Isamashii koi no densetsu

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    Narrato

    °Pensato°
    «Parlato»
    "Parlato" (altri)
    -Citazioni-


    [Abilità/Potenziamenti/tecniche]


    ~Incarichi Prestigiosi~


    Per quanto non fosse inutilmente rimasto davanti a quella fossa a lungo, lo sguardo di Raizen, che continuava a fissarlo lo metteva a disagio, o meglio, l'attesa di una sua risposta, davanti a quella “piacevole” fonte di aroma floreale, iniziava decisamente a disgustarlo, quindi fece appena qualche passo avanti verso il colosso, allontanandosi un minimo dalla fossa biologica, ancora aperta.

    “Certo che sei confuso, ci sono cose per cui non sei decisamente portato, fattene una ragione.
    Ma ora rientra, capirai tutto.
    E stai attento, non sono generoso come tuo padre, dopo l’ultima non do altre possibilità.”


    °Non che avessi mai detto di essere perfetto e portato per qualsiasi cosa°


    Si limitò a pensare, dato che il clone del colosso svanì nel nulla senza dar spazio a repliche.
    Incuriosito, o per meglio dire, riavutosi in parte dai suoi dubbi, si rimise in marcia verso la sala dove si era tenuta la “conferenza”, domandandosi se in effetti non avesse in realtà avuto ragione, per quanto il presunto Sarutobi non avesse continuamente cercato di convincerlo del contrario.
    Quando rientrò nella sala, ad attenderlo non erano, come li aveva lasciati Shizuka e “Sarutobi” bensì quest'ultimo era stato, per così dire, sostituito da Raizen.
    Mentre il colosso salutava il ritorno dell'Uchiha, Atasuke non riuscì a trattenere un lieve sorrisetto di vittoria. In fondo aveva avuto ragione, per quanto le sue teorie potessero apparire strampalate, per quanto avesse osato oltre il limite, alla fine aveva ragione e la vista del colosso in quel posto, non poteva che dargli ragione.

    «Perdonate la lunga attesa, ed ancor più perdonate le condizioni in cui ritorno, anche se immagino fossero quantomeno previste»


    Rispose con ironia, abbozzando nuovamente un'inchino, condito di un leggero sorriso, decisamente non uno di quelli lieti, quanto piuttosto sarcastico o ironico, anche se era difficile capire verso chi fosse quell'ironia, se verso se stesso o qualcun'altro.
    Mantenendo quantomeno un minimo di orgoglio ed amor proprio, riprese il suo posto, non potendo evitare di notare l'alone di disgusto che il suo movimento portava verso Shizuka. Non ebbe bisogno delle sue parole, per intuire il motivo di tali espressioni, dato il luogo in cui era stato condotto, tuttavia, decise di risponderle quanto più delicatamente possibile, cercanto quantomeno di stemperare con i modi la brutalità del suo odore.

    «Perdonami Shizuka, ma sembra che Raizen abbia avuto il buon gusto di condurmi ad una visita guidata alla fossa biologica del palazzo... Quantomeno sono rimasto all'esterno anziché entrarvici...»


    Cercò di tenere un tono basso, in modo da non rendere propriamente pubblico quel discorso. In fondo tutti, in quella stanza, già sapevano dove era stato condotto, ad eccezione di Shizuka, tuttavia non era il caso di farne un'argomento di dibattito pubblico in quel frangente.
    Riportò quindi l'attenzione sul Daimyo, che proseguì con le dovute presentazioni, ormai non più velate sotto inganni o giri politici, becsì chiare e cristalline.
    Ascoltò poi con attenzione le parole del nuovo Hokage, compresa anche la battuta, sottile quanto un'albero centenario, in merito al suo odore, ed Atasuke rispose con un sorrisetto ed un breve cenno del capo, comprendendo appieno l'allusione.
    Tolto quel segno, tuttavia, rimase fermo, immobile, in modo quantomeno da ridurre al minimo gli spostamenti d'aria, cercando di non appestare i presenti con il suo odore, che per quanto non fosse estremamente forte, in un'ambiente di quel tipo, stonava e risaltava oltre ogni immaginazione.

