Fuori dall'Ombra

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  1. Jimmy the Reptile
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    ♣ Fuori dall'Ombra ♣


    « Cosa accadde quella notte. »

    Ospedale di Konoha
    Reparto Terapia Intensiva, Stanza 106


    Raro lo sentiva, quella non sarebbe stata una notte come tante altre.
    Da quarant'anni la sua vita era scandita da dagli orari di lavoro nell'ospedale di Konoha, scandita da piccoli gesti sistematici dalla fondamentale importanza. Camminava tra i corridoi con il suo incedere claudicante, accompagnato dal tintinnio della catena porta chiavi che penzolava dal pantalone; il suo giro d'ispezione era appena iniziato.
    Custode dell'ospedale da tanti anni, Raro sarebbe già dovuto andare in pensione ma non ebbe mai la forza di farlo. Perso il figlio e la moglie, ormai non aveva più alcun motivo di tornare a casa, l'ospedale era la sua casa; una casa troppo affollata negli ultimi tempi. Continuò il suo giro d'ispezione controllando che tutto fosse a posto: serrature chiuse, luci funzionanti, bagni puliti e tutto ciò che potesse servire a far funzionare l'ospedale al meglio.

    Dei vari reparti che gli toccava visitare quello che odiava di più era Terapia Intensiva, il reparto dove andava chi era senza speranza.
    Il lungo corridoio bianco era illuminato da dei neon che ne esaltavano il chiarore. Raro dovette socchiudere gli occhi e aspettare che si abituassero a quell'ambiente prima di proseguire il suo cammino. Le porte delle stanze di terapia intensiva avevano delle piccole finestrelle che permettevano di vedere dentro la stanza, compito di Raro era controllare che tutto fosse al suo posto e non ci fosse nulla che violasse il regolamento: estranei ad esempio. L'ospedale era molto rigido sul regolamento soprattutto in terapia intensiva, nessuno poteva rimanere oltre l'orario di visita e in nessun modo erano concessi favoritismi; a Konoha tutti rispettavano quelle regole.

    Era all'altezza della stanza 106 quando il tintinnio della catena cessò.
    Raro tendendo l'orecchio sentì un rumore strano ma familiare, un click intermittente che proveniva dall'inizio del corridoio. Si voltò mettendosi al centro del corridoio per osservare meglio: il primo neon del corridoio sembrava voler fare i capricci, spegnendosi e riaccendendosi a tratti, « Fortuna che ho i miei attrezzi sempre con me! » bofonchiò tirandosi su la cinta piena di tasche ricolme di attrezzi da lavoro. Mise il primo passo verso l'inizio del corridoio che il neon si spense in un sonoro tonfo, Raro si fermò sentendo distintamente altri click insistenti alle sue spalle: anche l'ultimo neon stava dando problemi. Non fece tempo a mettere un altro passo che tutti i neon all'unisono iniziarono a lampeggiare spegnendosi ordinatamente verso il centro del corridoio. L'ombra si avvicinava e Raro aveva il cuore in gola per la paura che gli strani accadimenti stavano suscitando in lui. Si girava in continuazione a destra e a sinistra, spaventato che quell'ombra lo inghiottisse; chiuse gli occhi, fu il buio totale. Raro si maledisse di non essere andato in pensione.




    Nella stanza 106 scatta un allarme, le macchine che tengono in vita l'ospite danno segnali critici, l'ospite sta collassando.
    Il medico di turno e le infermiere corrono in terapia intensiva ad accertarsi che l'ospite sia ancora in vita, ma entrati nel corridoio i loro cuori si fermano. I muri sono macchiati di un rosso acceso e i pavimenti coperti qua e la di brandelli di carne ancora grondante sangue. Corrono nel corridoio bianchi come i camici fino ad arrivare alla stanza. Un infermiera scivola durante la corsa, macchiandosi il camice di sangue, che brutta nottata! pensa ma ancora non sa che non è finita. Il medico accende la luce nella stanza aprendo il sipario su un altro spettacolo raccapricciante. Il giovane nel letto è ricoperto di sangue che cola dalla ferita nel petto macchiando le candide coperte. Annaspa il ragazzo ferito gravemente. Il medico non perde tempo, il ragazzo è finalmente sveglio, ma può morire; al perché di quello che è successo si penserà dopo. « Chiamate la polizia di Konoha! » è il primo ordine del medico mentre, con le mani avvolte da un verde strato di chakra tiene in vita quel giovane ninja dalla provenienza sconosciuta.
     
