Il Massacro della Felce

Paese dell'Erba - Kusa no Kuni

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  1. Arashi Hime
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    Where we love is home - home that our feet may leave, but not our hearts.




    Il suo lavoro faceva abbastanza schifo –pensò correndo tra la boscaglia. Alle sue spalle tutto ciò che non aveva intenzione di tornare a guardare neanche una volta.
    Quel tipo di missioni le valevano una miseria, sprecava più tacco di stivale e pazienza di quanto guadagnava, e come se non bastasse finiva sempre in qualche situazione sgradevole. Come quella.
    Fece spallucce, abbassandosi di scatto per passare sotto il basso ramo di un albero. Era abbastanza lontana, ormai, da non avvertire più neanche il puzzo di fumo, e fu lieta di constatare che la breve distanza con cui erano costruiti i villaggi di Kusa le avrebbe potuto portare il vantaggio di arrivare abbastanza brevemente a quello che aveva ignorato in precedenza.
    Poi, qualcosa grattò nell'oscurità.
    Aggrottò la fronte, dubbiosa, ma non riuscendo a distinguere nessun riferimento in particolare, e anzi avendo una mezza idea che il simpatico signor diplomazia la stesse inseguendo, si calcò meglio il cappuccio sulla testa, continuando a correre a tutta velocità.
    Mezz'ora e nessuna sosta dopo era arrivata al Villaggio dei Pini in cui, proprio come aveva immaginato, c'era una gran confusione. Il fuoco si vedeva anche da quella distanza, com'era prevedibile del resto, e la gente, spaventata per l'atmosfera pesante e gravida di terrore che si era venuta creando in quei giorni, continuava a urlare.
    Sospirò, scuotendo la testa.
    «Un pazzo ha sterminato il Villaggio della Felce. Se non andate almeno in tre o quattro, non ce la farete mai.» Disse improvvisamente la donna, afferrando il primo shinobi che le capitò a tiro, un ragazzo dai capelli bruni sporchi e il coprifronte di Kusa storto sul collo. Questo, voltandosi a guardarla allibito, fece appena in tempo ad aprire bocca che la ragazza annuì. «E' ancora lì.»
    «MA CHE DIAV–...»
    Urlò subito il ninja, staccandosi la mano della straniera di dosso con uno schiaffo. «CHI MALEDIZIONE DOVRES–...»
    «Una che ha voglia di informarvi di quanto è accaduto rischiando il culo, coglione. E adesso andate a fare il lavoro per cui vi pagano.»
    Sibilò, girandosi di scatto a guardare l'uomo, inchiodandolo sul posto. «Andate a fermare quel pazzo e avvertite i confini di migliorare la guardia se non volete vedere il vostro Paese distrutto.» Ordinò, secca.
    Lo Shinobi rimase un attimo immobile, guardando la persona che aveva di fronte mentre attorno a loro due infervorava il caos. Il suo volto, maturo per essere quello di un trentenne appena fatto, sembrò per un attimo sostare in pausa, come se qualcosa dentro di lui si fermasse ad elaborare un certo tipo di pensiero... poi, lentamente, si contrasse in una forte risoluzione.
    «Difendete Kusa.» Sospirò ancora la donna, abbassandosi poi subito dopo il cappuccio sugli occhi. «Buona fortuna.» Aggiunse, prima di confondersi tra la folla mentre l'uomo richiamava a gran voce quanti più ninja presenti –quattro con lui– e ordinava ad un quinto di correre ad avvertire il più velocemente possibile i confini della condizione.
    Per quel che le riguardava, invece, Shizuka si limitò ad entrare nella prima locanda, comprare sei pagnotte di riso e un sacchetto di yuta di funghi essiccati, e poi ripartire... verso Nord-Ovest.

