Hankachi-Otoshi

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    Narrato

    °Pensato°
    «Parlato»
    "Parlato" (altri)
    -Citazioni-


    [Abilità/Potenziamenti/tecniche]


    Hankachi Otoshi 八

    ~Bushido, L'anima del Samurai~


    Attorno a lui c'era il finimondo. Chiunque si sarebbe svegliato da una qualsiasi illusione come quella con tanto trambusto attorno a se, eppure, Atasuke non poteva farlo. Si trovava all'interno di qualcosa di grosso, decisamente grosso. Qualcosa di potente, fin troppo potente anche per lui per potersi risvegliare.
    Dinnanzi a lui, una volpe bianca, candida e bellissima avanzava con passo sinuoso e sicuro. Per poco non si chiese se stesse effettivamente sognando o se si trovava proprio davanti a quello spettacolo. Tuttavia, dopo tutto quello che aveva visto, una simile visione non potè turbarlo. Si limitò solo a compiecersi di ciò che vide, reputandolo in qualche modo un buon segno. Segno che forse le sue risposte erano piuaciute o che comunque non si era definitivamente bruciato, ancora.

    “Esse ritenevano che egli non avesse compreso cosa era stato richiesto lui.”


    A quelle parole, che sembravano provenire dalla creatura, Atasuke rimase seriamente senza parole. Si limitò a sorridere, sentendosi uno sciocco mentre in un gesto involontario la mano destra andava a grattare il capo.

    °Sembra che non abbia capito quindi...°


    Pensò tra se mentre la creatura o chi per essa, continuava con il discorso.

    “Esse compresero che egli non era ancora pronto per ciò che doveva e ciò che poteva.”


    A quelle parole, vedendo la volpe che scuoteva il capo, Atasuke si sentì ancora più sciocco. Inadatto, per essere più precisi. Il sorriso svanì in una smorfia mentre i suoi occhi, colmi di fallimento, per un'istante si adombrarono, smettendo di osservare la volpe nella sua perfezione.
    Distolse lo sguardo, guardandosi i piedi per alcuni istanti, prima di avere il coraggio di risollevarli per portarli nuovamente in quelli della Kitsune.
    Sembrava chiaro che avesse in qualche modo fallito e nel suo fallimento, quelle creature avrebbero continuato a soffrire, da sole, alla ricerca della persona giusta.

    “Esse erano divise dalla linea della decisione. Vi era tra loro chi riteneva che egli potesse suonare il flauto, e invece chi, al contrario, temeva che non sarebbe mai stato capace neanche di riscoprirlo, dentro di sè. Giacché là, nella profondità del cuore in cui risiede la melodia dimenticata che un tempo permetteva alle volpi e agli essere umani di danzare insieme, qualcosa di oscuro aveva messo una singola radice. E quella radice, impediva al flauto di farsi percepire correttamente.”

    °Dunque, è per questo... è questo il motivo per cui dovrei estirpare anche quella singola radice dal mio animo... Eppure, come potrei farlo? Non ho idea di come fare... Non so assolutamente come liberarmene!°

    “Esse, dunque, decisero che il tempo sarebbe arrivato se egli fosse riuscito a recuperare la melodia dimenticata.”


    L'Uchiha continuò a tacere, osservando la volpe, che iniziava a mutare, poco alla volta, passando da quella candida e perfetta forma animale, prendeva a poco a poco le sembianze più umane. Non portava vestiti, nessun abito e si mostrava a lui senza veli, senza alcun pudore o malizia.
    In quel momento Atasuke vide la sincesità di quella creatura, che poco alla volta si avvicinava a lui, fino a levare una zampa, ora mano, con cui sfiorò il suo petto all'altezza del cuore.

    “L'estirpazione del seme richiederà tempo e devozione, impegno e costanza.
    Esse si chiesero: potrà egli avere tutto questo per ricordare le parole di quel canto e i passi di quella danza da lungo tempo abbandonati nelle pieghe del tempo?”


    «Dunque è questo il modo...»


    Osservò d'impulso, osservando la volpe negli occhi mentre al contatto dal suo petto sembrò partire una sorta di luce abbagliante. Cosa potesse essere Atasuke non poteva saperlo, tuttavia, non potè evitare di domandarselo. Da dove proveniva tutta quella luce? Ma soprattutto: Che cos'era che la emanava?

    “La melodia risiede nel cuore di ogni essere umano, solo che egli non sa di averla.
    Ma lui adesso sapeva. Sapeva che se avesse voluto radunare la Pace di un tempo avrebbe dovuto riunire i pezzi, superando le prove che lo attendevano.”


    Atasuke sbarrò gli occhi nell'udire quelle parole. Solo in quel momento comprese, o almeno, credette di comprendere tutto ciò che stava accadendo intorno a lui.
    Era stato messo alla prova fin dall'inizio, anche se questa era l'unica cosa certa. Era stato scelto, perchè lui, tra tutti, sembrava essere il più adatto, quello più simile a ciò che le kitsune stavano cercando, tuttavia, comprese anche il suo errore. Certo, era stato onesto con loro, eppure, ancora imperfetto nella sua forma, non aveva colto i frammenti necessari per essere degno. Gli mancavano ancora alcuni piccoli pezzettini, che ora erano dinnanzi a lui in quella melodia, mutata in luce e che era stata frantumata in migliaia di frammenti, scagliati nell'oscurità che lo circondava.

    “Esse avrebbero atteso. Esse avrebbero guardato. Esse avrebbero valutato.
    Il Dono di ciascuna di esse era pronto ad essere donato.
    Ma sarebbe mai stato offerto? Sarebbe mai stato accettato? ”


    °Perdonatemi, vi ho fatte attendere talmente tanto... Ed ora non sono neppure stato in grado di darvi le risposte che cercavate°


    Pensò, senza rispondere, mentre con aria interrogativa osservava la volpe che tracciava una sorta di cerchio sul suo petto, doma a chiudere delicatamente un qualcosa, in un gesto, anzi, in un simbolo non dissimile da uno dei tanti fuuinjutsu che venivano utilizzati praticamente ogni giorno.
    Non potè sapere se si trattava di un gesto simbolico o di un qualcosa di pratico e reale. Tuttavia, ciò che seguì gli apparve una palese prova e nella sua mente non ebbe alcun tentennamento nell'intuire quale potesse essere la via da seguire.
    Il tocco fu leggero, al pari della lievissima brezza che lo accarezzava, am che poco alla volta accellerava, rendendo il suo soffio sempre più potente. All'inizio non era nulla e poco dopo a fatica ne smuoveva appena gli abiti.

    “Egli si trovava ai piedi di una grande scalinata, la cui vetta era troppo distante per poter comprendere cosa vi si trovasse. Esse avrebbero guardato, in silenzio, i suoi passi avanzare su di questa. E avrebbero deciso.”


    Al termine di quella frase il vento cominciò ad ululare, sempre più forte, sempre più violento, mentre la volpe, che fino a pochi istanti prima si trovava davanti a lui, sembrò venire risucchiata da quello stesso vento, che ormai stava iniziando a turbinare con forza.
    Per riflesso, l'Uchiha tese una mano, cercando di afferrare la volpe, ma questa svanì nel nulla. Solo in quel momento, elaborò il fatto che il vento stava soffiando nella direzione opposta, come a cercare di allontanarlo, spingendolo via.

    «Ho compreso, questa volta credo di aver capito...»


    Sussurrò appena, muovendo il primo passo avanti. Per quanto forte quel vento potesse essere, in quella primissima parte, la forza dell'Uchiha era decisamente maggiore e la sua determinazione non era meno salda dei suoi passi. Non corse, non avrebbe potuto farlo in sicurezza ed inoltre, la fretta non sarebbe servita a nulla, se non a sbilanciarlo, rischiando di lasciarlo in balia del vento che turbinava ed affaticandolo inutilmente.
    Ad ogni suo passo, il vento si faceva più pesante, sempre più violento. Ogni raffica sferzava i suoi vestiti, dapprima smuovendoli appena ed alla fine sbattendoli con violenza, mentre lui, imperterrito e fiero continuava ad avanzare, cercando di mantenere una posizione retta, inarcandosi leggermente in avanti per controbilanciare la spinta del vento che soffiava.
    Fece fluire una “piccola” quantità di chakra sui piedi, man mano che il vento si faceva sempre più forte e deciso a spingerlo da qualche parte nel nulla.
    Sfruttò quel chakra che confluiva nei piedi per ancorarsi a terra, cercando di restare incollato, in modo da potersi maggiormente concentrare sull'avanzata senza venire spazzato via.
    [Abilità]
    In fondo non sapeva a che cosa potesse portarlo quel vento, se fuori da quell'illusione o se al fallimento completo, tuttavia, se era vero ciò che gli avevano detto, egli avrebbe dovuto avanzare per la sua strada e di contro, le kitsune lo avrebbero osservato, decidendo se era il caso o meno di concedergli il loro dono, qualsiasi cosa esso fosse.

    “Esse avrebbero aspettato. Guardato. E valutato.”


    La voce continuava a risuonare in quel vento che si faceva sempre più potente e violento, mentre Atasuke, di contro si faceva sempre più saldo e determinato. Non avrebbe ceduto, non in quel momento. Era testardo l'erede Uchiha e non sarebbe stato quel vento a fermarlo. Si era messo in testa di avanzare, ritenendola la cosa giusta e non si sarebbe arreso, avrebbe continuato a muovere i suoi passi, lentamente, ma avrebbe continuato. La tenacia era una dote che si poteva dire contraddistinguesse tutti gli abitanti del fuoco, Atasuke incluso.

