Dove portano i passi che facciamo

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    Dove portano i passi che facciamo

    The Casket Effect


    Perché queste situazioni capitano tutte me?!

    Era questo quel che pensava Daiki mentre camminava nervosamente per i corridoi dell'Amministrazione di Kiri diretto verso il suo piccolo ufficio. Era un uomo sulla quarantina, capelli brizzolati e un viso segnato da chi nella vita ha sicuramente lavorato molto e sodo. Dietro di lui lo seguiva Kenta, una figura tanto impacciata nei movimenti che sembrava poter cadere a terra da un momento all'altro solo compiendo un normale passo in avanti. Certamente la grossa pila di documenti e libri che portava in mano, quasi più alta di lui, non agevolava la sua arrotondata e goffa corporatura.
    Daiki era stato da poco assunto dall'amministrazione del Villaggio e, come da ogni rispettosa tradizione, quale ultimo arrivato, era diventato la valvola di sfogo di tutte le pratiche più fastidiose, tedianti o di scarso valore che potessero passare per gli uffici amministrativi.
    « Daikiii... Vai piano o aiutami a portare qualche fascicolo! » Sembrava che fosse la pila di libri stessa a parlare. Kenta era nell'Amministrazione da più tempo ma, complice anche della sua scarsa scaltrezza, era finito ben presto per diventare galoppino dell'ultimo arrivato, solo perché questo lo sembrava trattare con un pizzico di gentilezza in più dei suoi colleghi. Ovviamente quando quest'ultimo non era nervoso. « Ti sembra normale? E' questo il modo di comportarsi di una Amministrazione seria? Aprono la porta a qualsiasi vecchietta che ha subito un furto nel Villaggio oppure le selezionano attentamente? »
    Le domande, ovviamente, erano retoriche, Daiki conosceva benissimo quale era la situazione, ma Kenta non esitò un attimo a rispondere. « Daiki, dai! Sai bene che la signora Akiko era la moglie di un famosissimo Jonin del Villaggio! Deceduto come molti durante la Grande Guerra e, come se non bastasse, quella santa signora, che ha solo pochi ricordi del defunto marito, se li vede sottrarre in casa propria da un gruppo di ladruncoli senza rispetto! » Il rumore tonfo dei passi pesanti di Daiki si fece ancor più marcato. La situazione gli era già fin troppo chiara. I Consiglieri avevano accolto la richiesta della signora Akiko quasi come una remunerazione dei servizi resi dal marito al Villaggio. Alla vecchia signora era stato sottratto, oltre a beni di varia natura e un pò di ryo che teneva in casa per precauzione, un cofanetto che gli era stato regalato dal marito stesso, sigillato e mai aperto perché la chiave era andata perduta e la paura di poterlo rovinare era troppa anche solo per provare a forzarlo per Akiko. Fin qui la pratica sarebbe stata anche accettabile per Daiki. L'ordine era di scegliere due giovani studenti del villaggio e metterli alla ricerca di questo branco di ladri. Niente di troppo complicato. Il problema era venuto dopo.
    Insieme alla pratica del furto della signora Akiko gli vennero girate tutti i fascicoli dei furti avvenuti nelle ultime settimane nella zona nord-ovest dell'isola, quella dove abitava Akiko stessa - probabilmente frutto degli stessi individui - e ciò significava un numero infinito di ore di lavoro per la compilazione dei fascicoli e per rispondere alle richieste dei cittadini derubati. Sicuramente Daiki aveva ben ragion per essere nervoso, almeno quella volta.
    Arrivò davanti al suo ufficio, aprì la porta violentemente, e si catapultò all'interno, andandosi a sedere dietro la sua scrivania. Kenta, dietro di lui, si sbrigò a posare l'enorme pila sopra alla scrivania e si lasciò cadere su una delle due sedie davanti a Daiki. « Uff... Non mi sento più le braccia... »
    Daiki, come se non ci fosse, prese due fogli e incominciò a scrivere velocemente. In pochi minuti, una volta finito, li arrotolò e, una volta siglati i lembi, vi pose sopra il sigillo di Kiri. Poi, li passò entrambi a Kenta.
    « Portali a due studenti e lasciami solo ora, che ho un sacco di lavoro da fare. » Ancora sudato per la precedente fatica, il goffo impiegato rispose con aria sbalordita. « Ma... Ma Daiki, a chi li devo portare? » Secco. « Non mi interessa, fai te. » La bocca di Kenta continuava ad aprirsi come se non avesse una fine. « Ma... Scusami, non so proprio da dove iniziare! E poi perché li devo portare io? » Daiki incominciò a sbruffare pesantemente. « Sicuramente non ti fa male fare altra attività fisica, quindi non lamentarti e, anzi, ringraziami! » Si alzò di scatto dalla sedia, andò dall'altro lato del tavolo, prese Kenta da sotto le braccia e lo spinse fuori dalla porta. « Ora devo lavorare! A domani! E non far passare quei due studenti, chiunque essi siano, da me, visto che ho già scritto loro tutto quel che devono sapere! Verranno da me solo a lavoro compiuto! Arrivederci! » La porta sbatté violentemente, lasciando l'ingenuo impiegato solo nel corridoio.

    Prima di rientrare a casa, Kenta sarebbe andato a dare un'occhiata nei registri del Villaggio per trovare due studenti a cui avrebbe portato lui stesso la missiva. Questa conteneva, in breve, la vicenda del furto del cofanetto della signora Akiko, l'indirizzo della sua dimora e l'ordine, da parte dell'Amministrazione, di indagare sui colpevoli del furto, scovarli e riportare il cofanetto all'anziana signora. A ognuno dei due studenti avrebbe detto che la missione avrebbe avuto inizio da l'indomani mattina e che si sarebbero dovuti incontrare davanti alla casa di Akiko per le ore 09:00. Ognuno avrebbe saputo dell'altro solo il nome, che gli sarebbe stato riferito dall'impiegato stesso al momento della consegna dell'incarico.

    « Beh, per lo meno è una ragazza, speriamo almeno sia anche carina. » Non riuscii neanche a respirare dopo la frase che fui costretto ad evitare un amichevole pugno diretto verso la mia testa da parte di Ryo. « Vuoi essere serio, almeno per un momento?! Almeno per una volta nella tua vita?! » Mi allontanai velocemente da lui, con la missiva in mano, per la paura di eventuali altre rappresaglie contro la mia persona. « Dai che sto solo giocando, domani sarò efficientissimo! E, comunque, anche quando si scherza bisogna essere sempre seri! » La mattina seguente sarei stato, a mio modo, puntuale sul luogo programmato.

    ---


    La scelta, del tutto causale, del povero Kenta ricadde su Jukyu Shinretsu e Akira Hozuki, due giovani studenti di Kiri che, a prima vista, nulla avevano a che fare l'uno con l'altro, ma il passato e il futuro si intrecciano costantemente. Ed è proprio in questo modo che si forgiano i destini. Si dice, infatti, che il battito d'ali di una farfalla possa provocare un uragano nell'altra parte del mondo. Vediamo a cosa darà inizio un piccolo cofanetto.


    Giocata Free GdR tra -Max e me, gestita in modo sperimentale. Vediamo dove ci portano i post.



    Edited by H¡dan - 3/12/2014, 17:14
     
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    Dove portano i passi che facciamo

    The old lady's old memories



    Tre ragazzi, del quale il più anziano non poteva avere che quattordici anni, bazzicavano nei pressi del porto. Ognuno di loro portava un sacco e quando camminavano il clangore di oggetti metallici che cozzavano nelle tele si spargeva nell'aria e faceva girare i marinai. Uno di loro, un biondino con gli occhi castani dagli abiti consunti e con il viso di chi non aveva visto mai molto cibo nella vita si guardò sospettoso attorno e poi si rivolse agli altri due, parlando sottovoce Ehi, forse è meglio si uno di noi si ferma con i sacchi, stiamo attirando l'attenzione di mezzo porto non aveva tutti i torti Non uno, due. Hachi, resta con Tetsumaru e nascondetevi da qualche parte, io andrò a cercare un passaggio per andarcene a parlare era stato il secondo ragazzino, il più alto. Sembrava un ragazzo allampanato, dinoccolato e goffo come se stesse cercando ancora di abituarsi a quel corpo nuovo che l'adolescenza gli stava donando. Il terzo era basso, ma ben piazzato, con braccia forti persino per la sua età. Annuì semplicemente, senza dir nulla.



    I tre si nascosero in un vicolo ed aprirono poi una porticina di metallo che sapevano essere sempre aperta, entrando in una stanza abbandonata e fatiscente. Non era il massimo, ma lì sarebbero stati al sicuro per un po'. Il ragazzo alto pose delicatamente il sacco per terra e si rivolse ad Hachi Ho bisogno di un po' di Ryo disse. Hachi afferrò un sacchetto che teneva ben nascosto dentro i suoi vestiti sporchi e glie lo lanciò Fa attenzione Yukio, sono gli ultimi che ci rimangono. disse. yukio annuì, si voltò ed uscì, assicurandosi che la porta fosse ben chiusa. Una volta uscito Hachi prese un bastone di metallo tra i tanti gettati in quella stanza (che pareva più un deposito o meglio una discarica) e lo infilò nei buchi dei maniglioni della porta, sbarrandola.



    Yukio si fiondò nella folla, intimorito ma deciso. Era la loro occasione per fuggire e dovevano sfruttarla. Il giovane dunque percorse il primo molo e speranzoso s'avvicinò a quello che pareva un piccolo mercantile. Alcuni marinai portavano dentro grosse scatole e le loro braccia nerborute intimidirono il ragazzino. Una dolorosa stretta allo stomaco però gli ricordò di aver fame e che a Kiri non c'era più niente per loro. Scusi, vorrei parlare col capitano il marinaio rise senza divertimento Tutti vorremmo moccioso, smamma! e quello fu solo il primo di molti fallimenti di Yukio.





    Tornò alcune ore dopo, bussando alla porta di metallo per farsi aprire da Hachi e Tetsumaru. Aveva con se un piccolo sacchetto che conteneva un po' di cibo economico e qualche Ryo rimanente in tasca. Ho fatto bene, ho trovato un passaggio su un mercantile diretto a Kumo, lì potremo liberarci di questa roba e ricominciare una vita sembrava davvero eccitato Ho anche risparmiato qualche Ryo fece tintinnare le monete Tuttavia non partirà prima di tre giorni, ed i soldi son pochi, per cui facciamo attenzione va bene? Ah, dovremo lavorare a bordo, a quanto pare il capitano non ha ritenuto sufficienti cento Ryo a testa per il passaggio. Hachi sgranò gli occhi T...trecento Ryo? Yukio annuì Era l'unico Hachi. Dai mangiamo, tre giorni e saremo via da qui.





    Ero sul mio letto, immersa in un leggero sonno mattutino. Avevo sentito alcuni rumori di sotto, di sfuggita, ovattati dal sonno che ancora annebbiava la mia mente. Non udii per niente i passi di mia madre risalire le scale ma mi tirai giù dal letto quando bussò Entrà ma'... dissi interrompendo la mia frase con un lungo sbadiglio. Mia madre entrò. in mano aveva una lettera chiusa per me L'ha portata un impiegato dell'Amministrazione, è per te.



    Balzai in piedi ed afferrai la lettera, pentendomi subito dopo di essere stata così veloce. La pressione calò vistosamente e sentii la vista annebbiarsi per un lungo istante e mi dovetti risedere sul letto Oh cavolo... dissi scuotendo il capo. Mia madre si sedette sul letto al mio fianco Ti alzi troppo in fretta a volte, sei scattata... mi fissò attentamente, come se la mia faccia assonnata ed il mio pigiama spiegazzato potessero rivelarle qualcosa Sei cresciuta sai?



    La fissai un attimo stranita, senza capire che volesse dire. Mi baciò tra i capelli e si alzò, uscendo subito dalla sitanza. Non feci caso molto a quelle parole però, non mi sentivo cresciuta affatto. Aprii la lettera e ne lessi il contenuto, quindi sprofondai ancora una volta nel letto. Nana entrò subito dopo in camera mia, come al solito senza bussare, fiondandosi sul mio letto con la grazia di un elefante Domani usciamo nee-chan? mi chiese allora, sedendosi poi a gambe incrociate. Mi sedetti difronte a lei e scossi il capo Ti concedo il pomeriggio Nana, domani ho una missione.





    La mattina dopo ero davanti l'Amministrazione, puntualissima e leggermente nervosa. Entrai, sentendomi spaesata ed intimorita (poiché non ero mai riuscita ad entrarci). Mi guardai attorno alla ricerca di un'altra persona che potesse essere quello che cercavo ma lì, nella sala d'ingresso, c'erano molte persone. Nemmeno un minuto dal mio arrivo però arrivò un ragazzo che sembrava essere un ninja. Aveva una sacca porta oggetti e non pareva conciato come chi invece passava la sua vita in ufficio. Doveva essere lui, dopotutto. Mi avvicinai al giovane Akira Hozuki? dissi, insicura. Potevo sbagliarmi, dopotutto.



    I ladruncoli sono poveri orfanelli affamati :sob:
    Lascio ad Hidan l'incontro con l'impiegato nervosetto che ha già interpretato :guru:
     
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    Dove portano i passi che facciamo

    Un brusco risveglio


    Brutto modo per iniziare la giornata.
    Non che gli altri risvegli fossero piacevoli, d'altronde non dormivo neanche molto, però essere preso nel bel mezzo del sonno da Ryo che cercava di soffocarmi e tenermi incollato a letto con un braccio, mentre con l'altro mi colpiva il costato, poteva essere facilmente considerato un brusco risveglio. « Ora ti ho preso, dannato che non sei altro! La pagherai per quel che hai detto ieri sera davanti a un impiegato dell'Amministrazione! Mi fai fare sempre figure barbine! » Non riuscendo a rispondere, incominciai a dimenarmi cercando di liberarmi dalla presa, scalciando e tirando gomitate. Dopo quasi un minuto di colluttazione si decise a lasciarmi respirare. « Anf... Anf... Tu sei proprio pazzo... Anf... » Mi mancava ancora il respiro e la lucidità per dire qualcosa di più articolato, ed offensivo.
    Adesso Ryo si era rialzato e stava uscendo dalla mia stanza. « Volevo solo ricordarti che hai un appuntamento stamattina, vedi di non fare tardi. » Era ormai arrivato sull'uscio quando si bloccò. « Ah, fammi sapere se stai via più di qualche giorno. Io te l'ho detto, ma tanto so già che non lo farai... E per una volta passa ad onorare la memoria dei tuoi genitori... Buona fortuna. » Disse, mentre già lo sentivo scendere dalle scale ed uscire da casa. Rimasi sdraiato sul letto, ancora un po’ stordito dall'alzataccia.
    Passa la maggior parte del tempo a picchiarmi, o a tentare di farlo, eppure, dopo quasi 10 anni, si preoccupa ancora per me... Non l'avrebbe mai ammesso, questo è certo, però sapevo che era così. Da dopo la Grande Guerra era stata la persona più vicina ad un padre che avessi avuto; non che mi ricordassi bene mio padre, né mia madre, però ricordo bene come ci si sentiva ad essere amati, protetti. Alzai la schiena dal letto, incominciando a strofinarmi gli occhi.
    Magari quando rientro da questa missione faccio un salto dai miei. Nessuna tomba, niente a cui rendere onore o presenziare. Solo una piccola stanzetta in un edificio ai margini del quartiere Hozuki, dove erano custodite le fotografie di tutti i ninja scomparsi nella Guerra. Un luogo pieno di brutti ricordi e un forte odore di incenso, forse era proprio questo il motivo per cui non andavo mai. I corpi dei miei genitori non erano mai stati riportati a Kiri, o meglio, nessuno sapeva proprio dove fossero morti, cosa fosse successo, se qualcuno fosse sopravvissuto. Quei pensieri non mi avevano quasi mai sfiorato e non sapevo perché proprio quella mattina mi fossero venuti; io preferivo vivere, nella speranza di poterli onorare così.
    Ora basta con questi pensieri però. Se arrivo in ritardo stamattina, Ryo mi strozza sul serio. Pensai, mentre saltavo giù dal letto.

