L'accompagnatrice senza volto

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    Y Danone
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    START

    A new beginning. And things will change.




    Faceva un caldo infernale.
    ...Com'era possibile una cosa del genere? Non era ancora neanche estate!
    Eppure lì, al centro del Paese del Fuoco, nella splendida Konohagakure no Sato, il villaggio sempreverde, i grilli frinivano già.
    Facendosi dondolare un gocciolante ghiacciolo azzurro tra le labbra carnose e scarlatte una giovane ragazza dai grandi occhi verde smeraldo, di circa venti o ventuno anni, aggrottò la fronte, perplessa. Indossava solo un paio di pantaloncini neri e una canottiera slargata da cui si vedeva la fascia bianca dell'abbondante seno. Le sue forme morbide facevano capolino da sotto quell'abbigliamento, lasciando scoperta sin troppa della sua carnagione rosea e imperlata di sudore, che soprattutto in quella posizione –distesa a pancia in su con le gambe e le braccia divaricate– non dava esattamente l'immagine della più famosa e ricca Principessa del Paese del Fuoco: Shizuka Kobayashi, l'erede della Dinastia dell'Airone.

    «Ojou-sama... potreste mettervi in una posizione più decorosa, vi prego?»



    La testa di una graziosa ragazza dai capelli a caschetto rossi e i profondi occhi azzurri le spuntò di fronte alla faccia e lei, per un istante, rimase immobile a guardarla prima di girarsi verso destra, facendo una smorfia.
    «No.» Rispose, brontolando, mentre una goccia di sudore le cadeva lungo il collo nudo e chiaro.
    «Siete oltremodo esagerata, come sempre. Pensate forse di non fare più niente fino all'arrivo del nuovo inverno?» Domandò la rossa, la quale al contrario di colei cui si rivolgeva indossava un pudico e ben accollato kimono puntinato blu.
    «L'idea non mi dispiace.» Rispose la Principessa, girandosi a pancia in giù prima di comincia a rotolare sul pavimento di legno: il sole le aveva appena cominciato a ghermire le gambe. Era tempo di spostarsi di nuovo.
    «Siano benedetti gli Dei, ma cosa state facendo Ojou-sama?!» Strillò la domestica, portandosi le mani alla testa. «E se qualcuno vi vedesse?!» Gemette disperata.
    «Ma chi vuoi che mi veda?!» Replicò l'altra, allungando un braccio tremante di fronte a sé con le dita della mano arcuate. «Nessuno mette piede nella Zona Verde di Konohagure... è proprietà Kobayashi, lo sanno tutti.» Aggiunse, girandosi indietro verso l'interlocutrice che superato il primo momento di irritazione –testimoniato dal suo mettersi a braccia conserte e dal battere la punta del piede avvolto da un pulito calzino tabi al suolo–, ebbe un sussulto, divenendo improvvisamente pallida. «Insomma se non posso stare tranquilla neanche a casa mia, dove dovrei esserlo?» Chiese la Principessa. «E smettila di fare quella faccia! Sto solamente dormendo sul pavimento, non sono ancora andata ad infilarmi nuda nei laghetti dei nostri giardini per stare a mollo come una Hozuki...» Anche se non escludeva che avrebbe potuto farlo verso il mese di Agosto.

    «Gli Hozuki non hanno tutto questo bisogno di stare sempre in acqua.»



    «Oh dai, invece si. Insomma, maledizione, sono fatti di dannatissima acq–...»
    Iniziò a replicare con irritazione la ragazza prima che la sua mano afferrasse qualcosa di leggero, fresco e delicato; e lei si rendesse conto che Ritsuko Aoki, la sua rossa interlocutrice, non aveva affatto aperto bocca ma si era piuttosto limitata a rimanere zitta e tremante nel punto esatto in cui si trovava. «...acqua...» Concluse allora Shizuka con voce strozzata, girandosi lentamente.
    Di fronte a lei vi era una donna tra le più belle mai vedute. Non a caso, dopotutto, era chiamata “La Mononoke di Konohagakure”, lei con quei lunghissimi capelli corvini lisci e brillanti, la carnagione color della luna e il corpo snello e leggiadro di un giunco piegato dal vento...
    ...già, era bellissima Heiko Uchiha. Le sue labbra scarlatte e i suoi affilati occhi neri come la notte, intriganti e sensuali, erano stati la morte d'amore di molti giovani Shinobi del Villaggio prima che lei scegliesse come suo sposo il famoso Toshiro Kobayashi, il più potente e ricco mercante di sete e tessuti di tutto il Paese del Fuoco.
    Conosciuta per essere stata la più valida kunoichi del Clan del ventaglio bicolore, destinata addirittura a divenire Capoclan prima di essere da questo allontanata in seguito alla sua decisione di ritirarsi a vita civile per poter condividere il futuro con l'uomo che amava, la Leggenda della Mononoke Scarlatta era stata a lungo la storia più discussa a Konoha. Questo perché, probabilmente, nessuno l'aveva mai conosciuta abbastanza da capirne il carattere.
    «O-o-o-o-o-o-o...» Ocheggiò Shizuka, irrigidendosi nel lasciare andare con molta delicatezza i lembi del ricco kimono a sei strati di pura seta della madre, che dall'alto della sua posizione fulminò con disgusto la figlia a terra. «...O-o-okasama...» Sussurrò infine, come un fischietto. Il sorriso che le arrivò in risposta la gelò talmente tanto da indurla ad alzarsi in piedi istantaneamente.
    «Mi domandavo, figlia mia...» Iniziò a dire Heiko Uchiha, alzando il bellissimo volto ovale verso un tenero raggio di sole che la illuminò come una presunta benedizione degli Dei. «...sei stata nominata Capo di una delle Squadre Speciali da poco tempo...» Pronunciare quella cosa la fece sorridere di qualcosa che forse era orgoglio (ma nessuno non ne fu molto convinto visto che per la verità sembrava ghignare). «...e non hai niente di meglio da fare che stare a poltrire tutto il giorno?»
    Immobile al suo posto, la kunoichi deglutì rumorosamente mentre qualcosa dentro di lei si attivò: l'istinto di sopravvivenza.
    «Okasama, vi prego...» Gemette con voce rotta, indietreggiando mentre il sudore della sua fronte si triplicava e lei tendeva tutti i muscoli del corpo. «...Oggi è il mio giorno di pausa.» Si giustificò... prima che un fermaglio per capelli d legno e puro oro volasse verso la sua gola.
    Abbassandosi di scatto e sbattendo dietro di sé la mano destra a terra, la Chunin si sollevò e con una capriola atterrò all'indietro, appiattendosi al suolo. Un istante dopo stava già scappando.
    «PARTI SUBITO PER QUALCHE MISSIONE SE HAI TEMPO DA PERDERE!» Ruggì Heiko Uchiha, furente, iniziando la caccia.
    «RAIZEN NON ME NE HA ASSEGNATA NESSUNA!» Rispose disperata la ragazza, svoltando il primo corridoio e poi saltando a piè pari la figura di un uomo di quaranticinque anni che, seduto con le gambe incrociate in mezzo ad esso, leggeva placidamente il giornale del giorno fumando da una lunga pipa intarsiata d'argento.
    «NON CHIAMARE L'HOKAGE CON IL SUO NOME DI BATTESIMO IRRISPETTOSA MOCCIOSAAA!» Strillò furibonda la Jonin, tirando un altro fermacapelli di fronte a sé, il quale per tutta risposta trafisse il giornale dell'uomo, che ella accerchiò passandogli alle spalle, conficcandosi poi a terra, dove lasciò un buco.
    «Credo sia il caso di ristrutturare di nuovo la casa...» Si limitò a dire l'uomo, espirando una boccata di fumo bianco, mentre in lontananza il rumore di due porte scorrevoli di riso distrutte rompeva la quiete. I capelli castani e gli occhi smeraldo, proprio come la bellezza nobile e antica di cui era portatore il suo volto dalla carnagione bruciata dal sole, parlavano chiaro su chi egli fosse.
    «Si, temo che sia il caso, Toshiro.» Rispose una donna anziana da dentro la stanza che sostava alle spalle di lui. Accanto a lei, sedute ad un tavolo di legno massello, vi erano altre tre persone altrettanto avanti con gli anni, che presero ad annuire con flemma.
    «Pagheremo noi i danni...» Propose uno di questi, un ottantenne dal volto sfregiato di una cicatrice che dalla tempia sinistra finiva alla mascella destra.
    «Oh Uchiha-sama...» Prese a dire un altro degli astanti. «...non è necessario, ma vi ringraziamo, non mancate mai di essere sempre molto...»

    «...COMPRESIVAAAAAAAA!»
    Strillò disperata Shizuka, correndo ad una velocità tale che per evitare di buttare in terra tre domestiche intente a trasportare alcuni vassoi pieni di vettovaglie fu costretta ad avanzare sul muro, in verticale. Ovviamente le cameriere non mancarono puntualmente di mettersi a urlare spaventate, nonostante almeno la loro presenza, ingombrante l'intero corridoio, costrinse la Matrona a fermarsi.
    «SHIZUKA TORNA IMMEDIATAMENTE QUI!» Strepitò Heiko Uchiha, ruggendo, mentre la figlia spiccava un salto verso il tetto dei corridoi esterni di quella che dall'alto apparve come una magione enorme divisa in quattro Ale, tutte abbastanza grandi da poter contenere come minimo venticinque stanze cadauna e circondate su ogni lato da splendidi giardini in fiore ricchi di laghetti koe e statue di marmo chiaro raffiguranti aironi in volo.
    «Certo che torno.» Replicò la Chunin, volando da un tetto all'altro fino all'ingresso della proprietà, gettandosi solo a quel punto di sotto. «Stanotte, però.» Puntualizzò mentre le sue ginocchia impattavano contro qualcosa e un verso strozzato le arrivò a bucare le orecchie. Un attimo dopo si trovava a sedere sul viso di un uomo di circa ventisei anni, il quale, vestito della divisa semplice dei Jonin e con un coprifronte a bandana sulla testa, teneva in mano un rotolo sigillato. «Non è proprio giornata, oggi.» Si limitò a dire la Principessa, fissando il tipo sotto di lei mentre questo esplodeva di rabbia, capovolgendola a terra.
    «Questo lo dovrei dire io, Shizuka! Non so nemmeno perché mandano sempre me a consegnarti le impegnative di missione! Ogni volta è così!» Sibilò il ragazzo con gli occhi dardeggianti di collera.
    «No, veramente questa è la prima volta che ti tiro una ginocchiata nei denti, Takumi, smettila di fare il lamentoso come al solito.» Si offese l'altra.
    «Lament–...» Gemette con voce strozzato il poveraccio, sbattendo poi sulla testa all'interlocutrice il rotolo che teneva in mano. «Dannata stronza, il Decimo ti ha affidato una missione. Parti subito.»
    «Si dai ciao.»
    Rise però la Chunin, scuotendo la testa. «Parto subito un tubo, Raizen lo sa che oggi è il mio giorno libero. Aspetterà domani se gli va bene, e sennò può andarci personalmente se ha tanta fretta.»

    Silenzio.

    «...Cosa hai osato dire?» Mormorò a bassa voce Takumi, fissando un punto vuoto dello spazio mentre sorrideva vacuamente. «Ti rendi conto che stai parlando dell'Hokage, vero?»
    Se ne rendeva conto, certo, ma Raizen Ikigami era suo maestro da quando lei non sapeva impugnare un kunai dalla parte del manico e da quando lui non era nient'altro che un Randagio disprezzato da tutti... non poteva e non riusciva a trattarlo con le moine che convenivano al suo attuale titolo. Loro due, dopotutto, condividevano quel tipo di rapporto che andava oltre la formalità e che affondava le radici in–...
    «PARTI SUBITO HO DETTO! TI VOGLIO TRA UN'ORA ALLE MURA DI VILLAGGIO E TI PORTI DIETRO PURE DUE STUDENTI PER INSEGNARE LORO QUELLO CHE TU HAI IN ABBONDANZA!»
    «...L'intelligenza?»
    Azzardò Shizuka, sorridendo.
    «LA VOGLIA DI FARE DOPPI TURNI PER TUTTA LA PROSSIMA SETTIMANA!» Urlò violentemente il Jonin tirandole in pieno viso il rotolo.

    ...E fu così che quarantacinque minuti dopo una figura completamente nera si stagliò nel bagliore del sole della tarda mattina: indossava pantaloni di pelle aderenti, infilati dentro stivalacci di cuoio alti al ginocchio con un tacco di quattro dita che sembrava voler smorzare la bassa statura di appena un metro e sessantacinque centimetri, un dettaglio, quello, che nessuno dei cittadini di Konoha però valutava mai quando se la ritrovava avanti.
    Shizuka Kobayashi era una delle persone più in vista di Konohagakure no Sato, in parte per essere la Principessa e unica Erede del più influente Clan economico del Fuoco, e in parte per essere Capo della Squadra Speciale Medica e allieva dell'attuale Hokage. Non amante della gerarchia né tantomeno delle formalità però, non si curava mai di tutti quei titoli e onorificenze, e pertanto anche quella volta attribuì la causa degli sguardi, degli inchini e dei saluti, al bustino scuro che le fasciava la parte superiore del corpo e che, in effetti, era abbastanza (tanto) scollato. Aggrottando la fronte e sistemandosi la lunga nodachi di due metri sulla schiena, la ragazza sospirò.
    «Fa un caldo maledetto, non me lo chiudo di certo il mantello.» Piagnucolò, lasciando il suo manto bianco ricamato di verde a ondeggiare sulle spalle...dalla cui sinistra partiva una grossa cicatrice di tre dita d'ampiezza, che segnandole il petto passava tra i due seni scomparendo poi verso il basso...
    «Parti per una missione, tesoro?» La chiamò una voce maschile. Uno shinobi dal viso coperto di bende bianche, da cui facevano capolino solo gli occhi neri e una zazzera di capelli bruni, parve sorridere.
    «E tu non parti mai per l'inferno, Maruo?» Rispose altrettanto amorevolmente la Chunin, appoggiandosi al tavolo di controllo d'entrata dei Guardiani delle Mura. «Mettimi 'sto timbro e dimmi che i due stronzi che Raizen mi ha affidato arriveranno presto.» Disse sbattendo il rotolo di fronte al viso del Guardiano, che lo aprì controllandone il contenuto prima di apporre un timbro nero. Sembrava essere piuttosto abituato a quel genere di comportamento.
    «Ho sentito dire che uno dei due è uno Yamanaka... l'altra non saprei, però.» Commentò il guardiano, divertito. «Sei sempre felicissima di fare da maestra ai nuovi allievi dell'accademia, comunque...»
    «Solo un insano di mente potrebbe affidarmi una missione di questo tipo con due bambini a cui far la balia.»
    Replicò Shizuka, esasperata. «“Diventa Chunin e sarai libera”, dicevano! Beh, cazzate!» Abbaiò, furiosa, riaprendo il rotolo e leggendone per l'ennesima volta il contenuto.

    “Missione di grado E
    Raccolta d'informazioni.
    Kabuchou, Otafuku.”



    bla bla bla bla



    “Capogruppo: Shizuka Kobayashi.
    Richiesta la presenza di Tsuzuki Haruhi e Inochi Yamanaka in veste di studenti dell'accademia di Konohagakure no Sato.
    Luogo di incontro: Mura d'accesso Nord, ore 11.25 del giorno...”



    bla bla bla bla



    «Avrebbero dovuto darmelo prima questo rotolo.» Si lamentò Shizuka, sospirando nell'alzare gli occhi al cielo. Il sole era rovente. «“Non ti abbiamo trovata” un cazzo... chi diavolo le messe di convocazione due ore prima di una missione?» Gemette. Quello che almeno la consolava è che i due studenti, a detta di Takumi, la lettera di convocazione l'avevano ricevuta tre giorni prima e pertanto avrebbero avuto tutto il tempo di prepararsi e arrivare lì puntuali. Non che avessero molta scelta... Shizuka detestava aspettare e non avrebbe avuto nessun problema a partire senza di loro.



    Ok primo giro di post. Di solito apro un OT personale dei corsi alle basi, per potervi spiegare meglio le varie dinamiche che affronteremo in questa ruolata e gli eventuali errori che farete. Fatemi sapere se ne volete uno o se preferite di no, in caso lo aprirò in serata.
    In questo giro siete liberi di presentare il vostro personaggio come desiderate prima di arrivare alle mura per l'inizio della missione, non avete freni, descrivete la situazione che più vi aggrada e presentate agli altri player il vostro personaggio nel modo che ritenete più idoneo.
    La missione sarà semplice, spero divertente e non lunghissima. Vi insegnerò le dinamiche essenziali di combattimento e se ci riusciamo un pò di strategia. Divertitevi e per qualsiasi cosa sono a vostra disposizione!

    Ah, per chi mi conosce già ruolare, io scrivo papiri infiniti, ovviamente non siete tenuti a scrivere quanto me, non andate in panico, ognuno ha il suo modo di giocare!
    Buon game!
     