    “Egli cercherà? Affronterà? Avanzerà?

    Atasuke Uchiha, tu giuri di servire, guidare e ricordare? ”


    Il vento ululava, le sue orecchie fischiavano tanto era potente quel vento, contro il quale ormai a stento egli riusciva a resistere. I suoi occhi cercavano con fatica di vedere, rimanendo socchiusi per resistere alla violenza di quella folata, con il braccio cercò di schermarsi il viso per prendere fiato.
    Con tutta quella violenza, i suoi polmoni faticavano persino ad immagazzinare l'aria attraverso il naso, rendendogli difficile perfino respirare, altro che parlare.
    Quando udì quelle parole, queste risuonarono nella sua mente per un tempo indefinito. Se qualcuno gli avesse chiesto, non avrebbe saputo dire se si trattasse di alcuni istanti, minuti, ore o secondi. Risuonarono migliaia di volte, per un tempo lunghissimo, ma che non durò più di una frazione di secondo.
    Poi, in quello stesso istante, nella sua mente, tutto il vento, tutto ciò che lo circondava svanì nel nulla. Percepì dentro di se una forma di pace, di serenità. Nella sua mente, il nulla cosmico in cui si trovava, avvolto dal vento ululante, divenne una visione, una verde distesa, adornata con qualche piccolo albero, piegato dalle fatiche della sua lunga vita, eppure ancora li, fermo, immobile e maestoso nella sua forma.
    Vide un piccolo ruscello, che sfociava in un piccolo lago, mentre un rintocco attitò la sua attenzione su una piccola fontana di bambù posta proprio al lato del fiume.
    Una brezza leggera accarezzava il suo volto mentre il sole caldo ne riscaldava le ossa. Inspirò profondamente. L'aria aveva un profumo particolare, piacevole, come di ciliegio. Levò una mano a palmo aperto, come a voler sentire se piovesse, eppure percepì solo il calore finchè alcuni petali rosei non si posarono sul suo palmo. Atasuke li osservò, avevano grazia, gentilezza, perfezione, anche una volta caduti dal loro albero. Si voltò, seguendo la traiettoria da cui erano giunti e lo vide. Maestoso sotto l'albero di pesco, se stesso. Egli era la, lo aspettava, prova ne era che una volta notato, questi si alzò imperioso, andando verso di lui.
    Atasuke, stupito, si guardò attorno, vedendo che si trovava in un giardino, come quello di una casa nobiliare, o di un Dojo. Quel uogo aveva un qualcosa di familiare, come se già lo conoscesse, come se lo avesse visto in passato, eppure non riusciva a ricordare quando lo avesse visto, se in un sogno o con i suoi occhi.
    Mentre il suo doppio avanzava, Atasuke notò che egli non indossava i suoi stessi abiti, vestiva degli abiti scuri, tuttavia erano diversi nella fattura, nel dettaglio. Erano abiti sgualciti, rabbiosi nelle linee. Sembrava addirittura che quel suo doppio fosse appena uscito da uno scontro a dir poco mortale con decine di avversari. Nella sua avanzata, teneva ferme con la mano sinistra le due spade al fianco, entrambe tenute dall'obi bianco annodato in modo grezzo, l'unito dettaglio di colore in quella tenuta nera come la notte. In lui Atasuke si riconobbe, in parte, ma vide un'arroganza in quegli occhi che non gli si addiceva.

    «Eccoti qui alla fine... Atasuke»


    Aprì il discorso il suo doppio arrivando ad appena pochi passi da lui ed arrestando la sua marcia.

    «Era da parecchio che ti aspettavo... All'incirca dal nostro primo incontro»


    Sorrise, o meglio, ghignò la figura, puntando Atasuke negli occhi. In un primo momento non riuscì a capire di chi o di cosa si trattasse, ma dopo quelle brevi parole, comprese. In qualche modo sembrava essere giunto in contatto con il suo lato più oscuro, il seme di cui le kitsune stavano parlando.

    «Quindi... Questo è il luogo in cui sei stato rinchiuso finora? Non mi sembra male...»


    Rispose Atasuke con un sorriso, decisamente meno malvagio di quello della sua controparte.

    «Cos'è? Stare con quella gentaglia ti ha reso ironico forse? Questo non è il luogo della mia prigionia, ma il luogo della mia liberazione»


    Atasuke rimase stupito, spalancando gli occhi. Quando mai quella sua parte si era fatta tanto potente da poter cercare di sfidarlo apertamente per il suo stesso dominio?

    «Oh, si, giusto... Ti stai chiedendo come ho fatto... Beh è semplice... Io sono te e tu sei me... Quindi, tutto quello che pensi, beh... Io lo so... Ma passiamo al come... Ebbene... Non è da poco che sei dentro a questa illusione... Quindi è da parecchio che non c'è più nessuno in casa a tenermi fermo...»

    «Quindi ne hai approfittato e vuoi prendere il controllo ora mentre sono debole»

    «Bingo! Alla fine non sei poi così stupido quanto credi... Forse siamo davvero la stessa persona»

    «Non voglio battermi, lo sa... Non voglio distruggerti»

    «Oh, lo so, lo so... Ma vedi... Non mi interessa sapere che cosa vuoi fare tu... A me interessa avere il controllo... Troppo a lungo hai giocato a fare il dolce con la gente, e cosa ne hai ottenuto? Ti sei quasi fatto ammazzare dal Gobi... Abbiamo perso lo Yonbi, Non hai conquistato Shizuka... E neppure ti degni di dare una ripassata alle care infermierine che ti corrono dietro...»

    «Smettila! È proprio per questo che non voglio avere a che fare con te!»

    «Oh, ma dovrai mio caro... Lo hanno detto pure loro... O mi estirpi o mi lasci comandare... Non ci sono molte opzioni...»


    Il suo doppio sorrise, bagnandosi le labbra con la lingua, in un gesto a dir poco famelico, brutale.
    Era palese che quella sua parte non aveva intenzione di lasciarlo andare così, senza un combattimento, ma soprattutto non aveva intenzione di lasciarlo andare da vivo.


    Da troppo tempo i due “convivevano” e da sempre quelal sua parte cercava di prendere il controllo nelle situazioni critiche e forse quella sarebbe stata l'occasione per Atasuke di mettere quella sua parte definitivamente a tacere.

    «Dunque è questo che vuoi... Un ultimo duello per decidere chi passerà oltre...»

    «Oh no... un ultimo duello, si... Ma non per decidere... quella decisione è già stata fatta!»


    Concluse in un grido, estraendo l'arma, portando un primo fendente diagonale diretto al volto di Atasuke, che rispose con un semplice passo all'indietro, schivando il colpo furioso e portando per riflesso la mano alla sua spada, iniziando ad estrarla, mostrando appena una decina di centimetri della sua lama all'avversario.

    «Smettila, non voglio liberarmi di te!»


    Rispose, riponendo la lama. Atasuke aveva un tono deciso, molto meno spensietaro di pochi istanti prima. I suoi occhi si erano fatti decisi, duri. Dopo quella frase, si voltò, dando le spalle al suo avversario, imboccando il viottolo che portava al limitare di quel giardino, proprio sotto al pergolato su cui aveva notato le porte in carta di riso che probabilmente lo avrebbero condotto al di fuori di quel luogo.
    Inutile dire che la furia del suo doppio diventò a dir poco tangibile nell'aria. Questi, infatti, non accettando quello smacco si alnciò alla carica contro Atasuke, spada alzata e pronto a colpire.
    Atasuke di tutta risposta, si abbassò all'ultimo, inginocchiandosi e facendo cadere oltre il furente ed incontrollato avversario, che rotolò oltre, ritrovandosi poi con Atasuke sopra di lui, lama sguainata e puntata al capo.
    Il suo doppio strinse i denti, mostrando un ghigno furente, mettendo a nudo i canini quasi volesse usarli per azzannarlo. Con furia diede alcuni colpi, mirati a colpire prima la lama e poi l'Uchiha che la impugnava, Atasuke ribattè prontamente, indietreggiando di appena un passo e deviando ogni singolo colpo, ma lasciando spazio al suo doppio che a quel punto riuscì a rimettersi in piedi.
    Senza sosta o tregua, il doppione incalzò portando alcuni colpi diretti alle gambe, ma Atasuke non ebbe problemi nel ferlarli. La sua concentrazione era massima, prova ne fù che deviando l'ultimo colpo fuori traiettoria e colpendo la lama del suo avversario sul dorso, ebbe spazio per ricaricare, portando il filo appena sotto al mento del suo avverso, che fon furia lanciò un'occhiata carica di odio e furore verso Atasuke, conscio di aver perso per la seconda volta in quello scontro e furente per essere stato graziato per la seconda volta di seguito.
    Le loro labbra non si mossero, ne emisero alcun suono. Non ve ne era bisogno. I loro occhi parlavano ben più loquacemente di quanto le parole avrebbero potuto.
    L'oscuro indietreggiò, levando la sua spada per togliere quella dell'Uchiha e caricando il colpo successivo, un'altro fendente, questa volta verticale, che Atasuke schivò con un movimento minimo dei piedi e ruotando il busto. Lasciò scendere la mano dell'avversario, raggiungendola poi con la sua sinistra, afferrandola ed accompagnando il movimento nemico rialzandola in una breve, quanto efficace, proiezione, basata sulla torsione di quel polso, la cui mano afferrava la lama.
    Con quello stesso braccio, squilibrò prima l'avversario con una rapida gomitata al volto, poi, alla fine con il polso sotto controllo ruotò completamente le anche, proiettando l'avversario indietro, il quale non potè fare altro se non cadere rotolando via.
    Inginocchiato e faccia a terra, il doppio di Atasuke non potè fare altro che sfogare la sua rabbia battendo il pugno a terra. Era furente, il suo piano stava cadendo in mille pezzi davanti ad Atasuke, eppure non volle crederlo, lanciandosi ancora una volta all'attacco. Si rialzò, osservo appena un'attimo il suo avversario, prima di portare nuovamente un'altro colpo diagonale che Atasuke intercettò con la sua lama, fermandolo e rispedendolo indietro con una decisa spinta, nella speranza che questi desistesse definitivamente dal suo intento, cosa che però non fece.
    Sempre più furente, riacquisito l'equilibrio si lanciò nuovamente alla carica ed a quel punto Atasuke non potè fare altro che chiudere il discorso. Si spostò di appena un passo verso sinistra e con un movimento rapido e dolve, accompagnò il corpo dell'avversario, colpendolo, probabilmente a morte, al centro del busto e proseguendo il taglio diagonale lungo il fianco, fin sotto all'ascella. Alla fine del movimento, la sua lama grondava sangue nero come la pece, che scorreva lungo la lama alzata al cielo.
    Alle sue spalle, morente, il suo doppione si accasciò a terra, rantolando alcune parole.