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  2. t1m0
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    Abbiamo un problema. Erano queste le parole più ricorrenti che rimbalzavano da una parte all'altra degli uffici della polizia di Konoha. Erano passati esattamente tre minuti dall'arrivo della telefonata dall'ospedale di Konoha. Gli alti papaveri già cominciavano a riunirsi di corsa, mentre altri pezzi grossi erano stato costretti a venire al lavoro indipendentemente da dove stavano e qualche occupazione, anche personale, stavano svolgendo. La tensione era palpabile, i visi erano tesi. Come avrebbero dovuto gestire questa situazione così spinosa?
    Nella piccola sala riunioni si erano radunati gli unici tre ufficiali che erano presenti in quel momento. Si guardavano tesi, spulciavano carte, tamburellavano freneticamente sul tavolo di legno rifinito con maestria.
    Abbiamo un grosso problema. Più i secondi passavano, più si capiva che la situazione non era solo difficile ma anche preoccupante. Che poi si cambiava l'aggettivo in enorme, terribile, del cazzo, non aveva importanza. Bisognava agire immediatamente e nell'interesse di tutti. Erano passati esattamente otto minuti e i dettagli cominciavano a trapelare. Un omicidio ed un tentato omicidio. Erano uomini navigati e nella loro carriera ne avevano viste di cotte e di crude. Mariti gelosi, ubriachi da locanda, violenza occasionale. Ma mai con quella crudeltà e in quella condizione. E poi, "lui". Uomini e donne entravano ed uscivano dalla sala riunioni, portando fogli, dispacci, notizie sul ferito. Non doveva morire, non ora. Era un pericolo per lui e per chi gli stava intorno. Erano passati dodici minuti dalla telefonata. Avevano già individuato la soluzione da adottare. L'unica possibile.




    Due uomini distinti entrarono all'ospedale di Konoha chiedendo di parlare con il medico che teneva in cura la vittima di quella brutale aggressione. Si identificarono e entrarono nei corridoi fino alla stanza 106. C'era un capannello di infermieri, medici ed impiegati intenti a parlare e formulare teorie. Fortunatamente avevano coperto il corridoio con dei paraventi utilizzati per permettere ai pazienti di spogliarsi e non farsi vedere da persone estranee. Poco dopo l'arrivo della prima chiamata, avevano dato questo tipo di disposizione all'infermiera - l'unica - che aveva visto cosa realmente era successo.

    «Allontanatevi o vi faccio arrestare. »

    Disse uno dei due, quello più basso, con una voce talmente perentoria da risultare quasi una cannonata che disperde un esercito. Oltrepassarono la recinzione di fortuna e videro quello scempio. Ma non ebbero nessuna reazione, ormai erano abituati a quel tipo di scena. Una in più non avrebbe di certo fargli rivoltare lo stomaco. Entrarono nella stanza 106 mostrando il riconoscimento al medico, ancora indaffarato a tentare di salvarlo. Da quanto avevano capito, le condizioni si erano stabilizzate ma avrebbe avuto bisogno di una serie di interventi chirurgici. Il dottore non si accorse dei due giovani che erano appena entrati. Era intento a scrivere sulla cartella clinica non si sa cosa. I due si avvinarono ma ancora non si era accorto di nulla.

    «Dottor Ito?»

    Neanche il tempo di girarsi, che già gli avevano sottratto la cartella clinica. Non ebbe nemmeno il tempo di riuscire a riprenderla che era già finita in mille pezzi che cadevano al suolo come candidi fiocchi di neve.

