Crocevia al Confine

Taki - Confine Sud-Occidentale

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    Una figura incappucciata camminava lentamente nella foresta, confondendo il rumore dei suoi passi con il ticchettio della pioggia sul terreno. Si trovava circa un paio di chilometri oltre il confine di Kusa, ormai al sicuro da incontri che lo avrebbero ritardato nella sua tabella di marcia. Presto, nei paesi confinanti, Taki compresa, si sarebbe sparso il rumore della sua visita ai membri della Felce Lunare. Secondo le sue intenzioni, a molti il suo gesto sarebbe sembrato per ciò che appariva: un massacro perpetrato da un individuo in cerca della misteriosa organizzazione denominata Hayate. In quella nozione c'era del vero, ma, rifletté il pellegrino mentre proseguiva tra i cespugli, le ragioni del suo gesto andavano più nel profondo.

    Per qualche motivo, sin dal suo Avvento, il cupo viandante aveva avvertito un forte richiamo nei confronti del globo che illuminava il cielo notturno. Dal momento in cui vi aveva posato i suoi occhi color oceano la prima volta, lo aveva sempre bramato con tutto il suo essere. Un desiderio secondo solo al suo odio per il Bersaglio, che entro poche settimane avrebbe finalmente incontrato nella torre cimiteriale di quel piccolo villaggio. L'attacco alla Felce Lunare si ricollegava non solo a quell'inusuale desiderio - per lui, che altro non era che un Avatar di distruzione -, ma anche a ciò che aveva scoperto durante l'attacco alla Foglia. Le radici con quel dannato clan. L'incontro con l'uomo che, per qualche motivo, aveva fatto vorticare in maniera incontrollata il flusso di ricordi nebbiosi al limitare della sua coscienza. Entrò in una piccola radura circondata da alcuni salici e guardò il cielo. Nessuna goccia d'acqua offese i suoi occhi. La pioggia, infatti, non lo raggiungeva e si limitava a cadere ad alcuni centimetri da lui, come respinta da una misteriosa aura di potere emessa dal suo corpo.



    Gli sciocchi mortali del Culto della Felce Lunare erano serviti come sacrificio per i suoi interessi. Devastando l'edificio di culto, uno dei tanti nelle varie terre ninja, il mietitore incappucciato di nero aveva recuperato informazioni preziose, benché frammentarie e incomplete, e gradualmente il quadro stava divenendo completo. Oltre che per dare visibilità al suo messaggio, li aveva uccisi tutti per evitare che il motivo per cui aveva bersagliato proprio il Villaggio della Felce trapelasse prima del tempo. Dopotutto, non aveva interesse a farsi mettere i bastoni tra le ruote prima di aver ricostruito tutto. Scosse la testa. Non c'era modo che ciò accadesse. Per ora doveva solo pensare al prossimo passatempo che aveva programmato: un ottimo modo per testare il suo accresciuto controllo sul mondo naturale ed allo stesso tempo verificare finalmente l'utilità della Serpe. Il tutto, naturalmente, cercando di ottenere un importante vantaggio strategico per le mosse successive. La Città Fantasma era in grado di fornirglielo, dopotutto.

    Scosse la testa. Non c'era motivo di preoccuparsi. Chiuse gli occhi per qualche istante, concentrandosi sul mare liquido di energia all'interno di sé. Poi, con naturalezza, fece cadere qualche goccia di chakra dall'alto, dando vita ad una potente reazione a catena che gli permise di percepire qualsiasi manifestazione di energia nel raggio di circa un chilometro [Sesto SensoSesto Senso [2]

    Arte: L'utilizzatore può percepire la presenza di manifestazioni di chakra entro 900 metri (3 passi); può essere applicata Percezione del Chakra. Sono necessari 2 round di concentrazione.
    (Consumo: Basso)
    ][Percezione del ChakraPercezione del Chakra [0]

    Speciale: L'utilizzatore può vedere il colore del chakra di una persona osservata. L'utilizzatore può scoprire alcuni aspetti del chakra: impronte possedute; alterazioni da tonici, droghe, tecniche speciali, possessioni e simili; quantità approssimata della riserva.
    ]
    . Nulla assoluto. Nessuno lo seguiva dall'Erba. Del resto, si era assunto il rischio di muoversi verso il confine con Taki proprio per depistare qualunque tipo di inseguitore. Non che non gli avrebbe fatto piacere schiacciare dei vendicatori pieni di fuoco sacro, ma aveva preferito dirigersi subito verso Izumi. L'unica eccezione a quella mancanza di energie vitali umane o animali degne di nota - salvo eventuali sensitivi o assassini del par della Serpe - era una piccola fonte di chakra che si stava avvicinando alla radura. A giudicare dalla direzione, proveniva dalla Foglia ed era diretta a Kumo. In pochi minuti sarebbe apparsa nella radura.

    « ... »

    A parte la modesta quantità d'energia, l'analisi non aveva rivelato altro. Un pesce piccolo, per cui probabilmente non valeva la pena disturbarsi a perdere tempo. Nondimeno, l'uomo in nero decise di continuare a seguirne il movimento e attendere che arrivasse alla radura. Forse avrebbe potuto ricavare qualcosa di utile da quell'incontro. Rimase, così, al limitare della radura, attendendo lo sfortunato viaggiatore senza disturbarsi ad occultare la propria presenza.


    OFF GAME

    Giocata privata con lNearl. Segue gli eventi di Massacro della Felce; precede Sotto un Cielo Nero e Nuvole Rosso Cremisi.

     
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    Pochi giorni prima avevo ricevuto quelle strane notizie riguardo il confine del paese del fulmine. Notizie strane che parlavano di una totale chiusura dei confini. La cosa mi aveva insospettito. Ancor di più a darmi motivo di muovere il culo era stata la totale assenza di operazioni programmate dall'accademia. Ciò significava probabilmente che stava agendo attraverso pratiche private e nascoste, cercando di non dare nell'occhio. Ma in casi come questi avrebbero dovuto perlomeno organizzare una spedizione di facciata, almeno fingere un interesse vero questo genre di fenomeni che istituzioni come l'accademia ha l'obbligo di avere.


    Questa cosa mi lascia molto perplesso.


    Pensai mentre procedevo lungo il mio cammino, deciso a scovare per gli affari miei eventuali informazioni a riguardo. Seppur fossi ancora agli inizi di quella che speravo sarebbe diventata una grande carriera non amavo stare in disparte di fronte a questo genere di eventi.
    Avevo da poco superato il confine di Kusa, il passaggio poteva non sembrare ovvio ma stavo tornando da Suna, dove assieme al Mizukage ed uno strambo accorpamento di shinobi provenienti un po' da tutti i villaggi avevamo sconfitto un gruppo di invasati che si facevano chiamare Kijin. Anche le scoperte relative a quel posto mi incuriosivano, e speravo di riuscire a trovare un collegamento tra quanto accaduto a Suna, e queste strane News riguardanti i confini di Kumo. Soprattutto ciò che più mi sembrava plausibile e che fosse Kumo il villaggio promesso ai Kijin, anche se il fatto che si trovasse dalla parte opposta del mondo rispetto a Suna lasciava sorgere qualche dubbio. Ad ogni modo le informazioni in mio possesso erano troppo poche per avere un'idea generale del quadro. Avevo bisogno di raccoglierne delle altre, altresì non avrei potuto concludere nulla.


