Back to the Suna

[Free GdR/Addestramento] C a n n e l l a - Bartok.

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  1. C a n n e l l a
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    Back to the Suna

    1. È questione di pelo


    Mi svegliai di colpo, sbattendo una testata contro il soffitto, sempre troppo basso, del mio amato soppalco.
    Ahia, cazzo... dissi fra me e me, massaggiandomi la fronte offesa. Perché le mie giornate devono iniziare sempre così di cacca, eh? Ah già...di cacca...eheh... Effettivamente, nonostante fosse piuttosto presto (dalla mia finestrella la luce entrava fioca) già nell'aria si levava un piacevole effluvio, familiare e, come dire...caldo e umano. Pa' doveva essere già nel capanno a trafficare con i suoi attrezzi. Ogni volta che li muoveva anche solo di un millimetro rilasciavano il loro aroma corposo. Corposo nel senso che, quando Pa' si metteva al lavoro, sembrava che qualcuno ti fosse appena andato di corpo sul cuscino. Con la diarrea. Che vita di merda... Mi calai giù dal soppalco, svogliatamente, lasciando cadere a terra un sigillo e provando la familiare sensazione vorticante. In una frazione di secondo ero seduto a terra, sbadigliando e stropicciandomi gli occhi impastati dal sonno. Oltre alla puzza mefitica e al dolore alla fronte, qualcos'altro mi tormentava. Qualcosa che non avrei saputo definire bene. Una sensazione, diciamo. Come di qualcosa di mancante. Forse un incubo? Un incubo? Una visione di un'altra realtà? Non saprei dire, ma ebbi decisamente l'impressione di essere stato via per molto, molto tempo. Anni, forse. Invece ero sicuro di aver poggiato la testa sul cuscino la sera prima, come facevo sempre. Allora perché mi sentivo così diverso? Ma vai a capire te cosa mi dice il cervello.
    Scalzo, scarmigliato, assonnato e dolorante (alla puzza ci ero piuttosto abituato: da più di vent'anni costituiva la mia giornaliera "colonna odorifera") mi avviai in cucina. Essendo presto, le mie sorelle, Taka e Tako, dormivano ancora profondamente. Poverette, ovvio che avessero sonno e fossero stressate! Pa' si era messo in testa che era finalmente giunto il momento che anche loro, come Washi, la maggiore, trovassero marito e, senza troppi giri di parole, si levassero dai cosiddetti. Senza rancore, eh. Pa' era fatto così: molto diretto, e al contempo criptico. La maggior parte delle persone lo avrebbe preso per un rozzo scorbutico. Ma io no. Con mio padre ho sempre avuto un rapporto "particolare", e posso dire di essere uno di quelli che lo conosce meglio. Che lo capisce anche. E nel caso delle mie sorellone, la smania di togliersele di torno era un mix di preoccupazione per il loro futuro e di coscienza del fatto che non era più molto in grado di mantenerci tutti. Stava diventando vecchio, il mio vecchio. E due figlie adulte a carico non se le poteva più permettere col suo modesto lavoro. Lavoro che, per inciso, era destinato al fallimento a causa del sottoscritto. Ma questa è un'altra storia e forse la sapete già.
    Ma', ad ogni modo, era già sveglia, e spadellava e cuoceva e lavava e dio solo sa cos'altro. Silenzioso, per un po' la guardai lavorare, placida e serena. Quella donna mi ha sempre trasmesso una gran pace. E a lei non devo solo la vita, ma la mia stessa carriera. Senza di lei non sarei probabilmente riuscito a convincere Pa' a lasciarmi seguire il mio sogno. E adesso sarei di là con lui, a preparare gli spurghi per i tombini e i cessi altrui.
    'Giorno, bella signora! Che si dice di bello?
    Guarda chi si vede di prima mattina! Che ci fa il mio ghiro alzato a quest'ora? Pensavo che, appena sveglio, l'ultima persona che tu volessi vedere fosse tuo padre. E invece deve ancora fare colazione e tra poco tornerà in casa.
    Oh andiamo, Ma'. Non ho più quindici anni, sai? Penso di poter sopravvivere a una mezz'oretta di papà, anche se al mattino. Comunque boh, mi sono svegliato. Forse ho fatto un brutto sogno...
    Sicuro di stare bene? Sembri...diverso...Ma sicuramente è solo una mia impressione. Siediti che ti preparo la colazione. Bella abbondante, così ti riprendi. Secondo me non dovresti, com'è che dici tu?, telestranpotarti?, così tanto. Mi sa che ti scombussola lo stomaco.
    Nah, a quello ci sono abituato. Comunque ho avuto anche io l'impressione che ci fosse qualcosa di diverso. Ma è solo una stupida impressione, no? Che altro potrebbe essere. Guardami, sono uguale a ieri, ve'? dissi, sedendomi dal lato del tavolo dove sapevo non si sarebbe seduto Pa'.
    Quasi evocato per magia, il mio vecchio fece in quell'istante la sua comparsa in cucina. Baciò mamma sulla fronte e mi lanciò uno dei suoi soliti grugniti cinghialosi, sostitutivi di una vasta gamma di locuzioni: dal "vorrei tu fossi morto male da piccolo" al "buongiorno, figlio mio, fatto un sonno riposante?", passando per "ah ci sei anche tu?" e "attento uscendo che fa freddo". Mio padre è mostro della sintesi. Ricambiai con un secco 'Giorno, Pa'. e continuai a fissare la superficie lisa del tavolo.
    Toh. Per te. Qualcosa di non troppo pesante mi colpì in fronte, frusciando poi sul tavolo. Una lettera, dall'aria ufficiale. L'Accademia, ovviamente. Guardai Pa', ma si era già seduto, e guardava ostinatamente fuori dalla finestra. Sempre il solito. Aprii la lettera e il suo contenuto mi fece spuntare un sorriso sulle labbra. In un attimo, mi dimenticai della botta e della strana sensazione. Questa sensazione era familiare e dannatamente piacevole. Un incarico. A Suna, per di più! Quanto tempo era passato? Oh, ma chi se ne frega! Andrò di nuovo a Suna! Magari rivedrò Ame, o Hoshi. Oppure anche quel pazzoide del monaco meccanico, quel tale Lux.
    Con gioia mi rivolsi a Ma': Senti qua Ma'! Mh-mh. All'attenzione di Hitori Aki-san, hanno dimenticato il "nono", ma chissene, Genin di Konohagakure-no-Sato e membro ufficiale dell'Accademia. La sua presenza è richiesta al più presto possibile a Sunagakure-no-Sato, dove dovrà svolgere funzioni di insegnamento ad un collega più giovane ed inesperto. La richiesta ci è pervenuta direttamente dall'interessato, che risponde al nome di Miyazawa Haruki, il quale ha fatto esplicita domanda di uno shinobi con capacità simile alle Sue. Sentito? Voleva uno come me! Oh, gioia! Per questo La invitiamo a recarsi il prima possibile nel Villaggio succitato, prendendo preventivamente contatto con Miyazawa-san. Le auguriamo un piacevole soggiorno, con la speranza che Lei sia all'altezza delle aspettative e del buon nome di questa Accademia. Cogliamo l'occasione per mandarLe i nostri più cari saluti bla bla bla firme e sigilli vari. Capito, Ma'? Vado di nuovo a Suna! Wooooooooo!
    Ti preparo un cestino per il viaggio allora!
    Non dici niente, Pa'? Vuoi continuare a fare finta che quello che faccio sia un grande e impalpabile nulla?
    Mmmh.
    Io so cosa stava pensando mio padre. Dentro di me ero certo stesse approvando. Gli feci un occhiolino e per un secondo, ma solo per un secondo, mi sembrò di scorgere un angolo della sua bocca alzarsi lievemente.