    [...]


    z6ooNnk
    Arrivai, più o meno, puntuale dinanzi all’Amministrazione. L’edifico, sebbene fosse molto presto, brulicava già di moltissima gente, tutti intenti a fare qualcosa di diverso dall’altro. O almeno facevano di tutto per dare questa impressione all’esterno. Superai il portone e incominciai a guardarmi attorno, quasi spaesato nel constatare di quante lavorassero in quel posto. Il mio ingresso non era però passato a tutti inosservato.
    « Akira Hozuki? » Mi voltai verso l’origine della voce, che si rivelò essere una ragazza di massimo 16 anni, capelli e occhi corvini e un’espressione insicura sul volto. « In tutto il suo splendore. » Risposi sorridendo e allungando la mano per stringergliela. « E tu devi essere Jukyu, giusto? Piacere di conoscerti. Mi stavi aspettando da tanto? Per una volta pensavo di essere stato puntuale… » A questo seguì un attimo di silenzio, dopo del quale ripresi. « Direi di interrompere qui, per adesso, le presentazioni, tanto penso proprio che dovremmo passare diverso tempo assieme. Vediamo un attimo di trovare il tizio che ha chiesto di noi. Aspetta qui un attimo. » Presi dalla tasca la missiva che mi era stata portata la sera prima e fermai il primo impiegato che mi passò vicino, chiedendogli dove fosse l’ufficio di un certo “Daiki”, mostrandogli la firma. Sezione Affari Interni, ufficio 8. Una volta ringraziato mi riavvicinai a Jukyu.
    « Perfetto, andiamo a vedere bene di che si tratta. » Esclamai mentre incominciai a dirigermi verso un corridoio in fondo alla sala.

    2... 4…6… Eccolo qui! « Ci siamo! » Bussai alla porta.
    « Avanti! » Dalla voce sembrava essere una persona abbastanza burbera. Aprii la porta e mostrando solo il viso mi rivolsi al signore dietro la scrivania. « Mi scusi, è lei il signor Daiki? » L’uomo brizzolato posò sulla scrivania un foglio che stava leggendo e mi guardò. « Non ditemi che siete i due studenti… » Abbassò la testa e andò con le dita della mano destra a spremersi le meningi, chiudendo gli occhi. « Entrate pure, sedetevi e mettetevi comodi… » Feci cenno a Jukyu di entrare con la testa, quindi mi andai a sedere in una delle due sedie dinanzi alla scrivania nel piccolo ufficio. Il tavolo era letteralmente stracolmo di fogli e fascicoli accatastati gli uni sugli altri. « Salve, sono Aki… » Fui fermato da un suo gesto della mano. « Attendete solo un attimo… » Due piccoli colpi di tosse.
    « KENTAAAAAAAA! » Un fulmine a ciel sereno sembrava avesse colpito l’intero palazzo. Dall'ufficio accanto sembrava quasi che un uomo fosse caduto dalla sedia, poi un rumore di passi che correvano e si fermavano dinanzi alla porta. Un uomo paffuto sporse il viso dall'uscio. « Mi hai chiamato, Daiki? » Sembrava stesse parlando con il suo boia. « TI AVEVO DETTO ESPRESSAMENTE DI NON FARLI VENIRE DA ME! TI SEI PER CASO SCORDATO DI UNA COSA TANTO SEMPLICE!? » Kenta sembrava terrorizzato. « Ehm… Forse… Ma com… » Daiki prese un portacenere dalla scrivania e con un gesto fulmineo glielo tirò contro. Solo una inaspettata dose di riflessi salvò Kenta da dei punti di sutura in fronte, questo riuscì infatti a richiudere appena in tempo la porta dell’ufficio. « SPARISCI IMMEDIATAMENTE! » Non ci fu risposta, ma il rumore dei passi che si allontanavano in fretta e furia erano molti più eloquenti di qualsiasi altra parola. L’impiegato, ormai paonazzo in volto, cercò di calmarsi facendo profondi respiri.

    Ancora non so come feci quella volta, ma riuscii a trattenermi dallo scoppiare al ridere. Forse per istinto di sopravvivenza. Con il volto cercai lo sguardo di Jukyu, per vedere la sua reazione alla scena a cui avevamo assistito. Aspettai quindi qualche minuto nel silenzio più totale, finché decisi di riprendere parola. « Ehm… Mi scusi, noi saremmo venuti qui per un motivo ben preciso… » L’uomo rialzò la testa. « So bene perché siete qui, vi ho mandato a chiamare io, dopotutto. Voglio essere subito molto diretto con voi: non ho tempo da perdere. Non so cosa vi abbia riferito quel cretino del mio collega, ma voi non dovreste essere nemmeno qui. Tutto ciò che dovevate sapere, è scritto nella lettera che vi ho fatto recapitare. Ma, visto che probabilmente sono l’unico sano di mente in questo corridoio, ve lo ripeto. La signora Akiko ha denunciato il furto di un cofanetto, appartenente al suo defunto marito, un ex ninja del Villaggio. Voi dovete semplicemente recuperare quel cofanetto e, possibilmente, acciuffare i ladri e consegnarli a noi. Non mi sembra qualcosa di troppo difficile o complicato. Adesso vi chiederei, gentilmente, di andarvene. Come vedete ho un mucchio di lavoro da fare, e poco tempo per parlare. L’indirizzo della signora Akiko è sulla lettera. Signori. » Si alzò in piedi. « E’ stato un piacere »
    Guarda te questo pezzo di… Mi alzai subito dopo di lui, prendendo Jukyu sotto un braccio. « E’ stato un vero piacere, la ingrazio per la cordialità e l’ospitalità! » Dissi in tono sarcastico, mentre trascinavo la ragazza fuori dall'ufficio. I prepotenti mi facevano innervosire, ma se mi fossi messo a discutere con quello sarebbe andata solo peggio. Una volta fuori dall'ufficio mi rivolsi a Jukyu. « Un bel pezzo di stronzo, non trovi? Se non ce ne andavamo al più presto, temevo di poterlo incominciare a picchiare da un momento all'altro, comunque… » Presi la missiva, cercando l’indirizzo della signora Akiko. « Non è molto distante da qui, incominciamo ad avviarci? »

    […]


    Una volta fuori dall'ufficio, respirai a pieni polmoni, volgendo il volto al sole. « Non mi è mai piaciuto stare troppo tempo al chiuso, preferisco a dir lunga passare il tempo all'aria aperta. Insomma… Che mi dici di te? » Nel frattempo, avrei incominciato a camminare.

    […]


    Dopo circa 30 minuti di cammino arrivammo dinanzi alla casa della signora Akiko. Questa era una piccola abitazione a due piani che faceva angolo con due strade poco affollate. Erano per lo più tutte vecchie abitazioni costruite nelle vicinanze del porto per i pescatori, quindi durante il giorno non ci passava quasi mai nessuno.
    Mi fermai davanti alla porta. « Eccoci qui... Per prima cosa vediamo di fare qualche domanda alla signora. Magari ci sa dare qualche informazione per poter incominciare. Forse ha visto qualcuno di sospetto o sentito qualche voce quando gli sono entrati questi ladri in casa. Ti avverto però, se è una vecchia bisbetica, ci parli te! » Quindi, bussai.



    Alla vecchia ci pensi te :guru:


    Edited by H¡dan - 4/12/2014, 17:20
     
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    Dove portano i passi che facciamo

    Quel covo di pazzi chiamato Kiri





    No. Seriamente. Splendido non lo era per niente. La mia reazione a quelle parole fu la scomparsa istantanea di qualsiasi traccia di insicurezza ed un sopracciglio che sarcasticamente si alzò. Ma durò solo un attimo quella mia naturale reazione a chi con tutta quella modestia si credeva avvolto nello splendore della sua bellezza ed optai per una dimostrazione di simpatia - che per inteso non mi andavano molto a genio, ma le sopportavo con più garbo - e riposi brevemente Ero appena arrivata dissi senza troppi giri di parole, senza dirgli di non preoccuparsi. Tanto sicuramente non lo stava facendo.



    Lo seguii e dopo un po' di girovagare ci ritrovammo nell'ufficio di un uomo burbero che bistrattava un altro pover'uomo (che mi fece un po' pena) solo perché avevamo osato presentarci da lui per capire che fare. Rimasi in silenzio a braccia conserte, lasciando che il fiume di parole e di invettive verso noi, il collega e tutto il resto del mondo, destandomi solo quando parlò della missione. Al che fu ben felice di assecondare le sue parole e smammare da quel luogo Insopportabile bastardo dissi tra i denti non appena uscita da quell'ufficio, piano ma abbastanza forte affinché Akira potesse udire quell'insulto rivolto verso il maleducato impiegato Le troppe scartoffie devono avergli fuso il cervello dissi leggendolo brevemente sulla missiva registrando mentalmente l'indirizzo. Quartiere povero, quella vedova non doveva avere così tanti soldi. Perché avevano rubato allora?





    Nemmeno a dirlo. La sua abitazione era più bella di quelle circostanti, ma non così grande. Probabilmente era ciò che aveva tirato su con il marito, più evidentemente un qualche sussidio per le vedove degli eroi di guerra a consentire alla anziana vedova di tenersi quella casetta tranquilla, di molto migliore rispetto ad altre catapecchie che si ostinavano a rimanere in piedi con assoluta caparbietà. Sì, direi proprio che dobbiamo fargliele le domande... e perché devo parlarci io se è una vecchia bisbetica? dissi a metà tra l'affranto e l'ironico Non potresti farlo tu, con tutto il tuo splendore? l'ultima leggera frecciatina era abbastanza gratuita, ma dubitavo si sarebbe offeso, sopratutto perché spontaneamente sorrisi divertita dalle mie stesse parole. Quella sua presentazione così appariscente gli sarebbe costata battute da lì all'eternità, quindi si sicuro fino alla fine di quella missione.



    Dopo pochi secondi la porta fu aperta da un'anziana signora. Aveva gli occhi rossi, come se avesse appena finito di piangere ed indossava un vestito nero che copriva il corpo prominente sebbene avvizzito dal tempo. I capelli erano ormai ingrigiti ma tenuti ben acconciati ed emanava un profumo dolciastro tipico degli anziani benestanti che si profumavano fin troppo quasi a ricordare tempi in cui, da giovani, farsi belli aveva molto più senso che in quel momento. Signora Akiko? Siamo Jukyu Shinretsu e Akira Hozuki, siamo stati mandati a cercare di recuperare gli oggetti che le sono stati rubati a quelle parole il volto dell'anziana parve ringiovanire di vent'anni per poi rabbuiarsi di nuovo Prego, prego, entrate! Accomodatevi, prego prego! ci permise di entrare e ci fece accomodare in salotto, su due morbide e vecchie poltrone di velluto rosso. Cercai un attimo le parole giuste poi iniziai Allora signora... innanzitutto, ho letto dalla lettera che le sono state rubate diversi oggetti. Argenteria, Ryo circa quattrocento, alcuni gioielli, una scatola... fui interrotta La scatola! Il resto sono solo oggetti, ma la scatola è ciò che rivoglio. E' tutto ciò che mi resta del mio defunto marito, il mio caro, amato Akimaru. Mi ricordo ancora quando me l'affidò, era così spaventato! Mi disse chiaramente "Conservala ma non aprirla finché non ti sembrerà giusto farlo". Sembrava tenerci così tanto i suoi occhi si riempirono di lacrime Credevo... che il momento giusto... sarebbe arrivato con lui... ma un mese dopo è... morto.. le lacrime ormai scorrevano senza freni ed il fazzoletto faceva ben poco effetto Così non l'ho mai aperta... scusate... che spettacolo pietoso sto offrendo.



    Sorrisi e sfiorai inconsciamente la sciarpa rossa che portavo al collo No, la capisco signora, davvero dissi cercando di sembrare rassicurante. Lei dovette cogliere almeno la buona volontà perché parve calmarsi e ricomporsi. Bene, quindi il cofanetto ha la priorità. Ha dei sospetti su chi possa esser stato? Vecchi nemici di suo marito o nemici suoi? la signora scosse il capo in chiaro segno di diniego No, nessun nemico del quale sia a conoscenza. Devo dire che poi non si sono comportati da ladri professionisti. Sono entrati dalla finestra che avevo lasciato aperta, hanno messo a soqquadro casa e sono fuggiti... hanno preso un sacco di roba insomma disse ed annuii Quindi cercavano solo oggetti di valore ed infatti solo quelli sono stati portati via. Quindi si tratta di ladruncoli normali. Nessun sospetto? Nessuna voce? Nessuna richiesta di riscatto? Forse... un sospetto si schiarì la voce Ho sentito al mercato del pesce diversi pescherecci che si lamentano. Insomma, piccole somme di Ryo che spariscono, talvolta mercanzia... poco per volta. E poi credo due settimane fa c'è stato un tentativo di furto a pochi isolati da qui, il signor Uzuka ha scoperto un individuo entrato in casa, ma questo è scappato subito gettandosi dalla finestra... mi aveva suggerito di sbarrare le finestre quel caro signore, ma non gli avevo dato ascolto... arrossì, come se si sentisse a disagio nel dire ciò che stava per dire Vedere.. è un po'... paranoico... e dal tono usato ebbi la certezza che ci saremmo trovati di fronte la persona più paranoica di quella terra.



    In ogni caso, il racconto della signora non aveva tolto molti dubbi, ma ci aveva dato alcune piste su cui indagare Bene. Un'ultima cosa, ha trovato nulla di insolito? Magari qualcosa lasciato dai ladri! ma ancora una volta la signora scosse il capo Oh mia cara, davvero nulla! Hanno solo portato via il mio cuore quei disgraziati!





    Ci congedammo dalla signora ed una volta per strada incrociai le braccia, riflettendo sul da farsi Dovremmo andare a trovare il signor Uzuki, non credi? Potrebbe dirci qualcosa di più, forse è una banda che ruba negli appartamenti o forse è la stessa persona che ha cambiato preda dopo che Uzuki ha sbarrato le finestre. Tu che dici? Il mercato del pesce mi sembra una pista debole, preferisco il pazzo paranoico...



    :guru: a te, arricchisci il racconto come preferisci, Uzuki è solo pranoico, non ho detto/deciso altro.
     
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    Dove portano i passi che facciamo

    Paranoid


    L'ironia non era il suo forte. O, quantomeno, non sembrava averla presa con lo spirito giusto.
    Un cambio radicale nell'espressione e un sopracciglio alzato mi mostrarono come Jukyo non fosse d'accordo con me per quanto riguarda il mio splendore. Poco male, avrebbe avuto tempo di ricredersi, pensai. « Sono felice di non averti fatto aspettare. Comunque stavo solo scherzando, eh! Non sono solito all'autocompiacimento, di solito ci pensano gli altri... » Un attimo di pausa solo per vedere la reazione nel viso della ragazza. « Dai, sto giocando! Dopo la tua precedente reazione non mi azzarderei a dire una cosa del genere neanche se fosse la verità... » Oppure sì?

    [...]


    « Se ci parlassi io potrei finire per farla innamorare di nuovo, dopo tanti anni di grigia solitudine... Non possiamo correre questo rischio! » Le prima impressioni sono dure a morire. Mai cosa fu più vera. Ma speravo sinceramente che quella sarebbe sparita il più velocemente possibile. Di solito ero io quello che lanciava frecciatine, non il contrario. Sorrisi divertito alla sua battuta; perlomeno aveva un bel caratterino, tanto di cappello. Non mi sarei arreso così facilmente comunque. « Ci parli te così siamo sicuri che si senta a suo agio, facile no? » Questa volta il sopracciglio alzato fu il mio, insieme alla frecciatina. Uno a uno, palla al centro.

    Non andai troppo lontano dalla realtà con la mia immaginazione. La vecchia signora era ormai sul tracollo emotivo, e noi eravamo tutto ciò che poteva riportare qualche sorriso e un pò di bei ricordi in quella spenta dimora. La scatola era l'oggetto principale del contenzioso. Il vecchio marito gliela aveva affidata ed era morto prima ancora di dirgli quando aprirla. Il resto non sembrava importare poi molto alla signora Akiko.
    Per fortuna che ho detto a Jukyu di parlarci... Di tatto mai avuto, neanche in tenera età. Non avrei fatto altro che peggiorare la situazione trasformandola in un vero e proprio melodramma. Jukyu, con calma, riuscì ad ottenere qualche buona pista: una portava al mercato del pesce, l'altra a casa di un'altra vittima. Paranoica, disse la signora. Un pazzoide, pensai. Per il resto nessun nemico, niente indizi, niente di niente.
    « Grazie mille Signora, faremo di tutto per ritrovare il suo cofanetto. » Se non è stato già venduto, impegnato, distrutto o barattato. Ma questo lo omisi dal discorso.

