Il Profumo di dolci ed erbe.

Corso alle basi per Isy

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    Y Danone
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    BEGINNING

    Even though the future seems far away,
    it is actually beginning right now.




    Era una fresca giornata di prima estate a Konohagakure no Sato.
    Il sole brillava alto nel cielo nonostante l'ora acerba e le strade erano già brulicanti di persone in trepida attività, incuranti della gran confusione dettata dalla moltitudine in continua evoluzione di voci, risate e saluti sempre diversi.
    Come ogni mattina la grande Via Principale cominciava ad essere allestita per il mercato rionale e le persone ondeggiavano perciò indaffarate le une accanto alle altre, chi trasportando grosse casse di legno rigato traboccanti di oggetti e chi trascinando piccoli carretti a conduzione manuale che ingorgavano ulteriormente il traffico, costringendo così i bambini a correre tra le aperture incautamente lasciate dalle gambe degli adulti, presto resi furiosi da quei giochi fuori luogo...
    ...ma di questo, lei, non parve curarsi poi troppo. Da lassù, del resto, quel gran baccano non le sembrava così molesto, anzi poteva persino dire che fosse la cosa che più la faceva sentire a casa.
    Sorridendo a quei pensieri, dunque, spiccò un ampio salto.

    Il corpo incurvato all'indietro non poteva essere poi molto più alto di un metro e sessantacinque centimetri benché non ci fossero dubbi che appartenesse ad una donna già adulta, come dimostravano le curve formose che si stagliavano, scure, contro la luce del sole.
    I lunghissimi capelli castani, legati in una coda di cavallo, danzavano alle sue spalle, liberando così un volto ovale dalla carnagione rosea in cui due profondi occhi verde smeraldo magistralmente truccati erano socchiusi in un sorriso di cui la bocca, carnosa e rossa, era la più fiera rappresentante.
    Piegandosi nel volo, stendendo le braccia nude di fronte a sé e flettendo contemporaneamente le ginocchia, la ragazza atterrò sul tetto opposto rispetto a quello da cui era balzata, ma non sembrò intenzionata a fermarsi e rialzando di scatto il volto riprese dunque a correre, ridendo.
    I tetti spioventi delle abitazioni del Villaggio –sotto ai quali di tanto in tanto qualcuno faceva in tempo ad alzare lo sguardo, scorgendola e subito approfittandone per salutarla entusiasticamente– non sembravano una superficie difficile da affrontare per lei, come dimostrava continuando a lanciarsi tra un edificio e l'altro con confidenza, riuscendo sempre ad atterrare in piedi... fino a quando, all'improvviso, non si fermò di scatto.
    Lì, immobile appena una frazione di secondo, esitò. Poi, inaspettatamente, si lasciò cadere all'indietro, nel vuoto.

    «AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAARGHKGDSFSDFFENGNGSòD!»



    Un urlo straziante.
    Qualcosa che si rovesciava a terra violentemente.
    Il rumore di un oggetto che finiva in frantumi.
    Infine, la calma.

    «Yo, Momoko.»

    Silenzio.

    «Sono venuta a portarti le medicine di oggi. Come ti senti? Ti sei ripresa dalla tua malattia inguaribile?»

