Rinnovata sarà la lama che fu spezzata

[Kusa]

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    Rinnovata sarà la lama che fu spezzata

    Dinanzi all'Artista


    L'attesa era finita, da lì a poco sarei stato al cospetto di Hyori Matsumoto.
    Niente più voci, niente più strane e oscure storie, presto avrei saputo tutta la verità che si celava dietro la figura dell'Artista. Il nerboruto mi fissò per un largo tratto, senza proferir parola; quando si decise a parlare, si decise di accompagnarmi dinanzi al portone d'entrata della austera casa. Se la casa avesse potuto mai avere qualche segno di civiltà al suo interno, stessa cosa non si poteva dire del selvaggio giardino: erba incolta, radici e piante, inaccuratamente, crescevano tutt'attorno alla dimora, incontrastate e incontrollate. Prima di ciò, mi avverti che alla Matsumoto piaceva molto parlare d'affari, un pò meno del suo passato. « Non ti preoccupare, voglio fare solo quattro chiacchiere in privato... A nessuno piace parlare della propria vita passata, soprattutto se è colma di ricordi dolorosi. » Quindi, dopo che questo mi aprì la porta e mi raccomandò, senza usare mezze parole, di seguire tassativamente la strada che mi aveva indicato se ero veramente intenzionato a voler uscire da quella casa con le mie gambe. Annuii, in silenzio, quindi varcai la soglia.
    La casa era buia, oscura, adornata in modo tetro sebbene in modo curato, a differenza del giardino. Proseguii dritto come da istruzioni, fino a quando trovai una lunga scalinata in legno. I gradini scricchiolavano ad ogni passo, quasi a volere presagire il mio arrivo. Non pensai neanche ad un momento di volermi addentrare in una delle stanze diverse da quelle che mi furono indicate: probabilmente il grosso uomo sarebbe stato in grado di farmi male senza l'utilizzo di vuote minacce, quindi non avevo nessuna intenzione se le sue parole fossero vere o meno. Giunto al secondo piano, mi fermai davanti alla prima porta a sinistra, come preannunciato. Bussai. Immediatamente, una bella e profonda voce femminile mi diede segno di poter entrare. Girai la maniglia, ormai eccitato, desideroso di voler incontrare la ragazza prodigio di cui avevo sentito tanto parlare e per cui avevo fatto tanta strada.
    La stanza era ampia, con un gran tavolino al centro su cui fumava una teiera e due tazze. Dall'altro lato del tavolo, intenta a sorseggiare la bevanda calda, c'era una donna, poco più che una ragazza in verità, dai capelli e gli occhi scuri, estremamente aggraziata e raffinata: Hyori Matsumoto, l'Artista. Feci un piccolo inchino, quindi mi addentrai verso il centro della stanza, sedendomi sulla piccola sedia in legno dal lato opposto al suo. « Buonasera, Artista... Sono Akira Hozuki, ma questo Lei lo sa già... Posso chiamarla con il suo vero nome? » Attesi una risposta prima di proseguire. « E si, grazie, gradirei con estremo piacere il tè. La sto cercando da molto, molto tempo. Dire che sono stanco è un eufemismo. » Accennai un sorriso. Mentre l'Artista mi versava il tè dalla fumante teiera, potei notare che le sue mani erano altrettantemente graziose e raffinate come tutta la sua figura. Nessuno al mondo l'avrebbe potuta mai chiamare "fabbro" o con altri termini. Forse il suo nome rendeva veramente omaggio alla sua abilità. Lei era un'artista. Versato il tè, presi la