Isamashii koi no densetsu

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  1. Arashi Hime
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    Y Danone
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    CONVOCATION

    Actions are the seed of fate deeds grow into destiny.




    Correva.
    Correva per la sua vita.
    Veloce come il vento ma, soprattutto, come la speranza.

    «VIENI SUBITO QUI FIGLIA DEGENERE!»



    Svoltò un angolo tanto rapidamente da essere costretta a posare una mano sul lucido pavimento di legno per evitare di scivolare. Il suo volto, contratto in un'espressione di puro panico, brillava alla luce del sole pomeridiano a causa di due grossi lacrimoni che vestivano i suoi splendidi occhioni verde smeraldo.

    «COSA HAI OSATO FARE STAVOLTA, SHIZUKA?! EH?!»



    Ruggì la voce di un demone.
    Un coltellaccio da cucina si conficcò in un albero dal tronco nodoso che svettava nei meravigliosi giardini di un'enorme magione dall'architettura tradizionale...
    ...la stessa in cui la ragazzina -capelli castani al vento e un kimono rosa pesca tutto storto addosso- stava correndo disperatamente, svoltando un angolo dopo l'altro, saltando da finestre aperte, calciando via gli ostacoli che si trovava di fronte (tra cui suo padre, che planò nel giardino di rose tenendo ancora in mano il giornale del giorno), e tutto nel vano tentativo di rallentare l'oscura presenza che incalzava dietro di lei.

    «Non ho fatto nulla, lo giuro! LO GIURO!»
    «COME SE TI CREDESSI, STOLTA RAGAZZINA! TI UCCIDERO' STAVOLTA! SEI LA VERGOGNA DEL PRESTIGIOSO CLAN KOBAYASHI!»



    Latrò la voce... di una donna tra le più belle mai vedute, la quale, svoltando l'ultimo degli angoli scelti dalla fuggitiva –a quel punto orrendamente in trappola tra la fine della pedana rialzata su cui si trovava, gli sconfinati giardini della villa che si estendevano oltre questa e i muri di cinta che li chiudevano.
    I setosi e lunghissimi capelli corvini ricadevano su un kimono scarlatto a sei strati, incorniciando un volto ovale dalla carnagione di luna distorto però in un sorriso grottesco che faceva brillare gli occhi scuri come gemme. Il che era, in effetti, la cosa più angosciante.
    «C-c-calma Okaa-sama....» Gemette con voce strozzata la ragazza, tentando di deglutire. «P-parliamone democraticamente...»
    «Il tempo delle parole è finito.»
    Rispose Heiko Uchiha, accennando ad uno splendido sorriso di fronte al quale la giovane, che per puro caso e disgrazia era anche sua figlia, iniziò a sudare copiosamente. «Sei la Principessa del più potente Clan civile del Paese del Fuoco... sono anni che stiamo pianificando il tuo matrimonio con Akihiko Murasaki... e tu invece cosa fai? Lo picchi!» Sibilò la matrona della villa, adesso visibilmente allibita. «Picchi il figlio del Daimyo!» Ripeté, evidentemente non facendosene una ragione. «E la lettera è la conseguenze delle tue azioni, piccola–...»
    «Non è proprio andata in quel modo, cioè...» Tentò di giustificarsi la chiamata in causa, alzando il dito indice della mano sinistra.
    «Fai silenzio, ottusa ragazzina, e non osare interrompermi!» Ringhiò la Signora del Palazzo con occhi dardeggianti di collera. «Maledizione, Shizuka! Hai vent'anni! Smettila una buona volta di fare la tsundere!»
    «La cos–...»
    Strillò strozzata l'altra, spalancando la bocca. Sentire la parola “tsundere” sulle labbra di sua madre era in effetti l'ultima cosa che si sarebbe aspettata quel giorno.
    «Già, tua madre ha ragione... smettila Shizu-chin! Mi hai rovinato il giornale! Guarda qua!» Piagnucolò improvvisamente una terza voce prima che Toshiro Kobayashi facesse capolino alle spalle delle due donne, zampettando sulla punta dei piedi e sventolando disordinatamente un giornale strappato a metà sopra la testa come sempre scompigliata. Benché fosse vestito di broccati e sete pregiate, l'espressione da cucciolo bastonato non gli conferiva proprio la maestosità che si presupponeva dovesse avere il Capoclan della più ricca dinastia di mercanti del Fuoco.
    Dietro di lui vi erano altre tre persone: una ragazza vestita di un austero kimono scuro, di circa vent'anni e con corti capelli a caschetto rossi; e due uomini. Il primo, con un curato pizzetto moro e uno spartano Hakama bicolore, si affrettò ad uscire dal quadro della scena pur non discostandosi però più di qualche passo dal Capoclan, accanto al quale si fermò a testa bassa; mentre il secondo, con indosso la classica divisa lineare da shinobi e un haori purpureo recante il simbolo del Clan Uchiha, teneva in mano una lettera filigranata d'argento. Benché la differenza d'età fosse sicuramente di circa dieci anni a sfavore del nuovo arrivato, quell'uomo aveva gli stessi lineamenti affilati e lo stesso colore degli occhi della matrona di Magione Kobayashi.
    «Heiko, non ritengo che Shizuka abbia fatto nulla. La lettera, del resto, non sembra dare allusioni a niente del genere.» Disse l'uomo, guardando la donna con fare dubbioso. «Non penso che il Daimyo possa convocare Shizuka come Shinobi per qualcosa che ha sbagliato come Erede dei Kobayashi. Sicuramente c'è un malinteso.»
    «Esatto! Sicuramente!»
    Gli fece eco Shizuka prima che un ventaglio chiuso la colpisse dritta in faccia con una tale velocità da non permetterle neanche di schivare. Portandosi le mani al viso la giovane kunoichi si accucciò a terra, tirando su con il naso mentre la rossa coetanea le si avvicinava, iniziando ad accarezzarle la schiena con comprensione.
    «Senti qui...» Riprese a dire l'Uchiha, sospirando con rassegnazione. E schiarendosi la voce, iniziò a leggere:

