Rinnovata sarà la lama che fu spezzata

[Kusa]

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    Rinnovata sarà la lama che fu spezzata

    Promessa


    Ero finalmente arrivato.
    Quasi due giorni di viaggio. Non potevo credere che mio padre facesse ogni volta tutta questa strada per una... Beh, mi avete capito.
    Avevo accettato, dopo numerose sollecitazioni di Ryo, di andare a conoscere quel che restava del clan Aogawa, quello di mia madre. A detto di Ryo restavano in vita ormai poco più di una decina di signori anziani, troppo anziani per avere altri figli. Così io ero tutto quel che rimaneva, almeno per metà, di quel clan quasi estinto. La dimora del clan Aogawa era fuori Kiri, e quando intendo dire fuori non mi riferisco alla periferia o alla costa del Villaggio, ma intendo proprio che si trova su un'altra isola. Precisamente a nord-est di Kiri, forse uno degli ultimi punti del mondo civilizzato prima del mare aperto.

    Aogashima. Questo era il nome dell'isola. O meglio, dell'isolotto. Ero in piedi sulla piccola imbarcazione che mi stava portando lì, e dalla fitta nebbia era appena apparso la ruvida costa, che si stagliava sul mare come un enorme scoglio. L'isola misurava, nella sua parte più larga, 6 chilometri da parte a parte, e tutta la costa era completamente inaccessibile per via delle sue alte pareti rocciose, su per giù circa 8 metri, che la circondava nella sua interezza, tranne che per una piccola baita che era stata adibita a porticciolo. Da questa baita si poteva risalire poi, tramite un edificio in pietra, all'isola vera e propria.

    Una volta lì, ad aspettare il vascello dei rifornimenti mensili, c'erano solo due anziani ma ancora robusti signori. Entrambi avevano la barba bianca molto lunga ma, quel che mi fece sorridere, erano i loro capelli. Erano blu. O comunque erano blu prima che assumessero una strana tonalità a metà tra il blu e il grigio della vecchiaia. A quanto pare mia madre mi aveva lasciato un tocco non trascurabile del suo clan. Pensai, mentre con le dita della mano accarezzavo la mia chioma, iniziando dal mio ciuffo albino fino ad arrivare al blu più limpido.

    Appena misi piede a terra dalla barca, gli anziani mi guardano incuriositi, quasi sbalorditi. « Ragazzo… Qual è il tuo nome? » Disse uno dei due, il più anziano ad una prima vista. « Akira… Akira Hozuki… Almeno da parte di mio padre. Akihiro era il suo nome, lo conoscevate? Sicuramente però conoscevate mia madre però: Masumi Aogawa… » Risposi, con un leggero sorriso sul volto, come quando incontri qualcuno che non vedi da molto tempo. Gli occhi del più anziano si inumidirono sempre di più, finché non ne sgorgarono lacrime. « Io sono Masashi. E Masumi era mia figlia. Vieni qui ragazzo… » Disse. Mi avvicinai, indeciso sul da fare. Non ero mai stato un tipo sentimentale, ma quel momento era diverso. Ancora intimorito, lentamente avanzavo, evidentemente emozionato. Erano anni, da più tempo di quel che ricordavo, che non avevo un membro della mia famiglia vicino a me. A ormai due passi da lui, debolmente pronunciai.
    « Quindi tu sei m..mio nonn… » Non riuscii a finire la frase. Un montante colpì in pieno il mio mento, scaraventandomi a terra. « E ti sembra questa l’ora di presentarti qui da me?! Ti sto aspettando da almeno dieci anni! » Ruggì l’anziano, mentre altre lacrime continuavano a cadere. O santo cielo… « Se sicuro di non essere imparentato con Ryo anche te? » Dissi, mentre cercavo di rimettermi seduto con l’aiuto della forza delle braccia. Per essere un vecchietto stava per staccarmi la testa dal collo. Mi toccai con la mano destra la mascella che sembrava ancora scricchiolare, quindi mi sentii stringere e bagnare il collo, in quella che sembrava più una presa da wrestling che un abbraccio. « Mi… Mi sei mancato tanto, ta-a-anto… Tanto quanto tua madre… Ehi, Shiro, puoi finire te qui? Ho un po’ di tempo da recuperare con mio nipote… »

    […]


    Masashi – mio nonno, volevo dire - mi portò in quella che era stata la casa di mia madre. Un abitazione al centro del villaggio su tre piani, con un ampio giardino e un piccolo tempietto circondato da un ruscello. A dire la verità tutte le case lì erano molto grandi. Per strada, invece, non c’era l’ombra di un’anima.
    « Da quando successe quello che è successo, qui siamo rimasti solo io e Shiro che cercano di mandare avanti questa cittadina… Siamo rimasti in pochi, troppo pochi. Trenta, quaranta persone forse… » Mi disse, mentre mi faceva accomodare in un grande salotto finemente decorato. « Masashi ma… Cos’è successo realmente? Nel Villaggio nessuno sa, o se sanno nessuno parla… » L’anziano scosse il capo. « Chiamami nonno, per prima. » « Scusami, non sono abituato… » Questa volta annuì. « Non ti preoccupare. Ti capisco. Comunque anche noi non sappiamo niente, perlomeno noi in quest’isola. Sappiamo solo che… » Strinse il pugno, mentre la tonalità del suo viso diventava via via sempre più accesa. « Che durante una missione sono morti. Tutti. Più di duecento membri del nostro clan. Si trattava di una grossa spedizione, di una missione per conto di Kiri, ma tua madre non mi ha detto niente. So, però che sono morti tutti… »
    Distolse lo sguardo dal tavolino davanti a lui. « Un paio di settimane dopo la loro partenza un emissario di Kiri fu mandato qui a riferirlo, portando con se i frammenti di Mizukami… La spada secolare del clan Aogawa, frantumata. Io SO cos’è quella spada, e ti posso assicurare che non è una cosa da poco riuscire a scalfirla, non oso pensare come siano riusciti a spezzarla. » Un attimo di silenzio. « Vieni con me. »

