Le Quattro Fonti del Bosco

[Addestramento TS I - Akira/Meika]

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  1. -Meika
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    Le Quattro Fonti del Bosco

    Sconfiggere il Demone



    Il Demone sorrideva alla vista dell'avversario battuto. La tristezza era scomparsa e col suo abito scuro si avvicinò al Kappa, inginocchiandosi al suo fianco, carezzandolo con le mani sozze di macchie di sangue. Strinsi il Sai tra le dita: volevo porre fine alla sua vita. Senz'ombra di dubbio. E l'avrei fatto se Akira non fosse intervenuto con la sua proverbiale irruenza.
    Quanto lo ringraziai. L'ondata d'acqua abbatté definitivamente Chi-Hi e le parole dell'Hozuki mi fecero sorgere una spontanea, cristallina risata. I miei occhi tornarono normali e sciolsi la nebbia alla richiesta del ragazzo. Il Demone parve scomparire. Io mi asciugai gli occhi, caldi di poche lacrime salate. Bloccò Chi-Hi e solo dopo notai il Kappa che ci aveva attaccati la sera precedente strisciare per terra, guardato a vista da una copia di Akira. Ecco perché il figlio non era giunto, Akira lo stava tenendo impegnato.
    Ero così focalizzata sullo scontro che non l'avevo notato minimamente. L'Hozuki voleva lasciarli andare, ma quasi per giustizia mi diede il diritto di decidere della vita di Chi-Hi. Il Demone allora ricomparve, e quella volta non aveva l'aria triste.
    Sembrava sadico. Stava dietro Chi-Hi ed attendeva quasi con ansia il momento in cui avrei preso la sua vita. Strinsi il Sai, quasi guidata dal Demone a compiere quel gesto estremo e senza ritorno.
    Stavo per alzare la lama quando, quasi per caso, il mio sguardo cadde sul ragazzo che fino a quel momento mi aveva accompagnato come un fedele compagno in quel pericolo, attraversato con me mezzo continente e combattuto una durissima battaglia solo per dar credito a delle vaghe voci su mia madre. Aveva appena detto che non mi avrebbe giudicato ed io gli credevo con tutto il mio cuore.
    E con tutto il mio cuore, non potevo deluderlo per soddisfare la brama di sangue del Demone. La mia brama di sangue. Mia madre non sarebbe mai potuta tornare indietro e prendere la vita di Chi-Hi e suo figlio non avrebbero fatto altro che peggiorare l'opinione che i Kappa della Fonte Insanguinata avevano nei confronti dei Kappa della fonte pura. Le dita persero le forze ed il Demone scomparve, per il momento, dissolvendosi in una polvere rosso brillante. Il Sai cadde per terra e dissi, con estrema difficoltà, ciò che era giusto fare. Lo credevo davvero.
    Andate via. Dissi, in un sussurro quasi appena udibile. E ringraziate Akira che mi ha fatto recuperare la ragione. Aggiungi, guardando Chi-Hi alzarsi con difficoltà e dirigersi verso suo figlio.
    L'ultima cosa che vidi dei due furono i loro carapaci perdersi tra la vegetazione. Per un lungo minuto dopo che furono scomparsi non dissi nulla, dopodiché mi voltai verso Akira. Io... non riuscii a finire di parlare. Suigo e Nampo si erano avventati sulle mura. Il Kappa si gettò su di me e mi strinse in un abbraccio stritola coste. Ahi ahi... Suigo-san! Mi hai fatto prendere più di un colpo ragazza mia, oh oh oh! Ma siete stati stupendi tutti e due, davvero! Riuscii a sgusciare dall'abbraccio di Suigo, usando poi le mie arti per chiudere il taglio sul braccio. Stai bene? domandai ad Akira. Sembrava stare decisamente bene però, almeno all'esterno. Suigo-san... tentai di dire, ma il Kappa mi prese una mano e mi tirò via Vieni vieni! Anche tu Akira, Shosei-sama vuole parlarvi!