    «C-come!? Tu! Tu avevi detto che non volevi! Come hai!?»


    Con delle rapide rotazioni, Atasuke scrollò l'immonda sostanza dalla lama e la portò al suo fianco, dove con grazia fece scorrere il dorso della lama lungo il koi-guchi ai lati del quale vi erano a protezione e controllo l'indice ed il pollice sinistro. Quando la punta giunse, l'Uchiha cambiò il movimento della lama con un gesto repentino e deciso, ma allo stesso tempo dolce e preciso. Rinfoderò l'arma e riprese una postura rilassata.

    «Gomennasai... Avrei voluto evitare tutto questo, ma sembra che tu non mi abbia lasciato scelta. Addio, amico mio.»


    Non si voltò neppure. Retto e ligio al suo compito riprese la sua strada, incamminandosi fuori, uscendo da quel giardino maledetto, dove una parte di lui era caduta.
    Apri la porta scorrevole e vide che questa non portava a nulla, se non all'oscurità, non dissimile da quella in cui si trovava poco prima.
    La brezza leggera, soffiava, invitandolo ad uscire, ritornando in quell'oscurità dove la fine di quella prova lo stava attendendo.
    Atasuke si voltò un'ultima volta, beandosi del paesaggio di quel giardino, degno di un quadro e quando un'altro petalo di giliegio volò verso di lui, con delicata dolcezza lo prese tra le mani con un sorriso.
    Si chiese se ciò che aveva appena fatto faceva parte della prova o meno. Non potè evitare di chiedersi se le kitsune avessero avuto modo di vedere a loro volta ciò che lui aveva fatto, nel caso in cui fosse stato solo un suo sogno interno. Ma in fondo non gli importava veramente, senza contare che se si trovava in un mondo onirico, probabilmente chiunque vi fosse collegato, avrebbe anche visto quel duello.
    E con quei semplici pensieri, si lasciò andare, scivolando oltre la porta, entrando nuovamente in quell'oscuro mondo che aveva abbandonato mentre alle sue spalle, quella porta, si richiuse, forse per sempre.
    In un lampo, tutto tornò come era, attorno a lui, il vento continuava ad ululare, come se non avesse mai smesso. Il caos si era fatto tangibile, presente e cercava di dominarlo in ogni dove.
    Aprì la mano destra, dove nel “sogno” stringeva il petalo e lo rivide, segno che ciò che era accaduto, forse, era realmente accaduto, come tutto ciò che lo stava circondando, anche se forse nulla di tutto ciò era mai accaduto realmente.
    Con un'ulteriore sforzo, Atasuke portò un'altro passo avanti, questa volta elevandosi, raddrizzando la schiena, che aveva piegato per resistere a quel vento tanto potente.
    In quel momento, chiunque lo stesse osservando, lo avrebbe visto fermo, immobile e fiero. Si poteva quasi dire che quel vento, a discapito di quanto accadeva ai suoi abiti, non lo scalfiva, ne lo stava muovendo anche solo di un millimetro.
    Retto e fiero, il suo corpo non si scomponeva più. I suoi occhi fieri fissavano avanti non più socchiusi per fa fuia del vento, ma bene aperti, mentre osservavano con chiarezza ciò che sarebbe giunto dinnanzi a lui.

    «Io continuerò a cercare, come ho fatto in ogni istante della mia breve vita umana. Affronterò ogni avversità, senza lasciarmi smuovere, anche solo di un passo dal demone che cercherà di corrodere la mia anima! Avanzerò nella notte e nel buio, alla luce del sole, nel vento, nella pioggia e nella tempesta lungo la mia via, senza ripensamenti o dubbi!»


    La sua voce era tonante, carica di sicurezza, ma non per questo vuota come quella di molti comandanti prima delle battaglie, che mentivano ai loro uomini per ottenerne il favore, ma prima ancora a loro stessi, fingendo un'animo che non possedevano.
    Le parole di Atasuke erano fiere, decise e cariche di emozioni, ma soprattutto cariche di sincerità, una sincerità dirompente, senza freni e senza macchia.

    «Giuro! In questo giorno, io giuro di servire, di guidare, ma soprattutto di non dimenticare mai, ricordando tutto ciò che è stato, nella speranza che la musica possa tornare a suonare bella e perfetta come dovrebbe essere! Guardando al presente, per proteggere ciò che è rimasto e guardando al futuro per ricorstuire ciò che era, ricordando gli errori del passato per non compierli nuovamente»


    La sua voce risuonava decisa, mentre con rinnovato vigore, Atasuke riprese a camminare, verso una meta indefinita, puntando avanti, deciso per la sua strada. Mano sinistra al fianco a tenere ferme le due spade, mentre la destra era alsciata cadere morbidamente lungo il fianco.
    Lo sguardo fiero, la schiena dritta e la postura nobile si opponevano con decisione a quel vento, mentre ad ogni passo che faceva, la decisione si faceva sempre più tangibile ed in un certo senso sembrava quasi schermarlo da quel vento che soffiava all'impazzata cercando di spingerlo indietro.
    Avanzava deciso nell'oscurità, senza tentennamenti o dubbi. Non sapeva la direzione, non sapeva se stava andando nella direzione giusta, ma sapeva che doveva continuare per la SUA strada.


    OT- Mi scuso per la piccola "concessione" che mi son fatto, ma ho voluto ruolare coem si doveva questo aspetto e quale miglior modo? Ad ogni modo, a te la scelta se lasciare il piccolo escursus nell'escursus all'interno della sola mente di Atasuke o renderlo condiviso con le kitsune. (Io apprezzerei molto la seconda, ma a te la scelta :zxc:) -/OT
    Chakra Rimanente: 53/60
    Vitalità Rimanente: 16/16
    Energia Vitale: 30/30




    Movimento: 18m
    Salti: 6 m
    Status Fisico:
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    Percezione: 6+6
    Furtività: 0+3

    Forza: 500
    Velocità: 500
    Resistenza: 500
    Riflessi: 575
    Agilità: 500
    Concentrazione: 500
    Precisione: 500
    Intuito: 500
     
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    Sometimes the hardest thing any of us can hope for is finding the courage to be honest with ourselves.




    Le Kitsune, mezze-volpi alla ricerca della loro melodia perduta, non erano capaci di sondare l'animo umano. Non erano più Inari al servizio degli Dei capaci dunque di interpretare gli umani a loro devoti, né erano Corrotti in grado di manipolare e annientare il prossimo.
    Erano creature di luce e rispetto. Pudore e Cortesia.
    Per questa ragione, non poterono vedere il conflitto interiore che imperversò nell'animo di Atasuke Uchiha. Forse se il loro Dono fosse già stato offerto esse avrebbero visto i reverberi del cuore del giovane Shinobi, cui sarebbero a quel punto risultate legate da un doppio filo rosso, ma non era quello il caso...
    ...quella mancanza, tuttavia, non impedì loro di percepire, di punto in bianco, che qualcosa era cambiato.

    Fu un solo attimo, e fu cristallino.

    Qualcosa si era rotto.
    E qualcosa si era costruito.
    Da solo.
    In un istante.

    Drizzando d'improvviso le orecchie le Kitsune del sottosuolo levarono tutte, simultaneamente, la loro testa. Gli occhi, affilati e brillanti, alcuni ambra e altri d'argento, altri rosei o turchesi, si socchiusero.
    In lontananza, molte creature assai simili per aspetto ed espressioni, unite tutte in un branco inghiottito dalle profondità di un bosco secolare dimenticato e protetto, si fermarono e volsero lentamente lo sguardo al cielo, rimanendo in attesa.

    “Io continuerò a cercare, come ho fatto in ogni istante della mia breve vita umana. Affronterò ogni avversità, senza lasciarmi smuovere, anche solo di un passo dal demone che cercherà di corrodere la mia anima!”