    Lo seguii, uscendo dalla casa fino ad entrare nel piccolo tempio. Aprì la porta sprangata con una chiave, quindi un'ulteriore porta di legno con un fuinjutsu sopra. Una volta entrati in quel luogo, al centro della piccola struttura c'era una teca di cristallo verticale. Al suo interno, quel che restava di Mizukami. Gran parte dei frammenti erano lì, ma era evidente che non erano tutti. La spada sembrava essersi spezzata a metà.
    « Quella spada è l’unica cosa che riuscirà a testimoniare la nostra storia al resto del mondo. Il clan Aogawa è ormai spezzato, come quella spada. Ma tu… tu forse potrai trovare un modo per riparare a ciò… » Scossi il capo. « Ma… Io non so nulla di come riforgiare una lama… Però la posso portare a Kiri, lì c’è sicuramente qualcuno in grado di lavorare l’acciaio. » « Non serve acciaio. Non serve un fabbro, o perlomeno un fabbro qualunque. Mizukami non è una spada come le altre. Mizukami è l’energia del mare, la forza dell’oceano fatto lama. Quando riuscirai a brandire quella spada, potrai capire. Serve qualcuno in grado di poter forgiare cose straordinarie. » Cercai di rispondere nuovamente, ancor più confuso. « Ma… Perché io? Non ho mai fatto nulla per il clan… » Mi interruppe prima di continuare. « Perché ormai TU sei il clan Aogawa. Non c’è nessun altro. Avrai visto, venendo qui. Il clan è ormai morto. Ma tu… Con te, possiamo continuare a vivere. Io, tua madre. Tutti. E poi… La spada spetta a te, quindi è una tua responsabilità. »
    Come se non bastasse tutto il resto…
    Restai in silenzio per qualche minuto, osservando la teca di cristallo. I pensieri si contorcevano nella mia mente. I pensieri di poter fallire, di non riuscire. Di deludere. « Come? Come posso farlo? » Masashi sorrise, compiaciuto. « Non lo so. Conosco una storia, però. La storia di una donna che vive nel paese dell’Erba e che sembra saper creare oggetti straordinari. Può essere un primo passo. » Questa volta fui io a stringere i pugni. Sapevo di non sapere. Sapevo di non essere ancora un grande ninja. Sapevo di non aver fatto mai nulla per il clan, Aogawa o Hozuki, entrambi. Ma adesso qualcosa era cambiato: sapevo cosa dovevo fare. « Nonno… Te lo prometto. Riforgierò la spada. Per te, per il clan. » Per mia madre. Per scoprire cosa è successo. « Bene… Cercò di trattenere di nuovo le lacrime. Ma ora vieni in casa, abbiamo un po’ di tempo da recuperare prima di partire. »

    [...]


    Così mi rimisi in viaggio. Tornai a Kiri e da lì presi un battello per il continente, per il Paese del Fuoco. Lo avrei attraversato fino a raggiungere quello dell'Erba. E lì sarebbero iniziate le mie ricerche. Una signora di cui si diceva che potesse creare strani manufatti. Non penso sia difficile da trovare in un piccolo paese.

     
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    Atto Primo



    Le strade che portavano a Kusa dal paese del fuoco erano molteplici. Una volta giunto a destinazione Akira, chiedendo qui e lì indicazione per raggiungere il paese dell'erba oppure reperendo una mappa avrebbe visto come c'erano tre grosse arterie principali che conducevano senza problemi al Paese dell'Erba. Sebbene non Accademico ma militarizzato il Paese dell'Erba aveva sempre mantenuto buoni rapporti con l'Accademia quando il suo potere era forte e continuava a mantenere rapporti con i singoli Villaggi dopo la caduta dell'istituzione unitaria. Non aveva mai avuto un Kage (che era modello dei cinque grandi Paesi imitati successivamente da Oto) ed il suo Villaggio militarmente più importante non reggeva il confronto con Konoha, Kiri, Oto o Iwa.



    La prima strada era un vecchio sentiero che serpeggiava tra vecchie paludi bonificate. Campi rigogliosi ora crescevano a destra e sinistra della strada che manteneva l'aspetto irregolare che aveva avuto in passato quando ancora un piccolo sentiero doveva destreggiarsi in un'infernale palude. Il primo villaggio che avrebbe incontrato su quella strada sarebbe stato un piccolo villaggio di agricoltori chiamato Mugibatake, che anni prima era stato teatro di una missione Accademica finita male.



    La seconda via invece saliva verso nord al confine con Taki e si inerpicava su aspri monti, non alti quanto ripidi e brulli. Per due giorni di strada non avrebbe incontrato segni di civilizzazione (giacché quasi tutta quella strada era scavata sul fianco dei monti) ed il freddo sembrava essere una morsa ma alla fine sarebbe ridisceso in una valle sul fondo della quale un fiume scorreva placido verso Taki. Lì c'era una comunità di pescatori chiamata Villaggio Sakana.



    Infine la terza strada andava a sud, diametralmente opposta alla seconda mentre la prima si manteneva all'incirca equidistante. Assai vicina ad Ame, risentiva del clima assurdamente piovoso di quella regione ed Akira non avrebbe avuto scampo. Giorni e giorni di cammino sotto la pioggia, tra vecchie fattorie che spuntavano di tanto in tanto fino a giungere al primo villaggio, Kusanu, che sembrava mezzo abbandonato.



    Quale sarebbe stata la via migliore per sapere qualcosa delle voci che correvano lungo quel paese?

     
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    Rinnovata sarà la lama che fu spezzata

    Itinerario


    Molteplici sono le vie che portano a Kusa.
    Arrivai in uno dei principali porti del Paese del Fuoco dopo tre giorni di navigazione. Non avevo molti soldi disponibili, quindi presi il biglietto più economico, che stava a significare più lento. Era un'imbarcazione non adibita per il trasporto di persone, bensì di merci, quindi feci scalo in diverse isolette tra Kiri e il continente prima di arrivare a destinazione. Appena giunsi al porto cercai un agenzia di commercio, quale posto migliore per ottenere delle informazioni utili al mio viaggio? Ne trovai una non molto distante dal porto, una grossa struttura chiamata "Agenzia Commerciale Tsunemoto", specializzata in commercio di materie prime agroalimentari. Mi presentai a quello che sembrava essere il direttore, un uomo minuto, sulla cinquantina, con due spessi occhiali tondi e una chierica brizzolata, di nome Ikki. Spiegai in breve la mia situazione e l'esigenza di arrivare nel Paese dell'Erba. « Beh, beh, beh... » Prese gli occhiali, pulendoli utilizzando la manica della camicia che stava indossando. « Ci sono tre strade per arrivare a Kusa, o almeno tre sono quelle più veloci. Una montuosa, che sale verso nord in direzione di Taki. E' quasi del tutto disabitata. Un'altra che va verso sud, passando vicino al confine di Ame. Molto piovosa, soprattutto in questa stagione. Infine, la terza... » Rimise gli occhiali al loro posto, una volta di aver controllato contro luce che fossero effettivamente lucidi. « La terza, è quella che utilizziamo maggiormente, almeno noi. Abbiamo dei ricchi scambi con Kusa, e questa è una delle strade più dirette: passa direttamente attraverso paludi bonificate, che ora sono rigogliosi campi. I miei carri si fermano a Mugibatake, un piccolo villaggio, in cui effettuiamo rifornimenti di merci che poi rivendiamo e trasportiamo a Kusa. » Captai al volo l'occasione che mi era presentata davanti. « Ikki, quando parte la prossima carovana? Vorrei aggregarmi, magari potrei ripagare la sua gentilezza offrendo protezione contro eventuali banditi, o comunque potrei rendermi utile come posso. » Il direttore portò la mano destra al mento. Evidentemente ci stava pensando su. « Di questa storia, purtroppo, non ne so niente, e di protezione non ne abbiamo mai avuto bisogno, è una strada abbastanza sicura. Comunque, almeno fino a Mugibatake, i carri sono quasi vuoti, esclusione fatta di un pò di pesce. Quindi penso che ti puoi aggregare. Una volta a Mugibatake dovrai però proseguire a piedi, ma se ne hai bisogno puoi seguire sempre la carovana, anche se andrà più lentamente una volta carica. Non escludo che una volta sul posto, magari qualche contadino del luogo potrà darti qualche informazione in più riguardo a questa donna. E' un paesino di frontiera, le voci corrono. La partenza è prevista per le 14.00 da qui, se vuoi do indicazioni al responsabile. » Sorrisi, mentre allungavo la mano per stringergliela. « La ringrazio veramente! E' stato gentilissimo! » Ikki sorrise, rispondendo alla mia stretta di mano. « Figurati figliolo, assomigli tanto al mio nipotino! Eccezion fatta per i capelli, eh... »

    [...]