    «Ma cosa state facendo, come vi permettete.. »

    I due non si degnarono di dargli una risposta. Non serviva. Ormai era tutto deciso e non si sarebbero potuti appellare a niente, nemmeno ad un ipotetico dio. Avevano un piano, avevano degli ordini, avevano il potere per farli rispettare. Il ragazzo alto, che fino a quel momento ancora non aveva proferito parola, si avvicinò al medico e gli consegnò un foglio. Il medico lo prese, cominciò a leggere. Più si avvicinava alla fine, più sul suo viso appariva un'espressione di stupore.

    Nome: Akimaru
    Cognome: Tokugawa
    Data di nascita: 25/5/1990

    Stato di salute: Il paziente ha presentato un improvviso peggioramento delle condizioni cliniche nella notte tra il 01/12/2012 e 02/12/2012.
    Defibrillazione ventricolare sopraggiunta alle ore 22:48.
    Tentativo di rianimazione con defibrillatore dalle ore 22:49 alle ore 23:01. Il paziente non ha risposto positivamente alla sollecitazione.
    Il chakra curativo è risultato inefficace in seguito all'intervento con il dispositivo medico.
    La morte è sopraggiunta per via naturale alle ore 23:04 del giorno.
    Non è stata disposta autopsia.

    Firma



    «Ma non posso firmarlo, il paziente è ancora vivo! Ha bisogno di qualche intervento per ricostruire un polmone, credo, e ricucire le numerose ferite ma non è morto!E' illegale tutto questo! E voi sareste poliziotti?»

    Nella sua voce c'era qualche traccia di delusione. Forse in cuor suo sapeva che non aveva alternative. La sua supplica non aveva trovato terreno fertile. I due della polizia stettero là a guardarlo come se aspettassero qualcosa. La firma? Probabile. Una reazione diversa? Impossibile. Li guardò nuovamente e i due con il mento gli indicarono quel foglio. Mancava solamente un piccolo scarabocchio da parte del medico di turno. Ufficialmente, sarebbe dovuto risultare morto. Attese qualche altro secondo. Stava per poggiare la penna sulla carta. Come medico non avrebbe mai voluto trovarsi in quella situazione ma sembrava che fosse già stato tutto pianificato dall'alto.

    «Quindi, acqua in bocca su quello che è successo, non è vero? »

    I due annuirono, poi rivolsero i loro occhi inquisitori sull'infermiera.

    «Shina Mani, nata a Konoha 42 anni fa. Ha un marito che lavora nel commercio di tessuti e un figlio che vorrebbe il prossimo anno entrare nell'Accademia per diventare uno shinobi. Se sbaglio qualcosa, mi corregga per piacere. »

    Nei suoi occhi apparve il terrore. Come facevano a conoscere già così bene la sua identità? Erano passati solo trentasette minuti dalla telefonata alla polizia di Konoha e avevano già ottenuto tutte quelle informazioni? La sua voce era rotta, gli occhi gonfi di lacrime, si portò la mano alla bocca per fermare il pianto che le stava irrompendo nei suoi piccoli occhi neri.

    «N-non farete niente a loro, v-vero? »

    Aspettarono qualche secondo, come a creare suspance. L'infermiera penso che erano passate ore, ma in realtà solo qualche interminabile secondo.

    «Dipende tutto da te e da come ti comporti. Cosa è successo oggi a questo ragazzo?»

    La voce era fintamente tranquilla, come a volerla mettere a suo agio. Alle sue orecchie aveva un non so che di inquietante. Non c'era altra risposta. Doveva preservare la sua famiglia, non poteva permettere che accadesse qualcosa a suo marito e soprattutto al loro unico figlio. Anche se si sentiva la rabbia crescere, di come la polizia abbia i poteri di rovinare la loro vita, non poteva fare altro che seguire le loro indicazioni. L'orgoglio poteva anche essere messo da parte. Voleva semplicemente che tutta quella storia finisse al più presto.

    «H-ho sentito i macchinari suonare, un attacco di cuore. A-abbiamo provato a rianimarlo, ma è m-morto. Una morte naturale, naturale dico, giusto? »

    Sorrisero mostrando dei denti bianchissimi. Pronti ad azzannare la loro preda dopo averla messo all'angolo e intrappolata.

