Resa di conti o chiacchierata amichevole?

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    Il panorama di Taki era spesso semplice, ma in contempo maestoso: i raggi del sole venivano riflessi dall'acqua delle cascate, così formando dei bei giochi di luce. Ove questi si raggi si incrociavano, risplendevano nell'acqua e tornavano magari a riflettersi nell'acqua di un'altra cascata come in un specchio, Seinji ci vedeva quadri e poesia di una bellezza impressionante. Non era un caso che tra tutti i posti in quel mondo, l'Akuma preferisse proprio quel luogo: gli faceva sentir calmo e rilassato, gli permetteva di essere sé stesso, in contempo facendosi sentire vicino alla sua vera e propria casa: Kiri. Il lento scorrere dell'acqua delle cascate formava una melodia del tutto rilassante, adatta alla meditazione del Ki, per esempio, ma anche al solo Osservare, attendendo.
    Seinji non sapeva ancora se il ragazzo della Foglia fosse venuto. A dire la verità, non gli importava nemmeno se fosse venuto. Cosa avevano da dirsi? Erano entrambi fermi sulle proprie convinzioni, e difficilmente uno di loro avrebbe mosso un solo passo nella direzione dell'altro. Seinji non sarebbe mai tornato all'Accademia, così come l'Uchiha non sarebbe mai diventato un nukenin. E dunque quali temi trattare? Certo, sarebbe potuti entrambi restare li, seduti sulla grossa pietra in cima all'Alta Cascata – la più grossa da quelle parti -, e semplicemente osservare il tutto; semplicemente guardare, parlare dell'Arte, della Cucina, delle Cascata, del Sole, e del... del Mondo Nuovo. E poi?
    Si sarebbero irrimediabilmente scontrati. Si sarebbero battuti per Etsuko, per le ferite che un accademico aveva inflitto ad un altro accademico, solo perché questo ultimo era il fratello di Seinji. Oppure avrebbero lasciato perdere i scorrimenti di sangue inutili, e si sarebbe allontanati gli uni dagli altri, come se non fosse successo niente. Come se non si fossero mai visti, come se Seinji non avesse mai ferito Atasuke, facendolo cadere nel proprio tranello, come se non avesse mai osservato i suoi occhi, le sue tecniche...
    Sospirò.
    Tutto ciò era vano e sciocco. Tutto ciò era piccolo e insignificante. Le idee di Seinji erano chiare: tornare a Kiri, riprendere in mano il villaggio dai vari impostori che lo governavano, staccare Kiri da quel gigantesco meccanismo cancrenogeno chiamato "Accademia", e muovere le proprie alleanze, le proprie guerre, le proprie difese in merito alle convinzioni proprie, e non in relazione a degli organi che stavano sopra i villaggi, e a delle finte regole morali. Era il suo sogno, la sua utopia.
    Doveva vendicare Etsuko per arrivare al punto?
    No. Decisamente no. Riflettendo così, un possibile scontro con quel foglioso gli sembrava invece del tutto superfluo e inutile. Uccidendolo, non avrebbe fatto altro che delegittimare ancor di più i nukenin agli occhi dei semplici accademici. Certo, portando il suo corpo avrebbe potuto avere dei Ryo e blablabla, ma che se ne sarebbe fatto dei soldi? Che se ne sarebbe fatto di quelle cose umane, fin troppo umane? Avrebbe potuto avere la fama, al prezzo di togliere la vita da un corpo del tutto innocente (che poi aveva ucciso anch'egli, probabilmente, ma tant'è...).
    Certo, da quell'incontro sarebbe potuto uscire cambiato (morto), oppure non più nukenin. Ma chi, allora? Sarebbe potuto tornare a Kiri, godendo dell'assenza del Nara e del Kaguya, ma non si sentiva ancora abbastanza forte per sottomettere e cambiare tutto il villaggio. Sarebbe potuto diventare un ninja di Konoha... Del villaggio che, Suna a parte, odiava più degli altri. No. Mai nella vita.
    Sarebbe potuto diventare un Ronin, ma nemmeno quell'opzione lo soddisfaceva completamente.
    Scosse la testa, e attese.
    All'arrivo del foglioso, gli avrebbe chiesto delle spiegazioni.
    Missione fallita per entrambi i gruppi, e per colpa degli accademici, che si erano portati dietro un qualcuno di imprevedibile e pericoloso.
    Anche per quello, Seinji voleva sapere se gli accademici erano tutti degli idioti che si fidavano di chiunque, o erano solo terribilmente stolti.
     
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    Scontro di Ideali


    ~Incontro alla Cascata~


    Quella era una giornata assolata, tuttavia una pesante ombra incombeva. Una nuvola che copriva lo splendido cielo. Una nuvola che forse quell'incontro avrebbe fatto svanire, oppure una nuvola che non poteva far altro che ampliarsi divenendo tempesta.
    Atasuke quel giorno non aveva un obbiettivo preciso. Non voleva andare a quell'incontro per cercare una soluzione diplomatia, ne intendeva avviare uno scontro, anticipando quelli che potevano essere i futuri risvolti del piano del mizukage.
    Dopo il suo incontro a Kiri, Atasuke era rientrato a gran fretta a Konoha dato che con il susseguirsi dei giorni gli erano ormai rimaste poche ore. Si era dato una ripulita, aveva rifornito nuovamente l'equipaggiamento e si era cambiato d'abito. Praticamente non ebbe che una mezza giornata di "svago" a Konoha prima di dover ripartire con il favore della notte.
    Il paese della cascata non era distante dal villaggio, tuttavia, l'ultima volta che era stato in quel paese aveva avuto pessimi risultati e non voleva rischiare nuovamente una fine simile.
    Nascose quindi il coprifronte, dato che non voleva rischiare pessimi incontri lungo la via. L'abito, d'altro canto non riportava lo stemma degli Uchiha come gli altri, bensì solo il disegno delle tre tomoe, ricamato con filo dorato sul colletto del soprabito e come dettaglio al fondo del risvolto frontale. Probabilmente solo chi conosceva la sua abilità probabilmente ne avrebbe colto il senso, tuttavia non era sufficente per poterlo inquadrare in qualità di Uchiha e questo gli bastava. In fondo non era il cognome a fare di lui ciò che era.

    [...]


    Giunse quindi al luogo di incontro che gli era stato indicato, sotto la cascata più ampia. Era ovvio, se non palese che Seinji lo avesse già notato da tempo, tuttavia Atasuke dovette guardare in'alto per vedere il nukenin che lo attendeva poco più su lungo quello che poteva probabilmente essere un semplice sentiero che conduceva alla cima della cascata.
    Atasuke, più per cortesia che per motivi tattici, decise di risalire il sentiero, senza mai scollare gli occhi di dosso dall'ex kiriano. Non aveva idea di che cosa quell'uomo volesse dirgli ne di cosa avrebbero parlato. Sempre se si fossero parlati loro anzichè le loro lame.
    Inutile dire che mille pensieri volarono nella sua mente ed altrettante risposte giungevano in automatico dal suo subconscio, tuttavia nessuna di esse poteva definirsi soddisfatta appieno, dato che solo quell'incontro poteva realmente rispondere a quei quesiti.
    Giunse infine dinnanzi al nukenin e più per diffidenza che per minaccia portò con naturalezza la mano all'elsa della katana, pronto ad impugnarla in caso di necessità o pronto a rimuoverla se si voleva discutere in maniera pacifica e cordiale.

    «Come vedi sono giunto, e non sono qui per combattere, ma per dialogare, spero che tu abbia le stesse intenzioni»


    Accennò un'abbozzo di inchino cortese, chinando appena il capo ma senza mai abbassare la guardia.
    Una volta ricevuta una risposta da parte del nukenin, Atasuke si sarebbe presentato nuovamente. In fondo era scortese non presentarsi, anche tra peggiori nemici.

    «Mi sono già presentato al nostro precedente incontro, tuttavia, mi pare corretto farlo in maniera più appropriata. Io sono Atasuke Uchiha, shinobi di Konoha»


    Ed a quel punto attese, nuovamente, una risposta dal suo particolare interlocutore.
     
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    A dire il vero, stando seduto su quella pietra di roccia, a osservare l'ambiente circostante, a perdersi nei riflessi delle acque delle cascate, a pensare alla natura e al ferito Etsuko, Seinji pensava che il foglioso non sarebbe venuto da solo. Probabilmente, - pensava egli, - il ragazzo di Konoha si sarebbe portato dietro quanti, 10 shinobi di livello medio per bloccare Seinji, magari ferirlo, e riportare il nukenin a Kiri, nelle braccia delle persone che si erano ridotte a essere l'ultima ombra di sé stessi? Osservando le lente movenze di Atasuke Uchiha, Seinji non poté che rimanere sorpreso dinnanzi a tanta onestà e arroganza: dopo avergli ferito il fratello, - per non parlare del fatto che Etsuko e Atasuke erano compagni di missione, - l'Uchiha ora si presentava li, dinnanzi a Seinji, in un campo neutrale, ma accettando, dunque, l'invito che Seinji gli aveva proposto. Era venuto li, forse conoscio o forse no, del fatto che vi potessero essere trappole ovunque; del fatto che Seinji possa aver sistemato altri shinobi, nukenin, in giro ovunque, per il solo scopo di catturare Atasuke e portarselo ad Ame. Torturarlo, riversando su di lui la propria Vendetta per il fratello ferito, e poi inviare la sua testa indietro, a Konoha. Ma a che sarebbe servito tutto ciò? Il sangue avrebbe riversato altro sangue; odiando si generava odio. Per non parlare del fatto, che Seinji non voleva avere altro sangue innocente sulle proprie mani, e, anche se la voglia di vendicare Etsuko bruciava ancora forte in lui, cercò di riprimerla il più possibile.
    Seduto, avrebbe atteso Atasuke così, guardando il mondo. Poi, quando questi si fosse avvicinato abbastanza, Seinji avrebbe semplicemente esordito, parlando con voce cauta, atona, decisa, e, forse, un po' ironica:
    «Mi hanno detto,» – iniziò sicuro, senza però guardare Atasuke, - «che non solo avete fallito la vostra missione, ma anzi, che il portatore non se la sia cavata benissimo.» – Disse Seinji, come a voler confermarei suoi pensieri: "Dove passa un gruppo accademico c'è solo morte e desolazione". Poi si alzò dalla roccia, camminando e posizionandosi a 5 metri dal shinobi della Foglia. - «I miei più sentiti complimenti, dunque.» – Disse ancora. - «Siete riusciti a far fallire la mia missione, in contempo facendo fallire anche la vostra. Se mi chiedessero di ripetere ciò che avete combinato, difficilmente ci riuscirei.»
    Rimanendo impassibile e tranquillo, osservò come Atasuke mosse la mano verso la propria katana. Voleva combattere o soltanto difendersi? No. Com'egli stesso aveva detto, era venuto soltanto per dialogare. Ma dialogare di cosa? Di Ideali? Di nobili principi? Gli ideali e i nobili principi erano da entrambi le parti della barricata. Erano sia li che li, poiché sia li che li albergavano uomini di valore; sia li che li c'erano guerrieri, con le loro motivazioni, con i loro ricordi del passato, con i loro ideali.
    «Etsuko è vivo.» – Disse Seinji quindi. - «E vedo che anche tu non sei messo poi così male dopo che Etsuko ti ha lanciato dei spiedi...» – "E tu, in risposta, lo hai attaccato con delle spadate nei punti vitali" – gli venne da continuare, ma non lo fece. - «Inoltre vedo che anche la ferita che ti sei procurato da solo, è sparita.» – Sospirò Seinji, un po' felice di quel fatto, e un po' triste, indicando e riferendosi alla grave ferita che Atasuke aveva subito al fianco, durante il loro primo scontro, durante la carica a testa bassa (prevedibilissima) del team accademico verso il 4 ninja che difendevano il portatore.
    «Non so di cosa tu voglia dialogare.» – Disse Seinji, rispondendo all'inchino. - «Siamo troppo diversi. Siamo nemici.» – Disse. Quindi, ritenendo utile presentarsi anch'egli, lo fece:
    «Io mi chiamo Seinji Akuma. Sono un nukenin, motivo per cui tu ora hai l'obbligo di uccidermi o catturarmi. Sono un ninja di Kiri, e mi ritengo un ninja di Kiri, anche se attualmente abito ad Ame e aiuto la gente del posto a difendersi dal vostro continuo dualismo riguardante il bene e il male. »
    E, calmo, attese anch'egli.
     
