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Ritorno a Casa
Dinanzi ad alte mura
Le mura di Kiri erano sempre le stesse. Alte, inondate di acqua con un aspetto stranamente decadente. Non era una novità, Kiri era sempre stata un posto poco allegro sin da quando ci avevo messo piede. Le giornate soleggiate erano scarse, le giornate di nebbia molte, lunghe e sicuramente umide. Non era un posto caldo e accogliente, non era il più bel Villaggio sulla faccia della Terra, non era fatto di gente sempre cordiale e di buon carattere ed anzi spesso inquietanti, ma era casa. Era la mia casa, senz'ombra di dubbio. E non riuscii a non sentirmi un attimo, nel profondo del mio cuore, commosso nel vedere quelle mura che per mesi avevo dimenticato ogni giorno in un circolo vizioso senza fine che mi aveva segnato l'anima ed il corpo.
Feci un lungo respiro, sentii l'aria umida pervadere le mie narici ed i miei polmoni. Ero a casa.
Un lungo cappuccio mi teneva coperto il viso e non lasciavo che alcuno potesse vedere lamia faccia. Ero sempre lo stesso, anche se i miei occhi rivelavano bel altra cosa. Itai Nara era morto. L'irascibile impulsivo ninja di Kiri tanto potente quanto pericoloso non esisteva più, mutato in un uomo. Conscio di quello che era e delle sue azioni ben più di un tempo. Lo sguardo furente, che inceneriva i nemici con la sola pressione dello sguardo non esisteva più sostituito da una glaciale calma nata della sofferenza. Il dolore ti cambia, ti alleva come una madre crudele che odia il proprio figlio ed hai due scelte: arrabbiarti con il mondo e cadere in un vortice autodistruttivo che porta al nichilismo del corpo e dell'anima oppure rialzarti, voltare le spalle alla sofferenza e crescere. Sempre in bilico tra queste due condizioni alla fine ne ero uscito ed ero pronto a tornare a casa.
I miei passi mi condussero istintivamente alla mia vecchia residenza nelle casette a schiera non lontano dalla costa. Feci per bussare ma nessuno rispose. Lo rifeci e suonai il campanello, ma quando posai il dito sul pulsante non venne nessun suono. Nessuna corrente.
Oh caro ragazzo, qui non abita più nessuno! Sei straniero, altrimenti lo sapresti. Una voce giunse alle mie spalle a me ben nota. La Vecchia Hyo. La cara Vecchia Hyo, la nostra vicina di casa. Persino quella bisbetica problematica mi scaldava il cuore in quel momento. Ma come, non parli? Comunque dovresti saperlo, adesso la famiglia Nara vive al Palazzo del Mizukage. Non eri informato? sparii letteralmente dalla vista della donna, più veloce di un fulmine, saltando di palazzo in palazzo rapido come il vento maledicendomi per la mia stupidità, diretto verso quella che a mia insaputa era diventata la mia nuova casa.Il cancello del Palazzo del Mizukage non era chiuso. In giardino, ben coperte, c'erano due bambine che giocavano rincorrendosi nella più classica, smielata eppure perfetta delle scene. Ricordai quel posto ai tempi di Shiltar Kaguya: sembrava decisamente meno inquietante senza ossa e coccodrilli. Feci un passo dentro, sentendomi totalmente estraneo in casa mia e le bambine notatomi si fermarono a guardarmi. Erano cresciute un sacco, come solo a quell'età così tenera si può crescere. Chiusi il cancello alle mie spalle e con mano leggermente tremante abbassai il cappuccio, lasciando che finalmente potessero vedermi in faccia. E nei loro occhi si dipinse un misto di pura gioia e allegria, così senza riflettere corsero verso di me gettandosi senza troppi complimenti tra le mie braccia aperte. Ehi piano, piano... dissi ridendo, sollevandole da terra senza sforzo, stringendole a me come se fossero due preziosi tesori. Lo erano, dopotutto.
Vi siete fatte grandi. Dissi posandole a terra, posando un ginocchio per tenere il viso alla loro altezza Mi sembra passato così tanto tempo, sapete? Jukyu si gettò nuovamente al mio collo, stringendomi con forza non indifferente.
