Sotto un Cielo Nero

Taki - Distretto di Izumi

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    In piedi sul cucuzzolo di una delle poche montagne a sud di Taki, una figura ammantata osservava intensamente le nubi nere che riempivano il cielo. Sotto il cappuccio che indossava le sue labbra erano increspate in un sorriso sinistro, quasi come se qualcosa lo divertisse in quello spettacolo. Al di sotto dell'antica formazione rocciosa che aveva scalato, alcune centinaia di metri più in basso, diversi corsi d'acqua si estendevano a perdita d'occhio fino al nord del paese, donando al territorio della Cascata un aspetto uggioso.

    La figura levò di qualche centimetro il braccio sinistro, rivelando una tunica di pelle nera. Qualche goccia di pioggia iniziò a cadere dall'alto, ticchettando in maniera decisa a contatto con il terreno. Per qualche motivo, nessuna goccia sembrava cadere sul guanto che copriva la mano del pellegrino. Erano passate diverse settimane dalla sua visita al Paese del Ferro, con tutto ciò che essa aveva comportato, ed alcuni giorni dalla sua visita al Culto della Felce Lunare nel Paese dell'Erba. L'uomo incappucciato era giunto in cima alla montagna dopo diversi giorni di cammino, prima correndo e poi - una volta superata la zona in cui incontri sgraditi erano più probabili - muovendosi con più calma, godendosi la solitudine della foresta. In qualche modo, si era persino astenuto da distruggere la natura circostante; oramai, a più di due anni dal suo Avvento, aveva appreso come cedere al selvaggio piacere della distruzione solo nelle giuste occasioni.

    Era immobile sul cucuzzolo da diverse ore ormai, perso nello spettacolo del graduale manifestarsi della tempesta che di lì a breve avrebbe colpito con forza tutta la parte sud del territorio della Cascata. Il motivo della sua presenza in quel luogo, tuttavia, era un altro: il cupo pellegrino attendeva qualcuno. Qualcuno, che magari, era giunto lì persino prima di lui e che in quel momento lo stava osservando, nascosto chissà dove. La Serpe era fatta così, del resto: una presenza impercettibile, un predatore dei suoi simili. Un servo in grado di divertire l'uomo in nero.

    L'ultimo contatto tra i due era avvenuto tra le dune dell'arido deserto alle porte della Sabbia, quando la Tetracoda era stata resa libera dalle azioni del viandante. La Serpe non era stata coinvolta in quell'incidente: il suo padrone aveva scelto di non impiegarlo in quel frangente, riducendolo a mero testimone degli eventi. Quando poi si erano ricongiunti tra le sabbie, il nero pellegrino gli aveva ordinato di tornare a casa, nel Paese del Suono, e di rendersi utile al suo villaggio. Si sarebbero rincontrati due mesi dopo, a Taki, nel luogo in cui posavano ora gli stivali del cupo viandante.

    Proprio da lì avrebbe avuto inizio il prossimo gioco della figura incappucciata. L'ultimo ordine impartito alla Serpe dal suo padrone era di seguirlo nell'ombra, invisibile e discreto, e di comparire al suo cospetto solo quando chiamato. Il momento era finalmente giunto.

    « Serpe. », tuonò il Flagello Immortale.

    Dopo tanto tempo, il servo veniva di nuovo chiamato dal suo padrone.
     
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    Taki, territorio senza legge.
    Due forze oscure si erano date appuntamento sulla cima del monte più alto che svettava nella zona sud della regione di Taki.
    Il cielo sembrava essere ricolmo d'astio: giganteschi ammassi di nuvoloni neri avevano fatto calare l'oscurità su tutto il territorio nonostante fosse pieno giorno.
    Lampi violacei venavano il cielo nero e scariche di energia negativa rendevano l'aria pesante, quasi irrespirabile.
    La vegetazione era in preda al vento che ululava con una forza inaudita e all'acqua che si abbatteva sulla terra con una violenza tale da sembrar voler divorare anche la roccia.
    La natura era in subbuglio, come se avvertisse e reagisse alla presenza dell'immortale.
    Erano passati due mesi esatti dagli eventi di Suna e l'ora dell'appuntamento stava per scoccare.
    Mi trovavo immerso nella vegetazione più fitta ad osserva da debita distanza Jeral.
    Gli alberi si diradavano di metro in metro man mano che il terreno sempre più spoglio e scosceso saliva andando a terminare in un picco di roccia dal quale si aveva la più ampia panoramica di tutta la regione sottostante.
    Su tale picco stanziava il ronin.