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  4. Asgharel
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    ~Il primo scambio di informazioni~


    Egli era la. Lo attendeva comodamente seduto su una roccia e li lo attese. Il loro primissimo scambio di parole dopo un'inizio tutto fuorchè amichevole aveva avuto inizio. Atasuke, seppur con le dovute cautele non dimenticò le buone maniere, cosa diversa fu per Seinji che pose molte domande, ma solo alla fine decise di presentarsi a sua volta.
    In risposta, Atasuke non disse nulla, non rispose a domanda alcuna, o almeno non lo fece finchè anche il suo interlocutore non fece la sua presentazione.
    Alle parole de nukenin infatti Atasuke fece un'altro inchino cordiale mentre la mano scivolava oltre l'impugnatura della katana, afferrandone il fodero in legno laccato di nero. Con gesto sapiente ne slegò il sageo che la teneva stabile all'obi bianco e con un semplice gesto la estrasse.
    Con comodità si mise comodo e si inginocchiò posando l'arma lungo la propria destra. Ovviamente non si inchinò al suo interlocutore, non era li per sottomettersi. Semplicemete preferiva restare comodo nella posizione tradizionale che gli era stata insegnata nel tempo. In fondo, quella doveva essere una discussione pacifica.

    «Finalmente conosco il tuo nome, Akuma Seinji...»


    Esordì poggiando le mani sulle cosce ed acquisendo una posa sicura.

    «Prima di tutto, ti consiglio di ponderare meglio le tue espressioni... In vero è stato un ronin a causare il fallimento della missione ad entrambi, non l'accademia... In secondo luogo, non sta a me decidere o argomentare sulle scelte dei ninja di Suna, ne convieni? Quindi, non addentriamoci in discorsi che non ci competono. Lasciamo a Suna le questioni di Suna ed a noi le nostre...»


    Il suo tono era calmo e deciso. Certo non era li per farsi mettere i piedi in testa e non apprezzava troppo le persone che a priori disdegnavano l'altrui operato, specie quando i problemi non erano causati da lui o da chi rappresentava.

    «In secondo luogo... Trovo contraddittorie le tue espressioni... Ti definisci un nukenin, un traditore, ma allo stesso tempo ti definisci un ninja di Kiri. Ti definisci un nemico, eppure siamo qui entrambi a discutere pacificamente... Tu stesso mi hai invitato in questo incontro ed ora chiedi a me cosa voglio dirti... Mi aspettavo meno confusione da un'esperto di illusioni...»

    L'obbiettivo di quella frase era semplice, voleva in un certo senso stuzzicare il nukenin cercando di portarlo ad esprimersi con meno giri di parole, ma soprattutto cercando di minarne velatamente le convinzioni, portando a galla quelle assurde contraddizioni, ma soprattutto cercando di portare a galla il vero pensiero di quell'uomo.

    «Comunque sia... Come già ti dissi allora, non posso considerarti un “nemico”, ma visti i nostri trascorsi neppure un nemico. Già allora non avevo un motivo per battermi contro di TE, semplicemente ci trovavamo dalle due parti opposte dello schieramento. Ora, invece, se non sei contrario, non staimo rappresentando schieramenti opposti, bensì noi stessi. Discorso diverso posso dire su tuo fratello. Se egli infatti non avesse deciso di attaccarmi non lo avrei colpito, ne avrei agito contro di lui ed allo stesso modo avrei fatto se si fosse intromesso a bloccare un fendente mortale per salvarti la vita. Comprendo bene la riluttanza nel battersi contro il proprio fratello o ancor peggio vederselo ammazzare davanti agli occhi. Tuttavia, ha deciso diversamente. Non ha deciso semplicemente di proteggerti, ma ha deciso di attaccarci. Tu forse non avresti reagito ad un compagno che nel mezzo della mischia ti volta le spalle attaccandoti ed esprimendo ad alta voce il desiderio di ucciderti?»


    Volontariamente o involontariamente che fosse, Atasuke introdusse un primo argomento di discussione, la scelta del fratello, o meglio, il giudizio da i relativi punti di vista su ciò che era accaduto. Certo non gli interessava minimamente di che fine Etsuko avesse fatto, tuttavia voleva capire la psiche e le idee di Seinji e per farlo, il fratello poteva essere un'ottimo punto di partenza.
     
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    In vero è stato un ronin... E con chi è venuto il ronin? Quasi gli venne a sorridere, sentendo parlare l'Uchiha. Addossava la colpa al ronin, mentre fu proprio il gruppo accademico ad averlo incluso nel proprio gruppo, ad averlo portato con sé, ad avergli dato modo di agire. Poderare meglio le espressione... Sospirò, superbo e chiuse gli occhi, quasi come a voler contare fino a 10. Aveva fallito la propria missione, per colpa di un gruppo accademico che aveva fallito anche loro la proprio missione, uccidendo il ragazzino, e prendendo nel proprio gruppo un ronin che, alla fin dei conti, aveva fatto procurato danni all'Accademia. Essere peggio preparati, includere nel proprio gruppo chiunque, caricare a testa bassa, combattere senza tattica, strategia, basandosi solo sulla forza, e quindi uccidere (uccidere!) il ragazzo che erano venuti a prendere, in tal modo non facendo nulla di buono e procurando solo altra morte e altro dolore per tutti quanti.
    La chiamavano Accademia.
    Che poi non bastava solo l'aver fatto un mucchio di cazzate comprese in un intervallo di tempo piccolissimo; era anche venuto a dire a Seinji che non era colpa loro.
    «Uhu.» – Sbuffò. - «Come se la presenza di un ronin che ammazza il mio bersaglio, non sia un mio problema...» – "Certo però che quelli di Suna sono degli idioti, ma questo lo si sapeva di già..." - Volle dire, ma non lo fece, fermandosi forse e solo per quel tipico senso di diplomatico che ancora portava da qualche parte nascosto dentro di sé.
    Alla seconda affermazione dell'Uchiha non rispose affatto: i sentimenti che ancora albergavano dentro di lui, erano tutti giusti, e nello stesso istante anche contrastanti. Era in una situazione di paradosso, e in contempo si considerava sia nukenin, che shiobi di Kiri.
    «Capisco i tuoi punti di vista.» – Disse Seinji, infine. - «Ma non li condivido. Se non avevi motivo di attaccarci, non dovevi attaccarci. Ci hai attaccati, e grazie anche al fatto che mi hai tenuto occupato, il bambino ha perso la vita. Che tu lo voglia o no, ma il ronin faceva del tuo gruppo, ed era parte della tua responsabilità, seppur minima. Inoltre... sei stato proprio tu a combattermi e a non avermi permesso di portare in salvo il bersaglio.»
    "Il sangue del portatore è anche sulle tue mani, come membro della squadra, e come io sfidante". - Gli volle dire, ma ci rinunciò. Tanto quello che è stato fatto, è stato fatto. Sarebbe stato del tutto inutile rimuginarci sul passato. Non volle parlare nemmeno di Etsuko. Era un argomento delicato, e forse ancora un po' vivo. Seinji stesso non sapeva che farne: era sopravissuto, ma da allora in poi come l'avrebbe condotta la vita? Come l'avrebbe ricevuto a Kiri?
    Uno dei migliori medici in circolazione nelle mani di un Akuma a caso.
    Tsk.
    «Etsuko è vivo.» – Disse serio. - «Tra la vita del bambino e la vita di Etsuko, ho preferito salvare la vita di Etsuko.» – Disse ancora, rilassandosi nella posizione seduta sulla roccia sopra a quella cascata.
    «Non mi interessa quello che hai fatto. Forse anche io avrei fatto così, ma questo non posso saperlo di certo...» – Disse, riferendosi a ciò che era accaduto sulla sabbia di Suna. Un campo di battaglia fin troppo sfavorevole per lui! Un campo di battaglia diverso, avrebbe comportato un risultato diverso.
    Questo era poco ma certo.

    Light-Yagami-light-yagami-16520976-640-360



    «L'importante che sia vivo.» – Finì di parlare, con la mente tornando ad Ame, ove Etsuko sostava ferito, senza segni riconoscitivi, nell'ospedale del villaggio. - «Questa è l'unica cosa importante.
    Sai mica che fine hanno fatto gli altri dei miei compagni di missione?»
    – Chiese sincero, riferendosi ai altri tre ninja, compreso il robot meccanico, con i quali era partito.
    Chissà se Atasuke aveva informazioni in merito.
     
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  6. Asgharel
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    ~La filosofia di Vita~


    Seinji parve non condividere minimamente il pensiero di Atasuke, anche se, forse, aveva compreso il suo punto di vista. Tuttavia, egli continuava a sottolineare che le colpe dell'intero team ricadevano su di lui, seppur marginalmente dato che anche lui faceva parte di quella spedizione.
    A quelle parole Atasuke tacque. Preferì non disperdere inutili energie su un punto che era corretto da entrambi i punti di vista ma che semplicemente differiva per minime variabili. Da un lato infatti era inopinabile che Atasuke non avesse ne il grado ne il potere di decidere in quel frangente e non poteva fare altro che compiere quello che era il suo dovere. Dall'altra, era altresì inopinabile che con le sue azioni aveva lasciato campo libero al ronin che aveva avuto modo di fare le sue porcate.
    Tuttavia, quando egli terminò di esprimere le sue idee ponendo la sua ultima domanda, Atasuke non potè tacere, dato che non apprezzava molto i termini del suo interlocutore.

