La Festa della Fondazione

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  1. Arashi Hime
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    Y Danone
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    MIND'S FLOW

    We are shaped by our thoughts; we become what we think.
    When the mind is pure, joy follows like a shadow that never leaves.




    Sapeva che probabilmente, anzi quasi sicuramente, il merito di quella reazione finale non era suo, non certo del suo discorso almeno, ma quando Deveraux parve tranquillizzarsi e rendersi improvvisamente collaborativo, la Principessa dei Kobayashi non poté che tirare un sospiro di sollievo, chiudendo gli occhi.
    Come spesso succedeva, benché fosse sempre capace di mostrare il volto e il comportamento che in un certo senso sapeva essere il migliore per l'occasione –per ottenere una certa reazione, una risposta o semplicemente per arrivare dove le interessava–, alla fine dei fatti la ragazza non riusciva mai a non tradire il suo vero stato d'animo... e quella volta, quando terminò di apporre le sue cure sul collo dell'otese, non fu infatti capace di non abbassare la testa, appoggiandosi alle spalle del suo stesso improvvisato paziente. Per un solo istante, le sue dita vibrarono, tremanti.
    «Credevo che ti saresti fatto davvero qualcosa.» Ammise con voce rotta. Non era la prima volta che le capitava di assistere a quel genere di reazione e sapeva che la maggior parte delle volte le intenzioni erano serie. Lei stessa era stata pronta a morire per proteggere qualcosa, e benché terrorizzata, quella volta non aveva esitato a calare un kunai sulla sua gola, pronta ad essere recisa... «Non che io sia proprio la più indicata per fare questo genere di discorso...» Borbottò allora, rialzando piano i suoi occhi in quelli di Deveraux. Accennò ad un sorriso imbarazzato, come se non fosse proprio certa di quali parole scegliere per spiegarsi. «...ma credo di poter assicurare che la vita è qualcosa di davvero importante. Ne abbiamo solo una, ed è nostro dovere viverla pienamente. E' vero, siamo Shinobi, e abbiamo responsabilità che superano quelle spensierate di un qualsiasi civile, ma prima di essere ninja siamo esseri umani. Credo che non dovremmo mai dimenticarci che l'obiettivo della nostra missione più importante è vivere a pieno la nostra vita, migliorare senza mai fermarci e supportare il nostro Villaggio e i nostri affetti come meglio possiamo.» E così dicendo, per un istante, le venne in mente, in modo del tutto inappropriato, il volto di Haruki Miyazaki che, irritato, le ringhiava addosso per la centesima volta di come trovasse inadeguato il suo comportamento infantile e ingenuo. Dov'era il suo rigore ninja?! Non era forse una fiera Shinobi di Konoha?! ...Era abbastanza sicura che ci avrebbe persino messo uno “svergognata” se fosse stato lì ad assistere alla scena. Ridacchiò tra sé e sé, scuotendo la testa prima di allontanarsi di un passo da Deveraux e sorridere di nuovo, sinceramente. «Da morto non servirai a niente al tuo Villaggio, infliggerai solo una perdita gravosa ai tuoi compagni e un dolore irrimediabile a chi ti ama. Invece di piegare la testa temendo di guardare avanti, consapevole di poter morire da un secondo all'altro, vivi con orgoglio e impegnati al massimo per diventare l'uomo che desideri. In questo modo, prima o poi, sarai in grado di essere tu colui che tende una mano anziché quello che la cerca, no?»
    A quel punto, allargando entrambe le braccia, Shizuka Kobayashi inspirò a pieni polmoni, trattenne il fiato il tanto che bastò per ridare colore al suo volto reso pallido dalla concentrazione e tensione degli attimi passati, e poi espirò con tutta l'energia che ebbe accumulato, alzando prontamente le mani che si sbatté sul viso.
    «Molto bene!» Tuonò a quel punto l'Erede dell'Airone, piazzandosi trionfalmente le mani sui morbidi fianchi. «Ora va tutto benone!» Annunciò prima che qualcosa ruggisse da sotto il suo kimono con fare piuttosto furioso e poco educato. Per un secondo, il silenzio. «Ho solo un po' di fame, lo stress mi fa questo effetto, ma... sono a dieta...» Spiegò la diretta interessata dopo aver cercato di dissimulare al meglio il rossore che le sfumò repentinamente gli zigomi. «...cioè ero a dieta fino a ieri, ma oggi c'è la Festa della Fondazione, nessuno mi biasimerà se mangerò qualche takoyaki...no?» Esitò, quasi si aspettasse davvero che qualcuno prendesse le sue difese e tirasse fuori dalla manica del proprio kimono un bel dolcetto d'azuki per sfamarla, ma subito dopo si affrettò a cambiare discorso. Evidentemente aveva reputato che non fosse importante dare ulteriori dettagli sul suo aver messo su peso negli ultimi due mesi, o forse semplicemente aveva finalmente collegato che c'era qualcosa di più importante da fare. «In ogni caso quella stola tienila, è costosa, certo, ma non una delle più pregiate che ho indossato. Troverei più difficile darti i miei pendagli per capelli senza ricevere un bel grattacapo da mio padre. Questi sì che costano, sono fatti a mano uno per uno, pensa te.» Spiegò con tutta la semplicità di quel mondo, guardando Deveraux con un sorriso allegro. Era evidente che se da Shinobi risultava molto attaccata al denaro, come Principessa non aveva certo quel tipo di problema. «Verrò presto a Oto per coordinare alcune commissioni importanti che abbiamo ricevuto. Prima dell'Inverno sarò ospite del tuo Villaggio per qualche tempo, e allora avrai modo di rendermi questo tessuto.» E così dicendo avrebbe tentato di porre le sue mani su quelle del piccolo Lupo del Suono, tentando poi di chiudere con dolcezza le dita di lui sul tessuto di pregevole fattura. «Spero che per allora saprai dirmi se hai capito le parole che ti ho detto prima di ora e avrai dunque deciso che tipo di uomo vuoi essere per te e la tua Oto.»
    [...] Shizuka Kobayashi era una ragazza piuttosto complessa da comprendere. Di lei, persino le persone che la vivevano ogni giorno avrebbero avuto difficoltà a delinearla.
    Pareva che avesse più livelli di interpretazione, più scale di conosciuto. Come un dipinto che si crea da un'idea e poi si forma con una danza di stesure di colore, la giovane Principessa dell'Airone era una creatura particolare, imprevedibile e forse unica nel suo genere. Si sarebbero potuti usare molti aggettivi per descriverla, ma nessuno sarebbe stato mai adatto, mai abbastanza preciso, perché ella mutava come il vento lungo il sentiero delle stagioni, portando con sé profumi, colori e sensazioni sempre diverse, in una spirale di cambiamento senza sosta. Inaspettato e silenzioso.

