Isamashii koi no densetsu

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  1. Arashi Hime
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    Trattative

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    Se c'era una cosa che Kazutoshi Murasaki era in grado di ottenere dal prossimo era la totale e completa reazione che desiderava.
    Quella, una concessione divina più che umana, era tipica di chi nasceva come nobile civile e non come Shinobi, di chi cioè, con il semplice intelletto, doveva essere capace di dominare un mondo o un impero. Era una capacità, dunque, che egli aveva maturato come Daimyo e non come combattente, ed era qualcosa che, indispensabile e spesso predominante nella risoluzione di disquisizioni che potevano portare alla rottura di una pace duratura, pretendeva di trovare anche nelle persone di cui si circondava e a cui dava la sua fiducia...
    ...ma Raizen Ikigami, al pari di qualche altro germoglio che aveva il piacere di seguire da vicino, era ancora giovane, molto più di lui, e poteva pertanto perdonargli quel tipo di mancanza che però –pensò acuendo lo sguardo mentre posava il mento sul pugno della mano destra, a sua volta puntata su un ginocchio– sarebbe riuscito certamente a colmare con il tempo.
    Chiudendo gli occhi, il Re del Fuoco sogghignò tra sé e sé, profondamente divertito: Konoha offriva lui un sempre più ricco tempio di splendide fiamme ardenti, a quanto pareva...

    «Perché non avere il mio appoggio, allora?»



    La sua voce schioccò nel silenzio che si era venuto a creare dopo che il Jonin della Foglia aveva finito di parlare, e il tono fortemente interessato si presentava come una novità in quelli scelti fino a quel momento.
    «Tu non mi dispiaci, Raizen Ikigami.» Disse il Daimyo, riaprendo gli occhi per poi condurli in quelli cremisi dell'interlocutore. «Non ho niente contro di te e ho già detto che apprezzo la tua sincerità per quanto riguarda la protezione di Konohagakure... ma la storia del tutelare e nascondere i propri appoggi è una sciocchezza che solo la tua inesperienza nella politica internazionale può scusare. Non è questione di vanto o di riservatezza Shinobi, è questione di sopravvivenza.» Reclinando leggermente la testa all'indietro il maestoso padrone di Kayoutei sorrise, ironico. «Chi risulta scoperto viene attaccato, e chi viene attaccato è in pericolo. Un Hokage è un uomo come chiunque altro. Può morire come chiunque altro. Potrebbe arrivare il momento in cui tu sia spinto a decidere tra la tua vita e la protezione del tuo villaggio... e pensi che scegliendo il tuo villaggio.» Mosse una mano di fronte a sé, seccamente. «Perché è esattamente quello che mi diresti di essere pronto a fare, come molti altri prima di te, del resto.» Sentenziò, caustico. «Pensi che questo salverebbe il tuo villaggio, dunque?» Era divertito nel ventilare quella possibilità. «Quando l'Hokage muore, il Villaggio crolla con lui. Esattamente come sta succedendo ora e come in passato, prima che noi nascessimo, fu. E' per questo che esiste l'alleanza accademica tra i quattro grandi Villaggi... perché chi vede la potenza è restio a cercare di minarla.» E a quel punto, sporgendosi leggermente in avanti, il Re Dragone affilò lo sguardo e sorrise persuasivo. «Perché non accettare il mio appoggio, allora?» Chiese, accattivante. «Supporterò apertamente Konoha, mi porrò in nome del Fuoco come mai prima di ora, permetterò a voi Shinobi di toccare la politica del Paese in modo più ricco di quanto già non sia, e in questo modo l'influenza della Foglia si estenderà oltre tutto ciò che la storia ricordi.» E così dicendo batté il nerboruto dito indice della mano sinistra sul pavimento di fronte a sé, che risuonò a vuoto come la pelle di un tamburo. «Avere l'appoggio di grandi potenze economiche, politiche e sociali è ciò che dovresti avere per essere sicuro di non venir mai esautorato. Ho molti nomi da farti per diventare indistruttibile agli occhi del mondo, ma ovviamente...» Mormorò, facendosi serio. «...tutto ha un prezzo.»
    Ancora seduto a gambe incrociate sul nudo pavimento di bamboo bianco, Kazutoshi Murasaki si riportò solo a quel punto in eretta postura. Il suo sguardo, acuto come quello di una bestia, scrutava il suo opponente con una raffinatezza che lasciava poco spazio alla libertà mentale. Nessuno sarebbe riuscito, neanche per un istante, a portare la propria attenzione lontano da quella stanza e soprattutto da quella persona.
    Incatenato al posto come un prigioniero in un carcere raffinato e sottile, Raizen si sarebbe ben presto reso conto che il beneficio del passato che in altri momenti era stato la sua salvezza, quello cioè di poter ripulire la sua mente e riacquistare la calma inspirando la totalità delle cose, stava cominciando a svanire lentamente come se qualcuno togliesse lui l'ossigeno... rendendo la sua capacità di spaziare con la mente, di vedere oltre ciò che di immediato c'era, sempre più labile.
    Non c'era scampo né fuga da quel luogo. Era bloccato lì, e lo sarebbe stato finché non sarebbe giunto un verdetto finale.