    « "Kazutoshi Murasaki,
    ultimo esponente della dinastia del Dragone e della Magnolia, e Daimyo del fiorente Paese del Fuoco, richiede udienza, in data odierna e con la massima urgenza, alla shinobi Shizuka Kobayashi, Chunin di Konohagakure no Sato.

    In fede del rapporto di collaborazione e rispetto intercorrente tra il grande Clan del Fuoco e il Villaggio della Foglia, si richiede la priorità per tale convocazione."
    »



    Silenzio.

    «...niente squisitezze formali, niente allusioni a té e biscotti, il nome di Akihiko non compare neanche una volta.» Sussurrò Heiko, facendosi pallida. Un secondo dopo si era già voltata verso la figlia, inchiodandola sul posto con una tale potenza da indurla a gemere come un agnellino.
    «Shizuka vive la difficile vita di due identità differenti, Heiko. E' la Principessa dell'Airone, ma anche una fiera ninja di Konoha.» Rispose Toshiro Kobayashi, guardando la moglie allegramente prima di avvicinarsi per prenderle le mani e indurla a danzare sul posto, probabilmente per smorzare la tensione. Per tutta risposta un pugno lo colpì alla bocca dello stomaco, facendolo stramazzare a terra.
    Visto che non si mosse più, probabilmente era morto.
    «Sorella, la lettera è arrivata venti minuti fa. Qualsiasi siano le motivazioni del Daimyo per tale convocazione, se non lasciamo partire Shizuka, non le sapremo mai.» Disse l'Uchiha, guardando fissamente il cognato a terra. Sembrava vagamente divertito dalla scena, più che contrito. «In quanto tempo puoi arrivare lì, Shizuka?» Chiese poi, trattenendo delle risatine.
    «Con un po' di impegno e nessuna sosta circa tre ore, mh...» Mormorò la chiamata in causa, ignorando il cadavere del padre a terra. «Arriverò lì per l'ora della scimmia, Isamu Ojii-sama.»
    «Eccellente.»
    Rispose lui, sorridendo mentre si avvicinava alla sorella, che bloccò per il bavero del kimono. «E ricordati il coprifronte!»