    “Atasuke, sarai capo dei guardiani, ma da qui fino a data imprecisata mi fornirai rapporti su ogni persona in ingresso al villaggio in modo che io possa tenere sotto controllo il tuo operato fino a che non ti reputerò in grado di essere indipendente.
    Accettate?
    Abbiate la buona coscienza di rispondere con sincerità, perché con me le bugie hanno le gambe corte, ma a palazzo Kayokutei non hanno la testa.”


    °E cosa cambierebbe da ciò che faccio tutti i giorni?°


    Si chiese tra se non trattenendo un sorriso mentre la sua compagna di sventura rispondeva all'offerta ricevuta, ovviamente, accettando.
    Rimase fermo, quasi impassibile, finchè non giunse il suo turno di decidere e di rispondere alla proposta fattagli.

    «Raizen Hikigami-sama, Di certo non ho parole ne modi tanto formali quanto quelli di Shizuka per prestare giuramento, tuttavia, con onestà accetto l'incarico che volete affidarmi. Certo non vedo il perchè di tali attenzioni nel mio operato, tuttavia, le accetto, anche se spero vogliate farmi la grazia di disquisirne in merito in una sede più appropriata, magari discutendo anche di “pedine e scacchiere”, in modo da poter colmare questa nostra “lontananza”»


    Il suo sguardo era serio e deciso, forte nella sua convinzione ed in quello che aveva detto, tuttavia era altresì rilassato, calmo. Con una calma per certi versi innaturale, o quantomeno ben lungi da ciò che era stato dimostrato fino a pochi istanti prima.
    Con calma e gesti precisi, prese a sua volta una posizione marziale, per accettare, a questo punto ufficialmente, l'incarico che gli era stato assegnato.

    «Murasaki-sama, spero vogliate perdonare i miei modi, decisamente non degni di questo luogo. Mi vergogno del modo in cui mi sono comportato. Hokage-sama, accetto l'incarico che avete deciso di offrirmi e giuro a voi, sul mio stesso onore, che farò del mio meglio per proteggere Konoha nel mio ruolo, facendo tutto ciò che è e sarà in mio potere, restando sempre fedele al villaggio ed al paese del fuoco.»


    Non aggiunse null'altro. In fondo non aveva molto da dire in quel frangente ed in effetti non era solito perdersi in arzigogolati discorsi, o quantomeno non quando si trattava di accettare un'incarico, sia che questo gli fosse assegnato da un Daimyo o da un qualsiasi abitante del villaggio.
    Se ne avesse avuto modo, avrebbe di certo approfittato di quell'occasione per chiedere a Shizuka di addestrarlo o quantomeno formarlo ad un livello base sulle “buone maniere” da usare a corte, anche se era convinto che con l'Hokage che si ritrovavano, i modi grezzi sarebbero diventati di certo i più efficaci.

     
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    Ultimo sake








    Ciò che si dipinse sulle labbra di Raizen era la più totale soddisfazione, una serenità che pareva essere propria soltanto di coloro che hanno raggiunto la pace dei sensi, non era soddisfatto perché li aveva messi nel sacco, no di certo.
    E tale rimase mentre Shizuka lo afferrava e cercava di portarlo a se per dargli una testata, ed in effetti ci riuscì, anche se non fu lui ad essere avvicinato ma lei, il Colosso non era tra gli shinobi più forti presenti in accademia, il Mikawa ad esempio lo superava, tuttavia era più che in grado di tenersi fermo sulla sua posizione e accusare il colpo dell’allieva.
    Per Shizuka sarebbe stato come colpire una roccia: si, l’aveva colpita, ma la sua testa non era quella più dura.
    Solamente quando si scusò Raizen inumidì il pollice nella lingua e cercò di strofinarglielo sulla fronte, ancora profondamente beato dei risultati del suo teatrino.