    Partii quindi all'orario designato, con altri cinque uomini di circa trent'anni e tre carri trainati ciascuno da una coppia di cavalli. Erano tutti originari di quelle zone, e una volta ogni due settimane compievano sempre lo stesso itinerario fino a Kusa. Chiesi anche a loro se avessero sentito qualche storia su una donna capace di creare oggetti fantastici nel Paese dell'Erba. Purtroppo la risposta fu che alle voci non facevano mai caso. Una volta arrivati a Kusa, una volta sbrigati gli affari, tornavano subito indietro. Avendo tutti famiglia in quel posto, nessuno voleva perdere tempo in chiacchiere inutili. Le mie speranze di ottenere qualche informazione erano quindi ridotte al solo villaggio di Mugibatake, prima di arrivare a Kusa perlomeno.

    La strada era molto irregolare, piena di insenature e piccole curve. Probabilmente era ereditata dal sentiero che serpeggiava tra le paludi di cui mi aveva parlato Ikki. Paludi ora scomparse e, al loro posto, ricchi e fiorenti campi sorgevano ai lati della strada. Passai la maggior parte del tempo del viaggio sdraiato nel carretto vuoto - di odore di pesce ne avevo abbastanza - oppure alternandomi con il parlare e lo scherzare con gli uomini della carovana. Erano tutti uomini semplici e buoni, si accontentavano di quel poco che la vita dava a loro. Io purtroppo, invece, non sapevo accontentarmi e, finalmente, dopo molto tempo, avevo un obiettivo in mente. E nel cuore.

     
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    Atto Secondo



    Mugibatake era un villaggio che un tempo era stato rurale. Un posto pieno di zotici campagnoli, ma negli anni aveva subito un qualche miglioramento. Gli zotici campagnoli c'erano ancora, ma a questi si era aggiunta gente più raffinata (il che voleva dire comunque contadinotti semplici di mente) e le strade, un tempo fangose anche d'estate senza pioggia, erano lastricate da belle pietre tagliate.



    In tutto però il villaggio non era che un puntino minuscolo sulla carta geografica del mondo, interessante solo perché intercalato proprio tra vie principali che collegavano il nord con il sud e l'est con l'ovest del paese dell'Erba. C'erano una ventina di case, un negozio ed una grossa locanda di tre piani larga come tre case con due ali da un piano che si allargavano e giravano ad angolo quasi ad abbracciare la piccola piazza centrale dove Akira era stato lasciato.



    Chiedendo informazioni a chi l'aveva trasportato avrebbe saputo che l'oste, un tale Oumugi Saboten, ascoltava molte notizie poiché nella sua osteria convergevano genti da tutte le parti del Paese dell'Erba e dai paesi confinanti. La Locanda del Cavallo Pigro era un posto chiassoso, pieno di molta gente e non tutti ben intenzionati, ma Omougi era cortese con tutti e sempre disposto ad una chiacchiera con chi acquistava la sua birra.



    Per il resto, le altre case non erano molto interessanti. A meno che Akira non avesse deciso di bussare di porta in porta e chiedere informazioni a tutti gli abitanti di Mugibatake che - per inciso - raggiungevano a malapena le cento unità.



    Lascio completa libertà d'azione per farti fare domande, io farò le risposte. Se vuoi aggiungere elementi (persone nella locanda, aspetto dell'oste) sei libero di farlo, ma l'interazione con qualsiasi png sarà gestita da me :zxc:
     
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    Dal Cavallo Pigro


    Beh, di sicuro quel villaggio non era, e non sarebbe mai stata, una ambita meta turistica.
    Venti tetti, e non è un modo di dire, messi lì in croce con un unico grosso edificio. Sembrava un vero e proprio palazzo che dominava incontrastato sulle minuscole case di quelli che, probabilmente, erano i contadini ed abitanti del villaggio, e che si sviluppavano tutt'attorno ad esso. Era largo come tre delle più grandi abitazioni e abbastanza alto, con due ali che andavano a circondare quella che, nell'immaginario comune del luogo, avrebbe dovuto essere una piazza. Quantomeno, come da quello che mi era stato detto, era un'importante snodo commerciale grazie alla sua posizione strategica. A riprova di ciò, a discapito di quel che mi sarei aspettato osservando le abitazioni, tutte le strade erano ben lastricate. Venni lasciato nella piazza, proprio dinanzi alla grossa struttura. Sceso dal carro, andai a stringere la mano e a ringraziare personalmente tutti e cinque gli uomini dell'agenzia di commercio. « Immagino che questa struttura sia la famosa Locanda del Cavallo Pigro di cui mi avete parlato. » Uno dei cinque mi rispose. « Esattamente! Come ti ho detto chiedi di Oumugi Saboten! E' un brav'uomo, Se qualcuno ha sentito parlare di questa misteriosa donna in questo posto, è sicuramente lui! » Salutai nuovamente con la mano mentre gli uomini si allontanavano per sbrigare i loro affari.

    Prima di entrare nella locanda cercai di dare una rapida occhiata intorno... Per circa trenta secondi. Il villaggio era veramente minuscolo, e per le strade notai solo anziani o donne con bambini. Probabilmente tutti gli uomini erano fuori a lavorare nei campi. Improbabile che avrei potuto rimediare qualche notizia da quelle persone. Quindi, decisi di entrare nella locanda.

    Anche all'interno, questa sembrava essere il luogo messo meno peggio di quel posto. Dinanzi all'ingresso c'era un lungo bancone che si estendeva per quasi tutta la lunghezza della struttura principale, con ai lati due rampe di scale speculari che portavano ai piani superiori, dove probabilmente c'era qualche camera per i viaggiatori in cerca di ristoro e riposo. Dietro al bancone c'erano due enormi fusti di legno, quasi sicuramente contenenti birra, e al centro un discreto forno con una griglia dove si poteva mettere a cucinare della carne. Tutt'attorno erano sparsi in ordine casuale un gran numero di tavoli di legno. Non c'erano tantissime persone nella stanza, all'incirca una ventina, tutti sparsi in piccoli gruppetti ed atti a farsi gli affari propri.