    Sorridendo con dolcezza, la bellissima Kitsune dai capelli di miele e il kimono rosso e bianco abbassò lo sguardo, arrossendo. Il suo volto parlò per lei circa un forte senso di sollievo e felicità...

    “Avanzerò nella notte e nel buio, alla luce del sole, nel vento, nella pioggia e nella tempesta lungo la mia via, senza ripensamenti o dubbi!”



    Drizzarono le loro codine e le loro piccole e lanugginose orecchie, prendendo poi a strillare eccitate. Improvvisamente ripresesi dalle lacrime di appena qualche istante prima –giacché era evidente che il tempo nel Genjutsu scorresse con tempistiche assai diverse rispetto al mondo reale– le due cucciole gemelle si scostarono dalla Sorella più adulta e iniziarono a cantare e danzare felicemente, tenendosi per mano per poi inchinarsi l'una verso l'altra con riverenze d'altri tempi.

    “Giuro! In questo giorno, io giuro di servire, di guidare, ma soprattutto di non dimenticare mai, ricordando tutto ciò che è stato, nella speranza che la musica possa tornare a suonare bella e perfetta come dovrebbe essere!"



    La volpe rossa e silenziosa non fece alcuna piega, limitandosi piuttosto a rimanere seduta e ferma.
    I suoi occhi grandi e pieni, di ghiaccio, rimanevano sulla figura scomposta e accasciata al suolo di Atasuke Uchiha, dal quale non sembravano potersi allontanare... ma nulla disse e nulla fece.
    Al suo fianco, però, egli sospirò impercettibilmente, chiudendo poi gli occhi.
    La sua zampa d'argento era ancora in contatto con il ginocchio del giovane Uchiha, e ancora non pareva intenzionata a discostarsene. Rimaneva ferma, ma la pressione forte che fino a quel momento era stata apposta si ammorbidì con delicatezza e rinnovato rispetto...

    “Guardando al presente, per proteggere ciò che è rimasto e guardando al futuro per ricostruire ciò che era, ricordando gli errori del passato per non compierli nuovamente”



    Sputò a terra, rabbioso.
    Fulminando con lo sguardo lo Shinobi digrignò i denti, snudando due canini che si dimostrarono più appuntiti di quello che ci si sarebbe aspettati da una volpe con fattezze umane. Muovendo con violenza una delle code, sbatté a terra tutto ciò che trovò accanto a sé: vecchie casse di legno tarlato, barattoli di vetro scheggiati e senza tappo, un bastone puntuto...
    «Se pensa che basti così poco...» Sibilò prima di alzare una mano verso l'alto.
    Un secondo dopo, qualcosa scendeva su di lui.

    [...]

    “Dono.”



    Non vi era nessuna creatura che parlava, stavolta. Nessuna scritta di ghiaccio o fuoco ardente. Nessuna immagine o ricordo.
    Era solo l'oscurità e questa, senza volto e senza nome poiché poteva acquistare milioni di volti e milioni di nomi differenti, parlò.

    “Il Dono è ciò che le rende creature vive.”



    Spiegò con calma la voce.
    A dispetto di prima, adesso, sembrava più trepidante. Più raggiante.
    Appariva in attesa, un'attesa ben diversa di quella che l'aveva preceduta, forse maggiore, forse più incerta.
    Carica di significato.

    “Esse hanno un solo Dono e possono offrirlo ad una sola persona in tutta la loro vita.
    Una volta che il Dono è ceduto, non può essere ripreso. Non può essere annullato.
    Esse, cedendo il loro Dono, ubbidiranno ad un solo Padrone e un solo Signore.”



    Si assottigliò, facendosi più debole e delicata.
    Vibrando come corde di uno strumento antico e perfetto, suonò il silenzio per qualche istante, con un incanto di sfumature e aspettative ben lontane da quello più scontato del semplice mutismo umano.
    In quegli attimi di vuoto vi era infatti un'infinità di immagini, odori, parole e suoni.
    C'era tutto, e nulla.

    “Ma il Dono può spezzarsi. E se si spezza, assieme ad esso va perduta la vita di chi lo ha offerto.”



    Il silenzio che seguì fu realmente silenzio.
    Silenzio umano.

    “Il Dono può spezzarsi se il Signore tradisce.
    Se il Signore dimentica.
    Se il Signore ferisce.
    Se il Signore uccide.

    Una volta che il Dono si spezza non può essere ricostituito. Mai.
    Un frammento si dissolve. Una vita si cancella.
    La melodia, si rompe.”



    [...]



    «Non esagerare, ora.»
    Quella mano lo bloccava e lui, per un istante, si sentì incapace di muoversi.
    Percepì nitidamente che qualcosa serpeggiava su di lui, alla ricerca rapida e sibilante di una crepa, di una feritoia per fare irruzione nel suo essere più profondo e perfetto, violandolo, divorandolo.
    Uccidendolo.

    Fu il panico.

    Sgranando gli occhi si mosse rapidamente, cercando di ritrarsi con sdegno e orrore.
    La sua pelle ardeva di veleno e lui sentì la sua forma umana che vacillava e con essa tutti i sentimenti che l'avevano tenuta stabile fino a quel momento.
    Oscillando come il movimento di un pendolo alla ricerca dell'inclinazione perfetta, la Kitsune portò i suoi occhi in quelli di chi le stava davanti e sentì improvvisamente un brivido gelido che gli divorava la gola e tutti i suoi che essa poteva produrre che, gli parve di ricordare, un tempo erano stati tersi e cristallini.
    In quel momento, poi, ricordò. Ricordò di "egli".
    Rammentò la sua figura, nobile e fiera; il suo manto perfetto, di nessun colore che un umano avrebbe potuto descrivere e nessuna semplice volpe avrebbe potuto cantare; le sue iridi purpuree e profonde, rivolte al Cielo che ancora serviva.
    Che aveva servito.
    Che non serviva più.

    Si era perso. E non c'era più nessun luogo che avrebbe potuto accoglierlo.
    Non era un Corrotto.
    Non era più una Kitsune.
    Era un Reietto.

    Perso. Per sempre.

    «La Principessa del Fuoco non dovrebbe toccarci in questo modo incauto.»
    Cantò inaspettatamente una voce. Il timbro delicato, gentile e suadente, bastò a scuoterlo, a riprenderlo dall'abisso in cui era suo malgrado precipitato. Trasalì, mentre lentamente la presa attorno al suo polso si scioglieva.
    Si rese conto di nuovo dove si trovava e parve solo in quel momento vedere davvero la donna che era di fronte a lui, a schermo del corpo dell'uomo scomposto al suolo che lui aveva tentato, forse, di colpire. Non lo ricordava più.
    Ella aveva lunghissimi capelli color della terra fresca, carnagione baciata dal sole e profondi occhi verdi come praterie primaverili...
    ...ma attorno a lei, a vestirla di un'ombra che non poteva forse dirsi sordida e maledetta ma neppure più luce accecante, vi era l'aura che non era di un Benedetto né di un Corrotto.
    Ma di un Reietto.

    Coloro che avevano abbandonato la retta via per proteggere il giusto camminando nell'oscurità.
    Smarriti, il più delle volte.
    Dimentichi, molto spesso.
    Potenti in un modo inquietante e grottesco in quanto non vi era limite a ciò che potevano fare.
    Non c'era freno a quello che avrebbero potuto distruggere e creare.
    Quelli. Quelli erano i Reietti.