tazza tra le mani. « La ringrazio... » Piccolo cenno della testa, quindi bevvi un sorso. Non ebbi nessun timore ad accettare: tra tutti i modi con cui mi avrebbe potuto uccidere, il veleno in una tazza di tè era sicuramente l'ultimo. La bevanda si rivelò essere squisita, saporita e delicata insieme. « Veramente ottimo il tè... Ma io non sono qui per questo, e sicuramente neanche Lei è qui per offrirmi del tè... » Feci una piccola pausa, intervallata da un suo intervento, in cui mi chiedeva di parlare d'affari. « Artista... » O, nel caso mi avesse dato precedentemente istruzione di poter usare il suo nome. « Signorina Matsumoto... Sono partito fino dal Villaggio della Nebbia una volta sentite storie riguardanti le Sue gesta, le Sue capacità... Capacità uniche, incredibili, degne di un vero e proprio Artista... Come penso saprà, Kirigakure è la patria di tutti i grandi artefatti, soprattutto in tema di spade, e anche la mia famiglia ne possiede una, da tempo ormai quasi ignoto, dai poteri incredibili e fantastici, ma... Purtroppo... Spezzata... » Feci una piccola pausa, pensando alla promessa fatta a mio nonno, ormai quasi due settimane fa. « Io sono qui, principalmente, per apprendere da Lei anche i più piccoli segreti della sua arte, se mai questo fosse possibile, o, in alternativa, di invitarla a Kirigakure, sotto compenso, ovviamente, della nostra Amministrazione... » Improvvisazione, il mio piatto forte, ma ero speranzoso del fatto che se avessi portato una donna del genere a Kiri, il Mizukage sarebbe stato ben felice di pagare per i suoi servigi, soprattutto in quel momento storico con le Sette ancora da (ri)forgiare. « Non so se Lei ha alcun interesse in quel che sto dicendo, mi dicono che sia una donna d'affari, ma riguardo i suoi affari, nei villaggi confinanti, girano solo voci e pettegolezzi. In verità, nessuno sa bene quali sono gli affari che Lei predilige... » Era quasi un invito per scoprire e mettere a tacere, una volta per tutte, le notizie riguardanti i suoi strani esperimenti riguardanti i cadaveri. « Io non so cosa desidera, non so a cosa ambisce, non so a cosa e dove sta puntando... Ma io conosco il suo passato e, in particolare, se Lei mi darà il permesso di parlare, ho tante notizie che mi è stato detto di riportarLe... » Avrei atteso una qualsiasi parola o segno di andare avanti nel discorso, altrimenti avrei continuato. « Notizie dal Monastero del Sangue, e da Hinansho... » A rinforzar la dose. Attesi ancora una volta un suo eventuale segno o parola prima di continuare nel mio eventuale discorso. « Ho conosciuto sia suo padre, Oniji Matsumoto, che il monaco con cui tanto tempo è vissuta. Mi hanno raccontato, più o meno, e con alcuni periodi oscuri, la Sua storia, fatta da tristezza ma anche da tante, tante incomprensioni, e se Lei me lo permetterà, ho promesso di raccontarLe tutto... »
    Nel caso in cui avesse dato il suo bene placido, avrei intrapreso a raccontare la storia di come avevo conosciuto suo padre, di come ero stato incaricato di rubare i suoi due artefatti dal Monastero del Sangue e di come, una volta lì, una volta venuto a sapere della sua storia, avevo promesso di raccontare tutto a Lei, se l'avessi mai trovata, per chiederLe di farla ricongiungere con il suo povero padre.
    Adesso, spettava a Lei far luce su finalmente su quella oscura storia.

