Un messaggio dalla Nebbia

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    ~Forming Up~


    Shizuka parve non comprendere ancora chi fosse Itai in un primo momento, quasi come se la sua mente stesse come cercando di convincersi di qualcosa. Tuttavia, alla fine fu palese che aveva ricordato, anche se la reazione non era propriamente "adatta" alla situazione.
    Atasuke non potè che coprirsi il volto con la mano scuotendo il capo. Non aveva idea di che cosa Shizuka avesse combinato in quell'occasione, ma era certo che non era qualcosa di convenzionale, specialmente valutando come stava reagendo in quel momento dopo aver collegato.
    Rapido raccolse poi la carta prima che Shizuka la lanciasse via, in preda a quella sua follia. Certo, non era una carta "preziosa" dato che non conteneva informazioni vitali, tuttavia gli asrebbe dispiaciuto lasciare in giro informazioni di altre persone.
    Alle parole "gentili" di Raizen invece non trattenne una lieve risata. Forse Raizen aveva dimenticato che all'epoca c'era stato anche un'altro rappresentante di Konoha, anche se questi in evvetti venne steso dopo appena 5 secondi di scontro da un diretto del grosso nukenin meccanico.

    «Grazie dell'interessamento Raizen...»


    Sottolineò ironico verso il colosso. Subito dopo Shizuka parve riaversi dopo quella sorta di loop mentale sul Mizukage.

    "E io odio questo genere di precarietà. Per quel che mi riguarda, sono fuori."

    «Shizuka, non mi sembra il caso di prenderla su questa forma personale...»


    A nulla valsero le sue parole, quanto piuttosto lo fecero le parole di Sojobo, il quale sembrò smuovere qualcosa all'interno della principessa, anche se forse, non era propriamente qualcosa che andava smosso.
    Atasuke rimase a dir poco basito dalle parole della ragazza, vedendo in lei qualcosa che ancora non aveva mai visto. Un'oscurità quasi avvolgente, come una sorta di odio misto a rabbia represso. Possibile che quel lato della ragazza non fosse mai emerso prima?
    Preferì comunque tacere, lasciando che quel fiume di parole scorresse. Se aveva imparato una cosa nella sua vita era che ogni discussione, ogni battaglia aveva un flusso ed opporsi ad esso avrebbe solo portato alla sconfitta, oltre che ad un'enorme perdita.

    "Raizen Ikigami parteciperà a questa missione signori.
    Se il resto della marmaglia vuole dire qualcosa direi che è il momento, altrimenti direi che si può andare.
    Se avete problemi con Febh ditegli che ci sono pure io, potrebbe accettare."


    °Bene, ora sono decisamente più convinto che riusciremo a cavarne qualcosa, anche se spero che vada a lavorare assieme ad Itai... Non sopporto il suo modo di operare°

    "Se vai tu vengo anche io."

    °No, spe, momento! Ma non hai appena detto che non intendi parceipare e millemila altre cose!?°


    A quelle parole lo sguardo di Atasuke divenne quasi indecifrabile. Non riusciva a capire che cosa ronzasse nella mente di Shizuka, anche se spesso questi suoi comportamenti altalenanti lo portavano piuttosto a pensare che la ragazza conservasse un allevamento di farfalle in quella sua testa piuttosto che un cervello stabile.

    °Donne! Valle a capire...°


    Concluse, come a parlare con se stesso nella sua mente.

    «Sembra quindi che alla fine Konoha risponderà alla chiamata, ed addirittura con tre shinobi... Sojobo-sama, portate i miei saluti al mizukage ed alla sua famiglia»


    Si concesse un'impercettibile cenno con il capo prima di battere due volte sulla porta in acciaio, segnalando al collega nel corridoio isolato che poteva sbloccare il portone e che Atasuke si sarebbe premunito di aprire una volta terminata definitivamente la seduta, riaccompagnando fuori i partecipanti.
     
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    Mentre Shizuka dava di matto Raizen intrecciò le mani sul ventre, aspettando che quella torrenziale pioggia di scostanti emozioni terminasse, portandosi dietro gli squillanti gridi della kunoichi che risultavano spade fastidiose in quell’ambiente tranquillo e silenzioso fino a qualche momento prima.
    Reagì divertito quando Shizuka rimise al suo posto il troppo informato Sojobo, conosceva la ragazza e il Re dei tengu pareva aver premuto il pulsante più sbagliato, fortunatamente la decisione del Colosso riportò il pulcino in carreggiata.
    C’era una sostanziale differenza tra le affermazioni di Raizen riguardo il modo di agire e quelle di Shizuka, una differenza scomoda da mostrare e all’attacco dell’ultima frase il suo maestro sapeva bene cosa le stava per uscire di bocca.

    OOOAHAHAHAHAHAHAH!

    Irruppe nella frase di Shizuka con una risata gonfia e tonante, abbastanza forte da occultare alle orecchie altrui le sue parole, mentre si alzava abbastanza rapidamente per poggiarle una mano sulla spalla e stringerla, in un primo momento avrebbe potuto non capire, ma il suo essere prolungato e doloroso, in caso non si fosse fermata, avrebbe reso evidente il suo scopo: era un “adesso basta”.

    TUTTI sappiamo chi è Shizuka!

    Annunciò mentre gli batteva qualche volta sui capelli pettinati con cura, scompigliandoli parzialmente.

    Una persona che ha appreso fin troppo dal suo maestro ed è orgogliosa di mostrarlo appena gli è possibile.
    Ma è dovere del maestro rimbrottarla se lascia cadere troppi dei suoi abiti da principessa!


    Non era necessario citare il come e il quando dopotutto, era evidente quando quel lato poco principesco e molto randagio emergesse da Shizuka, l’unico modo per renderlo più evidente sarebbe stato un cartello con tanto di illuminazione.
    Già, perché mostrare troppa anarchia non era mai una buona cosa, il massimo accettabile era il livello di “teppistello” ma mettere i propri interessi davanti a quelli altrui, questo no.