    Usciti nuovamente in strada Jukyu propose di andare a verificare a casa di Uzuki se questo avesse qualche informazione un pò più dettagliata. « Pensavo la stessa cosa. Tra l'altro andare a beccare dei ladri al mercato del pesce senza informazioni equivarrebbe ad andare a trovare un ago in un pagliaio. Andata per il pazzo paranoico! Magari non sarà così male come sembra! » O addirittura potrebbe essere ancora peggio...

    [...]


    La casa di Uzuki era a pochissimi minuti di distanza dalla casa di Akiko, e condivideva con questa il fatto di essere la più grande del quartiere. Con la sola differenza che sembrava essere un piccolo fortino. Spalancai gli occhi, quasi incredulo alla vista di quella casa. Tutte le finestre erano state letteralmente sostituite da travi di legno permanenti, il portone di casa era stato blindato artigianalmente con lastre di ferro e piombo e, sopra il piccolo muretto che delimitava un piccolo giardino interno, era stato disposto del filo spinato. Come se non bastasse, appeso ad una colonna all'entrata, un enorme cartello recitava: "NO VISITATORI, NO VENDITORI AMBULANTI, NO OSPITI". « Ehm... Vai avanti te, non vorrei che avesse minato il sentiero fino al portone... » Esclamai, ancora incredulo. « Se vuoi siamo ancora in tempo per fare un salto al mercato del pesce... » Attesi una sua risposta, ma ormai la curiosità di che razza di pazzo avrei trovato all'interno aveva già spazzato via ogni dubbio dalla mia testa. « Dai, andiamo. »
    Giunti dinanzi alla porta, provai a bussare sbattendo il pugno sul portone. Un rumore metallico, come qualcosa che cadeva a terra, provenne da dentro la casa. Poi più nulla. Riprovai a bussare, questa volta più forte. Ancora nulla.
    « Signor Uzuki?! C'è qualcuno in casa?! » Urlai, mentre continuavo a sbattere il pugno contro il portone. « Abbiamo sentito dei rumori! Sappiamo che è lì! » Continuai, finchè non sentii nuovamente un rumore di passi. « Non avete letto il cartello?! NO VENDITORI AMBULANTI! » O santo cielo... Guardai Jukyu sconsolato, quindi ripresi. « Signor Uzuki mi chiamo Akira Hozuki, e qui con me c'è Jukyu Shinretsu! Siamo ninja mandati dall'Amministrazione per investigare sui furti! Vorremmo farle delle domande! » Un attimo di silenzio, quindi, dalla sommità del portone, si aprì quello che era un vero e proprio spioncino da posto di guardia. « Ehm... Avete dei documenti che attestino le vostre identità? » Dopo di quello mi spazientii definitivamente. « Facciamo che se non ci apre subito questo portone glielo butto giù, che ne dice? » La paura lo assalì, ma almeno ottenni l'effetto voluto. « V... Va bene... A-a-aspettate solo un attimo... » Incrociai le braccia e dissi a bassa voce, quasi per giustificarmi con Jukyu. « Altrimenti perdevamo tutta la mattina... »

    Trick... Track... Ting.... Scrash.... Ting...
    Una infinità serie di rumori metallici di serrature, lucchetti e chissà quante altre diavolerie vennero azionate da dietro la porta. Dopo quasi un minuto, il pesante portone si aprì. Dietro di questo apparve un uomo sulla cinquantina con una folta barba bianca, una pentola d'acciaio sulla testa con un filo che la teneva ben aderente al capo, due cuscini, uno avanti e l'altro dietro alla parte superiore del corpo, tenuti stretti a questo tramite due fili di corda di canapa, quasi a fungere da armatura, e un mattarello in mano. La bocca si spalancò quasi in automatico, e rimasi lì fisso, incapace di proferir parola e indeciso se chiamare un centro di recupero per malati mentali o scoppiare a ridere, mentre l'uomo nervosamente metteva fuori la testa dall'uscio e controllava a destra e sinistra, in cerca di non si sa ben cosa.
    « Veloci! Entrate... Potrebbero vederci! » Come? « Scusi, chi ci potrebbe vedere? » Mi raggiunse un'occhiataccia. « A dopo le spiegazioni, veloci ho detto! » L'uomo rientrò frettolosamente, attendendo me e Jukyu. Ormai arreso all'idea di dover combattere con uno squilibrato, mi decisi ad entrare. Dietro di me, il pesante portone si richiuse con l'uguale numero di infiniti giri, rigiri e mandate di serrature.
    « Possiamo andare a parlare in salotto, lì è sicuro. » Evitai di commentare e seguii Uzuki che ci fece accomodare in salotto. Notai un enorme numero di pentole a terra, probabilmente era la causa del rumore sentito dopo che bussai la prima volta. Dentro la casa, quasi completamente spoglia, trionfava un forte odore di chiuso e umido. Preferii chiedere da quanto tempo non apriva le finestre per far circolare l'aria. Una volta che ci fummo seduti su un lungo e logoro divano verde scuro, ripresi da dove avevamo finito. « Signor Uzuki, di chi ha paura? » Con un repentino cambio di direzione, questo si avvicinò ad una delle finestre sprangate, controllando tra le millimetriche fessure. « LORO... I tre demoni ladri... Sono sempre in agguato, sono sempre desti... Vogliono finire quello che hanno incominciato ma io no... Io non glielo permetterò! » Poggiai il viso sulla mano destra. Quella discussione mi avrebbe messo duramente alla prova. « I ladri... I tre ladri, ne è sicuro? Sono tre? » Ripresi, cercando di raddrizzare la chiacchierata. « S-Sì! S-Sono tre! Le ho contate, le ho contate le impronte io! Piccole impronte sul pavimento... Sono veloci, agili, e lasciano macchie nere sul loro passaggio. Come la CENERE! Direttamente dall'i-inferno! Era stato Yasuo il pescatore a dirmelo per primo... Cibo e ryo che sparivano, mano a mano sempre di più! Sempre più avidi! Ma non l'hanno trovato, non hanno trovato il luogo dove tengo i miei tesori, quindi ritorneranno! Bisogna fare sempre molta attenzione! » L'uomo distolse gli occhi dalla finestra. « E' stata la signora Akiko a mandarvi, vero? Io, io glielo avevo detto... Ma nessuno da mai retta al vecchio Uzuki... Io ho girato, che ne sanno loro di quanti soldi ho fatto nella mia vita e di quante persone vorrebbero impadronirsene! Ma nossignore, nessuno ci riuscirà finché io sarò in vita! » E mentre pronunciava quelle parole dimenava fendenti nell'aria con il mattarello, come se stesse combattendo contro un nemico immaginario. Mi avvicinai a Jukyo e sottovoce le dissi. « Filiamocela... » Mi alzai dal divano, provocando un balzo all'indietro del signor Uzuki. Misi entrambe le mani in avanti, come per calmarlo. « La ringrazio signor Uzuki, lei continui a fare pure la... La... Guardia ai suoi tesori! Noi penseremo a catturare i ladri... Va bene? Non vorremmo disturbarla ancora più di quanto già abbiamo fatto... » Presi per mano Jukyo e uscimmo di casa, non prima di aver aspettato nuovamente la lunga procedura d'apertura della porta.

    [...]


    Mentre ancora si potevano sentire i rumori di ingranaggi che tornavano a chiudere il portone, tornammo in strada. Appena superato il confine della proprietà, cacciai fuori tutti i sentimenti e le emozioni contrastanti accumulate fino a quel momento in una fragorosa risata. « Santo cielo! Ma l'hai visto?! Questa giornata non me la dimentico proprio più! Altro che paranoico, quello è pazzo da legare! » Cercai di riprendermi, colto anche da dei colpi di tosse. « C-comunque... Nella sua follia, ci ha dato qualche informazione utile. I ladri sono almeno tre, e probabilmente sono di bassa statura. Bambini, forse. Per le impronte nere non so cosa possa intendere, forse del fango sotto le scarpe ma non ne sono sicuro... Cenere e fango sono facilmente distinguibili anche per un matto, d'altronde... Tu che ne pensi? » Avrei ascoltato cosa pensasse Jukyu, quindi continuai. « Adesso abbiamo anche un contatto quantomeno al mercato del pesce. Dobbiamo cercare Yasuo, giusto? Vediamo se questo ci sa dire qualcosa di più sulla questione... » Vediamo se troverò una persona sana di mente prima che si faccia sera.



    Edited by H¡dan - 9/12/2014, 10:20
     
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  6. Jukyu Nara
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    Dove portano i passi che facciamo

    Quando la guerra porta via tutto



    L'impressione che avevo avuto quando la signora Akiko aveva parlato del signor Uzuki mi aveva fatto capire che la realtà era ben peggiore delle parole. Era sempre così: quando una donna utilizzava un aggettivo per descrivere qualcuno e contemporaneamente abbassava la voce, distoglieva lo sguardo e pareva vergognarsi era perché l'aggettivo descriveva solo superficialmente il carattere dell'altro. Paranoico, nel caso specifico, era solo descrivere la scorza, come grattare la superficie di un vulcano e dire che era fatto di pietra senza rendersi conto che il problema è l'enorme cuore di lava pronto ad esplodere. Il signor Uzuki era pazzo da legare. La paranoia, evidentemente, era uno dei numerosi sintomi che alludevano alla sua incipiente schizofrenia.



    Quando ci trovammo dinanzi la casa Akira parve quasi farsi indietro, dicendomi di andare avanti casomai avesse minato il percorso. Il che non sembrava così strano dopotutto La cavalleria è morta dissi facendo un passo alle spalle di Akira, per poi poggiare entrambe le mani sulla sua schiena e dargli una decisa spinta in avanti, un poco sottile incoraggiamento a procedere prima lui. Per fortuna però che il vialetto non era minato, ma il portone era una mostruosità di metallo che non saremmo mai riusciti a buttar giù... ed infatti Akira (a seguito delle reticenze di Uzuki ad aprire la porta) minacciò di sfondarlo. Mentre il paranoico si dava da fare tra catene, lucchetti e serratura non riuscii a trattenere un mezzo sorriso per la minaccia Oh, ma sono d'accordo con te abbassai la voce, se avesse sentito cosa stavo per dire Uzuki avrebbe sbarrato ancora il portone Ma sono certa che anche insieme io e te dubito che riusciremmo a muovere questa porta, ma ben fatto aggiunsi cercando di non ridere per l'assurdità della situazione.



    Una volta dentro la situazione passò dal surreale al grottesco. L'uomo soffriva di paranoie evidentemente patologiche, non c'era altra spiegazione. Parlava dei ladri come se fossero demoni, e riteneva di avere una grande ricchezza nascosta, che evidentemente sperperava in sistemi di difesa per impedire che i ladri rubassero il suo tesoro. Però ottenemmo alcune informazioni utili (quella volta lasciai parlare Akira, ben attenta a star zitta per non indispettire l'uomo pazzo) e lui riuscì a farsi dire che i ladri erano tre, di piccola statura e un tale Yasuo aveva parlato di piccoli furti, alimentando la malata fantasia dell'uomo. Inaspettatamente akira mi prese per mano e mi sentii trascinare via da lì e sicuramente non opposi resistenza. Alla fine ero arrivato davanti alla porta prima di lui!



    Una volta fuori l'aria sembrava inaspettatamente fresca, come se in quella casa tutto fosse vecchio, stantio e pesante. Sbarrare le finestre non doveva essere stata una grande idea dopotutto. In più di un'occasione avrei voluto dire qualcosa per rassicurare Uzuki, dirgli che avremmo preso i ladri ma ogni volta arrivavo all'inevitabile conclusione che era inutile. Non sarebbero stato le parole di una ragazzina a guarire un pazzo scriteriato con evidenti problemi che richiedevano cure specialistiche. Ma le informazioni ottenute era utili. Bé, lui ha visto nero, forse era semplicemente sporco sì. La situazione non sembra essere così complicata, evidentemente sono ladruncoli di appartamento probabilmente ragazzini... un pensiero mi martellò la testa e non riuscii a trattenerlo Probabilmente qualche orfano, uno dei molti di dopo la guerra lasciati senza nulla a vivere per la strada, però... hanno rubato merce di valore, quindi dovrebbero conoscere qualche ricettatore no? Se andassero a cercare di vendere i gioielli della signora Akiko in un negozio di Kiri potrebbero essere scoperti... per cui non so, ti immagini orfani affamati che trattano con loschi ricettatori? la gente a cui la guerra aveva portato via tutto. Anche Akira doveva saperlo,probabilmente tutti a Kiri sapevano dell'esistenza di molti orfani che vivevano di espedienti e dei quali il Villaggio sembrava ignorare l'esistenza. Dopotutto può essere logico, magari avevano bisogno di soldi e sono andati nella casa del più ricco del quartiere e non sono riusciti a portare a termine il furto. Avrebbero ritentato, se non fosse che Uzuki ha sbarrato tutte le finestre rendendo la sua casa anche la sua tomba, così hanno cambiato obiettivo e sono andati a fare una visita dalla signora Akiko lineare e semplice, tutti sarebbero giunti a quelle conclusioni E questo spiegherebbe anche i Ryo ed i pesci rubati al porto... Sì, andiamo lì, questo Yasuo al porto, magari sa qualcosa O forse abbiamo preso un abbaglio ed i furti sono scollegati.





    Trovare Yasuo non fu difficile. Bastò qualche domanda e fummo indirizzati su una barca ancorata e ben legata al molo, sul quale era possibile salire a piacimento. Yasuo aveva trasformato la sua barca in una pescheria e sul ponte c'erano molti banchetti pieni di pesce poggiato su gelido ghiaccio. C'era un uomo basso e tarchiato, con la pelle consumava dal vento, che parlava con delle clienti ed un alto che con gesti rapidi della mano manipolava l'acqua di mare per poi ghiacciarla in un bacile di legno... era voltato ed appena riuscii a scorgere il viso lo riconobbi. Zio Suiyo! dissi sorpresa.





    L'uomo, con i capelli neri, la pelle diafana ma il naso rosso, mi guardò per un attimo e sorrise Jukyu-chan! O sei Nana? mi avvicinai a lui, afferrando una mano di Akira Sono Jukyu, vecchio ubriacone, non mi riconosci nemmeno? Non che sia facile, sei sempre stata identica a tua sorella! AHAHAHAHAH scoppiò in una grassa risata. Dal tono incerto e dalla zaffa alcolica che ci investì capii subito che Suiyo aveva bevuto. Quel vizio non l'avrebbe mai perso, di questo ne ero certa. Zio Suiyo, lui è Akira Hozuki, siamo qui in missione per il Villaggio. Akira, lui è... bé, un caro vecchio amico dei miei genitori. Hic! singhizzò Quindi anche tu una Kunochi? Oh immagino tua madre non sia affatto contenta Per niente... ma che ci fai qui? chiesi, incuriosita Io? Oh arrotondo fabbricando ghiaccio per Yasuo, così mantiene i pesci freschi. Mi paga esattamente la metà di quanto spenderebbe a comprare ghiaccio e mantenerlo per tutto il giorno, vecchio tirchio AHAHAHAHAHA!



    Rideva sempre lo Zio Suiyo, ma ero dispiaciuta per lui. Era un uomo buono, buonissimo. Aveva aiutato molto la mamma quando ebbe problemi con la sua Kekkei Genkai ed anche dopo, dopo la scomparsa di mio padre. Una volta, quando avevo circa nove anni, chiesi alla mamma perché non sposava lo Zio Suiyo e lei disse che per quanto Suiyo fosse gentile aveva una sua famiglia e lei amava ancora mio padre. Mamma era sempre convinta che sarebbe tornato. Lo era da dieci anni. Ma nel mentre il vizio di bere di Suiyo aveva preso il sopravvento sulla sua carriera da ninja. Non era benvisto al clan proprio per questo. Dimmi tutto Jukyu-chan! Hic! mi voltai verso Yasuo che sbrigava ancora energici affari con le clienti Eravamo qui per parlare con Yasuo, ma nel mentre posso chiedere qualcosa anche a te. Stiamo investigando su un furto avvenuto in casa della signora Akiko Cara signora! Ecco sì, lei ci ha detto che Uzuki aveva subito un tentativo di furto, siamo andati lì... Siete andati da Uzuki! AHAHAHAHAH Lasciamo perdere dissi sospirando Dicevo, siamo andati da Uzuki che ci ha detto che Yasuo aveva subito dei furti. Tu ne sai qualcosa?