    “Se non avevi motivo di attaccarci, non dovevi attaccarci. Ci hai attaccati, e grazie anche al fatto che mi hai tenuto occupato, il bambino ha perso la vita. Che tu lo voglia o no, ma il ronin faceva del tuo gruppo, ed era parte della tua responsabilità, seppur minima. Inoltre... sei stato proprio tu a combattermi e a non avermi permesso di portare in salvo il bersaglio.”

    «Onestamente trovo quasi ironico il tuo punto di vista...»


    Disse, quasi in tono di scherno.

    «Potrei dirti a stessa cosa dato che dal briefing che avevamo erno stati proprio dei nukenin a rapire il ragazzo, quindi su questo piano siamo alla pari. Entrambi avevamo evidentemente lo scopo di salvare il ragazzo. Entrambi non avevamo intenzione di fargli del male. Allo stesso modo però mi chiedo: Ogni singolo soldato ha un motivo preciso per combattere il singolo nemico? Ogni singolo uomo deve avere un motivo diretto che lo spinga ad attaccare un suo avversario? In uno scontro diretto su un campo di battaglia ogni uomo deve prima chiedersi se ha un motivo preciso per abbattere ogni singolo avversario?»


    Sorrise mentre quelle domande rimanevano per alcuni istanti senza risposta.

    «Certo, è inopinabile che chiunque vorrebbe evitare la guerra, chiunque preferirebbe vivere una vita serena e tranquilla senza morti, feriti e spargimenti di sangue, ma non è questo il mondo in cui ci troviamo. Tu sei al momento l'unico nukenin con cui mi sia fermato a parlare, l'unico che abbia anche solo pensato all'opzione del dialogo, anche se sfortunatamente un campo di battaglia non è il luogo migliore dove fermarsi a chiaccherare sorseggiando un té... Credo che quindi converrai con me nel capire che su un campo di battaglia non si hanno molte possibilità nel decidere se attaccare o meno i propri avversari, specie quando questi hanno con se qualcuno che va recuperato»


    Con estrema calma prese la katana poggiata al suolo, la portò dinnanzi ai suoi occhi ed iniziò a sfoderare l'arma, mostrando la lama al suo interlocutore.

    «Come certamente avrai notato, questa è la mia nuova arma. La sua lama è ancora pura e non ha ancora dovuto assaggiare il sangue di nessuno e spero che ciò accada il più tardi possibile. Tuttavia non porà essere lei a decidere ne il come, ne il dove ne il quando verrà usata. Non è nella sua possibilità. Quella è una scelta che dipenderà direttamente da me, tuttavia, neppure io avrò la piena libertà di deciderne l'uso. L'unica cosa che posso decidere è il come, difendendo che cosa questa lama si sporcherà... Posso decidere di usarla per difendere l'accademia, posso usarla per difendere il villaggio, il mio clan, gli amici, i parenti o persone che nemmeno conosco.
    Hai ragione quando dici che hai fatto una scelta decidendo di salvare Etsuko, ed hai ragione sul fatto che ho deciso di compiere il mio dovere laggiù tenendoti occupato, cosa che avrei fatto anche altre mille volte dato che quello era il mio compito: Tenerti occupato mentre il team procedeva con il recupero del jinchuuriki. Avessi potuto scegliere non avrei lasciato quel ronin da solo con il ragazzo, nè gli avrei permesso di ucciderlo. Avessi potuto decidere la strategia avrei di certo applicato tutt'altra manovra, puntando più al recupero che all'eliminazione gratuita di chiunque fosse stato dall'altra parte del campo, ma entrambi sappiamo che non abbiamo avuto scelta e non mentire a te stesso dicendo che invece avevamo una scelta. Entrambi abbiamo seguito un flusso, una corrente che ci ha portati a compiere le nostre scelte sulla base dell'ambiente circostante e delle scelte fatte da altri»


    A quel punto rinfoderò l'arma poggiandola nuovamente al proprio fianco.

    «In merito ai tuoi compagni, non so che fine abbiano fatto nel dettaglio. So che lo spadaccino ex-kiriano è perito sotto i colpi dell'Otese, mentre il gigante meccanico non si è più ripreso dopo che il sunese gli ha bloccato gli ingranaggi con la sua sabbia, ma non so altro, ne se son stati recuperati ne se son rimasti li come cibo per i coyote. In merito al pazzo che aveva evocato un'enorme wurm pronto a divorare il ragazzino non so nulla. Credo possa essere fuggito... Perchè ti interessava saperlo?»


    La domanda era sincera, come anche quella successiva che nella sua semplicità ed innocenza celava un piccolo gioco che aveva già fatto in passato e che probabilmente Seinji avrebbe apprezzato.

    «Giochi a scacchi? Mi piacerebbe proprio fare una partita con uno come te»


    Se egli avesse risposto in maniera positiva allora Atasuke avrebbe estratto una piccola scacchiera da viaggio che di tanto in tanto portava con se. Nulla di speciale, tuttavia era una bella scacchiera in legno con i pezzi e gli scacchi in marmo finemente lavorato. Certo non era elaborata come quella che aveva a casa sua, ma faceva la sua porca figura.

    «A te la scelta, i Bianchi o Neri? Oppure preferisci lasciare alla sorte la decisione?»


    Preferì lasciare la scelta al nukenin in modo anche da elaborarne fin da subito l'idea che questi poteva avere di se stesso. Tuttavia, solo a partita inoltrata avrebbe compreso chi fosse in realtà quell'uomo e sicuramente questi avrebbe scoperto quanto fosse un giocatore esperto l'Uchiha che da anni giocava a scacchi e ben poche erano state le sconfitte subite.
     
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    Trovava ironico il punto di vista di Seinji... Quest'ultimo sospirò e sorrise, anch'egli ironico, fintanto che non si aspettava altra risposta da quel tipo di interlocutore, e fintanto che, in un modo o nell'altro, tutti pensavano, che il suo punto di vista fosse ironico. Lo pensava quel folle di Itai Nara, morto, stando alle parole di Etsuko; lo pensava quel folle di Shltar Kaguya, morto anch'egli; lo pensava Etsuko Akuma, prima di aver compreso quanto folli e sbadati fossero gli altri due, e prima di essersi messo a difesa dei nobili ideali kiriani. A delle volte, anche Seinji stesso pensava di essere un folle, ma su quali basi avrebbero potuto provarlo? Amava Kiri, e questo bastava. Amava Kiri tanto da volerla portare via dal cancro accademico; la amava tanto spezzare ogni legame con quegli idioti sunesi, che tanto gli stavano sull'anima. La amava abbastanza per ritornare al sangue kiriano, al sangue puro, quello rimasto lontano dalle mescolanze promosse dagli altri villaggi, fino a riscoprire quella forza perduta che solo i kiriani potevano vantare: una forza compresa nei geni e nel codice genetico dei ninja che abitavano sull'isola. E quegli altri? Non era forse folle Shiltar Kaguya, morto, probabilmente come un cane, probabilmente come meritava di morire per via di leggi e leggi karmiche? Non era forse lui il folle? Non era forse lui a distribuire Demoni di Kiri, priorità e proprietà di Kiri, a chiunque? Il solo ricordo di quel nome faceva nascere in Seinji un forte ribrezzo simile al vomito: quel ninja era il disastro e la rovina di Kiri. E Itai Nara? Un ninja di foglia, quindi traditore, che era venuto a Kiri, accolto da quell'incapace di Shiltar, presosi il Demone, e morto, anch'egli, come un cane.
    Due finti paladini alla difesa di giustizia. Due paladini che, stando alle parole di Etsuko, ora erano morti.
    Piacere. Immenso piacere.
    Perché se fossero ancora vivi, Seinji li avrebbe strangolati uno ad uno con le proprie stesse mani. Loro... che avevano ridotto Kiri in un villaggio in orbita di altri villaggi; loro, che in coppia l'aveva ucciso, denigrato, e stuprato. Loro...
    Seinji sbuffò, ascoltando le parole dell'Uchiha, e percependo l'Odio salirgli fino alla gola.
    Sì, erano morti come dovevano morire. Morti, come due cani randagi; come due cani di strada, e quando Seinji sarebbe tornato a Kiri, per prima cosa avrebbe scovato le rispettive famiglie, e li avrebbe portati via da li. Che si sa mai, si mettessero a fare danni anche quelli; che si sa mai, una volta che la Città del Sole fosse splendente di nuovo, non la distruggessero con stupide alleanze e con il loro finto buonismo buono soltanto a uccidere i ninja di Kiri e consegnare Demoni kiriani ai ninja di Konoha.
    Seinji sospirò di nuovo, cercando di calmarsi.
    Ogni azione avrebbe avuto il proprio tempo.
    «Avevamo dei grandi progetti per quel ragazzo.» - Sospirò Seinji. - «Se non fosse per i sunesi, avrebbe avuto una vita decisamente migliore.» - Continuò l'Akuma. - «I ninja vivono di ideali, amico mio. Il mio ideale è la Caduta dell'Accademia e il ritorno a Kiri. Cambiare le sorti di quel Villaggio, per così dire, dopo che due persone in particolare lo hanno distrutto. E per questo, dato che i ninja senza un'ideale sono solo carne marcia, chiunque mi impedisca di raggiungere il mio scopo, sarà considerato da me al pari di un nemico: attaccato su un campo di battaglia, ucciso in una guerra, sorpreso nella tundra, colpito nell'acqua dei mari e dell'oceano, strisciante nella tundra, nel bosco, nella steppa; fatto a pezzi sulla neve, sui ghiacchiai. Divorato. Mangiato. Affondato.»
    Finì Seinji, pensando di aver risposto completamente ai dubbi dell'Uchiha. Motivo? C'erano mille motivi. C'era un'Ideale, uno Scopo, e un Villaggio, in fin dei conti, che doveva essere salvato dalle grinfie del Nulla, del marciume che il Nara e il Kaguya si erano lasciati dietro, una volta morti. Non era forse questa la causa a cui Seinji aveva giurato di dedicare la vita? Non era forse quello il villaggio, che voleva cambiare? Certo. Sarebbe morto, prima o poi, oppure sarebbe morto nel tentativo di cambiare le cose. Sarebbe morto con l'anima pulita, sapendo che si muore per cambiare le cose; per far si, che nessun altro ninja della Nebbia dia la vita in cambio a una finta protezione dell'Accademia... dia la vita in cambio di Niente, delle manie di grandezza di un Kaguya a caso. E di nuovo: non valeva forse la pena di dare la propria vita in cambio di un Ideale maggiore? Di un Bene comune? Di un villaggio prospero e prolifico, nelle mani di un Mizukage saggio e sapiente, con i Demoni al loro posto nei corpi di kiriani?
    Sospirò, ancora ascoltando cosa aveva da dire quel tipo.
    «Sì.» - Disse. - «Il mondo non è un ufficio esaudimento desideri. Ma è per questo che siamo ninja: per cambiarlo. E non cambiarlo impostando false alleanze per combattere un nemico esterno che a Kiri mai verrà, facendo quindi morire i nostri shinobi per nulla. Ma cambiarlo tornando alle origini: ove le guerre c'erano, ma erano meno distruttive; ove le leggi e le tradizioni di Kiri, permettevano a Kiri di far nascere e sviluppare tra i migliori ninja che il Mondo intero ha mai avuto... Ove si salvaguardavano gli usi e i costumi, e la gioventù era abbastanza tosta per difendere il villaggio da chiunque si azzardasse a solcarne le coste. Ove la parola "Idale" aveva ancora un senso. Dove i Kage sapevano prendere delle decisioni eque e giuste, senza dar vita a dei obbrobri simili a quelli di ninja di Konoha che, con il benestare del Mizukage, si appropria di uno dei nostri Bijuu...» - Finì sicuro, con il tono tranquillo, anche se un po' mosso dalle emozioni, perdendo il proprio sguardo nel vuoto delle cascate dinnanzi a lui. Poi però dovette distogliere lo sguardo dalla Poesia, e dare di nuovo credito ad Atasuke.
    Era diventato un chunnin? Aveva una katana?
    «Non devi scusarti, né spiegarmi i motivi delle tue azioni.» - Disse Seinji, in risposta a quella lunga parlata del foglioso. - «Siamo shinobi ed eseguiamo gli ordini. Solo che tu esegui gli ordini dei tuoi capi, mentre io... L'unico ordine che eseguo è quello che mi dice il mio istinto.»
    Curioso, rimase allora ad ascoltare la risposta di Atasuke in merito alla domanda sui suoi compagni di battaglia. Due periti, ragazzino morto e uno, forse, fuggito.
    «Niente.» - Rispose. - «Quando Etsuko si riprenderà completamente, andrò a cercare i corpi dei due caduti. Voglio che abbiano una degna sepoltura.» - Disse Seinji, con la voce malinconica, e con lo sguardo ancora perduto nei riflessi delle cascate. "Certo". - Pensò. - "Loro non erano mica Shiltar Kaguya e Itai Nara, di cui i corpi lascerei più che volentieri a marcire sulle mura di Kiri, magari mangiati, entrambi, dai corvi.
    «Uhm? Scacchi?» - Chiese Seinji.