    Oh Pperdonami Shizuka se ti ho interrotto!
    E lei, Sojobo-sama, davvero scortese fare leva sulle debolezze altrui quando pretendeva una discussione seria e adulta
    .

    Scosse la testa come se fosse risentito in parte del tengu.
    Certo, se il Colosso si fosse presentato come una persona normale a quell’incontro quel teatrino sarebbe risultato finto e ridicolo, ma con il suo buon talento recitativo e quella presentazione così bislacca chi non avrebbe creduto ad un altro colpo di testa?
    Atasuke riconfermò la sua posizione ed a quel punto la piccola riunione poteva dirsi conclusa.

    Certo che andiamo in tre, grazie a me.

    Cose su cui amava mettere un grosso accento, pur senza palesare soddisfazione.

    Direi che ci serve un appuntamento no?
    Non tutti siamo dei lecca Kage e possiamo permetterci di piombare in casa d'altri a caso.


    Domandò al tengu.

     
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    九代目水影 - Kyuudaime Mizukage

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    Sojobo non si scompose minimamente. Avevo detto quelle parole con uno scopo ben preciso e osservò l'intera scena in rigoroso silenzio. Certo, aveva detto parole precise, cioè che Shizuka aveva a cuore quel Villaggio e non capivo affatto come fosse anche solo minimamente possibile pensare che significassero l'esatto opposto. Ma la reazione concitata che Raizen riuscì solo in parte a nascondere resero Sojobo soddisfatto del risultato ottenuto (che era la cosa che contava).
    Non tirar dentro il Mizukage, Shizuka-san, lui non mi ha sicuramente ordinato di parlarti in questo modo, e dalle mie labbra è uscito un complimento, giacché la tua volontà è manifesta con la tua sofferenza del passato. dunque si rivolse a Raizen E' forse serio ed adulto negare ciò che si è? Prima si fanno i conti con la realtà delle cose e dopo si decide. Ma finiamola qui, se qualcuno si è sentito offeso mi scuso.



    Dunque il tengu si alzò, prendendo un piccolo rotolo che teneva in tasca. Recava una mappa e su di essa un piccolo villaggio evidenziato. Amega. Un piccolo avamposto del Paese del Fuoco al confine con Ame, il posto eprfetto per riunirsi ed iniziare. Tra una settimana l villaggio di Amega. Lì parleremo dei piani d'azione in base anche ad eventuali nuove informazioni in nostro possesso. Quel tale Jeral potrebbe fare una sua mossa e non saperlo ed è stato lui che ha liberato il Bijuu nel deserto. Lui è un problema più grosso di Seinji Akuma, eppure non sappiamo nulla su di lui. Catturare Seinji Akuma ha lo scopo primario di porre fine a queste minacce, per cui signori, non pensate che si tratti solo di un singolo Nukenin. Sojobo era tutto sommato contrariato. In parte si chiedeva perché Itai avesse deciso di affidarsi a quei tre. Solo Atasuke sembrava abbastanza serio d anon prendere sottogamba la situazione. Era ovvio che si stavano mobilitando un certo numero di persone per recuperare un Nukenin. Ma recuperare un Nukenin in una città senza conoscere la sua posizione, in un territorio palesemente ostile che altre opzioni lasciava? Obiezioni in merito?

     
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  4. Asgharel
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    ~Chiusura della Riunione~


    Raizen cercò di soverchiare le parole di Shizuka con una tonante risata, risata che parve riuscire a bloccare l'udito del Tengu, ma che non riuscì del tutto ad isolare le orecchie di Atasuke impedendogli di ascoltare.
    Inutile dire che trovò quasi simpatica la scenetta impastita dal colosso. Trovava seriamente difficile prendere quell'uomo come un "buon maestro", in primis per il modo in cui si poneva generalmente, in secondo luogo per il modus operandi, non propriamente nelle sue corde, tuttavia quello non era l'argomento di quella discussione, evitò quindi di perdersi inutilmente in quei ragionamenti fini a loro stessi.
    Si concentrò piuttosto sul luogo che il tengu indicò come luogo d'incontro, chiedendo anche di eventuali obbiezioni.

    «Personalmente nulla in contrario... Semplicemente però consiglierei di preoccuparci di un problema alla volta. Occupiamoci prima di tutto di Seinji che mi pare essere l'obbiettivo principale e lasciamo quell'idiota per una seconda mossa»


    In fondo per quanto poco sapesse di Jeral, una cosa la poteva immaginare: Per quanto quell'uomo fosse potente non era un genio della strategia, come d'altronde dimostrarono le sue ferite dopo essersi battuto con il demone, segno che pensava di poterlo fermare con il suo stesso corpo. Segno di enorme stupidità o di un'enorme e mal riposta fiducia in se stessi, ma ricordando i suoi modi al campo, probabilmente si trattava di una combinazione di entrambe le cose.

    «Inoltre... Se già Seinji è un'elemento difficile da vedere in un team per le sue idee nazionaliste... Quel tal Jeral, difficilmente coopererebbe con qualcuno... è troppo pieno di se stesso e convinto della sua superiorità a tutti per potersi mettere al pari di altri... Anche se certamente non mi stupirei avesse soggiogato un suo battaglione di sottoposti... Tuttavia credo sia inutile discuterne ora e rimanderei direttamente all'incontro con il mizukage»


    Aggiunse in breve, prima di cedere definitivamente la parola agli altri. In effetti non aveva altro da aggiungere in merito all'argomento, o perlomeno nulla che fosse utile dire in quella situazione piuttosto che al punto di rendez-vous.

    [...]


    Quando alla fine vide che il discorso era concluso, Atasuke si diresse al portone, allertando di sbloccare la porta prima di aprirla a sua volta facendo strada ai suoi "ospiti" riportandoli verso il luminoso ambiente esterno.

    «Sojobo-sama, spero che il vostro viaggio di ritorno sia tranquillo e piacevole più di quanto non sia stato il nostro incontro. Mi scuso ancora per il luogo, ma credo comprendiate che non avevo modo di partecipare altrove dato che avrei dovuto abbandonare il mio posto alle mura.»