Dove sei stato?? La mamma era tanto triste, ed anche Nana, ed anche io! E capii quanto dolore avevo provocato loro. Sospirai appena, abbracciando mia figlia con tutto il calore che potevo trasmettere. Non avevo mai voluto lasciarle improvvisamente, ma al mio clone bastardo certo della sua fine non era passato in mente di non farle preoccupare a morte. Non importava più tuttavia, ero lì ed era finita. Il tempo avrebbe guarito quelle ferite. Vedi piccola, non sono stato molto bene... mi sono fatto male in una missione e dovevo guarire. Potevi guarire a casa! disse Jukyu, mentre Nana teneva lo sguardo in basso triste. Allungai una mano ed avvicinai anche lei in quell'abbraccio. No che non potevo, lo sai come divento quando sono malato! La mamma sarebbe impazzita! La mamma ti avrebbe sopportato volentieri.La voce di Ayame mi colpì dritto all'anima. Sentii improvvisamente gli occhi farsi caldi, bruciare d'emozione pura. Mi alzai, non prima di aver baciato la fronte ad entrambe le bambine, quindi mi ritrovai faccia a faccia con mia moglie. Era dimagrita rispetto a quando ricordavo ed i capelli erano tornati corti come quando l'avevo conosciuta. In un certo modo sembrava essere tornata indietro nel tempo, a quando le bambine non erano ancora nati e non eravamo ancora sposate. E la trovavo sempre bellissima.
Jukyu, Nana, giocate qui un altro po', la mamma ed il papà devono parlare un attimo. Disse allora Ayame e le bambine annuirono, allontanandosi. Rimanemmo a fissarci per un lungo istante, dunque allungai una mano, come per toccarla ma lei si ritrasse. Ero una kunochi, e sono la moglie di uno shinobi. Ho auto tutto, tutto il tempo del mondo per prepararmi al fatto che tu non saresti potuto tornare da una missione...vidi i suoi occhi riempirsi di lacrime e non riuscii a sostenere lo sguardo Ma mai, mai, mai ho immaginato... questo... singhiozzò e mi avvicinai a lei. L'abbracciai ma lei non ricambiò e sospirai pesantemente, sentendomi orribilmente in colpa per ciò che aveva dovuto sapere. Sapere che l'uomo che per venti mesi era stato al suo fianco, a crescere le sue figlie, nel suo letto ogni notte, non era... un falso doveva essere stato terribile.La condussi dentro, cercando un posto dove andare, ma mi resi conto che non sapevo muovermi nella villa. Così Ayame alla fine mi condusse nella camera da letto, dove un letto matrimoniale enorme e finemente decorato campeggiava al centro della stanza. L'arredamento non era fatto di ossa, e questo un po' mi consolava. Io... io vorrei essere felice... e lo sono... ma Itai... la strinsi a me, più forte che potevo e lei finalmente cedette, passando le braccia attorno al mio petto, piangendo tutta la tristezza che aveva in corpo.
Non sapevo che una cosa del genere sarebbe potuta accadere. Nei miei pensieri più remoti non credevo che qualcosa del genere fosse possibile. E mi dispiace... mi dispiace non essere tornato a casa subito... sciolsi l'abbraccio Ma non potevo... ero debole, ferito... Tu e la tua stupida forza, maledetto idiota! sibilò Ayame Anche scheletrico, anche distrutto sarebbe stato meglio di mesi di silenzio!
Amore iniziai a dire fermandole il viso rabbioso con le mani Non potevo. Non ero solo debole ero... spezzato....A quelle parole Ayame parve inorridire, perché tra tutti gli aggettivi che potevano essere attribuiti a me spezzato non era il più corretto. PDopo che sono riuscito a scappare sono successe... cose. Ho perso il controllo più volte, ho rischiato di trasformarmi nel Sette Code senza motivo. Di notte avevo incubi e spesso ho subito... crolli nervosi, Ayame. Ero pericoloso, ero inguardabile e non avrei messo in pericolo Jukyu e Nana per star loro vicine, e nemmeno te. lei mi prese la mano sinistra, aprendola piano, rimanendo per un attimo sconvolta.
