Il meritato riposo

[Free GDR fra Uriko Nonomura e Seinji Akuma]

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  1. .Criss
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    Il meritato riposo

    Posso permettermi una sosta

    Un bicchiere di latte, per piacere!


    Mi buttai pesantemente a sedere su uno sgabello, sospirando rumorosamente e lasciando che la tiepida atmosfera della locanda mi intorpidisse leggermente i sensi. Un ragazzo, vestito in una maniera che certamente non si poteva definire elegante, si avvicinò timidamente, lanciò un'occhiata al coprifronte della Nebbia - che come usuale portavo legato al braccio - ed arrossì leggermente.
    « C-cosa le posso portare, signorina? » chiese con un tono quasi reverenziale.
    Gli rivolsi un sorrisone. Non mi era mai capitato che il mio coprifronte incutesse timore a qualcuno, anche perché fino ad allora me ne ero quasi sempre rimasta rintanata a Kiri.
    « Un bicchiere di latte andrà benissimo, grazie. »
    « O-ok... »
    Mentre guardavo la sua schiena allontanarsi verso il bancone, appoggiai il mento sul tavolo, lasciando che quasi meccanicamente le mie mani andassero a sincerarsi che lo zaino - adagiato fra i miei piedi - contenesse ancora il rotolo.
    Già, il rotolo. L'obiettivo di quella missioncina tanto stupida da fare sì che l'Amministrazione richiedesse non tre, non due, ma un solo shinobi. Niente pericoli, niente bande armate che volevano impadronirsi della refurtiva, semplicemente una ricetta di cucina che un signorotto delle terre limitrofe aveva smarrito durante un viaggio di piacere. Doveva averne di soldi il tizio, per arrivare a pagare il Villaggio della Nebbia per effettuare un recupero così... Così stupido.
    Il ragazzino tornò, reggendo su un vassoio un bicchiere sbreccato con all'interno quel liquido bianco che tanto adoravo: osservai rapita per un attimo i riflessi delle luci al neon che creavano sulla superficie del latte un curioso effetto tremolante, poi estrassi da una tasca un paio di monete e le lanciai al cameriere.
    « Posso portarmi il bicchiere qua fuori? » domandai.
    « C-certo, signorina shinobi » rispose lui deglutendo, mentre afferravo lo zaino e mi dirigevo verso la porta.

    Coloro che avevano dato il nome al villaggio di Takigakure dovevano essersi sforzati poco per trovarne uno che con una sola parola evocasse l'idea di quel luogo. Acqua, cascate, ruscelli ovunque: non una piatta e lugubre distesa marina come quella che caratterizzava Kiri, quanto un brioso inseme di rivoli, fiumiciattoli e - appunto - cascate che col loro suono liquido accompagnavano il viandante finché esso non varcava i confini del paese.
    Mi sdraiai sull'erba poco distante dalla locanda, attenta a non rovesciare il latte, e mi tolsi le scarpe poggiandole allineate accanto allo zaino, dall'apertura del quale il rotolo faceva capolino. Era stato facile trovarlo, tanto che ero in anticipo sulla tabella di marcia; era per quello che avevo deciso di fermarmi qualche minuto a riposare un attimo e godere di quel posto di cui mi ero innamorata.
    Non avrei potuto avere contrattempi in un posto del genere...



     
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