    Salutò il Tengu prima che questi ripartisse alla volta di Kiri o delle altre tappe del suo percorso.

    «Sougo, vieni qui»

    "Che c'è Atasuke? Hai di nuovo fatto casino là sotto? Lo sai che non devi maltrattare la gente nella sala degli interrogatori..."

    «Sougo. Piantala di dire stronzate e vedi di darti un'inquadrata»


    Sibilò lanciando sguardi omicidi al biondino nella speranza che questi si desse una regolata.

    «Detto questo, prepara i documenti, nei prossimi giorni dovrò nuovamente allontanarmi dal villaggio quindi tocca a te sostituirmi di nuovo nei miei turni»

    "Di nuovo a saltare il lavoro? Di questo passo prima o poi il capo ti sbatterà fuori, lo sai?"

    «Detto da uno che dorme durante il lavoro è il massimo...»


    Rispose con tono scocciato osservando Sougo che si allontanava per recuperare i suddetti documenti.

    «Raizen, Shizuka, lieto di avervi rivisti, spero passiate una bella giornata e vorrei tanto restare a chiacchierare con voi, ma il mio turno è appena iniziato e come potrete immaginare, ho parecchio lavoro da fare»


    Concluse lanciando un cenno verso gli uffici dei guardiani poco distanti. Se qualcuno dei due avesse deciso di seguirlo, altri guardiani li avrebbero gentilmente fermati, impedendogli di accedere. Tuttavia, se Shizuka avesse insistito, dall'interno Atasuke avrebbe fatto cenno di lasciarla passare. In fondo gli faceva piacere parlare con lei, nonostante le sue crisi, storia ben diversa per Raizen che avrebbe allegramente lasciato fuori.
     
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    E N D:
    A lie has short legs, it won't get far.

    Shizuka Kobayashi's problem




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    Andare in missione con così tante persone era un'idea che non le piaceva.
    Cresciuta per muoversi da sola, come Raizen e il maestro di lui ancora prima, non aveva a cuore i team numerosi, e certo se ne fregava in larga misura di tutto ciò che non riguardasse il suo diretto interesse o quello del suo villaggio, l'unico per il quale era intenzionata ad agire.
    Se Kiri avesse preso fuoco il giorno dopo quello ne avrebbe pianto solo perché il pesce alla griglia dei loro ristoranti era delizioso, e se fosse scoppiata una guerra da cui Konoha fosse rimasta esclusa, si sarebbe goduta lo spettacolo da lontano, applaudendo alle grandi esplosioni ai come fuochi d'artificio ad un Matsuri. Non le interessava aiutare il Mizukage in quanto tale (sposato con due figlie, gli Dei lo perdonassero), ma era evidente che Raizen aveva a cuore la situazione e lei, fedele al Colosso più per quella sorta di affinità d'animo che condividevano piuttosto che per una reale gerarchia maestro-allievo, sapeva di dover essere a sua volta interessata. Aveva accettato di prendere parte a quell'allegra scampagnata principalmente per quel motivo: il totale e pieno vantaggio che avrebbe tratto affiancando la Volpe, che poteva essere immenso conoscendo la propria abilità ad ottenere il maggior profitto da qualsiasi situazione.
    ...Ma non era l'unica ragione. Sapeva di avere degli obblighi come Shinobi accademica, e non intendeva mancare a nessuno di questi, nel rispetto del suo Villaggio e dell'onore che questo portava avanti da secoli. Era evidente del resto che in assenza di un'amministrazione valida e di un Hokage presente, tutti dovevano collaborare al massimo delle proprie potenzialità per mantenere l'equilibrio. Sapeva quanto duramente stesse lavorando la Polizia per tutelare i confini, e conosceva abbastanza concittadini da comprendere quanti sacrifici ognuno facesse, anche nel proprio piccolo quotidiano, pur di tenere vivo ciò che mandava avanti Konoha: la Volontà del Fuoco.
    Non aveva rischiato di crepare e non si era allenata fino a conoscere i corridoi d'ospedale più di quelli della sua magione, per rifiutare un incarico che avrebbe leso i rapporti diplomatici tra la Foglia, la Nebbia e ragionevolmente il resto dell'accademia. Il pappagallo, del resto, non aveva tutti i torti: non poteva non presenziare a quel gioco degli obblighi.
    «E' semplicemente colpa di Itai.» Cinguettò dolcemente, e il sorriso con cui accompagnò quelle parole era quello tipico di una donna che lentamente capisce di doversi arrabbiare per qualcosa. Quello agghiacciante che preannuncia un triste epilogo in rosa. «Se solo non avesse fatto il mio nome...» Mormorò subito dopo a bassa voce, mugugnando nel guardare il pavimento.
    Già. Se non avesse fatto il suo nome non sarebbe stata costretta a partecipare. Cioè, un conto era capire di avere dei doveri, la Volontà del Fuoco, e tutto il resto... un conto era andare in missione per prendere un pazzo bipolare appassionato di storia che cerca di diventare il Guru del nuovo mondo.
    Portandosi una mano alla fronte la Principessa socchiuse gli occhi, guardando con attenzione preoccupante le mattonelle della sala degli interrogatori. Accanto a lei Atasuke parlava di qualcosa che non aveva voglia di ascoltare, e Raizen la fissava ancora male per l'uscita che aveva avuto poco prima.
    Sospirando, Shizuka lasciò precipitare le spalle verso il basso, lasciando che i suoi lunghi capelli castani le ricadessero di fronte al viso, facendo deliziosamente tintinnare i campanelli ivi intrecciati. Quel giorno, con quel kimono così ricco e il trucco perfetto, la si sarebbe potuta facilmente definire “bella”... se solo la sua espressione infastidita non le avesse stravolto i lineamenti, rendendola l'incarnazione dell'irritazione.

    «Sojobo-sama, spero che il vostro viaggio di ritorno sia tranquillo e piacevole più di quanto non sia stato il nostro incontro. Mi scuso ancora per il luogo, ma credo comprendiate che non avevo modo di partecipare altrove dato che avrei dovuto abbandonare il mio posto alle mura.»