    [...]

    Il caldo era proprio quello che ricordavo. Un caldo terribile, secco e in grado di seccarti come una mummia in dieci minuti. Senza la bandana sapevo che mi si sarebbe già fuso il cervello. Parecchio tempo era passato dall'ultima volta. Ricordi, volti si sovrapposero. Quel bastardo di Shinichi. Le cicatrici sulle spalle mi bruciarono al suo pensiero. Ma anche Ame, il suo piccolo corpo caldo svenuto tra le mie braccia. E Hoshi, col ciuffo rosso intento a combattere assieme a me una mostruosa larva e un uomo budino. Qualcosa di speciale mi aveva sempre legato a quel Villaggio sperduto nel culo sabbioso del mondo. Essere di nuovo lì mi riempiva di gioia. Di una gioia selvaggia che non provavo da tempo. Sorrisi, godendomi il sole, mentre un tizio improbabile, completamente coperto da una sciarpa mi passava accanto. Che stupido, come ho fatto a non pensarci prima! Una sciarpa, ecco cosa mi ci voleva per andare a Suna! ridacchiando da solo mi misi a cercare con lo sguardo qualcuno che potesse sembrare il mio uomo. Ovviamente avevo dimenticato di allegarmi una descrizione, e avevamo concordato solo il luogo di ritrovo, davanti al Tempio della Sabbia. Ma là intorno c'erano un sacco di persone, e nessuna aveva esattamente l'aspetto di un ninja. Guardie a parte.
    Poi all'improvviso colsi un lampo rosso e dorato. Ad una quindicina di metri da me avvistai l'inconfondibile vestiario di Lux, il monaco picchiatore che aveva pestato quel tizio-lupo durante la missione con Hoshi. Un duro con le palle d'acciaio! Doveva essere lui! Era girato di schiena, ma sembrava proprio il mio caro vecchio Lux. E un amico andava salutato nel migliore dei modi!
    Il pugnale volò sopra la folla con la precisione che, modestamente, mi contraddistingue. Io lo seguii. Come sempre il mio me mentale già mi aspettava nell'esatta posizione che volevo assumere all'arrivo. In questo caso, una mano sul manico del pugnale, per fermarlo, e l'altra chiusa a pugno e alta sopra la testa. Conoscevo la forza di Lux, e volevo metterlo alla prova per vedere quanto fosse diventato forte.
    LUUUUUUUUUUUX!
    E gli calai il pugno sulla zucca dai folti capelli castani, un attimo troppo tardi per ricordarmi che Lux, da bravo monaco, era pelato come un ginocchio di vecchia.
     
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