    «Bravissima. Meglio di quanto sperassimo, vero? »

    L'altro, che non aveva la minima intenzione di parlare, incrociò le braccia e rispose con un segno di assenso. Il piano stava andando proprio come avevano previsto. Mancava solamente da risolvere le ultime due quisquilie. Ormai medico ed infermiera erano alla loro mercé, il difficile era stato già portato a termine.

    «E per l'inserviente? Che diciamo alla famiglia? »

    Intelligente il medico, non se lo aspettavano. Aveva già capito che bisognava inventare una storia anche per lui. Però, era più facile del previsto pensarono. Il muto si avvicinò e gli presentò un nuovo foglio. Questa volta non era una cartella clinica, ma una semplice lettera. Rabbrividì anche a leggere quelle poche righe.



    Ormai è finita. Non mi sento più di vivere in questo mondo che mi sta tarpando le ali. Odio essere il custode dell'ospedale. Ho bisogno di fuggire. Chiedo scusa a voi, che mi siete stati sempre vicino ma ho bisogno di viaggiare e di sentirmi libero. Un giorno, forse, ci sentiremo.
    Vi amo.
    Il vostro Raro.



    Il medico gliela rese. Non capiva.

    «Non capisco. Spiegate, vi prego. Spiegatemi!»

    Era disperato. Non riusciva più a pensare. La testa gli scoppiava come non mai.

    «Facile, dici che l'hai trovata nel suo gabbiotto. Abbiamo falsificato già la firma. Magari se dici pure che gli prescrivevi qualche antidepressivo, sarebbe anche tutto più semplice. Che ne pensi Shina?»

    Lei sussultò.


    «Era disperato, mi aveva confessato che voleva scappare, voleva vedere il mondo! Proprio l'altro ieri me l'ha detto!»

    Scoppiò in un pianto dirotto.

    «Non ti preoccupare, ce ne ricorderemo. Sono sicuro che tuo figlio avrà ottime possibilità di diventare un ninja affermato, te lo garantiamo.»

    Sembrò calmarsi. Singhiozzò, ma le lacrime avevano già smesso di scendere. Aveva già capito che se si comportava come si deve, suo figlio
    ne avrebbe sicuramente guadagnato. Un'ottima mossa fare leva su ciò che si ha di più caro, vero?
    E adesso?

    «Sei un chirurgo vedo. Ora ti diciamo cosa fare. Sai, il prossimo anno verrà cambiato il direttivo amministrativo dell'ospedale. Candidati, avrai ottime chance.»

    Erano passati esattamente quarantasette minuti dall'inizio della crisi. Avevano già imposto la soluzione da adottare. L'unica possibile.

     
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  3. Jimmy the Reptile
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    ♣ Cos'è, cos'è...questa sensazione? ♣



    Avete presente quella strana sensazione?
    Quella sensazione che si ha quando la pelle sui polpastrelli è raggrinzita?
    Come dopo un bagno caldo!
    Decuplicatela ed otterrete la stessa sensazione che ho io in questo momento.
    A questa, aggiungete: caldo, sudore e uno strano senso di oppressione su tutto il corpo. Fatto? Bene!

    Potete ben capire che sensazione di merda.
    Adesso provate a spiegarmi il perché.

    Non il perché della mia sensazione, sia chiaro, ma il perché del mio essere conciato tipo una mummia dei deserti Sunesi e sopratutto...dove mi trovo?

    Mi sono sempre vantato di avere una memoria da elefante ma non credo di essere mai stato qui, anzi ne sono certo.
    Ok, poco importa, almeno il letto è comodo.

    Nella stanza non c'è nessuno, mi sento solo come un cane. Potrei abbaiare, ma non lo faccio. Però sarebbe divertente. L'arredatore d'interni è un cane, sembra quasi che io sia in ospedale. Magari lo sono davvero.

    È buio. Il buio mi fa paura, mi ricorda uno strano tipo: tutto nero. Odio le persone tutte nere, mi mettono ansia. Magari ce n'è uno sotto il letto...No, non c'è. Cazzo devo pisciare ma come faccio con tutte queste bende? Ehi ma quindi? Come mai ho le bende? Maledizione! Poco importa ho la vescica che sta per esplodere!