"Ricordati della notte del 19" lesse, sulla mia mano. La chirurgica cicatrice che mi ero procurato per darmi indizi era ormai bianca e formata, ma ancora perfettamente leggibile contro la mia pelle. Cosa è...?
Lo vuoi sapere davvero amore? Domandai, ritirando la mano, ma lei me la prese nuovamente tra le sue. Tutto. Io devo sapere tutto.Sospirai, dunque mi tolsi tutti gli indumenti che portavo sulla parte superiore del corpo, rivelando tutte le mie cicatrici. Quattro sul braccio, due per ognuno, due sul petto. Ognuna delle quali recava un messaggio. Per tenermi a bada mi davano una specie di poltiglia che mi alterava i ricordi. Mi cancellava qualsiasi ricordo che avessi accumulato nelle ore precedenti e difatti sono sempre stato convinto che fosse il mio primo o i miei primi giorni di prigionia. Non credevo fossero passati venti mesi Ayame. Alla fine ho trovato un modo per ricordare e per comunicare. Grazie ai Tengu sono riuscito a segnalare la mia posizione e loro, Yogan ed un ninja di Konoha mi hanno tirato fuori di lì... è stato... mi baciò, senza lasciami terminare la rase. Un bacio dolce, lungo, ma dolce, che spesso avevo sognato in quei lunghi mesi. Si sistemerà tutto. Lo so, Itai, ma ho bisogno di tempo. Credo sia normale, dopotutto. Mi abbracciò di nuovo ed alla fine ci stendemmo sul letto, vicini come non lo eravamo da mesi, raggiunti poco dopo da Jukyu e Nana che, con l'eleganza tipica dei cinque anni si gettarono senza complimenti sul letto ed addosso a noi. Almeno loro mi avevano perdonato in fretta.
Il giorno dopo lasciai il Villaggio a metà mattinata, dirigendomi verso il entro dell'Isola, verso il Palazzo del Daimyo. Viaggiai con Yogan, per cui fu molto breve. Il palazzo, grande e severo era protetto da numerose guardie che quando mi video parvero riconoscermi subito. Una delle due all'ingresso parlò Mizukage-sama, il Daimyo la stava aspettando. Attenda che qualcuno la scorti. disse, lasciandomi entrare nel cortile d'ingresso poco oltre le mura del Palazzo. Vedremo un po' se sarò davvero il Mizukage quando uscirò di qui. Perché a quanto pare il mio perfettissimo clone da Mizukage non aveva fatto ne male ne bene. Non aveva fatto niente, il che era forse il peggiore dei peccati.
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Siamo ciò che decidiamo di essere
Il Daimyo era un uomo strano. Non l'avevo mai visto o conosciuto prima di quel momento e molto del timore reverenziale che pareva ispirare solo per sentito dire parve svanire. Certo, non significava che non rispettassi lui e l'istituzione che rappresentava. Non significava che non comprendessi il suo potere. Semplicemente pareva più umano di quell'immutabile istituzione umana che da una lunga vita regnava senza governare il Paese dell'Acqua. Eppure eccomi lì, inginocchiato su un cuscino viola a sorseggiare dell'ottimo thè bollente pronto ad imbarcarmi in una lunga e chissà se proficua conversazione con il Daimyo. Una cosa però era certa: non era lì assolutamente per ottenere una qualsiasi cosa a mio vantaggio.