    Alla parola “serpe” un tuono squarciò il cielo rombando in una fragorosa esplosione nell'etere.
    Uno stormo di uccelli si levò in volo impaurito dagli alberi. La luce rischiarò a giorno tutto l'ambiente circostante mettendo in chiaro, per un solo istante, una sagoma nera che era apparsa su uno degli ultimi pini presenti sul picco, il più alto.
    Non si riusciva a distinguere chiaramente i suoi lineamenti, perchè dopo il lampo di luce erano calate di nuovo le tenebre, ma una cosa era nitida: due occhi famelici dal colore ambrato e dalla pupilla a taglio che risplendevano ricolmi di energia anche nell'oscurità.
    La luce di quello sguardo andò lentalemte ad affivolirsi, ora i miei occhi erano del loro colore naturale, l'azzurro, sintomo che il mio corpo non era alterato dai poteri proibiti del serpente.
    Rimasi sulla cima dell'albero impassibile all'acqua che scendeva copiosa e al vento che faceva sferzare l'impermeabile aperto che indossavo alle mie spalle alla stergua di due ali demoniache.



    Edited by Juuza - 28/4/2015, 20:00
     
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    La tempesta non desiderava farsi attendere. Tutto attorno alla cima di pietra della montagna, grosse gocce d'acqua iniziarono a cadere incessantemente, mentre tuoni risuonavano in lontananza. Nulla cadeva sul Flagello Immortale, che appariva impervio da vento e pioggia. Un'aura di qualche tipo circondava la sua figura imponente, impedendo a qualsiasi manifestazione naturale di avvicinarsi a lui. In realtà, era l'esatto contrario: gli elementi temevano il suo tocco e da lui fuggivano.



    Quando, sulla cima cima di quella conformazione rocciosa, egli evocò il nome del servo, dopo qualche istante poté avvertire una presenza alle sue spalle. La Serpe era comparsa. L'Avatar rimase immobile ancora per qualche minuto, ascoltando le voci dell'acqua e dell'aria scatenarsi nell'etere. Quando si voltò, seppe subito dove guardare. Un'ombra nera, più scura delle nubi temporalesche, posava sulla cima di un grosso pino, ormai carico di pioggia. In quella sagoma, nella tenue luce che riusciva a filtrare dal cielo, l'unica cosa visibile era un paio di occhi freddi come il ghiaccio che, senza tradire alcuna emozione umana, osservavano l'Immortale.

    Jeral osservò la Serpe: senza dubbio alcuno, quando avesse avuto l'opportunità e il potere di coglierla, non avrebbe esitato un istante a tradire il Flagello. Una realtà di cui l'Avatar era a conoscenza dal primo momento in cui aveva visto il servo seviziare alcuni dei suoi simili per il puro piacere di farlo. Egli era un capriccioso predatore, corrotto dai poteri del serpente e certamente non avvezzo ad indossare un guinzaglio. Eppure eccolo lì, e il motivo era uno solo: in quel mondo terreno di caccia e di dolore, dove vigeva la legge del più forte, il piccolo serpente non poteva che strisciare ai piedi del cupo mietitore al di sopra del tocco della morte.



    « Vieni a me. », ordinò.

    Un servo deve inchinarsi davanti al suo padrone.
    Lo sguardo violaceo dell'Immortale rifletteva l'imposizione alla Serpe.
     