    Uh, che bel bagno pulito e bianco, tutto da imbrattare! Prima devo togliere le bende però! Allora vediamo...questa gira così...questa passa sotto...AH! Non ricordavo di averlo così lungo...a dire il vero non ricordavo neanche di averlo e...ora che ci penso...non ricordo nulla! Ci penserò dopo ora ho una missione centrare il cesso ad occhi chiusi! Ah dimenticavo che ne ho solo uno...ma aspetta allora qualcosa la ricordo! Fico!

    Ora sto meglio...le bende però continuano a darmi fastidio...mi serve luce! Ci sarà un interruttore da qualche parte no? Ah eccolo, perfetto!
    Che culo c'è anche uno specchio! Stanza di lusso, d'ospedale ma di lusso. Vediamo un po'...questa va sotto, questa sopra...oh finalmente la mia pelle prende aria...ehi aspetta ma...

    TU CHI SEI?

    Cado col culo per terra, emettendo un gemito molto poco virile; credo di essermi slogato un polso. Se anche voi aveste visto ciò che io ho visto riflesso nello specchio avreste avuto la mia stessa reazione. Se c'è qualcosa che odio più delle persone tutte nere sono le persone con gli occhi strani e, si, quella riflessa nello specchio ne aveva un paio a dir poco inquietanti; ne aveva due per di più. Cerco di rimettermi in piedi accusando di nuovo quella strana sensazione che mi aveva accompagnato al mio risveglio, nella parte addominale. Guardo in basso e poco sopra l'ombelico la pelle è scura e raggrinzita. Chissà cosa ho combinato alla festa in maschera perché, di sicuro per essere conciato come una mummia devo aver partecipato ad una festa! Seems logical, no?
    Mi avvicino allo specchi, cercando di non gemere come una femminuccia spaventata, per fare quattro chiacchiere con la mia immagine riflessa, mia per modo di dire.


    Non ricordavo di essere così...Fico però!
    Questi occhi rossi da dove son spuntati? Devo aver fumato troppo alla festa...Si, deve essere così!
    Ecco perché mi trovo in ospedale! Festa in maschera, alcool, fumo, rissa. Tutto spiegato...peccato che non ricordo nulla! Devo averci provato con la tipa del tipo sbagliato, come al solito...chissà se era una bella gnocca...ne sarà valsa la pena?

    Torno a letto, ho già fatto troppi sforzi per i miei gusti. Chissà se arriverà qualcuno, speriamo non la polizia, vorrebbe dire che sono in guai grossi. Non mi piacciono i guai, sono come le ciliege: una tira l'altra.

     
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  4. t1m0
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    Tutto era andato esattamente come previsto. Erano passati esattamente sei giorni dalla crisi e il problema si era tramutato in una ricca opportunità. Nella sala dei bottoni avevano monitorato costantemente le sue condizioni di salute. Rispondeva alle cure in maniera quasi sorprendente, non se lo sarebbero mai aspettato. E più la situazione migliorava, e più si rendevano conto che quella è stata la loro scelta vincente. Non potevano fare altrimenti, sarebbe stata semplicemente la rovina per tutti. Ma tutto questo aveva un costo, un banalissimo costo. Avevano sacrificato un bambino per un bene maggiore. In altre situazioni, sarebbe stato semplicemente un eroe, ma non in quell'occasione. Sarebbe stato dimenticato, avevano l'ordine di farlo. Loro avrebbero dimenticato l'accaduto ma non gli altri, Per gli altri, lui sarebbe stato esattamente lui, nessuno si sarebbe accorto di niente. E' stato un colpo di fortuna? Pensavano proprio di si. L'occasione che si era presentata era stata fin troppo ghiotta per non sfruttarla. Domande sulla morale, sulla famiglia, sull'etica, si certo, erano state fatte. Ma sul piatto della bilancia c'era due pesi fin troppo distanti tra loro e al bene di un anonimo giovane era contrapposta la salvezza di un'intera città. Lo scambio per un bagno di sangue. Ed ovviamente, la scelta è ricaduta sul male minore. Lo scambio. Nell'arco di sei giorni, il giovane si era completamente ristabilito. Era andato tutto secondo i piani. Il medico e l'infermiera non avevano parlato, anzi, erano stati più che disponibili - previa compenso - di accudire con maggiore solerzia il protetto. E sembrava addirittura fare affetto tant'è che al settimo giorno vennero contattati dal Dottor Ito dicendo che si era svegliato e che gli avevano dovuto iniettare della morfina per calmarlo.