    «In passato Kage di diversi Paesi hanno accettato il potere prestato loro da grandi dinastie e imperi lontani dal mondo Shinobi.» Riprese a dire il Re Dragone, prendendo dalla ciotola di fronte a sé una striscia di cacciagione essiccata, che addentò subito con gusto. «Vieni al mio cospetto e mi parli di come sei riuscito a trattare con la mafia, di come sei stato capace di rendere la corruzione dilagante un'arma al servizio del tuo Paese e del tuo Villaggio... e io dico che c'è qualcosa di incredibile, in tutto questo. Chi altri, se non chi è capace di guardare ovunque pur di arrivare al proprio scopo, avrebbe mai pensato a qualcosa del genere?» Domandò, e adesso parve farsi davvero interessato. «Lasciati affiancare da me. Ti offrirò il potere del Fuoco, in cambio del monopolio economico del tuo Villaggio.» Sorrise, educato. «La più grande fetta dell'economia del Fuoco appartiene ad un Clan su cui non ho ancora potere, proprio come la politica è in mano alla mia dinastia da troppe centinaia di anni per poterle contare, e come la gestione delle armi risiede in uno stemma ancora diverso. Purtroppo non sono interessato a simboli istigatori di violenza, non ancora perlomeno, e preferirei dunque prendere la porzione più grande del piatto, quella diciamo che non risente di nessuna crisi, tantomeno di quella che prende il nome di "pace"...» Asserì, annuendo con semplicità, come se il discorso che stesse tenendo fosse di immediata comprensione e non frutto di lunghe educazioni politico-economiche «Il Clan di cui parlo ha una totale devozione per Konoha e per il Paese del Fuoco e non ha mai ceduto a nessun compromesso non voluto, mantenendo la sua influenza solida e potente, ma soprattutto sbalorditivamente autonoma e indipendente.» Spezzò con i denti la striscia di carne e buttò giù un pezzo intero, annuendo. «Non c'è niente di biasimevole in ciò, anzi, ma se potessi influenzare quella potenza con la mia politica potremmo rendere il Paese del Fuoco il più potente tra i Paesi esistenti.» E così dicendo tornò a sorridere, snudando i denti. I suoi occhi blu come il mare brillavano di quel tipo di interesse che nasce da una trattativa auspicata da molto tempo, donando lui nuovamente l'aspetto di una fiera affamata ma paziente, in grado di aspettare per ore, giorni e mesi, forse anni, pur di ottenere la sua preda. Pur di raggiungere il suo scopo. «Non fraintendermi Raizen Ikigami, non c'è niente di sbagliato in ciò che ti sto offrendo. La giustizia per me è tutto e la perseguirei a costo della mia vita. Non ti sto offrendo nessuna trattativa illecita, ma soprattutto niente che possa essere in grado di minare Konoha o il Paese del Fuoco. Faccio tutto ciò che è in mio potere per il benessere comune, poiché come ben sai confido nella pace, e alla pace guardo sempre con rispetto.» Decantò, alzando una gamba e sbattendo il piede sul pavimento per cambiare posizione, assumendone una più marziale, benché apparentemente più comoda, almeno per lui. «Ma sono un Daimyo, e ogni Daimyo desidera potenza e incrollabilità per il suo Paese, esattamente come un Hokage vuole le medesime cose per