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    Il giorno della partenza





    Era una delle giornate più calde che si erano mai viste al Villaggio della Foglia; quel dì, Inoichi Yamanaka si trovava come sempre nel negozio floreale di famiglia, a studiare più che poteva l'affascinante arte della Botanica. Sua madre era lì presente, pronta a correggerlo nel caso commettesse qualche errore oppure nel caso non avesse capito qualche cosa, nonostante ciò capitava raramente; infatti sembrava che il giovane avesse un vero e proprio talento. La sua utilità nel negozio era quella di sistemare ed organizzare ogni tipo di pianta, visto che la madre (e lui stesso) amavano alla follia avere tutto in ordine, fino all'ultima foglia. Oltre a ciò, Inoichi si occupava con amore di accudire ed annaffiare i fiori che lo necessitavano; era molto raro che fosse lui ad occuparsi delle vendite, nonostante pure in quel campo sembrava avere buone abilità. Di tanto in tanto, si concedeva una pausa dallo studio, dal lavoro, e dagli allenamenti Ninja, rifugiandosi prontamente a casa sua nella sala da meditazione, un luogo dove 'purificava' la propria mente ed il proprio spirito, dove amava rilassarsi da solo oppure condividere tale esperienza con i suoi familiari. Un sera, dopo essersi lavato, vestito ed ovviamente profumato, si diresse proprio in quella sala, quando ad un tratto venne interrotto dalla madre, stranamente entusiasta, che lo informò di aver ricevuto un messaggio diretto a lui. Tale messaggio, ben riposto in un rotolo ripiegato, fu passato al ragazzo. La sua curiosità era molto stuzzicata, e proprio per questo, non esitò ad aprire il rotolo per leggerne il contenuto, posando i suoi gelidi occhi blu su quella carta accuratamente conservata. Si trattava di una missione, la prima missione a cui avrebbe partecipato il giovane biondo.
    Finalmente si sono decisi! Stavo iniziando a perdere le speranze...
    Disse, cercando di mantenere l'entusiasmo e mostrando una reazione molto modesta, visto che egli era uno dei migliori studenti dell'accademia Ninja, se non il migliore (era in un'accesa competizione con alcuni Uchiha).
    La madre, talmente bella e sensuale che sembrava emanare luce propria, si congratulò affettuosamente con suo figlio e, dopo aver riposto a terra un vaso di Alstroemerie, gli concesse un abbraccio. Lo informò prontamente che si sarebbe dovuto allenare e preparare al meglio per la missione, ma venne subito dopo interrotta dal ragazzo, spiegandole che sapeva bene che cosa doveva fare. Dopo essersi congedato dalla madre, si diresse finalmente verso la sala della meditazione e ci restò per un pò più di tempo, rispetto alle altre volte.
    Le giornate seguenti, egli passò meno tempo nel negozio di fiori e si allenò con i suoi amici del clan Nara ed Akimichi nelle tecniche di combattimento corpo a corpo e nell'utilizzo delle armi. Ricevette anche da quest'ultimi qualche consiglio e raccomandazione, ma tutti e tre, sembravano essere d'accordo sulla stessa cosa, ma fu una sola ad iniziare il discorso.
    Senti Inoichi, l'Hokage dovrebbe sapere benissimo che il trio Ino-Shika-Cho è una tradizione molto antica che va rispettata, mi sembra molto strano che non ci abbiano messo insieme nella squadra per la tua prima missione. Brontolò l'amica del clan Nara, per poi avere l'approvazione del tipo del clan Akimichi.
    Lo so ragazzi, non posso che darvi ragione, però probabilmente i piani alti avranno avuto le proprie motivazioni per fare una scelta del genere! E poi, questo non vuol dire che non saremo nella stessa squadra, una volta diventati Genin! Concluse Inoichi, per niente sicuro di ciò che aveva detto, ma abbastanza speranzoso e fiducioso nel tono, nel tentativo di rassicurare se stesso ed i suoi amici.
    I tre continuarono questo discorso per circa mezz'ora, prima di decidere di continuare a fare qualcosa di più utile: allenarsi.
    La giornata della missione arrivò. Il ragazzo si svegliò verso le 09.00 di mattina. Si lavò, mangiò e andò a preparare l'occorrente per la missione. Vestiva con una casacca nera, sul retro della quale c'era il simbolo del clan Yamanaka. Sotto di essa portava una canottiera bianca abbastanza leggera (anche perchè, il caldo era pressante). I pantaloni erano dello stesso colore della casacca, così come i sandali, sulla coscia destra invece c'erano le tipiche sacche Ninja di color scuro, una conteneva 2 Kunai e l'altra invece 6 Shuriken. All'estremità della schiena, invece, c'erano altre due sacche di color marroncino, contenenti filo Nylon, un respiratore, un accendino, bende, disinfettanti, garze, guanti in lattice, una bottiglietta d'acqua ed una scorta di cibo che bastava per sfamare per qualche ora una persona.
    Padre. Madre. Io vado! Ci vediamo!
    Le ultime raccomandazioni da parte del padre e la catenella d'argento porta-fortuna della madre concessero al ragazzo la carica necessaria per affrontare l'avventura seguente.
    La sua estrema puntualità, gli concesse il privilegio di arrivare esattamente alle 11.25 alle mura d'accesso Nord di Konohagakure; non un secondo prima, non un secondo dopo.
    Non si avvicinò troppo, preferì aspettare qualche segno di vita prima di posizionarsi esattamente nel punto prestabilito, ma; sapendo che non tutti era puntuali come lui, si diresse tranquillo nel punto esatto, mettendosi appoggiato con la schiena ad un'albero, all'ombra, con le braccia incrociate, ripassando mentalmente tutte le informazioni che aveva coltivato nell'accademia, per far passare il tempo (anche se, aspettare troppo lo avrebbe fatto brontolare e spazientire).


    StatisticheStatusNessun Danno
    Forza: 100
    Velocità: 100
    Riflessi: 100
    Resistenza: 100

    Agilità: 100
    Precisione: 100
    Senjutsu: 100
    Concentrazione: 100

    Vitalità


    Chakra
    Slot Difesa | Slot Azione | Slot Tecnica | Slot Gratuiti


    Testo 1


    Testo 2


    Testo 3


    Testo 4



    Edited by Eldingar - 17/6/2015, 14:03
     
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    Sottotitolo


    Era una bellissima giornata,anche se forse un po' troppo calda,il sole era alto nel cielo e in vista non c'era nemmeno una nuvola. La ragazza dai capelli biondi legati in due code alte alzo lo sguardo al cielo coprendosi la fronte con la mano. < Che bella giornata per iniziare la mia primissima missione. >

    la voce era dolce quasi da ragazzina, in bocca portava uno bastoncino di dango finito, ma che la ragazza non voleva mollare perchè sapeva ancora di quei deliziosi cosi. Abbassò lo sguardo e si levò la felpa rossa di dosso legandosela in vita < così va meglio> disse ridacchiando, adesso era in canottiera bianca e pantaloni della tuta rossa arrotolata fino ai polpacci. Hai piedi portava dei sandali Ninja neri . La ragazza cominciò a camminare piano verso il luogo dell'appuntamento, canticchiando. Non aveva nessuno da salutare quindi era partita molto prima per essere lì per un'ora decente, non era una che arrivava in ritardo anzi di solito arrivava in anticipo agli appuntamenti. < Chissà come è l'insegnate, so che dovrebbe avere più o meno la mia età.> Camminando piano arrivò comunque prima dell'orario prestabilito. Appoggiata al muro si guardò intorno mentre cominciava a giocherellare con la mano sinistra con il bastoncino di legno che ancora si ostinava a tenere tra le labbra, la destra l'aveva infilata dentro alla tasca mentre il piede sinistro era appoggiato al muro, insomma non proprio una posa molto signorile per una donna di ormai quasi ventidue anni. Il tempo passava e lei buttò via il bastoncino prendendo in mano il kunai che portava dentro alla custodia,legata alla gamba destra, cominciando a farlo roteare sul dito indice della mano. Un po' nervosa e con già l'adrenalina in circolo, non vedeva l'ora di cominciare questa messione per lei così importante.
    Parlato


    Edited by haru90 - 2/7/2015, 22:35
     
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    ADVENTURE

    Life is full of adventure. There's no such thing as a clear pathway.




    Appoggiata al tavolo dei guardiani delle mura, Shizuka Kobayashi guardò i due ragazzini arrivare al luogo dell'incontro in orario immacolato...probabilmente per avere il tempo di mettersi in pose ridicole facendo i fighetti, visto che nessuno dei due degnò l'altro neanche di uno sguardo.
    «Cosa diavolo stanno facendo?» Chiese la Chunin, allibita. Ne aveva visti di studentelli, ma non aveva ancora avuto il piacere di incontrare quelli che si atteggiassero prima ancora di presentarsi.
    «Saranno nervosi.» Suggerì Maruo. «Di norma non sei proprio la persona più facile da incontrare, per non parlare poi del caratterino che hai... e da quando sei diventata capo della squadra speciale hai anche un sacco di ammiratori, lo sapevi?» Guardando la faccia a virgola della sua interlocutrice, il guardiano ghignò da sotto le bende, divertito. «Il Decimo ti avrà dato questo gruppo per dimostrare che sei alla portata di tutti, nostra nobile Principessa
    «Che la benedizione del Fuoco scenda su di me e mi protegga...»
    Recitò Shizuka, battendosi due volte il pugno sul petto. Dietro di lei Maruo scoppiò a ridere.
    «Ramen, quando torni?» Chiese, quando si fu calmato.
    «Che fai, ci provi?» Replicò la donna, lanciando un'occhiata sarcastica al Guardiano.
    «Ti piacerebbe?» Per tutta risposta gli arrivò un colpo dato con il taglio della mano tra il setto nasale e gli occhi. «Lo prendo come un no...» Gemette l'uomo, portandosi le mani al viso.
    Sospirando la kunoichi si scostò dal collo i lunghissimi capelli castani, raccolti in un'alta coda di cavallo, e scuotendo la testa prese ad avanzare verso i due allievi. Camminava con una cadenza che sembrava condurla al patibolo.
    «Chiosco di Tarou ossan, offri tu.» Concluse, alzando la mano destra senza voltarsi. Maruo, dietro di lei, sorrise divertito. Ebbe appena il tempo di esclamare un "Ricevuto!" che la Principessa della Foglia aveva già ripreso a parlare, stavolta rivolta verso i due giovani apprendisti.
    «Bravi, bravi.» Esordì. «Siete davvero temibili in queste posizioni da spacconi. Avete finito o volete un altro pò di tempo?» Domandò sarcastica, ponendosi tra i due... che per quanto fosse ovvio si trovassero lì per lo stesso motivo si erano messi ai lati opposti della porta d'accesso del Villaggio e quindi notevolmente distanti l'uno dall'altro. «Avvicinatevi.» Ordinò allora la ragazza, sospirando e grattandosi la nuca. Possibile non avessero davvero immaginato di far parte dello stesso team? Eppure lì c'erano solo loro tre e Maruo... e quest'ultimo indossava l'haori dei Guardiani. Facendo cadere le spalle verso il basso la kunoichi avrebbe aspettato che i due studenti si affiancassero a lei, che aveva un'evidente nota di disperazione sul volto, prima di riprendere a parlare. «Facciamo finta di aver iniziato questa missione nel migliore dei modi...» Mormorò, squadrando dalla testa ai piedi i due pivelli: un ragazzino dallo sguardo saccente, e una tipa che non poteva poi essere troppo più piccola di lei, vestita come un operaio di cantiere. Non male, davvero. Se avesse potuto scegliere un buon momento per morire, probabilmente avrebbe scelto quello. «Il mio nome è Shizuka Kobayashi, Chunin di Konoha.» Si presentò a quel punto, più per formalità che per reale esigenza. «Sarò la vostra guida in questa missione. Staremo insieme fino al completamento della stessa e agiremo pertanto come un Team ufficiale. Cercate di apprendere...» Continuò, deglutendo, togliendosi per un attimo il mantello dalle spalle. Il sole batteva sulle loro teste come una lama rovente e lei, suo malgrado, non poté tradire un attimo di disagio. Essere vestita completamente di nero non doveva essere il massimo. «...di apprendere più cose possibili, dicevo. Questa esperienza vi permetterà di fare un passo avanti verso l'obiettivo finale di divenire ninja esperti e fieri membri del Villaggio della Foglia, perciò impegnatevi senza riserve.» Aggiunse, sventolandosi con una mano. Benché si dichiarasse Chunin di Konoha non c'era niente nel suo abbigliamento che potesse identificarla come tale: non indossava infatti il coprifronte, né alcuno stemma di Clan particolari. Era un'ombra. Semplicemente. «C'è un caldo pazzesco.» Commentò improvvisamente la Principessa, incurante. «Maledizione non è ancora estate, sarà terribile arrivare fino a laggiù...» Gemette, passandosi il mantello sul seno abbondante per tergere così le perle di sudore che lo facevano brillare. La cicatrice che la segnava, di quel bianco opaco dato dal tempo e libera da qualsiasi copertura, appariva ora grande due dita e terribilmente netta. «In ogni caso...» Riprese a dire, sospirando. «La nostra missione si svolgerà ad Otafuku, presso Kabuchou, il Quartiere a Luci Rosse del Paese del Fuoco.» Disse, passando in mezzo ai due ragazzi e iniziando ad avanzare verso la grande porta principale. Alzando uno sguardo verso l'alto, dove un uomo dai capelli ramati la guardava, la ragazza sollevò la mano recante il rotolo timbrato e il Guardiano annuì sorridendo, alzando di rimando un braccio in segno di saluto. «Avrete la fortuna di imparerete presto che fuori Konoha le regole cambiano completamente. Kabuchou vive della sua legge interna, quindi vedete di non fare i fighetti come avete fatto fino ad ora, perché dentro le mura noi vi guardiamo con affetto sperando in un vostro rinsavimento futuro, ad Otafuku vi trovate inchiodati ad un muro con un coltello nella gola a tenervi sollevati da terra.» E girandosi verso i due studenti, sorrise amorevolmente. In lontananza Maruo si era già messo le mani al viso, scuotendo la testa. Se voleva spaventarli, probabilmente ci stava riuscendo alla grande. «Andiamo, ci aspettano tre ore di corsa...due e mezza se teniamo un buon ritmo.» Disse, e aspettando che i due ragazzi le fossero al fianco, iniziò a correre gettandosi nuovamente il mantello addosso con una smorfia insofferente dipinta sul viso.

    […]



    Non tennero un buon ritmo.
    Fu abbastanza evidente che la velocità nella corsa dei due studenti era, per la Principessa del Fuoco, poco più di una passeggiata a passo spedito. Benché la Chunin si premunisse di fare soste ogni trenta minuti, per dare tempo ai due ragazzini di ristorarsi, dopo un'ora i due si sarebbero sentiti stanchi, dopo due esausti e alla soglia della terza sarebbero riusciti a malapena a camminare.
    «Avremo modo di riposarci alla Casa di Piacere in cui verremo ospitati.» Disse la ragazza, che a differenza dei compagni non aveva neanche il fiatone ma in compenso parlava di bordelli e prostitute con la stessa tranquillità con cui avrebbe potuto disquisire del tempo. Guardando i due durante l'ultima sosta avrebbe sospirato, abbassandosi a massaggiare le loro gambe, apponendo pressioni su fasce muscolari che i due non avrebbero neanche saputo di possedere. I gemiti di dolore che sarebbero seguiti a quel tocco sarebbero però stati l'anticamera di un piacevole senso di sollievo. «Resistete, manca poco.» Sussurrò con gentilezza.
    Avevano corso fino a quel momento tra la folta vegetazione forestale che caratterizzava il Paese del Fuoco. Come Shizuka aveva spiegato ai due studenti era sempre meglio procedere dove il muschio fresco cancellava le tracce del proprio avanzare e dove il verde e le ombre dell'ambientazione occultavano la propria presenza. Anche se in quel momento non c'era una vera necessità di seguire quelle accortezze, e del resto premettendo che la presenza di un inseguitore alle calcagne avrebbe comunque dato loro poco vantaggio, la Capogruppo aveva deciso che fosse giusto insegnare ai cuccioli quella nozionistica base... che i due avevano però pagato con il doppio della stanchezza. Avanzare nel sottobosco, del resto, era molto più complicato che camminare sulle strade sterrate, ragion per cui gli studenti avrebbero forse accolto con gratitudine la comparsa, in lontananza, di un grande Toriii rosso. Sopra il tronco frontale di questo una profonda incisione a coltello laccata d'oro recava il nome di “OTAFUKU”. Oltre quello, nulla più. Da lì in poi infatti non c'era niente, né mura né recinzioni: le abitazioni iniziavano senza niente che ne delimitasse i confini, quasi questi fossero sottointesi...
    «...Lungo viaggio, bambini?» Disse improvvisamente una voce in loro direzione. Un uomo bruno dal volto segnato da una cicatrice che gli aveva strappato l'occhio sinistro, ghignò stringendo tra i denti ingialliti una pipa di legno scheggiato.
    «Oh tesoro, non hai idea.» Rispose Shizuka, reclinando la testa di lato. Sorrideva con gentilezza benché il suo interlocutore apparisse tutt'altro che rassicurante. «Questi due pivelli a malapena camminano sulle loro zampe.» E allargando le braccia, inarcò un sopracciglio, sarcastica. «Cosa non si fa per mangiare, mh?»
    Per tutta risposta l'uomo si alzò e avvicinandosi alla kunoichi gli sorrise, soffiandole in faccia una boccata di fumo bianco che puzzava di rancido, mentre in contemporanea portava la mano destra dietro la schiena. Sembrava divertito e in un certo senso anche trepidante, come se non aspettasse altro di avere qualcosa... che si capì subito cosa fosse quando allungò la mano libera verso il fondo schiena della giovane. Sorridendo senza perdere neanche per un attimo la sua compostezza, ella si mosse però con fluidità e delicatezza, e afferrata la mano di lui gli infilò tra le dita il suo rotolo di convocazione, che aprì sbattendo l'indice dall'unghia lunga e ben curata sul sigillo d'apertura. Il papiro si srotolò subito di fronte all'unico occhio buono del mozzo.
    «Sapevo che eravate Shinobi di Konoha.» Disse il tipo, lanciando un'occhiata prima alla lunga nodachi di due metri legata alla schiena dell'interlocutrice e poi ai due ansimanti apprendisti.
    «L'occhio di Kabuchou è sempre affilato, nel giorno come nella notte...» Iniziò Shizuka, abbassando la testa in un breve inchino.
    «...e Konohagakure no Sato veglia su di esso con rispetto e tacita condiscendenza.» Concluse l'uomo, togliendo la mano destra da dietro la schiena. Una lama semi estratta brillò alla luce del primo pomeriggio prima di essere rinfoderata. «Ben arrivati, vi aspettavamo.»
    Shizuka affilò lo sguardo, sorridendo a sua volta. Non sembrava minimamente intimidita dalla situazione che si era rapidamente svolta. In effetti pareva avvezza a quel tipo di luogo.
    «Sei una di noi se conosci il saluto.» Osservò appunto l'uomo, sputando in terra. L'occhio buono, nero e fine, si portò su Shizuka, che squadrò rapidamente dalla testa ai piedi. «Non ti ho mai visto però, donna.»
    «Non essere vista è il mio lavoro, ossan.»
    Replicò la kunoichi, abbassando nuovamente la testa. «Il Decimo Hokage ha mandato noi per questo motivo.» Disse, vantando le presunte abilità dei due ragazzini, che l'uomo continuava a guardare con una smorfia di profondo disgusto stampata sul volto scuro. «La missiva che ci avete spedito non toccava né la Casa richiedente né il problema. Abbiamo accettato in nome di ciò che lega Otafuku a Konoha, ma che non si ripeta più ossan.» Tagliò corto la Chunin, attirando nuovamente l'attenzione del mozzo su di sé con un tono di voce aspro. Fronteggiò dunque in silenzio la stazza del tipo, mettendosi a braccia conserte di fronte al digrignare dei denti di lui.
    «Sembra che tu sappia come comportarti.» Ringhiò l'uomo, sputando di nuovo a terra, questa volta pericolosamente vicino agli stivali di cuoio di Shizuka. «Ma questi due te li ritroverai crocifissi alla prima porta, se ti distrai...» Aggiunse soave. Era una minaccia, ovviamente.
    «Sarebbe meraviglioso. Non so neanche perché me li abbiano affidati.» Rispose tranquillamente la Principessa di Konoha, facendo spallucce. «Ma far giungere la notizia della loro morte a Konoha mi costerebbe caro... e dunque non ripartirei senza portarmi dietro la metà delle vostre teste e un buon pegno di sangue e fuoco per saziare la mia amarezza.» Allargando di nuovo le braccia, la donna si mise a ridere e anche il delinquente lo fece. I due risero insieme come se quelle fossero allegre battute e loro amici di lunga data.
    «“Niente problemi” così ha detto Izumi-sama. Altrimenti ti avrei già sgozzata.» Replicò seccamente l'avanzo umano, fulminando con lo sguardo la Chunin della Foglia che nel sentire quel nome aveva brevemente alzato le sopracciglia in una rapidissima espressione di stupore. «La Casa è da questa parte, andiamo bambini.»

