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QdC- Boschi di Toshi,

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    Suore Permalose






    Anche Raizen scelse di accomodarsi insieme a Febh, un po’ chiedendosi cosa portasse i due a condividere così spesso momenti della loro vita e un po’ chiedendosi chi condividesse il cervello con l’otese che a volte pareva averne soltanto mezzo a disposizione. Venne distratto da quei pensieri e divertito dalla panchina di legno, che si imbarcava sotto il suo peso mentre si sedeva, avrebbe retto, anche se probabilmente non ci avrebbe potuto ballare sopra.

    Già, mi chiedo anche io come mai mi associo a certe persone.

    Disse con uno sguardo abbastanza eloquente verso l’otese e il suo vestiario.

    Che poi, non che le tue lucertole siano tanto normali eh. Senza contare chi le evoca.

    Tra qualche commento ironico sui monaci e qualche altra vanteria del kappa e sulla persona a cui aveva “rubato” l’identità passò del tempo, e lentamente il chiosco si svuotò del tutto, disperdendo quel concentrato brusio che produceva lo scorrere pacifico della vita dei monaci.
    Abbastanza strano da far voltare più di una volta Raizen, se non insospettito incuriosito da quell’improvvisa siesta senza segnali o preghiere come ci si aspetterebbe da una manica di bacchettoni come quella.
    Poco dopo il suo sospetto si materializzò in un attacco rivolto ai due, con l’unico preavviso di una piazza svuotatasi troppo rapidamente. Il tempo per reagire non era abbondante, andare incontro agli shuriken per evitarli non sarebbe stato troppo saggio visto che di li a qualche istante se li sarebbe ritrovati sulla faccia, per cui facendo forza su gambe e schiena scardinò la panchina facendola ribaltare mettendo le sue assi di legno tra lui e gli shuriken in arrivo. Una capriola abbastanza disordinata che gli costo qualche graffio sulle gambe dovuto agli shuriken che vennero solamente deviati [leggera diffusa]


    Guarda te ste suore arrapate che accoglienza del cazzo.

    Riuscì a dire mentre si rimetteva in piedi scuotendo il capo, impolverato dopo la schivata effettuata poco prima.
    Ebbe a malapena il tempo di guardare l’ambiente attorno a lui per studiarlo dal punto di vista bellico che il suo avversario tornò nuovamente alla carica, questa volta trovando il cagnaccio pronto alla difesa e armato di nodachi, il primo movimento fu quello effettuato per deviare la traiettoria del piccolo rotolo, anche se si rivelò del tutto inutile visto che il rotolino lasciò presto spazio ad una selva di armi che la rapida occhiata che il Raizen potè dedicargli non riuscì a numerare.
    Presto il chakra andò a potenziare la destrorsa velocizzandola quanto bastava da creare una selva di fendenti abbastanza fitta da essere impenetrabile [Mori No Hane] , purtroppo non tutti i colpi erano da deviare, le catene infatti erano da evitare, ma il Colosso non potè constatarlo sufficientemente in tempo ritrovandosi la lama intrecciata in un malloppo troppo scomodo di catene.
    Malloppo che decise sarebbe stato scomodo anche addosso al suo avversario.
    Purtroppo aveva a che fare con un peso non troppo semplice da gestire, nonostante l’azione da compiere fosse semplice per una migliore riuscita decise di aiutarsi con del chakra [basso forza], le catene non sembravano vive e tantomeno trovavano appigli nella liscia lama a cui ancorarsi saldamente, per cui con un fluido movimento del braccio Raizen compì un mezzo tondo che concluse a mezz’aria l’asciando che l’inerzia facesse il suo lavoro scagliando le catene aggrovigliate sulla lama verso il suo avversario, come che ci fossero arrivate lui sarebbe uscito dalla traiettoria per portare un secondo affondo al costato nemico, la velocità dei suoi attacchi gli aveva già dato qualche indizio riguardo le sue capacità fisiche ma se ne sarebbe appurato con precisione dopo una serie inferta al suo regime standard.
    Prima del terzo attacco, in una naturale prosecuzione del movimento d’affondo con la mano destra, avrebbe portato in avanti il piede sinistro piantando lievemente la punta sul terreno per prendere una piccola quantità di terra sul collo del piede e direzionarla sul viso avversario, un piccolo disturbo oche l’avrebbe portato inevitabilmente a distogliere l’attenzione dalla punta della lama che in quel momento si muoveva nuovamente con un fendente che minacciava di squarciare in diagonale l’intero torso, anche se l’obiettivo primario era tranciare il polso che reggeva il rotolo di carta come se fosse una lama, che in quel momento era a difesa del corpo.
    L’avanzata del piede sinistro tuttavia sarebbe continuata fino ad incontrare il suo corrispettivo nel corpo avversario postogli di fronte, cercando di immobilizzarlo a terra con un pestone che gli avrebbe impedito una schivata efficace al colpo infertogli pochi istanti prima e che, contemporaneamente, in caso di ritirata, avrebbe potuto causare qualche lesione o stiramento ai legamenti del piede e quindi azzoppare momentaneamente l’avversario.