    «Ora è calmo.»

    Il dottor Ito se ne andò dalla stanza e li lasciò soli con il paziente. Era diverso, ma aveva anche una faccia familiare, anche se ancora gonfia e sformata. Avevano proprio fatto un bel lavoretto. Presero la cartella clinica e controllarono se c'era qualche sbavatura, un qualcosa che avrebbero potuto impugnare e smascherare il tutto, come se a qualcuno importasse. Anzi, li avrebbero dovuti ringraziare per aver salvato la loro società dalla distruzione ma, si sa, qualche paladino della giustizia avrebbe cercato di scoprire la verità solo per quei cinque minuti di notorietà.
    Ma era tutto perfetto. Anche troppo. Nemmeno la madre l'avrebbe potuto riconoscere, o forse si.
    I suoi occhi cominciarono a vibrare. Si stava nuovamente svegliando.

    «Ben svegliato Uchiha, come ti senti? »


     
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  5. Jimmy the Reptile
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    Rebirth


    Who am I?



    I
    l ninja senza nome uscì dal bagno sbadigliando « Che noia... » brontolò « Quando mi porteranno il pranzo? » si domandò ascoltando il gorgogliare cupo del suo stomaco. Il ragazzo si avvicinò al letto, strinse il pallido lenzuolo con la mano, sollevandolo, e si lasciò cadere sul letto. Si grattò sopra l'orecchio e fissò lo sguardo all'esterno - Una bella giornata d'Autunno - pensò facendo perdere lo sguardo all'orizzonte. Si rigirò nel letto spigoloso molte volete per poi sedersi incrociando le gambe « AAAAAAAAH! » gemette afflitto « Possibile non ci sia NESSUNO? ». Il senza nome schizzò verso la porta, afferrò la gelida maniglia e strattonò con forza, poggiò il piede sullo stipite e tirò ancora la maniglia. La presa mancò e il senza nome cadde col culo per terra « Maledetta Porta! » ringhiò massaggiando i clutei con le mani. « AAAAAAAH! Te la faccio vedere io! » minacciò avvicinandosi di nuovo alla porta. La porta si aprì di scatto, colpì il senza nome che cadde a terra tenendosi il volto tra le mani. « AAAAAAAH! Che male che male che male!» gemette con le lacrime che solcavano il viso. Alzò lo sguardo, c'erano tre figure sull'uscio, con camici e mascherine: uno di loro teneva ben salda nella mano una siringa. Il volto del Senza Nome impallidì alla vista dell'ago, le gambe iniziarono a tremare facendo formicolare tutto il corpo. Paralizzato dalla paura il Senza Nome cadde a terra in un tonfo cupo. « Ca-ca-ca-calmiamoci ragazzi o-o-o-ok? » balbettò indietreggiando sul pavimento scivoloso « N-n-n-non volevo a-a-aggredire la si-signora Porta... ». Il presunto medico non rispose, si avvicinò lentamente al Senza Nome facendo fuoriuscire uno schizzo di liquido bianco dalla punta dell'ago « Vedrai non farà male... » lo rassicurò afferrandolo per un braccio; il Senza Nome, paralizzato e immobile, voltò la testa chiudendo gli occhi, sentì solo una puntura.




