La Festa della Fondazione

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  1. Arashi Hime
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    Y Danone
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    MEET (AGAIN!)

    I cannot even imagine where I would be today were it not for that handful of friends who have given me a heart full of joy.
    Let's face it, friends make life a lot more fun.




    Si narravano molte storie sul Clan Kobayashi, i Principi del Fuoco.
    Si diceva che fossero stati benedetti dagli Dei, che avevano offerto a quegli uomini dal futuro radioso una fortuna inesauribile e un intelletto senza paragoni per farla fruttare. Si diceva anche che, ascoltando le preghiere di quei protetti, osteggiati nel loro destino da umani ottusi ed invidiosi, gli Dei avessero issato le loro stesse ombre e creato Kumori capaci di proteggerne la vita e il cammino...
    …ma erano fiabe, quelle, niente più di storie per curiosi. Così sembrava, almeno.
    Nella loro grande ricchezza, dopotutto, i Kobayashi erano persone semplici. Cresciuti nell'umiltà di un'intelligenza rara e forti della gentilezza che si presupponeva dovesse appartenere al potente, i membri dell'Airone seguivano il codice d'onore del Nobile del Fuoco, e come il Fuoco ardevano e brillavano senza mai offuscarsi. Era per quel motivo che si erano presentati alla Festa della Fondazione senza nessuna scorta degna di nota: erano nuovi incontri quelli che cercavano. E in questo furono presto accontentati.

    «Itai...?»