     
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    Rinnovata sarà la lama che fu spezzata

    L'arte dell'Estrazione



    La donna ascoltò con vago interesse le parole di Akira Hozuki, senza mostrare alcun segno quando lei pronunciò il suo nome, quello del di lei padre e quando disse che aveva persino visitato quel monastero. Ma quando si parava di affari lei era sembre ben in ascolto, sebbene rimase appena delusa. Ciò che Akira Hozuki voleva non rientrava nelle sue capacità, purtroppo per lui - e per Kiri -. La donna bevve ancora un lungo sorso di te con fare aggraziato e con cautela posò la tazza sul tavolino.
    Parla pure di mio padre. Sono sorpresa, nessuno prima d'ora aveva avuto l'ardire di venire qui pronunciando il suo nome.
    Così ascoltò il racconto di Akira, ma la sua espressione tranquilla mai mutò. Non unìombra di tristezza, di nostalgia, rabbia o disgusta velò quel bel viso pallido.
    Oh, il mio caro padre. Disse con un tono indecifrabile, a metà tra il nostalgico ed il canzonatorio. Solo, in difficoltà, decise di salvarsi dalla furia dei monaci lasciandomi come ostaggio. Si liberò di me e delle incombenze che io rappresentavo. Quando fui abbastanza grande per capire, fuggii disgustata. Ma ti ringrazio, sapere che in un certo qual modo ancora le sue notti sono tormentate a causa mia mi rende felice. Ed i monaci oh i monaci! Fece una risatina educata.
    Gentili vero? Il vecchio ti ha mostrato solo la sua faccia buona, ma la loro religione è crudele. Kami Senketsu è una dea crudele e il suo Idolo diviene più forte quanto più sangue beve. Non hai idea di quanti cadaveri giacciono sotto la terra di quel pacifico posto, e quanto sangue ha bevuto quella spada conficcata nel petto della statua di mia nonna. Sarei potuta rimanere lì, ma quando sono andata via la puzza del sangue mi aveva disgustata. So che però ormai il Vecchio è rimasto solo.
    Fece una pausa di riflessione. Era da molto, molto tempo che non udivo di mio padre e del vecchio. Ho scelto di essere sorda a loro e temo che lo rimarrò. Tuttavia, non sono sordo a quanto dici tu. Comprendo che non è giusto nei confronti dei monaci di Soryo che mio padre mandi gente a rubare ciò che è legittimamente loro. Crudeli o meno, sono stati gentili con me e ripagherò quella gentilezza dicendo a mio padre quanto lo disprezzo per quanto mi ha fatto.
    Snocciolata quella spiegazione, passò alla proposta di Akira. No.
    Quel rifiuto aleggiò per un lungo istante nella stanza, pesante come un macigno.
    Purtroppo, non è quella la mia arte. Non valgo mio padre e non valgo mia nonna. Io sono diversa, ho voluto fare qualcosa di mio. L'Artista si alzò e fece cenno ad Akira di seguirle. Si diresse verso una porta scorrevole che divideva in due la stanza, e si ritrovò in una stanza vuota. Chiudi la porta dietro di te per favore. Una volta che AKira l'avesse fatto la donna si avvicinò al secondo tatami a partire da destra della terza fila. Lo toccò con le dita e questo si infossò appena, scorrendo di lato.
    Una serie di scale portavano un luogo di lavoro, illuminato quasi a giorno da molte luci. La stanza era fatta da un tavolo assai simile ad un tavolo autoptico, mentre di fianco vi era una specie di vasca vuota, troppo stretta per un corpo umano, ma lunga almeno tre metri. Le sue pareti erano in plastica trasparente. Dalla parte opposta di quella stanza così asettica c'erano due porte. La donna lo condusse verso quella di destra. Una volta che Akira entrò lei accese la luce ed ecco molte, molte armi diverse di qualsiasi tipo perfettamente ordinate in appositi porta armi stagliarsi dinanzi a lui.
    La mia arte, Akira Hozuki, è l'estrazione. Io lavoro con i cadaveri: estraggo da loro poteri e conoscenze e li metto in armi. Si avvicinò ad una delle teche, e prese un bastone. Creando questo. Batté il bastone in terra e ad un metro dall'Hozuki nacque un alberello. Era il potere dei Senju di Konoha!
    Sei un Hozuki, no? Una volta ho lavorato con uno di loro. Ed a quel punto il significato di "lavorato con uno di loro" appariva inquietnate. Sarebbe stato più corretto dire "aveva lavorato su uno di loro". La donna camminò tra le armi finché non trovò che cercava: una specie di guanto rinforzato da placche in metallo.
    Scomodo poiché richiede molta acqua per funzionare, ma può essere interessante. Lo infilò in una mano delicata e dopo un po' il quanto si gonfiò, divenendo enorme. Sicuramente persino la forza di un pugno scagliato in quel modo era parimenti aumentata.
    La donna tolse il guanto e lo rimise al suo posto.
    Non so creare ne riparare ciò che chiedi. Ho ideato da me quest'arte, poiché mio padre non era con me ad insegnarmi la sua. E non sono disposta per nulla al mondo ad insegnare a chicchessia ciò che so fare. e fu decisamente categorica, per quanto ancora straordinariamente ordinata. Non è qui a Taki che la tua rcerca avrà compimento. Ti do questo consiglio, Akira Hozuki. Torna al Villaggio della Nebbia e parla con chi del mondo forse conosce più di te. So che a Konoha ci sono ottimi fabbri che potranno aiutarti nella tua ricerca. Sorrise appena.
    Ti starai chiedendo perché ti ho mostrato ciò che so. Se mai dovessi avere un qualche cadavere interessante ed un bel po' di Ryo... potrai avere un'arma da me. Se mai trovassi un cadavere che ritieni interessante puoi venire qui a farmelo vedere, potrei essere io a dare Ryo a te.
    Akira Hozuki. Solo un altro cliente al quale la bella Hyori Matsumoto stava facendo pubblicità.