    S
    i alzò di scatto urlando. Afferrò il lenzuolo tergendosi il volto, il respiro affannoso lo faceva gonfiare come una vela al vento. « Che paura fottuta cazzo! » sussurrò « Odio questi stramaledetti incubi! ».
    Si alzò poggiando i piedi sul freddo pavimento, guardò fuori e afferrò il bicchiere dal comodino metallico. Bevve lasciando che l'acqua gli scivolasse sul collo, non beveva da giorni; posò il bicchiere e distese i muscoli alzando le braccia, si grattò il fondo schiena e lasciò cadere a terra il camice, facendolo scivolare lungo le braccia. « Un po' di libertà..Finalmente! » esclamò sorridendo. Lo stomaco brontolò cupo e il ragazzo ci poggiò le mani attutendo il rumore, non mangiava da giorni; si voltò verso la porta, poggiò i pugni sui fianchi e fissò la porta, le sopracciglia inarcate in un espressione seria e contrariata « Ho fame! » urlò « Portatemi del cibo, ora! » ordinò, la porta si apri stridendo. L'espressione del ragazzo mutò, stupita. Il Senza Nome fissò i due uomini alzando lo sguardo, le mani di uno erano strette su una cartella. « Ben svegliato Uchiha, come ti senti? » chiese con tono rassicurante. Completamente nudo il ragazzo li fissò sospettoso « Ho fame! » esclamò, lo stomaco brontolò nuovamente « Lo sentite? Ecco ve lo ha detto anche lui! » continuò indicando l'addome scolpito, la sua espressione cambiò di nuovo, si grattò il capo « Voi chi siete? » domandò confuso « E cos'è un Uchi-coso? Si mangia? » domandò di nuovo, in cuor suo sperava di si.



     
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  6. t1m0
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    Non aveva proprio capito la situazione. Uno stupido moccioso, anzi, solo stupido. Era normale dire di avere fame? Voleva prenderli in giro? Voleva mascherare la sua paura controattaccando da furbone? Anzi, che non sapesse chi fossero, forse quella era l'unica nota di verità che traspariva nel suo discorso da moccioso. Ancora non si era reso conto di niente, e questo poteva essere un vantaggio per loro. Se avessero toccato le corde giuste, sarebbero stati in grado di modellarlo secondo i loro gusti.

    «Credi di essere simpatico, bravo. Purtroppo niente che tu possa mangiare, è invece sinonimo di responsabilità. Lo sai, tua madre è tanto in pena per te, quella rara malattia al cuore che ti ha colpito l'ha tenuta all'ospedale giorno e notte. Non sei ansioso di rivedere tua madre e la tua famiglia, Uchiha? »

    Si avvicinò a lui l'altro energumeno dopo un segno di assenso con il compagno. Gli mise una mano al collo e cominciò a stringere con tutta la forza che possedeva. L'altra, invece, gli tappò la bocca cosicché eventuali urla non destassero sospetti nella struttura ospedaliera.

    «Fai vedere ai tuoi nuovi amichetti che sei un Uchiha, liberati dalla presa. Fa male vero? Allora sbrigati. Bastano pochi minuti e la tua preoccupazione non è mangiare, ma respirare. Ma sappiamo che un Uchiha del tuo calibro saprà come fare. Ah, mi raccomando. Tua madre e tuo fratello stanno arrivando in questo preciso istante, li hanno chiamati dicendo che è possibile venire a trovare il loro figlioccio. Prima di liberi, prima ti ricomponi, prima ti ricomponi, più domande ci puoi fare. Non hai scelta. O vuoi forse terminare senza alcuna ragione la tua giovane vita, piccolo Uchiha? Perché ci vuole poco per tagliarti il sottile filo che ti lega al mondo mortale, sai?»

     
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  7. Jimmy the Reptile
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    Uchi...What a F**ck!?



    Uchiha Uchiha Uchiha!
    Ma Uchiha cosa?

    Questo scherza o cosa? Continua a chiamarmi con un nomignolo strano. Non mi ha neanche portato il pranzo 'st' infame!

    Senti coso! Quello poco simpatico sei tu qui eh!
    Responsabilità cosa? Mamma chi? Aspetta...Malattia al cuore???
    NOOO! Sto morendo! Sto morendo!


