La Principessa e il Traditore

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  1. -Max
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    九代目水影 - Kyuudaime Mizukage

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    La Principessa e il Traditore
    C’erano una volta un ragazzo e una ragazza…



    III


    Eppure parlavo di me.
    Senza volerlo avevo parlato di me. Di ciò che pensavo riguardo la mia storia perché quella di lei potevo solo intuirla. Avevo ripensato a Yui, dopo che il presente, fatto da Ayame e le nostre figlie l’aveva sepolto in una felicità nuova, radiosa, pure e sincera. In quel luogo di commiato, di lacrime e rimpianti avevo ripensato al più grande rimpianto della mia vita, alla mia incapacità di proteggere chi avevo amato.
    Non le avevo dato della debole. Non era stata mia intenzione farlo, ma mi resi conto solo dopo chi alla fine potevo averla ferita esattamente come avevo cercato di ferire me stesso. Mi accorsi del suo movimento solo quando lei posò una mano sulla mia spalla, facendomi girare di scatto. Assecondai quel movimento e vidi quel pugno partire distintamente e cercare di abbattersi sulla mia faccia con il solo, unico e forse anche ben motivato obiettivo di spaccarmela.
    Alzai la mano destra più velocemente di quanto lei potesse realmente concepira per intercettare quel colpo. Allora, senza dare la possibilità di sfuggirmi strinsi appena il suo pugno nella mia mano, al solo scopo di abbassare il suo braccio e renderlo nuovamente innocuo. Non dissi niente, non ero io a dover parlare dopotutto. Solo lei poteva dirmi cosa le era passato nella mente di così rabbioso da provocarle quell’impulso tremendo che l’aveva portata a un vano tentativo di ferirmi.