Così lui parlò ed io in rispettoso silenzio ascoltai, ritenendo assai sensate le sue preoccupazioni. A parti invertite del resto non avrei ragionato diversamente ed anzi, sarei stato ancor più scettico e duro. Direi di sì, Daimyo-sama, questa è la prima volta che ci incontriamo. Mi rincresce enormemente per la situazione spiacevole che ci ritroviamo a vivere in questi giorni. Chinai appena il capo, salvo rialzarlo nuovamente. Posai la tazza calda sul tavolo basso che mi era stato posto davanti e dunque con gentilezza, ben attento a non far movimenti bruschi come se persino l'aria fosse di cristallo in quel bellissimo palazzo, continuai a parlare Mio signore, io non sono qui per parlare del mio titolo, ma per il bene del Villaggio e della Nazione. I titoli sono vuoti onorifici fatti per gratificare l'ego di loschi figuri se non sono usati per lo scopo primario per il quale esistono. Non mi interessa se uscito di qui sarò o meno Mizukage, purché uscito di qui si possa trovare la miglior soluzione per il bene del Villaggio. Il tono era deciso, sebbene educato. Non certo accusativo: era logico pensare alle mire personali di qualcuno ma che mi erano estranee in quel momento. Lei mi chiede cosa possa aver fatto a Kiri il mio clone questi due anni. Ho chiesto, ho parlato con mia moglie che con quel clone ha vissuto ogni giorno per due anni. Il clone non ha fatto niente, almeno che mi sia dato sapere. Non ha fatto azioni scriteriate, non ha scatenato conflitti con altre nazioni, non ha mosso guerre e non si è intromesso nella politica continentale. Mio signore, effettivamente non è successo niente.
Feci una breve pausa, riorganizzai i pensieri e ripresi a parlare con lo stesso tranquillo tono educato privo di eccessi che pareva quasi estraneo da me Non è una cosa positiva. Non so se l'essere che mi h sostituito abbia avvantaggiato direttamente i nemici dell'Accademia, ma sicuramente l'ha fatto indirettamente. Ci sono tumulti a Kumo, Iwa e Taki. Cosa è stato fatto da parte nostra? Niente. Questo non sono io, assolutamente mio signore. Strinsi appena i pugni Mi chiedete una ragione per confermarmi il titolo. Potrei dire che Kiri sarebbe al sicuro con me, che da una vita sono impegnato a proteggerne le mura ed ad inseguire i traditori come capo della Mano Nera. Da quando ho capito sono passate poche settimane dall'arrivo del mio clone al momento della mia nomina, per cui sono stato scelto per ciò che ho fatto io, non per ciò che ha fatto... qualsiasi cosa mi abbia sostituito. L'amara verità, Daimyo-sama, è che non si può fidare di me poiché non ho mai fatto nulla e la fiducia che mi è stata accordata due anni fa dai ninja di Kiri l'ho guadagnata io e non qualcun altro. Solo questo posso dire a mio favore feci un'altra pausa Kiri non ha subito danni diretto, ma il danno del degrado e dell'immobilità. Io sono pronto a prendermi l'onere del titolo di Kage, ma non la implorerò ne la convincerò ulteriormente per questo posai le mani sulle ginocchia ed abbassai il capo nel gesto di più umile rispetto che potevo fare. Serrai gli occhi e feci un respiro profondo Vengo qui con una sola richiesta, Daimyo-sama. La prego, faccia ciò che è meglio per Kiri, qualsiasi cosa questo significhi. Se per lei significa fidarsi di me per la prima volta sarò pronto a dimostrarmi degno della sua fiducia. Se per lei significa che qualcun altro dovrà essere Mizukage, accetterò questa scelta. Kiri non può rimanere con un falso Kage ancora a lungo, mio signore.
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Le cose che mi sono care
Ero sicuro di me? Da quando ero stato catturato molta della mia antica sicurezza era svanita e mi ero fatto più cauto e riflessivo. Un tempo ero stato molto più sfacciato e prepotente, a tratti insopportabile. Ma quei tempi erano finiti prima della cattura e la mia unica disavventura non aveva fatto che accentuare il cambiamento. Restai in silenzio e lo lasciai parlare, osservandolo di tanto in tanto ma senza ostentazione per non apparire sfrontato. Ciò che diceva era giusto: non potevo avere certezze riguardo al fatto che Kiri non aveva subito danni. Se vi erano stati in futuro forse si sarebbero manifestati ma era qualcosa che io e né tantomeno Ayame potevamo sapere.
Le sue ultime parole giunsero quasi come un fulmine a ciel sereno ma non feci altro che chiudere gli occhi, senza battere ciglio. Perché il Daimyo non lo sapeva, ma a quella questione avevo riflettuto così a lungo e così profondamente da aver maturato una disperata consapevolezza del da farsi.