    ...Ma ovviamente il coprifronte non se lo era messo, come sempre del resto. Aveva smesso di portarlo con sé dal giorno del tradimento del fratello, e benché molti criticassero quella scelta come un insulto al Villaggio, si diceva che Shizuka Kobayashi avesse preferito tatuarsi il simbolo della Foglia direttamente sul corpo –giacché un coprifronte si poteva buttare, ma la pelle non si poteva strappare–, benché nessuno avesse mai scoperto che genere di tatuaggio quello fosse e soprattutto dove fosse collocato...

    «Kobayashi Ohime-sama...!»



    Un vassoio pieno di vettovaglie cadde rovinosamente a terra e una voce femminile strillò, profondamente turbata, quando una cameriera, svoltando un angolo del Castello presso cui serviva, si ritrovò di fronte Susumu affiancato da una donna...
    ...questa era vestita interamente di nero. Un paio di aderenti pantaloni di pelle infilati in due alti stivalacci di cuoio alti fino alle ginocchia sottostavano ad un bustino scuro, stringato sulla schiena, che cingeva un seno prorompente e che metteva in risalto una serie sinuosa di curve morbide e mature, scevre da quel tipo di magrezza estrema tipica di un certo genere di kunoichi. Lunghi capelli castani ricadevano scompigliati sulle spalle nude, incorniciando un volto ovale dai profondi occhi smeraldo e carnose labbra rosse, scendendo poi sulla spalla sinistra... forse un debole tentativo di coprire un orribile cicatrice grossa tre dita che, pallida, sfregiava quella carnagione chiara, scivolando tra i due seni per poi cadere ancora più in basso.
    La donna non indossava nessun simbolo, né stemma, niente che la riconoscesse come Shinobi, tantomeno come Shinobi di Konoha. Era un'ombra. Buia e silenziosa. Niente di più.
    «Fatti da parte Kurumi.» Si limitò a dire Susumu, guardando con piattezza il vassoio a terra prima di accerchiare la domestica sconcertata e proseguire.
    Quella scena si ripeté diverse volte nel tragitto che servì a Shizuka Kobayashi per essere guidata fino alla Prima Sala di Palazzo Kayoutei, e benché lei lanciasse sempre uno sguardo gentile alla persona che indietreggiava di fronte alla sua immagine, sperando così di rimediare in qualche modo, si rese conto che c'era poco che potesse davvero fare in merito.
    Come Principessa ed unica Erede del più influente Clan non Shinobi del Paese, aveva frequentato Palazzo Kayoutei e la dinastia Murasaki da quando le tradizioni della sua famiglia le avevano permesso di abbandonare Konoha e seguire il padre nei lunghi viaggi commerciali che le avrebbero insegnato l'arte di divenire l'undicesima Capoclan dell'Airone. Aveva frequentato i figli di Kazutoshi Murasaki, e in particolare il Principe Akihiko, da quando ancora indossava gli hakama da bambina, e chi serviva il castello da abbastanza anni l'aveva dunque sempre e solo conosciuta in quella veste... trovarsi di fronte una donna alla soglia dei ventun'anni, vestita al limite della decenza e sfregiata come la preda che sapeva ormai di essere, immaginò non fosse una cosa facile da accettare.

    «Shizuka Kobayashi è arrivata, mio padrone e unico Signore.»



    Disse Susumu quando i due arrivarono di fronte ad un'imponente porta a due battenti. Essere introdotta in quel modo, senza titoli onorifici, indusse nella Principessa della Foglia un'improvvisa e lancinante paura.
    Non sarebbe dovuta venire, ora lo sapeva.

    «Falla entrare, Susumu.»



    E a quel punto le due ante di riso scorrevoli si aprirono di scatto.

    […] Aveva già visto la Prima Sala.
    Quando era piccola Shigeru la faceva sempre nascondere dentro la stanza comunicante che si trovava sulla destra rispetto al corridoio principale –rammentò, volgendo la sua attenzione in quella direzione quasi per istinto. Come sempre da che aveva memoria, anche quella volta la Sala era vuota– perché la principessa Akemi non la trovasse quando giocavano a nascondino, di modo che lei, che era la più veloce a correre, potesse far vincere il loro gruppo toccando la base del gioco.
    Akihiko, al tempo e fino a quattordici anni, quando cominciò ad evitarla con imbarazzo per motivi che non aveva mai compreso, si nascondeva sempre dietro i due semi-battenti intarsiati d'oro che anticipavano l'anticamera riservata al Daimyo –continuò a ricordare, riportando allora lo sguardo di fronte a sé, verso la pedana rialzata in fondo alla lunga sala nella quale stava camminando a passo deciso ma elegante, e in cui due mastodontiche figure sedevano in silenzio–, perché da quella posizione la poteva guardare e tranquillizzare.
    Deglutì, sentendo un groppo alla gola dettato dal quel tipo di ansia che nasce dal dubbio, e improvvisamente desiderò che qualcuno le dicesse cosa diavolo ci faceva lì.

