di liquidi ben più che della perdita dei loro familiari. La loro sofferenza sarà adeguata alle loro azioni, e l’accademia dopo l’errore con la guerra civile vuole riscattarsi, sarà puntigliosa, come lo è stata nell’inviare noi qui anziché degli sprovveduti ed inesperti studenti.


    Interloquì Raizen mantenendo quel tono freddo e preciso che ben si addiceva a quelle conversazioni così tese in cui doveva tenere a freno la sua innata arroganza. Una lieve flessione verso il basso del capo lasciò al capoclan la parola che diede ai due le informazioni in suo possesso, non troppe, ma neanche insufficienti per iniziare la ricerca. Dopo un cenno di ringraziamento Raizen prese il suo compenso per poi prendere la parola per l’ultima volta.

    La ringrazio.
    Inoltre, siamo stranieri, non sappiamo bene dove si trovi il tempio più vicino in questa zona, probabilmente troveremo in quello altre informazioni, potrebbe indicarcelo?


    Ottenuta la risposta alla cortese domanda avrebbe chiuso quell’incontro con un nuovo inchino.

    È stato un onore servire un capoclan dotato della sua saggezza.

    Richiusa la porta alle sue spalle fece una piccola smorfia, rilasciando la tensione mentre sbuffava.

    I capiclan sono sempre delle teste calde, pronte a spendere altre vite per vendicarne delle altre, spero che questo sia più assennato, altrimenti sarà tutto inutile.
    Comunque, io ancora non sono al 100% sfrutterei per un’altra mezza giornata l’ospitalità degli Hanta per poi metterci in viaggio belli carichi, sempre che ad un kappa possa interessare svolgere gli affari dell’amministratore di Oto.


    Disse con tono lievemente ironico.
    Giunte le prime luci dell’alba si sarebbe rimesso in cammino, il tempio più vicino pareva essere a nord-est, arroccato tra le montagne della piccola penisola del Cimitero di Montagne, che prendeva il nome dalle ossa di gigantesche creature li ammassate da chissà quanti secoli e dalle piccoli promontori che ivi sorgevano.


    Quel posto mancava decisamente ai luoghi che ho visitato, voglio proprio vedere se tiene fede al suo nome.

    La strada più conveniente per giungere al monte in cui doveva trovarsi il tempio percorreva un breve tratto di costa, prima di inoltrarsi nel bosco sino al centro della penisola.
    Poco dopo gli alberi del bosco di Taki lasciarono spazio ad alberi più grandi e di specie differente, a chioma tondeggiante ed equilibrata, e dai tronchi bassi, tozzi e forti, radi tra di loro quanto bastava a far penetrare lo sguardo sin nel cuore della foresta il cui verde veniva spezzato di quando in quando dal candore delle ossa.


    Beh, sono senz’altro caratteristiche e curiose, mi domando quale gigantesca bestia venga a morire qui.

    La sua mente dopo quella domanda divagò lievemente immaginando uno scontro tra due specie differenti, magari evocate da formidabili shinobi in grado di cambiare solamente con le loro azioni l’aspetto di una zona così vasta, un po’ come la valle della fine nel paese della foglia. Oppure, semplicemente, era li che un tempo abitava qualche specie ora estinta per chissà quale ragione.
    Il cammino per il tempio non fu periglioso, anzi, quasi rilassante, per quanto quella foresta fosse innaturalmente silenziosa la presenza di quelle ossa non la rendeva tetra e spaventosa, era un posto calmo, in cui l’assenza di animali che si muovevano bloccava quasi il tempo, un luogo di riposo… eterno.
    L’altura su cui era alloggiato il tempio si ergeva massiccia con rocce tondeggianti e sporgenti che parevano strizzare la poca vegetazione che vi cresceva tra le insenature.
    Penso quello sia il tempio.
    Di li a poco, giunti ai piedi dell’altura si udì uno strano rumore, quasi come se quel flebile soffio di vento che animava le fronde dei grandi alberi suonasse un ancia metallica, un rumore ritmato a cui presto si aggiunse un battito, quasi un tremore della terra, due eventi che presto i due viandanti accomunarono come regole di un unico ritmo, quando l’urlo si frenava il battito si faceva forte o cambiava ritmo, probabilmente proprio quella era la causa della scarsissima presenza di animali.
    Mano a mano che il tempio si faceva più vicino quello che sembrava solo un suono mutò in una cantilena ritmica e quasi ipnotizzante nel ritmo, un coro di voci perfettamente sincronizzate che davano vita ad una vibrazione quasi fastidiosa che rimbombava nel petto, giunti a così pochi passi si poteva comprendere anche cosa fosse quel “battito”: il pestone di un centinaio di monaci che probabilmente nel loro rito calavano gli arti sul pavimento con una potenza sovrumana.
    Quello era il tempio delle ossa.


    Cetriolofilo, bussi te o busso io?

    Chiese sulle porte del tempio.
     
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