    Quelle parole trascinarono la kunoichi di nuovo nel presente e lei, trasalendo, si girò a guardare la scena come fosse la prima volta. Era tutto finito. A quanto pare era fatta, era proprio incastrata quella volta.
    Sospirò sonoramente ancora una volta e solo a quel punto si voltò verso il Re dei Tengu, in direzione del quale si inchinò profondamente.
    «Vi prego di perdonare la mia maleducazione per il triste inizio di questa vicenda, Sojobo-sama. Ho peccato nei vostri confronti non sapendovi accogliere come era doveroso, spero perciò di aver modo di redimermi in futuro.» Disse la Principessa, riportandosi lentamente in eretta postura. I suoi occhi verde primavera, truccati magistralmente come il sapere delle donne insegnava, sorridevano. «Ma non intendo ritirare nessuna delle parole che vi ho rivolto nel mio ultimo discorso.» Annunciò, reclinando leggermente la testa di lato. «Il vostro padrone ha una grande abilità nel parlare, a quanto pare, ed è molto fortunato che invece la mia sarà usata solo per la buona riuscita di questa impresa.» Socchiuse di nuovo lo sguardo, unendo le mani in grembo con un sorriso. «Partecipo in nome di Konoha, e in nome di questo ringrazio il Mizukage per aver pensato a membri della Foglia per una vicenda così delicata riguardante la Nebbia. Questo formalmente.» Portandosi una mano di fronte alla bocca, la kunoichi ridacchiò. «Informalmente, invece, riferite ad Itai-sama che avrò premura di tirargli un calcio negli stinchi appena lo incontrerò. E ci riuscirò in qualche modo.» Ma per un istante non ne parve molto convinta. «Mi ha visto una sola volta e mi dà già del lavoro da fare, se questo è il suo modo per fare “amicizia” e guadagnarsi il mio appoggio come “alleata”, credo che abbia qualche problema a relazionarsi agli altri. In questi casi, ditegli, si offre un gelato.» Scherzava, ovviamente. O forse no. In effetti non si capiva mai molto bene quanto Shizuka Kobayashi odiasse davvero lavorare per l'accademia. Si lamentava spesso, quasi sempre per la verità, ma dopotutto non aveva mai mancato a nessuno dei suoi doveri. Neanche i più sgradevoli.

    Si sarebbe a quel punto premunita di accompagnare Sojobo fino al posto che lui avesse decretato idoneo per partire, e ne avrebbe poi aspettato la dipartita raccomandandosi per un buon viaggio e un saluto al Mizukage e a tutta la sua numerosa famiglia. Il primo augurio era davvero sincero –poiché a dispetto delle apparenze, persino di quelle che ella stessa si impegnava tanto a dare, Shizuka non era una ragazza così malevola da sperare nel male altrui–, ma il secondo non tanto. Anzi, era piuttosto sarcastico... ma i motivi nessuno li avrebbe saputi mai.
    «Che bel pappagallo.» Avrebbe insistito a dire quando il Tengu fosse completamente sparito all'orizzonte, mettendosi le mani sui fianchi e sorridendo compiaciuta. «Bel piumaggio, così luminoso e ben curato. Si vede che bakItai ci tiene parecchio.» Ghignò, e non fu difficile immaginare che lo facesse per l'unione del termine “stupido” con il nome del Mizukage.
    […] Non importava quanto crescesse, ogni tanto denotava sempre tre anni mentali. Il sangue di Toshiro Kobayashi a quanto pare era forte, in lei.

    «Raizen, Shizuka, lieto di avervi rivisti, spero passiate una bella giornata e vorrei tanto restare a chiacchierare con voi, ma il mio turno è appena iniziato e come potrete immaginare, ho parecchio lavoro da fare»