    Su su, torna a sedere ora, dobbiamo aspettare Atasuke.

    Quel sorriso.
    Iniziava ad essere inquietante a causa del lasso di tempo passato a sconvolgergli i tratti del viso, ma lentamente si spense, abituandosi a quella sensazione rapidamente, solamente all’ingresso di Atasuke si riaccese, stimolato dalla mefitica presenza.
    Tuttavia la sua recente acquisizione di responsabilità gli permise di spegnerlo in poco tempo.
    Fu orgoglioso di Shizuka in quel momento come raramente lo fu in passato, forse l’insicurezza stessa della ragazza spinse il suo sentimento a gonfiarsi, sperò che quella modestia non andasse perdendosi durante la carriera che l’attendeva.

    Non ti preoccupare, ti ho scelto per una ragione e se l’ho fatto vuol dire che non hai alcun motivo di dubitare di te, potresti non avere le conoscenze, ma le acquisirai, non temere.

    Ascoltò la conclusione del discorso e insieme ad essa anche quella ti Atasuke, e si sentì lievemente spiazzato, in vita sua non era mai capitato che gli venisse giurata fedeltà, nemmeno quando da capo missione aveva dimostrato di essere in grado di imbastire un buon piano d’attacco o difesa che fosse.
    Inspirò a lungo.

    Non so che dirvi.

    Disse sgonfiandosi come un pallone con uno squarcio troppo grande.

    Grazie, un sincero grazie è quello che la mia mente poco incline alla gratitudine sa rivolgervi.
    Ma sicuramente, quando voglio esserlo, sono sincero.


    Tirò su col naso qualche volta cercando altre parole consone alla situazione.

    O mavaffanculo, sembriamo tre stoccafissi e l’unica cosa che ci separa dal daimyo è che lui è vestito meglio.
    Benvenuti a bordo e tanti saluti signori, io sarei per concludere con un ultimo bicchiere di buon auspicio e lasciare a noi tutti la possibilità di riflettere su ciò che è appena accaduto qui dentro.


    Preparò il proprio versando una modesta quantità di sakè nella sua tazzina, ed alzandola lievemente invitò gli altri a porgere la propria per fare la medesima cosa.
    Gli abiti che portava parvero diventare improvvisamente più stretti nonostante la millimetrica precisione con cui erano stati confezionati.
    L’ignoranza era ingombrante.
     
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    Capitolo Primo

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    C'era sempre, al momento della nascita di un nuovo inizio, un istante di trepidante attesa; proprio come quando all'alba di una notte passata insonne si guarda con speranza all'orizzonte e si sente il proprio cuore colmarsi di quella sensazione di profondo sollievo che sboccia dal vedere i raggi del sole estendersi in avanti con le proprie materne braccia. Questo fu proprio ciò che Kazutoshi Murasaki provò quando la triade del nuovo futuro di Konohagakure no Sato si stagliò di fronte ai suoi occhi.
    Seduto sulla pedana rialzata che spettava lui in nome della carica che ricopriva nel Paese del Fuoco, il Re Dragone osservò con lo sguardo tipico del padre indulgente Raizen Ikigami, Atasuke Uchiha e Shizuka Kobayashi sedere gli uni accanto agli altri, intenti a versarsi reciprocamente nelle proprie coppette piatte, nel simbolico atto di rispetto e legame, del buon saké ai petali di magnolia. Seguì con attenzione l'evolversi delle espressioni dei loro volti, i sorrisi di chi guarda con fiducia ad un domani forse troppo gravoso per essere subito compreso, e si stupì, dopo quella lunga valutazione, del legame che intercorreva tra i tre. Essi erano –per dinamiche di storie che egli non conosceva e trascorsi che non poteva immaginare– legati da un sentimento che oscillava tra il rispetto, la competizione, l'amore e l'ammirazione. Era possibile che l'uno non potesse in un certo senso prescindere dall'altro, e insieme avrebbero dunque potuto funzionare come il triangolo degli Dei imposto nei Cieli, e cioè in quel modo perfetto che si muove nel tentativo di migliorarsi costantemente con la forza di un'inesauribile affiatamento nato dal credere nella stessa direzione.