    Suiyo annuì vigorosamente, sedendosi sul suo sgabello per assumere una posa melodrammatica. Aveva le gambe aperte ed entrambe le mani poggiate sulle ginocchia, il busto sporgeva verso di noi ed il viso aveva assunto un'espressione misteriosa Oh sì che ne so qualcosa bambina mia! Bé, questa storia va avanti da un po' diciamo, credo sei mesi, non di più. Quando qui vendiamo viene sempre tanta gente ed ogni tanto notiamo che spariscono qualche banconota, poche, dalla cassetta dei soldi, solo che non abbiamo mai beccato nessuno. Ci sono ragazzini che vengono a fare elemosina eh, ma Yasuo li scaccia sempre, quel tirchio maledetto sputò fuori dalla barca Lavoro per lui solo perché è l'unico che si è messo in testa di vendere roba sulla sua barca sulla quale non si può far arrivare un freezer per il ghiaccio. Tutti gli altri gli danno sempre qualcosina a quei ragazzetti in difficoltà. Anche io, ammetto, gli ho allungato qualche Ryo o qualche pesciolino di nascosto da Yasuo. Comunque, da circa sei mesi molti sono spariti, è stato aperto quell'orfanotrofio finalmente! Ma proprio quando sono spariti, sono iniziati i furti, bah, che cosa strana... e lo era. Perché i furti era iniziati quando non c'era più bisogno di rubare per vivere per i bambini? Evidentemente c'eravamo fatti un'idea sbagliata sulla natura dei furti degli appartamenti o al mercato del pesce. I secondi erano sempre furti per sopravvivere, i primi sembravano furti per arricchirsi velocemente. Eppure andavano sempre avanti, ugualmente. Grazie Zio Suiyo, adesso parleremo anche con Yasuo. E certo che ogni tanto puoi farti vedere, sono... Quattro anni, hic! Tranquilla bambina, starò bene, non voglio che questo vecchio ubriacone giri troppo intorno a voi e vostra madre, che esempio, AHAHAHAHAHAHAH eppure, quell'ultima risata sembrava davvero triste.



    Feci cenno ad Akira di allontanarsi e guardai la fila delle clieni che non accennava a diminuire Che sorpresa rivederlo qui dissi una volta allontanatami da Suiyo. Anche la chiacchierata con lui era stata istruttiva alla fine, anche se mi aveva lasciato addosso un po' di amarezza per il suo destino. Ma vedi tu, siamo l'autorità oggi, e dobbiamo fare la fila? dissi irritata vedendo una grossa signora che sembrava voler comprare tutto il pesce del banchetto. Mi spostai dalla coda corsi verso il banchetto e con un unico rapido balzo lo saltai,a spettando che Akira mi seguisse Ehi ma che c... Yasuo-san, siamo ninja del villaggio per investigare sui furti negli appartamenti e dobbiamo farle qualche domanda. dissi E non sapevate fare la fila? rispose irritanto, mentre anche le clienti sembravano voler iniziare a protestare La fila? Perché crede che abbia tempo da perdere? Avanti, qualche domanda e può tornare a vendere tutto il pesce che vuole. non attesi una risposta, lo incalzai immediatamente Abbiamo parlato con il signor Uzuki riguardo un tentato furto nel suo appartamento e lui ci ha detto che lei aveva lamentato alcuni furti ai suoi danni, di piccola entità. Cosa sa dirmi a tal proposito?



    L'uomo pareva alquanto confuso dall'essere interrogato in quel modo da una ragazzina, ma dopo un po', sospettoso, parlò Oh bé, sei mesi che mi fregano mo dieci, mo venti, mo cinquanta Ryo, mo un pescespada, mo due orate! Proprio quando quei luridi orfani avevano smesso di chiedere cibo e grana, che andassero a lavorare quelli sfaticati che io mi son fatto da solo! O comunque, dicevo, sìì, ecco, da sei mesi che qui mi fottono questo e quello e così decido di mettere un bel lucchettone grosso così alla cassa dei soldi e di inchiodarla al ponte. Non è sparito nemmeno più un centesimo! Quando esattamente ha messo il lucchetto? Ed ha sospetti su chi possa essere? Embò, circa... che saranno... Due settimane fa, vecchio rimbambito, e poi sono io l'ubriaco! Suiyo venne in soccorso in lontananza. Stava scoltando tutto, sebbene con disinteresse. Epporta rispetto per chi ti fa mangiare! Bah, quel tizio lì, ubriacone. Comunque sì, circa due settimane. E non so chi è stato che sennò gli stacco la testa con queste mani mie qua! e mostrò le enormi mani callose. Lo guardai freddamente, freddamente lo ringraziai ed aspettare che Akira facesse eventuali domande. Una volta finito andammo via e scendemmo dalla barca. Yasuo non mi piaceva, per niente un po'.



    Una volta per strada mi sedetti sul primo muretto basso che trovai che separava l'acqua dalla strada, riflettendo sulle nuove informazioni ottenute Qui prima pullulava di orfani, ma hanno aperto un orfanotrofio sei mesi fa. Da quando è stato aperto, sono iniziati i furti. Da quando Yasuo ha messo il lucchetto hanno iniziato a rubare in appartamento. Ah diavolo, che caos! mi misi le mani tra i capelli. Non ero brava in quelle cose! Forse all'orfanotrofio sanno dirci qualcosa. Prima non c'erano furti, dopo sì, deve centrare qualcosa, per forza... che dici?



    La trama si infittisce *O*/. Cosa centra l'orfanotrofio? Boh, vedi tu x'D!
     
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    Dove portano i passi che facciamo

    Passo dopo passo


    La cavalleria sarà anche morta. Ma le ragazze non erano sicuramente più quelle di un tempo.

    z6ooNnk
    Neanche il tempo di continuare la frase che Jukyu mi spinse da dietro, gettandomi letteralmente nel vialetto con una forza che ben poco si confaceva ad una signora, o signorina che dir si voglia. Probabilmente era quella di una kunoichi. « Deduco ancora una volta che l'ironia non è il tuo forte! » Dissi, cercando di mantenere l'equilibrio per non cascare in avanti. « Stavo appunto per andare avanti, ma grazie comunque per la spintarella. » Mi soffermai volontariamente sull'ultima parola, con un sorriso in volto. Sicuramente più d'accordo ci trovammo riguardo al portone. Questa volta sembrai suscitare simpatia nella ragazza, che non riuscì a trattenere un mezzo sorriso dopo la mia minaccia. « Già... Probabilmente ci saremmo ridotti a sfondare una finestra estraendo i chiodi con i kunai... Ma meglio così, sembra che abbia funzionato. Grazie comunque per la tua approvazione. » Risposi a bassa voce. Il pazzo era ormai in agguato appena dietro la porta.

    Una volta usciti dalla casa del signor Uzuki, Jukyu si disse d'accordo con me. « Guarda, non saprei dire neanche che aspetto abbia un ricettatore. Anzi, sinceramente non ho idea nemmeno di come trovarlo un ricettatore. Non posso immaginare come lo abbiano trovato tre ragazzini... Cercheremo di scoprirlo, anche perché tutto il resto torna, più o meno, e signor Uzuki a parte. » Triste realtà.

    [...]


    La nostra ricerca si trasformo alla fine in una riunione familiare. Trovato il peschereccio-pescheria di Yasuo, una bella barchetta ormeggiata al molo, Jukyu riconobbe come suo zio un uomo che ero intento a trasformare l'acqua in cubetti di ghiaccio. Jukyu mi prese per mano e si avvicinò all'uomo, chiamandolo zio Suiyo e presentandomi a lui. « Piacere, Akira Hozuki! » Esclamai, porgendogli la mano. In pochi scambi di battute riuscì a rendere più chiara la situazione. Il nuovo orfanotrofio, più che risolvere problemi, sembrava averne creati. La cosa mi sembrò abbastanza sospetta, ma preferii - per una volta - non dire nulla a riguardo. Loro ne sapevano comunque quanto me.

    Una volta allontanati da Suiyo aspettammo qualche minuto lo scorrere della fila per poter parlare con Yasuo, che era indaffarato nel contrattare con i clienti. La pazienza, ancora una volta, non sembrò appartenere a Jukyu. « Addirittura le autorità? Ci sopravvaluti! Ci hanno messo a inseguire dei ragazzini a cui piace sgattaiolare nelle case per giocare a fare i ladri! » Dissi divertito, prima che questa saltasse oltre il banco. « Ma che diavolo di fretta hai?! » Esclamai divertito, superando a mia volta la fila. Prima di saltare mi girai verso i clienti e, accompagnato da un accenno di inchino come scusante, esclamai. « Scusate tutti! Abbiamo un pò di fretta, siamo dei ninja del Villaggio. Ci metteremo pochissimo. » Cercai quantomeno di salvare la faccia dagli sguardi irritati delle persone lì intorno, quindi seguii Jukyu saltando oltre il banco.
    Niente di troppo importante. Qualche furto sporadico finché non decise di mettere un lucchetto alla sua cassetta. Probabilmente era un'ulteriore prova che gli artefici dei furti erano dei ragazzini, non dotati di nessuna attrezzatura particolare da scasso. Ci poteva pensare prima... Questo qui ne sa meno di noi. Decisi quindi di non fare domande e, una volta ringraziato, mi allontanai con Jukyu.

    Arrivati nuovamente in strada Jukyu si sedette su un muretto basso lì vicino, mettendosi le mani tra i capelli, quasi per la disperazione di chi stava girando da un pazzo all'altro dalla mattina senza raggiungere mai uno spiraglio che facesse intravedere la soluzione dell'enigma. « Sicuramente c'è un collegamento... » Con la mano destra gli arruffai amichevolmente i capelli. « Secondo me non è stato del tutto inutile venire qui. Sebbene non capisco il collegamento tra l'apertura dell'orfanotrofio e l'inizio dei furti, probabilmente la teoria dei ragazzini è ancora più accreditata di quanto lo era prima. Quel che rubavano a Yasuo non bastava più e una volta che questo ha messo un lucchetto era diventato anche impossibile farlo per loro, quindi si sono dati all'effrazione di abitazioni... » Smisi di arruffare i suoi capelli e incominciai ad arricciare il mio ciuffo albino. « Mah... Non so che dire neanche io sinceramente! Vediamo di andare a vedere quest'orfanotrofio... » L'idea non mi entusiasmava, e si sarebbe potuto visibilmente vedere dalla mia espressione. Praticamente c'ero passato anche io, seppur in maniera molto marginale, e non avevo tanta voglia di doverci passare un'altra volta, seppur in un luogo diverso e, soprattutto, con un ruolo molto differente.
    Cosa non si fa per il bene del Villaggio...

    [...]


    Il posto era molto vicino al molo e non fu difficile trovarlo. Tutti gli abitanti della zona sapevano della nuova apertura di quella struttura, e chi più chi meno, sembravano esserne tutti contenti. Dalla voci di chi interrogai sulla questione, e anche da Yasuo stesso, sembrava proprio che quella zona del porto, prima, era un vero e proprio luogo di raccolta per tutti gli innumerevoli orfani di Kiri. L'orfanotrofio, quindi, sembrò aver dato un futuro migliore a quei ragazzini, quantomeno togliendoli dalla strada. Il posto, però, sembrava tutto meno che accogliente.
    Un enorme edificio di cemento che si sviluppava in altezza, di un colore grigio scuro, si stagliava tra tutte le piccole e basse case di legno della zona. Sembrava avere almeno cinque o sei piani, e tutte le finestre, comprese quelle al primo piano, erano dotate di grate. L'ingresso era costituito da un grosso portone in legno, rialzato leggermente dal terreno con due scalini che portavano ad esso. « Non un bel posto dove far crescere dei bambini... » Mi rivolsi a Jukyu, stranamente con un'espressione seria e sobria. « Immagino sia comunque meglio della strada. Proviamo a bussare. »

    La porta si aprì poco dopo, rivelando la figura di una signora che sembrava aver ormai superato i cinquanta anni, con i lunghi capelli grigi raccolti e un paio di occhiali leggeri sul volto. Presi l'iniziativa. « Salve signora, mi chiamo Akira Hozuki e lei è Jukyu Shinretsu. Siamo dei ninja del Villaggio, stiamo investigando sui furti che sono avvenuti negli ultimi mesi e vorremo parlare con chi gestisce questo orfanotrofio. Possiamo entrare? » La signora parve un attimo essere colta di sorpresa, ma poco dopo rinvenne in se stessa. « Oh... Certo, certo... Entrate pure... » Si fece da parte, lasciando libero l'ingresso, richiudendolo una volta che fummo entrati entrambi. « Prego, da questa parte. » Ci fece accomodare in una stanzetta sulla sinistra in prossimità del portone, in una sorta di sala da attesa, provvista di qualche sedia, un paio di tavolini, qualche quadro spoglio e una piccola stufa. « Mi chiamo Fumiko, e gestisco questo posto insieme a mio marito. Adesso lo vado a chiamare, aspettate qui un attimo. » Chiuse la porta dietro di lei, lasciando soli me e Jukyu nella stanza. « Pss... » Cercai di richiamare l'attenzione di Jukyu. « Come ti sembra? A me non piace per niente... » Neanche il tempo di finire la frase a bassa voce, che la porta si riaprì mostrandoci un uomo leggermente più giovane dell'altra, con pochi capelli tirati all'indietro e con una camicia azzurra vissuta infilata nei pantaloni, in modo da mettere ancora più in mostra la pancia gonfia. Questo si avvicinò prima a me e poi a Jukyu, allungando la mano e presentandosi. « Salve, sono Kamuro. » Finite le presentazioni, si rivolse alla moglie. « Vai pure cara, qui ci penso io. » E la donna lasciò la stanza senza aggiungere altro. Una volta che fummo soli, continuò. « Ragazzi, o meglio, Signori, come posso aiutarvi? » Risposi immediatamente. « Signor Kamuro, volevamo farle qualche domanda. Ci risulta un aumento di furti nella zona da quando è stato aperto questo orfanotrofio e ci chiedevamo se magari avevate qualche notizia da darci, qualcosa che potrebbe esserci d'aiuto per trovare i responsabili. Veramente, qualsiasi cosa. » Il mio sguardo era fisso nei suoi occhi. Ormai avevo deciso che quel posto non mi piaceva. I suoi gestori non potevano essere da meno. « Guardate, non so che dirvi in realtà. Dopo il problema che abbiamo avuto all'inizio qui è andato sempre tutto bene... » Lo interruppi. « Che genere di problema? » Kamuro sospirò profondamente, poi continuò. « C'è stata la scomparsa di 3 orfani, dopo appena un mese. Probabilmente sono fuggiti. I loro nomi erano Testumaru, Yukyo ed Hachi. Andavano sempre in giro insieme, e un bel giorno sono scomparsi nel nulla. Abbiamo provato a cercarli, in verità li stiamo cercando tutt'ora, però sono come spariti. Non ho idea di dove possano essere andati, veramente. » Incrociai le braccia. « Scomparsi, dice... Da sei mesi, praticamente, giusto? » I conti tornavano. Del motivo neanche l'ombra, ancora. « Esattamente. Per il resto non saprei che dirvi, io e mia moglie mandiamo avanti questo posto ma è difficile... Pochi finanziamenti, tanti ragazzi bisognosi, un sacco di spese... » Annuii debolmente. « Certo, capisco... Le posso chiedere di parlare con qualche altro ragazzo? Magari era amico dei tre scomparsi, potrebbe avere delle informazioni importanti. » Kamuro sembrò incominciare ad innervosirsi. « Mi dispiace, ma non potete. Almeno, non ora. I ragazzi stanno riposando e non possono essere disturbati. E poi già ci abbiamo provato, nessuno dice niente. Se non avete altre domande, dovrei tornare ai miei affari... » Aspettai eventuali interventi di Jukyu, quindi continuai. « Certo, la capisco. Immagino quanto possa essere difficile mandare avanti questo posto. Ci dovrebbero essere più persone come lei... » Un attimo di silenzio. « Jukyu, andiamo... » Attesi lei, e poi tornammo sulla strada, accompagnati questa volta da Kamuro fino al portone, dove ci salutò freddamente.