    Otafuku appariva come un normalissimo villaggio del Paese del Fuoco. Le abitazioni tradizionali di massimo due piani, costruite le une accanto alle altre ai lati della strada principale in cui grassi gattoni dormivano sornioni, avevano entrate chiuse da porte scorrevoli di legno e indicate all'occhio dei viandati da insegne delle attività commerciali che lì si trovavano. Alberi dal fusto nodoso sorgevano di tanto in tanto tra una costruzione e l'altra, piegandosi in avanti con le loro verdi chiome a dare ombra ai passanti e alle donne in kimono che lanciavano acqua sulle entrate con lunghi mestoli da secchi di legno per evitare che troppa polvere si alzasse ad infastidire i clienti. Un adorabile scorcio quotidiano, dunque, accompagnato dal rumore del mare a breve distanza e dal profumo pungente del porto in cui le imbarcazioni ricche di urla dei marinai cercavano di sovrastare quelle dei mercanti che annunciavano i prezzi del pesce fresco...
    ...poi però, improvvisamente, due alti alberi dritti come fusi, con attaccati due enormi lanterne di riso rosse, spente, comparvero di fronte al gruppo. Da lì in poi lo scenario cambiò drasticamente.
    Le case divennero edifici a più piani, con finestre chiuse da grate di legno in cui tende di pura seta danzavano mosse dal vento. Lanterne scarlatte erano appese in lunghi filari per tutta la strada principale costeggiata dagli edifici dipinti di colori sgargianti, tra i quali piccoli vicoli bui crescevano come un labirinto irrisolvibile. Le porte delle strutture erano aperte, incuranti di qualsiasi pericolo, e ognuna di queste recava un'insegna.
    Nessuno, però, si vedeva in giro: il silenzio era totale, se non per il rapido incedere di qualche serva dall'aria indaffarata che correva con un cestino di wimini e una lunga lista della spesa tra le dita. Il quartiere sembrava addormentato.
    «Siamo arrivati, donna.» Disse improvvisamente il delinquente, svoltando l'ennesimo angolo a gomito e fermandosi di fronte ad una grossa costruzione color crema sulla cui entrata svettava il cartello “LA PEONIA BIANCA”. «Izumi-sama vi aspetta.» E detto questo si girò, sparendo un secondo dopo.
    «Fate piano.» Disse Shizuka qualche attimo dopo la dipartita dello scuro mozzo. «Stanno tutti dormendo a quest'ora.» Asserì, come se fosse la cosa più normale del mondo dormire di giorno e non di notte, e come se per giunta fosse lecito non disturbare. Detto questo, in silenzio, entrò.
    Per quanto i due studenti avessero forse pensato il contrario, la Casa di Piacere era estremamente normale: un bancone, a cui era seduta una donna piuttosto avanti con gli anni intenta a fare di calcolo con un abaco, sostava di fronte all'ingresso accanto ad una bella pianta di bamboo e orchidee in fiore. Il pavimento di pulitissimo parquet si apriva di fronte a loro, un gradino sopra lo spazio dove erano disposti pochi sandali tradizionali perfettamente allineati, e si diramava poi sia a destra che a sinistra in ulteriori stanze. Frontalmente, dietro il bancone, c'era una lunga scala che svoltava verso destra.
    Normale. Davvero normale... per essere una casa di accompagnatrici.
    «Hara maa!» Esclamò improvvisamente la vecchia al bancone, portandosi la mano al volto nell'accorgersi della loro presenza. «okyaku-sama, siamo chiusi al momento!» Gemette, contrita, con una riverenza quasi eccessiva.
    «Siamo Shinobi di Konohagakure no Sato, obaasama.» Si limitò a rispondere Shizuka, accennando ad un inchino. «Siamo qui per rispondere alla vostra missione.»

    «Ero sicura che Raizen-sama avrebbe mandato te, Shizuka.»



    Era una donna assolutamente bellissima.
    Il kimono a dodici strati, aperto in una lasciva scollatura che cadeva sulle spalle nude e bianche, era un perfetto equilibrio di verde, rosa e rosso, mentre l'obi, il cui fiocco d'oro era posto frontalmente sotto al generoso seno, aveva lunghi nastri che scivolavano morbidamente fino a toccare terra, stuzzicando i bianchi calzini tabi. Il volto ovale della donna, incantevole e truccato con un brillante rossetto rosso e un ombretto del medesimo colore, era incorniciato da una splendida cascata di capelli corvini raccolti in un'acconciatura fermata da preziosi fermacapelli d'oro e pietre preziose.
    Si muoveva lentamente, con eleganza calcolata, attenta. Impeccabile.
    «Non potevi che essere tu.» Continuò a dire la donna, scendendo le scale. Persino quel semplice gesto rendeva impossibile toglierle gli occhi di dosso.
    «Signora!» Gemette la donna più anziana, scattando in piedi con le mani al volto. «Siete sveglia?!»
    «Calmati, Tomo-san.»
    Rispose la matrona, arrivando alla base delle scale e sorridendo con sensuale dolcezza all'interlocutrice. «Fa preparare un'abbondante colazione per i nostri onorevoli ospiti. Mi ritirerò con loro presso le mie stanze. E ti prego, sveglia le nostre bambine, è tempo delle lezioni di portamento e danza. Non vogliamo certo che facciano tardi, mi sbaglio forse?»
    Inchinandosi profondamente la donna non disse nient'altro e ritirandosi camminando sulle punte dei piedi, all'indietro, si voltò prima di sparire. Un attimo dopo il silenzio riabbraciava nuovamente tutti i presenti.
    png
    «Izumi-sama...» Disse solo a quel punto Shizuka, inchinandosi profondamente. «...da quanto tempo.»
    «Oh, hai ragione! Molto tempo!»
    Rispose la donna, portandosi l'indice della mano destra a battere sul neo posto alla sinistra delle sue carnose labbra dipinte. Sembrava risentita. «Essere diventata membro della squadra speciale ti ha tenuto così occupata da non rendere la tua Mama più degna di una visita?»
    «Perdonami, Mama.»
    Gemette la kunoichi, alzando i suoi profondi occhi verdi in quelli blu dell'interlocutrice i quali, al contrario di quelli contriti della ragazza, adesso sorridevano sornioni. «Raizen mi ha dato un impegno dopo l'altro... oggi era il mio giorno libero, puoi ben capire...» Aggiunse con voce strozzata e una teatrale nota di commiserazione nella voce. Di fronte a lei Izumi si mise melodiosamente a ridere.
    «Gli occhi di Kabuchou tutto vedono, sia di giorno che di notte...è come se ti avessi avuta sempre accanto a me, Shizuka...» Rispose la matrona, con dolcezza. «Mi stupisce, però, vederti con il tuo aspetto reale.» Aggiunse, cambiando subito espressione in una incredula. Il modo in cui alternava la voce e le espressioni la rendevano una perfetta attrice, la migliore forse.
    «Sono in veste ufficiale, oggi, Mama.» Spiegò la kunoichi, parendo ricordarsi solo di quel momento dei due studentelli alle sue spalle. «Il Decimo mi ha mandato a fare da guida a questi due principianti. Haruhi Tsuzuki.» Presentò, indicando la bionda. «E Inoichi Yamanaka.» Continuò, indicando il ragazzo. Girandosi poi verso di loro sorrise. «Questa donna è Izumi-sama, mia maestra e mentore. Mi ha cresciuta nei passati cinque anni.» Non era difficile immaginare in cosa l'avesse educata. «Izumi-sama è anche la proprietaria di questa Casa di Piacere e la mandante della nostra missione... ma immagino che ne parleremo altrove, giusto?»
    Sorridendo alla volta dei due ragazzi, che squadrò con curiosità e un vago interesse, Izumi indicò le scale dietro di lei.
    «Da questa parte, vi prego.» Disse con dolcezza, riservando uno sguardo interessato e affascinante ad entrambi i due studenti, come se non li considerasse tali ma, al pari della sua amata figlioccia, ospiti del più alto rango.
    Chiedendo scusa per la mancanza di dare loro le spalle, iniziò a salire le scale.



    Secondo post introduttivo della missione: vi ho portato a Otafuku e ve l'ho descritta: è una cittadina portuale, abbiamo dunque la parte civile e quella del porto, poi il grandissimo quartiere dei piaceri.
    Ancora siamo nel bel mezzo della narrazione, quindi non ci sono prove che dovete affrontare, siete liberi di reagire agli stimoli come desiderate. Ovviamente attenti a come vi muovete, ho fatto un post molto descrittivo per una ragione, state attenti... nel senso, sputare in faccia allo storpio ho idea che potrebbe non essere un'idea geniale, ecco XDDDDDD per il resto benvenuti nel magico mondo dei piaceri proibiti! XDDDDD
     
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    Situazione inaspettata






    Quando Inoichi sentì un rumore provenire da un punto non troppo lontano da lui, si rese conto che la domanda appena fatta era rivolta a lui, da parte di una donna. Chiedeva che cosa stessero facendo i due. Ma per quanto lo Yamanaka tentasse di pensarci su, non ricordava la presenza di qualcun'altro in quel luogo.
    Ad un certo punto, quella donna spuntò e si rivolse a lui, o meglio, ad entrambi (anche se, Inoichi non aveva ancora visto l'altra persona). Tuttavia non ci volle molto affinchè si rese conto che c'era anche un'altra ragazza, dall'altra parte (oltre ad un uomo che pareva amico della donna).
    Posizioni da spacconi?
    Chiese, rialzando un sopracciglio.
    Ah, questo...
    Fece un lungo sospiro per non rispondere male. A quanto pare, a Konoha incrociare le braccia dava una posizione da spaccone. Il ragazzino, tuttavia, non si soffermò a lungo su quel pensiero, nonostante aveva capito che quello era puro sarcasmo. Qualche istante dopo, egli si avvicinò alla donna.
    Shizuka Kobayashi quindi...
    Sussurrò fra sè e sè, quasi come se quel nome lo avesse già sentito da qualche parte, o per meglio dire, quel cognome. Cercò di prestare attenzione all seguenti spiegazioni della castana, guardando solo per un attimo la sua compagna di squadra. Egli sperava che Shizuka facesse da tramite, presentandoli, però questo non successe. Inoichi non la iterruppe, ma anzi, annuì con un sorriso non appena la Kobayashi finì di spiegare che i due dovevano impegnarsi senza riserve. Era pronto, si era allenato tanto.
    Otafuku? Che luogo volgare.
    Affermò scocciato. Sperava in qualcosa di più avventuroso, e quel luogo a primo impatto gli sembrò qualcosa di troppo... eccessivo. Non amava quei posti, non che ci fosse mai stato però [...]
    Di nuovo questa storia di fare i fighetti? Accidenti, erano solo due braccia, sis!
    Aggiunse, senza prestare attenzione alla parte dei coltelli nella gola. Forse perchè voleva credere che quello era uno scherzo, forse perchè in realtà sapeva che era vero. Ma quello che lo scocciò di più, fu la parte della corsa. E che corsa! A sentire Shizuka erano 3 ore continue... Alla fine, egli decise di partire senza fare nessun commento.
    Però, nonostante facevano una piccola pausa ogni mezz'ora, Inoichi si sentiva comunque stanco, un po di più dopo ogni ripartenza. All'ultima sosta, la Sensei sembrò preoccuparsi dei suoi allievi, tant'è che gli massaggiò le gambe ad entrambi. A quella sosta, Inoichi mangiò la sua scorta di cibo e bevve metà bottiglietta d'acqua che portava con sè. Cercò di regolare per bene i respiri, diminuendo la velocità del battito cardiaco, inoltre, durante quella pausa, cercò di conversare con la sua compagna di squadra, giusto per conoscerene meglio il carattere e di conseguenza risultare più efficenti in un gioco di squadra. Questo, oltre al resto, gli permise di continuare per quel che serviva il resto del viaggio.
    Cercava di essere forte, ma era evidente che era molto stanco, soprattutto dopo che la Kobayashi gli insegnò la nozionistica base degli inseguimenti.
    Ad un certo punto, finalmente apparve. Apparve un grande Toriii rosso, e sopra il tronco c'era un'incisione con il coltello [OTAFUKU].
    Oh cielo... finalmente ci siamo, sigh!
    Disse contento, ansimando per la stanchezza. Mentre essi cercavano di riprendersi, una voce comparve dal nulla, con una domanda che in quell'istante barve bizzarra. Shizuka non sembrava neanche lontanamente sconvolta, anzi, parlò con lui con una tala naturalezza... E nella loro discussione, il biondo si rese conto che non aveva nessuno alcuna idea di quale fosse realmente la loro missione e, se non fosse stato per il carino commento dell'uomo (che incitava la morte dei due studenti) Inoichi avrebbe impiegato più tempo per elaborare qualcosa nella sua testa. Si ritrovò semplicemente a pensare come sopravvivere ed alle numerose varianti possibili.
    Infine, il ragazzo fu notevolmente sollevato nel sentire Shizuka che ci teneva alla loro sopravvivenza, anche se era disgustato nel sentirgli parlare in quel modo.
    Che schifo che mi fate.
    Disse, sussurando nella maniera più silenziosa possibile. Stavano parlando di morti e di sgozzamenti come se stessero a discutere di cosa mangiare per cena. L'unica consolazione fu l'invito verso la Casa.
    Otafuku non era poi così diversa da Konoha, anzi, sembrava un luogo molto accogliente, con il mare così vicino e con tutti quei profumi intrecciati.
    Quel luogo paradisiaco si trasmormò ben presto in qualcosa di completamente diverso. Ad un tratto, comparvero degli alti alberi dritti, con due grandi lanterne di rosse e spente che infatti cambiò tutto l'ambiente in qualcosa di molto diverso. L'unica cosa che mancava, erano le persone (sembrava il deserto).
    Il ragazzo cercò di non farsi turbare, e si incamminò verso una costruzione color crema, dove ad aspettargli c'era una certa Izumi.
    Ah ecco perchè non c'è nessuno in giro!
    Affermò Inoichi a voce bassa, dopo aver saputo da Shizuka che le persone a quell'ora dormivano (ed ecco perchè non c'era quasi nessuno in giro).
    All'ingresso (stranamente normale), c'era una donna un po vecchiotta. Una vecchiotta che conosceva Shizuka. A quel punto, Inoichi cominciò a mettere in dubbio la reale professone della Chunin, motivo per il quale la guardò con uno sguardo diverso, tentando di non immaginarla come una delle tante prostitute.
    Senti Tsuzuki, ma non è che ci vogliono costringere a prostituirci?
    Sì, cominciava a dubitare persino della missione.
    Probabilmente la ragazza avrebbe anche tentato di rispondere, ma Inoichi non l'avrebbe sentita, visto che da un momento all'altro apparì una donna da una bellezza enorme, talmente grande che avrebbe potuto battere benissimo la madre dello Yamanaka in un concorso di bellezza. Ella, dopo essere scesa, ordinò alla donna anziana di far preparare una colazione e far svegliare la bambine. Il solo pensierò del cibo fece sbavare il biondo dalla fame. Lui, non era mai sazio, mai.
    In seguito, la donna e la Sensei si scambiarono qualche parola, dopodichè finalmente venne il turno dei due studenti di partecipare alla conversazione.
    Piacere!
    Sorrise gentilmente dopo essere stato cortesemente presentato da Shizuka.
    Non aggiunse altrò, si limitò ad essere il più educato possibile (nella sua testa, quel comportamento gli avrebbe permesso di mangiare di più).
    Rimase molto eletrizzato nel sentirsi osservato da Izumi, quasi come se quello sguardo emmettesse elettricità pura. Elettricità interrotta dopo che i Fantastici 4 iniziarono a salire le scale.


    StatisticheStatusNessun Danno
    Forza: 100
    Velocità: 100
    Riflessi: 100
    Resistenza: 100

    Agilità: 100
    Precisione: 100
    Senjutsu: 100
    Concentrazione: 100

    Vitalità


    Chakra
    Slot Difesa | Slot Azione | Slot Tecnica | Slot Gratuiti


    Testo 1


    Testo 2


    Testo 3


    Testo 4

     
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    Fidarsi o non fidarsi

    dubbi esistenzili nel quartiere a luci rosse


    La ragazza sentendo la voce alzò gli occhi dal kunai e si trovò il capo della squadra davanti, fece un inchino profondo senza dire niente ma pensò mentre metteva via l'arma con cui stava giocando poco prima
    io non faccio la fighetta, stavo solo aspettando...
    Quando la donna poco più grande di lei spiegò la missione, la giovane ragazza bionda tentò di non storcere la bocca al pensiero di doversi recare nel quartiere a luci rosse.
    ma perchè proprio lì, con tutti i luoghi possibili e immaginabili proprio in un posto malfamato come quello. Avrei proprio sperato in qualsiasi altro posto ma non quello, c'è troppa brutta gente... ma ormai è fatta sono qui. Andiamo avanti e basta pensa solo alla missione niente sentimentalismi perchè il tuo giudizio o opinione non conta nulla... continuò a pensare annuendo però all'insegnante.
    Iniziarono il viaggio correndo velocemente per arrivare alla meta nel meno tempo possibile, ma la donna era forse più abituata di loro perchè la giovane ragazza non riusciva quasi a starle dietro.
    Il cuore le batteva fortissimo in petto non solo per l'emozione della primissima missione ma anche per la corsa.
    Ansimava mentre correva e sentiva che il cuore poteva esplodere in qualsiasi momento.
    e io che pensavo di essere allenata pensò chiudendo per un secondo gli occhi la ragazza.
    Alla fine della corsa eccola lì l'entrata per quel luogo di perdizione e crimine gratuito.
    Lo sguardo serio non mostrava paura ma solo per un momento le passò una luce quasi di disgusto negli occhi ma durò meno di un secondo.
    Si fermò con le mani dietro la schiena quasi sull'attenti ascoltando le minacce e gli avvertimenti sulla pericolosità del posto e non spiccicò una parola ma assentì serissima in volto.
    Si guardò intorno attentamente cercando di memorizzare tutto quello che vedeva intorno a lei forse le sarebbe stato utile in seguito e seguiva la maestra standole dietro ma molto vicina con accanto il ragazzo a cui dava veloci occhiate per vedere se anche lui si sentisse a disagio.
    Quando arrivarono a destinazione la ragazza era molto sospettosa e si era messa sulla difensiva stava per rispodere al ragazzo quando sentì la parola mangiare, in effetti era parecchio tempo che non metteva qualcosa nello stomaco e invece di rispondere lei rispose lo stomaco con un piccolo brontolio che le causò un rossore sulle guance improvviso.
    Parlato
     
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    TEAMWORK

    When you form a team, why do you try to form a team?
    Because teamwork builds trust and trust builds speed.




