La Festa della Fondazione

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1. Arashi Hime
        Like  
     
    .
    Avatar

    Group
    Y Danone
    Posts
    8,529
    Reputation
    +561

    Status
    Anonymous


    PROBLEMS

    We cannot solve our problems with the same thinking we used when we created them.




    C'era troppa gente che li circondava. E di questo, Shizuka Kobayashi, non fu affatto lieta.
    Sapeva che sarebbe finita così anche quella volta, era del resto impossibile per lei e la sua famiglia presenziare in veste ufficiale ad un evento di quella portata senza attirare tutta quell'attenzione, ma al contrario di sua madre e suo padre, che come Signori della loro Dinastia vivevano di quegli sguardi e in essi risplendevano sempre più, lei avrebbe preferito poter trascorrere un po' di tempo solo con le persone che amava, in pace, “normalmente” se possibile...
    «...Ohime-sama?» Chiamò piano la ragazza dai corti capelli rossi e gli occhi azzurri, piegandosi verso di lei con aria preoccupata. Il kimono completamente nero, accollato e stretto, rivelava di lei un fisico alto e snello, temprato da un addestramento che a nessuno era dato conoscere. Lei che era una Kumori, concepita e fatta nascere per il solo scopo di servire l'Erede del Fuoco, senza la quale la sua vita sarebbe stata solo ombra. E morte. «Vi sentite bene, Ojou?»
    «Troppa gente, Ritsuko.»
    Rispose la Principessa, offesa come una bambina, lanciando un'occhiata alla sua seconda che le si era affiancata strettamente e non l'aveva più distanziata dopo l'episodio del Gigante e la Bambina. «Avrei voluto rimanere un po' in pace con Otou-sama e Okaa-sama, e invece guarda qua quante attenzioni abbiamo addosso. Diplomazia e politica persino quando siamo ad un evento di piacere, non c'è mai tregua...» Si arrabbiò, alzando il mento in direzione della folla tra cui suo padre e sua madre avanzavano a piccoli passi e che continuava a guardarli con occhi sognanti, come del resto ci si poteva aspettare essendo al cospetto dei Principi del Fuoco. «Ora me ne vado, ecco cosa. Questa storia dell'essere così famosi e non poter mai agire indisturbati mi fa rimpiangere le missioni a Sunagakure. E ho già detto tutto.» Borbottò, corrucciandosi tutta.
    «Vi prego, Signorina, non costringetemi a fermarvi.» Rispose di rimando Ritsuko Aoki, sorridendo alla padrona in un preoccupante connubio tra freddezza e apprensione. «Come Principessa avete altri doveri oltre lo scorrazzare per il continente vestita in modo discutibile, rischiando puntualmente la vita e facendo cose che solo gli Dei sanno, ma che spero bene saranno in grado di perdonare –a voi e a me che vi permetto di agire– nel giorno dell'Ultimo Giudizio. Sapete bene che è necessario che vi mostriate sempre educata, elegante e–...» Ma la ramanzina della Kumori ebbe vita breve, come breve fu la voglia della sua Luce di ascoltarla giacché lei trasalì improvvisamente nell'udire una voce, e voltandosi di scatto sorrise raggiante in direzione di un ragazzo dai preoccupanti capelli bicolore (che gli Dei lo salvassero –pensò l'Aoki– era malato?) che le si stava avvicinando con una semplicità di modi che non poté che far rabbrividire la rossa.
    ...Cos'era quella mancanza di rispetto degenerata? Da quando dei volgari shinobi si potevano permettere di rivolgersi a quel modo alla Stirpe dell'Airone...? Non era bastato quel sudicio Nara, che si era permesso di parlare con strafottenza direttamente in faccia alla Matrona –un errore che gli era costato caro, ma che grazie all'intervento del Capoclan si era limitato ad un'occhiata agghiacciante e alla promessa di far presto visita al Capo dei Nara, giusto per disquisire dell'educazione dei membri del suo Clan– adesso era il turno di... chi? Chi diavolo era? L'arlecchino dell'accademia?