    E ci ritrovammo alla Fonte. Nel chiostro pieno di fiori. Shosei sedeva ancora una volta lì ed il suo vecchio saggio sguardo esprimeva una certa felicità. Meika-chan, Akira-kun, ciò che avete fatto oggi è a dir poco stupendo. Meika-chan, tua madre sarebbe stata estremamente orgogliosa di te. Non per la lotta. Disse il vecchio Kappa, puntualizzando subito e sorprendendomi. Ma per la decisione di risparmiare Chi-Hi. Oh mia cara, tu sei una Kunoichi, prenderai moltissime vite di questo ne sono più che certo. Anche oggi è caduto un Kappa della Fonte Insanguinata... ma per quanto me ne dispiaccia, la loro pazzia non ha apparentemente confini. Shosei fece un lungo sospiro. Credo sia giusto per voi sapere il perché di tutto ciò. Questa storia è vecchia di centinaia d'anni, ancora prima che si formassero i grandi villaggi come quello da cui provenite. Il bosco, all'epoca, si estendeva per una superficie quattro volte maggiore e le creature al loro interno erano più amichevoli. Tempi belli quelli. All'epoca ero molto, molto giovane ed a governare i Kappa della Fonte c'era mio padre.
    Quando gli umani giunsero noi li accogliemmo come fratelli. All'epoca c'era solo una grande Fonte e noi non eravamo divisi. Ma noi Kappa non siamo certo come voi uomini! Le vostre abitudini ci sono estranee e sono pericolose ed i vostri caratteri generano strane cose... I Kappa hanno preso i tre caratteri principali degli uomini: la loro avidità ed il loro genio, e così sono nati i Kappa della Fonte Dorata, la loro spiritualità, così sono nati i Kappa della Fonte Celestiale, e la loro crudeltà... e così sono nati i Kappa della Fonte insanguinata, da sempre furiosi con gli umani perché causa della loro miseria.
    Rimasi in silenzioa d ascoltare le parole di Shosei. Adesso era tutto chiaro del perché Chi-Chinaktsu aveva detto quelle parole durante l'interrogatorio. L'odio era ancestrale, radicato e non sradicabile. Non dissi nulla, sentendomi quasi dispiaciuta della misera che aveva colpito quei Kappa. Strinsi le gambe al petto, guardando Shosei senza vederlo. Meika, tua madre mentre era qui ci ha parlato molto di te. Eri la sua bambina, ed era così orgogliosa. Quando abbiamo recuperato il suo corpo prima che i Kappa della Fonte insanguinata ne facessero scempio l'abbiamo seppellita proprio qui, alla fonte... credo che per te sia giusto vederla.
    Alzai lo sguardo. Improvvisamente sentivo caldo, probabilmente a causa del cuore che batteva così forte da martellare rumoso addirittura nelle mie orecchie. Shosei si alzò e si diresse verso l'uscita. Non appena ci ebbe superati lanciai un'occhiata ad Akira. Velocissima, quasi una specie di supplica: volevo che restasse con me. Non ero del tutto certa di poter reggere quella cosa da sola, anche se forse lui poteva aver pensato che avrei voluto avere la giusta pace e privacy che si doveva a quel momenti. Mi alzai in piedi e senza dire una parola presi una mano del ragazzo, stringendola nella mia.
    Era minuscola rispetto alle sue. Lo erano sempre state, solo ora me ne rendevo conto. Perché mi rendevo conto di cose così idiote? La mia mente cercava di vagare via da quella che era l'ineluttabile: preso sarei stata sulla tomba di mia madre. Una cosa che non avevo mai pensato sarebbe potuta accadere.

    Il cammino durò poco. Alle spalle del palazzo un ponticello collegava l'isolotto centrale con la fonte e da lì ci dirigemmo verso una specie di recinzione vegetale fatta di siepi. L'ingresso era ben curato, lussureggiante. Tremante mi diressi all'interno, Shosei rispettosamente aspettò fuori, guardando lontano, forse nel passato. Lì c'era mia madre.
    Non c'erano lapidi sulla terra. Non era usanza dei Kappa scolpire la pietra per ricordare i defunti. Ma dove riposava mia madre era stata piantata una pianta di fuori neri. I Fiori Oscuri. Meika.
    Il mio nome voleva dire esattamente quello, perché ero la figlia del Fiore dei terumi (ka) e dell'oscurità degli Akuma (mei). I Kappa l'avevano fatto per lei, affinché il suo corpo riposasse sotto il fiore che simboleggiava quella bambina che non avrebbe più raggiunto a casa, quasi a voler proseguire quel legame che non poteva essere spezzato. Mentre realizzavo tutte quelle cose finii per lasciare la mano di Akira e camminare fino dinanzi la pianta, fino a toccare i fiori con le dita.
    Fu allora che la vidi. Una vecchia foto sotto i rami. Consunta dal tempo, potevo riconoscerla. La ricordavo, così come ricordavo l'occasione in cui era stata scattata. Essa ritraeva me, mio padre e mia madre mentre eravamo in vacanza fuori Kiri. Quei giorni in cui mia madre mi insegnava dei Kappa solo per non farmi allontanare nelle acque del fiume.
    Avevo sei anni in quei giorni. Con le dita tremanti la strinsi a me, abbassai gli occhi e finalmente, per la prima volta in quel giorno, dopo la rabbia e l'odio, dopo aver sofferto quasi silenziosamente tutto il mio dolore, mi lasciai andare nel vero pianto liberatorio che si doveva ai momenti dolorosi della vita.