    Erano una forma geometrica che tendeva all'ideale realizzazione.

    Fu con questa consapevolezza in mente che il Signore di Kayoutei comprese che i tre giovani fossero stati in grado di raddrizzare gli angoli che li rendeva ancora squilibrati e oscillanti, avrebbero potuto avere accesso a qualcosa di straordinario...
    «...qualcosa che non vedo l'ora di vedere.» Commentò Kazutoshi Murasaki, portandosi la nerboruta mano sinistra al volto dalla mascella squadrata. Il suo volto, irrorato della luce di un tramonto ormai in procinto di spegnersi del tutto, si contrasse in un'espressione di profonda suggestione.
    «Vi siete divertito così tanto...?» Domandò improvvisamente una voce, emergendo dal silenzio che circondava la Sala Prima ormai vuota.
    Le ultime cameriere si stavano affaccendando rapidamente ad uscire dal luogo -trasportando un numero consistente di vassoi ricolmi di ciotole vuote ancora unte e boccette di porcellana bianca gocciolanti saké freddo- camminando sulle punte dei loro tabi bianchi per evitare di fare rumore e interrompere così il nuovo incontro che si stava svolgendo alle loro spalle...
    ...un incontro che parve essere solo una suggestione dettata dal tempo carico di pioggia in arrivo da un orizzonte non ancora terso, almeno fino a quando i giochi di luce e ombre di quel tramonto rosso cremisi non si unirono nella figura di una persona. Questa, uscendo dalla grande sala alla destra della Prima, laddove tutti gli astanti precedenti -ormai congedati e già sulla via di ritorno- avevano solo visto il vuoto di una stanza spoglia, camminò lentamente verso la pedana rialzata, fermandosi a poca distanza da questa, in un apparente segno di rispetto.
    «Ti hanno stupito?» Chiese il Daimyo, alzando lo sguardo di fronte a sé. Sorrideva, quieto come solo chi conosce il "disegno" può permettersi di essere.
    «Non direi.» Rispose con flemma la figura che, benché di spalle, denotava un'altezza veramente imponente. Un metro e ottanta, forse un metro e ottantacinque. Spalle ampie, torace sviluppato, braccia allenate.
    «Mente.» Intervenne una terza voce, ironica, provenendo dalla sinistra della Sala. «Era tutto occhi per Lady Shizuka, padre. Avreste dovuto vedere come la guardava. Quando è entrata credevo che Hakuya non avrebbe potuto mantenere il controllo!» E così dicendo scoppiò a ridere sonoramente fin quando il Re Dragone non alzò una mano a zittire quella esternazione poco decorosa. Voltandosi verso la direzione da cui proveniva la voce, il Signore del Fuoco lanciò un'occhiata torva all'uomo appoggiato alla parete riccamente intarsiata che i precedenti tre astanti avevano trovato alla loro sinistra, frontale rispetto alla grande stanza vuota. Niente più che un muro decorato, al tempo.
    Era un uomo di circa ventinove anni, dai fluenti e mossi capelli castani e i fini occhi azzurri dal taglio allungato. Alto abbastanza da poter vantare una statura ben sopra la media comune nel Paese, presentava un fisico snello e allenato, senza però quegli eccessi o quella tempra che ci si sarebbe aspettati da un combattente. In effetti il ricco kimono maschile dallo splendido haori di broccato di seta e l'obi intrecciato d'argento non richiamava la figura di un uomo avvezzo ai campi di battaglia...e quando si fosse guardato alla spilla che fermava i lembi dell'abito che indossava, se ne sarebbe capita la ragione: Shigeru Murasaki, il primogenito ed erede dello scranno del Fuoco.