    Portandosi una mano alla bocca con ostentato e teatrale disgusto, Ritsuko Aoki cercò di non dire niente di inappropriato. Del resto, alle sue spalle, le occhiate incuriosite di Toshiro ed Heiko Kobayashi bastavano già a parlare anche per lei.
    «Akira!» Esclamò con gioia Shizuka, sorridendo in direzione del Kiriano. «Sentivo un certo tanfo di pesce marcio, ora capisco da cosa derivava... eri arrivato tu alla Festa!» Scherzò, mettendosi a braccia conserte prima di scoppiare a ridere. Dietro di lei però Heiko Uchiha perse di mano il ventaglio con cui copriva perennemente il suo viso in quel modo elitario e stizzito tipico della sua persona, rivelando così un'espressione talmente allibita che suo marito, fermo al suo fianco, dopo averle dato un'occhiata dovette trattenersi dal ridacchiare. «Ho incontrato giusto ora il tuo Boss con mogliettina e figlie a carico. C'è anche Yogan in versione Lolita, sai... evidentemente Itai ha questo genere di gusti, anche se lo nega. Lo hai già visto? Ci siamo separati da poco, è andato verso quelle bancarelle!» Disse la ragazza, indicando verso Est. A quel punto Heiko, strabuzzando gli occhi, si girò a guardare il marito, iniziando a lanciargli occhiate sconvolte e piene di panico. Era evidente infatti che ormai la figlia fosse divenuta matta, del resto nessuna nobile Principessa avrebbe mai parlato a quel modo con uno sconosciuto, mancando di tutta l'etichetta che si conveniva ad una donna del suo rango. Portandosi una mano alla fronte la Matrona per poco non cadde in terra; ma al suo fianco, per contro, Toshiro Kobayashi se la rideva di gusto, seguendo lo scambio di battute della sua bambina con quel tipo di entusiasmo curioso e indifferente che gli era proprio. «E' da un pezzo che non ci vediamo, che novità ci sono?» Domandò, socchiudendo gli occhi nell'ennesimo sorriso. «E per l'inchino, non ti preoccupare, sei ancora in tempo per stupirmi, sono una Principessa clemente, non temere...» Ostentò, scostandosi con teatralità una ciocca di capelli intrecciati di pendagli di puro oro. «Sentiti libero di iniziare quando più di aggrada...» Cinguettò, ma la recita durò poco e la ragazza si mise sommessamente a ridere scuotendo la testa. Sapeva bene cosa stava accadendo alle sue spalle e ritenne a quel punto di essersi divertita abbastanza.
    Sorridendo con dolcezza e scuotendo brevemente la testa nel guardare Akira come a voler chiedere lui comprensione, la Principessa si sarebbe dunque inchinata con rispetto ed eleganza, rispettando infine l'etichetta a cui era legata, lasciandolo poi andare per la sua strada e avendo allora modo di ritornare dalla sua stremata madre e il suo divertito padre, che le strizzò l'occhio alzando il pollice della mano destra in piena approvazione. A differenza della moglie, Toshiro era infatti sempre stato propenso a lasciar vivere alla figlia le esperienze che desiderava, instaurando le relazioni che più riteneva consone, purché lei avesse sempre avuto la coerenza e il rispetto di adempiere anche alla sua vita da Erede, un dovere a cui Shizuka non aveva mai mancato, con orgoglio e fierezza.
    «Un Genin di Kiri. E' stato mio compagno in missione.» Spiegò Shizuka, seguendo con gli occhi il punto in cui l'amico era sparito. «Akira Hozuki, del Clan Hozuki.»
    «Un Genin...»
    Gemette Heiko con voce rotta, alzando gli occhi al cielo e appoggiandosi al marito che sghinazzò stringendola tra le braccia. «Quante volte devo dirti di valutare le tue amicizie, Shizuka... un Jonin, almeno, ti prego... che beneficio puoi trarre da un–...»
    «Carino.»
    La interruppe però Toshiro, ammiccando alla figlia che lo guardò con occhi piatti. «Bei capelli, soprattutto.» Aggiunse, continuando ad ammiccare in un angosciante susseguirsi di smorfie facciali che lo fecero ben presto assomigliare ad uno storpio.