    Speriamo di arrivare in fretta.

    Viaggiare non era tra le mie cose preferite, soprattutto da solo e sotto la pioggia. Mi rendevo conto del fatto che attorno a me ci potessero essere persone molto più forti e preparate di me, ma correre il rischio era necessario a colmare le mie curiosità. D'un tratto mi fermai, davanti a me a meno di un centinaio di metri potevo vedere una piccola radura circondata da alcuni salici, ed in mezzo ad essa c'era un'individuo incappucciato.


    Eh no... Di nuovo no!

    I miei pensieri andarono subito al recente incontro con Atasuke a Konoha. L'incontro iniziale era stato più o meno così. I battiti accelerarono, non avevo alcuna voglia di dover rivivere quell'esperienza, non ne avevo ancora abbastanza voglia in realtà. Quel tentativo di addestramento si era rivelato fallimentare, o forse più che l'addestramento ero stato solo io a fallire, detto ciò non mi sentivo in vena di riprovare quest'oggi. Più che la fama di potere al momento ero curioso riguardo a Kumo, avrei preferito non essere molestato ulteriormente.
    Guardando attentamente la figura mentre mi avvicinavo notai che non si trattava di Atasuke. Dalla mia posizione potevo vedere solo parte del viso coperto dal cappuccio. Ciò che colpiva della figura erano gli occhi lucenti, che avevo l'impressione potessero guardarmi.


    In mezzo ad una radura, tranquillo come se fosse natale. Senza star troppo a pensarci, è ovvio che mi ha percepito.

    Anche se era ormai scontato che non si trattava del mio vecchio amico di Konoha, la paura ed i battiti accelerati non passarono, anzi. Questa volta il pericolo era sconosciuto e difficilmente avevo modo di evitarlo.


    Far finta di niente e passare oltre potrebbe non essere una mossa furba, vediamo questa volta cosa mi ha riservato il destino.

    Avanzai guardando quella figura nel bosco, rispetto a me sembrava stranamente molto meno bagnata, forse per nulla in realtà. Se usava il chakra per evitare di bagnarsi ne aveva evidentemente una riserva fin troppo grande rispetto alla mia, che mai mi sarei potuto permettere un simile spreco. Mi avvicinai, avvolto nella mia tunica nera, con il simbolo del Clan Nara disegnato sulla schiena in verde.


    Sembra quasi mi stia aspettando.

    Dissi semplicemente, quando tra me e l'altra figura c'erano solo una ventina di metri a dividerci. Avrei presto capito come sarebbe andata a finire.
     
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    Nascosto dal cappuccio nero, Jeral scorse il nuovo venuto continuare a camminare verso la radura in mezzo al bosco, nonostante a quel punto era impensabile che non l'avesse percepito. Evidentemente la figura, pure ammantata di nero, non nascondeva un sensitivo. Se così fosse stato, il suo corso d'azione sarebbe stato con tutta probabilità differente. Passo dopo passo, il viandante si avvicinò all'Avatar fino ad una ventina di metri, e lì si arrestò. Non lo temeva? Possibile. Il mondo era pieno di sciocchi. Forse invece aveva realizzato che fuggire era inutile. D'altronde, non servivano le abilità di un ninja in grado di sentire il chakra per percepire l'aura innaturale di cui la persona del Flagello era ammantata.



    « ... »

    Continuò a non dire nulla, finché non udì la stringata frase che il nuovo venuto riuscì a dire, quasi per esorcizzare l'atmosfera per lui evidentemente tesa. A quel punto si mosse, iniziando a camminare con deliberata lentezza verso la sua preda. Da sotto il cappuccio, senza il problema della pioggia, Jeral osservava gli occhi dell'altro, lo specchio della sua anima presto impaurita. Gli parve di scorgere, sotto il cappuccio dell'altro, qualche ciocca di capelli biondi appena sopra gli occhi. Non era molto alto: l'Immortale lo torreggiava di oltre dieci centimetri.

    « Immagina. », disse, finalmente, quando fu a una decina di metri da lui, e la sua voce era fredda come la notte. « Sono in grado di schiacciare ogni singolo osso nel tuo corpo; posso aprirti il ventre e costringerti a nutrirti dei tuoi intestini; cancellare la tua esistenza per capriccio sarebbe facile come respirare. » Continuava ad avanzare. « Conoscendo questo, mi chiedo se tu sappia rispondere al mio indovinello preferito. » Distavano ormai circa sei metri.

    « Perché dovrei risparmiarti la vita? »

    Forse, se il nuovo venuto fosse stato percettivo, avrebbe potuto avvertire una sensazione simile a quella di essere avvolto dalle spire di un serpente.
     
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    Circolo vizioso

    Vizio o Viziato ?



    La storia è ciclica, e questo si sa. Però solitamente perchè venga a ripetersi una stessa situazione ci vuole del tempo, sembra che il destino abbia bisogno di ricaricarsi prima di porre in essere una stessa situazione. O forse il grande marionettista che conduce le nostre vite si annoia nel riproporre spesso lo stesso spettacolo. Ecco, invece il mio tormento con Atasuke sembrava essergli piaciuto molto visto che anche oggi mi proponeva la stessa domanda postami qualche giorni prima dal mio improvvisato sensei.


    C'è sicuramente qualcosa di ironico dietro a questa faccenda. L'altra volta non ho saputo rispondere molto bene, e mi sono guadagnato dei bei lividi, spero questa volta proceda più dolcemente.

    La figura incappucciata davanti a me era nettamente più alta di me, e per poterla guardare direttamente in viso dovevo alzare il volto. Movimento scomodo al momento, visto che con la pioggia mi sarei ritrovato zuppo e cieco nell'arco di pochi secondi. Rimasi quindi con lo sguardo dritto, in maniera da difendere il volto dalla pioggia. Intravedevo comunque il suo viso, nonostante il punto di fuoco preciso dei miei occhi fosse più o meno verso la base della sua gola. Inoltre, nel peggiore dei casi mi permetteva di vedere meglio qualche genere di movimento delle braccia o del resto del corpo, cosa difficile da fare se avessi alzato il collo per guardarlo negli occhi. C'è da dire che avevo capito che in caso, a nulla mi sarebbe servito questo genere di vantaggio, così come mi era successo con il guardiano delle mura del mio villaggio, anche il questo caso il divario tecnico era abissale perchè io potessi decidere da solo della mia vita. Ascoltai le sue parole senza troppo stupore, indubbiamente i suoi esempi di morte erano discretamente nefasti, soprattutto l'idea di dovermi mangiare gli intestini non mi ispirava particolarmente. Speravo da sempre che quando il giorno sarebbe dovuto giungere, sarebbe stato più indolore.


    Visto che chiedi, ti racconterò una storia valida a tal proposito.

    Non sapevo se fosse questo l'inizio migliore, ma questa volta avrei risposto con sincerità.


