Rinnovata sarà la lama che fu spezzata

[Kusa]

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  1. -Hidan
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    Rinnovata sarà la lama che fu spezzata

    La sua Arte


    Le mie parole, le mie conoscenze, il suo nome, niente di tutto ciò creò imbarazzo o altro stato d'animo in Hyori Matsumoto. Anche per mia fortuna, possiamo dire.
    L'Artista si fece raccontare tutte le vicende che riguardavano, in qualche modo lei, Hinansho, il Monastero del Sangue e i suoi abitanti, suo padre. Niente di ciò che dissi la poté scalfire in alcun modo. Niente sembrava poter attirare la sua attenzione in modo particolare di tutto quello che gli avevo raccontato, e presto capii il perché. In modo quasi atarassico, Hyori mi raccontò la sua vera storia, senza punti oscuri a lasciare qualche parte in sospeso. La storia dell'anziano monaco era vera, per la gran parte, ma ciò che gli era sfuggito di riferirmi erano le loro pratiche sanguinarie: probabilmente presto sarebbe finito anche lui trafitto da quella stessa spada che ora era conficcata nel petto di una statua d'oro. Ora capivo perché era fuggita da quel luogo, tutt'altro che paradisiaco malgrado le apparenze di pace e serenità che il luogo dov'era posizionato trasmetteva. Per quel che riguardava la promessa fatta che sarei riuscito a riportare la pace tra i Matsumoto e il Monastero, in qualche modo, la portai a termine. Non sarei voluto essere al posto di Oniji Matsumoto quando la figlia sarebbe tornata da lui unicamente per dirgli in faccia quanto fosse grande il disprezzo per lui. Io, però, non avevo colpe, e con un senso di pace in me stesso potei ritenere la mia promessa mantenuta: l'oro era stato ben guadagnato, in modo tutt'altro che apprezzabile, ma pur sempre meglio rispetto al disonorevole furto di un uomo anziano che avrei, forse, potuto compiere. Adesso, però, toccava alla parte del discorso che più mi riguardava da vicino.
    Dopo pochi attimi di silenzio, la risposta della donna fu perentoria e insindacabile: era un no secco, crudo, diretto. Insindacabile. Mi sentii quasi cadere dalla sedia quando la stanza affondò nel silenzio, e la mia bocca si aprii involontariamente. Tutta quella strada, per ricevere una risposta del genere: avrei preferito morire, quasi. Per fortuna, Hyori argomentò la sua risposta, prima ancora che io ritrovai le forze per rispondere. Non avrebbe potuto insegnarmi la sua arte, perché la sua arte era diversa. Mi disse di seguirla e, attraversando una porta scorrevole che chiusi dietro di me, arrivammo in una stanza vuota che, dopo l'attivazione di un meccanismo nascosto nel tatami, si dimostrò l'accesso per un ulteriore luogo. Scesi le scale, seguendo la Matsumoto, finché arrivammo in quella che doveva essere la sua stanza da lavoro. Nel luogo, abbondantemente illuminato, c'erano un lungo tavolo e una vasca da bagno con pareti in plastica. Non ebbi il coraggio di chiedere a cosa servisse. Al termine della stanza, ulteriori due porte conducevano ad altre due stanze. Entrammo in quella di destra; ancora una volta, non chiedetti cosa ci fosse in quella di sinistra per non sapere la risposta, anche se ormai qualcosa avevo più che intuito. Nella stanza a destra ero, quindi, arrivato al termine del mio viaggio: ai miei lati, infinite teche, appositamente ordinate, contenevano un numero indefinito di armi, ognuna diversa nel genere dall'altra. Non ve ne erano due uguali, e immaginai che non avessero in alcun luogo del mondo una copia identica a loro. Lì, in quella stanza, la donna mi rivelò la sua "arte": non era un fabbro, era qualcosa di diverso, di unico. Hyori Matsumoto creava artefatti donandogli poteri unici, poteri derivanti da corpi umani, da cadaveri, fusi insieme ad un'arma per renderla unica. A testimonianza di quanto diceva, la donna mi diede una rapida dimostrazione di quello che erano in grado di fare i suoi artefatti. Un bastone in legno riuscì a creare un alberello di legno dal pavimento. « Non ho parole... » Ma la dimostrazione non era finita, visto che la donna aveva operato anche con un mio familiare. Prese da una teca un guanto da combattimento il quale, dopo qualche tempo, crebbe di dimensione e, probabilmente, di capacità offensiva. Deglutii visibilmente. « Beh, a questo punto, direi che sono stato fortunato che lei abbia già lavorato con uno del mio clan... Eheheh... » Una risata forzata uscì dalla mia bocca, densa di una preoccupazione mista a paura e terrore. In sostanza, la donna non è che non voleva aiutarmi, non poteva aiutarmi. Lei era in grado di fare qualcosa di estremamente superiore rispetto al creare un'arma. Mi suggerì di cercare a Konoha, magari, terra di grandi fabbri. Ma presto svelato fu l'arcano mistero: la donna, come diceva anche lei stessa, era sempre in cerca di affari. Presi al balzo l'opportunità: questa mia scoperta avrebbe potuto donare un enorme vantaggio, non solo a me, ma a tutto il Villaggio. La notizia doveva essere riportata sicuramente al Mizukage, e contenuta per quanto possibile una possibile fuga di notizie. Per fortuna il posto sede dei suoi affari era tutt'altro che al centro del mondo. « Signorina Matsumoto, questa giornata penso possa essere l'inizio di una grande e lunga collaborazione d'affari. So con chi parlare e Le prometto che avrà ben presto mie notizie. A proposito... » Un attimo di esitazione, ma scomparve all'istante quando trovai il coraggio di proseguire. « Sarebbe così gentile da potermi fare una lista dei suoi artefatti? Cioè, si... Un listino, praticamente, non so come chiamarlo... Potrebbe essere utile! » Adesso, però, c'era un'ultima questione da affrontare prima che potessi tornare sui miei passi. « Signorina Matsumoto, avrei a cuore poi un'altra questione... Che Lei conosce meglio di me: riguarda Masashi e Hina, due fratelli che conosce molto bene. La ragazza mi ha raccontato le loro vicende e l'ottusità del fratello, ma sarebbe così gentile da poter annullare il Suo credito nei loro confronti? In cambio, Le do la mia parola, sarò io che a tempo debito recupererò il metallo che Le appartiene di diritto. Non posso farlo subito perché ho necessità di rientrare nel mio Villaggio, ma come primo passo di questa lunga e prosperosa collaborazione tra Lei e Kirigakure sarebbe un gesto di misericordia che gradirei tantissimo... Sono entrambi bravi ragazzi, non rovini la vita di quella bellissima ragazza...» Cercai di mantenere anche quella promessa: per quanto tutt'altro che angelica, la sua bellezza mi aveva abbindolato e io, per quanto idiota, mantenevo sempre le mie promesse.