    «Hai finito?» Chiese Shizuka, fissamente. La voce era priva di flessione. «Perché devi commentare sempre ogni uomo con cui parlo?» Domandò, vacua.
    «Beh, stupida figliola.» Rispose Toshiro, portandosi una mano alla fronte con teatralità. Per tutta risposta sua moglie, privata di uno dei sostegni che la reggevano, cadde pesantemente a terra sotto lo sguardo dei tre Kumori, che trasalirono, facendosi tutti istantaneamente pallidi come cadaveri. Sanae Aoki si azzardò persino ad indietreggiare. «Sei giovane, ricca, bella e soprattutto sei figlia mia.» L'ultimo punto era inutile. «Ovviamente, come tuo padre, devo preoccuparmi di questo genere di cose. Capisci, prima che tu possa tornare a casa con chissà quale sconveniente partito.» Spiegò, gesticolando animatamente mentre dietro di lui, silenziosa come la morte, la figura di Heiko si alzava con il volto oscurato dai lunghissimi capelli neri. Shizuka, per tutta risposta, fece ciò che era giusto fare in quel momento: si spostò più indietro. «Ricordati che è necessario che tu convoli presto a nozze e dia almeno due eredi al Clan, capisci, tua madre è sempre così pedante con questa faccenda, ma del resto anche io ho fatto quello che mi pareva fino ai venticinque anni perciò sei lib–...» Ma non terminò la frase. Due affusolate mani bianche scattarono da dietro le sue spalle, e gli si serrarono attorno al collo mentre lui, continuando a sorridere, si limitò solo ad abbassare le mani, facendosi pallido.
    «Come osi lasciar cadere a terra la tua delicata consorte, maledetto?» Sibilò Heiko Uchiha, con occhi infiammati di rabbia.
    «C'è un eccesso di aggettivi in questa frase, tesoro.» Osservò Toshiro, seriamente. Peccato che di aggettivo ce ne fosse solo uno.
    «Ti do fuoco.» Replicò Heiko dopo un minuto di agghiacciante silenzio. «Brucerai, amore mio. Brucerai per l'eternità. Le mie fiamme non si estingueranno mai. MAI.» Sibilò, cominciando a strattonare il collo del marito che rideva con le lacrime agli occhi per il dolore.
    ...E dunque era così che le coppie innamorate esprimevano il proprio amore? Oppure erano i suoi genitori ad avere qualche problema?
    Grattandosi la testa la Principessa stava ancora facendosi queste domande, mentre gli Aoki si muovevano angosciati attorno a due Signori, cercando di fermarli, quando improvvisamente Raizen sbucò dal nulla di fronte a lei.
    «Oh, guarda chi c'è, ricrescita-san.» Disse la ragazza, fissando malamente la Volpe. «Che vuoi? Ti sei ricordato che ci sono anche io qui? Mi hai ignorato bellamente, prima. Grazie tante!» Sibilò, mettendosi a braccia conserte e alzando il mento con aria offesa, dando le spalle all'uomo. «Non abbiamo niente da dirci, noi due, impara come ci si comporta e poi torna a chiedere scusa, maleducato. Ah, e non credere che la faccenda di come ti vesti sia finita qui, avremo di che parlare quando torneremo al Villaggio. Parleremo, parleremo... parleremo tutta la notte, testone!» Minacciò la ragazza, puntandogli contro un temibilissimo indice accusatore.
    ...C'era un fondo di verità in quello che si diceva a Konoha. Se era cioè vero che Shizuka Kobayashi era stata plasmata nel mondo Shinobi da Raizen Ikigami, e avesse preso di lui il peggio del suo carattere, era altrettanto vero che il rapporto tra i due permetteva alla Principessa di essere l'unica in grado di rispondere per le rime al Jonin, raddrizzandolo come un germoglio storto e spesso e volentieri facendogli ramanzine che solo gli Dei sapevano se lui ascoltava davvero. Certo era che mai le aveva intimato il silenzio. Il caratterino della ragazza era abbastanza conosciuto dal Colosso per fargli sapere che un comportamento come quello non avrebbe fatto che incendiarla di più. Mal comune mezzo gaudio, si diceva.