    «Ah, ma certo, ma certo!» Rispose di rimando la Principessa, sorridendo allegramente. Tutta la spontaneità di quella frase svanì però quando il suo sguardo incontrò quello dell'Uchiha, giacché lei, abbassando subito gli occhi, parve farsi improvvisamente imbarazzata. Un po' troppo, in effetti. «Beh, non vorremmo certo trattenerti.» Disse, rivolgendosi subito verso Raizen. Come quando era più piccola, ogni volta che qualcosa la turbava cercava subito la Volpe. «Tu vuoi trattenerlo, forse?» Domandò, ma non si curò di aspettare una risposta. «Ovviamente no.» Ce l'aveva già pronta per lui, infatti. «Vai a fare il tuo lavoro e proteggi il Vill–...» Ma non fece in tempo a finire la frase che, nel modo più inaspettato e disastroso possibile, si morse la lingua. Trasalendo la ragazza si portò entrambe le mani alla bocca mentre due grandi lacrimoni le riempivano gli occhi e lei, avvampando come un cerino, si allarmò a guardare Atasuke quasi si aspettasse che questo si mettesse a ridere di lì a qualche istante.
    […] Ecco. Perché era sempre stupida come un cervo quando invece non doveva esserlo?
    «...il viaaaagio.» Terminò infine la kunoichi, mormorando malamente. Si sentiva talmente idiota che se avesse avuto modo di uccidersi in quel preciso istante lo avrebbe fatto, quanto veri gli Dei. «Cih eediamo peesto...» Continuò, salutando con una manina come una bimba, mentre il ragazzo, dopo averle lanciato un'occhiata, non si incamminava verso gli uffici dei guardiani.
    Si era appena umiliata di lì fino ai suoi quarantacinque anni, ma ormai poteva dirsi salva. Anche quella volta, era salva.
    Portandosi una mano al petto solo a quel punto la Principessa dei Kobayashi sospirò sonoramente. Era trascorsa una settimana dalla visita di Atasuke al suo Clan (e dal mandato non scritto di morte che sua madre aveva posto sulla sua testa da quel momento in poi), e in tutto quel tempo aveva usato la metà delle sue energie per riuscire a incontrarlo senza tirargli un calcio nei denti o un pugno negli occhi per ragioni pressocché ignote... ma quella volta si era superata. Quante ore erano trascorse senza che lei lo prendesse a ceffoni o scappasse a gambe levate? Tre, forse?
    Sorrise compiaciuta, mettendosi a braccia conserte prima di sollevare con strafottenza il mento.
    Era la regina dei rifiuti. Già. Arrivati a quel punto era chiaro che Atasuke avesse compreso che non c'erano possibilità per lui, del resto lei era già destinata a...
    Improvvisamente impallidì come un cadavere e la sua espressione, da trionfante che era, precipitò nel baratro della disperazione.
    Oh no. Akihiro.
    «NO FERMO! ATASUKE!» Strillò la Principessa, scuotendosi come fosse stata punta da un ago arroventato. Alzando lo sguardo la ragazza infilò una mano nell'obi, da cui estrasse una pregiata lettera laccata recante il timbro in cera dei Kobayashi. «ATASUKE!» Chiamò ancora. Avrebbe voluto correre per raggiungere l'Uchiha, ma il kimono stretto e pesante che indossava le permise solo qualche veloce ed elegante passettino, che però non fu abbastanza rapido. La ragazza si scontrò difatti subito con un guardiano dai capelli ramati e gli occhi segnati da troppe notte insonni, che senza un attimo di esitazione scosse la testa, cercando di spiegarle che non era possibile per una civile entrare negli uffici della polizia di controllo. «Non sono una civile. Sono una Shinobi.» Obiettò Shizuka, irritata, lanciando uno sguardo gelido al guardiano, sul cui viso batté senza premura la lettera che teneva in mano. «Devo spedire una lettera al Daimyo. AL DAIMYO.» Sottolineò, alzando la voce in un ruggito. «Deve arrivare entro oggi, e solo con il servizio di spedizione diplomatica delle mura la cosa può essere fatta.» Ma si scontrò con il petto rigido del ragazzone, quanto più infastidito dal timbro di voce della Principessa piuttosto che dal suo comportamento, che sembrava per la verità abituato a gestire, come se non fosse la prima volta in cui era costretto a sedare delle persone iraconde. «E' una faccenda della massima urgenza.» Disse allora, cercando di tirare fuori la stessa espressione di sua madre, quella imperiosa che non ammetteva repliche. Purtroppo riuscì solo a riprodurre quella di un fagiano strozzato.
    «Che genere di faccenda?» Rispose infatti il guardiano, poco convinto. «In che rapporti sei con il Daimyo?»
    «In che rapporti...?»
    Ripeté Shizuka, deglutendo rumorosamente. Facendosi pallida guardò verso la porta dietro la quale era sparito Atasuke: era lì ad ascoltare, lo sapeva. O forse no. Perché avrebbe dovuto farlo del resto? Beh, lei lo avrebbe fatto eccome... ma lei era malata mentalmente. Forse si era davvero messo a lavoro e perciò lei poteva dirlo... già, ma dire cosa? “E' il mio futuro suocero” forse era eccessivo. O no? E invece si, decisamente, lei proprio non avrebbe... «B-beh, non formalizziamoci...» Gemette dopo una breve pausa la kunoichi, sudando copiosamente.
    «Sono un guardiano, come diavolo faccio a non formalizzarmi?» Osservò allibito l'altro, e a quel punto alla kunoichi fu chiaro che se qualcuno non fosse intervenuto, lei sarebbe rimasta lì tutto il giorno.
    «Aiuto...» Gemette inconsciamente, tenendo la lettera stretta tra le mani.

    Era proprio fottuta, a quel punto. Eh si.
    Era proprio vero che le bugie avevano le gambe corte, e i segreti ancora di più.


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    Una buona scusa







    Pareva il suo ridicolo teatrino fosse stato utile, fosse stato al posto del tengu avrebbe colto l’occasione per prendersi in giro, ma pareva che proprio non avesse sentito, e se lui non ne era stato in grado in quella stanza nessuno poteva esserlo, il che era sufficiente.

    Ah, vedo che la base sarà il paese del fuoco.

    Disse mentre faceva danzare lo sguardo per tutto il foglio.

    Fortunatamente il nostro maggiordomo qui è abile nel fare gli onori di casa.
    Preferenze riguardo l’argenteria?


    Prevedendo le reazioni dei presenti sollevò gli occhi al cielo sbuffando.

    Avaaaaanti! E fatevela una risata che domani vi svegliate freddi!

    Poggiò una mano sulla spalla del tengu postino, battendo amichevolmente su di essa.

    Basta con queste facce lunghe, se si impara a ridere ci si potrebbe rendere conto che dopotutto non sono bravo solo a dar cazzotti!
    Certo che avete proprio una vita infelice.


    Già, loro la avevano. Non lui.
    Di certo non lui.
    Intervenne nuovamente solo per dire la sua riguardo le parole di Atasuke.

    Oddio, stiamo mobilitando l’accademia, prendere due cretini anziché uno non penso costi troppo.
    Semplicemente, se lo troviamo lo si mette nel sacco, se non lo troviamo non spendiamo energie a cercarlo.
    Ma penso che non sia ad Ame, proprio per la sua propensione ad agire in solitaria.


    Usciti dalla stanza degli interrogatori e raggiunto nuovamente l’esterno Raizen ebbe modo di vedere come Atasuke sfogava sul povero Sougo il suo stress da guardiano troppo impegnato.

    Guardalo guardalo come fa il bullo con quel poveretto.
    Mai visto così tanto nonnismo da quando Amano mi aveva tritato a cazzotti.


    Tenne un tono di falsa ammirazione mente stringeva tra i denti una risatina per poi rispondere al comiato di Atasuke.

    Si si, vai pure tranquillo, ci si becca.