    Meno di una settimana fa uno shinobi del mio villaggio mi si è presentato davanti mascherato, in maniera tale che non potessi riconoscerlo e mi ha posto la tua stessa domanda. Dopodichè mi ha rinchiuso in una grotta buia nella quale ho vagato per giorni probabilmente, il tutto per "addestrarmi" se così si può dire. Questo genere di addestramento non mi ha portato nulla di buono dal punto di vista tecnico, ma adesso sono preparatissimo a rispondere a questo genere di quesito.

    Avevo risposto con sincerità, anche se in realtà non avevo risposto. Ora come ora questa storia poco forniva motivo per risparmiarmi. Difficilmente le mie faccende private potevano interessare a questa persona. Rimasi fermo, ora che eravamo vicini dopo che lui si era avvicinato a me.Una parte di me avrebbe voluto correggere il mio interlocutore, spiegando che quello che mi aveva posto non era un indovinello, bensì una mera domanda. Un indovinello presuppone una risposta oggettivamente valida per risolverlo. In questo caso così non è, infatti l'esito della risposta non dipende da una conformità a qualcosa di stabilito e certo, ma al soddisfacimento dell'interesse del mio interlocutore. Detto ciò, ritenni che questo genere di risposta avrebbe indubbiamente accorciato la mia vita, o ne avrebbe gravemente ridotto la qualità, decisi di essere ben più diretto.


    Le tue vesti mi fanno dire che non sei parte di questo villaggio, non sei una vedetta, sei qui per caso probabilmente. In linea di massima solo di passaggio diretto ad altra destinazione, così come me. Andiamo al sodo e giriamo la domanda in maniera tale da farla fruttare, cosa vuoi per lasciarmi vivere ?

    Il mio discorso era azzardato, ma aveva un suo certo senso. I motivi che mi spingevano a ritenermi inferiore a lui erano diversi. Al di là del fatto che usasse il suo chakra per evitare l'acqua mi aveva percepito ed aspettato. Se aveva fatto tutto ciò senza nascondersi o prendersi un qualche vantaggio di sorta era indubbiamente sicuro ch'io non potessi essere un pericolo per lui. O, se lo ero, l'unica spiegazione era un possibile svantaggio numerico. Niente poteva assicurarmi che nella zona fossimo presenti solo io e lui, magari ero accerchiato da diversi shinobi, ed anche in questo caso la soluzione più furba era scendere a compromessi. Chissà ch'io non avessi qualche genere di informazione utile per l'incappucciato.
     
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    Come un pitone che stringe la preda tra le sue spire senza alcuna fretta, il Flagello continuava ad osservare il piccolo shinobi dai capelli biondi. Le cruenti immagini dipinte dalle sue parole ebbero un discreto effetto su quest'ultimo, che espresse più di un'emozione sul suo volto protetto dal cappuccio. Infine, egli trovò il coraggio di rispondere. Jeral lo ascoltò senza una parole, ricavando una strana sensazione dall'individuo che aveva davanti. Era piccolo, debole e spaventato, eppure stava parlando quasi come se niente fosse, gestendo in qualche modo le sue emozioni. Le parole in sé, però, non furono un granché: blaterò di una qualche sua esperienza passata con uno shinobi del suo stesso villaggio e, in buona sostanza, non rispose al Flagello, girando a lui la domanda che gli era stata posta.

    In un attimo, la distanza tra i due venne colmata come per incanto, talmente rapida fu la reazione dell'oscuro pellegrino all'insensata domanda dello shinobi dai capelli biondi. Una frazione di secondo dopo, il palmo destro dell'Immortale tentò di stringersi con forza sul braccio destro del nuovo venuto, all'altezza del bicipite [Slot Gratuito Istantaneo & I Slot Azione][POT:7010 + 60 (Differenza Forza Viola/Resistenza Verde)][VEL:Viola]. In caso di successo, l'altro avrebbe avvertito una morsa d'acciaio macinare la sua carne, ma solo per un istante, perché l'obiettivo del Flagello era quello di rompere di netto l'osso del braccio, rendendolo inutilizzabile. Alcune brevi, secche parole avrebbero accompagnato la sensazione ed il sonoro "crack", che, nel caso, si sarebbe udito.

    OIUUdvN

    « Risposta sbagliata. »

    Sussurrò. Per quanto la sua analisi della situazione fosse fondamentalmente corretta, non era mai una buona idea rispondere ad una domanda con una domanda, soprattutto trovandosi in una simile posizione di debolezza. Forse perdere l'uso di un braccio avrebbe fatto comprendere allo stolto pellegrino la gravità di quella situazione e la natura, spietata, crudele e disumana, di colui che aveva davanti, la cui anima era più che disposta a uccidere e torturare per solo diletto. Terminata la piccola lezione, Jeral lasciò il braccio dell'altro quasi con delicatezza, permettendo che constatasse il danno. In fondo, l'effetto che desiderava ottenere sarebbe stato ancora più intenso se l'altro avesse effettivamente compreso. Ci era andato, comunque, relativamente piano: la frattura, secondo le sue intenzioni, sarebbe dovuta essere pulita. Non avrebbe avuto problemi a recuperare l'uso dell'arto, se fosse sopravvissuto.

    Non indietreggiò, lasciando invece che fosse l'altro a recuperare un minimo di distanza tra i due. Rimase dunque ad osservarlo per qualche istante, studiandone le reazioni. Aveva davvero preso un pesce troppo piccolo perché fosse anche solo remotamente divertente?

    « Non vorresti sapere cosa accadrà se sbaglierai di nuovo. »

    Più che una domanda, era una cruda affermazione.
     
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    AAAAHHHHH

    L'urlò non poteva essere contenuto. Già di per sè la rottura di un braccio è qualcosa di dolorosissimo, ma se unita al fottuto brivido di terrore che mi percorse quando mi resi conto davvero della situazione in cui mi trovavo, e dallo spavento per la rapidità con cui il malaugurato avventore mi aveva colpito era ancor più terribile. Nell'andare indietro velocemente dopo che la figura incappucciata mi aveva liberato dalla morsa incespicai e persi per un attimo l'equilibrio. Riuscì a non cadere, e continuai ad arretrare lentamente.


    AHHHHH

    Continuai a gridare, il dolore era tantissimo, e anche se stavo cercando di controllarmi ciò non era facile. Portai la mia mano sinistra a stringere il braccio destro, era un riflesso condizionato, ovviamente non conoscendo arti mediche non potevo ridurre il dolore che provavo. Il braccio era evidentemente rotto, la stretta all'altezza del bicipite dell'avversario era stata letale. Il bastardo si era avvicinato ad una velocità inaudita rispetto ai miei canoni, così com'era successo con Atasuke. Mio malgrado dovetti constatare come le intenzioni fossero diverse rispetto a quelle del guardiano di Konoha, e non poterono non tornarmi in mente le parole da lui utilizzate prima ch'io abbandonai il campo d'addestramento: se così si poteva chiamare la grotta in cui ero stato rinchiuso.


    Sei stato più che chiaro.

    Dissi stringendo i denti. Nel frattempo arretrai di parecchi metri, ero conscio del fatto che fosse pressochè inutile, ma anche se cercavo di essere razionale il mio istinto cercava di farmi allontanare da quell'essere davanti a me. Arretrai dolorante, sempre stringendo il mio braccio, portando la distanza tra noi ad un decina di metri.