    Toshiro-san, Heiko-san, piacere di rincontrarvi.
    Mi duole privarvi di Shizuka ma ne richiedo la tempestiva presenza.



    «Che succede?» Si raddrizzò subito la ragazza, girandosi verso Raizen. Alle spalle di lei persino Heiko smise di strozzare il marito e afferrando tra indice e pollice il retro del collo di lui si limitò ad annuire.
    «Hokage-sama, potete disporre di mia figlia come più ritenete consono.» Rispose la Matrona, inchinandosi con riverenza. «E' un onore per il mio Casato servire il Capo Villaggio.»
    «Questo non è propriamente vero, Raizen Ikigami.»
    Rispose però Toshiro, corrucciato, fissando male l'interlocutore. «Tu mi devi ancora una bevuta di sakè, come vorrei ricordarti, ma ogni volta che ti incontro ti porti via mia figlia. Capisco che sia bellissima e adorabile oltre ogni misura, ma non pensi che dovresti almeno chiedermi–...» Ma anche quella volta non finì il discorso, giacché la moglie gli passò il braccio attorno al collo, lo piegò verso di lei, e a discapito del ricco kimono indossato cercò di troncare la schiena del marito sul ginocchio che alzò di scatto. Ci fu infatti un “crack” e un lamento sommesso.
    «Ignorali.» Disse Shizuka dopo un lungo silenzio atto a constatare se il padre fosse ancora vivo e se necessitasse o meno di cure mediche. A quanto pareva però, ventiquattro anni di violenze domestiche lo avevano reso un uomo sano e robusto. «Che succede?» Insistette.

    […] Mentre la Principessa seguiva la sua Volpe fu aggiornata su quanto era accaduto. Non interruppe il discorso neanche una volta, ma non poté fare a meno di sentir nascere in sé diverse domande. Quale persona sana di mente si comportava in un modo del genere? Possibile che fosse solo l'ignoranza di un inesperto, incapace di valutare la situazione e le costanti, incapace cioè di comprendere la propria posizione? Che fosse davvero solo questo?
    Era interdetta, certo, ma non poté che esserlo di più quando riconobbe nell'accusato il ragazzo dai capelli color dell'argento con cui era scesa a patti poco prima.
    «Ma guarda se non è il mio amico del cuore...» Disse infatti Shizuka, visibilmente stupita, mentre Raizen le impartiva l'ordine per cui aveva immaginato di essere stata chiamata. Non c'era nessuna manipolatrice più abile di lei a Konoha, e certamente non a quella Festa...ma era corretto agire così? Scandagliando il viso e le espressioni del ragazzo di fronte a lei, la domanda non poté che sorgere spontanea nella sua mente: era davvero quello il modo giusto di comportarsi?
    Ma non ebbe il tempo di trovare una risposta, la Principessa dei Kobayashi, giacché l'otese si gettò prontamente in un monologo folle, portandosi, nel parlare, le mani alla gola.
    ...Si voleva uccidere? Lì, davanti a tutti?
    Socchiudendo gli occhi, la Chunin alzò una mano per fermare ogni intervento di Raizen e Itai. Quel ragazzo era fuori di testa, era evidente. Nessuna persona sana di mente avrebbe fatto quella scena e imposto quella minaccia in faccia a due Kage che avrebbero potuto scattare ad una velocità tale da impedirgli di agire in qualsiasi modo. Non avrebbe percepito neanche lo spostamento d'aria che avrebbe anticipato il suo sonno, che fosse quello eterno o solo momentaneo, eppure si stava egualmente comportando a quel modo, denotando così la sua totale incapacità di valutare mezzi e situazioni. Era pazzo, oppure solo ottuso?
    ...Cosa stava cercando di ottenere, davvero?
    Erano scoppiate guerre per molto meno, era vero. Ma per molto meno erano anche state sacrificate vite per mantenere la pace, e questo, lui, non sembrava averlo preso in considerazione.
    «Deveraux Yotsuki, giusto?» Lo chiamò Shizuka con voce ferma, ma quieta. Cercò di porre su di sé tutta l'attenzione dell'interlocutore, ancora intento a indietreggiare con le mani al collo. «Se te ne vai ora non avrai nessun villaggio a cui tornare e dunque nessun luogo da proteggere. Febh Yakushi non accetta traditori entro le sue mura.» Sentenziò in uno schiocco di frusta e nel mentre cercava gli occhi di lui, il suo sguardo. Solo qualora fosse riuscita ad ottenere quello che cercava, avrebbe lasciato che, in una frazione di secondo, più veloce del tuono e delle intenzioni di lui, i suoi occhi affogassero in un oceano rosso cremisi da cui due fiori neri come la notte sarebbero sbocciati, come loti immortali dalle acque di un torbido lago.

    «Fermati.»