    Avrebbe riconosciuto quella voce tra centinaia, e non tanto perché ne era grandemente affezionata, quanto piuttosto perché sentirla le ricordava che doveva ancora al suo proprietario un calcio negli stinchi. E Shizuka Kobayashi, la bella Principessa di Konoha, erede del carattere di sua madre, non scordava mai un debito di quel genere.
    «Guarda se non è proprio BakI–...ah eh, Itai Nara!» Esclamò la ragazza, sorridendo raggiante in direzione dell'uomo che le si stava avvicinando assieme ad una bellissima donna e tre adorabili bambine. Pronunciare quel nome bastò per far voltare i suoi genitori, stupiti, e per indurre nella gente che si trovava ancora lì ferma a guardare, un mormorio di eccitazione senza pari. Niente di cui stupirsi, quell'uomo era pur sempre il benvoluto e laborioso Mizukage –uno dei potenti pilastri su cui si basava l'Allanza che proprio quel giorno era festeggiata– e la trepidazione entusiasta che tutti si lasciarono sfuggire, di due none più alta rispetto a prima, lo ricordò a chi pareva non rammentarlo. «E' da quel giorno a Konoha che non ti vedo! Che coincidenza!» E senza pensarci un istante la giovane andò incontro all'interlocutore, sulla cui spalla batté una mano allegramente.
    Vestita di un kimono di broccato di seta color dell'oro, con un obi scarlatto intrecciato di perle vere che da solo sarebbe valso centinaia di Ryo, Shizuka sarebbe apparsa agli occhi dei nuovi arrivati ben diversa dalla kunoichi che rispondeva al dovere di Konohagakure: a suo agio persino su geta laccati alti quattro dita, con la schiena dritta di chi aveva ricevuto un'educazione ben severa e il portamento elegante che si supponeva dovesse appartenere ad una vera Principessa, Shizuka si muoveva infatti con una leggiadria rara da vedere, senza però perdere la spontaneità tipica del suo carattere, che si manifestò in un'espressione di sincera felicità nel vedere il biondo di Kiri il quale, ricordandole l'educazione che lei sembrava aver messo da parte, le presentò la moglie e le figlie, le quali, proprio come aveva sempre immaginato da quel giorno in cui aveva visto le carte illustrate di Atasuke, erano belle oltre ogni misura.
    «E' un onore e un piacere poter fare la vostra conoscenza, Lady Ayame.» Disse Shizuka Kobayashi, sorridendo con dolcezza mentre si inchinava con profondo rispetto. Gli ornamenti di puro oro zecchino intrecciati tra i suoi lunghissimi e lisci capelli castani suonarono come campanelli, scivolando in una cascata di fronte al viso di lei. «Non abbiamo avuto modo di presentarci come sarebbe convenuto quando avete onorato il mio Villaggio della vostra presenza, ne sono rimasta oltremodo rammaricata, ma spero che oggi potremo essere benedetti dagli Dei con un piacevole incontro.» Continuò, riportandosi in eretta postura prima di voltarsi alle ragazzine. «...E buonasera anche a voi chiisai-himetachi, sono lieta di potervi finalmente incontrare.» E così dicendo si inchinò un'altra volta a quelle che aveva chiamato “Piccole Principesse”, riservando loro lo stesso rispetto che aveva avuto per i genitori. Solo su Yogan esitò con lo sguardo per qualche istante in più, non riuscendo a trattenere un'espressione scioccamente ammirata. «Yogan-sama, hisashiburi dana...» Mormorò, entusiasta. Non aveva mai visto la forma umana di lei, ma come ci si poteva aspettare da chi ha il Fuoco nelle vene, non poté che trovarla assolutamente bellissima. Anche troppo, in effetti.
    Voltandosi verso Itai, a cui finalmente concesse la sua piena attenzione, la Chunin di Konoha sorrise, reclinando leggermente la testa di lato mentre con la bocca andava a mimare una parola muta: “LOLICON” insinuando con una certa malizia che l'aspetto di Yogan potesse dipendere dalle tristi preferenze del suo padrone. Facendo l'occhiolino al Kage, la ragazza ghignò ironica e finalmente, nella sua rappresentazione della perfetta Principessa, fece capolino l'irriverente allieva di Raizen Ikigami, che si diceva avesse assorbito dal suo maestro il peggio del carattere di lui. E cioè tutto.
    ...E fu proprio Raizen Ikigami, l'Hokage, quello che la Principessa si ritrovò praticamente davanti quando si girò per introdurre suo padre, sua madre e gli Aoki ad Itai e la sua famiglia.
    Spalancando gli occhi e la bocca, la kunoichi sentì tutti i capelli drizzarsi sulla testa nel vedere l'abbigliamento del Capo del suo Villaggio, e fece appena in tempo a ringhiargli un: «Fermo dove sei, ricrescita! Come diavolo ti sei vestito oggi, al buio?!» che il Colosso si era già dileguato muovendosi tutto come se avesse assunto stupefacenti. Era troppo scoordinato e grezzo per poter imitare degli eleganti suonatori di Taiko, e del resto Shizuka era troppo allibita per capire che il suo maestro si era messo a fare il mimo ad una festa a cui era certa non si sarebbe presentato (nonostante tutti i biglietti che aveva appiccicato in ogni antro della sua casa per ricordarglielo).