    «D'accordo.» - Disse Seinji, girandosi completamente verso il proprio interlocutore. - «Giocchiamo. Lascio che sia la sorte a decidere.» - Rispose. Poi si preparò.
    Più che una battaglia a scacchi, sarebbe probabilmente stata una battaglia psicologica.
     
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    ~Un duello a Scacchi - Apertura~


    Egli aveva grandi progetti per il futuro del Jinchuuriki. E chi non ne avrebbe avuti? Chiunque in quel monto vorrebbe avere un demone per amico, anche solo per poter restare tranquillo che questi non gli sia nemico. Tuttavia, progetti o meno, alla fine nessuno era stato in grado di permettere a quel ragazzo di proseguire la sua vita ed ormai era troppo tardi per avere rimpianti di questo tipo. Nulla avrebbe riportato in vita il ragazzo e per quanto riguardava il demone, beh, ormai il recupero era un grosso problema di Suna che doveva concorrere al recupero con qualunque pazzo fosse nelle vicinanze di quel deserto.
    Il nukenin poi gli rivelò una grande, seppur banale, verità: Tutti vivevano di ideali. E, ironicamente, il suo ideale era tanto palese quanto folle. Tanto estremista da perdere, agli occhi di Atasuke ogni importanza. Certo, chiunque creda nel proprio ideale fino in fondo difficilmente si distacca molto dal fanatismo, tuttavia, quella determinazione, espressa a parole, pareva essere un'enorme follia, una contraddizione con quanto avesse detto sino a poco prima.
    Atasuke squadrò l'uomo quasi con curiosità: Possibile che fosse tanto determinato da violare lui stesso le sue stesse idee pur di portare a compimento il suo obbiettivo?
    Partì poi con una sorta di lista di quelle che erano le sue priorità e di quelli che erano gli errori che il mizukage aveva compiuto, sottolineando in particolare la decisione di concedere ad un ninja di Konoha uno dei demoni di Kiri.

    °Un demone di Kiri ad un ninja di Konoha? Certo è una cosa parecchio strana, anche perchè non mi risultano tre Jinchuuriki a Konoha... Anche se... Il Mizukage mi ha rivelato di essere originario di Konoha... Possibile che sia anche un portatore?°


    Ascoltava con attenzione mentre la sua mente elaborava con ancor più attenzione le informazioni che riceveva.
    Alla fine l'idea della partita parve piacere a Seinji, il quale quasi a sorpresa decise di optare per lasciare alla sorte la decisione dei pezzi. Una scelta saggia, anche se poteva probabilmente celare una sorta di ego che lo portasse a non aver problemi con nessuna delle due possibili formazioni.
    Atasuke sorrise, anche se per certi versi più che un sorriso lo si poteva quasi definire un ghigno soddisfatto.

    «E sia, lasciamo alla sorte decidere»


    Disse posizionando i pezzi sulla scacchiera per proi prelevare un pedone di entrambe le fazioni. Rimescolò i due pezzi parecchie volte senza lasciare al nukenin la possibilità di intuire in quale mano ci fosse quale pezzo, ed infine porse i pugni chiusi all'avversario.

    «A te scegliere la mano»


    Fatta la selezione, Atasuke mostrò il contenuto di entrambe le mani, poggiando nuovamente i pezzi al loro posto. Ruotò quindi la scacchiera di 90° porgendo all'avversario il lato che la sorte aveva scelto per lui ed iniziò a concentrarsi sulla partita, osservando la schacchiera ed il suo avversario.
    Ebbe così inizio la partita che probabilmente avrebbe deciso molto, tanto quanto non avrebbe deciso nulla su entrambi i contendenti.
    Atasuke dal canto suo muoveva i suoi pezzi con naturalezza, ponderando i movimenti e le attese per meditare sulle azioni da seguire cercando di non mostrarsi troppo avventato ne intimidito dal suo avversario. In fondo dovevano essere le sue mosse a parlare per lui, non l'atteggiamento, seppur l'atteggiamento spesso giocava un ruolo importante in una partita.

    «Quindi... Mi stavi dicendo che vorresti eliminare l'accademia, ciò che essa rappresenta e chiudere nuovamente Kiri nelle sue antiche tradizioni... Certo, anche io apprezzo e stimo molto le tradizioni di un paese, tuttavia mi pare drastico riportare tutto agli antichi metodi, specie se questo implica rompere un'alleanza che perdura da anni e che mi pare non sia poi così svantaggiosa per nessuno dei quattro villaggi...»


    Il suo tono era calmo, quasi quanto la mano che lentamente muoveva il pezzo sulla scacchiera per poi ritornare al mento dell'Uchiha afferrandolo lievemente tra indice e pollice.

    «D'altro canto, ammetto che non sia una novità che l'Accademia come istituzione abbia fatto grossi errori e fallimenti, anche se a stento riesco a collegare tali fallimenti alle singole figure dei singoli villaggi. In fondo è l'accademia a fallire, non uno specifico villaggio... Inoltre posso assicurarti che ho avuto a che fare con parecchi studenti e ninja Kiriani... e ad eccezione di Etsuko posso dire con fierezza che sono ottimi shinobi, oltre che ottimi allievi»


    A punò quindi il suo avversario, muovendo in contemporanea un pezzo sulla scacchiera. Aveva mosso un doppio attacco, uno alle teorie del Kiriano, l'altro ad uno dei suoi pezzi. Come avrebbe reagito nei rispettivi campi di battaglia?
     
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    La sorte decise per il meglio, lasciando che a Seinji capitasse un pedone nero dal pugno del suo nuovo amico-nemico, lasciando piuttosto il pedone bianco ancora nascosto dalle dita del giovane shinobi della foglia. Cosa significava questo per Seinji? In primis che all'inizio avrebbe dovuto difendersi, magari puntando a un rapido contrattacco, cercando di sorprendere il proprio avversario nel mentre questi, come molti, avrebbe messo l'alfiere sul bianco, poco dinnanzi al pedone davanti al Re. Tendenzialmente, la maggior parte delle persone contro cui Seinji aveva mai giocato, puntavano a muovere scacco e matto sin da subito, forse per percepire meglio l'onore della vittoria, forse per fare i fighi, quelli bravi, insomma, per trionfare sull'avversario e umiliarlo sin dalle prima mosse; tuttavia, in quella partita non sarebbe stato così, e Seinji lo sapeva benissimo: quella era una partita atta allo studio dell'altro, piuttosto che uno scontro tra dilettanti. Era un insieme di movenze tattiche non tanto finalizzate alla vittoria (in quel caso davvero poco importante), quanto alla conoscenza dell'altro. Un gioco subdolo insomma, e forse compreso da entrambi, in cui diverse delle domande si facevano strada nel gioco: chi avrebbe voluto vincere? E se qualcuno dei due avrebbe voluto vincere più dell'altro, questo cosa avrebbe comportato? Se qualcuno avrebbe voluto vincere sin troppo, sarebbe stato infantile nel desiderare una vittoria così inutile, o soltanto un bravo scacchista/tattico? Forse tutte quelle domande erano inutili, ma era altrettanto vero che ogni singola mossa, di attacco, di difesa, di posizionamento tattico, sarebbe stata una mossa da analizzare, da capire, da comprendere gli aspetti psicologici nel background della movenza. Insomma: una partita a scacchi come uno studio psicologico. E dato che Seinji non aveva voglia di far capire al proprio avversario tutti gli aspetti della propria innata psicologia, egli capì sin da subito che avrebbe dovuto improvvisare: muovere pezzi che altrimenti non avrebbe mosso, fare finte, spostare torri, magari anche farsi mangiar ele figure più importanti, per far credere ad Atasuke, di essere molto distratto e poco concentrato.
    «E invece è svantaggiosa.» - Rispose Seinji, muovendo il cavallo in avanti, vicino al pedone che Atasuke aveva mosso. - «I migliori kiriani muoiono perché l'accademia li manda a morire in terre lontane, i cui problemi mai potrebbero sfiorare Kiri. E dunque, perché un kiriano dovrebbe dare la propria vita per un problema, diciamo, sunese?» - Alla fine, probabilmente anche Atasuke si sarebbe reso conto, di quanto fosse folle tenere in vita un'organizzazione, al più criminale, come l'Accademia. Alla fine, non era forse vero che anche loro, i fogliosi, andavano a perderci, per via di missioni accademiche con cui nulla avevano a che fare? Il tono di Seinji era tranquillo e pacato, forse anche atono, come se fosse disinteressato al dialogo, e si fosse concentrato unicamente sui pezzi sulla scacchiera. Ma quanto era vero questo? Mosso il cavallo in avanti, avrebbe atteso che Atasuke avesse spostato il proprio alfiere, tanto per colpire il cavallo, tanto perché Seinji avrebbe mosso la propria regina al turno successivo.
    «Kiri ha sempre sfornato ottimi shinobi, al contrario di quanto si possa dire per esempio di Suna. Perché, dunque, i shnobi kiriani, meglio preparati e più pronti dei sunesi, dovrebbero andare a morire che una causa che non li riguarda?» - Chiese, senza distogliere lo sguardo dalla scacchiera e ponderando bene la prossima mossa.
     