    Avrebbe ordinatoImposizione, -3 tacche Riflessi, 9 unità totali con voce impostata, e qualora il contatto visivo fosse rimasto, il giovane Lupo avrebbe avvertito la sensazione di qualcosa che, dentro di lui, ad un livello più profondo di quello conscio, qualcosa germogliava e cresceva. Non era qualcosa di tangibile, né definibile. Non era un sentimento o un'immagine. Sarebbe piuttosto stata la sensazione di una costrizione potente, come l'istinto di una bestia a cui la bestia stessa non può ribellarsi. E il desiderio di arrendersi all'abbraccio di quell'imposizione sarebbe stato grande, forse troppo perché il Lupo di Oto vi si opponesse?
    Quale che fosse stato il risultato di quel tentativo di impedire al Chunin del Suono di farsi del male irragionevolmente, Shizuka Kobayashi non avrebbe smesso di parlare e avrebbe continuato. Non poteva sapere ciò che i tre si erano detti in sua assenza, ma ciò che aveva ascoltato le bastava per comprendere che di quel passo quel ragazzo sarebbe precipitato dalla parte sbagliata del precipizio.
    E lei, che era vi era già caduta, non riusciva più ormai da tempo a ignorare chi rischiava la sua stessa sorte.
    «Tu non sei un traditore, ma sei sciocco come uno di loro.» Esordì così. «Di che alleanza parli? Di quali segreti? Sei stato tu il primo a mettere Oto a rischio, non riesci a comprenderlo, forse?» Chiese, educatamente, reclinando la testa di lato. «Il comportamento a te rivolto non è un'aggressione, l'unica aggressione in corso è la tua. Hai deciso di parlare durante una Festa simbolo dell'unità della Grande Alleanza, hai poi preteso che due Kage ubbidissero con semplicità alle tue parole e adesso minacci persino il suicidio? Perdonami, ma se volessi pensare male potrei affermare che la scelta della tua tempistica e del luogo della stessa sottintendono un altro tipo di intenzioni oltre a quelle da te enunciate.» Disse con semplicità. Sembrava che stesse disquisendo sulle condizioni del tempo, e non di un possibile coinvolgimento del suo interlocutore nel voler minare gli equilibri accademici sfruttando quella festa come trampolino di lancio per un dramma a cui sarebbe stato molto più che difficile rimediare. «Mi dispiace fartelo presente, ma vedi... noi manipolatori non lasciamo traccia nella nostra vittima.» Disse poi, improvvisamente, e quella frase, per un istante, avrebbe persino potuto sembrar fuori argomento. Immobile al suo posto, con le mani elegantemente congiunte in grembo, la Principessa dell'Airone sorrise senza distogliere da quelli di Deveraux i suoi occhi socchiusi in un'espressione sardonica. «Potresti aver già fornito tutte le informazioni del tuo villaggio a... come si fa chiamare? Lavello immortale?» Domandò, sollevando le sopracciglia, stupita. Si era sempre rifiutata di riferirsi a quel poveretto con i titoli altisonanti con cui lui si voleva far conoscere. «Il sogno di ogni massaia.» Sghignazzò infatti la Principessa, come se pensasse di potersi permettere di divagare, ma tornò presto seria. «Vedi, Deveraux, in questo momento potresti essere già all'interno di un mio Genjutsu e io potrei aver già aperto la tua mente, estratto ciò che mi serve, e alla fine di questa recita tu potresti andartene credendo che questa che stai vivendo è la realtà dei fatti... ma sei sicuro che lo sia? Sei certo di non voler effettuare un "rilascio", per sicurezza?» Insinuò, portandosi un'affusolata mano al volto. «Ecco, vedi, è questo il problema di noi manipolatori...non sai mai che tipo di livello della realtà vivi. Ciò significa, per farla breve... che tu potresti aver già tradito Oto, dato le informazioni che custodisci gelosamente, qualunque queste siano, al mondo nukenin, ad Hayate e a chiunque altro abbia avuto piacere di dividere quella pagnotta, e tutto questo per motivi che ritengo di poter definire personali.» Disse, scuotendo la testa, rammaricata. «Ciò significa che tu sei un traditore dell'accademia.» Sentenziò.