    Se avesse accettato la mia richiesta gli avrei promesso che molto presto sarei tornare per ripagare l'onere che avevo assunto nei suoi confronti e, con tutta probabilità, con qualcosa da scambiare. A quel punto, avrei concesso un leggero inchino in direzione dell'Artista. « Signorina Matsumoto, la saluto e Le prometto che ci rivedremo molto presto! » A quel punto sarei uscito sarei uscito dalla casa e mi sarei andato a sdraiare lunga la riva del lago, a mirare il calar del sole ormai quasi del tutto sparito e a rimembrare tutto ciò che mi aveva condotto fino a quel luogo. Il viaggio di ritorno sarebbe stato ben più breve dall'andata, e non ugualmente stancabile, ma non mi sarei mai sognato di mettermi subito in marcia. Una sosta nella locanda di Sakane era d'obbligo per quella sera. Sperando di non cadere in tentazione. Portai ancora una volta la mano a toccare l'oro nella mia giacca. Il bordello era di strada, e sicuramente il denaro mi sarebbe bastato per più di una notte di baldoria, ma no... Dovevo essere forte. Accarezzato dal tocco leggero del vento, restai lì finché il sole non fosse calato del tutto al di là dei monti in lontananza, quindi mi sarei diretto nella locanda. La mattina seguente, alle prime luci, avrei rimesso la sacca in spalla e mi sarei apprestato a tornare a Kiri.
    Avevo più di una notizia da riferire al Mizukage.

     
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