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    Il busto del ninja, all'unisono con gli arti inferiori, iniziarono ad allungarsi mostruosamente: stava letteralmente volando nell'aria, in verticale, con lo sguardo che puntava verso il cielo, distendendosi nell'aree come un vero e proprio serpente dal colore nero.
    Una volta raggiunta la massima estensione con moto parabolico discese verso il basso, spinto dal peso e della forza di gravità assunse la velocità di un fulmine: il suo corpo saettò verso terra strisciando, sgusciando e attorcigliandosi come un'anguilla tra il reticolo di rami trascinando con se gli arti inferiori e i piedi che lasciarono il loro appoggio.
    L'immagine era davvero quella di un serpente che pareva poter volare tra le fronde degli alberi con un agilità innaturale per un essere umano.
    In meno di un batter di ciglia si trovò a terra, intento ad avanzare verso Jeral.
    In quel frangente iniziò a pensare all'ultimo incontro nei territori di Sunagukure: all'inseguimento nel deserto, alla tempesta di sabbia, alla morte del jinkurichi e alla liberazione del tetracoda.
    L'immortale aveva agito da solo, mentre l'assassino aveva seguito tutti gli avvenimenti tenendosi a debita distanza, rimanendo nell'ombra, com'era solito fare.
    Quali sarebbero stati i prossimi obiettivi ?
    In prossimità del ronin la serpe poggiò un ginocchio a terra, assecondando il volere di Jeral, come era solito fare nel mondo dei ninja davanti al proprio daimyo, o in questo caso qualunque cosa egli fosse per il chunin.
    Con un cenno della mano abbassò la seta che gli fasciava la parte inferiore del viso, portandola sotto al mento e rivelando il suo volto terrificante.
    La serpe non provava nulla, i suoi lineamenti erano freddi e inespressivi, proprio come quello di un rettile, con gli occhi fissi le cui palpebre non battevano mai: una corazza che si era costruito nel tempo, sin da bambino, per non far trapelare alcuna emozione.
    Gouken sapeva che Jeral aveva compreso la sua vera natura, ma sapeva anche che lo aveva colpito, ed ora lo voleva al suo fianco.
    Un'alleanza pericolosa per entrambi, ma che avrebbe potuto dare i suoi frutti.

    Abbiamo molto di cui discutere.

    Tuonò fissandolo negli occhi.
    Non era fuggito, aveva eseguito le direttive a Suna alla perfezione ed ora era lì, all'incontro fissato a Taki come gli era stato ordinato, ma i suoi servizi non erano gratuiti e fino a quel momento non aveva ricevuto alcuna forma di "pagamento".




     
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    Gli occhi violacei dell'Avatar seguirono le acrobazie aeree della Serpe, osservandolo torcersi e strisciare tra gli alberi sulla cima del picco finché non gli fu davanti. Rimase immobile, guardandolo toccare con il ginocchio destro la nuda terra con il ginocchio destro e riconoscere nel Flagello un'entità superiore. L'assassino abbassò un lembo di stoffa inzuppata che nascondeva parte del suo volto, rivelando lineamenti ferali. L'unica cosa che si muoveva, su quel volto parzialmente tumefatto da chissà quale evento passato, erano gli occhi cangianti dell'uomo con i poteri della serpe, inquietanti quasi come quelli dell'Immortale stesso.

    Quando la Serpe parlò, Jeral sostenne il suo sguardo, fissandolo intensamente. Il servo aveva preso iniziativa, comunicando la sua intenzione di discutere di qualcosa con il padrone. Forse l'assassino aveva dimenticato i termini posti da Jeral quel giorno, quando, nelle foreste del Fuoco, l'Immortale lo aveva sottomesso, trafitto e reso schiavo. L'accordo era semplice: la vita della Serpe in cambio dei suoi servigi. Inoltre, se lo avesse servito bene, una volta raggiunto il suo scopo, il cupo mietitore avrebbe ricompensato generosamente l'assassino di Oto. Il Flagello non era un ingrato nei confronti di chi lo aiutava a spargere distruzione.

    « Sei qui per un motivo preciso, Serpe. », rispose l'Immortale, ignorando eloquentemente quanto sottinteso dalle parole dell'assassino; la missione di pedinamento nel deserto dell'Anauroch aveva avuto un duplice scopo: mettere alla prova le sue abilità di pedinamento silenzioso e, allo stesso tempo, mostrargli il potere dell'Avatar, che si era mostrato in grado persino di liberare uno dei nove Demoni. In altre parole, non era stato che un test iniziale, come era intuitivamente desumibile dal minimo coinvolgimento che lo shinobi di Oto aveva avuto fino ad ora nei piani dell'Avatar. Il palmo di Jeral si levò, creando una curvatura irregolare nel flusso indisturbato della pioggia ticchettante tutto attorno.