    «Shizuka Kobayashi al vostro servizio, Murasaki-sama.»
    Disse la Principessa della Foglia quando infine si portò in corrispondenza dei battenti. Lì si fermò, come etichetta voleva, e posando un ginocchio a terra batté il pugno chiuso della mano destra di fronte a sé, abbassando poi lo sguardo sul pavimento. Detto questo, però, non aggiunse altro. Né la frase tipica che ogni Capoclan ed Erede Kobayashi è tenuto a dire in presenza di alte cariche, a maggior ragione con quelle con cui sono intrattenuti rapporti commerciali, né la preghiera tipica della Foglia. Rimase semplicemente zitta, neutra e pulita. Non sapeva ancora perché era lì, e non aveva nessuna voglia di scoprirlo commettendo un errore...
    ...qualcosa però che seppe non si sarebbe esulata dal fare quando venne annunciata una seconda persona: Atasuke Uchiha.
    «Atas–...» Ripeté, strozzata, letteralmente trasalendo sul posto, ma imponendo con uno sforzo immane alla sua testa di non alzarsi.
    Atasuke? A Palazzo Kayoutei? Perché?
    […] N-no fermi... a Palazzo Kayoutei... in un raggio d'azione inferiore ai dieci miliardi di chilometri da Akihiko Murasaki.
    Facendosi pallida come un cadavere, Shizuka Kobayashi sorrise allegramente: non sapeva che Dei aveva offeso, da piccola, ma dovevano essere quelli più incazzati di tutta la volta dei Cieli, ormai era evidente.

    "Difficilmente riconoscerete il suo aspetto, ma Colui che siede al mio fianco è il ninja migliore che la Foglia possa vantare, ed è probabilmente il motivo per cui, di fatto, le sue reali sembianze vi dicono ben poco.
    Ebbene, egli è giunto al mio cospetto per una valutazione: quella per diventare il Decimo Hokage di Konohagakure no Sato."



    Quelle parole risuonarono come un colpo nella notte: irreali e brusche.
    Immobile con ancora lo sguardo rivolto a terra, la Principessa di Konoha aggrottò la fronte, facendosi rigida.
    ...Hokage?

    "Siete con orgoglio i primi a venire a conoscenza del fatto che tale vaglio è stato superato con successo.
    Ha ottenuto la mia approvazione come Hokage, e da oggi sarà conosciuto con questo titolo.
    Ma non è per questo che siete stati convocati. Certo il piacere di essere i primi per una notizia del genere non vi rende degni di sedere al cospetto del Daimyo del Paese del Fuoco."



    ...Perché?

    "Egli ha fatto il vostro nome, quali ninja degni di rispetto e stima, devoti al vostro villaggio come un figlio lo è con la propria madre. Ha fatto il vostro nome perché questo si accompagni al suo, come suo supporto e sostegno nel lungo percorso che da ora in poi lo aspetta... ma ovviamente, ai miei occhi, non siete nient'altro che due pulcini implumi. Benché il vostro nome vi preceda con onore, non vedo in voi due shinobi di tale ampio rispetto, ma due bambini."



    Ferma al suo posto, la ragazza tacque.
    La sua mente, ferma in quell'istante che precede l'elaborazione logica della pioggia di sentimenti irrazionali che si abbattono su una persona colta alla sprovvista, e come tale smarrita, si fece bianca.

    ...Aveva fatto il suo nome? Quell'uomo?

    Hokage...?