    «Contegno, Shigeru.» Lo ammonì con scoccante ferocia il Re Dragone. Poco interessato alle capacità oratorie affilate e taglienti del figlio, ereditate certo dalla madre, la sua prima moglie; lo era ancora meno alle faccende mondane, tantomeno a quelle che attenevano ai rapporti amorosi, di cui aveva una tolleranza assai bassa. «La mia domanda era diversa.»
    Inchinandosi, Shigeru corresse subito la sua postura e l'espressione, assumendo il volto di un abile disciplinatore pronto ad emettere verdetto.
    «Le vostre scelte sono state apprezzabili a mio avviso. Raizen Ikigami si è già distinto per la sua potenza e la fedeltà alla Foglia, non è una conoscenza nuova ai nostri occhi, Padre, e l'intelligenza che ha dimostrato è stata ben lungi da quella di un gretto colosso privo di forma e dimensione.» Disse il primogenito, alzando un braccio che pose di fronte a sé. Flettendo la mano a palmo aperto verso l'alto, la scosse brevemente. «Mentre i due Chunin sono ancora da formare. Sembra che entrambi abbiano compreso da molto poco l'elemento predominante in loro, e per questa ragione non sembrano ancora capaci di domarlo come si confà ad un rango più elevato del loro.» Ammise, scuotendo la testa. «Hanno un lungo percorso dinanzi a loro: l'Uchiha non vede i limiti che il mondo costruisce per tenersi retto, e la Kobayashi è sicura di poter trattare qualsiasi cosa come si tratta il prezzo di un tessuto pregiato. Difetti ampi, Padre, ma comprensibili se valutati assieme all'inesperienza.» Sospirando, riabbassò a quel punto il braccio. «Per questa ragione ritengo che la guida che avete scelto per Konohagakure sia quella giusta, solida e potente come risulta essere potrà divenire la stella che guiderà i due giovani viandanti, permettendo loro di mettere radici dritte e ricche.»
    Rimanendo per un istante in silenzio, Kazutoshi Murasaki chiuse gli occhi, per poi annuire, portando il mento ad appoggiarsi sul palmo aperto della mano sinistra, il cui gomito premeva sul ginocchio corrispondente delle gambe intrecciate sullo splendido tatami di bamboo bianco.
    Come spesso accadeva in seguito all'aver preso decisioni importanti da cui sapeva sarebbero dipese le sorti di una scacchiera che si estendeva molto oltre quella della sua mente, il Re Dragone del Fuoco arricchiva le sue considerazioni con le osservazioni e i punti di vista di coloro di cui stimava la mente, l'abilità e il giudizio... i quali, da qualche anno ormai, rispondevano alle figure di tre persone: Shigeru Murasaki, Susumu e...
    «Akihiko.» Chiamò ad alta voce il Daimyo del Paese del Fuoco, alzando lo sguardo di fronte a sé. La figura immobile dinanzi alla pedana si abbassò in un tacito inchino. «Dimmi.»
    Akihiko Murasaki era un uomo di ventisei anni. Tra tutti i figli era quello che assomigliava maggiormente al padre, da cui aveva ereditato non solo l'altezza imponente –non tuttavia paragonabile a quella intimidente del Dragone–, ma anche i lucenti capelli corvini e i profondi occhi blu come il mare. La carnagione bruciata dal sole e segnata in più punti da cicatrici e calli lo descrivevano come un uomo abituato a calcare scenari ostili, proprio come ci si sarebbe aspettati, del resto, dal Generale delle Truppe di Palazzo Kayoutei. Il fisico imponente, asciutto e preparato, le mani ampie e nerborute, i lineamenti forti e lo sguardo fiero, accostati ad una personalità per indole silenziosa e poco caotica, lo rendevano il degno secondogenito della casata della Magnolia e del Drago.