    1JuquDU

    « Oggi violerò la Città Fantasma e ne prenderò possesso. »

    Si voltò verso la valle al di sotto della montagna, dove presto il carico d'acqua portato dalle nubi nere avrebbe ingrossato i fiumi ad oltranza. Là sotto, a circa tre ore di cammino verso est, si trovava l'unico accesso a Izumi, la città separata dal resto del Paese della Cascata da due distinti corsi d'acqua. Il nascondiglio perfetto per qualsiasi organizzazione volesse stabilire una base al riparo da occhi indiscreti. « Seguimi nell'ombra ed elimina chi ti indicherò. »

    Nel corso del suo viaggio per il Ferro, prima, e per l'Erba, dopo, Jeral aveva sentito alcune voci interessanti su quella località: alcuni shinobi e cacciatore di taglie vi avevano messo piede senza mai tornare. Pareva che alcuni traditori avessero eletto la piccola città abbandonata come loro rifugio, stabilendo una vera e propria gerarchia organizzata. In più, il Paese della Cascata aveva scelto di non agire direttamente, limitandosi a mettere delle semplici taglie. Questo significava che nessuno, se non forse qualche sporadico cacciatore di taglie, avrebbe intralciato le mire dell'Immortale.

    Senza dire altro, il Flagello si lanciò dalla cima della montagna, saltando di masso in masso con un'unica direzione: il ponte per Izumi, l'unico collegamento con la città fantasma. La Serpe aveva guadagnato il diritto di essere messa alla prova su un vero campo di battaglia. Due guerrieri dai poteri proibiti: un immortale padrone degli elementi e un assassino con la forza del serpente - Jeral si chiese se avrebbero incontrato qualcuno in grado di opporre loro resistenza. In cuor suo si augurava di sì, giacché nessuna battaglia gli aveva dato un'estasi paragonabile a quella con Benkei, il senza legge dal pugno di ferro.

    Mentre l'Avatar continuava a correre, il cielo nero sembrò scurirsi ancor di più.
     
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    Evidentemetne non era stato convocato per discutere, ma per una missione.
    Alcune voci sulla città fantasma erano giunte anche al suo orecchio ed il fatto che Jeral volesse impadronirsene era positivo.
    Izumi sembrava perfetta per poter diventare il nuovo covo del ronin, celata da occhi indiscreti ed ora Gouken avrebbe contribuito a conquistarla.
    Una volta conquistata avrebbe studiato tutti i suoi segreti, raccogliendo ogni informazione utile a se stesso: avere accesso e conoscere alla perfezione il futuro covo di quella creatura lo elettrizzava e avrebbe potuto usare tutto ciò contro di lui.
    Si alzò in piedi osservando con i suoi occhi capaci di penetrare l'oscurità tutta la vallata, studiando il tragitto che avrebbero percorso.
    Alzò la seta del turbante che gli fasciava il collo fino a sotto la linea dello sguardo e chiuse per un istante gli occhi per concentrarsi.
    Mentre la presenza di Jeral era forte e palese ed in continuo contrasto con la natura, tanto da far rifuggire la pioggia che deviava il suo corso pur di evitarlo, quella di Gouken era calata all'improvviso fino a svanire del tutto, simile a quella di uno spettro.
    La serpe era invece parte integrante di tutto l'ambiente naturale che li circondava, era un tutt'uno con la terra e con la pioggia così come il suo chakra che era diventato del tutto impercettibile.

    Conta pure su di me...

    Rispose con la sua voce mostruosa agli ordini impartiti mentre già pregustava l'azione.
    Anche lui aveva sentito, nei bordelli di Oto, luoghi frequentati dalla peggior feccia di tutto il continente che alcuni traditori avessero eletto la piccola città abbandonata come loro rifugio, stabilendo una vera e propria organizzazione. Il Paese della Cascata si era limitato a mettere delle taglie sulle loro teste e questo era positivo perchè se l'accademia si chiamava "fuori" allora anche il suo ruolo di chunin del suono era salvaguardato, non che avesse intenzione di fallire o di lasciare qualche testimone della sua presenza.

    Al seguito di Jeral la serpe con la sua consueta agilità mostruosa prese a discendere la montagna balzando di raccia in roccia, da ramo in ramo, sfruttando la sua abilità di movimento tipica che lo rendeva tanto più rapido quanto più il territorio era difficile ed irregolare.
     
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    Prosegue con Complotti a Tre.

     
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