    «Essendo un'infiltrata, Shizuka mi ha concesso l'onore di educarla all'arte della seduzione e della corruzione.»
    Seduta su una poltrona di broccato, con il gomito adagiato su un sorreggi braccio di legno intarsiato, Izumi-sama sorrise ai due studenti.
    La stanza in cui i tre shinobi di Konoha erano stati condotti era molto grande e arredata con buon gusto. Vi erano invero pochi oggetti: una toiletta antica di legno e porcellana dipinta; un lungo specchio dalla cornice intarsiata secondo una fantasia di rondini e peonie, che posava sul pavimento di splendido legno lucido; una bassa scrivania di ebano su cui sostava un calamaio, un registro molto spesso e una lanterna; e un espositore di kimono su cui un bellissimo capo di broccato di seta purpurea prendeva aria di fronte ad una delle tre finestre che illuminavano la grande camera. Dietro un lungo paravento, in fondo alla stanza, un baldacchino da terra lasciava scorgere qualche cuscino di seta color indaco.
    Sorridendo, Izumi, la Regina della “La Peonia Bianca”, guardò con dolcezza i due studentelli.
    «Ma la nostra Shizuka è una nobile Principessa ed è sempre venuta sotto Henge per non rovinare la reputazione del suo Clan... è stato divertente vedere Tomo-san non riconoscerti.» Commentò la matrona, portandosi un'affusolata mano dalle unghie smaltate di fronte alla bocca. «In ogni caso sono lieta che l'Hokage abbia scelto te, bambina.» Riprese a dire Izumi quando due gemelle bionde posarono di fronte alla loro Mama e i tre Shinobi quattro vassoi colmi di ogni sorta di leccornia, dalla frutta fresca già taglia e ben disposta, ai dolci ripieni di crema e azuki. «Vi prego di favorire senza nessun complimento. Vi siamo debitori, dopotutto.» Disse Izumi-sama, sorridendo dolcemente nel reclinare la testa di lato. Benché i due studenti avrebbero potuto mangiare a quattro palmenti senza essere ripresi, Shizuka si astenne dal prendere più di una tazza di té, proprio come fece la stessa Matrona, di fronte alla quale la Chunin rimase in silenzio, in attesa. «E' imbarazzante per me...» Ammise infine, dopo un lungo silenzio, la Kokai della Peonia Bianca, sospirando. «...è la prima volta che la giustizia di Otafuku non riesce a sbrigarsela da sola. Non nel quartiere dei piaceri, almeno.»
    «Di cosa stiamo parlando precisamente, Izumi-sama?»
    Chiese Shizuka.
    «Qualcuno si è infiltrato nella disposizione delle Maggiori.» Rispose la Matrona, raddrizzando il busto. Di fronte a lei la Chunin per poco non rigurgitò il suo tè a terra. «E noi non riusciamo a fermarlo.» Continuò la donna, guardando la sua interlocutrice che cercò rapidamente di dissimulare lo sconvolgimento in un'espressione più moderata. Adesso persino i due studenti avrebbero cominciato ad avvertire la tensione del discorso. «Come ogni cosa che accade in questo quartiere, la faccenda ha già sviluppato la sua leggenda.» Sia il tono di voce che l'espressione della Kokai adesso erano cambiate. Da squisite come miele colante erano divenute autoritarie e fredde. Adesso i tre ninja avevano di fronte Izumi della Peonia, una delle dominatrici del quartiere a luci rosse del Paese del Fuoco. «La chiamano l' “accompagnatrice senza volto”, perché nessuno di coloro che cade tra le sue braccia ricorda niente del suo aspetto se non che è la più attraente delle creature: una Mononoke degli Dei, uno spirito errante...quello che è certo è che gli uomini che prende di mira escono di senno pur di rincontrarla.» Commentò Izumi-sama, mettendosi a braccia conserte. «Mi sembrano possibilità troppo poetiche per qualcuno che punta solo i pezzi grossi del Paese del Fuoco, che ne indaga la mente e poi ne abbandona il guscio vuoto nelle nostre strade.» Sibilò poi la donna, furiosa. «Per ora siamo riusciti a tenere sotto controllo la situazione. I membri delle nostre fila sono abili manipolatori, ricostruire ciò che viene distrutto non risulta così complicato. Recuperare ciò che è stato visto, però, è impossibile. Siamo bloccati.»
    «Cosa cerca?»
    Chiese Shizuka. Sapeva che la domanda avrebbe potuto apparire assurda a Inoichi e Haruhi, ma quello che i due studenti non sapevano era la quantità di segreti che Otafuku celava...
    «Non lo sappiamo.» Rispose infatti Izumi-sama, scuotendo la testa. «I burocrati hanno buchi vuoti di memoria dal momento in cui accedono al quartiere a quando si svegliano nelle nostre strutture di soccorso.» Spiegò. «Ma qualsiasi sia la cosa che questa sudicia straniere vuole, non lo avrà. La legge di Kabuchou non permetterà a niente di ciò che è suo di uscire da questi confini.» Minacciò, guardando torvamente Shizuka la quale, sostenendo lo sguardo della Matrona, non si scompose.
    «Stiamo calmi. Non vorremo davvero creare questo genere di...tensioni.» Disse la Principessa, accennando ad un sorriso accattivante. «Konoha è qui come supporto. Non ci saranno traditori, tra noi. Provvederò personalmente a cancellare la mente dei due bambini se dovessero scoprire notizie troppo oltre le loro possibilità.» Disse con calma irreale.
    «Sei la più abile maestra di illusioni della Foglia, Shizuka. Mi aspetto ogni accortezza da una creatrice della tua portata.» Sibilò Izumi-sama. «Le Maggiori non saranno quiete sapendo che non è stato fatto l'impossibile... tu sei troppo in alto, ma non vorremo davvero che potesse accadere qualcosa a...»
    Mettendosi a ridere, la Chunin di Konoha scosse la testa, interrompendo così la sua interlocutrice. «Vi prego, Mama. Questi due bambini hanno già ricevuto tre minacce di morte da quando sono arrivati. Non è necessario uccidere quando ho la loro mente nelle mie mani. E la vostra, se volessi.» Rispose tagliente e gelida, abbassando la testa verso la Kokai che, per un istante, esitò. «Io faccio sempre bene il mio lavoro, senza essere minacciata da un manipolo di mafiosi.» Sentenziò. «Ci avete chiamati, adesso lasciateci operare. La collaborazione tra le nostre fazioni permetterà la riuscita migliore, in caso contrario non esiterò a eliminare quelli di voi che mi intralceranno. Ho una missione e intendo portarla a termine, per onore e rispetto al mio Villaggio. L'affezione verso di voi è solo un nostalgico ma eliminabile surplus. Spero di essere stata chiara.»
    Cadde a quel punto un forte silenzio durante il quale Shizuka si alzò e senza aggiungere altro si girò, andandosene. Mentre i due studenti si alzavano e si affrettavano a correre dietro alla maestra, la Kokai della Peonia Bianca sorrise e portandosi una mano alla bocca sussurrò solo un: “sei cresciuta davvero tanto...” prima che la porta scorrevole di riso si richiudesse, lasciandola sola.

    […]



    «Sei bellissimo!!» Shizuka Kobayashi guardò con occhi brillanti Inoichi Yamanaka, portandosi poi entrambe le mani alla bocca. Inginocchiata a terra, si muoveva sul posto come incapace di rimanere ferma. «Sembri una bambola di porcellana...» Gemette, commossa. «...davvero, te lo giuro, non ho mai visto una bambina più bella.» Commentò felice.
    Una bambina...? Già. Una bambina.
    Inoichi Yamanaka, fermo in mezzo ad una stanza piena di accessori e vestiti di ogni genere, indossava uno splendido kimono femminile rosa dipinto a mano, con un enorme obi di broccato color dell'oro che si fermava dietro alla schiena in un grandissimo fiocco. Una vaporosa parrucca bionda, raccolta in due codine boccolose avviluppate da filamenti di perle bianche, incorniciavano un volto magistralmente truccato: leggero ombretto rosa, labbra dipinte di scarlatto. Persino il seno era stato simulato con delle graziose imbottiture.
    «Siete perfetti, davvero!» Esclamò ancora la Chunin, girandosi alle sue spalle dove era invece ferma Haruhi: vestita di un hakama blu maschile dal taglio corto e con zori di legno alti quattro dita, la ragazzina aveva i suoi corti capelli tirati completamente all'indietro, uno spiedo di legno tra i denti e nessun trucco. In compenso aveva uno spazzolone in una mano e un secchio sudicio e sbeccato nell'altra. Sembrava un diciassettenne molto irritato.
    Guardando per l'ultima volta i due studenti la kunoichi annuì, compiaciuta. Ad essere onesta avrebbe voluto fare all'incontrario, per i travestimenti... ma Inoichi si era rivelato molto più elegante, posato e soprattutto schizzinoso di quanto Haruhi (che era stata capace di camminare a cosce larghe con indosso un kimono da duecentomila ryo, inciampando e sbattendo la faccia a terra) sarebbe probabilmente mai stata; e complice i lineamenti ancora adolescenti, che rendevano il suo volto grazioso e quasi femmineo, le cose si erano sistemate in quel modo.
    «Dunque, sappiamo che l'accompagnatrice senza volto si spaccia come appartenente ad una delle grandi case di piacere, le Maggiori, appunto.» Esordì a quel punto Shizuka. Dall'unica finestra della stanza in cui si trovavano penetrò improvvisamente una forte luce rossa: erano appena state accese tutte le lanterne che filavano le strade esterne. Era iniziata la notte della lussuria. «Non segue un ordine preciso. Nessuno la vede entrare né uscire. Ci è ignoto il modo in cui riesce a controllare le persone.» Ammise, alzandosi in piedi. «Fortunatamente le Maggiori sono solo cinque e io ho già disposto un kagebushin all'interno di ogni struttura.» Commentò la Chunin. Prima dell'inizio della sera, la ragazza aveva infatti replicato cinque copie tangibili di sé e facendo assumere a ciascuna di loro un aspetto differente le aveva dislocate dentro le rispettive case di piacere. «Chi abbiamo di fronte è una persona esperta, di sicuro sa già che siamo qui.» Continuò. «Haruhi, come gli altri garzoni delle case di piacere accompagnerai i clienti dall'entrata del quartiere alle rispettive strutture, ma punterai solo i pezzi grossi. Capirai chi sono perché a scortarli ci sarà sempre un adulto in kimono con un haori rosso.» Ordinò, rivolgendosi alla studentessa. «Lo seguirai, entrerai nella casa di piacere che egli sceglierà e batterai tre volte il piede sull'uscio d'entrata. Da lì in poi ci penseranno i miei cloni.» Si girò a quel punto verso Inoichi. «Sono sei notti che la Peonia Bianca non subisce furto di nome, se come ho ragione di credere la nostra amica è così potente non avrà timore ad iniziare da qui nonostante la nostra presenza. Tu giocherai in casa: ti comporterai come un'accompagnatrice apprendista, rimarrai sempre dietro Izumi-sama ma approfitterai della tua “sbadataggine da novizia” per scorrere entro i locali della casa di piacere a tuo piacimento. Entra ovunque. Guarda ovunque. Ascolta tutto. Ricorda ogni dettaglio. Se sospetterai qualcosa riferiscilo alla Kokai.» E così dicendo prese da terra il suo mantello, che rigirò dalla parte interna, verde notte al contrario dell'esterno bianco. Mettendoselo addosso, Shizuka si abbassò il cappuccio sulla testa. «Io pattuglierò le strade. Ricordatevi che proprio perché non conosciamo l'aspetto di questa persona, ogni membro delle Maggiori tiene addosso un fazzoletto rosso ricamato come segno distintivo.» A quel punto, sospirando sonoramente, la Chunin accennò ad un sorriso guardando entrambi i suoi allievi. «Andrà bene.» Si limitò a dire. Offrendo poi le ultime accortezze ai due, e cercando di rassicurarli come poté, finalmente il gruppo si divise e ognuno prese posto dove doveva.

    […]



    «Alle “Ali d'oro”. Subito.» Mormorò un'untuosa voce. Un uomo basso e dal ventre prominente arrivò di fronte all'entrata del quartiere a luci rosse, e i tentativi dei giovani garzoni di accaparrarsi il signore furono interrotti dall'avanzare di un individuo calvo che recava un ampio haori rosso. Al polso, legato due volte, teneva un fazzoletto rosso ricamato.
    «Kashikomarimashita, mio Signore.» Disse questo, inchinandosi profondamente di fronte al grasso ometto incappucciato che grugnì impaziente. Benché stesse su zoccoli di legno alti quattro dita, non arrivava neanche alle spalle dell'uomo in haori il quale, voltandosi per fare strada all'ospite, ricercò rapidamente qualcuno tra la folla accalcata di garzoni. Si fermarono su Haruhi ed esitarono su di lei qualche istante. Un secondo dopo, il calvo si stava già confondendo tra la folla, seguito a ruota dal maiale ammantato.
    Se Haruhi avesse seguito i due si sarebbe trovata dinnanzi una grossa casa di piacere recante l'insegna a forma di fenice “Le Ali d'oro” entro cui il grasso burocrate sarebbe entrato goffamente. Cosa avrebbe fatto la studentessa di Konoha? Si sarebbe ricordata come comportarsi?
    Quale che fosse stata l'azione della ragazza, se avesse o meno ubbidito agli ordini della maestra, quando si fosse incamminata per ritornare all'entrata del quartiere a luci rosse così da riprendere posto... si sarebbe improvvisamente accorta di non potersi muovere. Qualcosa la paralizzava, ma non era né un veleno né chissà quale tecnica. Come si sarebbe rapidamente resa conto la giovane stessa... era solo paura.
    «Ha mandato dei ragazzini...» Sibilò improvvisamente una voce maschile dal vicolo alla destra della konohoniana, di fronte al quale si era immobilizzata e appena a cinque metri da lei. «...perché non aveva voglia di venire di persona?»
    Fu appena una frazione di secondo: qualcosa volò rapidamente verso Haruhi. Due oggetti, uno diretto alla testa della studentessa, mirante alla tempia destra, e uno al fianco rispettivo [Slot Azione IAttacco a Distanza: Richiede 1 slot Azione un lancio con traiettoria simile, speculare e contemporaneo di 8 armi
    minuscole, 4 armi piccole, 2 armi mediopiccole o 1 sola arma di dimensione maggiore. La gittata massima d’efficacia è 15 metri salvo indicato diversamente. Lanciare una singola arma senza volontà offensiva è
    un’azione Gratuita.
    : Potenza 8x2, velocità 100]
    , a cui subito sarebbe seguito un attacco assolutamente mai visto giacché qualcosa, una sorta di serpente nero, perforò l'oscurità del vicolo e si lanciò contro il collo della ragazza cercando di morderlo con violenza [Slot Tecnica Avanzata: Potenza 20, velocità 125].
    Era evidente che nessuno di quei colpi erano stati lanciati come mero avvertimento. Cosa avrebbe fatto Haruhi?!
    «Avete tempo fino a domani mattina all'alba.» Sussurrò la voce, rancorosa, apparentemente iniziando ad indietreggiare. Se la ragazza si fosse voltata avrebbe visto solo il bagliore di un paio di occhi che venivano inghiottiti dalla notte. «Poi vi uccideremo tutti.» Serpeggiò. Infine, il silenzio.
    Terrorizzata, profondamente provata e incapace di capire cosa stesse succedendo, Haruhi sarebbe riuscita a salvarsi...? E poi, cosa avrebbe fatto?
    Con disperazione la ragazza si sarebbe accasciata a terra, tra la polvere della strada in cui nessuno sembrava aver visto niente. Lì, sul suolo sporco e frequentato, sospette macchie di inchiostro nere si iniziavano ad impregnare di terriccio...

    ...mentre, dentro un'enorme stanza ricca di paraventi, in cui c'era una sola lanterna di riso posata sul pavimento alla sua sinistra, Inoichi Yamanaka versava da bere a un ossuto burocrate dal naso ad aquilino che in meno di cinque minuti aveva scoperto essere a capo degli archivi segreti dell'accademia, con trent'anni di carriera alle spalle e una smodata attrazione per le giovani e attraenti signorine dai capelli biondi e gli occhi verdi.
    Ragionevolmente sentendo il suo istinto di conservazione maschile suonare prepotentemente alle avance del nobile e ritrovandosi per altro solo in quanto Izumi-sama,che lo aveva seguito fino alle tre del mattino, era dovuta accorrere in un'altra stanza per motivi ignoti; lo Yamanaka si sarebbe ritrovato solo in grado di continuare a versare saké, sperando che le rimanenti cinque bottiglie piene non lo tradissero. Perché altrimenti il modo in cui avrebbe dovuto impiegare il tempo poteva risultare compromettente.
    «Ho preferito te, sai? Yick!» Gemette l'ometto, alto e mingherlino, annuendo con lo sguardo paonazzo dell'ubriaco. Per qualche strana ragione non guardava mai negli occhi Inoichi. «Nonostante quella donna bellissima dalla parte opposta della strada mi abbia così insistentemente chiamato...Yick!» E così dicendo si portò la tazzina in mezzo agli occhi invece che in bocca. Annuendo seriamente ci provò, e stavolta si versò il liquido sul mento. «Mi chiamava, sai? E dire che ero con il mantello! Ma sapeva il mio nome... Yick! “Vieni da me”, diceva! “So quello che vuoi”, diceva!» E scoppiò fragorosamente a ridere, allargando le braccia e rovesciando ovunque le dieci bottiglie di saké vuoto. «Le donne non sanno ciò che voglio! Non lo hanno mai saputo!» Abbaiò a quel punto, adesso facendosi improvvisamente arrabbiato. «E nemmeno tu!» E così dicendo tirò in faccia al ragazzo la sua coppetta di saké vuota. Poi, rendendosi conto di ciò che aveva fatto, iniziò profondamente a scusarsi. Continuava a non guardare l'interlocutore negli occhi, non lo aveva fatto nemmeno una singola volta. «Mi fate paura, io lo so, mi fate paura... non posso, non posso competere, con voi... io ho... paura...» Gemette, prima di rimanere immobile con la fronte sul pavimento. Si era addormentato.
    Arrivati a quel punto cosa avrebbe fatto, Inoichi?! Cosa poteva fare? Quello che sapeva forse bastava per uscire di corsa e...
    «Vi schiacceremo.»
    Cresciuto nell'assurda convinzione che in quanto Yamanaka avrebbe dovuto forzosamente far parte di un team composto da un Nara e un Akimichi, non avrebbe impiegato più di mezzo secondo a capire che l'ombra nera che stava velocemente scivolando sul pavimento, filtrando dalla finestra aperta di fronte a lui non era un'illusione ottica, ma qualcosa di più. E sicuramente, la figura immobile sul tetto della casa di piacere opposta a quella in cui lui si trovava, non gli avrebbe lasciato altri dubbi [Slot Tecnica Avanzata:TECNICA DEL CONTROLLO DELL'OMBRA - KAGE MANE NO JUTSU
    Villaggio: Konoha
    Posizioni Magiche: Topo
    Richiede: Manipolazione Ombra I
    Premessa una sovrapposizione l'ombra avversaria e propria, l'utilizzatore può paralizzare l'avversario, prendendo il pieno controllo dei suoi movimenti; dal controllo sono estromessi occhi e bocca, mentre eventuali arti extra verranno manovrati tramite gli arti principali. Ogni danno da contusione inferto all'avversario verrà subito anche dall'utilizzatore, dimezzato. È possibile imbrigliare fino a 5 persone per livello della tecnica speciale. La vittima potrà spezzare il controllo tramite la Forza, se superiore all’Intuito dell'utilizzatore, oppure tramite il chakra: richiede Medio per ogni livello dispari TS posseduto. Se spezzata la tecnica, l'utilizzatore con ogni slot azione/tecnica impiegato può prolungare di 1 slot azione/tecnica il controllo degli avversari; al termine del round la tecnica sarà disattivata. L'utilizzatore può riattivare la tecnica se spezzata. Spezzare il controllo causa AdO; se l'utilizzatore effettua AdO, non può riattivare la tecnica nel round. Se un avversario si libera dal controllo, la tecnica non cesserà di essere attiva per altre vittime.
    Tipo: Ninjutsu - Kageton
    (Livello: 4 / Consumo: Medioalto - Mantenimento: Mediobasso)
    [Da genin in su]
    velocità 150, intuito 100]