    «Ah, mi dispiace.» Si limitò a commentare la femmina, lanciando lui un ultimo sguardo affilato e velenoso. “Avvicinati di nuovo con quelle intenzioni.” Sembrava star dicendo. “E ti divorerò.”
    Suo malgrado, lui indietreggiò, angosciato.
    «Noi siamo Creature di purezza, Principessa del Fuoco. Finché non affidiamo il nostro Dono ad un umano, perché egli si renda il nostro tramite con la Terra degli uomini, ci è sconsigliata qualsiasi contaminazione.» Spiegò gentilmente la kitsune d'argento, abbassando la testa in segno di ringraziamento per aver lasciato andare il suo Fratello più piccolo. Lanciò lui uno sguardo lineare e muto, che parve però bastare a esprimere un messaggio ben chiaro, poi ritornò con gli occhi sulla donna che, da quando era arrivata, non si era mossa un secondo dal fianco dello Scelto. «Tu tieni molto a lui.» Osservò la volpe. Sembrava incuriosita.
    «Io e Atasuke ci conosciamo da quando eravamo due ragazzini.» Replicò dopo qualche istante l'altra. Guardava il suo interlocutore con ancora una punta di incredula diffidenza. Non sembrava desiderosa di parlare con lui, né di confessargli niente. Non lo voleva, accanto. Non si fidava.
    Quella considerazione, fece sorridere il canide.
    «Avete scelto strade diverse, ma non vi siete separati. Capisco.» Disse infine. Il tocco della sua zampa si era ormai reso poco più che una carezza pronta a sciogliersi, e il capirlo non poté che alleviare la tensione delle spalle della donna, che senza volere sospirò di sollievo. «Sta bene.» Confermò la Kitsune, snudando i denti in un sorriso. Non era un'espressione malvagia o sardonica. Forse, non lo sarebbe stata nemmeno se fatta con intenzione.
    «Quando si sveglierà?» Chiese Shizuka. La sua voce era più ansiosa di quello che avrebbe voluto e i suoi occhi non si schiodavano dal corpo dell'Uchiha. «Non...» Esitò, lanciando un'occhiata perplessa a tutti i presenti. «Siete bestie da evocazione?» Chiese alla fine, deglutendo.
    Lei non aveva delle evocazioni. Forse, le aveva detto sua madre, non le avrebbe potute avere mai se tutte quelle che le venivano “presentate” la rifiutavano.
    Non era adatta. Non era affine. Non era abbastanza.
    "Non era..." qualcosa. Sempre.
    Le erano state rivolte frasi di ogni genere dalle creature che erano uscite come per magia al richiamo degli Shinobi a lei legati.
    Rifiutata ed esclusa, ecco cosa era diventata. L'unica sciocca in un mondo che sembrava di sapienti.
    Sembrava che le mancasse qualcosa per potersi rendere uguale agli altri, e questo la faceva diversa in un modo che non poteva tollerare.
    Si era sentita talmente abbandonata, un'emarginata tra gli accettati, che non aveva avuto il coraggio neanche di chiedere a Raizen di introdurla ai suoi draghi...
    ...aveva lasciato semplicemente perdere, come si può abbandonare un sogno infantile che, crescendo, si capisce di non poter realizzare.
    Non tutti i ninja, dopotutto, avevano delle evocazioni. Evidentemente, lei, non poteva averne.
    «BESTIE!» Strillò improvvisamente una vocina, e prima che la Principessa avesse il tempo di alzare lo sguardo, destandosi dal suo torpore, qualcosa si scagliò come un siluro contro di lei, colpendola sotto il mento. Il colpo fu tale che la ragazza, rintronata come una campana del Tempio la notte di Capodanno, cadde all'indietro strillando di dolore.
    «NOI NON SIAMO BESTIE! SIAMO KITSUNE!» Ruggì un'altra vocina, avventandosi di nuovo su di lei. Stavolta ad essere presi di mira furono i suoi capelli, che vennero tirati tanto forte da farla piangere.
    Le bastò sbattere gli occhi un paio di volte per vedersi addosso Hari e Kitsu, furiose.
    «NOI SIAMO KITSUNE DI EBOROCAZIONE!» Tuonò infatti la seconda, iniziando a saltare su e giù sullo stomaco della kunoichi. «EBOROCAZIONE! EBOROCAZIONE!»
    «MENO MALE CHE NON DOVEVATE CONTAMINARVI!»
    Urlò furiosa Shizuka, agguantando una gambina della piccola volpe e sbattendola come una clava a terra. La piccina, scossa come una caramella in un barattolo, ondeggiò con le manine all'aria, traballante. Benché la gemellina strillò, cercando di vendicare la sorella, un secondo dopo anche lei le fece compagnia nel loro scoordinato zampettare gelatinoso.
    «Hari e Kitsu hanno già offerto il loro Dono per Atasuke Uchiha.» Rispose la Kitsune d'argento, sorridendo con educazione. «Solitamente è una cosa che non si può fare, ma sono cucciole e non sapevano cosa stavano facendo... ecco perché siamo tutti qui, noi membri adulti. Dovevamo capire se la loro vita era stata ceduta alla persona giusta.»
    Prima che un sasso la colpisse alla schiena e lei si girasse per tirare due ceffoni in testa alle cucciole di volpe, che si misero a gemere furiose rotolando indietro a zampettine all'aria, Shizuka esitò, perplessa.
    «Non ho ben capito come funziona onestamente.» Ammise con una sincerità di cui la volpe rossa e priva di parola, ancora seduta in fondo al sotterraneo, parve stupirsi. Abbassando lo sguardo, sembrò a quel punto ricordare qualcosa di molto lontano nel tempo. Qualunque fosse quel ricordo, la costrinse a piegare debolmente le orecchie...
    «Un contratto di evocazione?» Replicò l'argentea. Shizuka si limitò ad annuire, grattandosi la testa. Quando però si accorse che non poteva togliere la mano dai capelli, che sembravano essersi incollati alle sue dita, non esitò a girarsi e prendere a rincorrere le due volpi gemelle, ignorando così il discorso serio fino a quel momento intrapreso e preferendo piuttosto minacciare le due piccole di rendere loro, e tutti quelli come loro, dei bei “colli di pelliccia per i suoi kimono” oppure delle “zampe portafortuna per le chiavi del suo laboratorio”.
    A differenza di quanto capitato prima, però, stavolta nessuno intervenne. Acute e attente, scrutatrici di verità nascoste, le Kitsune rimasero semplicemente a osservare il comportamento di quella donna, infine guardandosi di sottecchi, reciprocamente.
    «Il contratto di evocazione si crea quando un essere umano firma il contratto di una Razza. Ogni Razza ha il suo rotolo, ovviamente.» Riprese a dire la volpe d'argento quando Shizuka fu tornata accanto ad Atasuke (il che accadde quando ebbe modo di scollarsi la mano bavosa dalla testa e appendere le due sorelline a dei ganci per mantelli vicino alle scale del sotterraneo). «Il Rotolo contiene l'impronta di sangue delle bestie che stipulano con l'umano, il quale a sua volta deve imporre la sua impronta.» E così dicendo, sbattendo la coda a terra, la Kitsune fece esplodere qualcosa accanto a sè. Una densa nuvola di fumo si materializzò dal niente e quando si dissolse lasciò al suo posto un grosso rotolo bianco dalle estremità color dell'oro. «Questo è il Rotolo della nostra Razza.»
    «Sembra un normale rotolo ninja.»
    Disse Shizuka, delusa. Era evidente che si aspettasse chissà quale grande cosa da quel fantomatico momento, e di quello l'argentea non poté che ridere.
    «Tu non hai stipulato nessun contratto di evocazione con alcuna creatura, vero, Principessa del Fuoco?» Chiese poi, socchiudendo gli occhi, ironica.
    «Io non ho bisogno di queste idiozie.» Tagliò corto lei, con noncuranza.
    Socchiudendo maggiormente gli occhi, la Kitsune d'argento snudò i denti.
    E stavolta rideva con compiacimento.

    [...]

    “Il Legame che intercorre tra il Signore e la Creatura è tutto.
    Non c'è niente di più.
    Non c'è niente di meno.
    Insieme sono la forza. Divisi sono la debolezza.”



    La voce parlava alle orecchie di Atasuke Uchiha come un suono lontano e suadente, cantando lui un genere di verità che egli forse non avrebbe capito né compreso, in quel momento, ma che avrebbe accompagnato i suoi passi, guidandoli nella direzione che era giusta in un futuro che non era più così lontano.

    “Il Signore deve servire la giustizia.
    Il Signore deve guidare le Creature.
    Il Signore deve ricordare la melodia.”



    Il vento che cullava tra le sue braccia il giovane Shinobi della Foglia iniziò ad ondeggiare come il flutto di un mare bollente come fuoco, conducendolo lungo una corrente che sembrava destinata a portarlo lontano, molto più lontano di quanto un qualsiasi uomo della sua razza fosse andato da molto, molto tempo...

    “Avendo accettato, il Signore è legato al Patto e al Patto si inchina.
    Alla Scelta egli è condotto.
    Dal Concilio è considerato in prova.
    Il Dono di due germogli acerbi accetta.”



    ...e la corrente diventa visibile, tangibile, un nastro rosso e ardente che presto si divide in due diverse filature che avvolgendo le sue mani e poi tutto il suo corpo lentamente lo cingono in un abbraccio forte e saldo, ma dolce e premuroso...

    “Il Signore è sotto Contratto.

    Da questo momento e fino a che il fato che gli Dei guidano non decreterà la fine della sua vita, egli sarà legato anima e corpo a questo e da questo dipenderà. A questo ubbidirà.

    Il Legame è sancito.”



    ...e mentre le filature si stringevano e la corrente diventava terra solida e ferma sotto i suoi piedi, tutto si spense.
    E fu il silenzio.

    [...]



    «Perché mi dici questo...?»
      «Un tempo, quando il mondo era ancora incerto sul proprio essere, la vostra era una Razza... ma il tempo e il destino hanno preteso diversamente: adesso esiste solo ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, ciò che è bianco e ciò che è nero.
      Tu sei un'anomalia, Principessa del Fuoco, come il Demone Volpe al fianco del quale non puoi fare a meno di camminare.
      Come "egli"
    «Non farò niente di ciò che mi hai detto, credi che io ti ubbidisca, bestia? Non so nemmeno perché ti sto ascoltando.»
      «Tu mi ascolti perché non puoi farne a meno, e mi ubbidirai, puoi starne certa: il Fuoco attira il Fuoco, Principessa. E Fiamme color della notte erano da centinaia di anni che non nascevano più. Tutti gli elementi appartengono alla stessa Ruota e non possono fare a meno di tornare a se stessi, una volta che si sono percepiti.»
    «Io ubbidisco solo a me stessa. Faccio solo ciò che ritengo più giusto.»

    A quelle parole non giunse nessuna risposta, ma solo un ironico e trepidante ghigno...

    Lei era perfetta.
    E il Disegno era iniziato.

    Lui aveva vinto.

    [...]