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    ~Un duello a Scacchi - Arrocco~


    La partita avanzava con la dovuta calma. In fondo era una partita di scacchi e non una battaglia mortale, quindi nessuno dei due aveva la fretta del dover concatenare la mossa successiva in tempo record.
    Atasuke osservava con attenzione le mosse del suo avversario, agendo per certi versi di conseguenza, tuttavia più che adattarsi stava dettando il proprio ritmo, o almeno in quelle prime mosse.

    “E invece è svantaggiosa.”

    «Tu dici?»


    Rispose quasi con stupore, allontanandosi appena dalla scacchiera alzando il capo e distogliendo lo sguardo portandolo curioso sul suo avversario.

    “I migliori kiriani muoiono perché l'accademia li manda a morire in terre lontane, i cui problemi mai potrebbero sfiorare Kiri. E dunque, perché un kiriano dovrebbe dare la propria vita per un problema, diciamo, sunese?”


    Atasuke non trattenne una breve risata.

    «Sai... è strano... Dovresti fare questa domanda a tuo fratello... Io al massimo posso dirti perchè io ho partecipato per risolvere un problema “sunese”»


    Rispose ironico, lasciando le argomentazioni per dopo, in fondo quello non era ancora il momento di approfondire il punto dato che certamente Seinji aveva ancora altro da aggiungere alla sua affermazione.

    “Kiri ha sempre sfornato ottimi shinobi, al contrario di quanto si possa dire per esempio di Suna. Perché, dunque, i shnobi kiriani, meglio preparati e più pronti dei sunesi, dovrebbero andare a morire che una causa che non li riguarda?”


    In quel momento fu il cavallo del kiriano a muoversi, quasi come se la mossa rispecchiasse in un certo senso l'affermazione stessa.
    Atasuke guardò attentamente la scacchiera. Fino a quel momento erano state fatte poche mosse, ma parecchie avevano già acquisito un preciso significato e l'apertura di Seinji sembrava quasi invitare il suo alfiere ad attaccare, come se in un certo senso si aspettasse da un momento all'altro un assalto. Assalto che tuttavia Atasuke non aveva intenzione di portare, o almeno non in quel momento.

    °Arrogante ed avventato, credi questo di me? Pensi forse che sia così sciocco da cercare una rapida vittoria? Non hai ancora compreso nulla... Meglio per me°


    Un sorriso si dipinse sul suo volto mentre afferrava l'alfiere portandolo proprio laddove Seinji probabilmente lo voleva, tuttavia senza però staccare la mano dal pezzo lo posò alzando poi nuovamente lo sguardo verso il suo avversario.

    «In verità, posso affermare, per esperienza che i “migliori shinobi” tendono a sopravvivere e a non morire, anche se spediti lontani da casa... Anche perchè i migliori, proprio perchè sono i migliori... Sanno sempre come...»


    Mantenne il suo sguardo piantato sul suo avversario mentre la mano trascinava indietro il pezzo riportandolo quasi al suo posto, ma fermandosi proprio davanti al proprio re.

    «... tornare a casa»


    Il significato era palese da entrambe le parti, sia sulla scacchiera che in ciò che Atasuke stava dicendo. La sua posizione era ferma e pronta ad asserragliarsi in una posizione sicura, arroccata.
    Qualunque fosse stata la mossa di Seinji infatti, Atasuke al passo successivo avrebbe arroccato, sia nelle parole che nel gioco.

    «Credo comprenderai il mio punto di vista... Nel nostro lavoro, sono solo i “migliori” a portare a termine le missioni, siano queste assegnate dai Kage, dai clan, dai Daimyo, dall'accademia o di chicchessia... Quindi se i “migliori” crepano altrove, forse vuol dire che non erano proprio i “migliori” ma qualcuno è stato migliore di loro...»


    Vi era una lieve vena ironica in quelle parole, nulla di esageratamente offensivo, ma di certo il ragionamento nel suo lucido ed indifferente cinismo, non faceva una piega.

    «Risolto questo punto invece, ci teno a ricordarti una cosa... Io, come tutti devo obbedienza al mio villaggio, non all'accademia, quindi nuovamente viene a cadere un'altro punto... Non è l'accademia a spedire i Kiriani ma è Kiri stessa che offre i suoi shinobi per l'accademia... Specialmente per risolvere il problema di Suna sono intervenuti volontari, nessuna convocazione ufficiale o menate simili... Credevo che il tuo fratellino te lo avesse detto...»


    Un'altra piccola staffilata mentre con un sorriso la mano iniziaa a preparare i pezzi per spostarli nella successiva mossa.

    «Quindi ti rigiro la domanda... Perchè un allievo segue il proprio maestro? Perchè un villaggio si allea con un'altro? Perchè due alleati si aiutano tra di loro anche quando un problema non li riguarda direttamente? Perchè 4 ninja in team cooperano tra loro anche quando in una missione magari l'unico direttamente toccato dalla stessa è solo uno, o magari nessuno della squadra? Perchè tu stesso dici di operare per Kiri e non per te stesso solamente?»


    Il suo tono era calmo ed il re si era ormai fermato mentre la mano rapida andava ad afferrare la torre per muoverla nella sua posizione finale.

    «Semplice: Perchè c'è sempre un vantaggio in ogni cooperazione. A volte è visibile e tangibile: Una grossa fetta di denaro, potere, possedimenti, gloria, benessere, pace, etc... A volte è molto meno visibile ed a volte non è neppure percepibile dagli altri, come un mero senso di benessere personale, la tranquillità di vivere ogni giorno con la propria coscienza a posto o altro ancora, spesso invece il vantaggio non si vede e non può essere visto fino alla fine di una serie di collaborazioni, fino all'adempimento dell'intero disegno...»


    Posò quindi la torre, passando nuovamente la mano al suo avversario.

    «Per fare un'esempio... Che vantaggio avevi tu nel volermi tenere in vita laggù nel deserto? Che vantaggio hai nel giocare questa partita anziché sgozzarmi qui dove nessuno potrebbe scoprirti? Che vantaggio ho io nel restare qui con te a giocare questa partita? Forse entrambi ne abbiamo molti, o forse entrambi non ne abbiamo nessuno, o forse ancora entrambi lo scorpiremo solo al compimento di questa partita o forse al compimento di un disegno ancora più ampio... Anche se a me piace pensare che semplicemente ne stiamo già traendo un vantaggio rispettandoci a vicenda e facendo un civile scambio di opinioni»


    E con quelle parole, concluse, lasciando anche la parola al suo avversario. Si era chiuso pronto a rispondere ed a partire all'assalto dalla sua posizione difesa su ogni lato.
     
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    "Dico, dico", - avrebbe voluto rispondere Seinji. Certo che era svantaggiosa. Atasuke diceva di no? Inutili farneticazioni. Non vi era alcuna gloria, né vantaggi economici, nè, tantomeno, vantaggi di altro tipo, nell'andare a morire per evitare una minaccia che toccava solo Suna. Pensare contrario era vano e sciocco: l'apice della forza, dello sviluppo di ognuno dei villaggi, sarebbe stato raggiunto unicamente se fossero stati separati, senza l'immischiarsi di sunesi negli affari interni dei kiriani, e senza che gli otesi si immischiassero negli affari di Konoha. Ognuno per sé, e in nessuna altra maniera.
    Seinji mosse il cavallo, facendo un cenno dì "sì" con il capo.
    <i>«Mio fratello è un ninja. E come tale, probabilmente, non poteva fare altro che obbedire agli ordini.»

    Quindi osservò il suo movimento: come atteso muoveva l'alfiere. Ma lo muoveva per attaccare, per disilludere, per creare un diversivo, spazio per una mossa o tattica futura? Seinji doveva stare all'erta: amava giocare in difesa. Giocando in difesa, stando attento a tutto, avrebbe bloccato ogni mossa avversaria che avrebbe considerato essere pericolosa, tagliandole via le gambe ancora all'inizio. Quindi ascoltò l'affermazione di Atasuke.
    «I migliori possono tornare a casa, solo se la casa è libera.» - Sorrise Raven. Poi continuò: - «Nel mio caso, sarebbe utile liberarla dalle forze di occupazione di Konoha, prima di tornarvici.» - E di nuovo sorrise. Atasuke sperava di ottenere una vittoria facile? No. Mosse il pedone esterno, alla sinistra del suo re, spostandolo in avanti di due caselle: così bloccava ogni possibilità di attacco esterno.
    Quindi guardò l'arrocco di Atasuke. Chiudere il Re in una morsa di sé stesso?
    "Pessima mossa" - Pensò Seinji, e portò il pedone precedentemente avanzato di un'altra casella in avanti, come a voler pressare la difesa di Atasuke.
    «Il punto è,» - disse Seinji nel mentre, - «che anche i migliori possono morire, se viene affidato loro una missione che non era loro.» - Poi aggiunse: - «Kiri non offre morte gratuita ai suoi shinobi. Chi la offre è il Mizukage. Non avrei nulla da ridire, se fossero i kiriani stessi, a essere così buoni e volenterosi da morire per un sunese. E invece è il Mizukage esterno che li spedisce incontro a morte certa.»
    Poi mosse anche il suo pedone. Lo stesso di prima, ancora in avanti, ancora verso l'arroccato re di Atasuke. Seinji Aveva lasciato libero il fianco? Lo guardò. No. Vi era la torre a coprirlo.
    «Una cooperazione vantaggiosa, è quella che, a lungo andare, da soddisfazioni pari a tutti. » - Disse. - «Ma nel nostro caso, la pratica mostra che non è così: l'Accademia ha permesso al precedente Mizukage, Shiltar Kaguya, di consegnare una delle forze portanti a ninja foglioso, consegnando così ben 3 bijuu nelle mani di Konoha, e rimanendone solo 1 nelle mani di Kiri. Questa non è forse un'umiliazione?» - Chiese serio Seinji, ormai facendosi più prendere dalle parole, anziché dal gioco.
    «Non montarti la testa: non uccido per il piacere di uccidere.» - Disse serio. - «E non ho motivo di entrare nel conflitto con te al di fuori da quella missione fallita.» Poi continuò: - «Il mio unico vantaggio è uno scambio di opinioni. Il mio vantaggio è non crearmi altri svantaggi. Mi sono messo in testa di rimettere Kiri in sesto, e per farlo mi servono alleati.»
    "Cooperazione reciproca" - pensò l'Akuma.
    «Non che veda in te un possibile alleato. Come dissi all'inizio: sei un accademico, e difenderai il Mizukage di Kiri. E perciò sei un nemico. Io in te ci però qualcosa in più di un semplice nemico. Una possibilità, esattamente. La possibilità di comprendere l'Accademia più a fondo di quanto non abbia già fatto.»
    E mosse di nuovo. Di nuovo il pedone? No. Dopo quel slancio all'inizio, mosse di nuovo il cavallo. Doveva schiacciare Atasuke nella sua metà campo ora. Non lasciargli modo di muovere i pezzi. Di respirare.
    Doveva vincere. In ogni campo.
     
