La Principessa e il Traditore

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    九代目水影 - Kyuudaime Mizukage

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    La Principessa e il Traditore
    Preghiera sulla tomba dei genitori

    I


    Colonna sonora /X)


    La strada per il cimitero la ricordavo ancora. Un posto lugubre, pieno di alberi lugubri e di gente lugubre. Un posto dal quale ero uscito, cinque anni prima, solo e senza nessuno per non mettervi mai più piede. Così, mentre seguivo Drake di tetto in tetto, abbastanza sovrappensiero, sentii nel petto una sensazione disgustosa che ben presto mi prese lo stomaco, attanagliandolo in una morsa gelida che mi fece venire la nausea.
    Era per caso senso di colpa?
    Probabile.
    Cinque anni sono troppi, anche per un traditore. Avevo sempre dato per scontato che Konoha avrebbe sempre respinto una richiesta del genere. Avrei potuto ingegnarmi. Avrei potuto infiltrarmi senza essere notato e dirigermi lì, in quel cimitero, a ricordare mia madre e mio padre. Ai morti non interessava sotto quali spoglie andavi a fare loro visita.
    Ai morti non interessava nulla. I morti erano morti e i cimiteri esistevano solo per i vivi.
    Non era senso di colpa.
    I miei genitori non era più concessa la sofferenza. Erano in pace ormai. La mia mancanza riguardava solo ed esclusivamente me. La mia coscienza. La mia necessità di avere un conforto che mi era stato negato. Avrei voluto parare con mia madre, raccontarle molte cose.
    Non potevo farlo.
    Avrei voluto lavorare nuovamente con mio padre, chiedergli cosa fare.
    Non potevo farlo.
    Loro erano stati portati via per sempre da me, da Maku, da Hanako. Le tombe erano i posti dove i vivi ricordavano i morti e dove, per questo, potevano ancora immaginare – per qualche minuto – di parlare con loro e trovare un conforto per sofferenze che i vivi non riuscivano a placare.
    Solo i Kami sapevano di quanto avessi bisogno io di quel conforto. Ayame era malata, ero praticamente solo con le bambine da un po’ e mi sembrava che tutta Kiri mi odiasse. Avevo bisogno di ricordare le voci dei miei genitori. Di ricordare a me stesso le loro lezioni e quindi trovare le risposte che cercavo.
    Lì, davanti alle loro tombe di pietra.
    Arrivammo nel cimitero passando per la porta centrale. Mi ero fatto più taciturno e ogni ombra di sorriso era del tutto sparita. La mattina avanzava rapida e ben presto qualcuno sarebbe venuto a far visita ai suoi cari. Avrei preferito non essere visto da altre persone di Konoha.
    Ricordo ancora dove sono mormorai a Drake quasi distrattamente. Era vero.
    Dopo cinque anni quei vicoli erano per me straordinariamente familiari. Stradine strette, per lo più tortuose, contornate da bare di uomini e donne, ninja e non che sembravano fissare il mio ritorno nella patria nativa quasi con disapprovazione.
    Avevo tradito, che ci facevo lì?
    Ignorai quel macabro pensiero partorito dalla mia mente e mentre la sensazione di nausea e dolore si faceva più intensa, voltai in una stradina laterale che saliva subito con una decina di scalini fino in cima a una piccola collinetta dove c’erano sei o sette bare. Lì, al centro di quel piccolo rilievo, riposavano Hanako Uchiha e Akarashi Nara.
    Mi fermai sull’ultimo gradito e mi voltai appena verso Drake.
    Rimani quì, per favore, voglio restare un attimo da solo ed era comprensibile come richiesta. Così camminai per quella decina di metri che mi separavano dalla grande lapide di pietra comune che cinque anni prima scelsi come tomba. C’erano dei fiori freschi, i miei fratelli dovevano essere passati di recente.
    La fissai, senza riuscire a pensare a nulla.
    La fissai, senza riuscire a dire nulla.
    La fissai, senza riuscire a muovere un misero muscolo.
    Piegai le ginocchia appena e allungai le dita quanto bastava per posare i polpastrelli sul marmo liscio. Cercai di ricordare il tocco di mia madre, ma mi accorsi di non riuscire nemmeno a ricordare bene il suo viso.
    Mi si serrarono i denti e la gola e gli occhi iniziarono a bruciare.
    Non piansi.
    Ricordai.