    Il suo corpo era pesante come un sasso e la sua testa doleva terribilmente.
    La prima sensazione che avrebbe colto Atasuke Uchiha quando, sbattendo debolmente gli occhi, avrebbe ripreso coscienza di sé, sarebbe stato un insopportabile senso di nausea e l'esigenza impellente di rigettare.
    La sensazione sarebbe in effetti stata molto simile a quella di essere stato picchiato e poi gettato per centinaia di metri nel vuoto, annegato e poi arso. Solo a quel punto abbandonato, come un corpo vuoto.
    ...Insomma, probabilmente non c'era altro modo per dire che "non poteva stare peggio di così".
    «Atasuke!» Gemette improvvisamente una voce di fronte a lui. Il tocco delicato di un paio di mani avrebbe sorpreso il volto del Chunin di Konoha, che avrebbe sentito la sua testa pesante, ancora posata sul suo petto, venir sollevata delicatamente verso l'alto. «Come stai? Dimmi, dove ti fa male? Ti curerò io, sono qui per te.»
    Shizuka era lì, inginocchiata a terra. I suoi occhi verdi scandagliavano disperatamente il volto dell'Uchiha alla ricerca di chissà quale ferita invisibile e le sue mani, fredde e intorpidite, sembravano tradire un leggero tremore.
    Era vicina all'uomo più di quanto lo era forse mai stata. Ed era spaventata. Ansiosa.
    Era così evidente da essere imbarazzante: il suo volto era segnato.
    «Atasuke, quando mi hanno detto che potevi morire stavo davvero per cr–ugh...»
    Non fece in tempo a finire la frase che qualcosa, veloce come la luce, la colpì dritta su una guancia e lei, staccando le mani dal ragazzo, roteò a terra dove rimase ferma per qualche istante.

    «I GIURAMENTI NON SI TRADISCONO, SCIOCCA SHIRO-EBI! TU AVEVI GIURATO!»



    Era la cosa più graziosa che Atasuke aveva probabilmente mai visto nella sua breve vita, e non tanto perché era così piccola da sembrare una bambina di cinque anni con indosso per giunta un adorabile kimono scuro tutto fronzoli, quanto forse perché, a causa della rabbia del momento, la sua vaporosa e spumeggiante codina da volpe si era tutta drizzata, facendosi irsuta e fremente come pure le orecchie lanugginose poste sul cucuzzolo della testa e piccate in avanti in modo oltraggiato.
    Era graziosa... per essere una mezza volpe: i lunghi capelli color del miele di lei scendevano in ampie volute attorno al suo corpicino snello, andando ad incorniciare un volto da bimba con grandi occhioni color dell'ambra infervorati in un'espressione di sfida.
    Un'espressione che svanì nell'istante stesso in cui Shizuka, alzandosi da terra, si girò di scatto ad agguantarle la coda.
    «HICK!» Strillò la piccola, alzando le braccine al cielo per poi tapparsi la bocca.
    «Collo di pelliccia.» Si limitò a dire la Principessa del Fuoco con occhi dardeggianti di collera.

    «LASCIA STARE KITSU! LASCIALA SUBITO!!»



    La seconda vocina tuonò come un fulmine nella notte e un'altra figura -quasi speculare alla prima per il colore dei capelli e il piccolo kimono indossato-, scattò dalle spalle di Atasuke avventandosi senza timore sulla Chunin della Foglia, abbarbicandosi alla sua testa e piantando le unghiette nel viso di lei che, balzando in piedi nel tenere ancora la coda dell'altra, iniziò a strillare.
    Un istante dopo le tre stavano rotolando sul pavimento urlacchiando di fronte ad un ancora rintontito Atasuke Uchiha che di quel gran patatrac avrebbe capito solo l'insistente ripetizione di "collo di pelliccia", "shiro-ebi" e "cosce paffute e poppe ciccione" (al quale seguiva puntualmente un ringhio gutturale e un gemito strozzato più infantile).
    Gli ci sarebbe voluto forse molto più di qualche attimo per capire dove si trovava, e soprattutto ciò che stava succedendo: Shizuka e due bambine volpe si stavano menando e mordendo a vicenda rotolando sul pavimento come bimbette dell'asilo, e sembravano così avvezze a farlo che la situazione suggeriva addirittura una lunga esperienza passata...
    ...non c'era nessun altro in quel posto, un sotterraneo, forse, o una cantina. Solo qualche cassa rovesciata a terra, dei barattoli rotti e un grosso rotolo bianco e oro su cui le tre furie continuavano a zampettare strillando.

    Un istante dopo un sasso lo colpì dritto sulla fronte.
    E a quello sarebbe seguito pure uno zoccolo zori.

    [...] La domanda giusta da fare era: perché era rincoglionito in una cantina che non aveva mai visto, in un posto che non sapeva dov'era? E perché la donna che qualche (imprecisato periodo di) tempo prima era mezza morente a terra, non ricordava bene neppure dove, adesso era in parte nuda, abbarbicata a due bambine di cinque anni mezzo-volpe, altrettanto snudate?
    ...Ma perché, precisamente, dovevano capitare tutte a lui?
     
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  3. Asgharel
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    Narrato

    °Pensato°
    «Parlato»
    "Parlato" (altri)
    -Citazioni-


    [Abilità/Potenziamenti/tecniche]


    Hankachi Otoshi 九

    ~Il Patto Divino~


    D'un tratto, senza alcun preavviso o un qualsiasi segnale tangibile, il vento smise di ululare sferzando il suo viso. Tornarono invece a regnare il silenzio e la pace del nulla, e con esse la stessa tetra oscurità che contraddistingueva ormai quel luogo in maniera decisamente tangibile.
    Fu quindi chiaro all'Uchiha che le sue parole avevano smosso qualcosa, lo avevano portato ad un passo successivo di quella specie di prova o sogno mistico in cui era stato catapultato, tuttavia, se quello fosse stato un passo positivo o meno, non era dato sapere.
    Una voce cristallina ruppe però il silenzio, tornando a fare compagnia all'unico abitante tangibile di quel luogo di ombre e ricordi, una voce, che però giungeva dal tutto e dal nulla, dato che nessuno sembrava esserci assieme a lui in quel posto.

    “Dono. Il Dono è ciò che le rende creature vive.”


    Sentendo quelle parole, Atasuke si voltò, cercando con rapidi guizzi dello sguardo una scritta, un simbolo, un qualcosa su cui concentrare l'attenzione, un qualcosa da identificare come la fonte di quel suono che sentiva, ma sfortunatamente per lui non vi era assolutamente nulla. Niente e nessuno a parte lui si trovava all'interno di quella pura oscurità.

    “Esse hanno un solo Dono e possono offrirlo ad una sola persona in tutta la loro vita. Una volta che il Dono è ceduto, non può essere ripreso. Non può essere annullato. Esse, cedendo il loro Dono, ubbidiranno ad un solo Padrone e un solo Signore.”


    Non avendo altro da fare, Atasuke si limitò ad ascoltare con la dovuta attenzione quelle solenni parole, percependo, nella voce dell'interlocutore un sentimento particolare. Percepiva infatti la stessa ansia di poco prima, la stessa trepidante attesa, eppure, quelle parole avevano un suono diverso, maggiormente lieto, per così dire, ma soprattutto, maggiormente trepidante.
    Gli parve infatti sentire in quella voce ed in quel tono l'attesa di chi dopo molto tempo sa che ciò che tanto agognava stava ormai arrivando. Si trattava di una questione, di minuti, forse secondi ed ecco che l'oggetto dell'attesa sarebbe ormai divenuto reale, tangibile. Ed in quegli ultimi, trepidanti istanti, l'attesa si fa maggiore, il tempo di distorce rendendo quell'ultimo tratto eterno, quasi più lungo di tutto il tempo passato fino a quel momento ed il desiderio diviene impossibile da nascondere.

    “Ma il Dono può spezzarsi. E se si spezza, assieme ad esso va perduta la vita di chi lo ha offerto.”


    La voce continuò a parlare, ed a quella constatazione, Atasuke si trattenne dal desiderio di rispondere, comprendendo che davanti a quel particolare, ogni risposta era considerabilmente vana e vuota. Quello era letteralmente uno di quei “rari” momenti in cui i gesti erano mille e mille volte più eloquenti delle vuote parole, quindi decise di rispettare il momento di totale silenzio che ne seguì, chinando il capo in segno di rispetto e comprensione, immaginando in esso la sofferenza provata nel corso dei secoli da coloro che erano caduti proprio a causa della rottura di quel legame, di quel dono.

    “Il Dono può spezzarsi se il Signore tradisce. Se il Signore dimentica. Se il Signore ferisce. Se il Signore uccide. Una volta che il Dono si spezza non può essere ricostituito. Mai. Un frammento si dissolve. Una vita si cancella. La melodia, si rompe.”


    Dure erano le parole che seguirono, quasi a voler essere una sorta di ammonimento, più che una semplice clausola o un “dettaglio” di quel legame che a poco a poco stava iniziando a formarsi.
    Atasuke non poté quindi evitare di rispondere a tale ammonimento, ascoltandolo dapprima con attenzione per farlo suo, in modo da non dimenticare ed infine elaborandolo per renderlo, in un certo senso suo.

    «Comprendo forse solo ora l'importanza della vostra richiesta, delle vostre domande... Non immaginavo che il dono fosse tanto potente e delicato allo stesso tempo... Semmai qualcuno vorrà concedermelo, lo custodirò come un fiore di ciliegio»


    Aggiunse, scegliendo con attenzione il roseo fiore del ciliegio, delicato e bellissimo, eppure forte nella sua natura e nel potere che molti avevano raggiunto tramite esso.