    «Raizen Ikigami, Decimo Hokage di Konohagakure no Sato, è stato una scelta giusta da parte vostra.» Esordì il Generale, guardando negli occhi il padre, che annuì. «Egli è ciò di cui la Foglia ha bisogno ora: un uomo che non teme di raddrizzare ciò che è storto, di pulire quello che è sporco. Lontano dall'essere una figura solo politica come chi lo ha preceduto, è un individuo che saprà scendere sul campo di battaglia assieme agli shinobi di cui si farà guida, senza nascondersi dietro ad essi, in attesa.» Disse, mettendosi a braccia conserte. «L'irruenza, la praticità tipicamente manuale di chi è cresciuto risolvendo da solo i propri problemi, la scarsa propensione alla manipolazione e la forma diretta e spesso volgare dei suoi modi, saranno il balsamo sulle ferite della corruzione della Foglia.» E così dicendo attese che il suo primo interlocutore, tanto quanto il secondo, annuisse, valutando e facendo proprie quelle stime. «Atasuke Uchiha, invece...» Riprese a dire, e per un attimo sembrò tradire qualcosa che si scostò visibilmente dalla quiete silenziosa della sua personalità. Shigeru, dal muro sinistro riccamente dipinto e intarsiato dal quale si era discostato per potersi avvicinare, ghignò platealmente, alzando la manica del suo kimono a nascondere il viso. «...è uno stolto privo di controllo. Incapace di valutare la situazione nella quale si trova agisce muovendosi secondo un criterio alquanto discutibile di stima personale, in cui lui compare al vertice e chiunque altro, persino chi obiettivamente riconosce come suo superiore, stanzia ad un livello sospeso tra la pietà e la ricerca di un pretesto finalizzato a porre fiducia o disprezzo.»
    «Ti abbiamo chiesto una valutazione scissa dai tuoi pareri personali sull'uomo che cerca così platealmente di portarti via la fidanzata!»
    Commentò Shigeru, tagliente, mentre affilava lo sguardo e si portava al fianco del fratello, cui sorrise ironico. Di fronte ai due, il Daimyo alzò gli occhi al soffitto, sbuffando poi in un tono abbastanza pesante e forte da indurre, con quel semplice gesto, gli sguardi in competizione dei due fratelli a farsi nuovamente modesti.
    «...Ma i suoi meriti nei confronti di Konoha sono questioni di cui non siamo all'oscuro. Il duro lavoro che ha portato avanti dalla sparizione in missione di Drake Jo Ryouji è stato ammirevole, tanto quanto la pazienza che ha investito nella riorganizzazione delle ronde murarie lasciate per lungo tempo scoperte a causa della mancanza del punto centrale attorno a cui si snodavano.» Riprese a dire il secondogenito, ignorando il fratello. «Ciò che ha disturbato me è stato compensato dalla valutazione dell'Hokage, di cui ho apprezzato la presa di posizione: decisa, ma non invadente. Salda, ma non intimidente.» Concluse, abbassando brevemente la testa. Dopo un istante di silenzio, in cui stavolta neanche Shigeru osò dire niente, riprese infine a parlare. «Shizuka Kobayashi è una donna molto intelligente. Attenta valutatrice e abile soppesatrice di possibilità, denota un'evidente e forte preparazione in ambiti ben lontani da quelli ninja. La forma che assume la sua mente è quella della manipolatrice e dell'acuta osservatrice. Penso che, grazie a queste caratteristiche, sarà in grado di supportare la nuova formazione di Konoha compensando le mancanze di entrambe le figure che la affiancano e che tutti noi abbiamo potuto vedere.» Affermò, guardando il padre che, ancora una volta, annuì senza rispondere. «Ma ritengo anche che la sua preparazione sia la più lacunosa tra quella dei tre e il bilanciamento di tale situazione potrebbe richiedere un lasso di tempo ben maggiore di quello che occorrerà ad Atasuke Uchiha. Il tipo di materia in cui lei vuole dominare è ben lontana da quella più immediata dettata da chi riveste, all'interno di un gruppo coeso di shinobi, la figura del pedone di prima linea. Le tempistiche che accompagneranno il suo miglioramento mi hanno dato dei dubbi, in quanto ritengo che Konoha dovrà presto affrontare forti scosse di assestamento, e temo che ella possa non essere preparata a sufficienza per allora, risultando dunque l'anello debole di uno scenario che potrebbe facilmente crollare.»