    [...] Tre ore di corsa ininterrotta dopo era arrivata presso un boschetto di alberi dalla foglia larga e gibbosa.
    Abbassandosi abbastanza da esser costretta a gattonare, la kunoichi avanzò tra la boscaglia bassa, fitta e spinosa, trattenendosi dal bestemmiare per mantenere un minimo di quella buona creanza che una donna avrebbe dovuto sempre tenere a mente.
    «Non provateci nemmeno a scappare.» Ringhiò improvvisamente la ragazza, furente. «Vi cerco da giorni, siano maledetti gli Dei!»
    «C-chi sei?!»
    Rispose una voce maschile arcigna e spaventata. «C-cosa vuoi?!»
    «Io non voglio niente. Ma il Paese del Fuoco ha bisogno delle vostre capacità.»
    Rispose la ragazza, allungando lentamente le mani da sotto un grumo di rovi. Erano vuote da qualsiasi arma. «Il mio nome è Shizuka.» Disse, facendosi largo tra la boscaglia fino ad uscire in un piccolo spazio, grande appena per contenere il corpo ripiegato in posizione fetale di un uomo dalla pelle sporca e gli occhietti brillanti, curvati verso il basso. «Sono stata ingaggiata da Konoha per trovarvi.»
    «Ingaggiata?!»
    Ripeté come un merlo l'uomo, strisciando se possibile ancora più addosso alla roccia che chiudeva l'angusto spazietto in cui era rintanato come un tasso. «D-da chi vuoi portarmi?!»
    «Da due persone.»
    Non sapeva perché, ma doveva portare quell'uomo a loro. «Vi prego.» Aggiunse, sospirando. «Sono riuscita a trovarvi nonostante il vostro cambiare nascondiglio ogni due giorni. Credete dunque che se avessi voluto farvi del male non lo avrei già fatto?» Spiegò ragionevole. «Ho spedito un messaggio ad una delle persone che vi vuole, ma se riesco a portarvi personalmente avrò un premio extra.» Ammise, senza troppi complimenti. «Pensate che...» Esordì nuovamente...
    ...ma nonostante le abilità oratorie della donna fossero notevoli, un dono naturale che da quel che sapeva aveva ereditato dalla famiglia che supponeva di avere da qualche parte in quel mondo, le ci volle un discreto impegno per convincere l'uomo a seguirla.
    Lasciò passare del tempo, tuttavia, prima di ripartire, abbastanza per assicurarsi che le acque si fossero calmate, e solo quando valutò che la tempistica potesse essere valida, prese con sé il costruttore –ormai ghermito dal delizioso sapore del cibo che aveva preso al Villaggio del Pino e che sembrava non gustare da abbastanza tempo da indurre la ragazza a domandarsi cosa diavolo avesse mangiato fino a quel momento– e si diresse dunque verso Konoha, il Villaggio che sapeva averla ingaggiata e a cui, per qualche ragione, era sicura di dovere la sua totale devozione.
    Continuò ad allontanarsi, sostando solo quando era necessario ma preferendo sempre e comunque non fermarsi, cosicché la sua devozione al suo lavoro poté essere premiato quando finalmente, stremata dall'aver portato per metà del viaggio il costruttore sulla sua schiena, giunse di fronte alle grandi porta del Villaggio della Foglia.
    «Chi sei, viandante?» Si impose subito un uomo dal volto coperto da bendaggi bianchi, da cui facevano capolino solo gli occhi, indagatori e fieri.
    «Giù il cappuccio, figlio di puttana, certo non ti lasceremo entrare qui.» Rise un secondo, un ragazzino dai capelli biondicci e gli occhi nocciola che la kunoichi, guardando di sottecchi, ebbe stranamente la perversa voglia di schiaffeggiare fino a fargli piangere bile.
    «Il mio nome è Shizuka.» Si limitò però a rispondere lei, abbassandosi il cappuccio sulla testa. La cascata di capelli biondi si liberarono, mossi e lunghi, sul mantello. Il volto, deformato da un trucco che ne disfaceva i lineamenti, brillava grazie a due piccoli occhi verdi i quali si posarono sui due presenti. «Sto cercando Raizen Ikigami e un tale di nome Norio.» Continuò, freddamente. «Ho portato il costruttore secondo l'ingaggio che avevo ricevuto.»
    Affilando lo sguardo l'uomo dal volto coperto, aggrottò la fronte, si protese un poco in avanti facendosi perplesso persino da sotto il bendaggio poi infine, dopo un attimo di esitazione, mormorò un poco convinto: «...Shizuka?»
    «Shizuka?»
    Ripeté il ragazzino, irritato. «Shizuka chi?! Chi è questa stronza?!» E guardando la faccia sconvolta del collega, parve ironizzare. «Ehi amico, spero tu non l'abbia scambiata per quella Shizuka! E' una puttana, dai, ma non così brutta.» Disse, scoppiando poi in una fragorosa risata.

