Il destino di un Kurogane

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    La locanda del lungo drago








    I Kurogane, la terza grande spina nel fianco di Konoha, al pari se non superiore, di Edera e Loto.
    Paradossalmente però, pensava il Colosso, nonostante fossero quelli che gestivano i materiali più pericolosi erano anche i più discreti, riuscendo a passare quasi inosservati nonostante fossero l’arteria che nutriva rivoluzioni e criminali in tutto il continente ninja.
    Un bersaglio degno di tutto rispetto.
    Alla locanda del porto di Otafuku la Montagna era intenta ad osservare se la gallina delle uova d’oro che stava aspettando era puntuale.
    Otafuku era uno di quei posti particolari che ad un occhio esterno potevano sembrare marci e lordi, corrotti fino al midollo, la peggiore feccia del pianeta annidata in un angolino inarrivabile in cui stava a marcire contaminando tutto col suo fetore.
    Era da qualche mese che aveva dovuto lasciare Konoha per riempirsi i polmoni di quel fetore e confondersi con esso in modo da rintracciare Masaki: uno dei rari casi di diamante che nascono dal letame, ed il suo detergente più potente.
    Era riuscito a captare un’ unica piccola informazione, aveva l’abitudine di passare da quel locale per distendere i nervi anche se l’orario non era mai perfetto, forse un inconscio tentativo di evitare una routine che l’avrebbe esposto a dei rischi. Ma tanto valeva, fino a che aveva quel comodo divanetto su cui sedersi poteva aspettare a lungo, senza contare che quello era uno dei pochi locali di Otafuku che era riuscito a tagliarsi un oasi di tranquillità e pulizia difficile da intaccare, merito dell’oste probabilmente, aveva fama di essere un ex shinobi, una di quelle persone a cui è meglio non dare noie quando decidono di trovare la pace durante una meritata pensione.

    Sii gentile Taroku, quando il ragazzo si fa vivo mandalo da me e pagagli la sua prima bevuta.
    Digli che deve ancora dei soldi all’uomo che avrebbe dovuto cogliere la rosa.


    Gli venne rivolta una lunga occhiata in cagnesco che non potè scrollarsi di dosso fino a quando non si giustificò sollevando gli occhi al cielo.

    Sta tranquillo, è per fargli capire chi sono, non ti strapperò neanche un centrino.

    Un grugno gli segnalò che non ci sarebbero stati problemi a svolgere quel semplice compito.
    Tornò quindi a passo ben misurato verso il suo divano, sbarrando la strada di due intraprendenti uomini che volevano appropriarsi del posto credendo che lui l’avesse lasciato.
    Gli bloccò l’avanzata col braccio più grande che avessero mai visto a giudicare dalle loro facce.

    No, non penso proprio.
    Andate pure sugli sgabelli.


    Li indirizzò con la mano e prese posto sul divano, concedendosi una poco educata posa ma abbastanza comoda da permettergli di aspettare in eterno, magari socchiudendo anche le palpebre di quando in quando.
    Più di una volta Taroku lo squadrò ma venne sempre calmato da un gesto che non chiedeva altro che tranquillità, sembrava fosse in preda ad un pesantissimo doposbornia, ma dopotutto, che gli importava? Mica era li per portare i suoi omaggi al Daimyo, doveva solo levare un po’ di moccio dal naso al Kurogane.
     
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