    La nave dondolava ritmicamente, sobbalzando dolcemente sulle onde tranquille del mare. Avevamo lasciato i Kappa giorni addietro dopo una festa e dopo aver brindato al nome ed alla memoria di Mai Terumi. Avevo promesso a Suigo che sarei tornata e che un giorno, com'era stato per mia madre avrei legato a loro il mio sangue. Adesso non ero ancora abbastanza esperta per farlo. Dopodiché eravamo tornati a Sakane e da lì avevamo camminato nuovamente fino al porto dal quale eravamo partiti. Trovammo una barca abbastanza in fretta e pagato il capitano ci imbarcammo verso Kiri.
    Era notte fonda e non riuscivo a prender sonno.
    In quei giorni, mentre ci allontanavamo dalla Fonte, ero stata particolarmente silenziosa rispetto al solito ma non avevo mai dato accenni di scontrosità o dolore. Ma mi sentivo straordinariamente quieta e riflessiva, sopratutto perché, dopo aver lasciato la Fonte, sentivo che il Demone era tornato. Non potevo vederlo finché non usavo i miei Occhi, ma la sua presenza in un recesso ben altro che remoto della mia mente era pressante. E più ci allontanavamo, più avevo paura che quel Demone un giorno potesse divenire troppo pericoloso. Sapevo che non era reale, un costrutto di una mente troppo brava ad immaginar cose che perdeva il controllo sulle sue paure e su i suoi desideri tanto da materializzarli in qualcosa di reale. Dopo l'ennesimo tentativo andato in fumo decisi di rinunciare al sonno e misi i sandali e mi coprii con una felpa per uscire fuori. L'aria era fredda di notte.
    Chiusi la porta della mia cabina alle mie spalle e mentre camminavo mi ritrovai a passare davanti la porta della cabina di Akira. Non riuscii ad avanzare oltre, giacché un pensiero nacque nella mia testa.
    Ero con la mente nuovamente alla Fonte, dinanzi il corpo inerme di Chi-Hi. Akira, con la sua sola presenza, fu in grado di bloccare il Demone. Avevo preferito non soddisfare quei miei oscuri e violenti desideri pur di non comportarmi nel modo in cui sapevo perfettamente lui non voleva che mi comportassi. Perché avevo desiderato più di una volta strozzare lo Sfregato, colpirlo col Sai, vederlo morire così come lui aveva visto morire mia madre.

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    Cosa vado a pensare... rifiutai di accettare l'idea di aver fatto qualcosa solo per Akira, sopratutto qualcosa che riguardava esclusivamente me, e nessun altro ... Non era giusto. Allora perché ero pronta a farlo senza esitare? Perché avevo esitato solo quando mi ero resa conto di che razza di mostro sarei potuta essere ai suoi occhi, nonostante mi avesse promesso che non mi avrebbe di certo giudicata? La risposta la sapevo benissimo. Così, forse in un atto di estrema stupidità, aprii la porta della cabina di Akira mentre lui, al contrario di me, con ogni probabilità dormiva alla grande.

