[Gioco] Vizi di Forma

Grado C

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  1. -Hidan
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    Vizi di Forma

    Spalle al Muro


    Nulla era come sembrava.
    Se mai fossi tornato vivo da quella missione, sarebbe stato un insegnamento che mi sarei portato dietro per tutta la vita.
    Non che fossi sicuro di tornare vivo da quel posto, però questo fu il mio pensiero una volta entrato nel piccolo forte di legno del nobile commerciante di legno. Fummo scortati immediatamente al palazzo da diverse guardie e, passando nel polveroso luogo che non veniva ricompreso nel palazzo principale, potei notare come ad un minimo numero di artigiani o semplici lavoratori, corrispondeva un numero impressionante di samurai o guerrieri.
    « Male... » Sussurrai, digrignando i denti. Certo, eravamo molto vicini ad Ame, ma quel numero impressionante di guardie non mi sembrava per nulla normale. Poteva essere un luogo sicuro, o poteva essere una trappola per topi.
    Fummo fatti entrare nel palazzo, accolti da un giovane che faceva la funzione di scudiero del nobile Sarumaki, il quale ci condusse alle nostre rispettive stanze, raccomandandosi di lavarci e riposarci fino all'ora di cena, dove avremmo finalmente incontrato il ricco proprietario del luogo. Era strano. « Il tuo signore è troppo occupato per accoglierci di persona, eh? » Guardai Anzo. « Non eravate grandi amici? Non ti doveva un favore? Io, se sono debitore di qualcuno, il minimo che faccio è accoglierlo a casa mia... » Guardai con uno sguardo di diffida il giovane, mentre facevo entrare Anzo nella sua stanza, dopo averla ispezionata. Nulla di strano, sembrava essere tutto nella norma. Anzo, felice come mai da quando eravamo partiti da Suna, continuò a rassicurarmi, chiedendomi di lasciargli un po' di intimità. Alla lunga, decisi di accontentarlo, chiudendo dietro di me le porte della sua stanza.
    E subito la fonte della puzza si presentò al mio cospetto, nella persona del nobile Sarumaki, accompagnato da due samurai, ben armati e con la mano sull'elsa delle loro spade. « Ehi... Ragazzi, stiamo calmi... Va bene fare i duri e minacciarmi, ma non sfidate mai uno spadaccino. Chiaro? » Era puzza di letame, ora l'avevo riconosciuta. Fui invitato "spintaneamente" a seguire il nobile nelle mie stanze. « Forza, togliamoci di qui... » Cercai di accontentare l'uomo, non conoscendolo, pensando solo a portarlo lontano da Anzo. Arrivammo nella mia stanza, poco lontana da quella del vecchio nobile, quindi il nobile iniziò a parlare. La sua intenzione era quella di uccidere Anzo. Sbuffai, spazientito.« Strano... » Ormai era un classico da più di una settimana. Ogni persona che incontravo voleva Anzo morto, compresi i suoi debitori.
    Ero con le spalle al muro, inchiodate, nel vero senso della parola. Bloccato in una piccola fortezza, con duecentocinquanta guardie secondo Sarumaki. Potevo anche non credere a quel numero, ma non era poi così irrealistico, anzi, era stranamente affidabile. Solo che mi lasciò una scelta: uccidere io stesso Anzo, ed essere ricompensato, oppure lasciarlo morire, non interferendo con le sue guardie e assassini. Il tutto sarebbe dovuto accadere al più dopo la cena. « Tsk... » Incrociai le braccia. « Finito? Vorrei riposarmi adesso, è stata una giornata molto lunga... E la nottata non sembra meno impegnativa... » Guardai con aria di sfida il nobile, che si dileguò, seguito dalle sue due guardie.
    Caddi sul letto, sprofondando nel materasso. « O, cara Shizuka... Forse ho preso veramente la strada sbagliata... » Stavo parlando da solo, visto che non avevo nessun altro con cui parlare. Forse non avrei avuto mai nessun altro con cui farlo. Il cuore mi si stava stringendo nel petto. Uccidere Anzo?
    No, mai. Sarei morto pur di farlo. Era un detestabile, stupido vecchio, corrotto e ingrato, ma il mio codice non prevedeva in alcuna maniera una tale possibilità. Quella era stata la mia missione, ma ancora più importante, era diventata una promessa nei confronti di quell'uomo. Ero un guardiano, non un assassino. Non avrei potuto convivere con quel peso, non avrei mai potuto farlo. Sarei morto, davanti alle porte della sua stanza contro trecento samurai piuttosto, ma mai avrei permesso che qualcuno sfiorasse anche solo con un dito quel vecchio finché avrei avuto un respiro in gola. Che cosa idiota, l'onore.
    Ma Anzo, dopo tutti i miei sforzi, sarebbe comunque morto. Non potevo sopravvivere, e neanche lui, lo sapevo troppo bene, dovevo solo accettare quel dato di fatto. Accettare la mia condizione, e difendere fino alla fine quello in cui credevo. Se così non fosse stato, tanto valeva morire immediatamente, magari falciato da uno dei dardi che erano volati nel deserto, avrei avuto comunque più onore da cadavere che da assassino.
    Ripensai a quell'immensa distesa di sabbia bollente, al sangue che copriva la sabbia durante la prima notte, ai miei compagni, a Shizuka e i suoi occhi rossi, splendenti nella notte. Avevo avuto l'onore di poter vedere lo sharingan dal vivo dopo aver sentito tanti racconti, anche se non mi entusiasmò particolarmente il suo utilizzo. D'altronde, non aveva avuto alcun effetto. Nessuno su Anzo. Ripensai alle parole di Shizuka, di come avesse cercato di usare un'illusione su di lui tramite i suoi occhi, fallendo miseramente. Di come aveva cercato di bloccarlo, e aveva fallito anche in quell'occasione, visto che Anzo si era dimostrato più forte di lei con i soli muscoli del suo collo.