    Proprio dietro al bancone stava un signore sulla cinquantina, di grande stazza, con due enormi paia di baffi ingrigiti e una ancor folta, seppur disordinata, chioma brizzolata e riccioluta. Mi avvicinai al bancone, mettendomi seduto su uno dei tanti sgabelli al ridosso del bancone, proprio dinanzi al locandiere. poggiando i gomiti sul bancone e il mento sul palmo della mano destra. « Salve, buon uomo. Lei è il signor Oumugi, giusto? Mi chiamo Akira e vorrei... » Girai leggermente il mio volto a guardare il grosso fusto alla mia destra. « Per prima cosa vorrei proprio una bella mezza pinta di birra. » Indicai il fusto con l'indice della mano sinistra. « E anche qualcosa da mangiare, per cortesia. Sono affamato! Dopo di questo ho qualche domanda per lei... Riguardo a una donna che vive nel paese dell'Erba con capacità straordinarie... » Sottolineai volontariamente l'ultima parola. « Ne ha mai sentito parlare, per caso? »

     
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    Atto Terzo



    Oumugi spillò ben volentieri la birra al ragazzo e glie la mise davanti in un boccale di legno con un manico di metallo. Poco usato al di fuori di quel villaggio sperduto, ma molto caratteristico di certo. Da mangiare ragazzo? Oh bé, abbiamo pollo arrosto, salsicce di maiale, oppure se vuoi qualcosa di leggero anche qualche insalata, pesce... dimmi che preparo. Quelle ordinazioni, sicuramente, lo resero alquanto più disponibile a rispondere alle domande di Akira. Omougi era l'uomo adatto: sentiva tutto, sapeva qualsiasi voce corresse a Mugibatake e nel raggio di svariati chilometri. Se succedeva qualcosa di interessante a lui sicuramente non sfuggiva.
    Mh, una ragazza con capacità straordinarie? Allora, mi trovi alquanto... devo dire, confuso ragazzo si grattò il mento A che capacità ti riferisci? Insomma, c'è quella Bara che abita in fondo alla via principale che ho sentito che fa miracoli e fa risorgere anche i morti, ma che diavolo, non sapevo che la sua fama si fosse diffusa così tanto... ahahahaha.


    Chiunque, con un minimo di malizia, avrebbe capito il genere di "arti" cui la donna si dilettava. Dopo quella grassa risata Omougi tornò serio Magari però non ti riferisci alla bella Bara. Ho sentito qualcosa, una ragazza che a quanto pare crea artefatti davvero al bacio per i ninja che ne fanno richiesta. A quanto pare però si fa pagare un botto di soldi o peggio, mi arrivano solo voci frammentate.. ma... tossì appena e si sporse verso Akira, abbassando il tono di voce come se temesse che potesse essere udito A quanto pare ad alcuni chiede come pagamento dei cadaveri ragazzo. Ah tipa pericolosa. Ma non sta qui nel Paese dell'Erba, a quanto ho capito in realtà agisce dentro Taki. Magari s'è spostata, ma non così a sud. Tutti quelli che ne parlano vengono dalla strada che porta a Nord, al confine con Taki, verso Sakana. A sud non ne sanno niente invece, è sempre così. Allora, che prendi da mangiare?



    A quel punto Akira avrebbe potuto capire che, fondamentalmente, aveva sbagliato strada. Non era a Mugibatake che avrebbe dovuto dirigersi da principio, ma a Sakana ed ora - in qualche modo - aveva allungato. Parlando con Omougi avrebbe potuto scoprire parecchie cose: il villaggio di Sakana distava da lì circa duecento chilometri di strada, meno in linea d'aria in quando giunti verso le montagne i sentieri diventavano tortuosi e sconnessi. Per la via c'erano diversi villaggi ma gli ultimi quaranta chilometri erano di assoluta desolazione: una penosa salita tortusa sui monti ed una discesa attraverso il passo Akaga tra i monti, fino a Sakana che si trovava su un lago. Cosa avrebbe fatto?

     
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    Rinnovata sarà la lama che fu spezzata

    Imprevisti


    Beh, certo. Mi sembra ovvio.
    Anzi, direi quasi scontato.
    Poteva mai essere tutto così semplice? Una bella strada pianeggiante che passava tra rigogliosi campi. Impossibile, ovviamente.
    La mia faccia era sintomatica della mia reazione emotivo quando il locandiere finì di parlare. Stavo sbranando una salciccia arrosto squisita e, quando capii a cosa sarei andato incontro, lasciai cadere un pezzo di questa dalla bocca. Senza rispondere al locandiere incominciai a bere la bionda che mi aveva versato dall'inconsueto boccale che questo mi aveva servito quando gli chiesi della birra.
    E lo bevvi tutto. In un sol sorso.
    Certamente avevo avuto conferme per la mia ricerca. Ciò che mi disse mio nonno non erano semplici dicerie. Questa donna esisteva veramente. Unico peccato era che avevo sbagliato strada. Di solo duecento chilometri, una passeggiata praticamente. Ah, certo, e che questa sembrava avere un debole per corpi umani in decomposizione. D'altronde chi opterebbe per dei soldi quando hai la possibilità di farti pagare in cadaveri?

    Ovviamente tutto quel calderone di notizie mi fece chiudere lo stomaco, quindi mollai nel piatto forchetta e coltello e incominciai a contare quei pochi ryo con qui ero partito. « Senta, mi prepari un pò di pane e della carne secca. Ah, e dell'acqua. E mi faccia sapere quant'è. Se non le dispiace mi metto in un angolino a riposare e imprecare a bassa voce. Tanto la strada penso di averla capita bene... » Avrei dovuto solcare terreni montuosi e desolati, per raggiungere Sakana. A quel punto sarei stato più vicino al mio obiettivo. Presi il denaro e lo poggiai sul bancone, aggiungendo a bassa voce. « Almeno questa volta... »

    Dopo un paio d'ore di riposo ringraziai nuovamente il locandiere. Non era sicuramente colpa sua se avevo sbagliato strada, inoltre mi aveva dato comunque qualche informazione utile. Dalle voci che giravano, quella donna era pericolosa. Ma non era il momento di pensarci.
    C'erano delle montagne da attraversare.

     
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    La Via Nord



    La via Nord era chiamata anche la Grigia, giacché man mano che si procedeva verso nord la vegetazione progressivamente diveniva più rada ed al verde si sostituiva sempre di più un grigio roccioso sormontato da spruzzi d'erba ed aspri alberi qui e lì. La strada era assai lunga e si snodava ora dritta ora tortusa in un terreno sempre più aspro e le strette curve tra i crepacci aumentavano di dimensioni man mano che si andava verso nord. Ma il viaggio, per fortuna di Akira, non era scevro di novità allettanti!



    Difatti tra il Villaggio di Mugibatake e Sakana la strada era tutt'altro che desolata, sopratutto prima dell'arrivo dei monti. C'erano difatti diversi villaggi nelle vicinanze e ben due erano direttamente attraversati dalla Via. Per i primi centocinquanta chilometri la strada non era che una via dritta con poche curva che attraversava campi e dolci colline, poi solo negli ultimi cinquanta chilometri si inerpicava tortuosa su un monte fino al passo di Akaga. Da lì poi era una discesa docile e breve fino a Sanaka.