    «...Eppure l'Hokage l'ha definita degna del ruolo che le è stato dato!»
    Intervenne Shigeru, protendendo le braccia di fronte a sé. «E' evidente che egli conosce qualcosa di lei che noi non sappiamo. Se Raizen Ikigami ha scelto questi due Chunin anziché altri elementi forse più validi di loro, vuol dire che essi hanno una possibilità di sviluppo che non è data noi di comprendere, ancora.»
    «La nascita di una nuova realtà ha bisogno di pilastri solidi, una sola esitazione potrebbe portare alla distruzione di tutto ciò cui si auspica.»
    Rispose Akihiko Murasaki, rilassando le braccia lungo i fianchi e girandosi a guardare il fratello.
    «Akihiko, non ti senti colpevole di parlare a questo modo di–...?» Ribatté Shigeru, inarcando un sopracciglio, ma ebbe appena il tempo di indurre il braccio destro ad alzarsi per puntare l'indice della mano verso il volto del fratello minore che Kazutoshi Murasaki alzò entrambe le mani, tossendo una sola volta prima di inspirare a pieni polmoni. L'atto di riempire il proprio torace d'ossigeno espanse lo stesso fino a renderlo una cassa dalle dimensioni incredibili, tanto quanto l'espirazione che ne uscì, potente e profonda come il respiro del mondo stesso.
    Sbattendo le mani sulle ginocchia, il Re Dragone del Fuoco si alzò da terra con lentezza, ponendo prima un piede a toccare il tatami e poi, facendo leva su questo, issare il reso della sua imponente stazza. La sua altezza, persino dalla distanza che lo separava dai due figli maggiori, era assolutamente schiacciante.
    «Mi è chiaro il vostro punto di vista.» Sentenziò il Signore di Kayoutei con la sua voce baritona come un tamburo. «Vi ringrazio del metro di discussione che avete offerto alla mia mente, ora vi prego di tacere. I vostri battibecchi da bambini inducono in me, ad ogni minuto che passa, la convinzione che siate tanto sciocchi da meritare la guida dei cavalli dell'esercito del Palazzo piuttosto che le vostre attuali cariche.» E fissando i due figli, il Re inarco un folto e ispido sopracciglio. «Sovviene in me il dubbio che se affidassi a Shingo e Sayuri i vostri ruoli nessuno coglierebbe la differenza.» Disse con tranquillità notevole a dispetto dell'insulto appena offerto che, in un attimo, rimise in riga i due uomini della seconda generazione Murasaki. Shingo e Sayuri, in effetti, avevano rispettivamente sette e cinque anni. «La riunione di oggi termina qui.» Annunciò dunque, dopo aver ancora una volta sospirato sonoramente. Compiendo una serie di passi avanti, il Re Dragone del Fuoco allargò le braccia...
    ...che improvvisamente vennero vestite dalle mani rapide e incalzanti di Susumu, il quale, comparendo dietro la schiena del Daimyo come fumo fattosi denso, pose sulle spalle d'egli un haori purpureo riccamente dipinto. Dentro al colletto, ricamato a puro filo d'oro, una “K.” brillante tradì la sua presenza solo per un rapido secondo. «Hakuya.» Chiamò infine il Signore del luogo, superando i due figli, in mezzo ai quali passò, seguito da Susumu, silenzioso come un'ombra. «Pare che sia il momento di cambiare...»

    Ed era esattamente così.
    Il cambiamento era il segreto del divenire.

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