    Ricordai molte cose. Ricordai la mia infanzia, passata ridendo e giocando con mio fratello. Ricordai i giorni tristi della scomparsa del mio gemello. Ricordai il ritorno alla vita e alla felicità, quando mia madre riuscì a farmi ridere ancora e mio padre iniziò a crescermi più come un uomo. Ricordai il giorno in cui chiesi per la prima volta di essere un ninja e la durezza con cui mio padre me lo negò. Lo odiai all’epoca, ma adesso lo capisco. Non ero del tutto certo di potermi dire felice se Jukyu e Nana avessero deciso di intraprendere la mia carriera. Ricordai le sgridate. Ricordai le risate. Ricordai gli allenamenti e la loro reazione quando, ormai maggiorenne scelsi la vita del ninja.
    Ricordai la loro morte.
    Quel fumo soffocante che portò via la loro vita.
    Ricordai la scoperta della loro vera identità e quindi della mia.
    Nara e Uchiha. Il sangue di due clan, i poteri di nessuno.
    Scusatemi non parlai.
    Pregai silenziosamente, sperando solo che potessero ascoltarmi. Non riuscivo a parlare a una tomba.
    Era stupido, insensato e doloroso.
    Sono passati cinque anni abbassai il capo verso la terra sotto la quale riposavano le loro ossa Cinque anni e il vostro figlio degenere non ha nemmeno avuto la forza di venire a lasciare un fiore sulla vostra tomba. Io, che vi ho seppelliti.
    Quanto vorrei che foste vivi, vorrei dirvi tante cose, vorrei raccontarvi tante cose mi strofinai gli occhi, non volevo piangere Sono un Jinchuuriki, sai papà? Tu che hai sempre voluto tenermi lontano dalla sofferenza di questo mondo… alla fine, tuo figlio ha fatto di testa sua, ed è diventato il ninja che più soffre la gola era dolorosa, la nausea era svanita ma quella sensazione che non riuscivo a capire permaneva, tremenda e spossante E sai mamma, mi sono sposato. Vorrei che tu potessi conoscere Ayame, ti sarebbe piaciuta tanto. E ho due figlie, ho avuto la stessa vostra fortuna di averne due in un colpo solo… sono bellissime, impazziresti per loro cercai nella tasca dei miei pantaloni qualcosa ed estrassi una foto, che posai ai piedi della lapide. La foto ritraeva me e Ayame, insieme, e sulle nostre ginocchia con lo sguardo spaesato tipico dei bambini piccoli, le nostre figlie.
    Ho bisogno di voi ammisi tra me e me, posando nuovamente le dita sulla lapide di marmo grigio Non so cosa fare. La mia vita… la mia vita sta diventando un casino tremendo. Rischio di perdere Ayame e di dover crescere Jukyu e Nana da solo e a Kiri… Cosa ho fatto?
    Cosa ho fatto?
    La domanda che tutti coloro che commettevano un crimine e poi si rendevano conto dell’enormità dello stesso si pongono.
    Cosa avevo fatto cinque anni fa? Perché ho lasciato un villaggio per andare in uno nuovo, dove tutti diffidano di me perché ho lasciato il primo e perché pericoloso, in quanto Jinchuuriki?
    Perché avevo commesso quell’errore?