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    ~Un duello a Scacchi – Schermaglia Verbale~


    Le mosse si susseguivano una dopo l'altra, ne rapide ne lente. Seguivano in un reto senso un loro ritmo, al pari di una battaglia, alternando momenti celeri a semplici rilassamenti, come le onde di un mare agitato o come due ballerini nel pieno della loro danza.
    Nessuno dei due cedeva ne pareva mostrare deolezze, tuttavia entrambi portavano i loro colpi, l'uno dopo l'altro, studiandosi a vicenda e stuzzicandosi di continuo sperando in un errore dell'avversario.

    “Mio fratello è un ninja. E come tale, probabilmente, non poteva fare altro che obbedire agli ordini.”

    °Evidentemente sto parlando con un cieco...°


    Pensò rassegnandosi al fatto che pur di credere alla propria illusione l'ex-kiriano rifiutava di vedere ciò che aveva davanti a se. Era quasi ironico come un esperto di illusioni fosse tanto abile da illudere se stesso continuamente... Evidentemente era quello il motivo della sua bravura nell'arte illusoria.

    “I migliori possono tornare a casa, solo se la casa è libera. Nel mio caso, sarebbe utile liberarla dalle forze di occupazione di Konoha, prima di tornarvici.”

    «Addirittura? Non mi risulta che Konoha abbia mai occupato Kiri, inoltre... Sono abbastanza sicuro del fatto che i nostri reparti speciali possano essere ovunque tranne che ad occupare in gran segreto Kiri o uno degli altri villaggi...»


    Non riuscì a trattenere l'esclamazione. In effetti non gli risultava che Konoha avesse in qualche modo “invaso” Kiri e non vedeva come questa sua affermazione potesse in qualche modo avere un fondamento, quindi si limitò a schernire neppur troppo velatamente quell'affermazione.

    “Il punto è, che anche i migliori possono morire, se viene affidato loro una missione che non era loro. Kiri non offre morte gratuita ai suoi shinobi. Chi la offre è il Mizukage. Non avrei nulla da ridire, se fossero i kiriani stessi, a essere così buoni e volenterosi da morire per un sunese. E invece è il Mizukage esterno che li spedisce incontro a morte certa.”


    Atasuke si fece pensieroso, osservando la scacchiera e preparando la successiva mossa, decisamente meno aggressiva ma non per questo meno pericolosa.

    «Mi sfugge qualche punto... Mi risultava che il Kage fosse un tal Shiltar Kaguya e non mi risulta che i Kaguya siano un clan esterno a Kiri... O forse mi sbaglio?»


    Le parole rispecchiavano la sua stessa mossa. Erano un semplice bluff, una mossa apparentemente inutile, ma erano l'apertura necessaria per la successiva serie.

    «Detto questo, perdonami se mi ripeto anche a costo d'esser noioso, ma nell'ultima missione a suna eravamo tutti volontari, reclutati sul posto semplicemente dalla domanda di aiuto dei locali. Nessuno ha imposto ne a me ne agli altri un'ordine o un obbligo al di fuori della nostra stessa morale. Ed anche se la cosa ti sembra troppo assurda, altro non è che la pura verità... Nessun Kage ha mandato i Kiriani a morire per Suna, fattene una ragione»


    Concluse in maniera più dura a sottolineare l'importanza delle sue parole. Certo, non stava perdendo la pazienza, tuttavia non tollerava la scelleratezza del nukenin nell'arrampicarsi su delle informazioni tanto tendenziose e fasulle quanto sciocche.

    “Ma nel nostro caso, la pratica mostra che non è così: l'Accademia ha permesso al precedente Mizukage, Shiltar Kaguya, di consegnare una delle forze portanti a ninja foglioso, consegnando così ben 3 bijuu nelle mani di Konoha, e rimanendone solo 1 nelle mani di Kiri. Questa non è forse un'umiliazione?”

    «Ah, dunque mi dici che il Kage è cambiato... Peccato che non ne fossi informato, altrimenti avrei spedito una lettera di augurio con un piccolo resoconto su tuo fratello...»


    Lo punzecchiò prima di rispondere alla tediosa informazione di Seinji.

    «Dunque mi stai dicendo che... Kiri ha fatto dono di uno dei suoi biju a Konoha? Eppure mi sfugge una tale trattativa... E lavorando alle mura mi sarei dovuto accorgere di una delegazione Kiriana che portava un demone al guinzaglio...»


    A quel punto iniziò ad aprire parte della sua formazione, concedendo qualche piccolo pezzo all'avversario e donandogli una sorta di illusorio senso di vantaggio numerico, anche se questo faceva parte di un disegno più ampio. Un disegno che neppure Atasuke conosceva fino in fondo ma che scopriva poco alla volta, una mossa dopo l'altra.

    «Per favore, non dirmi cose che non hanno senso... Non insultare la mia o la tua stessa intelligenza con delle farneticazioni fondamentaliste che perdono di significato dopo appena due parole... Che la cosa ti piaccia oppure no è il Kage a rappresentare il villaggio ed i suoi interessi e da quel che so l'accademia non ha titolo di nominare i Kage, ma sono i villaggi stessi che eleggono i loro Kage e Kiri mi risulta faccia lo stesso al pari di tutti i villaggi.»


    Lanciò quindi un'occhiata al suo avversario analizzandone le successive intenzioni ed ascoltando il resto del suo discorso che evidentemente non era finito.

    “Non montarti la testa: non uccido per il piacere di uccidere.”

    °Lo credo bene, altrimenti saresti ancora più stupido di quanto già non sei...°

    “E non ho motivo di entrare nel conflitto con te al di fuori da quella missione fallita. Il mio unico vantaggio è uno scambio di opinioni. Il mio vantaggio è non crearmi altri svantaggi. Mi sono messo in testa di rimettere Kiri in sesto, e per farlo mi servono alleati. Non che veda in te un possibile alleato. Come dissi all'inizio: sei un accademico, e difenderai il Mizukage di Kiri. E perciò sei un nemico. Io in te ci vedo però qualcosa in più di un semplice nemico. Una possibilità, esattamente. La possibilità di comprendere l'Accademia più a fondo di quanto non abbia già fatto.”


    Un sorriso. Null'altro aggiunse Atasuke a quelle parole. Seinji aveva evidentemente mostrato il suo gioco, o almeno in parte, tuttavia Atasuke era di ben altre intenzioni. Certo, non era minimamente intenzionato a divenire alleato di quel nukenin, men che meno aveva intenzione di dargli le informazioni che quel tale poteva usare contro di lui o il villaggio stesso.

    «E dimmi... Come pensi di rimettere in sesto il villaggio? Prendendolo con la forza autonominandoti Kage come i peggiori despoti? Istigare i Kiriani alla rivolta uccidendosi tra loro in una stupida ed inutile guerra intestina? O magari distruggendo l'accademia, dividendo ed isolando i quattro villaggi per scatenare una nuova guerra ninja in modo che tutti possano soffrire mentre tu giungi come un salvatore aiutando Kiri a rialzarsi e guadagnandoti così la fiducia ed il titolo di Kage?»


    Era ironico, tuttavia nella sua ironia si celava una grossa fetta di realtà. Volava sapere come era intenzionato ad agire Seinji, in parte eventualmente per prevenire tali azioni, ma principalmente per scoprire che cosa ronzava in quella testa tanto convinta ddelle sue idee da non vedere nulla al di fuori del suo obbiettivo. Certo, quella spesso poteva essere un'ottima abilità, ma molto più spesso porta a non vedere quei piccoli dettagli utili a non essere presi alle spalle.
    Aspettò una risposta a quella domanda prima di proseguire sul suo discorso.

    «Detto questo però restano alcuni punti nella tua teoria che non hanno alcun senso... Ad esempio: Che cosa ti rende un paladino della giustizia al punto tale da poter dire che la tua visione è quella giusta e non quella del Mizukage? O degli amministratori di Kiri, o ancora del villaggio stesso che li ha eletti? Sei talmente convinto di te stesso che ignori ciò che ti circonda. Osservi solo il tuo obbiettivo, ignorando ciò che è il mondo che lo circonda...»


    Si diede una breve pausa muovendo il pezzo successivo riprendendo fiato prima di tornare al suo discorso.

    «Dove tu vedi un Kage “sbagliato” io vedo un uomo eletto dal suo popolo come guida e che sicuramente agisce nel bene del villaggio, per quanto tu possa non condividere una sua decisione. Dove tu vedi un'alleanza distruttiva, io vedo una possibilità di crescita insieme, dove diverse culture e diversi modi di agire si incontrano e si confrontano migliorandosi a vicenda. Dove tu vedi un'associazione criminale che manda altri a fare il lavoro sporco, io vedo un'alleanza in cui tutti volontariamente si aiutano e si proteggono a vicenda»


    Ad ongi confronto corrispondeva una mossa, mirata a destabilizzare la difesa dell'avversario, costringendolo a sua volta a difendersi senza grosse possibilità di contrattacco dato che gli attacchi si coprivano l'un l'altro.

    «Sai una cosa? Per quanto in me tu possa vedere una possibilità per comprendere l'accademia, io vedo che non ne hai modo alcuno. Sei come un cieco che vuole farsi mostrare il mondo da un passante. Parti da troppi presupposti e non accetti il mondo per quello che è: Un luogo in cui le persone fanno decisioni differenti dalle tue.»


    Un'altra piccola staffilata mentre con un sorriso la mano muoveva il pezzo successvo.

    «Per fare un esempio non accetti il fatto che fosse stato tuo fratello stesso a decidere di aiutare Suna, e non è stato né un Kage ne l'accademia ad imporglielo. Allo stesso modo non vuoi vedere che non è un ente accademico ad imporre ad un villaggio a chi dare i suoi Biju ma rimane una decisione del Kage stesso. Non vuoi vedere che il Mizukage, per quanto possa starti sulle palle è stato eletto dal suo villaggio e non è stato imposto da altri e che quindi rispecchia le decisioni del villaggio. Tu vuoi solo vedere ciò che vuoi vedere: Un ordine sbagliato, Una decisione sbagliata, Un Kage sbagliato... E non esiste cecità peggiore di chi non vuole vedere»


    Non aggiunse altro, passando la palla al suo avversario. Non avave perso di vista nessuno dei due discorsi, ne quello verbale ne quello sulla scacchiera.
     