    Rimanendo un attimo immobile, la Principessa di Konoha affilò lo sguardo in direzione del punto in cui la sua Volpe si era dileguata e suo malgrado spezzò a metà il ventaglio che stringeva nella mano destra: Ah, maledetto –pensò, furiosa– per cosa diavolo si stava impegnando tanto, così da ripristinare la sua immagine, se andava in giro in divisa persino ad un evento politico?! Gli Inferi lo accogliessero!
    «Gli darò una bella lezione appena torneremo.» Ringhiò allora la Principessa, con occhi dardeggianti di collera.
    «...A chi?»
    «A RAIZEN!»
    Tuonò lei, sbattendo a terra il suo ventaglio rotto. «Perché maledizione non mi...dà mai...» Continuò, voltandosi di scatto e sentendo a quel punto la sua voce strozzarsi lentamente in un fischietto. «...r-retta...»
    Heiko Uchiha era di fronte a lei, di una bellezza soverchiante persino con indosso quel sorriso agghiacciante che le aveva cristallizzato l'espressione in una maschera di furia sorda. Un passo dietro, Toshiro Kobayashi stava scuotendo violentemente la testa a destra e a sinistra, mimando silenzio con un indice di fronte alla bocca. Ma era troppo tardi.
    «Ooh? Quindi pensavi di dare “una bella lezione” al nostro Hokage? E come, di grazia?» Cinguettò la Matrona sotto lo sguardo impietrito di Shizuka che sperava bene di non vedere le iridi della madre assumere un preoccupante colorito rossastro.
    «Shizuka, tesoro mio, perché non ci presenti i tuoi stimabili conoscenti? Che ne pensi, mh?» Esclamò allora il Capoclan dell'Airone, intervenendo a tappare gli occhi della moglie con cui iniziò poi a ballare sul posto, seguendo il ritmo dei Taiko, così da interrompere sul nascere la frase di lei -che sembrava fosse iniziata con: “Stolta ragazzina, vedrai i mostri quando...”- e riscuotere anche un certo consenso dalla gente, che parve entusiasta di quell'inscenata.
    A dispetto di quanto potente fosse, sembrava proprio che Toshiro Kobayashi, fuori dagli impegni ufficiali, fosse la persona più allegra e spensierata del creato –giacché, viste le espressioni rassegnate delle tre figure vestite di nero che chiudevano in un triangolo di sicurezza gli esponenti di Prima Linea, quello non sembrava un comportamento inusuale– e sua figlia, cogliendo l'attimo, si girò velocemente verso la famiglia di Itai.
    «Perdonate la mia maleducazione, vorrei presentarvi i miei genitori: Toshiro Kobayashi, nono Capoclan della Dinastia dell'Airone, il mio amato padre.» Disse, mentre l'affascinante mercante sorrideva in loro direzione (un'espressione che durò fintanto che il gomito della moglie non impattò contro il suo stomaco, fingendosi un passo di danza un pò goffo, e inducendo così il pover'uomo a lasciarla andare, cosicché lei potesse sistemarsi i capelli e il kimono prima di essere presentata). «Ed Heiko Kobayashi, Mononoke di Konoha, mia stimata madre.» Continuò Shizuka, sudando nel vedere suo padre che si manteneva in piedi, composto e impeccabile, con uno sforzo al limite del leggendario. «Otou-sama, Okaa-sama, questo è Itai Nara, Mizukage di Kirigakure no Satou, mio fidato e sincero amico, assieme a sua moglie, Lady Ayame, e le sue adorabili figlie.»
    «E' un piacere fare la vostra conoscenza, Mizukage-sama.»
    Intervenne a quel punto Toshiro Kobayashi, dopo aver modulato la voce strozzata dal dolore, sorridendo e inchinandosi rispettosamente. E bastò incredibilmente solo quel gesto perché tutti, da Heiko alle tre figure vestite di nero, facessero altrettanto. «Lady Ayame.» Inchinò nuovamente la testa in direzione della moglie di lui. «Mia figlia parla molto di voi e della bellezza dell'odierna Kiri, e ho dunque sempre serbato il desiderio di potervi incontrare di persona. Purtroppo le mie visite al Paese dell'Acqua sono diminuite. Attualmente i miei impegni mi tengono occupato presso il Fuoco, ma spero che ci sarà occasione anche in futuro, magari per un altro evento informale e piacevole come questo.» Disse cordiale, mettendo indirettamente subito in chiaro in che vesti intendeva affrontare quella celebrazione e dunque anche quell'incontro. Benché fosse infatti ovvio che la sua presenza, e quella della sua famiglia, fosse all'insegna della partecipazione politica, non intendeva affrontare tavoli di trattative. Era un padre e un marito, quel giorno, e sembrava più che intenzionato a godersi solo quei titoli.
    Ben lontano dai canoni aristocratici della gente del suo rango, il Capoclan dell'Airone si dimostrò dunque, come aveva già lasciato intendere, una persona profondamente semplice e cordiale: educato ma non rigido, ossequioso ma non adulatore; quello che esprimeva era una forte ed intrigante personalità ricca di un'intelligenza raffinata che risedeva in velature di linguaggio ed espressioni eloquenti tutte da scoprire, eppur tuttavia mai invadenti, mai aggressive. Dopotutto erano la gentilezza e l'equilibrio la chiave per tutto. Era questo il primo insegnamento di un Kobayashi.