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    Non ero arrabbiato. Come potevo esserlo? Del resto, se qualcuno l’avesse fatto a me io avrei reagito nello stesso identico modo. La gente nel suo dolore vuole essere lasciata sola, vuole soffrire senza che nessuno potesse ascoltarli, vederli e quindi compatirli. Io ero arrivato lì, un perfetto sconosciuto e spinto da una forza di compassione che non sentivo di aver provato molte volte in vita mia avevo raccontato la mia storia.
    Una storia che doveva avere inquietanti parallelismi con quella di lei, perché si era sentita così colpita dalle mie parole.
    Ma non avrei mai rinnegato ciò che pensavo. Nemmeno quando lei, strepitando, mi disse chiaramente che incolpare la propria debolezza e incolpare se stessi era la stessa identica cosa.
    Certo, come no. Era la stessa identica cosa.
    C’erano due tipi di colpe che un uomo può attribuirsi per il proprio fallimento. Quella di essere com’è come essere immutabile nel profondo, sia per la propria consistenza più fisica che per i legami stretti o impossibili da disciogliere, come le parentele.
    Poi c’era la colpa di non essere stato sufficientemente all’altezza della situazione. Un confine sottile, ma ben marcato: c’è differenza tra cosa sei e cosa sei capace di fare. E sì, ero sempre colpevole. In questo, lei non diceva nulla di nuovo. Ero sempre io che avevo sbagliato, perché la debolezza era la mia.
    Eppure faceva la differenza tra il rimanere a piangere davanti alle lapidi e vivere ancora una volta. Però non risposi, rimasi ad ascoltare il suo fiume di parole disperate, cariche di un dolore primordiale potente quanto il mondo. Perché su una cosa aveva ragione, anche incolpando la nostra debolezza, rimanevamo noi i portatori di tale infamia.
    Ormai ho pianto tutte le mie lacrime dissi a voce bassa, voltando appena il capo per guardare le lapidi dei bambini Scusami se hai pensato che ti stessi dando della debole, a dire il vero, io parlavo di me stesso di un me stesso che avevo ucciso sotto il peso della mia convinzione Noi saremo sempre responsabili di ciò che abbiamo fatto, non potrà essere mai altrimenti il cappuccio era caduto dalla testa e ora penzolava umido sulle mie spalle. Lei non sembrava avermi riconosciuto e del resto non dovevano esserci cartelloni con il mio viso in giro per Konoha del resto. Tanto meglio così.
    Però la responsabilità dei nostri errori può essere attenuata fino ad essere seppellita sei ci sforziamo di fare in modo che quegli errori non accadano più tornai a guardare il suo viso, rigato dalle lacrime e dalla pioggia Non mi perdonerò mai per ciò che ho fatto, ma questo mi ha consentito di andare avanti e ricominciare a vivere. Perché se nonostante tutto vivi, non sprecare la seconda occasione che il destino ha voluto riservarti. alzai lo sguardo poi verso il cielo plumbeo che sembrava voler piangere insieme alla kunochi fredde lacrime dolci Non conosco modi per smettere di stare così, ma posso raccontarti ciò che è successo e forse, capire che può esserti d’aiuto dissi a voce più bassa, con ricordi dolorosi che riaffioravano ad ogni dove. Socchiusi gli occhi e respirai piano.
    Se lei avesse annuito, avrebbe saputo quella che fu la storia d’amore tra Itai e una ragazza di nome Yui, con la sua tragica conclusione.
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    Avevo una ragazza, qualche anno fa. La trovai che era prigioniera con me in un covo di nukenin che avevano deciso di rapirmi a causa delle divergenze con un mio parente evitai di introdurre in quella storia l’ingombrante presenza di mio nonno Itai, perché avrebbe richiesto solo spiegazioni che non volevo dare in quel momento La salvai e salvai me stesso da quella prigione, non aveva più un posto dove vivere, così venne a vivere a casa mia. Ci innamorammo, lei rimase incinta deglutii nella speranza di sciogliere quel doloroso nodo che mi chiudeva la gola Poi, qualche mese dopo, il complice dell’uomo che avevo ucciso per liberarmi e per liberare lei tornò. La rapii mentre ero fuori casa, mi provocò per andare a salvarla e lo feci, che dovevo fare? Lasciare la donna che amavo, incinta di mio figlio, in mano a dei criminali? Allora li ritrovai, cercai di salvarla, ma ebbero la meglio su di me strinsi il pugno con tutta la mia forza, fino a farmi sbiancare le nocche, quasi fino a infilare le unghia nel palmo della mia mano Mi catturarono e la uccisero davanti ai miei occhi le risparmiai il dettaglio della mia furia, di come li avessi massacrati a mani nude come un animale fa con la sua preda Seppellii una bara vuota per lei, una bara sulla quale ho passato giorni e giorni a incolparmi di ciò che era successo. Inerte, senza riuscire a fare altro che piangere la guardai negli occhi Capii che non potevo andare avanti così, che la mia stessa vita mi stava sfuggendo di mano. La disperazione mi stava uccidendo, solo che provavo troppo dolore per rendermene conto. Giurai allora, su quella tomba, che non avrei mai più permesso che una cosa del genere accadesse. Poi, dopo qualche mese, ancora carico di rammarico, trovai un’altra persona che lentamente e dolorosamente mi fece dimenticare Yui. Lei mi tese la mano mentre cercavo di uscire dal baratro, ed io l’afferrai e ho rivisto la luce feci un lieve sopiro, socchiusi gli occhi Ho lottato contro la mia colpa, giurando a me stesso che non avrei più permesso che accadesse qualcosa del genere. Ho imparato ad amare di nuovo, grazie a una persona speciale. E per quanto, se ci pensi, senta ancora un dolore atroce, un senso di colpa che minaccia di uccidermi feci una piccola pausa, puntando i miei occhi verdi in quelli di lei, ugualmente verdi Vivo, ed è questo quello che conta.
    Non sapevo che saggezza avrebbe potuto tirare fuori dalla mia storia, se fosse riuscita a trovarne una.
    Una piccola nota finale, non dissi il mio nome. Ero un traditore nella terra che avevo tradito e lei non godeva ancora di nessuna fiducia da parte mia. Come potevo permettere che Drake venisse coinvolto in guai che non meritava per un mero scambio di convenevoli che potevo evitare.
    Almeno per ora.

     
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8 replies since 18/10/2012, 16:51   161 views
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