    Feci qualche passo, allontanandomi dall'edificio, quindi incominciai a parlare a bassa voce. « Quello e sua moglie mi puzzano. Non so perché, non so se c'entra qualcosa con i furti, ma non ci hanno detto tutto. Si sono innervositi troppo, soprattutto lui quando ho chiesto di parlare con qualche orfano. » Mi voltai, guardando l'edificio. « Finita questa storia voglio tornare qui e vedere cosa nascondono quei due... Per adesso, abbiamo tre nomi. E' un passo avanti. »



    Edited by H¡dan - 13/12/2014, 09:35
     
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    Dove portano i passi che facciamo

    La dura vita di Hachi, Yukio e Tetsumaru




    Akira, per lo meno, parve essere rassicurante sul possibile collegamento tra l'orfanotrofio ed i furti. Non che avessimo in mano molto: supposizioni, solo supposizioni, e non ero quel genere di persona. Non amavo rincorrere i fatti, mi piaceva prenderli a pugni. Akira mi scompigliò i capelli ed io quasi non caddi all'indietro, tenendomi con entrambe le mani sulla sbarra di metallo che mi sosteneva Ah, fermo, che già senza capelli in disordine mia sorella mi dice che somiglio ad un ragazzo! dissi cercando di risistemarmi mentre, con un colpo di reni, mi rialzavo. A dire il vero ci volle ben poco per ridare forma alla mia capigliatura, che per inciso, era la meno ricercata possibile.




    Il mondo senza colori era un posto orribile. Dentro di me, vedendo l'orfanotrofio che si stagliava pensai subito che qualcosa doveva aver risucchiato i colori, il calore e la felicità da quel luogo. Sembrava tutto così morto da mettermi i brividi. L'edificio in cemento era grigio, circondato da un prato verde e ben curato ma sotto l'imponente mole di pietra monocromatica che lo dominava sembrava stranamente desaturato di qualsiasi traccia di verde. Sembrava di essere appena entrati in un incubo. Già commentai in risposta alla sua considerazione sul fatto che crescere lì poteva essere orrendo Ma almeno non devono elemosinare cibo ed in quel momento mi sentii fortunata. Molto fortunata.



    Già..
    touka



    Spesso ero cupa pensando al fatto che non vedevo mio padre da anni, eppure non ero mai stata sola. La guerra mi aveva tolto solo mio padre, ma avevo sempre avuto la mamma e Nana al mio fianco. Avevo sempre avuto un pasto caldo tre volte al giorno e non ero mai stata costretta a patire il freddo (a parte quando mia madre, infuriata, non mi congelava un po' di acqua dietro il collo). Furono tutti quei pensieri ad incupirmi ed a spegnere ogni mia voglia di fare conversazione. Ma non ci fu molta occasione per notare il mio cambiamento d'umore: ben presto bussammo al portone e ad aprirci fu una signora di mezza età dai modi gentili, che tutto sommato si dimostrò disponibile a parlare con noi e chiamò suo marito il quale, con gentilezza, rispose alle domande e finalmente ci rivelò qualcosa!



    Sei mesi prima, con tempistiche che coincidevano con quanto supposto prima al porto, erano fuggiti tre ragazzini. Che fossero loro i responsabili dei furti? Era ancora presto per dirlo, ma il fatto che i principali sospettati avessero finalmente un nome rendeva la ricerca più incoraggiante e forse vicina alla sua lieta conclusione. Akira voleva vedere i ragazzi, il nostro ospite però insistette che stavano riposando e non potevano essere disturbati. Aggrottai le sopracciglia ed il tono usato da Akira al momento dei saluti mi confermò che anche a lui quella scusa sembrava abbastanza ridicola. Era mattino inoltrato, i bambini dovevano essere a scuola oppure a giocare... non a riposare. Salutai rispettosamente l'uomo e la donna ed uscii con Akira. Non appena misi piede fuori da quel posto mi parve di ricominciare a respirare, una sensazione simile a quella prova a casa del signor Uzuki, ma anche differente.



    Non c'era niente di grottesco in quell'orfanotrofio ma solo la schiacciante sensazione di una notevole trsitezza che impregnava persino i muri. Si abbiamo tre nomi... e nessun posto dove cercarli. Però sono tornati a vivere dov'erano prima di essere portati in orfanotrofio, lì forse hanno rubacchiato qualcosa. Dopotutto il porto deve essere come casa loro mi voltai a fissare la cupa struttura Non trovi strano anche tu che siano fuggiti? Insomma, se abbiamo ragione stanno vivendo di espedienti, mentre per quanto triste fosse questo posto hanno comunque un tetto sulla testa. Hai ragione sai? C'è qualcosa di strano in questo posto... mi sfiorai la spalla sinistra con la mano destra, come se colta da un freddo improvviso È.. inquietante mi voltai a fissare nuovamente la strada davanti a noi, pensando alla prossima mossa. Se i tre erano al porto ed avevamo i loro nomi, era al porto che dovevamo tornare a cercarli. Andiamo al porto, adesso che sappiamo come si chiamano forse qualcuno si ricorderà di loro con più facilità. Tre bambini, sporchi, che si chiamano Yukio, Tetsumaru e Hachi... è impossibile non ricordarli.





    [Al porto, nel frattempo]

    Un uomo adulto, con la testa coperta da un cappuccio bussò con energia nel rifugio dei tre. Orecchi fini avrebbero potuto udire rumori di passi veloci e un osservatore particolarmente attento avrebbe potuto notare una finestrella laterale che si apriva appena ed un'occhio che ne spuntava per controllare chi fosse. L'uomo bussò ancora, con più forza, Aprite mocciosi, o butto giù la porta! minacciò e dopo pochi secondi si udì il rumore di sbarre di metallo che venivano sfilate dai maniglioni e la porta cigolante che si apriva.



    L'uomo fece un passo dentro il piccolo tugurio ed il cappuccio nascose il suo naso che si arricciava Che puzza di merda, mocciosi. Allora, avete quanto richiesto? chiese. Hachi, il biondino magro che sembrava essere anche il leader del gruppo annuì facendosi avanti. In mano aveva un sacco dei tre e lo porse all'uomo il quale lo afferrò con una mano e poi lo posò a terra aprendolo. Dentro c'erano diversi gioielli ed oggetti di valore che l'uomo passò in rassegna con occhio analitico. Ed una scatola. E questa cosa che cazzo è? l'uomo la sbattè con forza per terra ma la scatola non si aprì. La pestò, ma non successe niente. La osservò meglio e notò come quel cofanetto non avesse una serratura, ma il coperchio era chiuso da una forza misteriosa. Toh, Fuinjutsu! Chissà cosa sta. Buon lavoro mocciosi merdosi, avete ripagato un decimo del vostro debito. Avanti mollate anche gli altri sacchi. Ma ad Hachi qualcosa non andava bene. Fece un passo avanti, con un pugno chiuso e gli occhi quasi in lacrime. Un decimo? Ci saranno migliaia di Ryo di roba lì dentro! Fottiti bastardo, con te abbiamo chiuso! urlò Hachi e quello sfogo suscito uno scoppio di ilarità nel losco figuro. Ma questo, Hachi, non lo prese affatto bene. Con tutto il poco peso del suo corpo scattò con il pugno alzato cercando di colpire l'uomo il quale per niente intimorito schivò il colpo colpendolo al ventre con un calcio. Subito dopo un secondo calcio colpì Hachi al viso, mandandolo a rotolare contro il muro. L'uomo prese quel sacco e gli altri due, caricandoseli in spalla, mentre Yukio e Tetsumaru correvano a soccorrere l'amico. Avete deciso di venire a rubare nel posto sbagliato, ragazzino. Non siamo pescatori da quattro soldi. Datevi da fare se non volete che vi accada di peggio.



    L'uomo uscì, lasciando i tre ragazzini da soli. Hachi si rialzò, furioso e sbatté un pugno a terra. Sta calmo Hachi disse Yukio all'amico Tra poco saremo lontani di qui, non dovremo più preoccuparci di loro... Yukio lo aiutò ad alzarsi Avanti usciamo di qui...





    Mentre i tre però uscivano io ad Akira giungevamo al porto, carichi di novità e dei tre nomi così preziosi. Chiederei a qualcuno più gentile di Yasuo, qualcuno con cui quei tre hanno fraternizzato... tipo... mi guardai attorno e notai tra i molteplici banchetti una signora dalle braccia grosse ed il ventre abbondante ed il suo povero e smilzo marito che vendevano pesce. Sembrava affabile, molto più affabile di quindici Yasuo messi assieme Lì, ho una buona sensazione! dissi indicando il banchetto.



    Così mi avvicinai al banco che vendeva pesce fresco appena pescato e la prima cosa che feci fu chiedere informazioni, prima che la donna - con buon naso per gli affari - potesse iniziare a tempestarmi con le proprietà del suo ottimo pesce per cercare di vendermelo. Salve, siamo ninja in missione per conto del Villaggio,s tiamo indagando sui furti degli appartamenti... la signora però era distratta: un altra cliente le aveva chiesto il prezzo dell'orata rossa, per cui praticamente metà delle mie parole erano andate al vento. Oh scusa, dimmi, dimmi... Dicevo, siamo stati mandati dal villaggio per...Oi, signora Hyokiri, a quanto vanno le alici?Trenta Ryo al chilo! O scusami cara, dimmi dimmi...Sì... siamo stati mand...Sono freschi questi gamberi?Non ne troverà di migliori!Ehi Hyokiri, avete per caso pesce fresco per una frittura? Certo certo! Quanto ne vuoi?Fammene tre etti! e quando la signora Hyokiri mi ignorò epr andare a pesare il pesce di quel cliente esplosi.





    Akira avrebbe potuto cogliere i segni da ben prima. Il mio sguardo che si faceva sempre più furioso, una strana vena che pareva pulsarmi sulla tempia e il viso che assumeva man mano una sfumatura più rossa erano segni inequivocabili di come essere ignorata mi irritava tremendamente. AH INSOMMA SIGNORA HYOKIRI! I FURTI NON SI RISOLVERANNO VENDENDO PESCE! avevo urlato. E se ne erano resi conto tutti.



    Specialmente i tre che stavamo cercando.



    Hachi, Yukio e Tetsumaru erano lì Cavolo... ci stanno cercando... SCAPPIAMO! la figuraccia appena fatta scomparve. Il trio era davvero malconcio. Il ragazzino che aveva parlato era alto e allampanato, poi c'erano un biondino piccolo e magro ed uno ben piazzato. Il biondino ed il magro stavano già correndo ma l'altro si piazzò a sbarrarmi la strada Hachi, Yukio, li trattengo io, ANDATE! ma non ero disposta a lasciarmi sfuggire le prede. Avevo fatto un errore ad urlare così ed avevo la netta sensazione che se non li avessi acchiappati non sarei più riuscita a riprenderli. Non... dissi chinandomi appena, caricando un salto ... oggi... e saltai. Saltai in alto, a quasi tre metri dal suolo, scavalcando il ragazzino che non potè far altro che vedermi volare alle sue spalle Tu blocca lui, ci rivediamo qui! dissi, aprendo all'inseguimento nelle vie affollate del porto dei due, che mi avevano ormai distaccato di circa cento metri.



    Tetsumaru però non appena ebbe capito che non poteva più prendermi, ormai con le lacrime agli occhi, caricò a gran velocità Akira, cercando di abbatterlo buttandosi a pieno peso su di lui [Slot Azione] Tu non li segurai! AAAAAAAH! disse mentre caricava Akira. La folla si era dispera ed aveva formato un cerchio che assisteva al combattimento. Indipendentemente dalla riuscita di quella carica Tetsumaru cercò di colpire il viso dell'Hozuki con due pugni, un destro ed un mancino, portati abbastanza scoordinatamente e senza alcuna tecnica [Slot Azione 2 e 3]. Era solo il buoncuore e molto coraggio ciò che animava il giovane orfano. Voleva salvare i suoi amici!




    Iniziamo a movimentare le cose :guru:
    Io masterizzo il tuo combattimentino, tu decidi cosa deve affrontare la mia Jukyu :wosd:
     
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    Dove portano i passi che facciamo

    Sensazioni


    Il mondo era stato un posto grigio per tutti quanti, chi più chi meno.
    Lo notai questo. Negli occhi di Jukyu, intendo. Le sensazioni sembravano essere state le stesse. Sia, in un primo momento, alla vista dell'orfanotrofio, sia in un secondo momento, quando uscimmo da quello dopo una non tanto felice conversazione con la coppia reggente di quel luogo. Quel posto era marcio, ed era fin troppo evidente. Ma ci sarebbe stata occasione per approfondire meglio la questione, adesso quello che contava era trovare quei tre ragazzini. Jukyu suggerì di tornare al porto. All'origine.
    Adesso sapevamo chi era stato, avevamo dei nomi, insomma delle informazioni. Sommarie, però ero abbastanza sicuro che sarebbero bastate. Quanti ragazzini orfani andavano in giro, in un gruppo da tre, a rubare nella zona del porto d'altronde? « Sì, direi che è la cosa migliore da fare. » Risposi a Jukyu, voltandomi ad osservare un'ultima volta il grigio edificio. « Ma prima che sia finita questa storia, voglio accertarmi di quel che accade in queste mura. » Avevo fatto una promessa a me stesso.


    [...]


    Tenere a memoria: non fidarsi della buone sensazioni di Jukyu.
    Eravamo appena giunti al porto per poter trovare qualche nuova traccia da seguire per proseguire la nostra ricerca, finché non successe quello che è successo. Già avevo notato una pressoché scarsa - per non dire nulla - pazienza che alimentava lo spirito frizzante di Jukyu, ma non pensavo di poter assistere a quel che stava per accadere.

    z6ooNnk
    Tutto si evolse talmente in fretta che non riuscii a fare niente per impedirlo. In pochi secondi il suo viso divenne paonazzo, gli occhi si strinsero, una grossa vena pulsante apparve sulla sua tempia. E quindi arrivò, provocando lo stesso scalpore che avrebbe potuto provocare un fulmine a cielo aperto. La voce della ragazza parve immobilizzare, per un istante, l'intera banchina.
    O cielo....Solo dopo mi accorsi, proprio quando le prime voci ruppero il silenzio, di quello che aveva combinato Jukyu. « FERMALI! » Indicai allarmato i tre ragazzini alla nostra destra, a solo pochi metri da noi. Il più grassottello dei tre si mise tra gli altri due e Jukyu, ma questo non sembrò far demordere la ragazza. Dopo quella figuraccia ero convinto che avrebbe saltato una montagna pur di non farseli sfuggire, superare un ladruncolo paffuto in confronto fu come salire su uno scalino. Saltò quasi due volte il ragazzino in altezza, quindi si gettò nelle strade affollate del porto per inseguire i fuggitivi. Una volta superato, quello che per deduzione doveva essere Tetsumaru, cercò quindi un ultimo, disperato ed insensato attacco. Si catapultò su di me, cercando di travolgermi mentre dimenava pugni in modo quanto più caotico si potesse. Mi preparai ad affrontarlo, restando in guardia davanti a lui con i palmi delle mani aperte. « Non vi vogliamo far del male! Siamo qui per aiutarvi!! » Inutilmente cercai di calmare il ladruncolo, che ormai era arrivato ad un metro di me. Mi piegai su entrambe le gambe e, concentrando un piccolo quantitativo di chakra nelle stesse, saltai [Slot Difesa] agilmente alla mia destra di circa 1 metro, quel che bastava per mandare a vuoto la carica di Tetsumaru. Allargai nuovamente le braccia, per invitare il ragazzo a calmarsi. « Tetsumaru, giusto? Calmati, ne io ne la mia amica abbiamo intenzione di fare del male a te o ai tuoi compagni... » Parole al vento. Questo, appena recuperato l'equilibrio, cercò di raggiungere il mio volto con due pugni, anche questi lanciati più con la forza della disperazione che con un minimo di tecnica. Il primo fu il destro. Ancora una volta lo schivai, questa volta abbassandomi sulle gambe [Slot Difesa 2] e caricando le ginocchia per poter rispondere agli attacchi. « L'hai voluto te! » Ero ormai carico come una molla, quindi di decisi di non attendere un ulteriore attacco. Nel momento stesso in cui cercava di colpirmi con il mancino, mi andai ad infilare con la testa verso il suo fianco sinistro mentre con le braccia andavo cercare, e trovare, le gambe del ragazzino [S&M]. Sollevai il ladruncolo dal terreno, destandomi dalla posizione caricata sfruttando la forza delle gambe e, nello stesso momento, strattonai prepotentemente le sue gambe, andandole a tirare verso me. Il pugno di Tetsumaru, ormai in posizione di equilibrio precaria, non riuscì a trovare il mio viso, bensì solo, e malamente, il mio gran dorsale, provocandomi solo una piccola contusione.