il suo Villaggio.» Sorrise, passandosi una mano sulla barba imperlata di cristalli di sale aromatizzati. «Tutto ciò che l'Hokage fa, lo fa per Konoha: ogni missione vinta, ogni campagna intrapresa, ogni guerra scelta... è tutto per il glorioso Villaggio della Foglia. Non c'è niente che non si possa fare, per il Villaggio. Se un Hokage dovesse scegliere tra il suo popolo e quello di un altro paese, sceglierebbe il proprio e non ci sarebbe niente di sbagliato, in questo. Al pari di ciò, io vivo per la prosperità del mio Paese e un'alleanza tra il Daimyo e l'Hokage, dunque, è una possibilità che mi interessa e del resto non nuova alla storia conosciuta.» Rise gutturalmente nel suo modo fragoroso e poco quieto, chiaramente compiaciuto di quanto appena detto, benché cosa ci fosse di così divertente in un argomento tanto delicato non era ben chiaro. «Dammi la possibilità di gestire l'economia della Foglia, lascia nelle mie mani il denaro che conta e io lo farò fruttare grazie alle mie alleanze politiche, così da dare fondi ai Kurogane per armi che noi militari useremo per proteggerci, a voi per allenare ninja senza pari, e al popolo per aumentare il proprio benessere. Dipenderete da me, certo, ma perdere parte della propria autonomia è niente in confronto al beneficio ottenuto.» Sorrise, ancora divertito, ma solo a quel punto tacque.
    Senza distogliere lo sguardo dal suo interlocutore, Kazutoshi Murasaki passò sulla barba un pollice diviso a metà da una cicatrice bianca e storta, che raccolse gli ultimi granelli di sale ivi rimasti.
    Mutevole come si diceva fossero le scaglie di un drago poste alla grande luce e persuasivo come il profumo intenso della magnolia, il Signore di Palazzo Kayoutei sorrise, imprevedibile e intrigante. Stava aspettando e, ancora una volta, Raizen avrebbe capito che sarebbe stato pronto ad aspettare ancora e ancora... perché non esisteva pianificatore più intelligente di colui che attendeva il momento propizio.
    «Sei un Jonin di talento, Raizen Ikigami. Un guerriero portentoso. Le tue gesta non sono mi sono sconosciute.» Disse il Daimyo, leccandosi le labbra bruciate dal vento e dal sole. «Ma essere Hokage non è questione di muscoli, non è un ruolo che si mantiene su quanto anticonformiste siano le scelte intraprese. Il mondo che vuoi governare non è solo marziale.» Sembrava quasi rammaricato di quel commento, come un abile combattente lo poteva essere discutendo intimamente con qualcuno che era sicuro poterlo capire. «E' politica. E' denaro. Tu quanto sei abile in tutto questo?» E così dicendo sorrise. Gli occhi brillarono, intrigati.

    Erano constatazioni nate dall'ovvietà, quelle. Realtà inopponibili.
    C'erano solo due cose che era però necessario capire, arrivati a quel punto: Kazutoshi Murasaki, il Re Dragone del Fuoco, aspettava per compiere scaccomatto?
    ...Ma soprattutto, qual era il sole che faceva brillare le mutevoli e pericolose scaglie della sua personalità...?


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    Edited by Arashi Hime - 29/4/2015, 20:15
     
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