    Appesa a testa in giù dalla grondaia, la figura che un secondo prima si era gettata di sotto dal tetto di un imponente edificio a tre piani, sorrise alzando la mano sinistra di fronte a sé per salutare una giovane ragazza vestita di un kimono da camera azzurro, la quale si trovava in ginocchio sul pavimento accanto ad un letto rovesciato e un piatto ormai in mille pezzi, intenta a guardare, con il volto cancellato di ogni espressione umana, in direzione della finestra della graziosa stanzetta color pesca in cui si trovava.
    «Ti ho sorpresa, eh?» Esclamò la ragazza a testa in giù, sorridendo nel mostrare i denti prima di aggiustarsi il bustino scuro che indossava, la cui (molto) ampia scollatura sembrava essere pericolosamente a rischio. Questo, intrecciato sulla schiena da nastri di seta, sembrava essere la parte superiore di una strana divisa ninja composta da un paio di pantaloni di pelle infilati in un due stivalacci di cuoio alti fino al ginocchio e muniti di un tacco di ben quattro dita. «Fino a quando rimarrai a letto in fin di vita e non potrai uscire di casa ci penserò io a rallegrarti la giornata!» Commentò. Era talmente sarcastica che probabilmente chi l'avesse udita avrebbe cominciato a perdere sangue dalle orecchie... il che fu un po' la reazione della sua interlocutrice, che si accasciò infatti su se stessa, tossendo. Sangue, forse. O forse la vita che sentiva abbandonarla.
    «S-shizuka...» Balbettò la disgraziata, riuscendo ad articolare quel nome dopo diversi tentativi falliti. «Sai, molto tempo fa...» Esordì con voce strozzata. «...inventarono le “porte”. Sono quelle strane cose che ti permettono di accedere nei luoghi senza entrare dalle “finestre”, ossia ciò da cui tu arrivi sempre E alzando lo sguardo in quello dell'interlocutrice, deglutì. Lentamente, l'espressione spaventata di prima, cominciò a snaturarsi in una molto più irritata. «Come diavolo ha fatto l'onorevole Hokage ad averti dato la guida di una Squadra Speciale?!» Sbottò infatti, sempre più furiosa. «Quale maledetto medico arriva a casa di un malato e lo terrorizza a questo modo?! Poteva venirmi un infarto!!» Strillò, e il solo ventilare quella possibilità la fece impallidire. «Oh Dei, forse...»
    «Tu sei solo terribilmente ipocondriaca, stupida Yamanaka.»
    Osservò la donna che era stata chiamata con il nome di Shizuka. «Benché gestisca l'intero ospedale di Konoha, posso garantirti che di gente fissata come te ho visto solo il vecchio Dai del negozio di zoccoli, che ha ottant'anni e i “reumatismi ai polmoni”.» Disse, ironica, mentre posava una mano sulla balaustra della finestra di fronte alla quale si trovava e, facendo leva sul braccio, staccava i piedi dalla grondaia così da poter far scivolare il corpo a sedere sul legno della finestra dalle imposte aperte. «Hai vent'anni, un corpo in perfetta salute...» E dicendo così si segnò, più sarcastica che scaramantica. «...e solo una leggera febbre dovuta all'allergia stagionale. Prendi questi analgesici e per pomeriggio potrai tornare a gestire il tuo maledetto negozio.» Disse, ghignando.
    «Non ti venderò più niente!» Sbottò l'altra, rimettendosi in piedi con teatrale lentezza, arrancando poi verso il letto, di fronte al quale tentò una serie di tristi tentativi per rimetterlo in piedi prima che Shizuka alzasse gli occhi al soffitto e lo raddrizzasse solo sbattendo il suo piede sulla struttura rovesciata su di un lato.
    «E' un bel problema visto che a Konoha solo tu vendi quei buoni cosmetici fatti con erbe e fiori...» Gemette la giovane, portandosi una mano al volto contrito. «...il Clan Kobayashi sarà costretto a richiedere i prodotti di cui ha bisogno al Paese del Tè, Santo Cielo...»
    «Beh suppongo che il più potente Clan di Sete e Tessuti del Paese del Fuoco possa rifornirsi dove gli pare!»
    Abbaiò la malata, tirando in faccia all'amica un pupazzo a forma di procione. «Allora vattene! Non avrai neanche l'ultima crema ai petali di orchidea che si dice piaccia tanto al figlio del Daimyo...»
    «Chissenefrega di cosa piace ad Akihiko?»
    Intervenne subito Shizuka, fulminando con lo sguardo l'interlocutrice.
    «A me niente, ma tu sei la sua fidanzata, forse a te dovrebbe interessare di cosa pensa il Principe... mia nobilissima Principessa E così dicendo si inchinò profondamente prima di prendere a tossire con melodrammatico strazio, infilandosi poi subito a letto, dove iniziò a gemere terribilmente.
    Facendo roteare gli occhi al cielo, Shizuka Kobayashi –che in effetti era conosciuta per essere la Principessa e unica Erede del potente Clan dell'Airone, a metà strada di una carriera Shinobi che in molti avevano detto essere promettente– sospirò sonoramente.
    Da quando Akihiko Murasaki aveva annunciato a Raizen, con richiesta formale dalla famiglia reale del Fuoco all'Hokage, il permesso di giungere in visita alla Foglia per “qualche tempo”, era tutto un gran annunciare a destra e a manca quell'evento. La notizia del suo fidanzamento –in verità niente più di una proposta informale tra i loro rispettivi padri, e come tale sottomessa alla loro decisione finale–, sembrava essere diventata materia di stato. Erano arrivati a farle i complimenti persino durante i suoi turni all'ospedale.
    Grattandosi il collo la kunoichi si limitò a scuotere la testa, facendo cadere le spalle verso il basso: aveva deciso che ogni volta che qualcuno avesse nominato Akihiko, lei avrebbe risposto alla faccenda andando a mangiare qualcosa. Così, giusto per compensare la dilaniante claustrofobia che quella situazione cominciava a darle...
    «Vado a mangiarmi dei dango.» Annunciò infatti la ragazza, portandosi una mano alla pancia che nel sentir pronunciare quella frase iniziò a latrare rumorosamente.
    «Non stai mangiando troppo ultimamente?» Osservò Momoko, dubbiosa. «Mi sembri ingrassata...»

    Silenzio.

    Sorridendo educatamente, Shizuka Kobayashi guardò l'amica, annuì con dolcezza... e poi spaccò in due il sacchetto delle medicine dell'interlocutrice la quale, facendosi rigida, per tutta risposta cominciò a strillare sconvolta.
    […] Beh, un conto era capire da sola che il non entrare più nei pantaloni dell'anno prima non era una disattenzione del momento ma la conseguenza a qualche strappo alla regola di troppo, un conto era sentirselo dire in faccia dalla signorina “sono magra anche se mangio secchiate di daifuku ripieni alla crema, non come te che sei sempre a dieta”. Questo era ovvio.