    Febh nel mentre avrebbe avuto a che fare col monaco impacchettato nei suoi abiti, e che presto diede risposta alla domanda che i due si facevano prima di entrare nel tempio.
    Assunta una rigida posizione da battaglia che lo portava a flettere le ginocchia quasi a novanta gradi infatti il grosso monaco pestò violentemente il piede a terra, facendo propagare una serie di crepe abbastanza grandi da imprigionare un piede se l’avessero intercettato (si diramano per un area di 10 metri a velocità nera) , compito facilitato dalla poderosa vibrazione che avrebbe ridotto l’agilità del kappa di 5 tacche.
    Il successivo attacco, continuando una particolare danza irruenta e per lo più composta da movimenti improvvisi e netti sarebbe stato un colpo di palmo pieno, diretto esattamente al centro del petto avversario, che se avesse scelto di subirlo o fosse stato costretto a farlo ne avrebbe potuto saggiare l’estrema quanto pericolosa potenzialità. Di suo non era un colpo troppo potente [potenza 20] ma Febh avrebbe potuto avvertire uno strano senso di intorpidimento, come se il colpo continuasse a stazionare dentro di lui, impedendo alla sua abilità innata di funzionare correttamente, di fatto bloccandola.
    Probabilmente in un organismo normale un colpo simile sarebbe stato quasi letale, c’era da sperare che l’avversario dell’otese facesse parte dell’elite di quel luogo.
    Il secondo attacco avrebbe portato il pugno sinistro del monaco, stretto e compatto come un maglio, verso il volto del mangiatore di cetrioli, che avrebbe potuto provare una diversa consistenza questa volta, o quantomeno inaspettata, in quanto quella del maglio non sarebbe stata una mera metafora, la mano era dura come l’acciaio, in grado di sbriciolare una mascella [vel nera + 4 tacche].
    Senza dare un attimo di respiro il monaco avrebbe abbassato il proprio baricentro compiendo una rapida spazzata il cui obiettivo non era tanto colpire le gambe dell’otese quanto la porzione di terra alle sue spalle, ad osservarla infatti si sarebbero potute notare delle piccole crepe, propagate in una zona conica, lunga cinque metri e larga tre.
    Rialzandosi l’ammasso di ampi vestiti avrebbe tentato una semplice spazzata, tentando di scaraventare l’avversario proprio in quella zona appena “contaminata” per poi concludere con un colpo simmetrico apportato con entrambi i palmi verso lo stomaco, esattamente con la stessa tecnica con cui aveva apportato quello al petto, ma con un intensità raddoppiata.


    Intanto Kubomi, vedendosi privato della propria energia, ben consapevole della sua preparazione fisica decise di fare dietrofront e riferire quanto appreso a Raizen.
     
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