    Quando.
    Quando erano state avviate le procedure per l'elezione di un nuovo Hokage? Quando era stato il preciso momento in cui il concilio shinobi si era pronunciato a favore? In cui il nome del candidato era stato conosciuto nel villaggio in attesa che lo fosse anche dal Daimyo?
    L'attacco terroristico di Karasu Uchiha, il cacciatore di Kurotempi, aveva distrutto l'amministrazione e dato per disperso il vecchio Hokage. Di lui non si era saputo più nulla e la nuova corrotta amministrazione non sembrava intenzionata a volersi pronunciare in proposito. Non pensavano di fare chiarezza? Il popolo di Konoha non meritava una risposta...?
    E poi l'attacco del Gobi, l'ennesima distruzione, il decesso della forza portante...
    … e ora un nuovo Hokage?
    Perché?

    Era troppo presto. Tutto troppo veloce.
    Non era questa la procedura giusta.
    Perché Kazutoshi Murasaki era lì? Cosa aveva approvato precisamente? Chi era quell'individuo?

    No.

    Shizuka Kobayashi era solo una volgare Chunin, ben lontana dalla vetta gerarchica Shinobi. Sapeva perfettamente che, tra molti suoi altri parigrado, era quella meno meritevole di trovarsi lì in quel momento. Non era capace come tanti altri in combattimento, e certo per quanto avrebbe continuato a servire Konoha non avrebbe mai espiato abbastanza la pena di essere la causa della sua prima distruzione. Le lapidi dei morti che aveva ucciso con la sua inettitudine popolavano ancora i suoi incubi.

    No. Non era una brava ninja...
    ...ma era un'eccellente Principessa, e come tale conosceva la politica, sapeva di diplomazia, di legge internazionale ed era in grado di trattare come l'erede di un clan di mercanti doveva saper fare.
    In nome di tutto questo sapeva che qualcosa non quadrava.
    Quella non era la procedura giusta. E certo non poteva essere un accordo militare.

    «Trovo intraprendente che qualcuno che non si è degnato di riferire il proprio nome si permetta di fare quello altrui.» La sua lingua schioccò prima ancora che lei potesse frenarla e la ragazza seppe, a quel punto, che difficilmente ci sarebbe riuscita in seguito. «Murasaki-sama, la vostra convocazione è per me motivo di orgoglio, ma le ragioni che hanno indotto a pronunciarla risultano ai miei occhi di difficile comprensione.» E così dicendo, alzò lo sguardo. I suoi occhi, rapidi, si portarono sull'ombra nera che sedeva al fianco della persona alla quale si rivolgeva e di cui, a causa dell'abbigliamento, vedeva solo gli occhi di un gelido azzurro. «Perdonate la mia negligenza e ottusità, vi prego, sono solo una bambina alle prime armi, incapace di fronteggiare la maestria del ninja migliore che la Foglia possa vantare...» Come le era peculiare aveva già imparato a memoria il discorso del Daimyo, e sembrava aver anche fatto altrettanto con l'aspetto dell'individuo sconosciuto. «...ma sono costretta a chiedere le ragioni di questa circostanza.» Sorrise educatamente, riabbassando poi la testa. «Mi sembra prematuro parlare di appoggi quando mancano le basi per la nomina che li presuppone. Essendo solo una Chunin, nient'altro che una voce in un indice, permettetemi di leggere la documentazione approvata dal concilio shinobi, così che l'inesperienza che ha portato i miei nobili signori a trovarsi qui e oggi possa essere colmata dalla Legge del Fuoco che la Volontà di Konoha supporta e protegge.» Disse. Teneva la testa bassa, ma ora non troppo da essere incapace di vedere lo spostamento delle gambe e dei corpi dei due uomini che sostavano di fronte a sé. Istintivamente, tese i muscoli. «Stiamo parlando di accordi Shinobi o accordi di altro genere?» Domandò alla fine, immobile. Lo spiraglio aperto da quella domanda era uno squarcio inflitto a sangue freddo e parlava chiaro del vero significato inteso dalla ragazza.


    Shizuka Kobayashi non era una brava ninja, ma era intelligente, un'attenta osservatrice e un'abile stratega.
    Ma soprattutto, sapeva a chi avrebbe dovuto riportare le sue informazioni e cosa fare per fermare qualcosa che poteva essere l'ennesimo seme del marciume che aveva distrutto il suo Villaggio.



    Edited by Arashi Hime - 9/5/2015, 20:57
     
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