    Non aggiunse nient’altro, niente frecciate o battutine, nonostante potesse dirgli che doveva sbrigarsi visto quanto le mura erano sporche si limitò a salutare, non soltanto perché forse (ma era soltanto una recondita possibilità) ne aveva dette abbastanza ma probabilmente perché quello era il suo strambo e fastidioso modo di interagire col prossimo, scevro da un reale intento offensivo.
    Stava per voltare le spalle quando il tifone Shizuka decise di abbattersi sulle mura portando con se notizie interessanti: pareva che il clan Kobayashi per qualche motivo cercasse un contatto con il daimyo.
    O soave mattinata, pareva che quel giorno fosse più proficuo di quanto non sembrasse al suo inizio, dire che teneva d’occhio il clan della Principessa forse era esagerato, tuttavia teneva sempre di conto i grandi poteri economici o militari con cui veniva a contatto, era sempre utile sapere degli affari degli altri, ancor di più se riguardavano il clan più ricco del villaggio.
    Ancheggiò verso Shizuka, leggero e allegro come una farfalla ed una volta giunto alle sue spalle allungò il braccio prelevando dalle sue mani la lettera con un piccolo scatto dopo averla imprigionata tra pollice e indice.

    Con permesso eh!

    Prelevò la lettera scomparendo un istante dopo e lasciando sul posto un piccolo ciocco di legno col suo volto stilizzato che faceva una linguaccia, mentre lui, distante ormai oltre venti metri iniziava a scartare la lettera: un sigillo di ceralacca.
    Forse la stava facendo grossa, ma avrebbe trovato il modo di dare le colpe a Shizuka, sperava.

    Akihiro Murasaki Ouji,
    il Clan Kobayashi spera sinceramente che Voi e la Vostra nobile famiglia siate in buona salute e godiate della protezione degli Dei del Fuoco.
    A scrivere, con il cuore pieno di rammarico e speranza, è la vostra intima amica e apprezzata conoscente, Shizuka Kobayashi.
    Attendo con gioia ogni momento in cui le responsabilità del nostro rango ci permettono di incontrarci. L'attesa è per me la pena peggiore, come l'assenza di pioggia in un tempo di siccità, e la trepidazione di cui sono vittima quando i miei occhi possono finalmente incontrare i Vostri, mio signore, mi rendono nervosa e timida, facile preda di errori della buona creanza e del ruolo che rivesto.
    E' in nome di tali errori che sento dal più profondo del cuore necessario scriverVi.
    Sento di dovermi scusare per il modo increscioso con cui mi sono comportata, arrecandoVi danno e umiliazione. Non ci sono scuse per un atteggiamento quale quello che ho avuto, causa di vergogna per il mio essere una Principessa e una donna.
    Spero di potermi redimere, con il Vostro immeritato perdono, al prossimo incontro.

    Sinceramente e con rispetto,
    Shizuka Himekimi Kobayashi


    Lesse il contenuto della lettera mentalmente, spalancando gli occhi di quando in quando a leggere scuse ed improbabili dichiarazioni d’amore.

    Me cojoni!

    Raffinato dialetto di “neanche lui ricordava dove” che diede al suo commento uno slancio del tutto primo di freni inibitori mentre squadrava Shizuka capendo solo in quel momento perché era vestita come una lampada da soggiorno.

    Non l’hai scritta tu, vero?

    Era una domanda retorica, dalle mani e dalla mente di Shizuka non poteva nascere una cosa simile, ne era certo. O almeno così sperava.
    Ripiegò la lettera delicatamente e lievemente schizzinoso la ripose nella busta, come se avesse paura di essere contagiato da tutto quel raffinato e nobile splendore.

    Beh, direi che hai appena guadagnato il postino più veloce dell’accademia.

    Disse battendo la punta dello stivale per terra, come se si preparasse alla partenza.

     
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    Shizuka Kobayashi's social position




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    C'erano diverse ragioni per cui Shizuka Kobayashi non apprezzava confondere la sua vita Shinobi con quella da erede. Il primo di questi era la totale, puntuale e assolutamente intollerabile invadenza di chiunque nelle sue faccende private, che le impedivano sempre di fare ciò che doveva con la calma che auspicava.
    Immobile con lo sguardo puntato di fronte a sé, la Principessa del Clan dell'Airone rimase perciò pietrificata, ma non stupita, quando Raizen le sfilò di mano la lettera per Akihiro, che lei non ebbe la prontezza di riprendersi per ovvie ragioni, anatomiche per lo più: era sicura che si fosse girata troppo rapidamente si sarebbe rotta la schiena tra le sete del suo kimono, che la stritolavano come un salmone nella rete.
    Non avrebbe saputo dire perché ne era stata così fortemente convinta, ma avrebbe giurato che almeno quella volta, vedendola così agitata, la Volpe si sarebbe risparmiata di fare il suo comodo... eppure, quando lui riapparve di fronte a lei, tenendo nella mano la lettera del Daimyo platealmente aperta, la ragazza non poté fare a meno di sorridere.
    Ovviamente, si era sbagliata.
    «Io verrò uccisa per questo, lo sai babbeo, vero?» Disse la kunoichi, fulminando il Jonin prima di mettersi le mani sui fianchi. Dietro di lei uno dei guardiani presenti la fissò come se fosse pazza, deglutendo poi rumorosamente: in effetti non esisteva nessuno, in tutta Konoha, che avesse il coraggio di rivolgersi così a Raizen Ikigami. «Perché diavolo fai sempre quel cavolo che ti pare senza chiedermelo? Eh? Il tuo vizio di volerti fare gli affari miei mi sta cominciando a preoccupare, fatti una vita o vai in terapia, seriamente.» Il ragazzo dai capelli color rame che l'aveva ripresa, arrivati a quel punto indietreggiò. Shizuka, invece, non fece un solo passo. I suoi occhi erano saette in un cielo temporalesco. «Beh?» Disse infine, guardando malamente il Jinchuuriki. «...Come ti è parsa?» Domandò trepidante, muovendosi nervosamente sul posto e sporgendo in avanti il collo.
    […] Shizuka era la migliore infiltrata e supporter del Villaggio della Foglia, e si diceva che la sua abilità nella recitazione e nella menzogna non avesse paragoni...
    … ma era così evidente, in quel momento, che non sapesse cosa diavolo ci fosse scritto in quella lettera, che a guardarla molti avrebbero avuto dei dubbi su quelle voci.