    Sto tornando da Sunagakure, dove assieme al Mizukage ed altri shinobi dai villaggi di Kiri, Oto e Konoha abbiamo sventato un gruppo di pazzi che stava creando disagi a Suna. Hanno sterminato parte degli uomini della zona, si chiamavo fratelli Kijin ed avevano delle strane abilità di controllo del chakra. Il più forte di questi ha dato parecchio filo da torcere persino ad Itai Nara, il Mizukage.



    Iniziai a dire, volevo dire tutto quello che potevo e conoscevo, sperando che nella mia sincerità riguardo le informazioni che avevo la figura davanti a me riuscisse a trovare qualcosa di interessare, che desse lui motivo di lasciarmi in vita. Presi fiato, chiudendo gli occhi e cercando di concentrarmi malgrado la situazione.


    Nell'accampamento in cui abbiamo trovato i Kijin c'erano un'enorme quantità di denaro, una strana maschera rappresentato un demone con le corna, ed una sorta di missiva da parte di coloro che li avevano ingaggiati per essere un diversivo. Per cosa, sto e voglio scoprirlo. Ho saputo che i confini del paese del fulmine sono stati totalmente bloccati da uomini con il coprifronte del paese del fulmine marchiato di rosso. La missiva per i Kijin parlava anche di un posto speciale nel villaggio, di quale villaggio non se ne parla, ma voglio andare a scoprire se c'è qualche collegamento con Kumo.

    Questa era la verità, nulla di più e nulla di meno.


    Se qualcuno dal paese del fulmine ha pagato questi tizi per creare un diversivo a Suna, praticamente dall'altra parte del mondo, significa che c'è qualcosa di grosso dietro. Lasciami il tempo di saperne di più.

    Conclusi volutamente con un'affermazione. Non si trattava di un'imposizione, non volevo essere scortese, nè tanto meno apparire debole però. La persona davanti a me agiva secondo chissà quali intenzioni, io non le conoscevo e nemmeno sapevo da dove provenisse. Nel narrare le mie vicende avevo cercato di chiamare in causa più persone e villaggi possibili, sperando di seminare qualche spunto per l'altro da cui cogliere interesse. Rimasi il più possibile dritto e composto, cercando di mascherare il dolore. Non volevo apparire debole. Non c'era mai pietà per i deboli, ed io nei limiti delle mie possibilità ero risoluto e volevo ottenere ciò che mi interessava. Bramavo dalla curiosità di andare al paese del fulmine per scoprire qualcosa di utile. Speravo di poter apparire capace di farcela alla persona davanti a me. Nelle rapida colluttazione avvenuta tra noi il mio cappuccio era scivolato all'indietro, lasciandomi privo di protezione dalla pioggia. Non sprecai tempo a risistemarlo, ero ormai zuppo d'acqua, con i capelli biondi che mi si chiudevano intorno al volto, guardando l'incappucciato mentre la pioggia si abbatteva sopra di noi. Indubbiamente lui aveva ragione, non volevo sapere cosa sarebbe successo se avessi sbagliato di nuovo.


    Edited by lNearl - 15/7/2015, 15:56
     
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    L'osso del malcapitato shinobi si ruppe di netto sotto la stretta implacabile dell'Avatar, che osservò compiaciuto l'effetto della sua punizione: il ragazzino urlò e urlò ancora, indietreggiando e tenendosi il braccio con la mancina, ma non fece l'errore di provare a scappare. Invece, rimase sul posto, osservando il Flagello, e iniziò a parlare come un fiume. Rivelò molte cose. Parlò di una qualche invasione alle porte della Sabbia, che per il momento era stata arginata dagli sforzi congiunti di tutti i quattro villaggi. Questi "Kijin", i nemici provenienti da ovest, erano in grado di controllare il chakra in maniera unica e adoravano una maschera di demone cornuto. Inoltre, una singolare lettera d'ingaggio era stata ritrovata nella loro base operativa alle zone limitrofe al deserto. Per un momento, Jeral si chiese che ne fosse stato della bestia a quattro code cui aveva reso la libertà. Chissà se quello scimmione si stava divertendo a dovere, nella calura cocente di quel deserto.

    Il biondino aggiunse altro, rivelando al Flagello di una peculiare anomalia ai confini del Paese del Fulmine. A quanto pareva, il Raikage e il Villaggio della Nuvola avevano chiuso i confini di tutto il paese e vestivano un coprifronte marchiato di rosso. Il ragazzino dolorante, basandosi probabilmente sulla lettera rinvenuta, ipotizzava che i due eventi fossero collegati e che il primo non fosse altro che una sorta di diversivo. Sembrava plausibile, ma del resto Jeral non aveva altri elementi e azzardare un'ipotesi non sembrava utile né realistico. Il fatto che il piccolo shinobi intendesse andare a Kumo per indagare di persona, per di più solo, era piuttosto ridicolo e probabilmente un suicidio.

    L'elemento più interessante di tutto il racconto, però, era il fatto che il Mizukage si fosse scomodato di persona per arginare la minaccia di questi Kijin, tra l'altro a quanto pareva facendo anche una figura grama. All'Immortale, che udiva il nome del kage per la prima volta, parve strano che il capo militare della Nebbia andasse di persona dall'altra parte dei Cinque Paesi per combattere un nemico così lontano dalle sue terre. Avrebbe capito, forse, se almeno anche gli altri kage fossero stati presenti, o quanto meno il Kazekage. Il ragazzino, però, non aveva fatto menzione di quest'ultimo. Il che poteva significare due cose: o il Kazekage era così potente da costringere un altro suo pari a fare il lavoro sporco per lui, oppure non lo era, e allora il Mizukage era semplicemente un idiota a simmetria sferica. Il che, considerato ciò che l'Immortale doveva fare, era un'ottima notizia, oltre che intrinsecamente divertente.



    Al termine del suo discorso trafelato, il piccolo shinobi dai capelli biondi rinnovò la sua richiesta di essere lasciato andare per scoprire qualcosa di più. Le sue parole quasi lasciavano intendere che, se così fosse stato, sarebbe poi tornato dall'Avatar per riferire la sua scoperta. La sola prospettiva era irrealistica e del tutto ridicola, ma Jeral aveva appreso da tempo che a volte le menti dei mortali funzionavano nella maniera più strana.

    « Continua a parlare, shinobi senza nome. »

    Il ragazzino se l'era cavata meglio, questa volta. Quell'incontro, però, gli avrebbe insegnato che la sete dell'Avatar non era estinguibile così facilmente. L'interesse dimostrato gli avrebbe fatto capire che quelli erano gli argomenti che, forse lo avrebbero tenuto in vita. Questa volta, infatti, Jeral non fece alcun passo avanti, lasciando intatta la distanza di una decina di metri che l'altro aveva creato. Poteva essere un buon segno, come anche il contrario. Dopotutto, che ragione aveva il Flagello per fermarsi?
     