    A quel punto eravamo entrambi in aria. Solo che lui era sotto.
    Cascai violentemente su Tetsumaru, mozzandogli il fiato. Repentinamente salii su di lui, piantandogli le ginocchia sulle braccia per bloccargliele a terra. Le lacrime sgorgavano ancora copiose sul suo viso. Incrociai le braccia, impassibile su di lui. « Allora? La finiamo? Oppure ti devo legare come un salame per farti stare buono? »

    [...]


    Hachi e Yukio correvano fianco a fianco lungo l'affollata strada che portava alla banchina centrale del porto, lì dove avevano la loro base. A quell'ora la gente per le strade era molta, ma nessuno fece troppo caso a quei due ragazzini che correvano disperati, a meno che non avessero notato anche Jukyu che li inseguiva, circa 80 metri da loro. « Yukio! Dobbiamo seminarla! Non possiamo portarla fino alla base! Quando arriviamo alla fine della strada tu vai a sinistra, io andrò a destra! Non può inseguire entrambi! Ci vediamo alla base! » Era sempre stato Hachi il più intraprendente, e non sembrava esserci realmente un'altra buona soluzione per uscire da quel guaio. « Va bene Hachi! Stai attento! » Fu così che giunse il fatidico incrocio. Hachi, come da programma, girò a destra, scomparendo tra i stretti vicoli e le molte persone, Yukio, invece, non fu così fortunato; appena svoltò l'angolo si trovò davanti un carro trainato da un bue e, cercando di evitare lo scontro con il bovino, con un repentino salto si gettò tra le casse di un negozio di pesce che faceva angolo a quella strada. Ancora stordito avrebbe visto il sopraggiungere di Jukyu, che avrebbe dovuto scegliere tra seguire un fantasma o cercare di acchiappare lo sfortunato ragazzino. Yukio, qualsiasi decisione avrebbe preso la ragazza, non gli avrebbe di certo reso la vita più facile. Un piccolo cesto di ricci di mare, infatti, fu scagliato [Slot Azione] verso Jukyu con la mano sinistra, mentre con la mano destra, sarebbe andato ad impugnare un pesce spada, e, accompagnato da un grido disperato, avrebbe cercato di caricare Jukyu [Slot Azione 2] utilizzando il pesce come una lancia. « WAAAAAAARGH! » Stava ora alla ragazza difendersi da quelle armi improprie.

    [...]


    Ci riusciremo, ci riusciremo... Andremo via da qui tutti insieme...
    Nel frattempo, Hachi, pensando di essere ormai al sicuro, incominciò a rallentare il passo per riprendere fiato. Si piego su se stesso, mentre grossi e profondi respiri affannosi sembravano essere gli unici rumori in quel buio e isolato vicolo in cui si era cacciato. Ma i guai non vengono mai tutti in una volta. Un uomo incappucciato uscì dall'ombra alle spalle del ragazzino, nelle mani reggeva un grosso sacco marrone e una corda di canapa. Un ghigno malefico in volto. « WAHAHAHAH! » I guai per Hachi erano appena iniziati.

     
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    Dove portano i passi che facciamo

    The bloody brotherhood



    Non era un inseguimento facile. C'era molta gente tra me e loro, molti carretti ed i due parevano essere più agili di topi, probabilmente abituati a sfuggire tra quella folla che infestava ogni mattina il porto di Kiri. Corsi, cercando di scartare chi mi si parava davanti finché finalmente ebbi campo libero... per poco. I due, saggiamente, decisero di dividersi. Uno andò a destra, l'altro a sinistra. Non avevo deciso il da farsi (dovendo necessariamente scegliere) ma ero ad una decina di metri dall'incrocio quando udii il suono che avrebbe determinato la direzione. Un suono di carretto distrutto, imprecazioni più o meno colorite ed urla scandalizzare. Quello che aveva svoltato a sinistra doveva aver travolto qualcosa e perso terreno. Mi fiondai lì e difatti vidi il carretto di pesce rovesciato ed il ragazzino alto messo all'angolo.



    Mi fermai a pochi metri da lui mettendo la mano sinistra sull'impugnatura di uno dei miei dadao, fissando Yukio con intensità Ohi, corsetta finita, adesso vieni con me e mi dici dove avete buttato la roba che avete rubato ma il ragazzino, anziché arrendersi saggiamente cercò un ostinato confronto. Prese un cesto pieno di ricci di mare e me lo lanciò contro a piena forza ed io scattai di lato con un balzo repentino, sfruttando le mie migliori qualità fisiche per lasciare che il cesto viaggiasse alle mie spalle senza ferire nessuno [Slot Difesa 1] e nel frattempo trassi dal fodero uno dei miei due dadao. Così, quando il ragazzino mi attaccò con così tanta esuberanza lo attesi ferma ed all'ultimo istante alzai l'arma colpendo con il patto della lama la "spada" del povero pesce che brandiva, sollevandola [Slot Difesa 2] per poi scattare decisa in avanti. Avevo impugnato il Dadao con la mano sinistra ma non volevo certamente ammazzarlo con una pugnalata! Con la mano destra subito caricai un deciso quanto violento pugno diretto alla bocca dello stomaco [Slot Azione 1] con lo scopo di mozzargli il fiato per poi abbassarmi di scatto e fargli uno sgambetto rapidissimo [Slot Azione 2] e mandarlo a sedere.



    Yukio cadde a terra e subito mi chinai al suo fianco, mettendo la punta del dadao contro la sua gola. Un ottimo quanto efficace metodo per intimorire chiunque. Adesso sei deciso ad ascoltarmi? Ma chi diavolo sei.. ahia... domanò il poveretto dolorante Una kunochi che deve rimediare ai vostri danni. Avanti, alzati e non fare scherzi, mi dispiacerebbe doverti sculacciare di nuovo.



    Yuio non fece scherzi: doveva aver capito che se avesse tentato di fuggire non avrei sicuramente messo poco tempo a riprenderlo a fargliela pagare. Così lo condussi dov'eravamo prima, dove avevo lasciato Akira a sbrigarsela con l'altro ragazzo che stando ai nomi che aveva urlato doveva essere Tetsumaru. Anche Akira aveva bloccato il ragazzo ed un cerchio di persone si era aperto nel luogo dello scontro Che avete da guardare? dissi allora alla folla, entrando nel cerchio, picchettando un dito sul coprifronte che tenevo legato al braccio destro Non è una rissa tra bambocci Ma tra un bamboccio ed uno shinobi mi ritrovai a pensare, avvicinandomi ad Akira, mentre la folla tornava a farsi i fatti propri, stranamente più quieta dopo tutto quel movimento.



    Avevo l'aria torva perché l'altro mi era sfuggito, ma due ragazzini su tre erano abbastanza per recuperare la refurtiva. Del resto non avevo alcun interesse ad assicurare alla giustizia tre poveri disgraziati che vivevano di espedienti per mangiare. Andiamo via di qui. dissi ad Akira, indicandogli una via laterale più isolata dove conducemmo sia Yukio che Tetsumaru. In un vicolo cieco dove l'unica altra cosa vivente era un gatto che rovistava in un cassonetto guardai i due con aria minacciosa. Tetsumaru però era rosso e furioso e provò a fare uno scatto verso di me, venendo fermato da Yukio Fermo! Quella picchia più forte di quanto sembri disse massaggiandosi ancora la pancia dove l'avevo colpito. Avanti ragazzi, dove avete nascosto le cose che avete rubato? Dubito che voi tre le abbiate già smerciate per farci un po' di grana.



    Yukio abbassò lo sguardo, leggermente dispiaciuto, come se uno strano pentimento stesse pervadendo la sua coscienza. Di quello che abbiamo rubato c'erano rimasti pochi spiccioli di contati... abbiamo pagato un passaggio a Kumo, volevamo andar via da Kiri... il resto bé... non ce l'abbiamo più noi. Alzai un sopracciglio incuriosita L'avete venduto? chiesi, ma Yukio scosse il capo Io... io non posso dirvelo... e divenne rosso, ma i suoi occhi spalancati lasciavano trapelare altro. Le pupille dilatate, il tremore delle mani e la costante ricerca di una via di fuga con lo sguardo lasciavano intendere solo una cosa: terrore.



    Per un istante mi chiesi se non fosse meglio sfruttare quel terrore a mio vantaggio, ma non ci riuscii. Non era da me spaventare in quel modo chi già sembrava terrorizzato dalla sua stessa ombra. Ascoltate ragazzi, non vi accadrà nulla, davvero... purché non lo facciate ancora. Su, datti una calmata e dimmi che ne avete fatto della refurtiva. Il tono che usai era gentile, cercai di essere rassicurante, ma Yukio non accennò a calmarsi Loro... loro volevano un risarcimento... i suoi occhi si riempirono di lacrime ed in quel momento mi sentii davvero molto confusa Yukio... se gli dici altro ci ammazzeranno... anche Tetsumaru sembrava spaventato ed alla menzione di possibili omicidi spalancai gli occhi sorpresa, voltandomi confusa verso Akira per un istante, per poi tornare a parlare con Yukio Voi due, in che guaio vi siete immischiati? Chi vi dovrebbe uccidere...? Yukio cadde per terra, tenendosi la testa con le mani, scosso da un piano improvviso e probabilmente anche liberatorio Una banda, una volta vennero al porto e se la presero con signor Suiyo Yukio piangeva, disperatamente, ma Tetsumaru - chinatosi su di lui - posò una mano sulla sua spalla, cercando di fermarlo Aspetta, è pericoloso, davvero... disse piano il ragazzino, ma Yukio scosse il capo Basta Tetsu! Mi sono stancato di avere paura di quei bastardi! disse Yukio alzando la voce, per poi risollevarsi ed asciugarsi le lacrime Dicevi? Il signor Suiyo lo conosco bene. Dissi e Yukio annuì, continuando Volevano che si unisse a loro, ma appena seppe chi erano lui li mandò a quel paese. Sono andati via minacciandolo e così li abbiamo seguiti fino alla Vecchia Scuola... il Signor Suiyo è sempre stato gentile con noi, volevamo fargliela pagare. Così siamo entrati nel vecchio edificio ed abbiamo visto che dentro bé.. l'hanno sistemato davvero bene, con armi e tutto il resto. Abbiamo rubato qualche katana con l'intento di gettargliele in mare, ma siamo stati scoperti. Così ci hanno minacciati e ci hanno detto che avevamo due settimane per recuperare dieci volte il valore di quelle Katane.. una cifra assurda... abbiamo rubato qualcosina al vecchio Yasuo e deve averlo fatto imbestialire perché ci eravamo fatti prendere la mano, così ha messo un lucchetto. Non sapevamo come fare e così abbiamo tentato di rubare qualcosa ad Uzuki il pazzo, ma ci ha scoperti prima che potessimo portar via qualsiasi cosa... così.. abbiamo rubato alla signora Akiko per quanto abituati ai furti, Yukio sembrava veramente dispiaicuto di quello.



    Io ero rimasta in silenzio. Quando finì di parlare porsi la mano a Yukio per aiutarlo ad alzarsi Deve essere stato orribile dissi allora. Il ragazzino, sorpreso, accettò l'aiuto e si rialzò. Mi voltai verso Akira Io so chi minaccia questi ragazzini, Akira. La Confraternita della Nebbia di Sangue. E lì la sorpresa doveva essere notevole, poiché io sapevo? Com'era possibile? Sapevo per una sfortunata, quanto inaspettata coincidenza. Bramano perché Kiri ritorni ai tempi della Nebbia di Sangue, dove gli studenti si ammazzavano a vicenda. Non so come però, ma sono pericolosi... e danno fastidio anche a me, da quando sono diventato una Kunochi. Non le piace che io, tra tutti, possa acquisire potere. Ma lasciai il motivo non detto. Mi rivolsi allora ai ragazzini Loro hanno finito di tormentarvi, ragazzi. Andiamo da Hachi, e vi porteremo in un posto sicuro. Yukio mi guardò intensamente Come fate a sapere come ci chiamiamo? domandò ed io risposi, con sincerità Indagando siamo arrivati all'orfanotrofio. Ci hanno detto lì come vi chiamate tutti e tre. Dovreste tornar lì, non è bello ma... Yukio mi spintonò ed io, sorpresa, caddi. Aveva la furia in viso e gli occhi pieni di lacrime ancora una volta NON TORNERO' LA! MAI E POI MAI, PREFERISCO MORIRE!.



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    Mi rialzai, senza protestare minimamente, comprendendo allora che l'impressione che io ed Akira avevamo avuto doveva essere stata giusta. Qualcosa accadeva lì dentro. Capito. In ogni caso, vi serve un posto sicuro e conosco qualcuno che può aiutarvi. Chi? domandò Yukio sospettoso Suiyo. Mi conosce da quando ero piccola, e nonostante sia un ubriacone è anche un ninja potente. Lui può proteggervi per qualche giorno, ne sono certa. quella proposta parve piacere più ai due. Anche loro avevano conosciuto la calda gentilezza che si nascondeva dietro il fiato alcolico dell'uomo. Così, andammo a recuperare Hachi.



    Ma Hachi non era lì. Quando giungemmo al loro nascondiglio qualcosa di terribile era successo. Sul muro di fronte la porta del loro nascondiglio c'era dipinto con vernice rossa assai simile a sangue un messaggio. Una punizione e una minaccia. La comunicazione che i tre orfanelli avevano sbagliato terribilmente.



    Chi parla troppo perde la lingua
    Chi indica la luna perde il dito
    Chi fa vedere cose proibite perde gli occhi
    Chi tradisce gli amici perde la vita



    Ma di Hachi nessuna traccia. Nel nascondiglio non c'era, così come non c'era nei dintorni. Yukio e Tetsumaru lo chiamarono, ma nessuno risposte. Io invece, fissai quel messagio sul muro più e più volte ed alla fine Yukio, arresosi dinanzi l'evidenza, mi affiancò L'hanno rapito. Se li tradiamo, loro lo uccidono. ma in risposta ricevette il mio silenzio Andate da Suiyo, chiedetegli aiuto, ditegli tutto e ditegli che glie lo chiede Jukyu. Non puoi andare! Se stiamo buoni lo lasceranno andare e tornerà da noi! Fa come ti ho detto, Yukio. Quelle belve non devono tenere Hachi in ostaggio un secondo più del necessario sorrisi appena, cercando di trasmettere sicurezza Non lascerò che facciano del male a nessuno. Ora muoviti! Yukio mi fissò un altro istante poi voltatosi prese Tetsumaru per una mano e scappò verso il porto.



    Rimasi sola con Akira, davanti quella scritta rossa così inquietante e minacciosa Quella Confraternita odia la mia famiglia. Mio padre li distrusse anni prima ed ora approfittano della sua assenza per tornare. Hanno paura di me, anche se sono debole, hanno paura che possa seguire le orme di mio padre un giorno strinsi un pugno, furiosa Luridi vigliacchi, prendersela con dei bambini. Dobbiamo andare alla Vecchia Scuola, Akira. Lì troveremo la refurtiva ed Hachi. Questi tre sono vittime di qualcosa di ben peggiore... guardai un attimo il cielo Ed io glie la farò pagare.





    Li odiavo. Odiavo i loro scopi, odiavo i mezzi che usavano per ottenerli. Odiavo l'ombra di incertezza che avevano gettato sulla mia vita, su quella di Nana e di mamma. Non mi sarei mai aspettata di trovarli coinvolti anche in quella storia, ma non l'avrebbero passata liscia: mia madre mi aveva sempre detto di stare lontani da loro. Che erano pericolosi. Ma per onore di missione a quel punto non potevo tirarmi indietro: sapevamo dove cercare ciò che dovevamo recuperare ed avrei salvato Hachi, che Akira l'avesse voluto o no.



    Per la Vecchia Scuola mi riferisco a questo edficio QUI. Creiamo sottotrame che fa figo x'D!
     
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    Dove portano i passi che facciamo

    La Confraternita


    Ed ecco che la prode eroina rientrava vittoriosa dopo la caccia.
    Anche se la preda, bisogna ammetterlo, non era poi così pericolosa. E non era anche tutta.
    La folla si sbrigò a disperdersi all'ordine di Jukyu, che indicò il coprifronte del Villaggio quasi a giustificazione di tutto quel trambusto che sie era venuto a creare. Mi alzai dal paffuto ragazzino, lasciandolo libero di muoversi nuovamente. Questo, ancora rosso, accennò nuovamente a una reazione, che però fu prontamente sconsigliata dal ragazzino che aveva riportato indietro la kunoichi. « Dai ascolto al tuo saggio amico. » Dissi a Tetsumaru, mentre con la mano destra gli tirai un piccolo scappellotto dietro la nuca. « E, a proposito... Mi sbaglio, o manca qualcuno? » Dall'espressione di Jukyu però ricevetti tutte le risposte senza che questa proferisse parola.