    /*OT

    Da questo momento hai la massima libertà di scelta su come muoverti all'interno di questa mappa che ti è stata proposta. La strada principale passa da Jujiro e poi da Hinansho, le altre sono strade secondarie. Per quanto riguarda le distanze, preferisco in questo contesto dirti quanto tempo ci vuole a percorrere una certa distanza sulla mappa. In definitiva, considerando il regolamento degli inseguimenti fai 300 metri ogni minuti, puoi aumentare la distanza percorsa secondo le regole di inseguimento. Puoi postarti di 50px (un quadrato grande) in un'ora circa di marcia, di 10px (quadrato piccolo) in circa 10 minuti. Puoi decidere dove dirigerti e dove fermarti, a seconda di dove ti dirigerai partiranno determinate scene di gioco.

    */
     
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    La via per il Nord


    A conti fatti era meglio di quel che mi aspettavo.
    A sentir dire la strada a nord per raggiungere Taki era un luogo desolato e impervio, privo di vegetazione e con ben pochi viaggiatori che battevano quel terreno. A testimonianza di ciò il nome della strada non lasciava presagire niente di meglio: la Grigia, così la chiamavano tutti. Ma per adesso il nome non manteneva la fama di quel percorso.
    I campi rigogliosi che facevano da paesaggio a Mugibatake sembravano proseguire inalterati anche a nord del villaggio, così da mantenersi come un unico e indivisibile sfondo agli occhi dei percorrenti. Parlando ancora con Oumugi prima della mia partenza riuscii ad ottenere una descrizione, più o meno specifica, della Grigia. In circa un'ora di viaggio sarei arrivato al primo bivio. Avrei potuto scegliere di proseguire dritto, svoltando a destra, ma in quel modo, anche se il viaggio sarebbe stato più veloce, non avrei avuto modo di cercare di recuperare qualche altra informazione; infatti, se avessi svoltato a sinistra, avrei trovato dopo pochi minuti di strada un ulteriore villaggio che faceva di nome Akakusa.
    Scelsi di percorrere la strada fino a quel villaggio. Una volta lì avrei cercato qualche altra informazione riguardo a quella misteriosa donna. Immaginai di trovare un sosia del signor Oumugi, magari un pò più informato su ciò che mi interessava veramente.
    Una volta raggiunto Akakusa e cercato notizie, avrei proseguito sullo stesso sentiero, almeno indicativamente, il quale mi avrebbe portato, dopo due o tre ore di cammino, a un ulteriore villaggio posto sulla strada principale, Jujiro. A quel che punto la strada era abbastanza obbligata, a meno che non avessi avuto o sentito qualche buon motivo per tornare indietro e prendere il percorso secondario parallelo. che mi avrebbe portato a visitare altri due villaggi, Azuma e Hayase, prima di raggiungere l'ultima tappa per il mio viaggio prima di raggiungere la mia destinazione: il villaggio di Hinansho.
    Zaino in spalla, andatura controllata. Non avevo fretta. Questa già mi aveva fregato una volta, non sarebbe successo un'altra volta.

    Se mi freghi una volta, sei un infame. Se succede una seconda volta, sono io il coglione.

    Speravo solo non ci fossero sulla mia strada ulteriori problemi e ritardi. La speranza, d'altronde, è sempre l'ultima a morire.

     
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    Hinansho



    Il Villaggio di Hinasho era ben altra cosa rispetto a Mugibatake. Era uno snodo ben più importante del piccolo villaggio e sebbene sostanzialmente in un'area non molto abitata da Hinasho nasceva la strada che si arrampicava sui monti fino al passo di Akaga. Il villaggio era circondato da alte mura di legno rinforzate e ben sorvegliate da diverse guardie che distavano una decina di metri l'una dall'altra e che camminavano avanti ed indietro con un ritmo abbastanza regolare, sicché da non ridurre eccessivamente la distanza tra di loro. Le sette ore impiegate da Akira per raggiungere Hinasho avevano fatto arrivare il tramonto e le porte del villaggio erano sbarrate.
    Se si fosse avvicinato, difatti, Akira avrebbe ricevuto un amichevole invito da parte delle guardie stazionate sopra al cancello che - senza mezzi giri - l'avrebbero invitato a girare al largo.
    Cancelli chiusi fino all'alba ragazzo! Gira gente strana di notte. e ben poche delle argomentazioni di Akira avrebbero avuto successo: condannato ad aspettare fuori fino all'alba o a scalare le mura col rischio di finire in prigione.

    A lui l'ardua scelta.



    Scusa per il post misero, ma i conti mi hanno portato a questo - oltre che il poco tempo per creare post lunghi con più ipotetiche - decidi che fare, anche un post breve e si avanza.
    Mi spiace per l'attesa, ma impegnatissimo fui.
     
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    Rinnovata sarà la lama che fu spezzata

    Improvvisazione


    Non ci potevo credere. Eppure, dovevo.

    « Cosa significa "cancelli chiusi"?! State scherzando spero! » Non potevo pensare a qualcosa che potesse andare peggio dopo un giorno di cammino intero. Prima la cattiva notizia del mio errore e il conseguente cambio di itinerario, ed adesso sembrava diventare via via sempre più reale la possibilità di passare una bella, lunga e fredda notte davanti a un cancello sbarrato, a pochi passi da quello che immaginavo essere un posto caldo dove dormire e riposarmi dalle fatiche del giorno. « Non ci voglio credere! » Sbattei un pugno sul portone di legno, guardando con occhi furibondi la guardia sopra di me. « Sono in giro da giorni e adesso mi volete negare un rifugio per la notte! Sono un ninja dell'Accademia, non un brigante! » Mi rifiutavo ancora di credere a quello che stava accadendo. « Allora... Guardi... » Cercai di calmarmi con dei respiri ampi e profondi e appoggiando la mano destra aperta sul mio volto, a coprirlo, come quando hai paura, come se fosse solo un brutto sogno. Dovevo inventarmi qualcosa. « Avevo sentito ben altre voci riguardo all'ospitalità di Hinansho a Mugibatake! Persone per bene, mi avevano detto! » Un altro grosso respiro. Provai quindi a giocarmi tutto quello che avevo. « Sono stato inviato qui dall'Accademia: devo arrivare a Sakane e raccogliere informazioni riguardo a certi fatti che stanno accadendo nella zona a nord di qui...» Osservai attentamente le espressioni delle guardie. A volte le facce parlano più di mille parole. « Riguardo ad una certa persona... Una ragazza, sembrerebbe... Ne sapete qualcosa voi? » Uno dei primi passi per ottenere la fiducia delle persone e farle credere di avere delle cose in comune: uno scopo, dei legami, una paura... « Vi prego, lasciatemi entrare. »

    Il tentativo l'avevo fatto; rimpianti non potevo averne. Di scalare le mura non se ne parlava. Dopo una veloce analisi capii che non avevo possibilità di scalare le mura senza fare, anche un minimo, uso delle maniere forti. E quella opzione l'avevo scartata a prescindere dato il numero delle guardie. Sembrava quasi dovessero attendere un attacco. Dormire fuori non sarebbe stato per niente sicuro, indipendentemente da quale fosse il motivo di tale premura dei guardiani. Laddove la diplomazia non avesse funzionato, avrei deciso di tentare con qualcosa di più ardito.
    Certamente in quello stato di sicurezza le mura erano inattaccabili da una persona soltanto. Con un piccolo diversivo, e con il calare della notte, però, le cose sarebbero potute cambiare.