    «Volete delle caramelle?»



    Shizuka nel mentre si era accucciata a terra, di fronte a Jukyu, Nana e Yogan, a cui sorrideva beata come se si trovasse ad ammirare qualcosa di profondamente adorabile.
    Aprendo la sua borsa di broccato, la ragazza –forte di quel genere di sicurezza prettamente femminile per cui lo spazio si dilata nella borsa di una donna, capace di accogliere tanto uno specchietto per il trucco quanto armi di distruzione di massa– estrasse una manciata di caramelle alla frutta avvolte in carte colorate, poi, corrugando la fronte e cercando meglio, ne estrasse persino due strisce di carne secca essiccata, che porse a Yogan con aria trionfale prima di tendere le sue mani unite verso le gemelline. Niente di cui stupirsi, l'appetito di Shizuka Kobayashi era del resto proverbiale... come comprovavano i suoi fianchi morbidi e il seno generoso.
    «Quelle alla fragola secondo me sono più buone.» Confidò segretamente. No, non si stava sforzando di mettersi al livello delle bambine, le veniva tristemente spontaneo. «Sentitevi libere di prenderne quante desidera–...» Ma le parole le si ruppero in bocca, coperte da un rumore inaudito.

    [...] Fu invero uno svolgimento d'azione molto rapido.
    Ancora accucciata a terra la Principessa della Foglia ebbe infatti appena il tempo di girare la testa quel tanto che bastò per vedere un uomo enorme roboare verso la sua direzione, che un'altra figura, una sorta di lampo bianco e accecante, atterrò dall'alto sulla linea d'aria della massa umana in movimento, e in meno di un istante attivò chissà quale diavolo di tecnica per cui il suo braccio divenne enorme e fu ricoperto di elettricità.
    Dilatando le iridi la Chunin si accorse che, come sempre accadeva in quel genere di momenti, le azioni altrui si susseguivano ai suoi occhi a rallentatore [Riflessi 575]. Sentì chiaramente i suoi muscoli irrigidirsi e il suo corpo scattare rapido: in meno di un istante Shizuka afferrò per il bavero posteriore del loro yukata le due gemelle, e con un movimento fluido scivolò all'indietro di quattro passi, uscendo così dalla traiettoria sia del bianco che della montagna di muscoli, sulla quale si rese conto a quel punto c'era una bambina, senza creare disordini o agitazione.
    «A ben pensarci...» Esclamò la Principessa, lanciando letteralmente in braccio a Itai le due piccole, come se quello fosse un gioco pensato sul momento. «...perché accontentarci di quelle poche caramelle quando possiamo mangiarci l'intera bancarella dello zucchero filato?» Disse con un enorme sorriso, facendo l'occhiolino alle bambine, che sembrava intenzionata a non voler turbare minimamente. Detto questo si voltò poi verso il bianco e l'uomo gigante ormai ad un passo da loro, lì dove Yogan stava seguendo la scena ancora immobile, per nulla timorata dall'avvicendarsi della faccenda come del resto non poteva esserlo un drago di quaranta metri.
    «Ah, sei arrivato finalmente, quasi non ci speravo più!» Tuonò Shizuka, superando la dragonessa e tentando di afferrare per un braccio il ragazzo dai capelli argentei e il (brutto, anzi, bruttissimo e per giunta tamarro) kimono bianco, con la speranza di attrarlo a sé con uno scossone ed evitare dunque qualsiasi impatto tra lui e le due figure in movimento. «Se pensi di fare colpo lasciandoti aspettare e facendo poi tutte queste scene ti sbagli di grosso, lo spettacolo inizierà più tardi, non rivelare al pubblico i dettagli salienti del racconto recitato della “Conquista dell'Alleanza”...scemo!» Urlò a voce abbastanza alta e teatrale perché tutti, tra i presenti ancora fissi a guardare la scena -e a quel punto sollevati dal sapere che quella era solo l'anteprima dello spettacolo della sera- potessero sentire. «Yogan-sama, vuoi far vedere tu ai due...» Disse indicando le improbabili figure ancora in corsa. «...dove potersi fermare? Non vorrei davvero che urtassero qualcuno e si facessero male.» Spiegò rapidamente. «Ma niente fuoco.» Aggiunse strozzata, giusto per scrupolo. Yogan non sembrava felice di quella situazione, e Shizuka non sapeva cosa questo potesse comportare. Non che pensasse di avere il diritto di dare ordini ad un drago (figurarsi ad uno non suo), ma aveva già sperimentato cosa significasse scatenare il caos in mezzo ad un così folto pubblico e non intendeva rinfrescarsi la memoria così presto.
    «Sei fortunato, sono in pochi a poter essere così attesi dalla Principessa dei Kobayashi, amico mio!» Affermò a voce alta Shizuka, sorridendo e affilando lo sguardo. «...E' una vita che non ti vedo!» Recitò ancora, gioiosa, tentando poi di abbracciare il ragazzo dal kimono yakuza con dolcezza ostentata. «Facciamo in modo che non sia anche l'ultima. Non scateniamo il panico. Tienimi il gioco.» Aggiunse in un sussurro, avvicinando la bocca all'orecchio dello Shinobi abbastanza perché le sue labbra sfiorassero il lobo di lui, rimandandogli un messaggio chiaro, che dal cervello sarebbe sarebbe sceso lungo tutta la spina dorsale: "siamo ad una festa, amico. I fulmini e le saette rimandiamoli a dopo".
     
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96 replies since 7/8/2015, 18:11   3430 views
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