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    Ascoltando i discorsi del giovane Atasuke, doveva ammettere che non aveva poi tutti i torti certo. O almeno così sembrava. E invece se così non fosse? Se fosse proprio quella pressione psicologica, ad aver spinto Etsuko a compiere questo folle gesto, salvo poi ricredersi e capire che la fratellanza era più importante di un Kage impostore? Seinji scosse la testa, come a voler dire un "no". Aveva le sue motivazioni, e gli bastava. Così come aveva le sue motivazione per quella che era un ammissione di fatto: un ninja di Konoha regnava a Kiri. Non doveva mica spiegarle a qualcun altro... Diamine! O forse sì? Nel dubbio avrebbe provato a farlo, sapendo già che la cosa non avrebbe funzionato, e che i leciti dubbi del foglioso avrebbero avuto una vita ancora lunga.
    «E io non ne sarei sicuro: un ninja originario di Konoha che fa da padrone a Kiri. Un ninja vostro. Non nostro. Un disastro! Un ninja che non doveva essere nostro fin dal principio. Una tiratura. Un pessimo elemento che una volta ho beccato a Kiri fare gruppo con altri ninja di Konoha. Quello è un complotto. Quella volta nacque un battibecco, » - continuò Seinji - «tra me e i fogliosi a Kiri. E Itai Nara sai chi difese? Difese loro. I suoi atteggiamenti di favore verso i fogliosi sono così evidenti, che non si può nemmeno parlare di un complotto accademico anti-Kiri: questa è un'occupazione alla luce del giorno, davanti agli occhi di tutti.»
    Sospirò.
    «Sai com'è andata? Te lo dico io: anni e anni fa, quando il Nara era ancora un studente, videro che era speciale, era un promessa, una stella nascente destinata a crescere. E ce lo mandarono, sapendo che, crescendo, pur restando fedele a Konoha, un giorno occuperà la carica del Mizukage. Furbo! Così potete occupare un intero villaggio con un solo uomo.» - Sbraitò Seinji, forse perdendo l'equilibrio, forse esplicando quelle che il foglioso poteva ritenere teorie strambe e assurde, ma esplicando i suoi pensieri sinceri. Perché quello... No. Non lo pensava. Ne era assolutamente certa. E la colpa di chi? Di Shiltar Kaguya. Un kage buono a nulla.
    «Non prendermi per stupido!» - Sbraitò di nuovo. - «Etsuko, seppur ferito, mi ha raccontato come vanno le cose a Kiri. So chi c'è, e chi non c'è. E non venirmi a parlare della questione volontaria o meno: è il mio fratello minore, si sarà fatto trascinare dalla stupida propaganda accademica.»
    Quindi si fermò, ormai accecato da quelle parole tanto insulse quanto ingiustificate. La partita a scacchi? Che importava? L'avrebbe felicemente rovinata giù dalla cascata, oppure spedita nel cranio di quel Atasuke, sperando che glie lo bucasse da una parte all'altra. E invece non si mosse. Seppur incazzato nero, rimase seduto, li, a muovere i pezzi, ormai senza né difendere né attaccare, né calcolando le mosse avversarie, né pensando alle sue di mosse. Ascoltò la replica sui biju, ed ebbe da sorridere, sincero.
    «Non so se tu abbia visto un bestione alle mura, ma posso assicurarti che io ho visto un ninja di Konoha con dentro sigillato un nostro demone.» - Sorrise. - «E così Konoha ne ha 2 dentro il villaggio, e uno fuori dal villaggio. Di nuovo: acuto! Ma con me questi sporchi tranelli accademici non passano: la vostra alleanza è per noi una disgrazia.»
    Poi si alzò, mettendo la partita in pausa, e perdendo lo sguardo nell'orizzonte.
    «Il Kage è eletto dal popolo, è vero.» - Disse. - «Ma alla luce di quanto ho affermato, chi mi dice che le elezioni non fossero truccate dalle vostre forze speciali, alla luce della debolezza delle nostre?» - Chiese, sedendosi di nuovo sulla roccia davanti alla scacchiera. - «E anche se le elezioni del Kage dopo la morte di Shiltar fossero del tutto regolari... Un ninja di Konoha non può diventare Mizukage per principio.» - Disse serio. - «Altrimenti il villaggio va in rovina, come difatti sta accadendo.» - Sorrise. Scacco alla regina. Un fatto era un fatto: un marcio Mizukage non poteva permettere a Kiri di risorgere, anzi. E un Mizukage non kiriano? Un disastro.
    «Non ho dei piani in merito.» - Mentì spudoratamente, restando nel volto impassibile e fermo. - «Quando avrò dei piani, sceglierò senz'altro la strada meno sanguinosa possibile. Ma arriverò al punto. Kiri avrà un Mizukage di sangue kiriano.»

    Punto e a capo. Fine del discorso. Qualunque trattativa con un Mizukage dal sangue foglioso non poteva che venire soppressa: era inesistente. Era un insulto alla memoria degli avi kiriani.
    «La storia mi da ragione, e questo basta.» - Disse, rispondendo ancora. - «Kiri era splendente soltanto quando era guidata da kiriani. E' sempre stato così. Qualunque altra teoria è un insulto.» - Poi continuò: - «Puoi vederla come vuoi. Non mi serve la tua approvazione. Io la vedo diversamente, e ho diritto al mio punto di vista. Non puoi dibattere con la matematica, essa ha sempre ragione: volontari o meno, qualche kiriano ci va sempre in aiuto a Suna. E quando hanno attaccato Kiri? Chi è venuto da Suna? Nessuno.» - Un altro fatto, che però non bastava a Seinji per mettere fine ai discorsi. - «Ognuno ha diritto di vederla come vuole. Io la vedo come voglio vederla io, e sono sicuro del fatto che la mia visione delle cose sia chiara, lucida, e trasparente. Io ho ragione. E sono pronto a combattere per il mio ideale. Sono pronto a morire e sacrificarmi per Kiri, per un futuro migliore...»
    Forse li la partita sarebbe finita, forse no. Forse Seinji voleva stuzzicare il suo avversario, o forse voleva soltanto fargli abbandonare quella strada, che non avrebbe portato a nulla se non ad altri battibecchi.
     
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    [Abilità/Potenziamenti/tecniche]


    ~Un duello a Scacchi – Errori Umani~


    La partita sembrava a poco a poco avviarsi verso la sua conclusione e con essa anche la loro “pacifica” discussione. Nessuno dei due era intenzionato a cedere e nessuno dei due aveva un colpo pronto per chiudere la questione, tuttavia la calma del nukenin pareva a poco a poco cadere, venendo sostituita dalla rabbia, o più probabilmente dall'orgoglio, uno dei sentimenti umani più potente ma allo stesso tempo inaffidabile.
    Alle sue parole infatti Seinji rispose con rabbia ed orgoglio, come se in qualche modo le sue affermazioni lo stessero ferendo nel profondo, come se in ogni modo cercasse, senza speranza di difendere l'indifendibile. Un orgoglio che non poteva essere celato dopo la sciocchezza che l'Akuma portò come esempio, sciocchezza che Atasuke mise da parte con un sospiro divertito, quasi a metà strada tra un colpo di tosse ed una brevissima e contenuta risata appena sussurrata tra le labbra.

    °Oh, dopo aver bisticciato il tuo compagno di villaggio non ha protetto te bensì i ninja di Konoha... Che mascalzone... Sicuramente tu avevi ragione e gli altri avevano torto, quindi stato meschino da parte sua pensare in maniera sbagliata avvicinandosi a quelle persone che avevano torto°


    Rimuginò tra se prima di proseguire con il discorso provocando la reazione aggressiva del suo avversario che evidentemente stava perdendo le staffe.

    “Etsuko, seppur ferito, mi ha raccontato come vanno le cose a Kiri. So chi c'è, e chi non c'è. E non venirmi a parlare della questione volontaria o meno: è il mio fratello minore, si sarà fatto trascinare dalla stupida propaganda accademica”

    «Pensala come vuoi... Sappi solo che non ci sono stati ordini ufficiali da parte di nessuno e questo è un fatto. Il perchè dell'intervento di tuo fratello sono, onestamente, fatti suoi.»


    Tagliò corto. Per quanto apprezzasse vedere il suo avversario che perdeva le staffe e con queste il controllo del discorso e della partita, sapeva che non doveva portarlo troppo oltre, altrimenti avrebbe rischiato di inimicarselo troppo presto e non era quello il momento.
    I due disquisirono in merito ai tre biju di Konoha ed alla fine, dopo aver sentenzianto la sua posizione, Seinji si alzò, distogliendo lo sguardo dalla partita volgendolo all'orizzonte. Dal canto suo invece Atasuke rimase composto laddove era e contemplò i movimenti del suo avversario.

    “E anche se le elezioni del Kage dopo la morte di Shiltar fossero del tutto regolari... Un ninja di Konoha non può diventare Mizukage per principio. Altrimenti il villaggio va in rovina, come difatti sta accadendo.”


    E con quelle parole mosse scacco alla Regina di Atasuke, con una mossa per certi versi invidiabile, anche se aveva un velato errore di fondo.

    «E perchè mai? È forse il luogo di nascita a decidere chi siamo e cosa diventeremo? Credi forse che nell'aria di Kiri ci sia una qualche sostanza particolare che rende i nativi del luogo migliori di altri per comandare? Onestamente... Credo che siano solo dei vaneggiamenti insensati...»


    Sospirò scostando lo sguardo dal suo avversario e facendolo scivolare sulla scacchiera mentre con delicatezza sforava alcuni dei suoi pezzi come a dover decidere quale muovere.

    «Alla fine, che ci piaccia o no, Kiriani, Sunesi, Otesi, Konohani... Non c'è differenza, siamo tutti esseri umani e per questo incapaci della perfezione. Nessuno di noi può dirsi perfetto e nessuno di noi può onestamente dire di non aver sbagliato, dal più insignificante barbone al più importante Daimyo... Tutti sbagliano, solo che a volte, alcuni errori hanno conseguenze minime, altri disastrose»


    Sospirò nuovamente afferrando l'alfiere che da tempo aspettava di muovere, pronto a sferrare il suo attacco.

    «Generalmente, ne converrai anche tu, più una persona è importante più deve stare attenta al proprio operato, dato che le sue decisioni influenzano sempre più persone, sempre più punti di vista, sempre più dettagli, al punto tale che al vertice spesso è impossibile non fare errori e si deve quindi optare per il minore dei mali... Tuttavia, laddove un Kage decide, ci sono dei consiglieri, dei ninja pronti a consigliarlo e sotto di essi altri ninja e cittadini a sostenerli... Se un paese va in rovina, non è solo colpa del Kage che sbaglia, ma di tutti quelli che lo hanno consigliato male, di coloro che lo abbandonato nel momento del bisogno additandolo come colpevole e lavandosene le mani autoconsiderandosi “nel giusto” per poi lamentarsi solo delle condizioni in cui il paese versa»


    E con quelle parole mosse l'alfiere in scacco al re, proteggendo così la regina e costringendo il suo avversario a pensare di difendersi. Inutile dire che in tutto quel giro Atasuke stava indicando proprio il suo avversario come colui che aveva abbandonato il suo Kage in balia degli eventi nel momento in cui Kiri aveva bisogno, in cui il Kage andava corretto per non portare il villaggio alla rovina.