Sono pronto.Lasciai quelle parole sospese in aria per un lunghissimo istante, poi parlai, perché dovevo spiegare. Perché due parole erano facili da pronunciare ma pericolose per la sua importanza ed in virtuà di tale capitale importanza dovevo riempirle del significato che gli avevo dato. Daimyo-sama, ha ragione. Mia moglie è speciale, così come lo sono le mie figlie. Ma per quanto possa essere una donna straordinaria è speciale per me strinsi nuovamente i pugni, conscio che anche solo parlarne era doloroso, ma necessario come doloroso ma necessario sarebbe stato il momento in cui avrei dovuto compiere quel gesto Una volta il precedente Mizukage mi disse che mi preoccupavo solo della mia famiglia. Che proteggevo il Villaggio solo perché dentro c'era la mia famiglia. Non ho mai avuto modo di provare il contrario, perché non mi sono mai trovato nella situazione di dover scegliere tra una persona a me cara ed il bene di tutto il Villaggio. Cosa avrei fatto all'epoca non lo so, ma ora posso dirlo, mio signore. Alzai lo sguardo verso il viso del Daimyo La mia famiglia è speciale per me, ma Kiri è fatta da molta gente. Molte famiglie e nessuna di queste è meno importante di altre: agli occhi dei nostri cari siamo importanti e speciali, ma agli occhi di tutto il resto no. Un Kage non può distinguere: deve proteggere tutti, anche la sua famiglia e non solo la sua famiglia. E se arriverà il giorno in cui sarò costretto a scegliere tra la vita ed il bene delle persone a me care e quella di tutto il Villaggio non potrò sacrificare Kiri per il mio bene. Dopo farò i conti con le mie colpe e con il mio dolore, Daimyo-sama.
Ero partito dalla fine, non avevo ancora risposto alla sua prima domanda e l'avrei fatto in quel momento, dopo aver dichiarato con forza e sicurezza le mie più pure e veritiere intenzioni Durante la missione ho lottato con tutte le mie forze, Daimyo-sama. Non ero Kage e abbastanza poco probabilmente lo sarei potuto diventare, avevo ben altre responsabilità rispetto a quelle che il clone si è assunto. Ha ragione è stata colpa mia se Kiri è caduta in mano al nemico, ma mi sono trovato in una situazione di assoluta disperazione, svantaggiato dal territorio e nei numeri. Siamo stato distrutti e ancora mi chiedo come sia stato possibile classificare quella missione come un Grado A dinanzi a tale potere e potenza dei nemici e la sua importanza. Avrei avuto ben altri alleati se fosse stata graduata correttamente. Shiltar Kaguya è morto lì, Daimyo-sama. Comprende l'inferno che abbiamo trovato ad Iwa. arricciai il labbro superiore, ancora infastidito al pensiero di come sia stato possibile assegnare un grado così basso ad una missione così pericolosa. Ma nonostante tutte le possibili attenuanti rimane colpa mia se sono stato catturato, ma non ho agito come si comporterebbe il Mizukage perché non ero il Mizukage. Detto ciò restai in silenzio, sperando che comprendesse. Ero vero che ero il Jonin più forte del Villaggio, ma non avrei implorato di confermare quel titolo proprio a me se non ne fosse stato convinto. Volevo essere Mizukage perché potevo essere la persona più adatta a quel compito e solo gli stolti si sminuivano continuamente nel tentativo di apparire falsamente modesti. Ostentare la modestia, del resto, è da superbi.
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Eventi Prossimi
La punizione per il Paese (?)
All'improvviso, senza annunciarsi, entrò qualcuno. Non conoscevo certamente l'uomo giovane (mio coetaneo) che entrò lasciando qualcosa al Daimyo per poi uscire rispettosamente dopo avermi lanciato una veloce quanto curiosa occhiata. Andò via com'ìera arrivato, lasciandomi nuovamente solo con il Daimyio. Certamente aveva molte faccende di cui occuparsi, ma quell'incontro trattava argomenti segreti che era bene non si facessero sapere in giro. Chi era dunque quel giovane? Non mi azzardai a chiedere per non offendere la volontà del Signore e far sembrare che stessi cercando di comandare in casa sua, ma la cosa in parte mi preoccupò e mi infastidì. Ma lasciai correre, perché le parole successive del Nobile furono segno che aveva alquanto travisato ciò che avevo cercato di spiegare prima.