    Errore…

    Ho sbagliato, mamma?
    Cosa mi avrebbe detto? Avevo realmente distrutto le mie possibilità di essere felice lasciando Konoha? Cosa avrebbe detto la donna… la donna che per amore aveva lasciato il suo clan, si era privata dei suoi poteri come kunochi, che per proteggere i suoi figli dalla sua stessa famiglia si era separata da loro e che era figlia di un nukenin?
    Mi avrebbe dato dell’idiota. Mi avrebbe detto di guardare più nelle mura di casa mia che fuori. Mi avrebbe ricordato che se la gente mi odiava, dovevo far cambiare loro idea. E dentro casa, però, c’era ancora Ayame. Avevo ancora le mie bambine. Avevo sempre qualcosa per cui lottare. Per cui non arrendermi, essere forte, sorridere alla vita.
    E poi c’erano i miei amici.
    Drake, compagno di mille battaglie per lo più letali, che mi aveva permesso di rivedere quella tomba.
    Takuma, il nuovo Jinchuuriki che più che mai aveva bisogno di una mano.
    Shinodari, Ryutsuki, che erano un’altra parte della mia famiglia.
    Miyori, la loro nipote, che non avevano mai conosciuto.
    E altri, altra gente con la quale andavo più o meno d’accordo ma con la quale avevo stretto rapporti. Che mi avevano aiutato quando avevo bisogno. I miei fratelli, la gente di Kurohai.
    Importa qualcosa se qualche vecchia bisbetica mi odia per ciò che sono, mamma? pensai, mentre una lacrima cadeva dall’occhio destro Importa qualcosa se ho più motivi per essere felice? allungai il capo, fino a posare la fronte contro il freddo marmo della lapide, cercando di trattenere le lacrime che premevano con la forza di uno tsunami dietro i miei occhi per uscire.
    Non potrò tornare molto presto, mamma, papa. Forse non potrò tornare più, non lo so. Se dovesse succedere qualcosa ad Ayame… concedetemi la vostra forza, perché ne avrò bisogno
    Itai Nara non aveva mai pregato.
    Ma in quel momento, Itai Nara ne aveva più bisogno che mai.

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    Mi rialzai. Non riuscii a guardare Drake in faccia, fissavo ostinatamente le tombe che da quella piccola altura potevo vedere. Non mi ero accorto che altre lacrime avevano rigato il mio viso ma che, in buona sostanza, mi sentivo meglio.
    La sensazione che avevo provato fino a poco prima era sparita. Capii solo allora che da quando avevo messo piede dentro Konoha ciò che avevo sentito era paura.
    Pure e semplice paura di non essere abbastanza per Jukyu e Nana, per me stesso e per tutti quelli che, alla fine, facevano affidamento su di me.
    Ero più legato ad Ayame di quanto la gente credesse. Mi aveva conosciuto in un momento duro e grazie a lei ero riuscito a vivere di nuovo. Avevo trascorso gli anni più belli della mia vita con lei. L’avevo sposata. Era la madre delle mie figlie.
    Non sapevo cosa avrei fatto senza di lei. Una cosa però era certa.
    Non mi sarei arreso. Come non mi ero arreso mai.
    Come non si erano mai arresi i miei genitori.

    Mi asciugai le lacrime e finalmente tornai a vederci decentemente. Tra le molte file di tombe, tra le ultime, ce n’erano alcune simili tra loro, disposte vicine. Le uniche che una ragazza, in lontananza, stava osservando. La potevo solo osservare di spalle dalla mia posizione, senza capire chi fosse.
    Drake chiamai allora il mio amico, stendendo una brutta sensazione addosso Chi è lei?
    Non mi aspettavo la sapesse. Ma c’era una cosa che Drake non capiva.
    Quella ragazza ricordava me, davanti alle tombe delle vittime dall’attentato alla piazza centrale di Kiri. A fissarle, senza riuscire a comprendere davvero il motivo per cui una tale tragedia fosse accaduta, con una sola sensazione a farla da padrona sulla tristezza e sulla rabbia.
    Un indomabile, immenso e doloroso senso di colpa.
     
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