La Festa della Fondazione

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  1. Bartok
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    Haruki vibrò un altro colpo. Un lungo squarcio si disegnò sulla sua schiena, mentre il dolore si diffondeva rapidamente al resto del corpo. Non ne ostacolò il corso, assecondandolo mentre cercava di corrompere ogni sua cellula.
    Il dolore è necessario.
    Tutte le fibre del suo essere risposero a quello stimolo, contraendosi e causandogli uno spasmo che fece fatica a contenere. Il flagello gli cadde dalle mani, mentre lui si piegava in avanti, come se il suo corpo gli dicesse di non poter sopportare oltre. Quant'erano ormai? Forse 30? 40? Quante volte, per sua stessa mano, la frusta aveva morso la sua carne?
    Con un enorme sforzo di volontà, il monaco rosso si rimise a sedere nella posizione corretta. Si trovava nella stanza della sua abitazione di Suna che era stata adibita a luogo di preghiera. L'arredamento era piuttosto spartano: un modesto altare era posto contro una parete, mentre davanti ad esso si trovava un piccolo braciere acceso. L'unica fonte di luce in quel luogo. Non che per Haruki avesse importanza.
    Di fianco a lui, invece, giacevano gli strumenti della sua preghiera. I due cilici che si era appena tolto, un pugnale e la frusta.
    Il dolore purifica.
    Avrebbe dovuto immergersi in quel torbido marasma di peccato e perdizione che i suoi contemporanei chiamavano "Festa della Fondazione". Non aveva scelta. Doveva obbedire agli ordini e per quella sera il suo compito sarebbe stato "Mischiarsi agli altri ninja e divertirsi". Quando Shirai gli aveva letto quella parte della missiva che gli era stata inviata dal Tempio, il monaco non era riuscito a trattenere una smorfia di sorpresa. La dottrina prevedeva che i monaci non si concedessero piaceri tanto vacui e mondani, ma, evidentemente, in quell'occasione il calcolo politico e il dovere avevano prevalso sulla fede. Dopo un'attenta riflessione, Haruki aveva riconosciuto che compromessi del genere sarebbero stati sempre più comuni nella sua nuova vita. Ormai non era più solo un semplice monaco e come ninja la sua fedeltà andava al villaggio.
    Quel turpe pragmatismo, ovviamente, non l'avrebbe fatto desistere dal cercare di diffondere il rigore del suo credo. Prima o poi, avrebbe ottenuto gli strumenti e il potere necessari a persuadere anche il più empio degli uomini.
    Il dolore è una lingua che tutti comprendono.
    Inoltre, anche se la sua anima sarebbe stata macchiata dal peccato, il sangue e il fuoco gli avrebbero permesso di redimersi. Il flagello e la fiamma erano compagni che non l'avrebbero mai abbandonato.

    Una figura ammantata di nero emerse dalle ombre, interrompendo le preghiere del giovane Miyazawa. Era il suo nuovo guardiano, mandato direttamente dal monastero. Oltre ad essere un monaco, era anche esperto nelle arti mediche. Haruki non poté che esserne grato. Se al Tempio poteva permettersi di godere del potere purificatorio delle ferite per tutto il tempo che avrebbero impiegato a rimarginarsi, a Suna doveva essere sempre pronto all'azione. Come Ninja non poteva permettersi di agire con un corpo già martoriato dalle ferite.

    È tempo di andare, deve prepararsi per la festa. Lasci che io curi le sue ferite.


    [...]

    Shirai non condivideva il disappunto del suo confratello nei confronti di quella celebrazione. Anzi, aveva indossato di buon grado gli eleganti abiti da cerimonia che erano stati consegnati ad entrambi e, vista la riluttanza di Haruki, si era anche impossessato del biglietto e di tutti i suoi gettoni. Ammirando divertito lo spettacolo offerto dalle bancarelle e dalle decorazioni allestite per l'occasione, il giovane apprendista sembrava al settimo cielo. Haruki poteva solo immaginare lo sfarzo che caratterizzava la Festa. Anche in quel frangente, non provò dispiacere per la sua condizione. La cecità lo allontanava dalla dissolutezza dei bisogni materiali e in quel luogo sarebbe stata un'amica preziosa. Tuttavia, aveva un compito a cui adempiere. Si sforzò per sostituire la durezza dei suoi modi e della sua espressione con una pacata serenità, cercando di non apparire diverso da tutte le altre persone che lo circondavano. Sarebbe stato anche pronto a sacrificare sull'altare dell'obbedienza il digiuno che avrebbe dovuto rispettare quel giorno. Avrebbe fatto tutto quanto sarebbe stato necessario.
    Senza chiedere il permesso, Shirai trascinò il monaco cieco verso il chiosco dove era possibile giocare a dadi.
    Questa volta sarò io a portare a termine con maggior successo il nostro sacro dovere.
    Prima che il suo tutore potesse rispondergli, si rivolse all'uomo che gestiva la bancarella.
    Buonasera signore! Voglio puntare 200 gettoni!
    Se non fosse stato cieco e un velo non avesse ricoperto il suo volto, Haruki l'avrebbe incenerito con lo sguardo. Tuttavia, invece di rimproverare il giovane novizio per la sua sfrontatezza, si limitò a rispondergli con rassegnazione.
    Che la Fiamma possa concederti grande fortuna.

    A giudicare dalle urla di gioia, Shirai sembrava aver vinto. Probabilmente la volontà divina era davvero dalla sua parte.
     
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