    «Lasciatela a me.»

    Intervenne improvvisamente una terza voce.
    Avanzando lentamente lungo la strada che portava alla porta principale d'accesso alle mura, un alto uomo dai capelli corvini e gli occhi neri, camminava con passo annoiato verso il gruppo di persone, sbadigliando mentre si grattava la testa.
    «Chi sei?» Domandò la donna, gelida, fissando malamente lo Shinobi. Questo, pantaloni e maglione neri, recava un grosso simbolo sulla spalla sinistra: un ventaglio bicolore spezzato nel suo centro.
    «Norio Uchiha, una delle due persone che ti hanno ingaggiato.» Rispose questo, lanciando un sorrisetto allegro al guardiano bendato. «Maruo, il Signore va all'amministrazione da Takumi. Ci troverai anche Raizen, probabilmente.» E ritornando con lo sguardo sulla ragazza, sorrise, stavolta però in modo più gentile. «Grazie del lavoro svolto. Ti accompagno alla tua ricompensa.» Disse, facendosi da parte per far passare la ragazzina mentre Maruo, allibito, mostrava la strada allo smarrito costruttore di Kusa, intento a guardare da tutte le parti come se si trovasse nella bocca di un demonio.
    «Avevamo pattuito soldi.» Disse la ragazza, senza troppa educazione, mettendosi a braccia conserte. Sapeva di doversi fidare di quell'uomo, ma non avrebbe avuto idea del perché.
    «Quelli, certo.» Mormorò Norio Uchiha, sospirando per poi posare una mano sulla schiena della piccola kunoichi, mandandola avanti a lui con dolcezza. «E poi anche qualcosa di più importante, testa di legno.»
    «E cosa diavolo sarebbe?»
    Sibilò questa, irritata, fulminando con lo sguardo il ninja.
    «Il resto della tua memoria.» Sorrise il Jonin, scuotendo la testa. Vedendo la perplessità dell'interlocutrice ghignò, ironico. «E comunque non rispondere così a tuo marito!»
    «Mio marito?!»
    Strillò allibita la kunoichi, piantandosi come un sasso in mezzo alla strada. «Ma cosa diavolo vai dicendo, vecchio?! Avrai trentacinque o trentasei anni!»
    «Massì, massì.»
    Ridacchiò l'Uchiha. «Me la godo finché posso... tanto quando ritornerai in te, me le darai di nuovo di brutto.» Fece finta di piagnucolare, come se apparisse davvero preoccupato di quella "spaventosa" possibilità.

    Affiancando la sua allieva, mutata tanto nell'aspetto quanto nella mente, tale da non riconoscersi né essere riconosciuto dalle persone che l'avevano vista crescere, Norio Uchiha scortò la piccola Shizuka Kobayashi verso il luogo in cui il rotolo della sua memoria veniva custodito mentre lei era via. E quel posto, lo conoscevano solo lui e Raizen.


    Edited by Arashi Hime - 15/5/2015, 23:05
     
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