    «Solo chi non fa nulla non sbaglia mai... Per qanto il “non fare nulla” sia esso stesso un'errore dato che significherebbe rinunciare alla cosa più importante: vivere.»


    Egli era serio e deciso. Nessun'altra emozione si poteva leggere nei suoi occhi. Credeva in ciò che diceva e non gli importava cosa potesse pensarne il suo avversario.
    Ascoltò poi la chiara menzogna del suo avversario. Certo, il volto era serio e non lasciava trapelare emozione alcuna, tuttavia non poteva credere che un traditore di quel calibro, seppur squilibrato non avesse in mente nulla. Nessuno sano di mente progetta di ridisegnare un paese senza avere in mente neppure uno stralcio di piano per acquisirne il controllo. Certo, non avrebbe sicuramente elaborato ogni dettaglio e possibilità ma non avere nulla in mente era una semplice follia.

    «Ora insulti la mia intelligenza Seinji... Vuoi forse farmi credere che vuoi raddrizzare un'intero villaggio, liberare Kiri dall'accademia e dall'invasione di Konoha, ristabilire l'antico ordine ed il retaggio dei suoi clan, Sei riuscito a smascherare i mille complotti del mondo contro Kiri stessa e non hai il ben che minimo stralcio di un piano abbozzato? Se davvero le cose stanno così non posso evitare di trattarti come uno Sciocco ed un folle»


    Rise sarcastico schernendo la menzogna dell'avversario. Certo, non poteva sapere se quello di Seinji era un bluff o se realmente non aveva il ben che minimo straccio di piano. Tuttavia rimanevano solo due possibilità: O mentiva o era un'imbecille nazionalista.

    “La storia mi da ragione, e questo basta. Kiri era splendente soltanto quando era guidata da kiriani. E' sempre stato così. Qualunque altra teoria è un insulto. Puoi vederla come vuoi. Non mi serve la tua approvazione. Io la vedo diversamente, e ho diritto al mio punto di vista. Non puoi dibattere con la matematica, essa ha sempre ragione: volontari o meno, qualche kiriano ci va sempre in aiuto a Suna. E quando hanno attaccato Kiri? Chi è venuto da Suna? Nessuno.”


    Un sorriso. Anche se non voleva darlo a vedere Seinji semrava quasi un marmocchio che sbatteva i piedi nella sua posizione ripetendosi a gran voce di avere ragione punto e basta. La differenza risiedeva solo nell'età e nei modi, decisamente meno palesi e ben mascherati dietro a nobili parole come ideali e morte pur di difenderli.
    Certo erano nobili parole ed almeno in apparenza vi erano dei nobili ideali, peccato che questi svanissero dopo quella montagna di vuote parole ed ostentate ripetizioni basate sul semplice: “Io ho ragione punto e basta”.

    «Dunque questa è la tua posizione... Certo, non ho intenzione alcuna di negarti il tuo diritto a pensarla come ti pare... In fondo non sono qui per evangelizzarti ne per convincerti ad arrenderti... Tuttavia, credo che mi permetterai di dissentire ancora una volta...»


    C'era un filo di divertimento nella sua voce, come se in qualche modo lo divertisse avere sempre un qualcosa con cui controbattere alle parole del suo avversario. Certo, forse non lo avrebbe battuto, ma magar sarebbe riuscito a muoversi di un'altro passo verso il suo obbiettivo.

    «Anche tempo addietro quando Konoha venne assalita non rammento Kiriani giunti in soccorso, eppure spesso ho visto ninja di Konoha andare in soccorso a Kiri. Io stesso salvai la pelle a svariati tuoi ex-compaesani in passato... Se guardiamo il mondo con la matematica, ci accorgiamo che questa scienza esatta è inadatta per osservare ciò che la circonda e questo perchè è troppo perfetta, troppo esatta per poter analizzare qualcosa di imperfetto e spesso anche di imprevedibile...»


    Mentre parlava la sua mente non potè evitare di andare verso Shizuka, il palese esempio di imprevedibilità ed entropia. A stento evitò di ridere nel rammentare colei che nel suo continuo cercare di essere ordinata e precisa sfociava nel più completo disordine in meno di un secondo, spesso anche solo per una semplice parola detta in malo modo.

    «Ad esempio: Per la matematica stessa Kiri mi dovrebbe almeno una decina di vite umane, idem Suna, l'unica che si sala è forse Oto, verso la quale per certi versi devo parecchio per altre questioni personali. Allo stesso modo, matematicamente parlando, proprio a Suna mi ero recato, per così dire, per ripagare un favore, ma di certo non dovevo tanto da imbarcarmi in una missione del genere... Certo, questo non nega il tuo punto di vista, ma può farti capire quanto dubbio possa essere analizzare il mondo in maniera matematica...»


    Riprese fiato muovendo nuovamente i suoi pezzi incalzandolo su tutti i fronti.

    «Allo stesso modo, a livello di storia, se la storia fosse anch'essa un metro di giudizio... beh, sei un nukenin ed a questo punto stando alla storia tu avresti torto a priori essendo solo un semplice traditore assetato di sangue e morte... Ed allo stesso modo ora dovremmo ucciderci anziché essere qui a discutere civilmente davanti ad una scacchiera, non trovi? Senza contare che nuovamente, la storia darebbe ragione a me sull'accademia, dato che tempo addietro i villaggi si unirono già una volta in un'alleanza e fu proprio il Kazekage a guidarla, quindi se i villaggi hanno continuato ad esistere è per merito di Suna e del suo Kage, quindi è merito di Suna se Kiri riuscì a prosperare di li in poi... E questo ci rimanda alla matematica, secondo la quale a questo punto Kiri stessa deve molto a Suna...»


    Riprese brevemente fiato muovendo il pezzo successivo prima di terminare il lungo monologo.

    «E da qui partirebbe un loop eterno di cause ed effetti che ci porterebbe solo a sprecare inutilmente fiato... Torniamo piuttosto indietro, a qualche tua affermazione passata... Tu finora hai detto che Kiri annovera tra le sue mura i migliori shinobi del mondo, è corretto? Ebbene, come è possibile che con tanta facilità Konoha è stata in grado di infiltrare un suo studente al punto tale di farlo arrivare a Kage dominando il villaggio del “migliori” senza che nessuno se ne accorgesse? Questo cozza con il concetto stesso di “migliori shinobi” non trovi? Idem il fatto che i nostri corpi speciali avessero trovato le vostre debolezze... In teoria prima mi dici che siete i migliori e poi li abbassi al punto da sottometterli alle abilità della foglia... Non che la cosa non mi renda orgoglioso dell'abilità dei miei compagni, ma mi sembra contraddittorio»


    Non aggiunse altro, rimase immobile a fissare il suo avversario e la scacchiera. La partita non sarebbe durata ancora a lungo e forse neppure il loro pacifico incontro.
     
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    A sentirlo parlare, quasi pensò che stava parlando la Giustizia e la Logica fuse in una persona sola. Ipocrisia? Volle credere di no. Forse un cuore puro, ma ne aveva dei dubbi. Al contrario di quanto fece a vedere, ritenne che tutto ciò che Atasuke ebbe da dire fu piuttosto logico, e normale, se osservato da un punto di vista esterno a Kiri. Diceva quelle che erano ovvietà: cose con un senso superficiale, non profonde, quindi. Senza quella che era la comprensione necessaria delle dinamiche nel gioco, Atasuke non avrebbe mai capito. Pur onesto, non poteva che rimanere al di fuori del cerchio, osservandone le dinamiche da esterno, ma non comprenderle. No. Un foglioso non poteva comprendere le dinamiche kiriane a prescindere.
    «Il luogo di nascita stabilisce la mentalità. Itai Nara è cresciuto principalmente a Konoha. Può un uomo cresicuto a Konoha guidare Kiri e farlo bene? Permettimi di esprimere dei dubbi.» - Dopo l'iniziale attacco, era turno di difesa: non poteva dargliela vinta così facilmente, e non glie l'avrebbe data. Cosa cercava di fare con quei attacchi? Cambiare Seinji? Sciocco. Le sue motivazioni, i suoi argomenti, le offese ricevute, il rimettersi gli occhi a posto dopo punizioni insulse... Tutto ciò lo aveva formato come una roccia: mai e poi mai avrebbe ceduto di un solo passo. Ma e poi mai, a costo di diventare noioso, ripetitivo, magari messo alle spalle al muro, non si sarebbe tradito. Certo che non si sarebbe tradito. Così, parandosi sia sulla scacchiera sia dinnanzi all'Uchiha, parlò di nuovo:
    «Ammettendo anche che tu abbia ragione e che Itai Nara sia un Mizukage legittimo, - cosa su cui ho dei seri dubbi, - rimangono comunque troppe offese, troppi attacchi verso la mia persona perché cambi il mio atteggiamento verso Itai Nara. Quel tipo non mi ha portato niente: solo dolore.»
    E di nuovo tacque. Era il suo turno di arroccarsi. Sì, era il suo turno di andare in difesa. Avrebbe abbandonato gli attacchi per un po': l'Uchiha aveva una difesa solida.
    «Posso anche tornare a Kiri a consigliarlo, se è questo che vuoi.» - Disse Seinji. - «Ma è troppo pieno di sé per darmi corda, e inoltre mi imprigionerebbe subito. Mi stai velatamente istigando al suicidio, forse?» - Chiese Seinji. Poi aggiunse: - «Ammetto però che tornare a Kiri non mi dispiacerebbe. Quel che mi dispiacerebbe è prendere ordini da Itai Nara.»
    E poi ancora, altri movimenti volti alla difesa: non voleva farsi prendere in controtempo. Se il re si fosse scoperto, la sua vita da scacchista sarebbe finita li. Ne valeva la pena? No.
    «Quel tipo mi ha causato troppo mali, perché riesca a guardarlo senza volerlo morto.» - Disse serio, ora gelido, quasi come un soldato. Poi continuò:
    - «Suvvia, lo sai che stavo mentendo. Il piano c'è, ma come ti ho detto non ti devi preoccupare di scoprire qual'è.» - Disse. - «Ti do la mia parola: morirà una persona sola.»
    Ebbe quindi da ascoltare tutte le parole di Atasuke in merito al motivo per cui Kiri dovrebbe qualcosa a Suna, ma rise soltanto di gusto.
    «Farneticazione inutili.» - Disse. - «Kiri con Suna non ha niente a che spartire, e se siamo ancora vivi, non è certamente merito loro. Nemmeno al 10% è merito loro. E' merito solo nostro e di nessun altro.E per quanto riguarda ciò che reputi essere una contraddizione... bhe... Anche i migliori talvolta possono perdere.» - Disse, e mosse il pezzo: la torre sinistra a fianco del suo re.
     
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