    E la ricerca di Akira Hozuki si poteva considerare conclusa. Almeno a Taki. Se fosse stata un fallimento o meno, stava a lui determinarlo con le azioni che avrebbero mosso i suoi passi da quel momento in poi.
     
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    Rinnovata sarà la lama che fu spezzata

    La sua Arte


    Le mie parole, le mie conoscenze, il suo nome, niente di tutto ciò creò imbarazzo o altro stato d'animo in Hyori Matsumoto. Anche per mia fortuna, possiamo dire.
    L'Artista si fece raccontare tutte le vicende che riguardavano, in qualche modo lei, Hinansho, il Monastero del Sangue e i suoi abitanti, suo padre. Niente di ciò che dissi la poté scalfire in alcun modo. Niente sembrava poter attirare la sua attenzione in modo particolare di tutto quello che gli avevo raccontato, e presto capii il perché. In modo quasi atarassico, Hyori mi raccontò la sua vera storia, senza punti oscuri a lasciare qualche parte in sospeso. La storia dell'anziano monaco era vera, per la gran parte, ma ciò che gli era sfuggito di riferirmi erano le loro pratiche sanguinarie: probabilmente presto sarebbe finito anche lui trafitto da quella stessa spada che ora era conficcata nel petto di una statua d'oro. Ora capivo perché era fuggita da quel luogo, tutt'altro che paradisiaco malgrado le apparenze di pace e serenità che il luogo dov'era posizionato trasmetteva. Per quel che riguardava la promessa fatta che sarei riuscito a riportare la pace tra i Matsumoto e il Monastero, in qualche modo, la portai a termine. Non sarei voluto essere al posto di Oniji Matsumoto quando la figlia sarebbe tornata da lui unicamente per dirgli in faccia quanto fosse grande il disprezzo per lui. Io, però, non avevo colpe, e con un senso di pace in me stesso potei ritenere la mia promessa mantenuta: l'oro era stato ben guadagnato, in modo tutt'altro che apprezzabile, ma pur sempre meglio rispetto al disonorevole furto di un uomo anziano che avrei, forse, potuto compiere. Adesso, però, toccava alla parte del discorso che più mi riguardava da vicino.
    Dopo pochi attimi di silenzio, la risposta della donna fu perentoria e insindacabile: era un no secco, crudo, diretto. Insindacabile. Mi sentii quasi cadere dalla sedia quando la stanza affondò nel silenzio, e la mia bocca si aprii involontariamente. Tutta quella strada, per ricevere una risposta del genere: avrei preferito morire, quasi. Per fortuna, Hyori argomentò la sua risposta, prima ancora che io ritrovai le forze per rispondere. Non avrebbe potuto insegnarmi la sua arte, perché la sua arte era diversa. Mi disse di seguirla e, attraversando una porta scorrevole che chiusi dietro di me, arrivammo in una stanza vuota che, dopo l'attivazione di un meccanismo nascosto nel tatami, si dimostrò l'accesso per un ulteriore luogo. Scesi le scale, seguendo la Matsumoto, finché arrivammo in quella che doveva essere la sua stanza da lavoro. Nel luogo, abbondantemente illuminato, c'erano un lungo tavolo e una vasca da bagno con pareti in plastica. Non ebbi il coraggio di chiedere a cosa servisse. Al termine della stanza, ulteriori due porte conducevano ad altre due stanze. Entrammo in quella di destra; ancora una volta, non chiedetti cosa ci fosse in quella di sinistra per non sapere la risposta, anche se ormai qualcosa avevo più che intuito. Nella stanza a destra