    Era incredibile quel vecchio. Partito con solo due guardie da Suna, seppur cosciente di essere ricercato da dei mercenari, e dopo aver richiesto all'Accademia una missione di livello C. Non ci potevo credere. O meglio, nel bel mezzo del viaggio, non c'avevo mai pensato. Uno degli uomini più ricchi del Paese del Vento, corrotto politico e commerciante, miserabile e meschino fino all'osso, capace di far sacrificare anche le sue guardie private per aver salva la vita, che partiva in fretta e furia, senza una scorta adeguata, seppur con i mezzi per poterne affittare una, e senza l'equipaggiamento adatto. Inoltre, forte ogni oltre immaginazione e resistente alle illusioni. Ah, puzzava anche di ammoniaca, quasi mi scordavo.
    « Non ha senso... » Lo pensai, lo dissi ad alta voce, mentre andavo a cercare il pugnale sotto il mio letto, trovandolo e impugnandolo. Nulla aveva avuto senso di quella missione, fin dal principio.
    Perché non chiedere una scorta adeguata? Perché non essersi attrezzato per un tale viaggio? Perché i nemici sembravano essere sempre un passo davanti a noi? Nel deserto, alla locanda di frontiera, adesso fino al palazzo di un suo debitore... Ma che lo vuole morto.
    Mi alzai dal letto, incominciando a camminare lentamente, passo dopo passo, respiro dopo respiro, fino alla camera di Anzo. Il cuore, ancora stretto, per un attimo si fermò, quando spalancai la porta della sua stanza senza bussare, trovandolo seduto su una poltrona, già lavato e rinfrescato. Con uno sguardo quasi perso nel vuoto, chiusi la porta dietro di me, quindi lanciai il pugnale verso il vecchio, ma mirando ad una trentina di centimetri verso la sua destra. La lama viaggiò veloce, andandosi a conficcare nel muro di legno dietro ad Anzo. « Dobbiamo parlare, vecchietto mio... » Quello forse sarebbe stato il mio ultimo discorso con una persona amichevole, per quanto amichevole poteva definirsi Anzo, però dovevo recitare una parte. Dovevo essere sicuro di morire per una causa giusta. « Il tuo amico e debitore, Sarumaki, mi ha chiesto di ucciderti. Ho tempo fino a dopo la cena, dopo tale evento, lo farà lui stesso, o una delle tue guardie. Sarò ricompensato, ovviamente. Lui confermerà di come i briganti ci hanno raggiunto nella foresta, trovati, circondati, e di come io, eroicamente, abbia provato fino all'ultimo a salvarti, fallendo infine nella mia missione. Manterrò il mio incarico, e porterò anche un bel po' di soldi con me... » Mi andai a sedere di fronte ad Anzo, continuando a fissarlo negli occhi. « Non male come proposta, vero...? Ma, prima di ucciderti, voglio delle risposte. Ho ripensato tanto a quello che è successo in questi giorni, e non riesco a spiegarmelo in alcun modo. Come puoi tu, Anzo, politico e commerciante membro della famiglia reale del Paese del Vento, aver richiesto una missione di grado C all'Accademia, sapendo di essere braccato? Come puoi tu essere partito in fretta e furia, anche dopo aver fatto tale richiesta, e quindi sapendo di essere in pericolo, senza scorta e senza equipaggiamento? » Appoggiai le mani sul tavolino di fronte a me, avvicinandomi verso di lui. « Come puoi tu esserti liberato dalla stretta di un ninja anche più forte di me ed aver resistito ad una delle più potenti tecniche illusorie del mondo ninja senza alcun addestramento? » Sbattei i palmi delle mani sul tavolo. « Chi diavolo sei tu?! » Alzai la voce, furioso come forse Anzo non mi aveva mai visto. La paura di morire, di non poter più rivedere Meika, di non poter mantenere le mie promesse, la frustrazione per aver perso così tante vite, di abbandonare i miei sogni, le mie speranze. Tutto stava uscendo fuori dal mio cuore per mezzo della mia voce. « Ovunque tu ci abbia condotto, ovunque tu mi abbia condotto, è sempre stato in bocca al pericolo! I nostri nemici erano sempre un passo davanti a noi, come se sapessero sempre dove ci trovassimo o dove ci saremmo diretti! Perfino qui! Dove credevi fossimo stati al sicuro! Perfino nelle fortezze dei tuoi debitori, dei tuoi amici, invece, siamo in pericolo... » La mia voce si calmò, i muscoli, prima irrigiditi, si rilassarono improvvisamente. Chiusi gli occhi, respirai a fondo. Poi mi alzai dalla sedia.
    « Dove ero in pericolo... » La mano andò ad impugnare il fuuma kunai, che venne sfoderato. « Non c'è via di scampo, Anzo... Lo sai... Ho le spalle al muro... » A piccoli passi incominciai a fare il giro del tavolo, fermandomi a meno di un metro dal vecchio nobile. « Mi dispiace. »
    Lo guardai negli occhi, come se fosse l'ultima volta. Alzai l'arma, pronta a colpire.
    Solo che non avrebbe mai colpito.
    Magari mi sbagliavo, magari era solo la paura di morire ad avermi fatto diventare paranoico, ma speravo, con tutto me stesso, che la paura avrebbe fatto breccia nella verità. In caso contrario, sarei stato pronto.
    La scelta l'avevo già presa, anzi, non c'era mai stata.
    Nessun compromesso, neanche di fronte alla morte.

     
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