    «Dille di sparire. Questo non è niente che il serpente dell'Hokage possa avere.»
    Se Inoichi si fosse spostato in tempo per evitare di essere manipolato da ciò che aveva sempre creduto una Hijutsu amica, avrebbe appena avuto il tempo di rialzare lo sguardo per rendersi conto che una pioggia di kunai si stava dirigendo verso di lui [Slot Azione I:Attacco a Distanza: Richiede 1 slot Azione un lancio con traiettoria simile, speculare e contemporaneo di 8 armi minuscole, 4 armi piccole, 2 armi mediopiccole o 1 sola arma di dimensione maggiore. La gittata massima d’efficacia è 15 metri salvo indicato diversamente. Lanciare una singola arma senza volontà offensiva è un’azione Gratuita. potenza 8x5, velocità 100] secondo una linea retta verticale.
    Cosa avrebbe fatto Inoichi?! Ce l'avrebbe fatta a scappare, ad evitare l'attacco e contemporaneamente a non farsi toccare dall'ombra dell'avversario, ancora in attesa di fronte alla finestra aperta?! Ma soprattutto... cosa avrebbe fatto circa l'ossuto burocrate?!
    «Dalla profondità della terra difenderemo Konoha meglio di quanto un randagio e due bambini potranno mai fare.»
    Poi fu appena una frazione di secondo: Inoichi si rese conto che uno dei kunai che gli erano stati lanciati aveva qualcosa avvolto attorno all'impugnatura... una carta bianca su cui dei numeri stavano rapidamente susseguendosi uno dietro l'altro [CartabombaCARTABOMBA I DEFLAGRANTE [BOMBA]
    La cartabomba è un piccolo foglio sul quale è inciso un fuuinjutsu: causa una potente esplosione di raggio pari a 4,5 metri quando attivata. L'attivazione è percepibile tramite i sensi; è possibile scegliere il tempo dell'esplosione, da tre secondi fino a 30 ore.
    Tipo: Speciale - Ustione
    Dimensione: Minuscola
    (Potenza: 15 | Durezza: 1 | Crediti: 45)
    [Da genin in su]
    ]
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    L'inizio della fine






    Ormai erano entrati nella stanza e la conversazione era iniziata. Stavano partecipando tutti quanti, ed Inoichi si sentì eletrizzato ogni volta che Izumi posava gli occhi su di lui. Era come se quello sguardo emettesse un segnale al corpo dello Yamanaka per fargli venire i brividi. Ma nonostante ciò, egli cercò di contenersi, rimanendo con un'espressione seria, attendendo impazientemente l'arrivo del cibo. E mentre aspettavano, la donna informò i due studenti che Shizuka era stata educata all'arte della seduzione e della corruzione, ma il biondo, per un motivo o per un'altro, capì "arte della prostituzione" (ormai si era fissato). Pochi istanti dopo, il ragazzino capì che la Chunin era in realtà una principessa di un Clan di Konoha, e fu lì che si ricordo finalmente da dove aveva sentito il cognome Kobayashi. Affilò gli occhi sulla Sensei e la squadrò da capo a piedi, rendendosi conto che avrebbe potuto ricattare Shizuka con l'informazione dei suoi servigi visto il ruolo che ricopriva (nel caso ce ne fosse stato bisogno). E lo avrebbe anche fatto! Avrebbe detto tutto alle persone del Villaggio della Foglia. Questo, ovviamente, solo se sarebbe stato costrettto (d'altronde poi, era un manipolatore nato). Dubitò tuttavia dell'importanza di questa informazione, e per questo si concetrò esclusivamente su tutto il cibo che gli era stato portato, anche perchè non sarebbe stato per nulla professionale usufruire delle informazioni acquisite nelle missioni a scopi personali. [...] Egli, davanti al cibo, se non avesse chiuso la bocca in tempo, avrebbe sbavato sul serio. Cercò di mangiare fino a saziarsi, era davvero affamato dopo tutta quella fatica. Anche se aveva fame, si cibava in modo pacato ed educato, controllando i suoi impulsi al meglio. Cercò di scambiare qualche parola con Haruhi mentre mangiava, ma lasciò che fosse Shizuka ad occuparsi della matrona, in poche parole: non si intromise. Si limitò ad ascoltare con attenzione quella conversazione che portava un'atmosfera di tensione e preoccupazione. Resto zitto, questo però fino a quando la Sensei accennò alla cancellazione della memoria sua e della compagna.
    Cosa? Non puoi! Non dev..
    Si azzittì di nuovo, evidentemente non gli prestavano nemmeno la minima attenzione, continuarono a conversare. E guarda caso, il discorso andava sempre alla morte dei due ragazzi. Stava iniziando a preoccuparsi seriamente. Ma ormai la discussione era finita e Shizuka si stava dirigendo verso l'uscita. Capendo che doveva seguirla, il biondo prese in bocca un dolce e se ne portò altri due nelle mani. Almeno voleva completare di mangiare. Chissà cosa lo aspettava.

    [...]

    Shizuka, non infierire...
    Disse, stringendo i pugni e raccogliendo ogni singola goccia di pazienza che aveva nel corpo. Era stato costretto a vestirsi da ragazza del posto, con un Kimono rosa e tanto di parrucca bionda e trucco. L'educazione che aveva ricevuto per tutta la sua vita alla fine si dimostrò utile, in qualche modo (?). Haruhi era troppo rozza per essere aggrazziata come Inoichi e per questo, dopo l'ennesimo capriccio, accetto. Si sentiva tuttavia privato della sua dignità e della sua mascolinità. Ma era una missione e doveva fare quel che doveva per portarla a termine.
    Accidenti... quella sa già che siamo qui!
    Disse, abbassando lo sguardo a terra dopo essersi ripreso dallo spavento dell'improvvisa accensione delle luci rosse. Si scosse la testa ed aprì la mente, guardando Shizuka mentre spiegava i compiti di ognuno.
    Prese una forta boccata d'aria e sfarfallò le ciglia prima di dire qualcosa.
    Dunque, raccolta di informazioni: posso farcela.
    Se solo avesse conosciuto la tecnica del Capovolgimento Spirituale sarebbe stato tutto più facile, forse. Il suo Clan era famoso per l'abilità di raccogliere informazioni, tuttavia, senza nessuna abilità del genere in suo possesso, Inoichi avrebbe dovuto fare del suo meglio con le capacità che possedeva.
    Dopo essersi salutati e dopo aver tirato l'ennesimo respiro profondo, il ragazzo si infilo sotto le vesti un Kunai, nascondendolo dal tessuto. Dopo si congedò dalla sua compagna, augurandole buona fortuna. A quel punto si dirise nella sua postazione, molto entusiasta di lavorare in squadra con la bellissima Izumi.

    [...]

    Fece del suo meglio. Si comportò nel modo più femminile che poteva, si sforzò davvero e si trovò un nome da porre agli uomini nel caso lo avessero chiesto: Hanabira. La voce che usava, invece, la mantenne uguale, d'altronde: non era poi così mascolina, vista l'età. Cercava di comportarsi allo stesso modo delle altre ragazze, ad essere gentile con tutti i clienti e sorridere sempre, ma alcuni erano davvero irritanti ed egli credeva di impazzire. Ma rimase calmo. Faceva tutto molto lentamente: camminare, versare da bere ecc. Questo perché voleva rimanere nei luoghi in cui andava il maggior tempo possibile. Qualche volta fece finta di sbagliare bottiglia o bevanda, pur di ascoltare di più la conversazione degli altri. Fece finta di essere impacciatA e spadatA così come Shizuka gli ordinò, scorrendo entro i locali della casa di piacere. Quando nessuno guardava, si concesse il rischio di avvicinarsi di più per ascoltare qualcosa di importante da parte dei clienti. Cercò anche di mantenere gli occhi aperti nel caso qualche "accompagnatrice senza volto" si fosse presentata. Accumulò delle informazioni generali che riguardavano i lavori svolti, l'occupazione, la famiglia, gli hobby (quasi tutto a frammenti). Ad un certo punto, dentro una grande stanza di paraventi, il ragazzo stava versando da bere ad un uomo. Lo Yamanaka aveva scoperto che egli si occupava degli archivi segreti dell'accademia, aveva qualche decennio di esperienza. Purtroppo si ritrovava da solo, e versava il sakè nel modo più lento possibile, scusandosi con tutti per la sua inesperienza e voglia di non sbagliare. Quell'uomo, era già da un po che stava cercando di rimorchiarlo. Inoichi aveva solo voglia di vomitare. Si sentiva molto schifato da quell'uomo e ad ogni sua parola sentiva come se qualcuno avesse messo una pompa nello stomaco per fargli uscire tutto il cibo offritegli da Izumi ore prima. Non aveva mai creduto che un semplice sorriso avrebbe mai richiesto tanto sforzo. Doveva rimanere lì, purtroppo, aveva ancora qualche bottiglia da servire e qualche informazione da reperire. Si sentiva proprio uno schiavo.
    Represse quel sentimento quando ad un certo punto inziò a parlare di una certa donna che lo aveva "chiamato". Se Inoichi era più bello di quella donna (che sospettava fosse la persona che stavano cercando) allora non era poi così bella. Quell'uomo era proprio un'idiota, si versò tutto il liquido sul mento quando cercò di bere. Lo Yamanaka provava troppo disgusto per aiutarlo a pulirsi. Da lì a poco si sarebbe ritrovato con una coppa di sakè un faccia, vuota. A quel punto, stava per esplodere. Come se non bastassero tutte quelle avanche, quel tono arrogante ed aggressivo. Ne aveva abbastanza. Le emozioni che provava erano un miscuglio fra rabbia e paura. Si alzò rapidamente e si diresse verso l'uscita con l'intento di dire tutto ad Izumi oppure a Shizuka (nel caso l'avesse incontrata), ma una voce fece tremare tutto il corpo del biondo. Come se tutte quelle minacce di morte stessero per avverarsi. Aveva un po di paura ma mantenne la calma e a quel punto pensava che l'uomo stava per aggredirlo. Si mise in difensiva ed abbandonò qualsiasi comportamento femminile ed aggrazziato. Come se scosso da un ricordo, egli vide avvicinarsi un'ombra molto familiare, proveniente dalla finestra che si trovava davanti. Per un millesimo di secondo, vide una figura immobile sul tetto opposto. Era sicuramente un Nara. Stava già trovando la soluzione al problema, visto che ormai conosceva come contrastare questa tecnica (grazie alle dimostrazioni dei propri genitori). Cercò di estrarre rapidamente il Kunai che teneva legato alla coscia destra, spostando il tessuto del vestito che lo separava da esso. Lo impugnò saldamente, fece un salto all'indietro, tentando di usufruire di tutta la sua forza muscola [Slot Difesa I: Spostamento] e lo sferrò con violenza verso la finestra nella direzione dell'uomo, infrangendolo in piccoli cristalli che si sarebbero sbriciolati, facendo un po di rumore [Slot Azione I: Attacco a Distanza]. Egli, come il suo avversario, sapeva che le opzioni erano due: o il Kunai inflizzava il nemico, continuando l'esecuzione della tecnica, oppure si spostava, rinunciando al controllo dell'Ombra. Inoichi sapeva, o meglio sperava, che l'avversario pensasse a se stesso, perché il ragazzino aveva mirato al tronco, nelle vicinanze del cuore/polmone destro.
    Tuttavia i problemi non erano finiti lì. E no, non era perché la parrucca era ormai caduta dalla testa del giovane, scoprendone i reali capelli, ma perché una pioggia di Kunai si stava dirigendo verso di lui, partendo dall'alto. Si guardò in sù e come per istinto si scaraventò verso destra, facendo affidanento sui muscoli delle gambe [Slot Difesa II: Spostamento], senza preoccuparsi di atterraggi perfetti o coreografici (d'altronde non ne aveva neanche il tempo). Se fosse riuscito a scappare da quel pericolo, si sarebbe ritrovato per terra disteso, indolenzito per la botta presa alla schiena. Lo sguardo era posto sulla pioggia che ormai stava finendo. Erano tutti atterrizato per terra, inflizzando il primo ostacolo trovato, parrucca compresa. Tuttavia, sembrava che un Kunai aveva un'impugnatura difersa dalle altre. Infatti, mentre il ragazzo tentava frettolosamente di rialzarsi gli venne un colpo al cuore: non era ancora finita. Quello era un sigillo che conteneva una bomba, infatti era chiamato più comunemente "Cartabomba". Si diresse goffamente verso quel Kunai e lo afferrò il più velocemente possibile, con un'espressione terrorizzata. Dopo lo scagliò contro la finestra che aveva precedentemente frantumato con il Kunai diretto il Nara <b><i>[Slot Gratuito I: Lancio del Kunai]. Sperava solo che l'esplosione non fosse potente e che avrebbe fatto abbastanza in tempo di farla esplodere almeno ad una distanza di sicurezza. Ma tuttavia, la cartabomba scoppiò poco dopo essere uscito dalla finestra, investendo il ragazzo con un'onda d'urto che lo fece ricadere a terra.


    StatisticheStatusNessun Danno
    Forza: 100
    Velocità: 100
    Riflessi: 100
    Resistenza: 100

    Agilità: 100
    Precisione: 100
    Senjutsu: 100
    Concentrazione: 100

    Vitalità


    Chakra
    Slot Difesa | Slot Azione | Slot Tecnica | Slot Gratuiti


    [Slot Difesa II: Spostamento - salto all'indietro]
    [Slot Difesa II: Spostamento - salto a destra]


    [Slot Azione I: Attacco a Distanza - lancio del Kunai verso il nemico]


    Testo 3


    [Slot Gratuito I: Lancio del Kunai]

     
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    Le strade di Otafuku

    Tredici giorni ed otto ore dal primo incontro col Bersaglio. Un incontro disastroso, tanto che avevo chiesto a mio padre di raddoppiare il regime di allenamento da quel momento in poi. Distante. Troppo distante fino ad essere quasi irraggiungibile, lo capisci? Lui disse che capiva, ma sembrava preoccupato per le mie intenzioni, non si aspettava che realizzare la limitatezza delle mie capacità mi avrebbe turbato fino a questo punto. No...no questo non fermerà comunque la Missione. Solo...ci vorrà del tempo. Lui disse che capiva e gli fui grato. Evitai di uscire per giorni, rafforzando il fisico e tutte le mie doti senza sosta, fin quasi a farmi del male, fino a realizzare che avevo fatto un passo avanti rispetto a prima. Piccolo, un piccolo patetico passo, ma si trattava solo del primo di una lunga corsa che mi avrebbe portato a sgozzare quel pomposo arrogante di un Ikigami.

    Ma come mai ora siamo ad Otafuku? Mio padre spiegò che per premiarmi per l'impegno voleva farmi fare un giro per le case di piacere. Io alzai lo sguardo al cielo, sospirando. Era evidente che il suo interesse era solo tirarmi su di morale. Papà, ti ho già spiegato che sto bene. Non serve andare da queste parti, inoltre sai bene quanto me che sono sicuramente più bravo di metà delle ragazze che girano da queste parti, dovrebbero essere loro a pagare me per il servizio e non viceversa...è quello che mi avete insegnato, dopotutto. Aggiunsi con un briciolo d'orgoglio: non erano comuni i ninja maschi addestrati a sedurre e soddisfare le donne. E comunque sarebbe solo ginnastica senza uno scopo: devo diventare più forte, non correre dietro alle distrazioni, io... Il suono di un'esplosione poco distante fece rizzare le orecchie ad entrambi. Uno scontro? Istintivamente cercai di arretrare: non potevo essere coinvolto a meno che questo non potesse dare vantaggi per la Missione, ma mio padre mi fermò con un cenno della mano. Secondo lui Otafuku, e soprattutto il Quartiere dei Piaceri, avevano delle leggi tutte loro ed un ninja non era tenuto ad immischiarsi a meno che non ci fosse un'evidente aggressione a carico degli abitanti della Foglia...ma valeva comunque la pena dare un'occhiata. Mio padre è sempre stato curioso, una cosa che gli avevo spesso rinfacciato durante gli addestramenti.

    Daccordo allora. Sapevo che sarebbe stato cauto, ed in sua presenza ero perlopiù al sicuro, ma non mi piaceva affatto l'idea di immischiarmi. Percorsi pochi vicoli, ecco che vedemmo un pò di fumo e dei vetri infranti fuori da una delle "case". E' come se avessero lanciato qualcosa di esplosivo oltre la finestra. Secondo mio padre poteva essere una Cartabomba, ma solo i ninja le usavano: quindi là dentro c'era un ninja o qualcosa del genere. Mi disse di nascondermi ma di tenere d'occhio la situazione, mentre lui saltava sul tetto con un solo balzo, per osservare meglio la scena.

    A posteriori mi viene da pensare che se fossi stato più attento non sarei finito coinvolto in tutta quella faccenda, ed ancora non so dire se fu un bene od un male...ma di certo le mie doti furtive erano quantomeno scarse, dato che a sei metri scarsi dalla finestra chiunque avrebbe potuto notarmi mentre mi sporgevo da dietro la parete, peraltro col coprifronte in vista a mò di cintura...e questo significava che chiunque poteva arrivare e sorprendermi sul fatto....chiunque.

    Edited by Febh - 19/9/2015, 16:18
     
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    Qualcuno deve pagare.

    Villaggio di Otafuku pt. I



    Pensato
    Parlato altri
    Parlato

    Narrato



    CITAZIONE
    Se non inizi a dimagrire fin da subito, diventerai come tuo padre.


    ovvero un uomo di cento chili, distribuiti su un metro e settanta di altezza.
    Troppo per un ragazzino di quindici anni appena compiuti.

    Correva Hariken, correva da ben quattro ore.
    Un record per il piccolo Akimichi, un risultato che forse all'età di trent'anni avrebbe ricordato con orgoglio.

    A differenza dei suoi coetanei, Hariken affrontava quotidianamente i morsi della fame. Con una grande forza di volontà, egli si concedeva solo quattro pasti, colazione pranzo cena più un abbondante merenda alle quattro del pomeriggio o dopo un duro allenamento.
    Non voleva ingrassare, non prima dei venti anni.
    La sua paura di incrementare la massa corporea superava persino quella della morte.

    Ce la devo fare. Inspirava ed espirava ad ogni passo, con un certo ritmo.
    Poi se ingrassi, le ragazze... non ti guarderanno più. Aveva cinque anni per fare "pratica", esperienza che dai venti anni in poi avrebbe compensato i suoi trenta chili in più sulla bilancia.