ero, quindi, arrivato al termine del mio viaggio: ai miei lati, infinite teche, appositamente ordinate, contenevano un numero indefinito di armi, ognuna diversa nel genere dall'altra. Non ve ne erano due uguali, e immaginai che non avessero in alcun luogo del mondo una copia identica a loro. Lì, in quella stanza, la donna mi rivelò la sua "arte": non era un fabbro, era qualcosa di diverso, di unico. Hyori Matsumoto creava artefatti donandogli poteri unici, poteri derivanti da corpi umani, da cadaveri, fusi insieme ad un'arma per renderla unica. A testimonianza di quanto diceva, la donna mi diede una rapida dimostrazione di quello che erano in grado di fare i suoi artefatti. Un bastone in legno riuscì a creare un alberello di legno dal pavimento. « Non ho parole... » Ma la dimostrazione non era finita, visto che la donna aveva operato anche con un mio familiare. Prese da una teca un guanto da combattimento il quale, dopo qualche tempo, crebbe di dimensione e, probabilmente, di capacità offensiva. Deglutii visibilmente. « Beh, a questo punto, direi che sono stato fortunato che lei abbia già lavorato con uno del mio clan... Eheheh... » Una risata forzata uscì dalla mia bocca, densa di una preoccupazione mista a paura e terrore. In sostanza, la donna non è che non voleva aiutarmi, non poteva aiutarmi. Lei era in grado di fare qualcosa di estremamente superiore rispetto al creare un'arma. Mi suggerì di cercare a Konoha, magari, terra di grandi fabbri. Ma presto svelato fu l'arcano mistero: la donna, come diceva anche lei stessa, era sempre in cerca di affari. Presi al balzo l'opportunità: questa mia scoperta avrebbe potuto donare un enorme vantaggio, non solo a me, ma a tutto il Villaggio. La notizia doveva essere riportata sicuramente al Mizukage, e contenuta per quanto possibile una possibile fuga di notizie. Per fortuna il posto sede dei suoi affari era tutt'altro che al centro del mondo. « Signorina Matsumoto, questa giornata penso possa essere l'inizio di una grande e lunga collaborazione d'affari. So con chi parlare e Le prometto che avrà ben presto mie notizie. A proposito... » Un attimo di esitazione, ma scomparve all'istante quando trovai il coraggio di proseguire. « Sarebbe così gentile da potermi fare una lista dei suoi artefatti? Cioè, si... Un listino, praticamente, non so come chiamarlo... Potrebbe essere utile! » Adesso, però, c'era un'ultima questione da affrontare prima che potessi tornare sui miei passi. « Signorina Matsumoto, avrei a cuore poi un'altra questione... Che Lei conosce meglio di me: riguarda Masashi e Hina, due fratelli che conosce molto bene. La ragazza mi ha raccontato le loro vicende e l'ottusità del fratello, ma sarebbe così gentile da poter annullare il Suo credito nei loro confronti? In cambio, Le do la mia parola, sarò io che a tempo debito recupererò il metallo che Le appartiene di diritto. Non posso farlo subito perché ho necessità di rientrare nel mio Villaggio, ma come primo passo di questa lunga e prosperosa collaborazione tra Lei e Kirigakure sarebbe un gesto di misericordia che gradirei tantissimo... Sono entrambi bravi ragazzi, non rovini la vita di quella bellissima ragazza...» Cercai di mantenere anche quella promessa: per quanto tutt'altro che angelica, la sua bellezza mi aveva abbindolato e io, per quanto idiota, mantenevo sempre le mie promesse.