Devo essermi espresso male se dalle mie labbra è uscita una sciocchezza così, chiedo venia mio signore feci una pausa Un uomo agisce secondo le responsabilità che ha e modula così i suoi comportamenti ed i rischi che è pronto a correre in una determinata situazione. All'epoca non ero Mizukage. per cui non ho agito da tale. Niente di più, niente di meno. Se fossi stato Kage all'epoca sicuramente molte cose sarebbero andate differentemente o forse no, non era più dato saperlo.Era tuttavia indubbio che accusarmi di essere la causa diretta della situazione era un comportamento fin troppo cauto. Perdere una battaglia può generare ovvie conseguenze, ma nessuno poteva immaginare una tale conseguenza probabilmente mai avveratasi prima d'ora nella storia! Quel "clone" andava ben oltre una semplice trasformazione: era la mia esistenza ed il mio sangue replicati alla perfezione. Sembrava certo di incolpare me, ma era come incolpare il bachicoltore se l'abito della dama si strappa: in mezzo vi sono una serie di altri eventi che potevano determinare la disgrazia. Come un'elezione a Kage assolutamente imprevista. Perché non punire allora i ninja che incautamente avevano creduto al clone? Semplice: la cosa andava oltre la possibile comprensione di tutti, oltre ogni possibile immaginazione per quanto sfrenata. Per questo la prospettiva di una punizione mi infastidì al punto da farmi aprir bocca: fortuna volle che la mia coscienza mi fece serrare la mandibola prima che potessi pronunciare una sola stupidaggine. Il Daimyo mi porse documenti che afferrai, leggendoli sommariamente. Un resoconto ufficiale. Che valeva quanto carta straccia, considerando quanto Raizen Ikigami già sapeva. E poi la punizione.
Quello era troppo.
Accetterò di buon grado la punizione, mio signore, ma lasciatemi puntualizzare alcune cose dissi senza guardarlo in viso, tenendo gli occhi semichiusi certo di quanto quelle parole mi stavano per costare Perché molte cose sono successe che voi non sapete. Di alcune di queste sono venuto a conoscenza non più di due giorni fa da un ninja di Konoha. Ma andiamo con ordine: questo resoconto sarò lieto di firmalo dissi allora, maledicendo il Daimyo mentalmente che aveva agito senza consultarlo minimamente Sebbene non ho avuto modo di dirvi che un'altra persona è a conoscenza della mia situazione. Il ninja a cui devo la mia libertà, un Jonin di Konoha che per una serie di alquanto fortuiti eventi ha colto i messaggi che faticosamente mandavo fuori dalla prigione. Per ora è stato muto ed anche se deciderà di parlare in futuro non ha prove se non la sua parola che vale ben poco rispetto alle dichiarazioni ufficiali. poi proseguii continuando La punizione l'accetterò di buon grado, mio signore. Ma non fatela diventare un pericolo per tutto il Villaggio, poiché ci sono novità importanti di cui non siete a conoscenza. Due giorni fa un ninja di Konoha mi ha raggiunto e mi ha detto che il capo della Squadra Medica, Etsuko Akuma, ha deciso di tradire l'Accademia ed il Villaggio seguendo "suo fratello". Stando alle descrizioni e sopratutto a quanto accaduto in passato posso dire senza ombra di dubbio che questo "fratello" è il Nukenin di grado B Seinji Akuma, che un tempo lo stesso Etsuko aveva aiutato a scappare dal Villaggio ridonando la vista che Shiltar Kaguya gli aveva sottratto. Le idee di quest'uomo sono pericolose e temo che possa convincere altri a seguirlo, mio signore. Egli crede in una superiorità Kiriana sugli altri villaggi e sarebbe pronto a schiacciare Suna, Konoha e Oto pur di affermare le sue idee. Non solo: ha interferito in maniera determinate sul recupero del Jinchuuriki di Suna rapito da dei Nukenin. In questo momento Kiri deve spiegazioni a Suna, Konoha ed Oto per via del tradimento di Etsuko in detta missione. Seinji Akuma deve essere fermato, quanto prima possibile. Dunque presi alcuni fogli che mi ero portato dietro: una copia del rapporto su Seinji Akuma e la copia del rapporto scritto da Atasuke Uchiha su quanto era successo nella missione. Rispettosamente li porsi al Daimyo, dunque, senza attendere una risposta domanda sempre educatamente E' possibile avere una penna, Daimyo-sama? Fimerò questi documenti seduta stante. E l'avrei fatto. Ma a quel punto la mossa che avevo fatto era chiara: stava a lui decidere se Seinji Akuma valeva il tempo di punirmi per qualcosa che difatti non avevo fatto al solo scopo di sentirsi più al sicuro oppure rischiare e terminare una grave minaccia per Kiri, o almeno provarci. Differentemente da quanto il clone aveva dimostrato io non amavo l'immobilismo.