    “Il Legame che intercorre tra il Signore e la Creatura è tutto. Non c'è niente di più. Non c'è niente di meno. Insieme sono la forza. Divisi sono la debolezza.”

    °Come il legame tra un comandante ed i suoi uomini°


    Elaborò in automatico tra se, comprendendo però che dietro a quelle parole c'era qualcosa di ulteriormente raffinato e ricercato. Un sentimento più intimo, un legame molto più stretto che legava non solo le parti da una forma di rispetto reciproco, ma anche nello spirito e nell'anima, tanto da donare la propria vita l'uno all'altro, senza la possibilità delle due parti di recidere quel legame, nemmeno nella morte.

    “Il Signore deve servire la giustizia. Il Signore deve guidare le Creature. Il Signore deve ricordare la melodia.”


    A quella serie di imposizioni, Atasuke tacque semplicemente, rimanendo in religioso silenzio ad ascoltare, cosciente del fatto che da quelle regole, derivava il suo legame con quelle volpi, oltre che la sua anima stessa.
    Nello stesso tempo, il vento ricominciò a soffiare, questa volta con gentilezza e rispetto, cullandolo in una sorta di abbraccio, molto simile ad un mare, la cui corrente, placidamente lo stava spingendo lontano, verso una direzione a lui ignota, ma a cui non si oppose. Percepiva gentilezza in quella corrente, una gentilezza che lo portava a fidarsi, a differenza invece del precedente freddo e violento che cercava di smuoverlo pochi istanti prima.

    “Avendo accettato, il Signore è legato al Patto e al Patto si inchina. Alla Scelta egli è condotto. Dal Concilio è considerato in prova. Il Dono di due germogli acerbi accetta.”

    °Due germogli acerbi?°


    Si chiese, mentre quella corrente mutava nella forma, acquisendo l'aspetto di un nastro color cremisi, il quale si divise in altri due, cingendolo lungo tutti il corpo in una specie di abbraccio, avvolgendolo dapprima dalle braccia, per poi chiudere tutto il suo corpo nella stretta.
    Atasuke, nonostante stesse finendo chiaramente in trappola, non oppose resistenza, lasciò che tutto accadesse, divenendo a sua volta parte di quella forte ma premurosa stretta, accettando il legame che si stava stringendo.

    “Il Signore è sotto Contratto. Da questo momento e fino a che il fato che gli Dei guidano non decreterà la fine della sua vita, egli sarà legato anima e corpo a questo e da questo dipenderà. A questo ubbidirà. Il Legame è sancito. ”


    Atasuke non rispose, ritenendo inutile ogni parola, che in quel momento sarebbe semplicemente risuonata vuota ed insignificante.
    Si lasciò invece cullare, mentre attorno a lui il nulla iniziava a poco a poco a riprendere forma e consistenza, mentre le dimensioni riacquistavano fisicità e spazi ben delineati.
    Anche se lui, di tutto ciò, poté percepire solo l'inizio e la fine di quel processo di risveglio, risvegliandosi nel mondo reale decisamente più intontito ed affaticato di quanto potesse anche solo immaginare.

    […]


    Riaprì gli occhi a fatica, sbattendoli debolmente non poche volte, mentre i suoi occhi affaticati si guardavano intorno, cercando dei punti di riferimento per capire dove si trovasse. Sfortunatamente per lui, tutta quella stanza era qualcosa di nuovo e sconosciuto, tolta la palese e chiara sensazione di trovarsi in una specie di scantinato o comunque in una stanzetta fredda e buia.

    °Dove sono finito? Ma soprattutto che diavolo mi è successo? Mi sento come se mi avesse appena tirato sotto un carro mercantile!°


    Pensò tra se, sentendo il dolore che pulsava nella sua testa ed uno spiacevole sentore che saliva dallo stomaco, quasi a volerlo costringere a rigettare.
    Iniziò quindi a chiedersi a ragione se non fosse effettivamente stato messo sotto da qualche carro mercantile stracarico.

    “Atasuke!”


    Il gemito attirò la sua attenzione, facendo ruotare gli occhi dell'Uchiha verso la voce familiare che riconobbe essere quella di Shizuka.

    “Come stai? Dimmi, dove ti fa male? Ti curerò io, sono qui per te.”


    Le mani di shizuka sollevarono il suo volto, che ancora penzolava sul suo petto, accarezzandolo con delicatezza, istigando uno dei peggiori sorrisi che Atasuke avesse mai sfoderato fino a quel momento.

    «Oh... Ohayou, Shicchan»


    Rispose con voce tremolante guardando Shizuka che con tanta preoccupazione gli stava accanto, quasi come se egli stesse per morire da un momento all'altro.

    "Atasuke, quando mi hanno detto che potevi morire stavo davvero per cr–ugh..."

    «Morire? Di che cosa stai...»


    Un sassolino o comunque un proiettile scagliato in faccia a Shizuka interruppe quel discorso decisamente strano, mentre una vocina, che Atasuke ipotizzò arrivare da una bambina, probabilmente molto piccola, sui cinque anni o poco più.

    "I GIURAMENTI NON SI TRADISCONO, SCIOCCA SHIRO-EBI! TU AVEVI GIURATO!"

    «... parlando?»


    Concluse la domanda subito dopo l'urlo della piccola, che i suoi occhi stanchi non avevano ancora individuato, chiedensosi in un primo momento da dove effettivamente quella vocina provenisse.
    Poi la vide, era una bambina, di cinque anni a prima vista, anche se le piccole orecchie da volpe e la codina vaporosa ne tradivano la natura decisamente non umana. Atasuke la osservò con uno sguardo intontito, che tuttavia, nonostante il malessere diffuso, trasmetteva serenità e dolcezza.
    Osservò l'aria di sfida della piccola che puntava Shizuka quasi a volerla malmenare da un momento all'altro, notanto però l'elevata velocità con cui quello stesso sguardo svanì nel lulla quando Shizuka di contro prese la palla al balzo, afferrando la piccola per la coda.
    Inutile dire che la piccolina non riuscì ad evitare un gemito, sentendosi tirare per la coda. Gemito a cui Shizuka, palesemente in collera, rispose con aggressività.

    "Collo di pelliccia."

    °Collo di pelliccia? Ma che?°


    Si chiese, a ragion veduta, visto che ignorava completamente ciò che era accaduto durante la sua "prigionia" all'interno di quella specie di sogno/prova in cui era stato tirato.

    "LASCIA STARE KITSU! LASCIALA SUBITO!!"


    Un'altra vocina, piombò tuonante, mentre dalle sue spalle, un'altra ragazzina della medesima età della presunta Kitsu, si scagliò su Shizuka. Atasuke rimase basito per alcuni istanti, notando il perfetto opposto che le due rappresentavano, distinguendosi nel taglio dei capelli e negli abiti, letteralmente speculari.

    °Due germogli acerbi...°


    Pensò tra se osservando le due volpine che con decisione si accanivano su Shizuka, mentre questa di contro si azzuffava con loro in una scena che aveva poco da invidiare ad una rissa tra bimbi dell'asilo.
    Era ancora stordito da quanto aveva appena subito, eppure, riconobbe qualcosa in quella scena, come un qualcosa di familiare, quasi come se avesse già visto in passato quelle due volpine o come se le avesse già conosciute tempo addietro, eppure non poteva sapere se si trattasse di una forma di illusione generata dalla sua mente per giustificare quanto stava vedendo o se invece si trattasse di reali ricordi.
    Egli rimase fermo a terra, recuperando a poco a poco una condizione decente, mentre osservava, quasi rapito, le tre che con tanta foga continuavano ad azzuffarsi imperterrite urlandosi dietro.
    Mentre le osservava, si chiedeva che cosa mai le avesse unite in quel modo, quali avvenimenti le avesse "legate", ma alla fine, forse per lo stato in cui si trovava, o forse proprio per i modi a dir poco esilaranti, Atasuke non seppe trattenersi dal sogghignare, mentre più la rissa avanzava, più la sua risata si faceva piena, evitando, seppur di poco, di divenire addirittura sguaiata.
    In tutto quel trambusto, quasi non fece caso ad alcune casse rovesciate ed ai barattoli rotti che costellavano quella specie di stanzetta buia, che a quel punto catalogò a ragione di logica come un sotterraneo, o più probabilmente una vecchia dispensa o una cantina.
    Non sapeva dove si trovava e men che meno sapeva che cosa fosse effettivamente accaduto, tuttavia, un'istinto gli consigliava di agire, cercando di mettere fine a quella rissa quanto prima.
    Appena provò a muoversi, un sasso lo colpì in piena fronte, per sua fortuna al centro del corpifronte squilibrandolo nuovamente e scagliandolo a terra, quasi come se in quella rissa le tre avessero deciso di tenerlo fermo al posto. Ritrovatosi nuovamente con il culo per terra, l'attenzione di Atasuke si focalizzò su un piccolo rotolo bianco dalle finiture dorate che si trovava proprio al di sotto delle tre rissaiole, le quali ad ogni movimenti rischiavano di calpestarlo e di danneggiarlo.

    «Hey, state attente, rischiate di...»


    Non ebbe tempo di finire l'esclamazione che uno zoccolo puntava verso la sua faccia, scagliato probabilmente al pari della pietra di poco prima, ma che Atasuke fu in grado di schivare, lasciandosi cadere all'indietro e lasciando che quell'affare in legno passasse oltre senza recargli inutili danni.