    Aveva la fronte e il viso imperlati di sudore, i capelli completamente bagnati.
    Vestiva largo il piccolo Akimichi della Foglia.
    Per quell'allenamento aveva optato per dei pantaloni rossi e una larga t shirt verde, come le foglie accarezzate dal dolce vento che spirava dal mare verso Konoha, ormai alle sue spalle.
    Sulla cinta aveva la sacca porta oggetti e un grosso contenitore in plastica, con qualcosa di caldo all'interno.

    Si fermò, piegandosi sulle ginocchia per la fatica, quando i suoi occhi intravidero la scritta "Otafuku" .
    Dove era arrivato?

    Forse ho esagerato. Pensò, soddisfatto della sua resistenza.
    Ripreso fiato, con la mano destra il Genin aprì il contenitore verde appeso sulla cinta. Estrasse dall'interno...due pezzi di pizza ancora fumanti. Vi era così' tanta mozzarella tra quei tranci da lasciare sbigottiti tutti gli abitanti di quel piccolo villaggio vicino al mare.
    Già al primo morso, dai lati un po' della farcitura cadde al suolo.

    Potrei...riprenderla..non posso sprecarla... Si addentrò di corsa nel villaggio per scacciare quella tentazione.
    E' sempre il migliore Akira, il migliore .... se fossi ricco lo assumerei e mi costruirei una pizzeria dentro casa...ma, aspetta, dove sono precisamente? Akira era il pizzaiolo che esercitava da anni la sua professione nella piazza principale di Konoha.

    Si guardò intorno. Era solo, l'unico essere umano a transitare in quella strada che forse era una delle principali.
    Addentò la pizza.

    Poco importa, cerco un bar, prendo una bibita, cerco un altra pizzeria, ne prendo altri due pezzi e torno a casa. Il piano era geniale. Aveva corso per così tanto tempo da meritare sicuramente altro cibo. Aveva bruciato molte calorie.
    Doveva solo trovare ...un pizzaiolo.

    Prese una via traversa alla sua destra. leggermente stretta.
    Svoltò appena possibile a sinistra.

    Una fortissima e improvvisa esplosione distrusse il silenzio in cui il ragazzo era immerso.
    Il boato fu così intenso da farlo sobbalzare e indietreggiare.
    Gridò dalla paura.
    La pelle del viso, i capelli e la sua t-shirt ancora bagnata vennero investiti da una sola folata di vento bollente.
    Qualsiasi cosa fosse saltata in aria, non era distante dalla sua posizione.

    Si ritrovò con il sedere a terra.
    La prima cosa a cui pensò fu:

    png



    La pizza?
    Non l'aveva tra le mani.
    La individuò tra la sporcizia un metro più avanti, aperta e con la farcitura, compresa mozzarella, riversata al suolo.
    La rabbia prese il sopravvento.
    Qualcuno doveva pagare....con il sangue o con altro cibo.

    Si alzò in piedi, con le palpebre spalancate e gli occhi assetati di sangue.

    CHI E' STATOOOOOOOOOOOOOO? Gridò, mettendo a dura prova le sue giovani corde vocali.




     
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    THREE STORIES

    Finding good players is easy.
    Getting them to play as a team is another story.




    «Feriti?!»
    Shizuka Kobayashi era di fronte alla porta che affacciava nella stanza adibita ad infermeria di quell'edificio isolato da Quartiere dei Piaceri, che i Signori di Kabuchou usavano come centro d'incontro. Ferma, ancora ansimante per la corsa frenetica, la ragazza guardò con orrore Inoichi e Haruko distesi su due lettini, affiancati da due medici per uno. Il primo era ustionato orrendamente su gran parte del corpo, la seconda presentava invece segni di strangolamento e ferite su tutto il corpo, i vestiti erano macchiati di nero e rosso [Entrambi i player si ritirano dalla ruolata. Non subiscono ferite mortali, ma di entità Media].
    «Li curerò io.» Disse la Chunin, allontanando con violenza il braccio di uno dei due uomini che provò a fermarla. «Ho detto che li curerò io.» Ripeté, girandosi di scatto verso le persone che le sostavano alle spalle. Il suo volto distorto dalla rabbia brillava in due iridi un tempo verdi, ma adesso di due gradazioni più scure e affilate.
    «E poi cosa farai? Ti prenderai il resto della notte per riposare, per recuperare le energie, bambina?» Domandò una voce melodiosa. Izumi-sama, bellissima benché avvolta in un'abbondante cappa di broccato di seta, il cui cappuccio ne copriva la testa e i lineamenti, diede ad intendere di star sorridendo, ironica. «I medici di Kabuchou sono stati educati a Konoha, esattamente come te, Shizuka... credi di essere molto più brava di loro?» E alzando una candida mano affusolata dove avrebbe dovuto esserci la bocca, la Matrona della Peonia Bianca sogghignò. «Raizen-sama ti ha concesso di montarti la testa, bambina, se credi di essere la migliore medico del Fuoco...» E poi la mano venne abbassata, rigida e gelida. «...non sei ancora così potente. Non sei la più potente. Smettila di pretendere e parla solo quando avrai qualcosa da dire. La legge di Kabuchou non spetta a te, né al tuo Hokage.»
    Quelle parole colpirono la Principessa dell'Airone come uno schiaffo infuocato, costringendola ad abbassare lo sguardo e a stringere i pugni, con rabbia.
    Izumi-sama sapeva sempre cosa dire per ferire o compiacere qualcuno: era del resto questa l'arte di una donna come lei, come loro.

    […]



    «Chi diavolo saresti tu?»
    Yato Senju se lo sarebbe ritrovato alle spalle quasi per caso, probabilmente non lo avrebbe nemmeno percepito fermarsi dietro di lui.
    L'uomo, massiccio e moro, aveva la faccia di uno scaricatore di porto con una taglia sulla testa e abbastanza precedenti per far bruciare quella stessa taglia dall'occhio impietoso degli Dei. Alto tanto da toccare con la testa lo stipite di una qualsiasi porta e con le spalle squadrate da lavori di fatica, aveva la carnagione bruciata dal sole, con pori dilatati e unti. Sudicio abbastanza da gareggiare con il peggior cane randagio, infatti, nemmeno sorridendo appariva più rassicurante. E probabilmente i due denti mancanti, che aprivano scure finestre in una bocca che puzzava di fegato di pesce e liquore, non contribuivano.
    «Ah.» Disse l'uomo, lanciando un'occhiata al coprifronte di chi gli si trovava di fronte. «Sei una di Konoha?» Domandò... lasciando un dubbio aleggiare tra loro. «Certo che voi kunoichi della Foglia siete tutte piatte. Solo la tua Boss è ben messa.» No, non c'era nessun dubbio, era evidente che Yato avesse capito molto bene. «E questo vizio di vestirvi da maschi...» L'uomo sputò a terra, passandosi poi il dorso del braccio sulla bocca. «...come se qualche uomo pretendesse da voi femmine più di qualche notte di strilli ben fatti e dei figli sani e robusti.» E così dicendo affermò, in modo piuttosto convinto, che il mondo non era più quello di una volta. Femmine in battaglia, ma perché si era arrivati a quel punto?! Ah, ma lui se ne fotteva di quella robaccia, davvero... ubbidiva solo ad Izumi-sama. Quella gran donna. Gran donna. «Quindi saresti il rinforzo per quella stronza a cui Izumi-sama –gli Dei l'abbiano sempre in gloria– ha tanto in attenzione? Beh non che me ne freghi niente –anche se, capirai, non mi sembri molto forte, ragazzina–, piuttosto, meno male che ti ho trovato durante le ronde. Abbiamo già due seccati e mezza casa di piacere esplosa, spero proprio che tu sia meglio di quei due rifiuti che sono mezzi morti...ma visto come ti nascondevi tutta spaventata, non c'ho grandi aspettative.» E così dicendo l'uomo, ruttando sonoramente per poi far spallucce (pareva che la cena che aveva trangugiato di gran carriera fosse niente di più che la massima espressione di quanto una donna fosse incapace anche di cucinare), tentò di afferrare con violenza Yato all'altezza del colletto.
    Non si sarebbe fatto molti problemi, il presunto guardiano di ronda notturna, e dopo aver tastato il petto al nuovo trovato, commentando poi che era proprio vero che le donne di Konoha erano tutte piatte, avrebbe trascinato lo studente in un vicolo scuro e nero, angusto e stretto...
    ...per gran fortuna delle grazie del giovane Senju, pareva però che non fosse ancora arrivato il momento per lui di fare esperienza amatoriale anche con gli uomini, giacché il ceffo si limitò ad intraprendere un dedalo di stradine dimenticate dagli Dei, per poi spuntare di fronte ad un edificio piuttosto isolato rispetto al resto del quartiere. Non c'era nessuna insegna in quel posto dalle finestre barricate e la porta sprangata –su cui l'uomo batté con le nocche due volte velocemente, poi una e infine vi schiantò sopra il palmo aperto della mano–, e quando Yato fosse stato condotto dentro ne avrebbe capito la ragione: quel posto non era una Casa di Piacere.
    «Pare ti sia stata mandata una nuova amica per questa faccenda del cazzo, donna.» Ruggì l'uomo, spalancando la porta con una ginocchiata ed entrando in una stanza senza finestre, in cui una lanterna di riso rossa giaceva in mezzo a tre persone inginocchiate a terra: due donne e un uomo.
    «Ah?!» Esclamò la chiamata in causa, strabuzzando gli occhi quando il guardiano lanciò sul pavimento di legno scheggiato, verso di lei, Yato. «Cosa significa questo, Jun?!» Ringhiò, abbassandosi dopo un attimo di esitazione verso il nuovo arrivato: aveva lunghissimi capelli castani, lisci come seta, e dei bellissimi occhi verde smeraldo. Il volto ovale, simile a quello di una bambola d'altri tempi, era assai perplesso mentre squadrava i lineamenti del Senju e si soffermava sul coprifronte di lui... nonostante tutto la prima domanda che pose fu: «Sei davvero una donna?» come se quella faccenda importasse davvero in quella circostanza.
    […] Non per niente, ma se quella era davvero una femmina, Shizuka Kobayashi –la famosa Principessa dell'Airone– non poté fare a meno di pensare che gli Dei avessero un gran senso dell'umorismo (e il braccio abbastanza corto)...
    ...ma visto ciò che stava succedendo, ritenne di non poterne comunque dubitare: chi diavolo era, quello? E perché era lì? Lo mandava Raizen, forse?
    Il tipo avrebbe dovuto dare una buona spiegazione, del resto lei non aveva voglia di tagliargli la gola. Avere due allievi feriti bastava a demoralizzarla... e soprattutto a renderla di pessimo umore.

    Intanto, fuori da quel luogo, lontano abbastanza perché il sesso delle persone non fosse tratto in inganno dal liquore e dai lineamenti troppo aggraziati di un bel viso, qualcuno sedeva a terra. E a giudicare dallo sguardo fisso di quell'unica ragazza, ferma in mezzo di strada con ancora un secchio d'acqua pieno di cenci sporchi stretto tra le mani, quella faccenda doveva essere una gran cosa.
    Immobile, la fanciullina –circa quattordicenne, con indosso un bel kimono striato da cameriera apprendista di un blu che risaltava i suoi capelli biondi e gli occhi grigi– continuava a fissare di fronte a sé dove, a circa cento metri, sedeva qualcuno.
    Fece due passi avanti, verso destra.
    Poi altri otto, verso sinistra.
    Rimase ferma un altro po', fissando.
    Poi riprese ad avanzare. Ancora. E ancora.
    In una manciata di istanti era di fronte all'oggetto del suo interesse, e abbassandosi nel posare il suo secchio a terra, puntò i suoi grandi occhioni dalle lunghe ciglia in quelli altrui. Poi sorrise.
    «Konbawa» Disse con dolcezza. Sembrava considerare “sera” quell'ora della notte, la piccina. «Sei un tanuki-sama, forse?» Chiese timidamente, arrossendo di trepidazione mentre muoveva le spalle su e giù, stropicciandosi le piccole manine.
    619QnoIGsTL._SY355_
    […] Si dava il caso che i Tanuki fossero spiriti procione dall'aspetto tondeggiante, quasi sferico, con grosse gote paffute e occhioni dall'aspetto divertente, che approfittavano delle creature umane per fare loro scherzi della peggior specie.
    Com'era ovvio immaginare, dunque, dare dello spirito Tanuki ad un giovane Akimichi, era come scavarsi una buca da soli, seppellirsi e poi rimanere in attesa dell'irrimediabile... ma questo, la dolce fanciullina non sembrò capirlo, e sorridendo amorevolmente, insistette senza apparente pietà.
    «Tanuki-sama, cosa ci fate a Kabuchou? Vi dilettate forse al Quartiere dei Piaceri?» Domandò. Come se fosse possibile, poi. «Cercavate qualcuno in particolar...» E interrompendosi, la graziosa cameriera guardò il grosso pezzo di pizza riverso a terra, sbrodolato di sudicio e polvere. Per un attimo parve perplessa, poi, come se avesse realizzato chissà quale cosa sensazionale, si batté il pugno destro sul palmo aperto della mano sinistra, e annuì. «Mi dispiace, Tanuki-sama, purtroppo non ho molto con me.» E rovistando nelle tasche interne del suo kimono, la ragazzina ne tirò fuori tre caramelle alla frutta, che offrì subito al povero Akimichi. Come se non bastasse, mentre posava i bonbon a terra, batté tre volte le mani, e si inchinò.
    ...Era evidente che c'era qualcosa di molto sbagliato nella gente di Kabuchou. Ma questo era meglio non farlo presente, forse.
    «Perché non venite con me, Tanuki-sama? Sono certa che alla Casa di Piacere dove mi stanno addestrando per diventare una grande accompagnatrice, posso trovare per voi un buon pasto caldo e dei vestiti puliti!» Esclamò improvvisamente la ragazzina, e così dicendo avrebbe cercato di prendere con dolcezza le mani del Genin, che avrebbe stretto, avvicinandosi così tanto al viso di lui, sbattendo le sue lunghe ciglia chiare, da lasciare poco spazio a qualsiasi resistenza maschile, per quanto salda fosse. Indipendentemente da ciò che le frullava nella testa, infatti, era senza dubbio di graziosa sopra ogni dire. «Vi prego, permettetemi di stare con voi, Tanuki-sama...sono sicura che io...»

    «...Sono sicura che tu sia davvero stupida, Chi-chan.»

    Una ragazza, circa ventenne, guardava allibita l'uscio di entrata di una Casa di Piacere sulla strada principale di Kabuchou, lontana abbastanza dall'incendio appena spento alla Peonia Bianca da non temere per la propria sicurezza.
    La donna, alta e snella come un giunco, con i capelli raccolti come quelli di una geisha e un kimono dalla sin troppo generosa scollatura, stava indossando una mantella color dell'autunno, e fissava perplessa la piccola bionda, sorridente, che teneva la mano di quello che lei insisteva a chiamare “Tanuki-sama”.
    «Non è un Tanuki, è un ragazzo. Smettila di leggere quei libri sugli spiriti, stai cominciando a diventare imbarazzante.» E rivolgendosi all'Akimichi, l'accompagnatrice sospirò, mortificata. «Scusala, ha sempre queste sciocchezze per la testa. Spero non ti abbia offeso.» Disse, inchinandosi prima di squadrarlo dalla testa ai piedi. «Ma vedo che non sei un Cliente... dunque è possibile che tu sia il nuovo garzone? Avevano detto che sarebbe arrivato stanotte, ancora tutto da addestrare.» E fissando il ragazzo parve essere d'accordo che si, di lavoro ce n'era tanto da fare.
    «No! E' un mio amico, ho detto!» Protestò Chi, guardando con occhioni sognanti l'Akimichi, che avrebbe provato ad abbracciare con dolcezza espansiva. Si sarebbe presto accorto, il giovane ninja, che la sua nuova “amica” non era ancora ben matura... benché le morbidezze del suo corpo iniziavano già a farsi sentire, sotto il kimono. «Tu invece stai uscendo, Onee-sama?» Chiese poi, stringendosi al suo nuovo eroe.
    «Sto andando a portare da mangiare a quella Shinobi di Konohagakure no Sato...» Rispose la donna, alzando il mantello con un braccio per far vedere del cibo in una scatola di lacca lunga e rettangolare, a sei strati, che teneva in mano. «...pare che Izumi-sama la voglia far riposare per stanotte. Ha subito un bel colpo.»
    «Quella con la faccia spaventosa?»
    Chiese Chi, rabbrividendo e nascondendo la faccia nel braccio del Genin.
    «Non azzardarti a parlare in questi termini degli ospiti della Legge di Kabuchou.» Sibilò con rigidità l'altra. «Quella donna ha già perso due compagni per noi. Porta rispetto se non puoi capire cosa sta succedendo.» Ma poi parve calmarsi, inspirando a fondo. Un secondo dopo, stava già sorridendo. «Voi che progetti avete, invece?» Chiese dolcemente alla piccola apprendista.
    «Io e Tanuki-sama faremo il bagno insieme, poi ceneremo insieme, e infine dormiremo insieme!» Cinguettò Chi, stropicciando una guancia contro quella dell'Akimichi. «Non vedo l'ora di vedere se i Tanuki cambiano davvero forma quando sono nudi...» E affilando gli occhi, sorrise, maliziosa. A quanto pareva persino una come lei riusciva ad esserlo...
    «Fossi in te comincerei a cercare un piano B, ragazzo. Chi-chan è terribile con i garzoni della nostra Casa di Piacere, non ce n'è uno solo che le resista.» Consigliò la donna al povero mal capitato, sorridendo in modo eloquente mentre la piccola cameriera lasciava il Genin da solo per correre a preparare la vasca da bagno "per due".

    E dunque quella era proprio una cosiddetta scelta di vita. I casi, dopotutto, erano solo due... e uno di quelli consisteva nello stare nudo di fronte ad una donna dalla passione per la scoperta.
    Come si soleva dire: il povero Hariken Akimichi si era trovato nel posto sbagliato al momento sbagliato... e con la persona sbagliatissima.
     
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    [Venir Trovati dai Guai]

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    Non fu tanto la presenza quanto piuttosto la voce ad allarmarmi, facendomi voltare con uno spiedo in mano, già pronto allo scontro, solo per vedere il mio attacco bloccato senza sforzi.. Maledizione! Sbottai...ancora una volta un avversario superiore mi aveva surclassato senza possibilità di appello. Non lo avevo nemmeno sentito arrivare! Ma si può essere più stupidi? La missione ora era fallita per sempre, a meno che mio padre non intervenisse per aiutarmi...ma lo avrebbe fatto? Mi voleva bene e non sarebbe stato sospetto un padre che aiuta il figlio, ma di contro doveva anche evitare di esporsi o di dimostrare le sue effettive capacità o l'intera operazione sarebbe andata a farsi benedire. Io, al mio stadio attuale, ero sacrificabile e lo sapevo benissimo.