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    Sarebbe stato un errore sospirare nel vedere che le mie parole avevano perlomeno fermato la violenza della figura incappucciata davanti a me. Un errore che probabilmente mi sarebbe costato caro, e anche se in un certo senso un minimo di sollievo nel vedere l'altra figura mantenere la distanza ci fu, cercai di nasconderla nel migliore dei modi. Non solo perchè non avrebbe fatto altro che portare grane, ma era evidente come avessi altro a cui pensare : restare in vita.
    Il braccio continuava ovviamente a farmi male, se fossi sopravvissuto a questa giornata spiacevole avrei dovuto sprecare del tempo in qualche zona di confine aspettando che il braccio tornasse in sesto prima di proseguire verso il paese del fulmine. Questo spreco di tempo mi avrebbe ben insegnato a seguire strade più sicure la prossima volta, e che forse girare da solo non era poi sì conveniente. Le ultime parole dell' incappucciato riguardavano la mia mancata presentazione, come la sua d'altronde. Era difficile capire se rivelare il mio nome potesse o meno essere una buona idea, ma ad ogni modo non volevo lasciare spazio al silenzio, momenti nei quali l'altra figura avrebbe avuto tempo per chissà quali brutte intenzioni, difatti, appena egli finì la sua breve frase ripresi a parlare. Cercando di tirare fuori dal cappello altri elementi utili alla causa.


    Io sono di Konoha, e mi chiamo Near Nara per precisione. Per quanto riguarda Konohha è stata recentemente distrutta da un demone, solamente grazie a due persone il villaggio si è salvato: un certo Raizen, ed Atasuke Uchiha, che ora vengono riconosciuti come due leggende in quel di Konoha. Inoltre, seppur in via informale si pensa ci sia aria di cambiamento ai vertici del villaggio, o più che altro tutto il villaggio lo spera, siccome si trova in una situazione difficile e di abbandono. L'attuale Hokage sarebbe Shika Nara, ma non si vede in giro da tempo, è lecito pensare che queste due nuove leggende di Konoha cercheranno di cavalcare l'onda della fama, cosa faranno, non è ancora noto.

    Questa parte su Konoha era particolarmente veritiera, anche se priva di alcuno straccio di prova. Ciò non poteva saperlo la figura incappucciata, ma non era nemmeno importante, in quanto la realtà e le ipotesi spesso risultano corrette. Questi due Shinobi che hanno salvato la foglia godono ora di una certa fama e di amore dal popolo, il villaggio ha un'estremo ed effettivo bisogno di una nuova figura cardine. La matematica in questi casi è addirittura sin troppo semplice, il futuro dovrà semplicemente confermare le mie idee. Su Konoha c'era poco altro da dire, ma per il momento non l'avevo ancora citata e speravo in un certo senso che potesse attirare l'attenzione del mio interlocutore. D'altronde, avevo citato pressochè tutti gli altri villaggi, ma lui non sembrava aver maturato un interesse particolare per nessuno di essi. Non sapevo da dove venisse, e chissà che non fosse anch'esso uno shinobi del villaggio del fuoco. Dovevo sperare in un po' di solidarietà tra compaesani.



    Da precisare riguardo quanto accaduto a Suna, il mio gruppo aveva il compito di salvare alcuni bambini rapiti da questi Kijin. Uno di essi è morto, non siamo riusciti a salvarlo, e proprio in quel momento abbiamo saputo da un jonin del villaggio che a Suna è apparsa un'enorme scimmia, che ha creato parecchi disagi distruggendo mezzo quartiere. Solo in seguito abbiamo scoperto che nel villaggio erano occultati dieci Kijin sotto le sembianze di innocui bambini. In una sorta di stato particolare, in quanto solo con la morte dei bambini rapiti questi si sarebbero trasformati e preso coscienza di se stessi, altresì erano come imprigionati in un genjutsu e vagano senza un dove nel villaggio. Sono stati neutralizzati e non so cosa ne abbiano fatto, ma anche riguardo questo evento vi erano precise indicazioni sulla lettera che abbiamo trovato nell'accampamento. Era stato detto di lasciar morire i bambini rapiti lentamente e sotto il sole, in maniera tale da dare il tempo ai Kijin con le stesse sembianze di girovagare per il villaggio e di colpire solo quando le difese si sarebbero abbassate. Di per sè strano, ma altrettanto curioso. E per questo che sto andando verso il villaggio del fulmine, e mia intenzione chiudere il cerchio.

    Anche in questo caso decisi di concludere la mia oratoria parlando del mio viaggio verso il paese del fulmine. Era poco probabile che l'incappucciato dagli occhi inquietanti decidesse di accompagnarmi per una vacanza, ma l'unica buona idea che aveva era di sembrare determinato. Se avessi puntato a far pena alla figura davanti a me non avrei avuto speranze probabilmente, ed inoltre era lungi da me l'idea di ricorrere a quell'opzione, forse meglio la morte. Il braccio faceva male, e continuavo a tenerlo con la sinistra, in una sorta di riflesso incondizionato. Come se tenerlo con l'altra mano avesse potuto ridurre il dolore provato o limitare i danni della rottura. Speravo almeno che la rottura fosse composta, altresì i tempi di recupero sarebbero stati lunghissimi, ed anche un recupero completo dell'arto sarebbe in un certo senso stato difficile. Un genere di ripercussione che avrei preferito evitare.
     
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    Con le proprie fattezze, salvo per gli occhi scintillanti nel buio, nascoste dal cappuccio, Jeral continuò ad osservare in silenzio la figura dai capelli biondi parlare come un fiume in piena. Il suo sforzo mentale di trovare qualcosa che potesse appagare la sete di conoscenza dell'Immortale era evidente, oltre che oltremodo divertente, e così l'Avatar lo lasciò andare avanti senza interruzioni. Apparteneva alla casata dei Nara - quindi era parente del Mizukage? - ed era di ritorno da una missione nel Paese del Vento.

    A quanto pareva, un'armata di qualche tipo si stava avvicinando ai confini sud-occidentali del paese e il Daimyio del vento aveva chiesto l'intervento di una forza congiunta per respingere la minaccia. Il Nara aveva preso parte alla missione, questo era evidente: con fare concitato narrò all'Immortale del rapimento di alcuni piccoli mortali e delle capacità di mutaforma di quei "Kijin", i guerrieri stranieri, che erano in grado di assumere l'aspetto di enormi scimmie. Jeral quasi rise. Gli pareva appropriato, pensandoci, che quei mortali traessero forza dal loro aspetto originale, tornando ad essere quello che erano sempre stati e che, in fondo, erano ancora. C'era anche di mezzo una illusione di qualche tipo, oltre che l'efferata crudeltà di questi invasori che - forse il biondino avrebbe potuto notarlo - non fece battere ciglio al Flagello, capace di azioni ben più crudeli di lasciare morire un bambino al sole.

    Il suo pensiero tornò per qualche istante al massacro che aveva compiuto al villaggio della Felce e, in particolare, alla piccola umana cui aveva spezzato il collo per dare vigore alla crescita del fratello maggiore, dotato di talento fuori dalla norma. Si chiese brevemente cosa stesse facendo quel moccioso in quel momento, se lo stesse già cercando o se avesse iniziato ad affilare le sue zanne per la caccia futura. Si augurò caldamente la seconda ipotesi. Non aveva pazienza con gli sciocchi.

