La Città Dolente

Taki - Confine Orientale

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  1. Boreanz
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    Jeral scrocchiò il collo. Erano passati due giorni dal suo scontro con l'Uomo di Ferro e, ormai, il suo corpo immortale aveva rigenerato tutti danni e recuperato le forze. L'infiltrazione, alla fine, era stata più dispendiosa di quanto avesse inizialmente immaginato. Nella situazione che si era venuta a creare, sulle decine di cadaveri che aveva lasciato riversi a terra, aveva dovuto scegliere tra finire il suo nemico e salvare la vita al Corvo, lo shinobi guercio in grado di manipolare il sangue che aveva scelto di aiutarlo nel corso della sua missione. Aveva privilegiato la seconda opzione e guadagnato così un ammontare considerevole di informazioni più che interessanti. C'era un mortale che si fingeva morto con cui sarebbe sicuramente stato interessante scambiare una parola. Il problema, per il momento, era scovarlo. Avrebbe potuto chiederlo alla Serpe, se non si fosse dileguata nell'ombra a metà dell'incursione.

    Quella considerazione involontaria gli fece storcere il naso, una mossa che non si rivelò felice dato il luogo in cui si trovava: era a circa cinquemila metri di altitudine, sdraiato sul dorso di Shosei. Aveva lasciato a terra il Corvo qualche ora prima, dopo averlo interrogato a fondo su tutto ciò che sapeva e in particolare su ciò che era successo nell'incontro tra Gendo, la Zanna e Giakura. Gli aveva dato precise istruzioni per il futuro e molto presto si sarebbero rincontrati. Si girò pigramente su un lato, godendosi l'aria gelida che gli sferzava il volto.

    Apprezzava la natura nei luoghi selvaggi: la mancanza dell'uomo la rendeva tanto pazza da osare sfidarlo nonostante i suoi poteri. Una ricorrenza rara, senza dubbio. Flettè gli addominali, sollevando il busto. A proposito dei suoi poteri, si sentiva diverso. Esaurire così tanto il suo corpo, l'avatar incarnato di ciò che egli era, e dare fondo a tutte le sue energie o quasi lo aveva cambiato. Le sue membra pulsavano di una forza nuova, un potere grezzo incommensurabile, ed allo stesso tempo, grazie alla dannata nebbia ai limiti della sua coscienza che finalmente aveva domato, aveva ottenuto un'esperienza di combattimento di un paio di decenni.

    « ... »

    Decisamente, non invidiava il suo prossimo avversario.

    « Scendi. », ordinò. Senza commenti, l'enorme Kirin modificò la direzione della sua corsa nel vuoto, iniziando a diminuire la quota. C'era ancora una cosa che voleva fare nella Cascata prima di attraversare il confine e compiere la sua prossima mossa. Tra le innumerevoli informazioni che aveva immagazzinato nell'ultima settimana, compresa la chiusura dei confini di Kumo, Jeral aveva appreso anche dell'esistenza di una città in rovina, non segnata sulle mappe, dove a cadenza irregolare si teneva un mercato nero di nicchia: il genere di posto in cui era possibile ottenere di tutto o quasi, ma anche perdere sé stessi. Non era raro, infatti, - aveva appreso - essere assaliti da qualche mercante di schiavi in cerca di merce fresca. Ma il motivo per cui aveva deciso di fare una tappa in quel luogo, che gli era stato generosamente indicato da uno shinobi i cui arti ora pendevano da un ponte di Izumi, era diverso dal semplice piacere di torturare qualche sciocco mortale.

    Aveva appreso che, in alcune, selezionate situazioni, dopotutto era possibile ottenere di più senza usare la violenza. In quei casi, ciò che serviva era denaro e, guarda caso, Jeral si portava dietro da mesi - ben nascosto in uno dei rotoli di richiamo - un oggetto di enorme valore. Aveva solo bisogno di commutarlo in qualcosa di più semplice da scambiare e avrebbe ottenuto solo il meglio: una generosa quantità di quelle piccole, scintillanti schegge di paradiso conosciute come diamanti.

    [...]

    Shosei raggiunse la cima della montagna più vicina in una decina di minuti, atterrando sulla nuda roccia con la violenza che si confaceva alla sua natura di predatore. