Tempio del vento

[Vario]

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    Scoprì con stupore che anche tra i draghi c’era dunque una voce in grado di levarsi al di sopra di ogni ragione, che vi fosse, tra di loro, un re.

    Il primo ed impronunciabile eh?
    Interessante.


    E forse anche la soluzione, si, la soluzione. Perché nonostante tutto il Colosso non era rimasto sordo a quella storia, e neanche cieco a quel racconto e al fatto che quelli che credeva dei fedeli compagni gli avessero nascosto tutto, da quell’avvenimento sino all’esistenza degli altri quattro templi. Tuttavia, una volta uscito dalla botola, ancora scosso dall’esperienza vissuta grazie all’ultima prova constatò quanto terribili potessero essere i piatti di una bilancia in equilibrio.
    I due ninja erano arrivati assieme, in perfetta sincronia, questo non pareva piacere ai draghi, men che meno a Masamune. Non potè sovrastare il rombare della sua voce, dei suoi fulmini, potè solamente tacere anche se probabilmente era in grado di poter pensare ad una controffensiva non era il caso di farlo con il cielo pieno di draghi troppo allegri.


    Non c’è nessuna guerra.

    Avrebbe ruggito Raizen prima di gettarsi sul kiriano, gli sarebbero bastati due balzi, uno per buttarsi incontro a lui afferrandolo, ed un secondo per gettarsi nella botola ancora aperta, era l’unico punto di salvezza in quell’inferno che stava per abbattersi sopra quel misero disco di roccia a strapiombo su chissà quale altura. Purtroppo il contatto con Etsuko non fu piacevole, appena lo strinse per portarlo via dall’inferno elettrico lui stesso subì un terribile contraccolpo, forse uno dei peggiori danni che avesse mai ricevuto, e pensare che neanche stava combattendo [6 leggere diffuse]. Dentro la botola era al sicuro, qualche metro lo separava dal furioso drago ed avrebbe avuto qualche secondo per pensare alla carenza di chakra che aveva reso il suo compagno di missione un vero e proprio straccio. Avrebbe preso velocemente un tonico dalla tasca per metterlo in bocca al kiriano, in mancanza di reazioni l’avrebbe persino spinto giù a mani nude.

    Raccontami, dimmi cosa ti ha svelato il piccolo drago, abbiamo un grosso problema li in alto, parecchio grosso.

    Avrebbe ascoltato qualsiasi risposta ricevuta prima di salire nuovamente la scala.

    Masamune! È veramente saggio e imparziale un giudice che non ascolta le ragioni del condannato? E mette in pericolo anche l’innocente? Da quando i draghi sono così avventati e poco inclini alla possibilità di redimersi?

    Avrebbe attaccato così, pronto a qualsiasi evenienza, a qualsiasi cosa avrebbe potuto fare quello che dicevano essere un pazzo in un momento di lucidità, nonostante il Colosso, non ne vedesse neanche un barlume. In quello che si era presentato come giudice supremo non poteva che esserci solamente un cuore pieno di risentimento. Sentimento che, nonostante l’impegno Raizen non riusciva proprio a sviluppare. Il Colosso sapeva odiare, sapeva fare il doppiogiochista, sapeva barare, sapeva essere un gran bastardo, eppure di vendicarsi non era in grado, non era in grado di serbare rancore, di chiudere le porte della sua anima e riempirla di odio sino all’orlo, persino il suo maestro che gli aveva tolto la vita era stato perdonato, forse. Ma perché questo succedeva? Come poteva essere così generoso e al contempo così avido? Semplicemente era più avido che generoso, perché, nonostante tutto in ogni situazione il perdono gli permetteva di aumentare il suo guadagno. Il suo impegno, la sua schiena dritta davanti ad ogni difficoltà, sempre più grande ogni volta che doveva timbrare la parola “perdono” sull’ultima cartella dello scaffale “tradimento” lo aiutava a fare un passo avanti, più in alto, ed ogni volta che saliva l’aria era più pura.
    Quella volta però non doveva essere lui a perdonare, quella volta si sarebbe dovuto far perdonare, era una prova intermedia che avrebbe testato la forza sviluppata da tutte le altre cartelle, da tutto quel peso.
    Infondo lo faceva solo per se stesso, per vedere cosa era in grado di fare, per vedere cosa aveva appreso, cosa le sue esperienze gli avevano trasmesso, cosa la sua vita lo aveva reso in grado di fare, il tutto per cosa? Solo per potersi dire, ancora una volta, “bravo” solo per potersi convincere ancora una volta che no, lui non era la prima nullità che passava li, che, no, ogni sua scelta era stata giusta. Che ogni scelta fatta in passato non poteva che essere corretta perché in quel bivio lui aveva scelto la retta via che l’aveva portato ad un’altra vittoria e non avrebbe mai interrotto quella catena così propizia, mai avrebbe sbagliato strada se non per mettere un piede dall’altra parte ed esplorare un terreno mai calcato. Lui avrebbe vinto. Per se stesso. Il resto del mondo era solamente la ciliegina su una torta di tre piani, perché gli bastava la sua voce, la certezza di aver fatto la cosa giusta era sufficiente che fosse data dalla sua voce, il resto era solo un coro che spalleggiava il solista, ma pur sempre una deliziosa aggiunta.
    Era egoista, tutti l’avrebbero detto, e probabilmente già tutti lo pensavano, ma lui, il Colosso, a questo ancora non ci era arrivato, dal suo punto di vista lui era solamente una persona retta che faceva il possibile per raggiungere i suoi obiettivi nella maniera più giusta, del resto ancora non si era ne domandato ne accorto, non si era accorto di essere intrinsecamente indipendente, solo, unicellulare.
    Si, unicellulare. Un organismo che, pur nutrendo una così scarsa conoscenza della sua persona, sempre più spesso e con maggior fervore, cercava di suggerire agli altri la via più corretta, proprio come faceva in quel momento, apparendo la persona più sincera e scevra da secondi fini del mondo.


    Non era una guerra, è vita, ed avvolte richiede scelte difficili. Ed osserva, nessuno è stato leso dalle scelte dell’altro.
    Puoi veramente chiamare questa “guerra” ?
    Nessuno si contende nulla, ne la vita, ne il piacere di dare la morte o sofferenza, per cui giudice, per quale reato mi condanni?


    Seppur teso come una corda di violino il Colosso parlava con serenità, ormai abituato ad interagire con creature la cui potenza andava decisamente fuori scala.

    Non cerco ne porto guerre, i tuoi figli però lo fanno. Voglio solo colmare la mia ignoranza che mi ha fatto apparire come portatore di sciagure. Voglio solo che mi racconti la tua storia e che mi permetti di salvare la vita al mio compagno.
    Se non riesci a credermi esaurisci il mio ultimo desiderio.


    Non poteva far altro che pregare di aver toccato qualche neurone particolarmente sensibile del drago utile a mondare la sua mente qualche buon palmo di nebbia, in modo che questo riuscisse a ragionare con più lucidità e magari mostrare a Raizen l’incrocio, la scelta, in modo che lui potesse nuovamente ottenere la sua vittoria, il suo “bravo” la sua goccia di anestetico, la sua medicina contro il mondo, il male che più di ogni altro si preoccupava di girare il coltello nella ferita. Nell’attesa soltanto qualche volta avrebbe portato lo sguardo alla botola da cui era uscito dopo avervi posto Etsuko, ancora aveva qualche violento tremito dovuto alla scossa ma riusciva a muoversi decisamente bene nonostante le bruciature che quel campo di forza che stava attorno al kiriano gli aveva provocato.
     
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