    Fece un passo avanti. Non sapeva i motivi per cui il Nara sospettava una connessione tra i Kijin ed il Villaggio del Fulmine, che era ad una distanza considerevole dal punto di arrivo degli invasori. Certo, questo sarebbe stato il primo pensiero di tutti e che, quindi, nel caso, sarebbe servito a scagionare chiunque vi fosse dietro, se veramente un ninja di Kumo. Per quella vicenda, però, Jeral aveva soltanto un moderato interesse. In fondo, aveva già lasciato un segno considerevole in quelle terre quando aveva liberato il Demone a Quattro Code nel deserto dell'Anauroch. Chissà come si stava divertendo in quel periodo lo scimmione dal pelo vermiglio.

    Un altro passo in avanti, ma il Nara continuò a parlare. La sua fame di vita era evidente. Iniziò a parlare della Foglia, il suo villaggio natio. A quanto pareva, concluse Jeral osservandolo senza una parola, per quel ninja non c'era nulla di più importante della sopravvivenza. Una mentalità con cui poteva dirsi d'accordo, dalla prospettiva di un mortale. Dopotutto, una volta raggiunto il nero che egli non avrebbe mai assaggiato, nulla avrebbe potuto più potuto aiutare chiunque. O forse sì? Un campanello lontano risuonò dalla nebbia di ricordi ai lati della sua coscienza, trasmettendogli un'esperienza passata. Edo Tensei. I morti potevano, in un modo o nell'altro, tornare a calcare la terra. Il Flagello allontanò l'immagine con un sorriso. Non avrebbe mai avuto bisogno di servirsi di un'arte simile, nè - immaginava - tale arte sarebbe mai venuta in contatto con il piccolo Nara che aveva davanti.

    Um terzo passo in avanti, e il biondino gli parlò di un'esperienza che il Flagello aveva vissuto in prima persona, anche se all'insaputa dei più: l'assalto della Foglia da parte della branca ribelle di Hayate e il coinvolgimento, in tale atto, del Demone a Cinque Code. Purtroppo, in quell'occasione, l'intervento del Quarto Re gli aveva impedito di arrivare in tempo per liberare il Demone e godersi la distruzione nel centro del villaggio, e così quei due idioti che aveva visto dall'alto - quel Raizen e un altro Uchiha - erano riusciti a impedire che le cose divenissero divertenti. In più, complice un Hokage assente, secondo il Nara i due avrebbero presto sfruttato l'ondata di popolarità che tale piccolezza aveva causato per consolidare il loro status.

    « Ridicolo. », commentò il Flagello, con voce incolore.

    Scattò in avanti a destra e poi a sinistra, con l'intenzione di disorientare il biondino ed impedirgli di seguire i suoi movimenti. Un terzo scatto, persino più rapido degli altri, lo portò esattamente dietro la schiena del Nara [VEL:Viola+3]. Da lì, la mancina di Jeral tentò di artigliare con forza il braccio sinistro - l'unico ancora servibile - della sua preda, portandolo dietro la sua schiena in una mossa di sottomissione. Allo stesso tempo, un colpo di ginocchio ad entrambe le ginocchia dell'altro lo avrebbe, con tutta probabilità, portato sulle sue ginocchia, rendendolo quindi incapace di muoversi e di reagire a causa della presa di sottomissione al braccio sinistro.



    « Da oggi, il tuo orgoglio mi appartiene. », sancì.

    Sollevò la mano destra, che improvvisamente impugnava un lungo coltello, calò sulla fronte del Nara. La punta del pugnale incise la carne con precisione, penetrando nella carne senza delicatezza per alcuni centimetri. Poi, senza dare ascolto a gridi o suppliche, Jeral mosse la mano con deliberata lentezza, infrangendo l'integrità della cute e creando un solco sanguinolento nelle fattezze del biondino. Per qualche motivo, gli sembrava di avere già compiuto quel gesto, anche se non ne aveva memoria. La sua mano si mosse senza esitazione, muovendosi come se avesse conosciuto il disegno finale da sempre.

    In due sanguinosi minuti, l'opera era compiuta. Lavato dalla pioggia corrente, nel bel mezzo della fronte del Nara si trovava uno sfregio che non lo avrebbe mai abbandonato. Il simbolo della sottomissione per eccellenza, come quell'incontro aveva testimoniato.

    Il marchio era su di lui.



    Ua volta terminato, rilasciò la presa di sottomissione al braccio, restituendogli per il momento la libertà.

    « Ora sparisci. La prossima volta che rivedrò quel marchio farai bene a potermi offrire qualcosa di più, perché non ce ne sarà un secondo. »

    OFF GAME

    Naturalmente le mie azioni offensive sono ipotetiche e sei libero di reagire, interrompendole con le tue, come e quando preferisci :zxc:

     
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    Difficilmente avrei mai immaginato il verso preso dal mio destino. Mentre parlavo vidi la figura incappucciata avvicinarsi a me. Il primo passò bastò a farmi tornare alla mente i ricordi felici della mia infanzia, era evidente che il ridursi della distanza non portava nulla di buono. Il secondo passo in avanti di Jeral mi fece correre un lungo brivido lungo la schiena. D'istinto portai la mancina lungo il fianco, come se in qualche modo avrebbe potuto aiutarmi nel difendermi. Era strano e quasi ridicolo come i gesti incondizionati del corpo a poco possano servire in situazioni di disparità tale come questa. Quando fu lui a pronunciar parola fu come una sentenza di morte. Le mie parole si bloccarono in attesa di chissà quale rapido movimento inevitabile. Non ebbi nemmeno il tempo di pensare a chissà a niente che lui cominciò a zigzagare davanti a me, per poi comparire alle mie spalle.
    D'istinto provai a muovermi, ma non ebbi l'effettivo tempo di accorgermi della presa al braccio che la sua ginocchiata mi aveva già colpito. Per la mia intera esistenza mi ero mosso pensando sempre e solo di cavarmela con il cervello, ma in situazioni di questo genere era evidente come tutto ciò non sarebbe potuto servire a nulla.
    Mi ritrovai a terra, con le ginocchia nel terreno bagnato e la fronte rivolta al cielo. Il cappuccio aveva lasciato il mio viso indifeso dalla pioggia da tempo, ed in questa posizione le gocce d'acqua mi colpivano gli occhi come proiettili. Nonostante ciò osservai con gli occhi sbarrati il coltello impugnato da Jeral mentre si alzava al cielo.
    Paradossalmente dalla mia posizione il coltello arrivò a stagliarsi contro la luna nel punto di massima altezza, dove stazionò qualche istante. Un'immagine di per sè divertente, sarebbe stato un logo da ricordare. Il mio cuore si fermò per un'attimo quando vidi il coltello scattare nuovamente verso la mia fronte.


    Addio mondo crudele.