    Mi sarei allontanato dal villaggio, tornando al corso d'acqua che avevo superato nel pomeriggio, a meno di un'ora di distanza, e, a quel punto, avrei creato una mia copia [Tecnica della Moltiplicazione Acquatica] e con questa sarei tornato, lentamente, al villaggio, attendendo quindi il sopraggiungere delle tenebre. Avrei a quel punto osservato i movimenti delle guardie e la posizione delle eventuali torce. Una volta studiato quanto più possibile i movimenti delle guardie, sarei entrato in azione. Una volta avvicinatomi, muovendomi sempre furtivamente e a turno con il mio clone, mi sarei portato a circa 15 metri dalle mura. A quel punto dovevo attendere, attendere che il mio clone compiesse, quasi del tutto, la scalata. Si sarebbe aiutato con dei kunai, impugnati in entrambi le mani, e con estrema lentezza, l'avrei portato a circa 1 metro dalla sommità delle mura. A quel punto toccava a me nuovamente. Mi avvicinai di più alle mura, ma questa volta non feci propriamente attenzione a non fare rumore. « BRUTTI BASTARDI! Fa troppo freddo qui ora! Fatemi entrare! » Il resto è storia: minacce, imprecazioni, gesti convulsi. Insomma, il solito. Tutto quello che sarebbe servito ad attirare attenzione, l'avrei fatto. In particolare avrei mirato ad attirare l'attenzione delle guardie competenti del tratto di mura in cui era ancora appesa la mia insofferente copia. Sarei arrivato fino alla base delle mura, urlando tanto più forte possibile, tirando calci, pugni e altre imprecazioni nei confronti delle guardie. Tutto questo finché non si sarebbe creata l'occasione giusta. L'occasione che mi avrebbe permesso di bloccare per pochi istanti tutti i miei movimenti, ma quei pochi istanti mi avrebbero permesso di far completare la scalata al mio clone, che si sarebbe vorticosamente gettato dall'altra parte delle mura. Se tutto ciò avesse avuto successo, avrei ripreso nuovamente a muovermi, spostandomi di circa 10-15 metri dalle mura, tanto quanto bastava per mettere in difficoltà la vista delle guardie e per non far dissolvere la mia copia. A quel punto, mi sarei scambiato di posizione con il mio clone. [Passo Scalzante dell'Inganno] Della mia copia le guardie non avrebbero trovato nient'altro che una pozzanghera, mentre io, finalmente, avrei potuto dormire in un vero letto.

    Questo era al piano. L'alternativa, in caso non fosse andato in porto, sarebbe stato quello di andarmi a nascondere quanto più velocemente possibile dalle guardie, con la speranza di poter sistemare il tutto il giorno successivo. Semmai fossi rimasto vivo dopo la notte.

     
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    Hinansho



    C'era da dire che il ragazzo aveva dimostrato un certo grado di inventiva nel tentare l'ingresso. Il diversivo creato per la copia andò abbastanza a buon fine poiché non era molto importante che la copia arrivasse sana e salva a terra dall'altra parte, purché ci arrivasse. Mentre Akira si esibiva in quella catena di espressioni il clone si catapultò sulle mura completando l'ultimo pezzo della sua scalata. gettandosi quasi convulsamente dall'altra parte, ma arrivando. Il biglietto da visita per il ninja.

    Il Villaggio di Hinansho era un posto arroccato ai piedi delle montagne, che incombevano alle sue spalle invisibili nell'ombra notturna. E quasi si potevano sentire lì, maestose, con la neve in alto appena illuminata dalla luna che ne tradiva la presenza.
    Dal punto in cui Akira si trovava il villaggio si spandeva in file regolari di case, non molte ma nemmeno poche, divise in due metà da una lunga strada dritta che si interrompeva in una grossa piazza centrale. Da lì nascevano due strade: una diretta a nordest, che portava verso il cancello a nordest e la strada per il passo di Akaga, l'altra invece andava verso nordovest e portava ai pascoli ed agli allevamenti.

    Proprio nella Piazza Principale c'era la maggior concentrazione di luoghi di interesse. A nord della piazza, dal lato opposto della strada che proveniva da sud dal cancello principale della città, sorgeva maestoso un municipio in mattoni e dura pietra. Ovunque c'erano quelli che erano negozi, quasi tutti chiusi, fatta eccezione per una locanda accogliente gestita da una formosa donna di nome Maki, che aveva sempre camere disponibili (anche a costo di ficcare gli avventori in scomodi e poco affidabili dormitori comuni, sebbene con un sostanziosissimo sconto). Lei aveva molte informazioni riguardo quel luogo, ed una bocca larga come poche. Allo stesso tempo, era una donna volubile e ben attenta a non far niente per niente.

    Al centro della piazza invece sorgeva un monumento: una donna con una lancia in mano, puntata verso la cima dei monti.

    Sbirciando tra le insegne Akira avrebbe potuto notare come c'erano diversi negozi. Un negozio di abbigliamento, un negozio di alimentari, un fioraio ed una strana insegna che recitava Tuttofare a pochi RYO!
    Oltre quello nella piazza c'erano poche case, e quasi tutte in un facoltoso palazzo attaccato al grosso municipio. Le strade a quell'ora erano quasi deserte, ma qualche tardino ancora girava. Alcuni erano ubriachi e parevano provenire tutti da una stradina laterale della via che portava verso il cancello principale. Passando vicino Akira avrebbe potuto udire schiamazzi e risate, nonché la luce di una piccola allegra bettola dove la gente beveva, felice.

    Cosa avrebbe fatto?

     
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    Rinnovata sarà la lama che fu spezzata

    Notte di Baldoria


    Mission Complete. Almeno per la notte sarei sopravvissuto. Cosa da non sottovalutare.
    La copia fece il suo sporco ed ingrato lavoro, facendomi arrivare in tutta tranquillità dalla parte opposta delle mura. Pensai a che faccia avrebbero avuto le guardie se, l'indomani, mi avessero riconosciuto nell'uscire dal villaggio. Un leggero sorriso apparve sul mio volto, quindi incominciai ad osservare intorno a me.
    Hinansho non era sicuramente una metropoli, ma era ben più grande e popolosa di Mugibatake. Le strutture si sviluppavano in maniera ordinata e regolare, quasi a dar l'impressione che si fosse sviluppato tutt'attorno in un unico punto. Probabilmente questo era originariamente un presidio ai piedi delle montagne e, con il passare del tempo, si era ingrandito sempre più. In pochi minuti di ricognizione riuscii ad individuare come punto principale, appunto, una piazza centrale, da cui si diramavano due strade maggiori e meglio curate rispetto alle altre, entrambe che portavano a nord, rispettivamente una verso est e l'altra ad ovest. Al centro della piazza c'era un singolare monumento: una donna con una lancia puntava verso le montagne. Pensai potesse essere il simbolo del villaggio, ma mi ripromisi di chiedere a qualcuno a riguardo. Davanti alla statua, l'edificio più grande del villaggio che, oltre che per dimensioni, si distingueva anche per essere costruito in mattoni rispetto al solito legno, si ergeva sulla piazza. Probabilmente era il municipio o comunque un edificio amministrativo.