    Se avesse accettato la mia richiesta gli avrei promesso che molto presto sarei tornare per ripagare l'onere che avevo assunto nei suoi confronti e, con tutta probabilità, con qualcosa da scambiare. A quel punto, avrei concesso un leggero inchino in direzione dell'Artista. « Signorina Matsumoto, la saluto e Le prometto che ci rivedremo molto presto! » A quel punto sarei uscito sarei uscito dalla casa e mi sarei andato a sdraiare lunga la riva del lago, a mirare il calar del sole ormai quasi del tutto sparito e a rimembrare tutto ciò che mi aveva condotto fino a quel luogo. Il viaggio di ritorno sarebbe stato ben più breve dall'andata, e non ugualmente stancabile, ma non mi sarei mai sognato di mettermi subito in marcia. Una sosta nella locanda di Sakane era d'obbligo per quella sera. Sperando di non cadere in tentazione. Portai ancora una volta la mano a toccare l'oro nella mia giacca. Il bordello era di strada, e sicuramente il denaro mi sarebbe bastato per più di una notte di baldoria, ma no... Dovevo essere forte. Accarezzato dal tocco leggero del vento, restai lì finché il sole non fosse calato del tutto al di là dei monti in lontananza, quindi mi sarei diretto nella locanda. La mattina seguente, alle prime luci, avrei rimesso la sacca in spalla e mi sarei apprestato a tornare a Kiri.
    Avevo più di una notizia da riferire al Mizukage.

     
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    La fine



    La donna lo guardò per un istante, dunque non rispose subito alle sue parole. Sarò lieta di fare affari con Kiri, purché qui si presenti qualcuno di più importante di un ragazzo inesperto che è qui per i suoi affari ka frase tagliente fu pronunciata con un sorriso quasi angelico Ma non temere, non rifiuto mai l'occasione di far soldi. Qualcuno però potrebbe obiettare, i segreti contenuti in queste armi sanno essere pericolosi ma aimé, il metallo non concede nulla al contrario del corpo umano.
    Dopo ciò Akira gli parlò di Masashi ed Hina. La donna ancora una volta apparve quasi indifferente e probabilmente lo era davvero. Condusse l'Hozuki fuori di lì ed una vlta tornati nella stanza dove si erano incontrati parlò.
    Masashi mi ha preso in giro, Hozuki. Sei un bravo ragazzo, immagino che tu ti sia lasciato ingannare dalla bellezza di Hina. Sospirò, dunque chiuse gli occhi per alcuni secondi. Circa una decina. Quando li riaprì, una lieve risata cristallina proruppe dalle sue labbra.
    Qui ci sono molti modi per far soldi, Akira. Lavori forse faticosi, ma non degradanti come quello di Hina. Fece una pausa e sorrise appena, ancora divertita Ma chi decide che è degradante un lavoro? La società? Forse, ma intimamente ognuno fa ciò che più gli aggrada avendo molte scelte a sua disposizione. Si avvicinò ad Akira, gli passò di fianco. Un profumo buono e pungente lo colse.
    Hina-chan, la cara angelica Hina, ama aprire le gambe gratis fin troppo facilmente. Ha solo deciso di farlo diventare il suo lavoro. Il debito con Masashi rimarrà e sarà lui a doverlo saldare, perché lui mi ha preso in giro. Adesso è qui fuori, ti ha seguito di nascosto, forse vorrà farti qualcosa. Presto il mio caro Kuma andrà e lo caccerà. Non preoccuparti per quell'anima dannata di Masashi e nemmeno per quella donna di basso borgo. Quel metallo dovranno portarmelo loro, altrimenti tutti crederanno che ci si può far beffe di me. Sorrise, dolcemente. E questo non deve mai accadere.

    Così Akira fu libero di andar via. Non trovò nessuno ad ostacolargli la strada. Kiri lo attendeva.
     
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