    Pensai in quei pochi istanti. Ma la lama non si conficcò nel mio cranio, incredibilmente si accontentò di penetrare nella pelle della mia fronte per qualche millimetro. Terribile fu invece la durata di questa dannata tortura. Tutto avrei potuto immaginare, anzi, dopo le terribili modalità di morte narrate dalla figura incappucciata poco prima mai avrei pensato di ritrovarmi ad essere usato come una tela. Ed invece sembrava che stesse componendo chissà quale dannato simbolo o disegno. Per me che ero di Konoha le sue parole riguardo l'orgoglio avrebbero dovuto darmi un indizio e portarmi sulla strada giusta. Ma il dolore era comunque molto forte, ed in questo momento non mi sembrava il caso di ripercorrere le strade delle diverse casate per individuare in quale disegno si stesse cimentando.
    Riuscì a non urlare, ma per quanto potessi sforzarmi non riuscì a non cercare di divincolarmi e non riuscì nemmeno a trattenere diversi gemiti di dolore. Continuai ad osservare questa scena paradossale per i due lunghissimi minuti in cui ebbe esecuzione il disegno, non discostando mai lo sguardo da quello scintillante della figura che mi ritrovavo davanti. Siccome lo osservavo dal basso al momento riuscivo ad intravedere meglio i suoi tratti del viso, ma più che altro riuscivo a vedere meglio i suoi occhi. Guardai attentamente quegli occhi finchè i primi rigoli di sangue che provenivano dall'incisione della fronte non mi finirono negli occhi, costringendomi a chiuderli, subendo quello sfregio in una sorta di buio. La fronte pulsava, ed alla fine dell'opera sentivo parecchio sangue scorrermi sul viso. Appena la presa ebbe fine crollai per un attimo a terra, reggendomi solo sul braccio sano, mentre il destro rimaneva quasi inerte penzoloni. Il sangue gocciolava direttamente per terra, ed ebbi nuovamente modo di aprire gli occhi.
    Da quella posizione non potevo osservare altro che le scarpe ed un tratto delle caviglie del bastardo che mi aveva sfregiato.
    Udì le parole con cui concluse l'incontro, dandomi la possibilità di allontanarmi.
    Non ero in grado di particolari pensieri al momento. Non sapevo cosa fosse stato inciso sulla mia fronte, ma indubbiamente si trattava di una sorta di strupro psicologico non da poco. Al momento l'idea di viaggiare verso Kumo in solitaria sembrava molto meno arguta ed azzeccata di quando ero uscito di casa pochi giorni prima.
    Mi alzai dolorante e goffamente, d'altronde la ferita alla testa e la contestuale perdita di sangue mi provocava sia un forte senso di nausea che un giramento di testa difficile da gestire. Il battito cardiaco era molto alto, e sicuramente l'adrenalina si stava velocemente diffondendo in tutto il corpo. Tra qualche decina di minuti il dolore sarebbe aumentato parecchio, ma ciò non era rilevante, ciò che contava era trovare un riparo, ora che la figura incappucciata mi aveva dato la possibilità di fuggire.
    Non dissi nemmeno una parola, appena sentì di nuovo il terreno sotto i piedi alzai per l'ultima volta il viso sporco e grondante di sangue per guardare colui che si era portato via un pezzo della mia fronte, poi, senza esitazione ripresi la strada che stavo percorrendo, scattai veloce in avanti, nei limiti che il mio corpo e mia situazione mentale attuale permettevano.
    Mi lasciai alle spalle l'incappucciato, sperando non cambiasse idea. Trovarmi sarebbe stato sin troppo facile, la mia fronte perdeva sangue lasciando una facile traccia da seguire.
    Per i primi dieci minuti corsi senza pensieri, il più veloce possibile, quasi senza guardarmi attorno. Poi il mio corpo cedette e mi dovetti fermare. I battiti erano ancora altissimi, sia per la paura che per lo sforzo ed il dolore. Appoggiato con il braccio sinistro ad un albero vomitai tutto il contenuto del mio corpo, ed i conati continuarono anche una volta vuoto, quelli erano generalmente i più dolorosi.


    Che giornata di merda. Devo trovare asilo..

    Nella strada che avevo percorso non avevo incontrato baracche ne altro, nessun luogo dove riposare, quindi avrei continuato a cercare un qualsiasi luogo anche abbandonato in cui potermi stendere e riposare, ma prima di ripartire strappai parte della mia tunica per ricreare una fascia da legare alla fronte. Un po' per fermare il sanguinamento, un po' per evitare di seminare tracce di sangue lungo il percorso. Ero sopravvissuto a questo stronzo, ma niente poteva negare che non ce ne fossero altri. Continuai a tenere il braccio rotto con l'altra mano, cercando di attutire le scosse dovute ai miei movimenti finchè non incappai in una capanna in mezzo agli alberi. Era totalmente buia. Mi avvicinai senza dar tropo di conto alle buone maniere, con un calcione aprì la porta, e constatai con grande gioia la totale assenza di altre forme di vita. In compenso c'erano un po' di attrezzi vari e nessun materasso per dormire.


    Sarebbe stato troppo semplice.

    Senza dover rovistare nemmeno molto trovai una sorta di stecca di legno, che legai al braccio rotto per fare una sorta di fasciatura e tenerlo il più dritto possibile. Il braccio faceva un male cane, e mentre lo fasciavo mi ritrovai più di una volta a stringere i denti. La fronte pulsava, ma la benda sembrava aver rallentato il sanguinamento, ed anche se avevo perso parecchio sangue mi sentivo ancora abbastanza cosciente. Li per li non avevo strumenti nè per constatare adeguatamente il danno, nè per medicarmi. Mi stesi per terra con delicatezza, e come toccai terra con la testa mi addormentai. Il giorno dopo avrei avuto il mio da pensare.
     
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    L'Avatar si gustò il lieve ticchettio delle gocce di sangue che, cadendo dalla lama affilata, si mescolavano alla pioggia e macchiavano di cremisi il terreno. Osservò il piccolo ninja di Konoha trattenere le grida che gli sorgevano in gola, mentre il coltello incideva la carne senza alcuna pietà. Se non altro aveva cervello: aveva capito che mostrarsi eccessivamente debole di fronte all'Immortale avrebbe significato il calare del sipario finale. Alla fine della sua opera, osservò soddisfatto il risultato, che da quel momento in poi avrebbe infestato i giorni e le notti dello shinobi dai capelli biondi. Forse quella visione lo avrebbe spronato a cercare il potere, forse lo avrebbe reso più prudente nei suoi spostamenti. O forse, chissà, lo avrebbe un giorno spinto a cercare il Flagello per ottenere vendetta.

    Gli eventi di quella sera non erano che un altro tassello del piccolo gioco che l'Avatar si stava costruendo per i giorni senza fine che lo attendevano, fino alla fine dell'eternità. Schiacciare vendicatori, come quel Nara o il ragazzino del Culto della Felce, sarebbe stato un piacevole passatempo. Avrebbe solo dovuto attendere qualche tempo, probabilmente anni interi, ma per lui non era un problema: ne aveva una riserva inesauribile.

    « ... »

    Osservò il ragazzino barcollare in avanti, sorreggendosi sull'unico braccio servibile, e infine alzarsi dalla scena della sua mutilazione. Saggiamente, il Nara non disse nulla. Si limitò a fare qualche passo indeciso in avanti, poco stabile sulle proprie gambe, e poi iniziò a correre senza guardarsi indietro, conscio del fatto che - a prescindere dal fatto che avesse la guardia alzata o meno - lo sconosciuto dagli occhi scintillanti avrebbe potuto finirlo in qualsiasi momento, se così avesse voluto.



    « Alla prossima, Near Nara!Inglorious Basterds (2009), by Quentin Tarantino

    au-revoir-2

    Hans Landa: Au revoire, Shoshanna!
    »


    L'Immortale ridacchiò.