    La maggior parte dei negozi era chiuso e decisi di aspettare l'indomani mattina per farmi qualche giro per cercare di reperire informazioni. Chiesi ad un signore, in evidente stato d'ebrezza, dove avrei potuto trovare una locanda per la notte. Questo mi indicò una struttura in legno abbastanza grande nel lato destro della piazza, l'unico con le luci ancora accese. « Quel-la è la lo-canda di Maki, ra-ga-gazzo! » Lo ringraziai e lo lasciai proseguire, barcollando, per la sua strada. Notai, a quel punto, una luce accesa in una viottola laterale, da cui proveniva una gran vociare e dove un buon numero di randagi notturni parevano divertirsi.

    Beh, una buona birra prima di andare a conoscere questa Maki, è proprio quello che ci vuole! Pensai tra me e me, mentre già mi ero incominciato ad avviare verso la locanda. Locanda, sarebbe stato meglio dire bettola, nel senso proprio del termine. La struttura era piccolissima: un bancone centrale, dalle dubbie condizioni igieniche, con una ventina di sgabelli messi in modo confusionario davanti e all'incirca una decina di tavolini tondi disposti alla rinfusa nel locale. All'interno erano presenti circa una ventina di persone, divise per lo più in tre gruppi. Il primo, ed il più numeroso, aveva unito tre tavolini ed era disposto tutt'attorno a questi, intenti a bere grossi boccali di birra. Questo era la fonte del rumore che si poteva sentire fin dalla piazza. Un secondo gruppo era intento a giocare a carte all'angolo in fondo a destra del locale. Infine un terzo gruppo, o, per meglio dire, le restanti persone, erano sedute sugli sgabelli di fronte al bancone, intente a consumare in solitaria le loro birre. Entrai nel locale, ma ben poche persone sembrarono accorgersi di me. Il locandiere era un uomo abbastanza alto e muscoloso, sulla quarantina, con un buffo neo peloso sulla guancia sinistra e una abbondante chioma brizzolata. Quando arrivai al bancone, le mie prime impressioni divennero certezze. Una infinità di chiazze di birra, salse a me ignote, noccioline e quelli che sembravano essere tracce di sangue e saliva erano mischiate su tutta la superficie di legno. A pochi passi da me, un uomo barbuto che emanava un forte odore di alcool, aveva la faccia ben piantata nel bancone e russava copiosamente. Cercando di contenere le mie espressioni, e stando ben attento a non appoggiarmi, salutai l'oste con un cenno della mano. « Buonasera buon uomo! Una mezza pinta, bionda ovviamente! » Avrei quindi cercato di scambiare qualche battuta con l'uomo, partendo semplicemente da come stavano andando gli affari, com'era la vita ad Hinansho, che genere di viaggiatori riceveva e via discorrendo. Avrei cercato, quindi, di arrivare piano piano al mio obiettivo, ovvero verificare se qualcuno conosceva la donna di cui tutti parlavano.

    Una volta uscito dalla tavernetta mi sarei diritto verso la locanda. Maki era una signora sulla quarantina abbondante, estremamente formosa, con una bellissima chioma di color rosso che gli scendeva tutta da un lato e un vestito con un'abbondante scollatura. Era sicuramente un modo per attirare gli incauti viaggiatori. « Sera bella signora... » Ammiccai. « Sto cercando un posto caldo dove dormire questa notte e mi sembra che qui sono nel posto giusto! Ha ancora una camera disponibile per un povero ragazzo così stanco? » Il tempo per parlare con Maki sarebbe venuto l'indomani mattina, adesso avevo estremo bisogno di dormire.

    [...]


    L'indomani mattina sarei all'incirca alle 10 del mattino. Prima di lasciare la stanza, però, riaprii la vecchia carta geografica della regione. Avevo percorso un buon numero di chilometri e adesso la strada si diramava: una ad est mi avrebbe condotto a Sakane tramite il passo di Akaga, l'altra ad ovest ad un villaggio di nome Soryo che sembrava essere nel bel mezzo dei monti. Mi chiesi se non fosse possibile scendere le montagne da quel lato, poichè di percorsi sulla carta non vi era traccia. Dopo una veloce colazione a base di una tazza di tè e un pezzo di pane con del burro e della marmellata nella sala comune della locanda sarei andato a parlare con la proprietaria che era nella piccola reception dinanzi al portone aperto che dava sulla grossa piazza. « Buongiorno alla mia bellissima Maki! Veramente ottima la marmellata, la prepara lei?» Esclamai sorridendo. « Quanto le devo per la camera? » Incominciai a tirare fuori qualche ryo da delle tasche posteriori e, facendo finta di girarmi per prenderli, guardando in questo modo la piazza, aggiunsi. « Mi saprebbe togliere una curiosità? Ma quella statua lì, cosa rappresenta? E' il simbolo di Hinansho per caso? Perché è abbastanza bizzarra come cosa... Guarda il caso starei cercando anche io una donna, che sembra essere pericolosa, e quella statua mi ha ricordato proprio lei! » Cercai di frugare nei suoi occhi qualche reazione. « Dovrebbe agire nei pressi di Sakane... Lei ne ha mai sentito parlare? Una come lei dovrebbe stare proprio in mezzo a tutte queste voci! Inoltre mi saprebbe dire se da Soryo è possibile scendere fino a Sakane? »

    Una volta che mi fui congedato dalla donna, sarei andato a fare un giro per la città, che però non si rivelò essere meglio di quanto poteva apparire la notte. L'unica cosa ad attirare la mia attenzione fu uno strano cartello che recitava "Tuttofare a pochi RYO" appeso in uno strano negozio con una sola finestra, anche questo che dava sulla piazza principale. Decisi quindi di andare a farci un salto prima di passare dal alimentari per fare qualche scorta prima di riprendere il mio cammino verso Sakane. Sempre che non fossi venuto a sapere qualcosa di più interessante.