    Me cojoni!



    La Principessa si irrigidì, ritraendosi dal Jonin con disgusto, quasi temesse che quella volgarità potesse contagiarla. Istintivamente si portò le mani al petto.

    Non l’hai scritta tu, vero?



    Facendosi pallida, la ragazza rimase un attimo in silenzio, interdetta.
    Non poteva dire di no, cioè, era la lettera per il suo futuro fidanzato, come poteva dire che aveva lasciato che sua madre la facesse scrivere ad Ayako Aoki, la sua domestica personale?
    Deglutì, comprendendo che qualsiasi cosa ci fosse scritta lì dentro era raccapricciante, lo poteva capire solo guardando negli occhi Raizen.
    «Certo che l'ho scritta io.» Disse però con la voce rotta. Mentiva, era talmente evidente. «Ma ora non ricordo precisamente cosa ho scritto per farti sembrare così disgustato, ero molto provata quando ho pensato quelle cose e...» Senza aspettare una risposta da parte dello Shinobi, la ragazza si sarebbe avvicinata a rapidi passettini. Sembrava un passerotto da come zampettava. «...capirai che mi imbarazza lasciare che qualcuno possa leggere...» Strappò senza esitazione dalle mani della Volpe la lettera, e cominciò rapidamente a leggere. I suoi occhi si muovevano meccanicamente dall'alto al basso con una tale velocità che non sembravano essere stati addestrati a fare altro. «...simili faccende priv–...» Gemette, sgranando gli occhi. «...SIANO MALEDETTI GLI DEI!» Ruggì a quel punto, deglutendo. Continuò a leggere. «Oh Cielo...» Avrebbe voluto essere sicura del contrario, ma era evidente che era arrossita. «“L'attesa è per me la pena peggiore, come l'assenza di pioggia in un tempo di siccità”...» Mormorò, avvampando. «Dio, Akihiro non se la berrà mai questa roba...» Ma sapeva che non era vero: Akihiro amava quel genere di cose e avrebbe dato via un braccio perché lei le rivolgesse quelle premure a cui tanto teneva. In effetti era proprio per questo che lo aveva steso con un pugno. Quella sua dolcezza e la premura eccessiva, la gentilezza con cui la trattava, custodendola come un bocciolo di rosa, la innervosiva... non era abituata a trattare con questo tipo i uomini, che la mettevano piuttosto a disagio, per la verità.
    Se la sarebbe bevuta, e avrebbe anche festeggiato. Quella lettera bastava per convincerlo che era pazza di lui. E in effetti Shizuka era pazza. Di paura, però.

    Beh, direi che hai appena guadagnato il postino più veloce dell’accademia.



    Quelle parole la fecero cristallizzare come una statua pronta ad andare in frantumi e la kunoichi, alzando disperatamente la faccia verso il Jonin, impallidì.
    «Non scherziamo, Raizen, davvero avresti il coraggio di spedire questa roba imbarazzante se fossi al posto mio?!» Trasalì, correggendosi subito. «Nel senso, non vedi con che grafia orribile è stata scritta?! Dovrò rifarla da capo, seriamente, non posso inviare al figlio del Daimyo del Paese del Fuoco una così ovvia prova di sciatteria.» Passabile. Da Principessa era rimasta molto attaccata alla perfezione e all'estetica, per quanto il mondo shinobi avesse cercato di toglierle quella raffinatezza femminile. «Capisci, spero... non vorrai davvero che l'erede dei Kobayashi si dimostri così poco adeguata al suo rango...» Sapeva che il Jinchuuriki non avrebbe capito, ma non si fece poi troppo problemi. Senza un attimo di esitazione trasse dalla sua borsetta un adorabile taccuino dipinto con una fantasia di fiori di pruno selvatico e una piccola penna rosa sulla cui cima svettava un orsacchiotto con una maglietta da venditore di takoyaki. «Nessun commento.» Sibilò in una minaccia, arrossendo se possibile più di prima. Era abbastanza imbarazzata da lasciar intendere che non aveva preventivato di usare quegli oggetti di fronte a qualcuno.
    […] Era proprio una donna.
    Sospirando, la kunoichi si appoggiò ad un muro, e rifletté pazientemente per un attimo, scuotendo poi la testa. Un istante dopo già scriveva.

    “Akihiro Ouji-sama,
    mi dispiace di scriverVi con tanto ritardo, spero che la Vostra infinita pazienza possa ancora una volta perdonarmi.
    Benché il tempo che ci lega sia già tanto lungo, io non sembro ancora avvezza a trattare con uomini del Vostro lignaggio e della Vostra sconfinata bontà d'animo. Mi rammarico ogni volta della mia incapacità all'apprezzare la Vostra dolcezza, e spero sinceramente di potervi riuscire, un giorno.
    Il mio comportamento nei Vostri confronti è stato oltraggioso, indegno della donna e della futura Capoclan che vorrei essere, e spero che, con la prospettiva di crescere insieme migliorandoci a vicenda, Voi possiate comprendere e ancora una volta perdonarmi.
    Auspico il nostro prossimo incontro con gioia,

    Shizuka.”


    Annuì soddisfatta. Un buon compromesso tra quello che era lei e le pretese di sua madre.
    Troneggiando come una poetessa professionista, la kunoichi tornò a quel punto da Raizen e infilò la sua lettera al posto di quella scritta da Ayako.
    «La affido a te perché so che saresti più veloce della burocrazia di questi dannati guardiani.» Disse la Principessa, scuotendo la testa. «Davvero Raizen, ho bisogno che arrivi entro stanotte...o mia madre mi ucciderà. E sai che può farlo.» Rabbrividì al solo pensiero di quello che le sarebbe toccato se quel messaggio non fosse mai stato recapitato. «E non fare niente che possa darmi problemi, intesi testone?» Disse ancora, battendo la lettera sulla fronte del Jonin prima di porgergliela. Sorrideva, ed era evidente perché lo facesse: si fidava in un modo che prescindeva ciò che di normale c'era a quel mondo. Si fidava come si poteva fidare solo ed esclusivamente di se stessa.