    Una volta che ci fummo spostati nella stradina appartata indicata da Jukyu i ragazzini, pian piano e grazie alle sue continue sollecitazioni, finirono per sputare il rospo. Una storia strappalacrime finita male. Non sembrava essere di troppo impegnativo, finchè qualcuno non esclamò una parola. « Ammazzarvi!? » Il mio tono era sbalordito, ma ben presto riuscii a capire perché quei ragazzini erano così impauriti. Sicuramente erano entrati in qualcosa di troppo grosso per loro. E forse anche per noi. « Non preoccupatevi, da ora in poi ci pensiamo noi. » Feci eco a Jukyu, cercando di calmarli.
    Un nuovo soggetto aveva appena fatto ingresso in quello tortuosa storia fatta di anziani disperati, pazzi ed ubriaconi. Questo, però, sembrava ben peggiore. La Confraternita della Nebbia di Sangue, dei pazzi amanti di un nero passato con tendenze quantomeno sadiche. « Ma li conosci tutti te gli scemi dell'isola? » Ma ormai già ci avevo fatto il callo.
    Come se non fosse abbastanza, i ragazzini si rifiutarono anche di tornare in orfanotrofio. Guardai Jukyu, che ebbe la mia stessa reazione a quelle parole. Ci avevamo visto lungo, ma non era il momento di approfondire il discorso. C'era un terzo ragazzino ora da ritrovare.

    Più facile a dirsi, comunque, che a farsi. Soprattutto quando la Confraternita decide di giocare lasciando messaggi in codice che ben poco spazio lasciano alla immaginazione. « Forza, fate come ha detto Jukyu. Da qui in poi, ci pensiamo noi. » Cercai di rassicurare i ragazzi con Jukyu, che si sforzò di far sembrare le cose tutte a posto, mentre io li lasciai andare con una mia mano sulle spalle di ognuno.

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    « Così anche te hai un lato dolce, eh? » Dissi con un tono quanto più leggero possibile, anche se non riuscii a nascondere la mia preoccupazione. Comunque, Jukyu mi spiegò la storia che la legava a questa Confraternita. « Doveva essere un tipo forte tuo padre se se ne è sbarazzato da solo... » Notai la sua espressione cambiare. Occhi colmi di odio, e anche una risolutezza che non avrebbe permesso di certo a me di intaccarla. Non che ne abbia mai avuto intenzione. Sfruttare dei ragazzini per i loro sporchi scopi. Forse non avrei avuto adesso la forza necessaria per sconfiggerli tutti, ma di sicuro non gli avrei fatto passare quelle azioni impunite. Poggiai le mie mani sulle spalle di Jukyu e la guardai negli occhi. « Non gli permetterò di fare del male a quel ragazzino, su questo puoi essere sicura. Forse da sola non sei forte come tuo padre, ma insieme possiamo farcela. Andiamo a prenderli. Gli farò rimpiangere di essere risbucati fuori dai quei buchi in cui si era nascosti. Forza, andiamo. »



    La Vecchia Scuola di pensiero era un grosso edificio diroccato poco distante dalla nostra zona, circondato da una quantità innumerevole di alberi che gli facevano da recinto naturale. Avevo sentito delle storie sul conto di quel posto e dei suoi presunti immensi sotterranei, ma non mi ero mai interessato di andarlo a vedere di persona. La zona verde più che un giardino sembrava un acquitrino, e non sembrava possibile che una Confraternita potesse operare in quel luogo. « Immagino che degli uomini che sfruttano bambini si trovino a loro agio sottoterra, come i ratti... » Mi avvicinai in modo furtivo fino al margine esterno degli alberi, dopo aver osservato per qualche minuto se ci fosse qualcuno come sentinella. Feci cenno a Jukyu di raggiungermi dietro un grosso albero circondato da molti arbusti. « Beh... E adesso? » Dissi con il mio solito tono sarcastico. « Immagino che un attacco frontale è da escludere, a meno che tu non voglia ingaggiare uno scontro frontale contro un numero X di nemici di cui ignoriamo forza e posizione. » Alzai il sopracciglio destro. « Io, di sicuro, ne farei a meno. Quindi, ci serve un piano... » Poggiai le spalle al tronco, e iniziai a pensare, in silenzio. « Da quel che mi hai detto mi sembra gente abbastanza sicura di sé, non penso si aspettino un'azione diretta contro di loro. Ci credono deboli, e noi dobbiamo continuare a farglielo credere. Inoltre conteranno di sicuro sulla paura dei ragazzi, penseranno che nessuno dei due abbia il coraggio di dirci qualcosa con il loro amico in pericolo... Quindi... » Incominciai a rovistare nelle mie tasche, finché non tirai fuori un foglio di carta e una penna a cui sfilai il tappo e passandomi l'inchiostro sulle dita per prendere dopo a scrivere.

    Li abbiamo mandati in un'altra direzione.
    Non fate del male ad Hachi. Abbiamo tutto il denaro che ci avete chiesto.
    Lo scambieremo con voi tra un'ora alla banchina 23 in cambio di Hachi.



    « Per fortuna che ho una terribile scrittura... » Dovetti sforzarmi pochissimo per far passare la mia scrittura come quella di un ragazzino spaventato. « So cosa starai pensando. Magari penseranno che sarà una trappola e quindi non si presenteranno con Hachi. Ed è proprio quel che vogliamo che succeda. Usciranno dal covo senza Hachi, ma non perderanno la possibilità di rimediare altro denaro, se veramente tutti quei soldi fossero nelle mani di due ragazzini e se veramente pensano che potranno finalmente eliminare la figlia dell'uomo che li ha distrutti. Saranno tanti e armati, e spero che lasceranno solo poche guardie nel covo a fare da guardia. Se ci cascano, avremmo all'incirca 30 minuti per recuperare Hachi e scappare. Se non ci cascano... » Deglutii... « Beh, ci avremmo provato. » Cercai un sasso nelle vicinanze, ed usai il foglio con il messaggio come una pellicola. « Aspettami dietro a quell'edificio. » Dissi, indicando un palazzo distante circa 100 metri mentre andai a formare la posizione della capra con entrambe le mani. [Tecnica della Trasformazione] Una piccola nuvoletta di fumo lasciò posto al mio nuovo di aspetto. Adesso Jukyu aveva dinanzi a sé Tetsumaro. Incominciai a correre quanto più lentamente possibile, sasso in pugno, addentrandomi e superando gli alberi di recinzione. Una volta compiuto circa 20 metri lanciai, senza imprimergli tutta la mia forza, il messaggio verso l'edificio. Quindi ricominciai a correre fino a raggiungere Jukyu dietro al palazzo che le avevo indicato. Rilasciai la tecnica e feci un profondo respiro. « Adesso dobbiamo solo sperare che i pesci abbocchino. »

     
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  12. Jukyu Nara
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    Dove portano i passi che facciamo

    Un oscuro luogo di dolore



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    Le sue parole istintivamente mi fecero pensare a mio padre e agli anni passati. I ricordi di lui non erano molto precisi, ero una bambina quando era sparito a causa della Guerra come molta gente del Villaggio. Eppure che fosse forte lo sapevo anche io, tutti nel villaggio lo sapevano. Se avessi detto il suo nome persino Akira avrebbe ricordato e capito perché era stato capace di mettere già una volta a ferro e fuoco la Confraternita della Nebbia di Sangue. Ma non lo dissi, non mi piaceva dire a chi ero figlia. Quando si scopriva notavo come la gente mi trattava diversamente e non riuscivo a sopportarlo a lungo. Non a caso ad Akira quella mattina mi ero presentata come Jukyu Shinretsu, piuttosto che come Jukyu Nara... che era il mio cognome vero.
    Mio padre... dissi quasi sovrappensiero, senza riuscire a mascherare quel dolore che provavo quando pensavo a lui Non so se è vivo o morto, ma sì, era forte. Akira io e te insieme non avremmo fatto un dito di lui, se avesse voluto avrebbe potuto radere al solo Kiri da solo. Dubito che la confraternita sia la stessa di allora però... liberiamo Hachi, recuperiamo il cofanetto e scappiamo di lì. Mi voltai a guardarlo un attimo, lanciandogli uno sguardo eloquente. Era un posto pericoloso e se fossero stati scoperti li dentro sarebbero potuti non uscirne e stare in mia compagnia lì dentro rendeva l'infiltrazione particolarmente ostica. Se mi scoprono la dentro la cosa non finirà bene Akira.





    Il motivo era semplice dopotutto. Il mio volto era noto a quelli della Confraternita e se avessero scoperto che avevo iniziato ad interessarmi a loro l'avrebbero fatta pagare a me o molto più probabilmente alla mamma e a Nana. E per quanto Ayame Shinretsu fosse una donna in grado di difendersi lo stesso non si poteva dire della mia dolce, imbranata ed ingenua sorella gemella. Non aggiunsi altro, mi limitai a camminare a passo svelto verso il vecchio edificio in cui si riunivano che pareva separato dal resto di Kiri da un'immonda alta e selvaggia vegetazione. Nascosti dietro un grosso albero ci ritrovammo a pensare sul da fare ed Akira, dopoun po' di elucubrazioni ebbe una buona idea: un depistaggio. Non cianciare a vuoto! sibilai Non penso affatto che sia una cattiva idea. Se riusciamo a svuotare almeno un po' quel posto tanto meglio. Io vado! dissi, andandomi a nascondere dietro il palazzo che mi aveva indicato. Sporsi la testa dall'angolo per vedere l'azione per quel che ci riuscivo. Akira, assunte le sembianze di Tetsumaru consegnò il messaggio via pietra (metodo classico, efficace ed apparentemente senza tempo) e scappò. Non appena lo vidi correre verso di me mi nascosi dietro il palazzo onde evitare che qualcuno affacciatosi dalla finestra incriminata mi vedesse: era essenziale che vedessero Tetsumaru, ma pericoloso se avessero visto me.



    Akira arrivò e tornò al suo consueto aspetto. Annuii alle sue parole e così ci ritrovammo ad aspettare, poiché sul messaggio c'era scritto un'ora ed era ragionevole che tra meno di un'ora il drappello d'onore sarebbe uscito di lì.





    Il sasso colse nel segno. Rapido sibilò nell'aria e sfondò una finestra di vetro vecchia quanto quell'edificio finendo diretta in una stanza ammuffita che un tempo doveva essere stata una biblioteca. Ci fu un rumore di passi affrettati e poi un uomo sulla quarantina, dall'aspetto malvagio e chiaro di carnagione (ma perfettamente pelato) raccolse il sasso imprecando, non prima di aver visto fuori la finestra la sagoma di un ragazzino robusto che correva e poi spariva dietro un vicolo. Dannati mocciosi teppisti. Ma cambiò tono quando vide il foglio di carta attorno al sasso. Lo aprì, lesse e corse dal corridoio da dov'era arrivato.



    Dieci minuti dopo un uomo vestito di nero leggeva quello stesso foglio alla luce di una candela. Riflessivo fissava la carta stropicciata, come se fiutasse qualcosa che non andava. Sei sicuro di aver visto uno di quei tre? Domandò allora e l'uomo calvo annuì Sembrava decisamente quello grasso. Può essere che li abbiano depistati? Non vorrei che quei due mocciosi arrivassero dritti qui. Tsk, tra tutti i mocciosi proprio quella? Capo, direi di non preoccuparsi. E' ancora debole! L'uomo vestito di Nero si sporse appena in avanti, mostrando una bruta cicatrice che correva sul viso in obliquo dall'alto in basse e da destra a sinistra. L'occhio destro era scomparso, sostituito da una vuota cavità nera come la notte e parte del naso era stata tagliata via crudelmente. Uno spettacolo così orrendo e raccapricciante da spaventare l'uomo pelato.
    Quella famiglia di traditori è maledetta. La loro genealogia è sporca e sono infervorati da un sacro odio verso le nostre tradizione. Puah! Quel disgustoso moccioso avrebbe annesso Kiri a Konoha se avesse voluta e sua figlia non sarà da meno! E' il viscidume di ideali che li anima a renderli pericolosi, non certo i loro poteri! Quindi che facciamo? Non andiamo? l'uomo in nero si alzò, prendendo una maschera fin'ora rimasta nascosta all'ombra sul tavolo di legno sui cui sedeva, ponendosela sul volto.
    Uno di voi si trasformerà nel moccioso. Lo libereremo come concordato e ci prenderemo il denaro se non ci prendono per il culo. Dopodiché chi va con loro voglio che li ammazzi. Disse gelido Ho perso troppo tempo con quei mocciosi: avranno ciò che dovevano avere dal principio. Una spada in gola, non una punizione! Disse con una specie di fredda risatina isterica l'uomo in nero. E l'altro? Quello che teniamo lì sotto. Lo ucciderò io, ma prima voglio vedere come reagisce davanti alle teste dei suoi amichetti. Puah! Spero di non avere più problemi con questi topi di fogna.





    Vedo qualcosa che si muove lì. Dissi quando fu passata appena mezz'ora dalla consegna del messaggio. Alcuni uomini uscirono, ridendo sguaiatamente. Le loro voci si udivano fin lì tanto baccano facevano. Allora tocca a te fare il moccioso? Scelta la pagliuzza più corta? Bah, non è che vado fiero di ingannare due mocciosi quando potremmo farla finita subito. Ma tant'è. E risero. Arricciai il labbro superiore, disgustata, ringraziando il cielo che fosse solo una farsa.
    Se ho capito bene uno di loro "deve fare il moccioso". Possibile che vogliano ingannarli? Questo significa che Hachi è rimasto lì dentro, meglio così. Sono sei in tutto, armati. Fino a quel momento non era entrata o uscita gente dall'edificio, per cui non era dato sapere il numero delle persone che rimanevano. Andiamo.



    Corremmo fino all'enorme muraglia di alberi che circondava l'edificio e nascosta dietro un albero osservai quanto potevo. Non vedevo nessuno lì, il giardino non pareva essere pattugliato. Direi di evitare l'ingresso principale. Lì vedo vecchie finestre spalancate dissi indicando alcune finestre quasi ad altezza uomo totalmente prive di vetri o qualsiasi protezione. Dovevano dare in stanze praticamente in disuso, eppure la cosa mi puzzava Però forse finiamo in una stanza chiusa, sbarrata, murata. Le avrebbero sbarrate con le assi almeno, no? Forse c'è un ingresso secondario. Andiamo di qui, se rimaniamo tra gli alberi non ci vedono.



    Passando di albero in albero ci dirigemmo verso la parte posteriore dell'edificio. Mentre l'ingresso anteriore era maestoso per quanto decadente il retro era decisamente più spartano. Molte decorazioni erano crollate sotto le intemperie e l'inesorabile tempo e rimanevano solo poche finestre sbarrate con assi, altre chiuse con vetri ed una piccola porta nell'angolo di destra. Ancora nessuno pareva arrivare. In silenzio feci cenno ad Akira di andare e senza pensarci due volte corsi verso la porticina tutto d'un fiato, appiattendomi subito contro il muro. Non avevo idea del fatto che fosse chiusa o meno, ma mi limitai a poggiare l'orecchio contro il legno marcio per ascoltare rumori... e la porta si aprì da sola. Ma che scherziamo? i cardin cigolarono mentre l'anta si apriva. La serratura era spaccata e non rimaneva nient'altro all'interno. Nel corridoio non c'era niente: era leggermente bagnato in terra, come se qualcuno vi avesse rovesciato un bicchiere d'acqua ma nessuno pareva essere nelle vicinanze. Che diavolo, lasciano le porte sfondate questi? bisbigliai inoltrandomi nel corridoio che proseguiva per qualche metro prima di terminare in un altro passaggio più corto. A destra c'era una porta a sinistra delle scale che scendevano verso il basso. Sentii una voce proprio mentre ci avvicinavamo alla fine del corridoio seguita da passi pesanti, così presi Akira per un braccio e lo tirai nella prima stanza che vidi aperta. Ah che palle, a che serve dargli da mangiare se lo vuole ammazzare? disse la prima voce, mentre trattenevo a stento il fiato mentre la furia mi montava a stento trattenuta dai denti stretti furiosamente Per non farglielo capire, idiota! E sta zitto, se glie lo dici tu tanto vale! ed entrambi risero, continuando a parlare del più e del meno, scendendo le scale. Quando la loro voce fu appena udibile riuscii a tornare a respirare e non mi ero resa conto che per tutto quel tempo avevo tremato. Non di paura: di rabbia. Avevano deciso di ucciderlo. Bastardi... Adesso però sapevamo dov'era Hachi, almeno.