    Cosa c'è voi non piangete mai? Io si e quando lo faccio lo faccio con classe!
    Qualcosa non torna, non ricordo di aver avuto mai una madre e una famiglia, non ricordo neanche di aver avuto una malattia al cuore. Non ricordo nulla, questo è il punto! Il più grosso si avvicina e mi afferra per il collo togliendomi il respiro, non riesco a respirare, l'altra mano mi tappa la bocca attutendo le mie urla di rabbia. L'altro inizia a parlare, mi sfida, mi minaccia, mi innervosisce. Cerco di liberarmi dalla presa divincolandomi e colpendo le enormi braccia dell'energumeno; sembra di colpire un muro di cemento armato. Voglio urlare, voglio scappare, voglio ucciderli. Gli occhi iniziano a bruciare, sarà l'effetto del soffocamento, è come se un vento gelido me li stesse congelando. Sento la testa dondolare, mi sento svenire, gli occhi si chiudono.

    Mo Bbasta!


    Parte un colpo, rapido e preciso.
    Vedo solo che l'energumeno retrocede tenendosi il braccio lamentandosi. Son riuscito a ferirlo, tagliandolo, ma come ho fatto se l'ho colpito a mani nude? Le mie dita si sono assottigliate, diventando scure, simili a coltelli, il mio braccio è mutato diventando sottile sull'avambraccio; cosa succede? Cosa vogliono questi stronzi da me e cosa mi hanno fatto?
    Guardo la mia immagine riflessa nello specchio, i miei occhi sono rosso acceso come quando mi sono svegliato la prima volta. Inquietante e allo stesso tempo soddisfacente.

    Chi siete?
    Cosa mi avete fatto?!


    Continuo ad essere nudo, fa freddo e sono veramente affamato.


     
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  8. t1m0
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    E chi l'avrebbe mai pensato che quel pivello sarebbe riuscito a tirare fuori di sè tutta quella forza? La sua provocazione era programmata per farlo implorare, per cercare di capire, voleva vederlo in ginocchio a chiedergli cosa era successo di lui, invece no. Aveva reagito, poteva essere una potenziale macchina assassina. E poi quegli occhi. Avevano colto nel segno. Era lui il portatore adatto. L'operazione perfetta, il corpo idem. Non potevano essere più felici di così. Iniziò a fare delle domande, sarebbe stato interessante spiegargli tutto quanto ma tempo al tempo. Doveva ancora cuocere nel suo brodo.
    Prese un fazzoletto e lo porse all'energumeno. Lui si pulì rapidamente del sangue e se lo avvolse attorno alla ferita sanguinolenta. Si misero a ridere e confabularono qualcosa, un "E' lui, senza alcun dubbio", ma difficilmente sarebbe stato in grado di sentirli parlare.

    «Diamo tempo al tempo. Diciamo che siamo i tuoi salvatori, ne convieni? Hai visto che potere ti ritrovi? Diciamo anche che siamo i tuoi creatori. Senza di noi, non saresti mai stato quello che sarai. Comprendi? Però peccato. Potevi sfruttare meglio questa situazione, potevi farci domande più precise, non dei semplici "chi siete" e "cosa mi avete fatto", dettate più dalla rabbia che dalla ragione. Ti basta sapere che siamo i tuoi salvatori, ricordatelo e che ti abbiamo reso un ottimo strumento. Capirai con il tempo, non avere fretta. Adesso ti lasciamo con tua madre, è arrivata. Noi ci incontriamo tra tre giorni negli uffici della polizia di Konoha, primo piano, ufficio 3B. Riguardati!»

    Se ne andarono così come erano venuti, se avesse provato a seguirli nel corridoio non li avrebbe visti. Erano come spariti, quasi volatilizzati. In compenso arrivò una donna sulla cinquantina, ben vestita ma dal viso incredibilmente stanco. Aveva con sé una scatola di cioccolatini e quando vide il ragazzo gli si fiondò al collo per abbracciarlo e baciarlo a più non posso.

    «Sei vivo! I dottori ci avevano detto che non c'erano speranze e il tuo cuore non era abbastanza forte per resistere all'intervento! Ed invece guarda quanto sei bello, come se non ti fosse successo niente! Ho già comprato tutti gli ingredienti per il tuo piatto preferito, il ramen di pesce, domani che torni a casa te ne meriti almeno 2 scodelle! E poi dieta, il dottore ha detto che devi stare a dieta che ti devi ancora riprendere! Allora, sei contento? eh eh ?»

    Sarebbe riuscito a mantenere la parte fino al giorno dell'appuntamento?
     
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