    Non so chi... Forse avrei potuto cavarmela o prendere tempo a suon di vuote minacce, ma furono le parole del mio aggressore a fermarmi. La mia...Boss? E perché mi chiami "kunoichi"? Possibile che l'aggressore non fosse un nemico? Ma che significato poteva avere. Vestirmi da maschio? Avevo indosso una semplice tuta da ginnastica, come sempre d'altronde...di cosa diavolo stava parlando? Istintivamente feci un passo indietro. Io non... Rinforzi per una Boss di Konoha che aiutava una certa Izumi....e l'esplosione aveva messo fuori gioco due altri "agenti". Questa situaz... Quello mi ruttò in faccia, interrompendomi nuovamente e lasciando che inalassi a pieni polmoni il contenuto del suo stomaco nelle ultime ore. Mio malgrado. ...volevo solo dire che...EHI! Quello mi palpò violentemente il petto, cosa che, devo dirlo, mi allarmò non poco tanto che feci un balzo indietro, solo per trovarmi stretto per la collottola e trascinato via! No, no, EHI! MA CHE HAI IN MENTE?? Forse la mia voce era diventata un pelo più stridula...ma in fondo quel rozzo individuo mi stava trascinando in un vicolo buio! Al diavolo la differenza in abilità: gli avrei conficcato tutte le mie armi nel collo prima ancora che provasse ad allungare le mani. Serrai i pugni fino a sbiancare le nocche, caricandomi come una molla, pronto a reagire.

    Non ci fu bisogno di aggredirlo però, dato che mi liberò e si limitò ad indicare la strada. Potevo scappare? Si, forse avrei potuto, ma perché quello era convinto che fossi una Kunoichi di Konoha al soldo di qualche ninja di alto rango? Possibile che quella bomba di prima fosse parte di una missione? Deglutii, cominciando a sudare freddo...mio padre non era ancora intervenuto, forse perché voleva vedere come andava a finire quella faccenda, o magari non si era accorto di nulla. In ogni caso poteva essere un'utile esperienza, se fossi sopravvissuto....almeno finché non mi ritrovai davanti ad una casa di piacere, cosa che svuotò istantaneamente di ogni "entusiasmo", se così vogliamo chiamarlo. Oh no...non dirmi che è tutto un piano di mio padre per tirarmi su di morale, ti prego...anche perché non sta funzionando granché. Stavo quasi per chiedergli se faceva parte della "famiglia" ma mi morsi la lingua prima di lasciarla scivolare su argomenti così pericolosi: non si parla della "famiglia" fuori dalle mura di casa. Mai. E comunque sarebbe stato un errore, perché a dispetto di ciò che sembrava, in quell'edificio losco non c'era un bordello, ma un covo di cospiratori (e lui aveva esperienza in tal senso).

    Quello mi spintonò all'interno, mandandomi lungo disteso sul pavimento in legno...e non so per quale miracolo non finii con l'avere decine e decine di schegge conficcate nella carne. AHIO! Sbottai all'impatto...non mi aspettavo che mi spingesse. Ero stato incauto. Istintivamente misi una mano alla cintura, pronto ad estrarre un'arma, e stavo per rialzarmi quando mi trovai di fronte un paio di occhi verdi e brillanti, incorniciati da una chioma castana e supportati da un seno abbondante. I miei occhi si piantarono in quelli della donna. A giudicare dal tono che aveva usato con il mio aggressore doveva essere il capo..la "boss di konoha"? Aveva un'aria familiare a ben pensarci e poi...e poi mi fece una domanda che non centrava assolutamente niente. COSA? Replicai a voce alta, oltraggiato, prima ancora di realizzare che dovevo mantenere un briciolo di contegno. CERTO CHE NON SONO UNA DONNA! CHE RAZZA DI DOMANDA! Subito mi tappai la bocca...ancora una volta avevo lasciato che le emozioni prendessero il controllo...di quel passo non sarei mai stato pronto per il Bersaglio.

    Forzandomi di mantenere la calma mi alzai lentamente, sempre che mi fosse consentito. Sono Yato, del clan Senju di Konoha...in addestramento per diventare Genin...e a giudicare da tutto questo... Mi guardai attentamente intorno. ...Voi siete un gruppo di pervertiti. O in alternativa c'è qualcosa in ballo...e Konoha è coinvolta. Una missione forse. Non dissi come ci ero arrivato, né feci cenni verso l'energumeno chiamato Jun che aveva involontariamente spiattellato tutto. Mi trovavo qui con mio padre ma siamo stati separati da un'esplosione...però...se servisse il mio supporto per il villaggio, anche con la mia inesperienza...potrei prestarvi assistenza. Era evidente che mi stavo sforzando di controllare ogni emozione, e non potevo nascondere quella luce affamata di esperienze e potere che brillava in fondo ai miei occhi...ma se davvero quella era una missione e poteva tornarmi utile per avvicinarmi al bersaglio allora dovevo cogliere l'occasione, osando e rischiando.

    Ormai sapevo che il semplice allenamento non bastava più per ridurre il gap.
     
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    Colpo di Fulmine!

    Villaggio di Otafuku pt. II





    Nessuno rispose alla sua domanda.
    Sbuffò, sconsolato.
    La pizza era andata e lo stomaco aveva ripreso a brontolare.
    Si strinse le braccia al petto.

    Resistere o cercare altro cibo?
    Non lo so.

    Con la coda dell'occhio vide una piccola figura muoversi davanti a sè.
    Era una ragazzina di circa quattordici anni, più alta e snella di lui.
    Fu un colpo di fulmine.
    Sentì il cuore accelerare, la morsa della fame scomparire e le sue paffute guance prendere fuoco.
    Non riuscì a distogliere lo sguardo dagli occhi argentati della ragazzina.
    Il suo kimono blu era incantevole, si sposava perfettamente con i suoi lunghi capelli dorati.

    CITAZIONE
    «Sei un tanuki-sama, forse?»

    Metà degli Akimichi del villaggio della Foglia avrebbero dato di matto, ma non lui, non Hariken.
    La bellezza raggiante della ragazzina lo aveva folgorato.

    Eeeeeeh Aveva le mani sudate. un po'...forse..ci assomiglio.. Dalla sua bocca uscirono poche parole, a malapena udibili persino da un Kage.

    Non sapeva il motivo per cui la ragazza lo chiamasse Tanuki, ma dalla sua espressione non lo faceva per schernire il suo fisico diversamente magro.
    Era disposto a subire ogni genere di insulto, senza reagire, se ciò poteva farla rimanere lì vicino a lui.

    Io sono qui...ho finito ora gli allenamenti.

    La vide rovistarsi le tasche, alla ricerca di cibo. Estrasse tre caramelle.
    Hariken arrossì ancor di più. Le corde vocali ripresero a funzionare.
    Non voleva essere trattato come un barbone, un lurido e sporco bambino a cui donare qualcosa.
    Lui aveva famiglia, aveva una casa e dei bellissimi vestiti.

    T-t-t-tranquilla, non h-ho f-fame. sto bene io.
    La ragazzina non lo udì.
    Si inchinò di fronte a lui, accorciando ancor di più le distanze.
    Hariken sentì le farfalle dentro il suo stomaco spiccare il volo.
    Si alzò, pulendosi il sedere e l'intero pantalone con entrambe le mani.
    La sensazione di bagnato sulla pelle lo metteva a disagio, sopratutto ora che aveva davanti a sè l'angelo più bello del paradiso.

    CITAZIONE
    «Perché non venite con me, Tanuki-sama? Sono certa che alla Casa di Piacere dove mi stanno addestrando per diventare una grande accompagnatrice, posso trovare per voi un buon pasto caldo e dei vestiti puliti!»

    Trovò il coraggio di rispondere solo dopo alcuni secondi.
    Annuì, sorridendo.
    L'avrebbe seguita in capo al mondo, anche se di quella ragazza non conosceva assolutamente niente, nemmeno il nome.
    Le piccole mani della fanciulla strinsero con dolcezza quelle di Hariken, il quale si fece guidare senza opporre nessuna resistenza.
    Quella ragazzina di quattordici anni lo aveva stregato, completamente.

    CITAZIONE
    Vi prego, permettetemi di stare con voi, Tanuki-sama...sono sicura che io...»

    Anche io... voglio stare ...con...

    CITAZIONE
    «...Sono sicura che tu sia davvero stupida, Chi-chan.»

    png



    Eh? Rimase imbambolato come un ebete.
    Ad interrompere la sua frase era stata un'altra ragazza, decisamente più brutta della ragazzina di cui si era innamorato.
    Se ne stava con le braccia conserte sull'uscio di una Casa.

    Lei si ...chiama Chi. Lo reputò il nome più bello mai sentito.

    CITAZIONE
    «Scusala, ha sempre queste sciocchezze per la testa. Spero non ti abbia offeso.»

    No. Rispose, mostrando il broncio.


    CITAZIONE
    Ma vedo che non sei un Cliente... dunque è possibile che tu sia il nuovo garzone? Avevano detto che sarebbe arrivato stanotte, ancora tutto da addestrare.»

    Cosa doveva rispondere?
    Annuì, prima che Chi lo abbracciasse all'improvviso, mandando in corto circuito la sua mente.
    Si sciolse completamente. Chiuse gli occhi per un istante.
    Voleva ricambiare l'abbraccio, ma le sue braccia rimasero ferme.

    Perchè? Perchè era così imbranato?

    Quando udì lo scambio di parole tra la ventenne e Chi, Hariken ebbe un sussulto.
    C'era un team di ninja di Konoha in quel piccolo villaggio?
    Due compagni persi? Erano morti?

    Doveva... doveva far qualcosa per quel team della Foglia. Così gli aveva insegnato suo padre: "mai abbandonare i ninja del tuo villaggio".

    CITAZIONE
    «Voi che progetti avete, invece?»

    Fece per parlare, ma Chi lo anticipò, bruciandolo sul tempo.

    CITAZIONE
    «Io e Tanuki-sama faremo il bagno insieme, poi ceneremo insieme, e infine dormiremo insieme!»
    «Non vedo l'ora di vedere se i Tanuki cambiano davvero forma quando sono nudi...

    Se quella lista di cose da fare era per lui un utopia fino a qualche istante prima, in quel momento non riuscì a darsi alla pazza gioia.
    Il dovere lo chiamava...ma era innamorato di Chi e trascorrere la notte con lei era ... un sogno che diventava realtà.
    jpg
    Arrossì vistosamente. Le sue guance divennero rosse come due pomodori maturi.
    Imbarazzato, abbassò lo sguardo a terra.

    Cosa devo fare...lei va da loro, dal team ...io sono un Genin, al servizio di Konoha. Si voltò verso Chi. I suoi occhi gioiosi, grigi come l'argento, lo fecero sorridere.
    Si vergognava del suo fisico, ma... era disposto a tutto pur di stare con lei.
    Non c'erano secondi fini nel suo cuore.

    CITAZIONE
    «Fossi in te comincerei a cercare un piano B, ragazzo. Chi-chan è terribile con i garzoni della nostra Casa di Piacere, non ce n'è uno solo che le resista.»

    La sua espressione cambiò di colpo.
    Altri garzoni? Altri ragazzi erano stati con lei?

    Fu una pugnalata al cuore. Provò sulla sua pelle un dolore devastante...e una rabbia senza fine.
    Non avrebbe permesso a nessun ragazzo di avvicinarsi a lei.
    All'improvviso, in quel turbine di emozioni, Hariken si gettò su Chi, abbracciandola dolcemente.

    Stava sbagliando e lo sapeva. Doveva solo pensare a un modo per raggiungere i suoi compaesani.
    Non avrebbe permesso a Chi di andarsene, nemmeno per preparare la vasca.
    La sua mente aveva partorito proprio in quel momento un idea geniale.

    Chi... perchè non andiamo insieme con Onee? Rialzò lo sguardo. Aveva bisogno della bellezza dei suoi occhi.
    Poi potremo stare insieme... te lo prometto.

    Accetta...per favore.






















     
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    WORSE

    The only thing worse than being blind is having sight but no vision.




    Quel ragazzino era la cosa più graziosa che Marukogeshi, l'accompagnatrice della Casa di Piacere “Il ventaglio d'oro”, avesse mai visto. Era così smaccatamente invaghito di Chi... che rimase quasi male per lui quando questa fece una smorfia stizzita e lo allontanò con un gesto secco della mano.
    “Eeeeeh?” Disse infatti l'apprendista, offesa. “Non sono io che devo seguire te, ma tu che devi seguire me. Vai pure via, Tanuki-baka!” Aggiunse prima di voltarsi e andarsene, piantando lì il ragazzino come un allocco.
    Prevedibile. Chi era una mocciosa infantile, sciocca e presuntuosa, troppo confidente nella sua bellezza e decisamente poco empatica. Non aveva un futuro come accompagnatrice, al massimo come puttana di strada. Era incredibile che Okaa-sama l'avesse presa nella loro Casa, sperando di cambiarla... succedeva spesso che orfane abbandonate venissero prese da ogni angolo del Fuoco e cresciute ad Otafuku, protette dalla Legge, ma Marukogeshi non aveva mai creduto che con Chi sarebbe stato possibile il miracolo che la loro Padrona aveva invece compiuto con lei stessa. Era solo una randagia di pochi anni, priva di ricordi sul suo passato e la sua provenienza quando fu condotta al Quartiere, e a dispetto di quello che molti avrebbero potuto pensare sapendola accompagnatrice, Kabuchou era stata per lei la salvezza ad una vita di scelleratezze ben peggiori.
    Sospirò, scuotendo la testa. Alzò poi una mano e provò a posarla sulla testa del novellino.
    «Come ti chiami, ragazzo?» Chiese la donna, accennando ad un sorriso. A guardarla bene non poteva avere più di venticinque anni. «Io sono Marukogeshi, una delle Onee-sama che servirai come garzone.» Disse, abbassandosi e mettendo in mano all'interlocutore l'alzata di legno laccato. «Questo scomparto è pesante come il peccato, ma sono certa che tu non avrai problemi. Sii così gentile da aiutarmi.» Disse, aprendo la porta d'ingresso della Casa di Piacere e uscendo in strada. «Rammenta che non si disubbidisce mai ad una Onee-sama, quindi seguimi. E sbrigati.» Aggiunse, voltandosi per assicurarsi che il ragazzo la seguisse. Scostandosi poi una ciocca di capelli rossi dal collo e buttandosi il cappuccio del mantello sulla testa, puntualizzò: «Hai il grande piacere di servire la Legge già dal tuo primo giorno. Non è da tutti.»
    E non lo era davvero.


    «Certo che non sei una donna.»
    Shizuka Kobayashi sorrise, ironica, guardando in faccia il ragazzo e allungando una mano per bloccare quella di lui, che era stata sin troppo incautamente condotta alla cintura delle armi.
    Era una donna bella, anche se in modo particolare, nobile e fiero come le fiabe del passato, ma i suoi occhi affilati parlavano per lei su un'intelligenza maliziosa e molesta. Troppo curiosa e affamata per essere definita tollerabile. E tollerante.
    «Yato Senju?» La Chunin non impedì al ragazzo di alzarsi e non si preoccupò di lasciare lui le armi in suo possesso. Ascoltò con calma tutto quello che aveva da dire, infine annuì. «Conosco la tua Dinastia e il tuo Capoclan, ma non ho mai visto te.» Disse con onestà, alzandosi a sua volta. Benché avesse chiaramente almeno cinque o sei anni più di lui, non era tristemente la più alta tra i due. «Dunque, uno studente, mh?» Domandò poi, sorridendo. A quel punto però alzò una mano e portò l'indice della stessa alla base del coprifronte del ragazzo, che sollevò leggermente. «Perché hai questo, allora? Si ottiene solo dal grado Genin.» Osservò, gentile. «Se tuo padre ha piacere di portarti al Quartiere Rosso in piena notte, è una faccenda tra voi due e la morale del vostro sangue... ma ricorda che è buona prassi dissimulare l'interesse per qualcosa al fine di ottenerla. Buttarsi a capofitto in un'incognita più grande del “se” accettabile, investendo il doppio di quanto è dato, è un errore da dilettanti.» Fece presente, alzando il mento in direzione di Jun che si avvicinò a grandi falcate. Senza bisogno di un altro ordine, cercò di agguantare il ragazzino per un braccio con la mano sinistra, e per il collo, con la destra. Qualora ci fosse riuscito, la presa che avrebbe esercitato sarebbe stata molto più brutale della precedente. «La prossima volta che cercherai di infiltrarti da qualche parte, credo per ottenere informazioni per pura curiosità o gli Dei sanno solo cos'altro, sappi che c'è gente che pratica quest'arte da molto più tempo di te. E ora non ho proprio voglia di spiegarti quante volte hai già sbagliato da quando sei finito qui dentro. La curiosità di un bimbo è pregevole fintanto che non è irruenta, a quel punto, però, diventa molesta.» Disse la ragazza, computa. «Jun, accompagna il pulcino fuori dal Quartiere. Sii così cortese da metterlo nelle mani del Bieco. Sono certa che avrà di che essere accompagnato a Konoha.» A quel punto si voltò e parve farsi quasi offesa. «Quell'idiota di Raizen me l'ha giocata grossa, stavolta. Appena avrò finito qui gli spaccherò il muso in due, figlio di un cane.» Borbottò tra sé, mettendosi a braccia conserte.
    […] C'erano poche persone a Konohagakure no Sato, e forse persino in tutto il Fuoco, che avrebbero potuto parlare dell'Hokage in quel modo, e queste erano lo spirito della di lui defunta madre e Shizuka stessa. Rimaneva il fatto però che nessuno avrebbe probabilmente avuto il tempo di riflettere su quella faccenda, giacché d'improvviso qualcuno bussò alla porta.
    «Sono Marukogeshi dal Ventaglio d'oro, miei Signori.» Disse una voce dietro il pannello di riso scorrevole. «Vengo per portare la cena.» Aggiunse, rimanendo poi in attesa.
    «Per ora lascia stare, bambina.» Intervenne a quel punto la donna ancora comodamente seduta a terra. Era di una bellezza sconvolgente, molto più di qualsiasi Sovrana o nobile aristocratica mai veduta, ma il suo sguardo era acuto e tagliente, in quel momento poco favorevole a stimolare l'immaginazione. Fissava Yato e Jun come si poteva guardare due animali in un circo, in modo poco paziente e assolutamente compassionevole.
    «Izumi-sama ha ragione.» Gli fece eco l'uomo che le sedeva accanto, un trentacinquenne con lunghi capelli scuri raccolti in una coda sulla nuca e il volto affascinante di chi ha reso la tentazione la sua arma principale. «Ci occuperemo di questo problema in un secondo momento. E' importante che non trapeli agitazione da nessuno di noi. Le nostre Figlie sono già abbastanza ansiose.» Osservò, dando poi il permesso alla nuova arrivata di entrare nella Sala priva di finestre.
    L'accompagnatrice che entrò aveva splendidi capelli rosso fuoco, un mantello di tessuto pesante sulle spalle, e... un bambino tondo al fianco.
    «Porto con me il nuovo garzone della mia Casa. Sarà lui a servirvi la cena, miei Signori.» Disse la donna, inchinandosi profondamente. Esitò un secondo sulla figura di Jun e Yato, guardando poi le Stelle Maggiori con fare confuso. «Sono mortificata, temo di aver capito male il numero dei commensali. Rimedierò subito, miei Signori.» Gemette la donna, ma Jun la fermò con un'occhiata storta e grattandosi l'addome in modo piuttosto grezzo la tranquillizzò affermando che lui e la sua amica stavano giusto andando via. «Amica...?» Ripeté Marukogeshi. Fissò per un secondo Yato, aggrottò la fronte, poi parve farsi una ragione di quanto aveva visto e nel modo più normale del mondo lasciò semplicemente stare. Era evidente che a Kabuchou ci fossero cose più strane di un adolescente che si fingeva femmina. O qualcosa del genere. «...Hora, fai come ti ho detto: presentati, inchinati, inginocchiati e apri la scatola. Disponi i ripiani sul pavimento sopra le stole di seta e poi corri veloce come il vento a prendere sakè e distillato di ciliegio. Hai capito?» Sussurrò a quel punto, tirando una pacca sulla schiena al ragazzo paffuto che si era trascinato (letteralmente e non senza fatica) dietro.
    Dall'altra parte di quella scena Shizuka, che non aveva mai visto un garzone così somigliante ad un mochi in tutta la sua permanenza a Kabuchou, aggrottò la fronte. Era possibile che il poveretto non fosse proprio il più adatto a quel mestiere, ma non era un po' troppo fuori luogo? Come il natto sopra il miso, per dirne una. Cioè, non è che le rimandasse proprio l'idea di sapere perché si trovasse lì.
    «Grazie.» Si limitò però a dire, accennando ad un inchino per nascondere la perplessità. Non spettava del resto a lei intervenire su quel genere di cose.