     
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    Dove portano i passi che facciamo

    Fili e Brividi


    Il mio piano aveva funzionato. Sei di meno.
    Forse none era un gran cosa, soprattutto perché non avevamo idea di quante persone potessero annidarsi in quel luogo, però meglio di niente. Il problema è che le loro intenzioni erano tutt'altro che collaborative. Le parole erano state abbastanza chiare. Indiscutibili. Avrebbero ucciso quei ragazzini.
    Per nostra fortuna quei ragazzini erano da tutt'altra parte. « Brutti sporchi bastardi infami di esaltati sanguinari. » Mi ritrovai a dire, quasi involontariamente, in uno strano giro di parole che uscivano dalla mia bocca ma che provenivano dal profondo del cuore, mentre le figure continuavano ad allontanarsi. Chiusi i pugni con una tale forza e sgranai gli occhi con una tale rabbia da far cambiare il mio colorito da bianco a rossastro in pochissimi istanti. « Se solo potessi li gonfierei di botte adesso... Ma abbiamo altro da fare. » Cercai di riprendere un pò il controllo di me stesso. « Abbiamo meno di un'ora, muoviamoci. Siamo stati bravi e fortunati a mandare quei ragazzini in tutt'altro posto. »

    Seguii Jukyu lungo la circonferenza di alberi che faceva da muraglia alla struttura. Dopo pochi istanti di attenta osservazione, il giardino e l'ingresso sembravano ancora non sorvegliati. Sicuramente l'ingresso principale non sarebbe stata una mossa saggia, decidemmo quindi di trovare una strada secondaria. Seguendo Jukyu e usando gli alberi come appoggi tattici arrivammo nel retro dell'edificio, dove le finestre erano state sbarrate con assi di legno, oppure presentavano ancora il vetro originario. Fu una piccola porta di legno ad attirare la nostra attenzione. Jukyu fece segno di avvicinarci, io annui in risposta. Entrare da una porta dietro la cui non avevamo idea di cosa ci aspettasse non era di certo una buona idea, ma purtroppo la situazione non ci permetteva altre modalità di azione. Velocemente andai a schiacciare la mia figura al muro, a fianco di quella di Jukyu. Questa, appena fece per avvicinarsi alla porta, non fece neanche in tempo di poggiare del tutto l'orecchio che, con un terribile scricchiolio, il legno usurato ci fece spazio. « Evidentemente sono poco prudenti... » Risposi con un sussurro.

    Oppure sono sicuri di loro stessi.

    Ma questo lo tenni per me. Entrati di soppiatto nella struttura, continuai a seguire Jukyu fino al termine di uno stretto corridoio. Alla nostra destra una seconda stanza con diverse porte, alla nostra sinistra invece una rampa di scale portava in quel che sembrava un vero e proprio sotterraneo. Quasi pensai che tutto semplice, quando due voci ci fecero paralizzare. Sentii il mio braccio essere strattonato verso destra, e fui letteralmente lanciato in quella che sembrava essere la prima stanza che Jukyu avesse trovato libera. Entrambi, spalle al muro, in religioso silenzio, ascoltammo le due figure passare a pochi metri da noi e scendere lungo le scale. Anche le loro intenzioni non erano propriamente pacifiche.

    Al mio fianco sentii tremare. Anzi, vibrare. Jukyu era percossa da elettricità pura, il furore nei suoi occhi sarebbe stato percepibile a miglia di distanza. Posai la mia mano destra sulla sua spalla. « Calmati. Gliela faremo pagare. Ma adesso abbiamo qualcosa di più importante: dobbiamo salvare Hachi e fuggire più in fretta che possiamo da questo posto. » Mi piegai su un ginocchio ed estrassi il mio filo di nylon. « Come sono scesi, devono anche risalire. » Incominciai a legare con un nodo entrambe le estremità del filo a due miei kunai. « Dobbiamo combatterci per forza; Hachi potrebbe essere in una cella o qualcosa di simile, e loro potrebbero avere le chiavi. Inoltre dobbiamo assicurarci di fare meno rumore possibile. Se ci sentono è finita per noi. Quindi il piano è questo... » Uscii dalla piccola stanza in cui ci eravamo nascosti, andandomi a posizionare appeno dietro la porta che dava sulle scale. Dalle pareti esterne alla porta non c'era molto spazio, forse poco più di mezzo metro, ma l'angusto luogo ci avrebbe permesso di agire nell'ombra fino all'ultimo momento. Non c'era angolo di visuale dalla scalinata a ciò che si nascondeva ai lati della porta. « Tieni l'altra estremità te... »Gli lanciai debolmente il secondo kunai. « Li aspetterò qui io, in ginocchio, te starai appena dietro quella porta. Appena varcheranno la porta io tenderò il filo, cecando di fargli perdere l'equilibrio, quindi lancerò questo kunai alla parete, te il tuo alla parete opposta, se siamo fortunati potrebbero rimanere impigliati, comunque andrà poi dovremmo cercare di fargli perdere coscienza. A quel punto dovremmo essere veloci. Io mi occuperò di quello più vicino a me, te farai lo stesso con l'altro. Cerca di soffocarlo mettendoti di sopra con il corpo e usa l'avambraccio, aiutandoti con il braccio opposto... »Una piccola pausa. « Se dovessero urlare o fare troppo rumore, beh... Usiamo le lame. » Un piccolo brivido attraversò la mia schiena. Non mi ero mai domandato quando avrei dovuto togliere la mia prima vita. Sapevo che quel giorno sarebbe arrivato, ma non credevo così presto. Cercai di non dare a vedere il piccolo disagio che mi ero creato da solo. « Che te ne pare? A me di meglio non viene in mente, a meno che non vogliamo scendere e fare un bello scontro frontale vecchie maniere... »

    Se Jukyu non avesse avuto niente da ridire, questo sarebbe stato il piano. Avremmo atteso in silenzio ai nostri rispettivi angoli. In attesa di udire di nuovo le voci sanguinarie di quei scagnozzi della vecchia Confraternita. Ma, almeno per quella volta, il sangue non sarebbe stato di qualche innocente. Dovevo crederlo. E mentre lo ripetevo tra me e me, le risate in lontananza tornarono a rompere il silenzio.

     
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  14. Jukyu Nara
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    Dove portano i passi che facciamo

    Sangue



    Imposi a me stessa più calma di quella che potessi raccimolare, cercando quasi inutilmente di distendere i muscoli tesi come corde di violino. I due confratelli di quella setta così grama erano andati via e fortunatamente Akira venne fuori con qualcosa simile ad un piano d'azione. Presto, infatti, sarebbero tornati e cercare di attaccarli direttamente poteva essere stupido: non avevo idea di quanto fossero forti effettivamente e probabilmente uno scontro diretto non ci avrebbe visti così facilmente vincitori. Giocare d'astuzia era l'ultima cosa che ci rimaneva da fare, nonché unica a ben pensarci. Per la mia unica reazione fu un cenno d'assenso. Scattai rapida dall'altra parte della stanza e lui mi passo il Kunai. Lo tesi con forza ed ad un certo punto mi resi conto di stare anche esagerando nelle mie intenzioni: avrei fatto volare il kunai dalle mani di Akira di quel passo! Cercai di darmi una calmata mentre i passi cadenzati ed interrotti dalle balde risate tornavano a colpirmi le orecchie. Con la mano sinistra strinsi l'elsa del dadao con così tanta forza da rendere le nocche totalmente bianche.

    Ed arrivarono.

    Non si aspettavano niente di tutto ciò che avevamo preparato loro. La loro guardia era del tutto abbassata e quando incespicarono nel filo di nylon caddero rumorosamente per terra, l'uno sull'altro, più sorpresi che indolenziti. Io, saltai come un'ombra furiosa. Non mi accorsi di avere gli occhi pieni di lacrime fino a ben altri eventi: in quel momento feci solo ciò che dovevo fare. Mi avventai sull'uomo che per forza e statura era ben più alto di me, cercando di avvolgere il mio braccio attorno alla sua gola per soffocarlo. Gli piantai le ginocchia dietro la schiena e spinsi con forza mentre il braccio destro si avvolse attorno alla carne della sua gola, in una stretta ferrea.
    Ma non abbastanza.

    Il piano era ingenuo: loro dovevano morire. Se invece di soffocarlo l'avessi sgozzato sarebbe andato tutto bene. Difatti il confratello mi spinse di alto con un poderoso colpo di schiena e tossendo si rialzò, incombendo su di me come una montagna. Io fu sbalzata contro il muro e sbattei la schiena, ma non feci in tempo a registrare l'entità del colpo subito alla schiena che un calcio all'addome mi mozzò il fato, mandandomi a rotolare nel corridoio. Oh! Puttanella e tu che cazzo ci fai qui! Ehi! alzai lo sguardo verso di lui.
    Ancora non sentivo le lacrime cadere. Lacrime di rabbia.

    Ma pensai a molte cose: pensai a quel kunai sbucato una sera che recava quell'avvertimento che aveva cambiato la mia vita. Pensai a quante preoccupazioni dovevo subire per colpa di quei bastardi. Pensai a mio padre, al mio maledetto padre che aveva deciso di scomparire e che aveva permesso a quella feccia di rigenerarsi! Feccia schifosa dissi con un filo di voce estraendo il dadao.
    E lo sentii. Sentii il sangue ribollire, furioso. Sentii la forza ed il coraggio che erano mie rompere gli argini del loro mantenimento e fluire nelle mie viene come nuova vita. Mi alzai, tenendo il dadao con entrambe le mani. Ehi ma tu sei... mi alzai, fiera del fatto che mi avessero riconosciuta Io sono Jukyu Nara, e sono la figlia del vostro peggior incubo dissi con il gelo del ghiaccio di mia madre nella voce Non vi libererete tanto facilmente del fantasma di Itai Nara e quelle parole abbatterono la fiducia di un uomo che aveva imparato a temere il nome dell'uomo che aveva da solo polverizzato quella confraternita anni prima. E ne approfittai, vidi chiaramente l'apertura e con uno slancio bestiale saltai con le mani sul dadao teso dinanzi a me che si conficcò senza pietà nel cuore del mio avversario ancora frastornato.

    Il sangue mi schizzò addosso, segno dell'ultimo disperato battito dell'uomo, mi sporcò la maglia e le mani. Il suo cadavere cadde ridicolamente all'indietro, e la pozza rossa che era la sua vita s'allargò sotto di lui sfuggendo dal suo corpo. Io, frastornata, feci cadere il dado e caddi in ginocchio, senza capire cosa era successo fino in fondo. Avevo ucciso un uomo, per la prima volta in vita mia.

    La lacrime bagnavano il pavimento. Dolorosamente, con la rabbia svanita, cancellata da un fendente.
    Nelle mani dell'uomo, le chiavi della prigione.

     
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    Dove portano i passi che facciamo

    Spezzato


    La prima volta non si dimentica mai.
    La mia inquietudine era palpabile, ma niente a confronto di ciò che stava provando Jukyu. Il suo legame con la Confraternita doveva essere veramente profondo, un odio viscerale per quegli individui che sembrava durare da anni. Non che fossero propriamente degli amabili ragazzi, ma la storia era sicuramente molto più complessa di come mi aveva spiegato. Ad ogni modo, non potevo continuare a pensare a quello. Guardai Jukyu negli occhi, sperando di poterle infondere un pò di sicurezza, di tranquillità, qualsiasi cosa che potesse aiutarla in quegli istanti. O forse ero proprio io a cercare nei suoi occhi qualche certezza. Non ebbi abbastanza tempo per trovarle.

    Ed eccoli lì: un istante prima erano in piedi, un istante dopo caddero rovinosamente a terra. Dritti nella mia trappola. Mi gettai sul mio avversario con quanto più impeto possibile, passandogli il braccio destro intorno alla gola e facendo perno con quello sinistro incominciai a stringere la presa, mentre con le gambe andai a circondare le sue e con il petto e lo sterno a premere verso il basso, in modo da tenergli viso e corpo quanto più vicino possibile al pavimento. Ancora adesso non saprei dire precisamente quanto tempo durò la colluttazione: dovevano essere solo pochi secondi, ma a me sembrò come se il tempo collassasse su sé stesso. Le sue mani, disperatamente, andarono a cercare il mio volto, i miei occhi, e mi spinse in su lo sguardo. E allora lo vidi.

    Jukyu sbattuta contro il muro, dadao impugno, che saltava disperatamente contro l'uomo. Uno zampillo di sangue dal suo petto, le lacrime che cadevano dal volto di Jukyu, in ginocchio a terra, il rosso attorno.
    Solo dopo avrei connesso le parole che pronunciò all'importanza che loro stesse rappresentavano.
    Il mio corpo si mosse in automatico. Non c'era più tempo. Nessuna lotta, nessun confronto. Lei era lì ed io, seppur a pochi metri, ero troppo distante. Smisi di premere contro la sua gola, incominciai a spingere verso destra. Piano, sempre più piano. Poi, all'improvviso, tirai con tutta la mia forza verso la sinistra. Le sue mani si irrigidirono, la sua vita si spezzo tra le mie braccia.
    Lasciai andare di netto il suo capo, che cadde a terra con un suono tonfo, quindi mi alzai lentamente e mi andai ad inginocchiare accanto a Jukyu. Presi le sue mani e con la mia maglietta, dolcemente, cercai di togliere il rosso dalla pelle. « Ehi... » Appena un sussulto. « Guarda me, basta guardare lui. Non c'è più bisogno... » Con la manica del braccio cercavo adesso di asciugare le lacrime. « Sei stata brava, non potevi fare in altro modo... » Pacatamente girai il suo capo verso il mio. « Forza, abbiamo quasi finito... » Presi le chiavi dalle mani rigide dell'uomo e le misi in mano di Jukyu. « Incomincia a scendere le scale, aspettami giù, arrivo subito io... »

    Attesi che Jukyu scendesse le scale prima di spostare i corpi dal corridoio. Ma fu solo quando lei se ne andò che sentii le gambe tremare così violentemente da quasi cadere a terra. Mi inginocchiai e mi aiutai a con un braccio a terra, l'altro sulla gamba piegata. La testa girò vorticosamente per qualche istante, finché non riuscii a riprendere fiato. Chiusi gli occhi per un istante, quindi ripensai al momento in cui avevo spezzato il collo a quell'uomo. « Se lo meritavano... Entrambi... » Bisbigliai, quasi come una confessione a me stesso o a qualche essere superiore.

    Portai i cadaveri in un angolo della stanza in prossimità del corridoio, facendo cura a togliere gran parte del sangue a terra con la giacca dell'altro caduto. Non sarebbe passato troppo tempo prima che qualcuno si fosse domandato che fine avevano fatto quei tizi, ma speravo fosse comunque il tempo necessario che c'avrebbe permesso di fuggire con Hachi sani e salvi da quel posto. Quando ebbi finito, scesi le scale e raggiunsi Jukyu nel sotterraneo. Una lunga pila di torce si diramava davanti a noi. Sorrisi. « Andiamo a prendere Hachi e andiamocene da qui, una volta per tutte. » Quindi incominciammo a correre lungo il corridoio interrato, finché non raggiungemmo una grossa porta di legno e travi d'acciaio. « Deve essere qui dietro Hachi... Dammi le chiavi. » Presi queste dalle mani di Jukyu e le infilai nella serratura, facendogli fare tre scatti. « E, a proposito... »Misi la mano attorno al pomello della porta. « Quando avevi intenzione di dirmi che sei la figlia del Mizukage?! » Aprii quindi il portone.

    Dietro la porta vidi una stanza semi-vuota con all'interno solo un piccolo baldacchino e un po' di fieno e paglia in un angolo. A terra c'era un vassoio d'acciaio con una brocca d'acqua e un pezzo di pane marrone. Accartocciato sopra il materasso, Hachi. « A-A-Andatevene ho detto! » Mi avvicinai camminando fino al ragazzino, fino a mettermi in ginocchio davanti a lui. « Tra poco ce ne andiamo, tutti insieme però. »

     
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