    Sia che fosse stato addormentato o meno avrei camminato leggera verso di lui, sedendomi sulla branda che osavano definire "letto". Se fosse stato addormentato avrei posato una mano sulla sua spalla, gentilmente, per cercare di svegliarlo dal sonno (sperando che non avesse un attacco di paura nel vedermi lì, perché probabilmente avrebbe potuto reagire istintivamente - e molto male - ).
    Scusa se ti ho svegliato. Dissi a bassa voce. Perché stavo sussurrando? La verità era che c'era così tanto silenzio che se avessi parlato con un tono normale sarebbe stato come urlare. Non riuscivo a dormire, continuavo a ripensare ad una cosa, sono giorni che ci ripenso. Strinsi le dita sulle lenzuola con una discreta forza, cercando la forza di dire ciò che avevo. Gli Akuma non erano una famiglia scevra di problemi, anzi, c'era un certo gene di follia.
    Noi Akuma, nel momento in cui impariamo a controllare i nostro Occhi rischiamo... qualcosa. La nostra immaginazione può creare tutto... ed inconsciamente, possiamo creare anche le nostre paure oscure, ed i nostri desideri violenti. Nel Clan questo è chiamato il Demone. Guardai dritta dinanzi a me, spaventata. L'ho visto. Dissi in un soffio. È comparso mentre combattevo con Chi-Hi. Mi ha spinto a fare ciò che ho fatto, fino a sconfiggerlo ma... solo allora riuscii a voltarmi a guardarlo.
    Mi avrebbe spinto ad ucciderlo, Akira... io... solo allora mi resi conto di quanto la cosa mi avesse colpito. Il non parlare non aveva fatto altro che sopprimere quelle sensazioni ed alla fine non avevo fatto altro che rinviare il momento in cui avrei dovuto fare i conti con ciò che ero diventata. Una Akuma. Mi rannicchiai sul letto dell'Hozuki, quasi scossa da leggeri tremiti. Non piangevo, non ero triste.
    Ero spaventata oltre ogni dire. Spaventata da me stessa e dai poteri che avevo ottenuto.
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    ... Io non sono così. Non sono quel genere di persona, sapevo benissimo che se avessi ucciso quel Kappa avrei fatto più male che bene, eppure ero lì, pronta a farlo. Continuai a spiegare. L'odio per quell'assassino era tale che mi sono sentita una bestia della peggior specie. Ho sperato di potermi trattenere, di agire per il meglio e non ci sono riuscita... finché non ti ho visto. Alzai allora lo sguardo verso di lui. Cosa volevo dire con quelle parole? Io... non volevo che pensassi che fossi una persona orribile. E quel pensiero mi ha fatto ritrovare la bussola, ed ho capito da sola che era sbagliato uccidere Chi-Hi. Quella parte mi aveva procurato un violento rossore su tutto il viso. Confessare certe cose non era certo facile!
    Gli Akuma possono controllare i loro demoni. Non siamo loro schiavi, non siamo schiavi delle nostre emozioni più violente e pericolose, ma solo se c'è qualcuno o qualcosa che ci supporta, o che dobbiamo supportare. Qualcuno che... ci faccia ritrovare la corretta strada quando a perdiamo. Quel qualcuno sarebbe potuto essere mio padre, ma lui non sapeva - e non ero certo che sarebbe stato saggio che sapesse per il momento - del motivo per cui esisteva quell'oscurità dentro di me. Così, tra tutti al mondo, mi rimaneva solo lui.
    Non ho diritto di chiederti niente Akira. dissi piano, abbassando ancora lo sguardo Ti ho procurato un sacco di pericoli, ma sei l'unico a parte mio padre a cui affiderei qualsiasi cosa, anche la mia stessa vita. Posai la testa contro la sua spalla, stringendomi quasi istintivamente a lui. Avevo passato quegli ultimi giorni a temere me stessa più di quanto una persona sana di mente avrebbe dovuto. Ricordami sempre chi sono, se non sono più me stessa, non lasciarmi in balia di questa cosa da sola... Chiusi gli occhi, sperando che quella paura passasse. Sperando che lui la facesse passare.
    Sperando quel Demone elegante e benvestito non venisse a turbare la mia vista ed i miei sogni, fino a dimenticarlo negli oblii nel tempo e lasciarmi libera di essere ciò che ero. Probabilmente sarebbe accaduto il giorno stesso in cui sarei riuscita a perdonare i Kappa della Fonte Insanguinata.
    Ma quello, per quanto mi riguardava, sarebbe potuto non accadere mai.

    E così si concluse quella strana, intensa ma anche violenta e dolorosa avventura. I due tornarono a Kiri forti nello spirito e nella carne. Per quanto riguarda me, cambiata per sempre.
    Inesorabilmente.



    Complimenti e grazie per la giocata stupenda ç_ç!
     
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21 replies since 3/7/2015, 18:22   658 views
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