    Arrivati a quel punto avrebbe semplicemente lasciato che il Jinchuuriki partisse, accompagnandolo fin sopra le mura dopo essersi raccomandata ai guardiani di salutare Atasuke da parte sua.
    Solo quando Raizen fosse sparito alla sua vista, la ragazza avrebbe appallottolato la vecchia lettera e l'avrebbe gettata nel cestino del percorso di ronda, approfittando di un momento in cui nessuno guardava.
    A cuor leggero, solo a quel punto, sarebbe tornata a casa... o forse prima sarebbe passata da Mariko. Aveva finito quella crema all'orchidea e vaniglia che le piaceva tanto.
    «Speriamo che quella stolta di una Yamanaka non mi faccia ancora arrabbiare come l'ultima volta...» Mormorò la Principessa, scuotendo la testa per poi iniziare la discesa delle scale che l'avrebbero presto ricondotta nelle vie del suo Villaggio.
    Presto, di lei, si sarebbero solo uditi i campanelli dei suoi capelli.


    divisore




     
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  8. Asgharel
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    Narrato

    °Pensato°
    «Parlato»
    "Parlato" (altri)
    -Citazioni-


    [Abilità/Potenziamenti/tecniche]


    ~Ultimi Saluti~


    Nessuno parve avere nulla in contrario, ad eccezione di Shizuka, la quale, almeno in un primo momento, sembrava avere qualcosa da ridire, o almeno non sembrava così convinta nel lasciarlo ritornare ai suoi doveri. Atasuke non diede ulteriormente corda o peso alle parole del colosso, men che meno ai suoi commenti ironici.

    "Vai a fare il tuo lavoro e proteggi il Vill– il viaaaagio. Cih eediamo peesto... "


    Era palese che la ragazza in un qualche modo si fosse morsa la lingua in maniera a dir poco sciocca e maldestra, tuttavia, a dispetto delle possibili previsioni, Atasuke non rise, ne compianse la sventura della giovane. Semplicemente le sorrise rimandando un saluto.

    «Arrivederci Shizuka, riguardati, non vorrei che per la malaugurata sorte perdessi una delle tue più raffinate capacità»


    Sottolineò ironico accennando palesemente alla lingua dolorante della giovane e proferendosi in un breve inchino.

    «Raizen»


    Aggiunse con tono certamente più freddo e meno cordiale concedendo anche al colosso un semplice saluto prima di voltarsi dirigendosi all'interno della struttura dove lo aspettavano intere pile di documenti, scartoffie e varie altre menate burocratiche da svolgere.
    Stava giuto entrando quando udì Shizuka che gli urlava alle spalle di fermarsi, tuttavia non lo fece, chiudendosi comunque all'interno del locale e sedendosi alla sua scrivania dove già svariate scartoffie lo attendevano.
    Seppur parzialmente isolata la struttura non gli impedì nè di vedere, ne di udire le parole che fuori dall'edificio volavano tra la ragazza ed il collega rimasto di piantone fuori dalla porta, tuttavia Atasuke, con finta indiferenza continuava a svolgere il suo dovere, lasciando che la situazione si tranquillizzasse da sola. In fondo non aveva di che intervenire. Già sapeva che cosa quella lettera tanto importante conteneva, ma sapeva ancora di più che se l'avesse avuta tra le mani molto probabilmente non sarebbe mai arrivata a destinazione. Comunque la si girava, in quel caso, non avrebbe saputo come fare la cosa giusta.
    Vide poi Raizen che le rubò la lettera, sfuggendole con la tecnica della sostituzione e vide i due "litigare" una ventina di metri più in la.
    Senza accorgersene il suo sguardo si era fatto triste, cupo mentre la voce familiare di Sougo lo raggiungeva alle sue spalle.

    "Oi, oi... Certo che sei messo male capo"

    «Tu dici? E cosa pensi di saperne tu? Mh?»

    "Nulla, ma ti conosco abbastanza da intuire che quella lettera non contiene buone nuove, o almeno non per te..."


    «Forse... Io so verso chi è indirizzata e non ci vuole un genio per intuirne il contenuto... Tuttavia, che siano buone nuove o meno, non dipende dal contenuto in se, ma da lei...»


    Sottolineò indicando con lo sguardo Shizuka che battibeccava con Raizen.

    "Posso dirti una cosa Atasuke?"

    «Avanti, cos'hai da dirmi?»

    "Sei un coglione. Dopo tutto questo tempo, con tutti i problemi che ci sono, con tutte le implicazioni che quella ragazza porta con se, ancora continui a correrle dietro? Fosse almeno la più sexy di Konoha!"


    «Sai, per una volta forse hai ragione...»


    Sbuffò distogliendo lo sguardo dai due e girandosi sulla sedia verso Sougo guardandolo in faccia.

    «Sono un'idiota a continuare a correrle dietro, tuttavia... Seppure con i suoi difetti, con tutti i problemi con la sua famiglia, le implicazioni con il Daimyo e tutto il resto... Non riesco a lasciarla andare»

    "Eppure lo hai appena fatto"

    «Non proprio... Le ho lasciato una possibilità di scegliere»

    "Contento tu"

    «Torna al lavoro, altrimenti questo mese mi toccherà scalarti una parte dello stipendio»


    A quelle parole, velatamente minacciose, ma allo stesso tempo cordiali e colloquiali nel tono, Sougo non replicò salutando semplicemente Atasuke con un breve inchino e tornandosene al lavoro.
    Mentre i due parlavano, Sougo aveva lasciato sulla scrivania i moduli che aveva richiesto oltre che alcuni fascicoli su alcuni particolari casi su cui Atasuke aveva iniziato ad indagare. Certo, erano casi chiusi e molti erano stati archiviati semplicemente per mancanza di prove o per altre questioni. Tuttavia Atasuke aveva altre questioni che forse erano legate a quei fascicoli, inoltre, aveva fatto una promessa...

     
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