    Ma spettava a lei intervenire sul resto.
    E quel resto accadde prima ancora che la cena potesse essere servita.

    «NE ABBIAMO UN ALTRO! QUESTO HA QUALCOSA DI PEGGIO!» Urlò improvvisamente qualcuno in un corridoio poco lontano. Una porta sbatté con violenza e dei passi concitati cominciarono a correre avanti e indietro. Shizuka ebbe appena il tempo di alzarsi in piedi e afferrare la lunga nodachi posata a terra che qualcosa esplose con un tonfo sordo. In un istante, la voce di un uomo eruppe con violenza in grida senza contegno e furono necessari solo pochi secondi perché molte altre voci si unissero a quelle urla terrorizzate.
    «Maledetti gli Dei!» Bestemmiò la Chunin mentre Jun abbandonava Yato al centro della stanza per scattare velocemente verso le due Stelle Maggiori, di fronte alle quali si protese, per schermarle. Marukogeshi, invece, era in ginocchio a terra accanto al suo garzone, che aveva tentato istintivamente di gettare al suolo assieme a lei in un istintivo gesto di protezione. Tremava come una foglia.
    «Jun porta via da qui le Maggiori.» Ordinò Shizuka, girandosi verso il guardiano che stava già aprendo una porta nel muro privo di finestre alle sue spalle dando qualche colpo di nocca ben assestato lungo un bordo immaginario. «Marukogeshi, o come ti chiami, prendi i due bambini e fila via dal retro. Rimani nella tua Casa e non uscirne più!» Non era al sicuro nemmeno lì –pensò la Chunin, contrita– nessuno lo era più come un tempo, lì a Kabuchou, ma sicuramente avrebbe rischiato meno al riparo di un edificio che non in mezzo di strada. L'occhio della Legge era divenuto cieco e arrivati a quel punto, in un posto senza Dei né regole come il Quartiere Rosso del Fuoco, poteva accadere davvero di tutto. «Questo è il motivo per cui ti ho detto di andartene.» Ringhiò a quel punto Shizuka, rivolgendosi a Yato. I suoi occhi verdi tremarono di qualcosa che sembrava rabbia, ma che, se interpretata meglio, era senza dubbio qualcos'altro. Quel moccioso era probabilmente il classico scemo tutto eccitato in vista della sua futura carriera da ninja, che per sfortuna era capitato nel posto sbagliato al momento sbagliato e doveva aver ben pensato di poter fare il grande cogliendo la situazione al balzo. Lei, però, che aveva perso quell'emozione da novellina diversi anni prima, non aveva più voglia di sentirsi studenti sulla coscienza. Almeno per quella missione. «Segui questa donna fino a fuori, trova tuo padre e tornate entrambi a Konoha entro l'ora della Serpe. Rischi la vita, rimanendo qui, lo riesci a capire?» Aggiunse poi, quasi in una supplica, a quel punto però uscì dalla stanza di corsa, lasciando alle sue spalle Marukogeshi che, cercando di afferrare il giovane Akimichi per un braccio, avrebbe urlato disperata frasi come: "Dobbiamo andarcene! Siamo civili! Saremo solo tra i piedi! Scappiamo!" seguite da una serie abbastanza consistente e preoccupante di strilli disperati.
    Più o meno li stessi che avrebbe voluto lanciare Shizuka quando arrivò nel corridoio da cui le urla provenivano. Ebbe infatti appena il coraggio di guardare cosa stesse succedendo prima di dover reprimere un conato di vomito.
    A poca distanza da lei, inginocchiato a terra, c'era infatti un uomo che strillava disperato tenendo sollevate le braccia tremanti... a cui però mancavano le mani. Di quelle rimanevano solo mozziconi di carne dilaniata da cui schizzavano zampilli di sangue come nella peggiore delle storie dell'orrore. Come se non bastasse vi era anche un altro uomo a poca distanza dal primo, il quale giaceva su una barella di tessuto molto arraffazzonata e sembrava quasi morto... o almeno era quello che chiunque avrebbe pensato guardandolo: dalla sua bocca, quasi del tutto distrutta come se qualcuno l'avesse fatta esplodere dall'interno, stavano infatti sgorgando strisce di kanji neri come la notte che serpeggiando giù lungo il viso, il mento e il collo, si stavano diramando in tutto il corpo. Sembrava una serpe che stava avviluppando la propria vittima prima di divorarla.
    «TENMA CI HA MALEDETTI TUTTI!!!» Strillò una delle accompagnatrici lì presenti, piangendo e cercando di scappare. Inciampò sui lembi del suo stesso kimono esagerato e cadde a terra, iniziando allora a gattonare sulle braccia il più lontano possibile da lì, venendo ben presto emulata da tutti gli altri, che dopo un attimo di stasi vibrante, lasciarono cadere a terra la barella con l'uomo morto e scapparono, incuranti persino del loro stesso compagno, il quale dopo un'iniziale disperazione e un goffo tentativo di rialzarsi, vomitò e poi cadde a terra, svenuto nella pozza di sangue e rigurgiti. Solo a quel punto fu il silenzio.
    «Passerò il resto della mia vita a cercare di togliermi questa immagine di testa.» Gemette Shizuka reprimendo l'istinto di vomitare a sua volta.
    Si avvicinò con la maggior circospezione possibile ai due uomini rimasti, afferrando quello senza mani, che trascinò dietro l'angolo del corridoio da cui era arrivata per offrire lui le prime cure. Era evidente che per l'altro, in ogni caso, non ci fosse più da fare. E del resto se doveva scegliere a chi avvicinarsi per primo, preferiva il monco che quello che vomitava sutra maledetti, con tutta la buona volontà, ovviamente...
    Quando ebbe finito di medicare e fasciare il povero disgraziato, la ragazza lo adagiò a terra con dolcezza. Lo avrebbe trasportato via in un secondo momento, adesso c'era altro che doveva fare, e quando svoltò di nuovo l'angolo, fu chiaro a cosa si riferisse.
    Le stringhe di kanji avevano finito di uscire da dentro il corpo dell'uomo senza nome dopo che lo avevano avvolto completamente dalla testa ai piedi in spirali nere e fitte. Non fu facile per Shizuka comprendere che quelle strisce di ideogrammi non erano condanne di demoni, ma Fuuinjutsu... o di qualcosa di molto simile, almeno. In effetti non riconosceva che la metà dell'alfabetizzazione usata. Sembrava vecchia di centinaia di anni.
    Si avvicinò con cautela, incapace di sapere cosa avrebbe potuto capitare, e solo quando fece pace con stessa all'idea che niente avrebbe potuto andare PEGGIO rispetto a quanto stava già andando, si inginocchiò accanto al cadavere –i cui vestiti ricercati non lasciavano dubbi sul grado sociale che potesse occupare, solo l'obi di quel kimono maschile, dopotutto, poteva benissimo costare quanto l'intero stipendio di un qualsiasi Genin.
    Aprendo la bocca del corpo senza vita, la dottoressa controllò e notò che la lingua di lui era letteralmente esplosa, il che aveva reso i denti tanti piccoli proiettili che, con l'urto, avevano reso tutto l'interno del palato e della testa una poltiglia informe molto simile alla carne macinata, causando una morte che sarebbe comunque probabilmente sopraggiunta in un secondo momento a causa delle stringature di Fuuinjutsu. Non ci voleva un genio per capire, dopotutto, che chiunque le avesse imposte, in qualsiasi modo ci fosse riuscito, non lo avesse fatto per decorazione estetica.
    Sospirando, la ragazza si portò una mano alla fronte: non capiva assolutamente cosa stava succedendo.
    Era colpa di quelli a cui doveva la caccia? Ma se erano loro, perché lo avevano ucciso? Non era mai capitato, prima di quel momento. E quelle stringature incomprensibili, poi? Perché quell'altro poveraccio si era visto saltare in aria le mani? Precisamente, cosa maledizione stava capitando?
    Stordita da quella sequenza di domande senza risposta e da un quadro generale che non capiva, in una situazione che avanzava troppo velocemente e sembrava non volerle dare il tempo di fare qualcosa di utile, Shizuka fece per alzarsi, pronta a trasportare il cadavere in un luogo dove avrebbe potuto analizzarlo e dove sarebbe stata anche in grado di interrogare l'altro uomo, quando improvvisamente esitò. Di punto in bianco, e non senza un brivido gelido lungo la schiena... si accorse che i kanji, letti all'incontrario rispetto alla loro tracciatura, delineavano frasi comprensibili.

    “Liberati quando il tempo dell'attesa ebbe inizio.”

    “Non vi è alleato se non l'oblio.”


    "Seguono l'ultima parola e l'ultima del creato."


    “E' volere che non siano ritrovate.”

    “E pertanto fino alla fine verranno protette.”


    “I sette guardiani siederanno all'entrata.”



    Non ebbe neanche il tempo di finire di leggere che qualcosa, fuori dal covo, in lontananza nelle strade del Quartiere, esplose con violenza tale da scuotere il terreno.


    «Sei un ninja, ho capito bene?»
    Izumi, la Padrona della “Peonia Bianca” guardò Yato mentre Jun la supplicava di sbrigarsi, tirandola per la lunga manica del suo splendido kimono mentre in lontananza si issavano verso il cielo fiamme di fuoco e bagliori di esplosioni. Sembrava che Kabuchou fosse stata gettata di punto in bianco sotto una pioggia di attacchi, ma lei, come se si trovasse in una realtà diversa, non appariva di curarsene.
    «Lei non chiamerà soccorso. Proteggerà Otafuku a costo di perdere un pezzo dopo l'altro del suo corpo, perché questa è la missione che il suo Hokage le ha dato.» Disse la donna, guardando il ragazzo negli occhi. «Và da lei. Sei l'unico ninja che posso pregare di aiutarla...ti prego, non abbandonarla.»
    Mentre veniva portata via, la donna chiuse gli occhi. Non si girò neanche una volta a vedere se Yato avrebbe o meno fatto quello che lei sperava.
    Qualora le sue preghiere fossero state ascoltate, Izumi seppe però subito che Shizuka non le avrebbe perdonato quel gesto. Quella sciocca stava cercando così smaccatamente di proteggere quel bambino, pur senza conoscerlo... tipico del suo carattere, stolta devota solo alla sua legge e al suo cuore; ma a lei non interessava. Aveva cresciuto quella testarda mocciosa da quando aveva solo diciassette anni, non avrebbe permesso che qualcosa di incomprensibile le nuocesse. Avrebbe indetto una guerra contro lo stesso Hokage e l'avrebbe strappata lui se avesse saputo che Konoha non la trattava come meritava... quel moccioso non poteva aiutarla, era chiaro, ma almeno avrebbe potuto essere lo scudo di carne che a lei serviva. Se fosse morto per la vita di lei, avrebbe già adempiuto alle sue aspettative.
    «Una madre è sempre una madre.» Disse sotto voce l'uomo che correva al fianco di Izumi, seguendo Jun che faceva loro strada dai sobborghi segreti di Otafuku. Sorrideva comprensivo, come se giustificasse quel tranello ordito sulle spalle dello studente al pari di qualcosa che lui stesso avrebbe fatto.
    Socchiudendo gli occhi, la donna sorrise, scuotendo dolcemente la testa.

    Era proprio vero...
    una Okaa-sama era sempre una Okaa-sama.
    E una di Kabuchou era pronta a tutto pur di proteggere le sue Figlie. E la sua Casa.
     
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    [Inizio a Vedere la Grande Ragnatela]

    Mi ero calmato abbastanza da riuscire a controllare le mie risposte. Anche se quella tizia era di Konoha, questo non mi metteva al sicuro: un passo falso ed avrei rischiato di far trapelare la Missione. In piedi, bloccato nell'estrazione delle armi dalla ragazza, mi limitai a fissarla. Il clan è grande. E io sono solo uno fra tanti. Risposi evasivo. Nemmeno Genin...molto lontano dalla meta. Dalla Vetta. Mi corressi rapidamente. In realtà io voglio solo diventare più forte. Per me stesso e per la mia famiglia. Quello è il mio obbiettivo. Dissi, sentendomi ancora una volta patetico per la mia debolezza. Senza dubbio rafforzarmi era il mio principale obbiettivo a breve termine.

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    Pochi istanti dopo, mentre un poco mi risollevavo per essere riuscito a controllare le mie risposte e le mie emozioni, mi sentii nuovamente sprofondare, arrossendo in volto. Il coprifronte...già... Era difficile tirare fuori le parole dalla gola improvvisamente arida. Mio padre. Cercai invano di deglutire. Lo so che non è...corretto ma...ecco. Un lungo sospiro prima di confessare. Me ne ha dato uno finto. Lo presi, piegandolo facilmente tra le mani: era di alluminio. Dice che Otafuku può essere pericolosa a volte ma se uno ha un coprifronte in linea di massima può evitare diverse grane. Arrossii ancora di più: ero praticamente "mascherato" da Genin, da vero Ninja, nemmeno fossi un ragazzino a carnevale. Avrei voluto sotterrarmi! Poi lei mi diede del dilettante, mandando al diavolo ogni altro mio intento di self-control. LO SO BENE CHE SONO UN DILETTANTE! Replicai stringendo i pugni. Ma se voglio smettere di esserlo allora devo Vedere più cose possibili e Fare più cose possibili. Anche se è pericoloso. Io VOGLIO farlo. Cogliere ogni occasione! Altrimenti sarebbe stato tutto inutile. Gli energumeni cominciarono a muoversi per portarmi via su suo ordine, con mia somma agitazione, quando il nome dell'Hokage mi fece sbiancare di colpo.

    Lo chiamava per nome. In maniera estremamente colloquiale.

    Da qualche parte nel profondo del mio essere qualcosa scattò: l'addestramento di tanti anni stava in quel momento dando il suo primo frutto. Quella donna era vicina all'Hokage. Quella donna era importante. Poteva essere il punto focale del Piano. Non si trattava più di essere forte per la Missione, ma si trattava della Missione stessa. Non potevano esserci errori...e col mio comportamento ne avevo già fatto fin troppi. Quasi paralizzato nel fissarla ad occhi sgranati, non mi accorsi nemmeno di chi aveva bussato se non quando entrarono delle belle donne accompagnate da un ragazzetto paffuto. Quel breve scambio mi permise, nell'angolo razionale della mia mente, di comprendere qualcosa della gerarchia di quel luogo: la bellissima padrona di casa poteva controllare la donna vicina al Kage. Questo la rendeva essenziale, nonostante fossi nelle mani del massiccio Jun che stava per sbattermi fuori di malagrazia.

    Un nuovo capovolgimento complicò ulteriormente quella situazione, con notizie di nuovi attacchi ai danni del gruppo della Foglia, per quel poco che potevo comprendere. Perlomeno nel caos derivante finii per essere liberato ed assistere all'intera faccenda. La donna del Kage scattò via mentre dava ordini un pò a tutti, nonostante molti fossero paralizzati dalla sorpresa: quasi certamente c'era stata un'esplosione nell'edificio vicinp e forse anche più in là. La pettoruta ebbe parole anche per me, che tuttavia stavolta risposi a tono: non potevo permettermi altri passi falsi. Questo è il motivo per cui sono venuto. Vedere. Apprendere. Fare. Anche se è rischioso. Non inseguivo sogni di gloria: ero nato per essere un'ombra, cresciuto per essere un'ombra e sarei morto restando l'ombra che aveva spento l'Hokage. La gloria non faceva per me...ma forse nemmeno quella battaglia dato che la donna scappò via per fronteggiare i nemici mentre cominciava l'evacuazione. Il ragazzo grassoccio mi sembrava un volto noto, già visto da qualche parte, ma lì per lì non riuscii a focalizzare.

    Fu a quel punto che la Padrona mi rivolse direttamente la parola. Ero stato addestrato per resistere alle lusinghe femminili (l'Hokage sarebbe potuto essere una bella donna in fondo) nonostante gli ormoni, ma non potei mancare di notare quanta grazia e quanto portamento ci fosse in quella donna dal nome ancora sconosciuto. La sua era una semplice preghiera, ma mi apriva uno spiraglio. Il tuo nome...solo col tuo nome mi crederà senza cacciarmi. Non era vero, probabilmente mi avrebbe cacciato lo stesso, ma se fossi sopravvissuto forse avere quel nome mi avrebbe dato la possibilità di fare un passo verso l'Hokage. Le avevo detto che mi ero immischiato per un'opportunità, ed ora me la stavano servendo su un piatto d'argento. Un piatto estremamente pericoloso come il pesce palla di cui mi avevano parlato. Ma restava una portata che avrei accettato senza remore. Se una Kunoichi di Konoha ha bisogno di aiuto per una missione, allora anche nella mia inadeguatezza glielo darò. Tanto pronto all'estrazione, mi lanciai all'inseguimento della sconosciuta, solo per trovarla china su un cadavere. La morte non mi disturbava: avevo già ucciso ed una volta ero stato gettato in una fossa comune, ma quel corpo aveva qualcosa di decisamente strano.

    Quella donna mi ha mandato da te. Dissi con fermezza: non potevo lasciarmi distrarre. Hai bisogno di tutto l'aiuto possibile, anche quello di un pulcino. Arrivai persino ad azzardare un commento ironico. Non commettere l'errore di gettarti a capofitto in un'incognita, investendo più di quanto hai. E' un errore da dilettanti, o così mi hanno detto. Le rimandai quelle parole addosso, guardandomi intorno. Fossi anche solo un diversivo, posso tornarti utile. Chi è il nemico? Forse tagliando la testa al gruppo che sta seminando il panico le cose si placheranno da sole. Era il principio della Missione, lo conoscevo bene: distruggi l'Hokage per un futuro migliore.

    Edited by Yato Senju - 10/11/2015, 00:46
     
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