    °Per gli dei, come sono finito in questa situazione!?°


    Non potè evitare di chiedersi osservando lo zoccolo che gli svolazzava davanti al naso, quasi a rallentatore, come se in quella specie di istante meditativo, avesse riacquisito la coscenza necessaria per agire nei limiti delle sue normali capacità. Adorava la capacità "rigenerativa" dell'adrenalina quando iniziava a circolare.
    Si risollevò quindi, tendendo i muscoli per drizzare nuovamente il busto, prima di rimettersi in piedi, questa volta senza intralci davanti alle tre rissose.
    Il suo sguardo si fece duro ed inflessibile mentre puntò i pugni ai lati della vita nella classica posizione che caratterizza un genitore o un maestro che sta per rimbeccare un bimbo disubbidiente.

    «Voi tre! Piantatela SU-BI-TO!»


    Tuonò imperioso, nella speranza che le tre si arrestassero senza continuare la loro sciocca ed inutile lotta. Nonostante la condizione in cui versava, la sua anima rimaneva retta e perfetta ed era lei a sorreggerlo in quel momento, come anche le sue parole venivano sorrette dal suo spirito, pittosto che dal suo corpo indebilito.

    «Shizuka, mi meraviglio di te! Un'attimo prima sei tutta li preoccupata della mia salute e dopo ti azzuffi con due bambine? Abbi rispetto per te stessa e lasciale andare, per gli dei!»


    Lo sguardo era freddo, glaciale e non lasciava adito a dubbi, l'Uchiha era decisamente furente. [Abilità]

    «Voi due, invece! Vi pare questo il modo di comportarvi!? Io ho visto l'inferno fino a pochi istanti fa, ed eccovi qui che aggredite la mia amica senza nemmeno degnarvi di fare le dovute presentazioni al mio risveglio!? Mi avete deluso»


    Squadrò con freddezza le due volpine, quasi come se il suo sguardo stesse, non solo cercando di trapassarle da parte a parte, ma di soggiogarne addirittura la volontà con la sola intensità dello sguardo. [Abilità]
    Le due piccole volpine, liberate dalla stretta dell'erede dell'airone, chinarono il capo, forse spaventate, forse coscenti dello sbaglio che avevano compiuto.
    Il suo sorriso era mutato in una sorta di smorfia di disgusto, mentre con le mani fece cenno alle due volpine di avvicinarsi a lui portandogli il rotolo dorato che si trovava ai loro piedi, mentre con rigore militare continuava ad osservare ogni loro minimo movimento, finchè non fossero giunte a portata. Le due piccole obbedirono all'ordine, quesi trascinando i piedi, mentre la coda e le orecchie erano abbassate in chiaro segno di sottomissione. Non scodinzolavano più felici, quasi come se con quel gesto l'Uchiha fosse riuscito a minare la loro sicurezza, mettendo in dubbio la loro scelta, proprio quando era riuscito a passare il test degli adulti, dimostrandosi degno.
    A quel punto, si chinò sulle due piccole volpi, mantenendo sempre lo stesso sguardo truce, continuando a recitare la sua parte da duro, nella speranza di spaventare quanto bastava le due piccole volpine in modo che non potessero in alcun modo sospettare ciò che le attendeva veramente al posto della prevista punizione.
    L'Uchiha scese lentamente, quasi con incedere minaccioso, le gambe flettevano accompagnando quel lento movimento, mentre le mani ferree continuavano a mantenere la loro posizione rigida sui fianchi. Il busto si inchinò leggermente in avanti, mentre il capo di atasuke si infilava sinuoso tra le due bimbe, celando alla fine il volto, portandolo al di fuori del loro campo visivo, ma restando bene in vista per Shizuka, che era rimasta indietro, a cui strizzò l'occhiolino, per farle intendere che stava facendo uno scherzaccio alle due piccole monelle. Solo a quel punto, rilassò i muscoli del viso, lasciando cadere quella maschera di brutale rigidità e riacquisendo il suo consueto sorriso gentile. Ormai la finta non aveva più motivo di esistere.

    «Grazie della fiducia, piccole mie»


    Disse, con infinita gentilezza, mentre le sue forti braccia scattarono rapide, congendo con vigore e delicatezza le due piccoline, afferrandone le piccole testoline con le mani calde, portandole strette a se con fare protettivo e quasi paterno. Dentro di se, sapeva che quelle in fondo altro non erano che delle "semplici creature d'evocazione" eppure, per tutto quello che aveva visto, per tutto quello che aveva sentito, per tutto quello che aveva saputo, non poteva considerarle diversamente da qualunque altra persona, anzi, non poteva che considerarle membri della sua famiglia, come fossero state due sorelline o due figlie.
    Non riusciva, almeno in quell'istante a trattarle con la solita freddezza che aveva visto in molti evocatori con le loro creature, non dissimile, nei migliori dei casi ad un rapporto quasi lavorativo, come quello che intercorre tra un dipendente ed il suo titolare, interessato al solo profitto e non alle persone alle sue dipendenze.
    Com'era prevedibile le due piccine rimasero interdette per un'istante, chiedendosi che cosa stesse succedendo, ma alla fine, decisero di lasciarsi andare, afferrando con le loro piccole manine Atasuke e stringendolo forte forte.

    "Ata-niichan!"


    Urlavano le due, felici mentre le code vaporose ondeggiavano quasi sincronamente dalla felicità.
    Chiunque avesse osservato quella scena dall'esterno si sarebbe probabilmente chiesto il perchè di tanta familiarità in quell'abbraccio, chiedendosi se in effetti non si trattasse di una qualche strana famiglia, ma in fondo, oltre a loro e Shizuka, in quel luogo non vi era nessuno che potesse vedere alcunché.
    In appena un'istante gli sembrò di dimenticare tutto, il dolore, la sofferenza, il malessere. Ogni problema di quella giornata svaniva nel nulla, mentre una calda lacrima di commozione si versava sul suo viso, rigandone la guancia. Sentì il calore di quell'abbraccio che scorreva nel suo corpo, scaldandone le ossa ed il cuore, cancellando ciò che restava dei dolori superficiali, quasi come a ridargli nuova energia.
    Continuava a non sapere che cosa fosse accaduto in quel luogo mentre lui era altrove con la mente, ma in fondo non gli interessò più. In fondo a che pro scoprire quel breve passato a fronte di un tale radioso presente?
    Quando lasciò andare le due piccole kitsune, Atasuke indietreggiò leggermente, in modo da ritrovarsi con il volto alla stessa altezza delle due bambine, in modo che entrambe potessero agevolmente guardarlo in faccia.

    «So che mi conoscete bene, ma credo che sia arrivato il momento di fare le dovute presentazioni... Atasuke Uchiha, chuunin di Konoha...»


    Disse sorridente, poggiando un ginocchio a terra ed inclinando in avanti il busto in un breve inchino di saluto.

    «Immagino che voi due siate i due piccoli germogli che hanno deciso di donarsi... Ebbene... questi due splendidi fiori hanno anche un nome? O devo chiamarvi piccole combinaguai?»


    Chiese con tenerezza abbozzando una lieve risata sulla sua ultima domanda, sottolineando il tono ironico che aveva in quell'assurdo nomignolo che aveva assegnato loro.
    Nonostante la sottolineatura, però Kitsu non sembrò molto convinta dello scherzo di Atasuke e rispose con la faccia imbronciata, anche se era arduo capire se si trattasse di una forma di contro scherzo o se si fosse realmente offesa.

    "Non siamo piccole!"

    "E nemmeno delle combinaguai!"

    "Giusto Hari! Siamo Kitsune! Kitsune di Eborocazione!"

    "Vero Kitsu! Eborocazione"


    «Oh, vedo, vedo... Hari e Kitsu... Siete proprio due grandi kitsune da eVocazione, errore mio che mi sono fatto fregare dai vostri bei faccini e dai vostri nasini carini...»


    Scherzò lui, prendendole entrambe delicatamente per il naso, letteralmente, per poi strapparglielo via, o almeno era ciò che fece credere loro con quel giochino tanto vecchio quanto sciocco.

    "Hahaha! Ti ha preso il naso Hari!"

    "Non ridere! Anche perchè ha preso anche il tuo Kitsu!"

    "Waaaaaahhhh Ridacci i nostri nasiii!!!"

    «No, ferm, no, non avete capi...»


    Urlarono le due prendendosi in giro a vicenda, prima di rendersi conto del torto subito, saltando addosso anche all'Uchiha che si stava giusto riprendendo dalla batosta dell'illusione e che non aveva avuto il minimo tempo di finire nemmeno la frase.
    Gli ci vollero svariati secondi, forse minuti per calmare le due piccole pesti, ovviamente “rendendo loro” i rispettivi nasini prima di tornarsene tutti a casa...


    OT- In accordo con la QM per evitare un'ulteriore giro di post ho preso il controllo di Hari e Kitsu in questo post conclusivo-/OT
    Chakra Rimanente: 53/60
    Vitalità Rimanente: 16/16
    Energia Vitale: 30/30




    Movimento: 18m
    Salti: 6 m
    Status Fisico:
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    Percezione: 6+6
    Furtività: 0+3

    Forza: 500
    Velocità: 500
    Resistenza: 500
    Riflessi: 575
    Agilità: 500
    Concentrazione: 500
    Precisione: 500
    Intuito: 500
     
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17 replies since 22/3/2015, 21:07   1213 views
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