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Il dolce sapore della libertà
Il Quarto Mizukage
Sorrisi. Un placido sorriso appena accennato, un sottile pensiero di trionfo pensando a quanto aveva ottenuto, che era più di quanto avessi osato sperare. Certo non avrei scommesso sul fatto che uscito di lì sarei stato Mizukage: la situazione era complessa ed alla fine, nonostante le continue e fastidiose malizie mi avevano innervosito, volevo davvero solo il bene di Kiri. Ma non m'importava: il Daimyo non si era mai realmente interessato della politica Militare del Villaggio e non avrebbe iniziato in quel momento. Un uomo vecchio è restio al cambiamento ed i vecchi nobili erano ancorati al passato come una montagna al suo basamento. Presi la piuma ed il calamo e senza esitazione o una parola firmai i documenti che mi aveva messo davanti, accettando così tutti gli obblighi cui mi aveva sottoposto. Ed alla fine alzai il viso, deciso, rendendomi conto solo in quel momento che ero il Quarto Mizukage di Kiri, ufficialmente.
Ne sono certo, mio signore Finché ti comporterai come ti sei sempre comportato: lasciando fare ad altri ciò che devono fare. Quel pensiero restò ovviamente inespresso.Così mi alzai, consegnando al Daimyo i fogli siglati dopo aver dato tempo di far asciugare l'inchiostro e parlai Entro breve manderò i messaggi agli altri Villaggi, non appena saprò i nomi di coloro che parteciperanno a questa spedizione ne sarà immediatamente informato, mio signore. E dopo tutti i rituali ed i rispettosi saluti lasciai il palazzo, diretto verso Kiri, pronto a scontare la più dolce delle pene. Restare nel mio Villaggio, con la mia famiglia, a recuperare quel tempo perso e che nessun Kami mi avrebbe mai potuto restituire.
Quando tornai in casa Ayame leggeva un libro sdraiata su un divano. Non riuscii a cogliere il titolo dell'opera. Jukyu e Nana erano chissà dove nel Palazzo intente a giocare. Rimasi per qualche secondo a fissare mia moglie dall'uscito della porta sentendo ancora grave la nostalgia che non si placava mai. Ehi mi disse lei, accortasi della mia presenza, sorrisi appena senza dir nulla, sedendomi però sul divano. Sei stato licenziato allora? Domandò, mettendo via il libro. Feci no col capo e fece uno scherzoso sospiro di sollievo Bene, traslocare è una seccatura! Mi ha punito Dissi improvvisamente, senza però riuscire ad evitare un sorriso. Punito...? E perché? E cosa? strinsi le spalle come a dire "e che ne so" Evidentemente lo fa star meglio con la coscienza. E devo stare almeno tre mesi a Kiri...e mi avvicinai ad Ayame che non riuscì a trattenere una mezza risata divertita. Dilettante, non sa che tua moglie te ne ha affibbiati il doppio.
La baciai. Ci sarebbe stato tempo per affrontare il discorso di Ame e prima di quello avevo altre settimane di pace dinanzi a me.
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