    A quel punto tacque e nel silenzio che si sarebbe venuto a creare la Principessa del Fuoco si sarebbe limitata a lisciarsi il suo ricco kimono scarlatto per un tempo che sarebbe bastato a chiunque per assimilare quelle parole, pesanti come la peggiore delle accuse, preannuncianti un futuro senza percorso, privo di luce e guida. Per scendere a patti con il crollo di ogni convinzione.
    «La situazione è questa, Deveraux Yotsuki.» Riprese a parlare Shizuka Kobayashi dopo quella lunga pausa, inchiodando maggiormente i suoi occhi in quelli del Lupo di Oto. «Le tue parole possono affermare il contrario, ma attualmente agli occhi dell'accademia sei un traditore, e Febh Yakushi non aprirà i Gate a chi minaccia l'equilibrio del suo villaggio. Oto non reggerebbe un'avanzata su di sé, non ora. E tu lo sai.» Commentò, affilando lo sguardo. «Inoltre, non importa quanto veloce tu possa muoverti, due Kage saranno di certo più veloci di te. Non riuscirai dunque a suicidarti, ma se ci proverai e li farai intervenire davvero, condannerai la tua precaria situazione, dando ad essa un nome.» Continuò, impietosa. Non stava mentendo. Dall'inizio di quel monologo non lo aveva probabilmente mai fatto. «...Oppure, puoi fermarti e parlare con calma. Cosa temi? Da cosa sei così spaventato?» Domandò la Chunin, guardando il ragazzo. Esitò un istante, poi scosse la testa. «Qualunque sia la tua paura sappi che ti sta impedendo di ragionare razionalmente. Hai sbagliato, prima di essere qui, è vero, ed è possibile che in futuro accadrà ancora, è normale del resto, tutti sbagliano... ma tu hai avuto l'umiltà e il coraggio di affermarlo e di cercare aiuto. Eppure, quando ti è stato dato, ti sei ritratto.» Osservò, raccogliendo le mani insieme. «La prassi per questo tipo di circostanza pretende sempre l'accertamento delle fonti del redento. Dici di essere un guardiano, non hai mai seguito questa procedura? Hai forse sempre preso per buone le parole di un indagato o uno straniero, forse?» Domandò. Non distoglieva gli occhi da quelli dell'interlocutore neanche per un istante, ma il motivo non risiedeva in nient'altro che nel desiderio che le sue parole potessero entrare in lui e farsi capire per ciò che realmente erano. “Non sto mentendo” sembrava star dicendo, pregando perché chi avesse di fronte lo capisse. “Fidati di me” «Se anche qualcuno avesse già violato la tua mente potrei vedere dove e in che modo, capendo a che tipo di informazioni sono stati interessati e perché. Se questo invece non fosse successo, mi permetterebbe di comprovare le tue parole e toglierti dalla bilancia del dubbio della giustizia accademica. Temi di rivelare informazioni del tuo villaggio? Posso cancellare la mia memoria togliendo ciò che non dovrei ipoteticamente sapere, e trasferire il sigillo di memoria nella mente del tuo amministratore perché egli ne valuti la veridicità.» Spiegò, ferma. «Hai cercato il sostegno dell'Alleanza, ed è ciò che avrai, ma la fiducia si paga con la fiducia. Verrai supportato, protetto se necessario, Oto non uscirà dal cerchio di alleanza di cui fa parte e attualmente due dei Quattro grandi Villaggi sono qui disponibili a muoversi al tuo fianco. Ora sei tu che devi scendere a patti, però.» Disse la ragazza e a quel punto, lentamente, alzò una mano verso il Chunin. «Il mio nome è Shizuka Kobayashi, Chunin di Konohagakure no Sato. Se ti fiderai di me sappi che purtroppo la mia tecnica non è proprio piacevole da subire, ma non lascia scampo alla menzogna e questo è categorico. Se dici la verità, lo vedrò, e tu adempirai al più alto dovere di ogni Shinobi: saper rinunciare a sé stessi in nome della protezione del proprio Villaggio.» E così dicendo, accennò ad un sorriso. Adesso, finalmente, il suo volto si distese, e la sincerità non aggressiva, ma intelligente e osservatrice di cui era esponente, le illuminò gli occhi con dolcezza. «Ti va di fare una prova, Deveraux?»
     
    .
96 replies since 7/8/2015, 18:11   3437 views
  Share  
.