    «Beh, vogliamo iniziare?» Chiese infine, e a quel punto smise di sorridere. Per la prima volta dall'inizio di quello scambio di battute, gli occhi della piccola kunoichi si spostarono a cercare quelli della sua Volpe e poi del Kage dell'Acqua. «Raizen, Itai, abbiamo modo di sorvegliare la zona attorno a questo viottolo? Siamo in mezzo ad una festa piena di gente, e come il nostro amico equilibrista ci ha raggiunti...» Alzò il mento in direzione di Akira. «...ho idea che potrebbero arrivare qui altre persone. Non voglio trovarmi a cancellare i ricordi a nessuno.» Spiegò, alzando poi una mano con flemma. «Sarebbe opportuno anche rimettere un clone di ciascuno di noi in giro per la Festa, per fare in modo di dissimulare un po' la circostanza attuale. La sparizione di due Kage si fa sentire e quella della Principessa dei Kobayashi non è da meno. E' una celebrazione continentale, e non siamo proprio le ultime persone ad essere notate.» Detto questo fissò per un secondo l'Hozuki. «Tranquillo... a te nessuno ti si fila, non farti problemi.» Disse con gentilezza compassionevole, ma mentre si voltava tradì uno sghignazzo sardonico. «Vorrei dissimulare un po' le tracce e confondere le idee, non voglio che sia ipotizzato nessun collegamento ad un nostro incontro oggi, né un qualsiasi genere di complotto o gli Dei solo sanno cos'altro. Le persone, vittime dell'ignoranza e della malizia, tendono ad ipotizzare le più creative delle possibilità. La fantasia dell'uomo, in queste circostanze, non ha alcun freno.» E così dicendo fece scivolare i suoi occhi verdi e profondi in quelli dello Yotsuki. «Non è stata la più intelligente delle idee decidere di fare questa mossa qui ed ora.» Affermò, lapidaria. Errori di quel genere potevano instillare la goccia del dubbio nella persona sbagliata. E diverse guerre, in passato, erano scoppiate per molto meno, era vero.
    Nonostante tutto non calcò ulteriormanete la mano nel rinfacciare all'otese il suo atteggiamento e quando avrebbe avuto risposta ai suoi suggerimenti e si fosse dunque resa sicura di poter lavorare con la quiete che sapeva essere necessaria, Shizuka si sarebbe nuovamente avvicinata a Deveraux, a cui indicò il suolo con il dito della mano destra.
    «Siedi.» Disse in quello che sembrava più un ordine che un consiglio. «Non so come il tuo corpo e la tua mente reagiranno a questa abilità, non voglio che possano cederti le ginocchia. E da seduti, del resto, si sta più comodi, no?» Spiegò, passando poi con eleganza una mano a lisciare il broccato del suo kimono scarlatto mentre, con una grazia rara da trovare, si inginocchiava a terra. I movimenti lenti e misurati, l'inclinazione perfetta del collo e delle mani stesse, tradivano un'educazione di molto superiore alla norma e un fascino innato difficile da non guardare con silente rapimento. «Apporrò le mie mani alle tue tempie. Inizialmente sentirai una leggera pressione alla tua destra, poi sarà come...cadere improvvisamente all'interno del corso di un fiume, suppongo.» Avrebbe iniziato a spiegare la kunoichi, quando sia lei che il giovane Lupo si fossero accomodati a terra. «E' difficile che tu possa avvertire la mia presenza dentro di te, ma è possibile invece che tu possa rivivere frammenti dei ricordi che andrò ad estrarre, gli stessi che io, invece, vivrò per intero come se fossi te.» Raccolse le mani in grembo, continuando