    Era stato un passatempo divertente. Quando vide il ragazzino scomparire tra le fronde degli alberi mossi dalla pioggia e dal vento, anch'egli si mosse. La meta del Nara, aveva detto, era Kumo. La sua era differente: doveva procedere a nord, verso il picco roccioso più alto del distretto di Izumi. Lì avrebbe incontrato la Serpe e avrebbe dato inizio a quel terzo capitolo del cammino dispensatore di morte e distruzione che aveva intrapreso settimane addietro.

    Uno sfarfallio di scintille incandescenti segnò la sua scomparsa da quella radura flagellata dal cielo nero.
     
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    Sentire nuovamente la voce dell'incappucciato mentre mi allontanavo correndo mi provocò un'ulteriore lungo e doloroso brivido nella schiena. Difficile a credersi, ma ne ero uscito vivo, male, ma vivo.


    . . .
    Nella baracca



    Vaffanculo cazzo che male!

    Il risveglio non poteva certo essere sereno come al solito. Ero abituato a risvegliarmi con un libro a coprirmi gli occhi dal sole, classica prova delle innumerevoli volte in cui mi addormentavo leggendo. Questa volta invece mi ritrovavo attaccato al suolo, con il braccio rotto che pulsava tremendamente, lasciando che il dolore si propagasse per l'intero corpo, generando forti fitte persino alla testa. Testa che anch'essa aveva i suoi problemi. La ferita sulla fronte era stata solamente fasciata e priva di medicazione alcuna mi preoccupava terribilmente. Avrei voluto poter dormire ancora, e svegliarmi solo quando tutto questo schifo sarebbe passato, ma poi mi resi conto di quanto poco avessi da lamentarmi. Ero vivo, e me l'ero cavata anche con poco. Difficilmente mi sarebbe potuto andare meglio l'incontro con quella bestia di satana che avevo incontrato. Questo sarebbe stato un'importante insegnamento per il mio futuro. La curiosità è importante, ma un morto generalmente non può essere curioso. Avrei imparato ad adottare strategia di trasporto ben pi sicure.

    Con dolore e fatica mi alzai, il braccio dondolava quasi inerte lungo il corpo, e il movimento brusco fatto per tirarmi in avanti mi provocò un forte giramento di testa.


    Devo aver perso molto sangue.

    Aprì la porta della baracca, lasciando penetrare nell'ambiente oscuro i forti raggi del sole. Impiegai qualche attimo ad abituarmi alla luce del giorno, poi, appena constatai di riuscire a camminare senza troppi problemi mi incamminai lungo la strada seguita il giorno prima. Era troppo tempo che non incontravo alcun genere di zona abitata, e prima o dopo avrei dovuto finirci dentro. Inoltre una baracca nel nulla non sarebbe servita a nessuno, doveva per forza esserci qualche genere di zona abitata nei dintorni. Non pretendevo un centro medico, ma qualche vecchia mi avrebbe saputo aiutare. Una madre è abituata a curare le ferite dei figli, e le ferite che portavo non necessitavano di cure particolari.
    Impiegai diverse ore di cammino prima di trovare finalmente una zona abitata. Non si poteva nemmeno chiamare paese, saranno state sette case l'una vicina all'altra, tutte attorno ad un pozzo d'acqua. Probabilmente era l'unica cosa che legava gli abitanti di quelle case. Mi avvicinai piano, supplicando nella mia mente che nessuno di quegli uomini avrebbe avuto la voglia di cacciarmi per paura fossi un invasore.
    Invece, il mio desidero più segreto si avverò, da una di quella case uscì una donna abbastanza giovane con un camice bianco e dei guanti. Mi guardò per un attimo. Tenevo ancora il braccio rotto con la mancina, e le vesti zuppe di sangue indicavano la brutta giornata che avevo passato.


    Immagino che anche lei abbia avuto problemi con l'orso nella foresta questa notte. Voi avventori siete degli imbecilli, vi avventurate nella foresta senza conoscerne i pericoli. E pieno di orsi che vi maciullano, e voi siete tutti così imbecilli da cascarci ogni volta. Mi segua, imbecille numero 31.

    Guardai la donna con un'aria perplessa inizialmente, poi scoppiai in una risata. Mentre parlava si erano affacciati diversi uomini dalle finestre della case, in ognuno era facile vedere una benda. Chi su un occhio, altri sulle braccia. Non avrei avuto bisogno di un alibi con loro per giustificare le ferite. DIscorso diverso per la dottoressa. Mi fece accomodare in una sorta di ambulatorio improvvisato al piano terra, e subito sostituì la fasciatura del braccio rotto. Mi lanciò uno strano sguardo mentre mi bendava.


    Non ho mai visto orsi rompere le braccia in maniera così precisa.

    Il mio alibi sarebbe crollato immediatamente nei suoi confronti. Non sapevo cosa diavolo avessi in fronte, ma sicuramente un medico avrebbe capito che a farlo non era stato un orso. Avevo vissuto quei momenti con angoscia, e non immaginavo il simbolo inciso sulle mie carni, ma ero certo fosse qualcosa di netto, e non dei semplici tagli casuali. Appena mi tolse le bende rimase basita, e vidi che tratteneva con decisione un conato di vomito.

    Abbassai lo sguardo con grande tristezza, d'ora in avanti sarebbe stata quella la reazione di coloro che mi avrebbero visto ? Non disse nulla riguardo l'alibi. Il suo mestiere comportava la riservatezza, e sapeva bene che anche se avesse fatto domande io non avrei risposto con sincerità. Quando ebbe finito di pulire la ferita sulla fronte dal sangue incrostato e applicato le prime dolorosissime medicazioni decise di rendermi partecipe dello scempio. Aveva chiaramente capito che nemmeno io sapevo di cosa ero stato vittima. Prese uno specchio e me lo porse, dopodichè uscì dalla stanza, lasciandomi solo con me stesso.


    Il grande passo.

    Pensai mentre cercavo la forza di osservare la mia fronte. Da una parte non ne ero molto invogliato, dall'altra era necessario sapere. Mi feci forza e sollevai lo specchietto, mettendo ben in mostra la mia fronte. Rimasi a bocca aperta, riconoscendo immediatamente il simbolo Hyuga.


    Ecco cosa centrava l'orgoglio.

    Le storie sul significato di quel simbolo si sprecano. Ben le conoscevo, ero un abitante di Konoha, e sicuramente un ex abitante di konoha, ora traditore mi aveva impresso questa fantastico regalo. Non era tanto la perdita della bellezza a costarmi caro, era effettivamente parte del mio orgoglio ad essersene andato con la poca pelle che quell'uomo mi aveva privato, lasciando quei dannati fossati nella mia fronte. Ebbi il tempo di piangere le mie lacrime, poi la donna rientrò, e con molta discrezionalità mi fece una nuova fasciatura.


    Lasci le bende li per dieci giorni... Poi, faccia lei.

    Uscì dalla stanza per sempre questa volta. Era chiaro che per me non c'era posto assieme agli altri ospiti di questa sorta di ospedale da campo. D'altra parte, d'oggi in avanti non sarebbero stati gli orsi ad abitare i miei incubi.
     
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11 replies since 5/7/2015, 13:45   259 views
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