    Edited by H¡dan - 6/4/2015, 00:10
     
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    Flattery



    La bella Maki era una donna assai sensibile alle lusinghe e si chinò verso Akira quando lui pieno di convinzione le parlò così bene e con così tanta ammirazione. Maki non era stupida: sapeva che gli uomini mentivano quando cercavano qualcosa, ma lei non perdeva di certo l'occasione per lasciarsi lusingare.
    Per cui ascoltò con interesse le domande di Akira e dunque, alla fine posò i gomiti sul bancone sostenendo la testa sul braccio destro quasi con pigrizia, guardando il ragazzo con una certa intensità.
    Oh quella vecchia statua... No, rappresenta una Kunochi che in passato vivette qui. Siamo così confinanti che non è mai stato un posto tranquillo, ma la sua sola presenza si dice che tenesse i ninja di Taki ben alla larga. Era mh... si batté le labbra con un dito, pensando Yui Matsumoto, è vissuta qui fino circa ottanta anni fa. Era una kunochi eccezionale ma si dice ben altro da queste parti fece cenno ad Akira di avvicinarsi Si diceva che fosse un'ottima creatrice di potentissimi artefatti, quasi tutti persi, ma alcuni sopravvivono Soryo. Mi spiace tesoro, ma Soryo è una specie di Monastero ed è in cima alla montagna. Puoi tentare di scendere da Soryo a Sakane rotolando giù per il fianco del monte, ma te lo consiglio, in genere nemmeno i cadaveri arrivano a valle. Per quanto riguarda quella donna di cui dici, oh sì, ho sentito parecchie voci a riguardo da avventori provenienti da Sakane: in molti dicono che ami accoppiarsi con i cadaveri e per questo li richieda in cambio dei suoi servigi, altri dicono che è una che è fuggita da Soryo, altri invece dicono che è una potentissima Nukenin di Taki. Non so a cosa crede, ma so a cosa non credere. Quella storia dell'accoppiarsi con i cadaveri è a dir poco ridicola disse ridendo soffusamente la donna.

    Il negozio di tuttofare era una bottega affollata da oggetti di ogni tipo. Strani marchingegni, orologi (molti orologi) ma anche armi ninja, ingranaggi e molto altro ancora. Ogni centimetro quadro di superficie ad eccezione del pavimento e della piccola vetrina era un'esposizione di ciò che c'era lì.
    L'uomo dietro al bancone era basso e nervosetto, con un sottile paio di baffi ed una pelata incipiente. Aveva un paio di spessi occhiali e si sfregava spesso le mani, guardando l'altro con nervosismo che sembrava quasi terrore.
    Oh salve, salve, cosa posso fare per lei? Abbiamo circa tutto, posso riparare tutto e procurarti più o meno ogni cosa se sei disposto ad aspettare ed a pagare. Sì sì sì. Non ti ho mai visto da queste parti, sei nuovo, vero, sì? Che ci fai qui? Scommetto che devi salire sui monti vero? Non hai la faccia di uno di Taki direi. Perché avrei proprio bisogno di uno che va da quelle parti, decisamente, Cosa voleva dire?

     
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    Rinnovata sarà la lama che fu spezzata

    Una nuova direzione


    Il presentimento sulla statua non si era dimostrato totalmente infondato. Anzi, forse fin troppe coincidenze per i miei gusti.
    Anche la kunoichi rappresentata nella statua aveva la fama di essere una potente creatrice di artefatti, talmente famosa da non far avvicinare i banditi e i predoni grazie alla sua sola presenza. Artefatti potenti, quasi tutti dispersi... Sembrava una descrizione fin troppo familiare per le mie orecchie. « Sopravvivono dici? E dove sopravviverebbero questi magici artefatti? Giusto per curiosità, eh... » Chiesi sorridendo, interrompendo la donna per un istante.

    Che ci fosse un legame tra la donna che cercavo io e quella famosa kunoichi? Troppo presto per dirlo, ma ormai non potevo escludere nessuna possibilità. Maki era comunque - come credevo - molto informata sull'argomento. Questa volta, però, le notizie furono meno buone, anzi, andarono a peggiorare le prime notizie che avevo ricevuto sul conto di quella donna.
    Perfetto, una necrofila... Pensai, sperando vivamente che fossero solo voci di corridoio riportate da qualche viaggiatore spaventato. Altre voci la volevano come una monaca disertrice, altre ancora come una pericolosa nukenin. Speriamo che sia una donna di fede che abbia solo bisogno di ritrovare la retta via... « Brr... » Feci finta - ma neanche troppo -di rabbrividire al pronunciare dell ultime parole di Maki. « Preferirei proprio non scoprirlo... Cosa farebbero gli uomini per stare vicino a una bella donna, eh? ... Ma farsi ammazzare mi sembra troppo! Anche se non tutti sono così fortunati da poter conoscere una donna di classe così affascinante come te... » Le sorrisi. « Comunque, prima di riprendere il viaggio, un'ultima cosa che mi sono scordato di chiederti... Mi sapresti dire il motivo di una tale sorveglianza nel villaggio? Sembra proprio che ci sia qualcosa che preoccupi le guardie... »

    Finito di disquisire amabilmente con Maki, uscii dalla sua locanda ed entrai nello strano negozio "Tuttofare". Strana l'insegna, strani articoli, ma ancor più strano proprietario. Un signore pelato molto basso e palesemente elettrico era dietro al bancone, rivolgendomi la parola ancor prima che finissi di superare la soglia. E sommergendomi, letteralmente, di domande. « Calma calma, amico! Una cosa per volta! Sì, sono nuovo, ad essere più precisi stavo proprio per ripartire! Ma la mia destinazione non era proprio Soryo, a dire il vero, però... » Lo guardai attentamente.« Potrei sempre pensare di fare un piccolo tour turistico fuori programma! Dipende sempre da quello che devo fare, e dalla giusta ricompensa, immagino... » In verità avevo già deciso di salire fino al monastero di Soryo. Secondo Maki, infatti, era possibile che la donna che cercavo provenisse proprio da quel posto, quindi speravo di poterci trovare qualche informazione in più, e magari qualche voce meno discordante e più realistica su quella donna. Ma, a quel punto, perché farlo gratis?

    Nel caso fossi riuscito a farmi promettere una ricompensa, sempre che l'incarico non fosse stato qualcosa di troppo strano e/o pericoloso, avrei accettato le richieste del bottegaio, ed avrei intrapreso la strada verso ovest del villaggio, che mi avrebbe portato verso Soryo. Una volta giunto all'ingresso del villaggio sarei uscito con più spensieratezza e tranquillità possibile, fischiettando beatamente.

    Da quel momento in avanti, la vegetazione sarebbe quasi del tutto scomparsa. Infatti, mano a mano che avanzavo, il verde lasciava sempre più spazio al grigio e al marrone, mentre le montagne si avvicinavano sempre più. Quando anche il terreno avrebbe lasciato spazio alla nuda roccia, significava che stava per aver inizio la mia scalata verso Soryo. A giudicare dalle distanze, avrei impiegato un bel pò di ore per raggiungere la sommità delle montagne. Lì avrei deciso se passare la notte lì o, se fossi riuscito a fare tutto velocemente, riscendere a valle per pernottare nuovamente nella locanda di Maki. Magari, ai suoi clienti più fedeli, poteva fare un trattamento di favore.

     
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