    ...E fu così che, ventisette minuti dopo, finita la consegna a domicilio delle medicine a quei pazienti che non potevano per qualche ragione allontanarsi da casa, Shizuka Kobayashi fece capolino di fronte alla pasticceria Usagi di Konoha.
    Come sempre il profumino, delizioso e invitante, stuzzicava i passanti già molte porte prima di quella di carta di riso dipinta che dava accesso al locale tradizionale dall'insegna a forma di coniglio bordeaux, di fronte al quale una panca coperta da una stola di raso rosso giaceva sotto ad un ampio ombrello parasole laccato di bianco.
    Sorridendo nell'annussare l'aria, proprio come una bambina, la Principessa di Konoha si leccò le labbra, trotterellando dentro. Lì, esposti su un grande tavolo di marmo chiaro, vassoi di bamboo offrivano ai clienti l'anteprima delle migliori prelibatezze dolciarie del Paese del Fuoco.
    «Buongiorno Shizuka Hime-sama!» Esclamò subito Kameyo, la figlia del proprietario e primo pasticcere dell'Usagi. «Anche oggi di buon'ora! Avete sentito il profumo dei melon pan appena sfornati?» Scherzò la donna, venticinque anni di dolce gentilezza mai venuta a mancare.
    «Kame-chan potrei sentire l'ultimo forno delle vostre delizie anche se mi trovassi al Paese dell'Acqua!» Rispose la Kobayashi, appiccicandosi al vetro immacolato che tutelava i dolcetti. «Ma stamattina sono qui per quegli invitanti dango...» Disse, muovendo a destra e a sinistra il sedere, come se scodinzolasse, per l'ilarità della ragazza al di là del bancone.
    «Ah si? Beh, allora l'Usagi offrirà alla nostra Principessa anche uno dei miei melon pan!» E facendo l'occhiolino, Kameyo aggiunse orgogliosa: «Li ho fatti io!»
    Poter esporre i propri dolci sul bancone della prestigiosa Pasticceria Usagi era un vanto notevole per qualsiasi maestro dolciario, soprattutto per la secondogenita della famiglia Morimane che la gestiva da sempre e che, come ogni dinastia di un certo livello, richiedeva il massimo dai propri membri, costringendo gli standards su un piano molto superiore a quello considerato "accettabile" dai più. E questo, Shizuka Kobayashi, futura Capoclan e Imperatrice di un dominio economico che comprendeva gran parte del denaro sonante del Fuoco, lo sapeva bene.
    Quello, dunque, era un giorno speciale...da festeggiare assolutamente!
    «Tre.» Trattò allora, sorridendo. Se Kameyo aveva esposto i suoi dolci come pasticcera, lei, da mercante, non poteva dimostrarsi da meno.
    «Oh cielo, Shizuka Hime! Uno, non di più!» Replicò l'altra, ridendo nel mettersi le mani sui fianchi.
    «Due.» Insistette la Principessa, sghignazzando. «Kame non fare la difficile! Neghi i melon pan a me
    «Va bene, va bene, due...»
    Rise la pasticcera, scuotendo la testa.
    «...E la carta regalo a forma di caramella che mi piace tanto!»
    «Ma insomma! Sentitela!»
    Esclamò la ragazza al di là del balcone, alzando le mani al soffitto drappeggiato del locale...
    ...nonostante tutto però, qualche minuto dopo la Principessa di Konohagakure no Sato usciva a sedersi sulla panca del locale portando un vassoio di legno contenente due spiedini di dango e ben due melon pan ripieni a forma di tartaruga. Accanto a quelle leccornie, un origami a forma di coniglietto seduto su una caramella, troneggiava in una carta da regalo rosa brillante.
    Distendendo le gambe di fronte a sé, Shizuka sorrise felice, stiracchiandosi nell'alzare le braccia che poi gettò all'indietro disordinatamente, incurante della posizione non molto decorosa che metteva in risalto il profilo del generoso seno... tanto quanto della forte cicatrice grossa due dita che dalla spalla sinistra, scivolando tra i due seni, la segnava fino ad un punto indefinito del busto celato dal corpetto. Schiarita dal tempo, ma ancora così accecante su una carnagione delicata come quella della ragazza, quello sfregio brillava sotto i raggi del sole con una sfacciataggine quasi dolorosa... eppure, anche di questo, la giovane non sembrò curarsi mentre sorrideva allegramente.
    «E ora... ittadakimasu!» Esclamò la Shinobi, afferrando il primo spiedino di Dango che addentò senza ritegno mentre, con la mano libera, prendeva dalla grossa sacca a tracolla di cuoio un manuale alto tre dita scritto con piccoli kanji addossati gli uni agli altri. La copertina consunta recava il titolo di una vecchia storia d'altri tempi, che parlava di Principesse, misteriosi avventurieri arrivati da lontano alla propria casa dopo molto tempo trascorso lontano, e incontri voluti dal fato che potevano scrivere la più intrigante delle storie...

     
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