a guardare fisso negli occhi l'interlocutore. Era calma, come lo poteva essere qualcuno che sembrava abituato a spiegare agli altri. «La parte dell'estrazione sarà forse la più sgradevole. La mente, Deveraux, è come un archivio. E da quell'archivio io toglierò un fascicolo.» Poi però, accennando ad un sorriso, annuì. «In ogni caso qualsiasi sia il tipo di sensazione che avvertirai, durerà solo una frazione di secondo e poi sparirà, portando con sé il ricordo di averla vissuta e quello che l'ha causata.» Avrebbe a quel punto voluto fare un paragone pratico, ma si rese conto che difficilmente ci sarebbe riuscita. Concesse dunque qualche attimo al suo nuovo compagno perché questi comprendesse le sue parole, prima di continuare. «Sigillerò il ricordo direttamente in uno di voi, o in me stessa, come preferite. Posso usare anche un oggetto, ma qualora questo andasse rotto o leso, il ricordo si perderebbe per sempre.» Disse allora, guardando i restanti Shinobi per un attimo. «Mi rimetto alla vostra decisione.» Avrebbe atteso che la stessa fosse presa poi, muovendo le ginocchia al suolo, si sarebbe maggiormente avvicinata a Deveraux, quel tanto che bastava perché le fosse permesso di toccarlo con libertà e lui fosse nella posizione più confortevole. «Dunque, con permesso...» E così dicendo portò le mani alle tempie dell'otese.
    Il tocco sarebbe stato leggero, ma non incerto, delicato e gentile, rispettoso, ma anche risoluto ed esperto. Le punte di quelle dita sarebbero inizialmente apparse al giovane Lupo fresche, ma quando il chakra le avviluppò fecero presto a scaldarsi...
    Poi, fu una frazione di secondo. E un attimo dopo, cadde in un fiume.
    Quella sarebbe stata per lui l'esperienza più incredibile, poiché ai suoi occhi il flusso entro cui fu immerso era ricco di immagini, voci, suoni, odori –frammenti di un'infanzia ormai trascorsa, il sorriso di quella persona che gli aveva fatto annodare la gola, la voce di sua madre che lo abboniva, il suo primo coprifronte, la missione in cui aveva...–, agli occhi della Principessa dei Kobayashi, invece, quel flusso era un torrente invernale di notte: gelido, impetuoso e nero.
    Non vedeva né sentiva niente, si limitava a cercare, veloce e impietosa come un predatore alla ricerca del suo pasto. Sapeva che all'interno di quell'oscurità solo ciò che cercava sarebbe risaltato, sarebbe apparso cioè ai suoi occhi come l'unico frammento luminoso.
    E non si sbagliava.
    Raggiunse il ricordo allungando le mani della sua mente su quella di Deveraux, e in un secondo fu dentro.
    Fu lei ad abbandonare il coprifronte e il mantello del proprio Clan, e camminare fuori dai Gate di Oto, ad intraprendere il percorso verso il Villaggio del Ferro. I suoi occhi scandagliavano la zona, assorbivano colori e sensazioni.
    Poi ci fu la locanda. Il cicaleccio accavallato delle conversazioni degli astanti.
    Il panico improvviso. Il caos. Le urla. La fuga verso l'uscita.
    L'uomo. La tisana. Le parole.
    Il rumore sordo della lama retrattile.
    Il Flagello. La proposta. L'offerta.
    L'informatore. La torre. L'oscurità.
    Farfalle. Farfalle particolari, uniche nel loro genere.
    La Magnificenza di Hayate.
    Lo scontro da solo. Il sapore del sangue. L'odore del sudore. La concentrazione in sempre maggiore aumento.
    Lo scambio. Il covo. L'ostaggio.
    La fine.

    ...Vivere la vita di un'altra persona era sempre strano e Shizuka era ormai convinta che non vi si sarebbe abituata mai. Quando però il ricordo, come in quel caso, era così orribile, l'esperienza era se possibile addirittura disgustosa.
    Quando la mano sinistra di lei si allontanò dalla tempia dell'otese, tenendo stretto tra indice e pollice un filo di chakra blu elettrico, serpeggiante nel vento come se fosse di nebbia, il volto della Principessa era ben lontano da quello attento e quieto di poco prima. I suoi lineamenti, scolpiti in un'espressione ferma, erano adesso il ritratto del disgusto e della rabbia. Nonostante ciò ella non disse niente sino a quando non appose il ricorso nella mente di chi doveva essere il nuovo contenitore.
    A quel punto, rapida, riprese la sua ricerca. Individuò a colpo sicuro, perché vicino e ancora abbastanza fresco da brillare di luce pulsante, il ricordo dell'attivazione della sua Genkai Kekkei e, un passo prima, quello inerente a tutto l'interrogatorio, dal momento in cui Deveraux incassava il colpo del Gigante con la bambina sulle spalle, a quel preciso istante. Quei ricordi lì impresse in se stessa, estraendoli con semplice eleganza, senza come al solito dire niente.
    Gelida come lo poteva essere chi ha trovato la risolutezza di entrare nella mente altrui, di vivere manipolando e ingannando nella disperata ricerca dell'ombra perfetta in cui far brillare il Sole, la Principessa del Fuoco non denotò nessun altro tipo di reazione oltre a quella, rapidissima, che le era scivolata poc'anzi sul viso. Si limitò infatti a guardare Deveraux, ormai privato dei suoi ricordi, che avrebbe potuto riprendere coscienza della sua posizione con un semplice battito di ciglia. A lui non rivolse nessuna delle espressioni di profondo ribrezzo che aveva avvertito, ma un semplice sorriso, caloroso e cordiale.
    «Ah, finalmente, eccoti di nuovo qui tra noi!» Avrebbe esclamato con dolcezza quando l'attenzione del giovane Lupo, nuovamente lui propria, avrebbe incontrato la sua. «Non è stato molto intelligente fare tutta quella scenata prima. Hai fatto preoccupare tutti e mi hai costretta a lavorare anche a questa festa... santo cielo, dovrei farmi pagare per questo straordinario.» Detto questo, guardando malamente tutti i presenti, si grattò la testa. «Non era niente di così preoccupante, solo qualche graffio e un pò di sangue. Tutti impazziti dall'angoscia, gli Dei vi possano perdonare, dovrebbero far fare corsi di medicina obbligatori a voi armadi a quattro ante! E adesso vedete di stare zitti, vi allarmate sempre per un niente.» E così dicendo sospirò sonoramente, scuotendo la testa e guardando Deveraux, a cui sorrise allegramente. «Scusa, forse non ci capisci un granché: ti sei fatto male mentre aiutavi le bimbe di Itai... ehm, per la verità la guardia delle piccole, la loli dai capelli rossi, ha capito male le tue intenzioni e ti ha colpito, vedi?» Indicò le macchie di sangue sul kimono dell'otese e poi il pregevole tessuto che lo stesso stringeva tra le mani. «Puoi usare questo per coprirti, è un mio scialle. Il mio nome è Shizuka Kobayashi, Principessa di Konoha. Ci siamo incontrati prima se ricordi, scusami per essere stata sgradevole, non è mai mia intenzione esserlo, ho solo un pessimo carattere...ma spero che d'ora in poi potremo essere amici.» Disse gentilmente, chinando la testa con eleganza. «Piuttosto, quando vaneggiavi con il naso rotto hai accennato ad un certo Godsan, una verità o che so io... tutto bene?» Mormorò, facendosi profondamente preoccupata. Era il turno di Raizen di intervenire, ora, ma era sicura che non fosse necessario girarsi per farglielo capire. Una promessa, del resto, era una promessa... anche se dimenticata.

    C'erano pochi attori al mondo capaci di recitare così bene da credere loro stessi alle proprie menzogne, convincendo spontaneamente anche gli altri. E uno di quelli, era Shizuka Kobayashi.

    Dentro di lei, qualcosa rise di gusto.
     
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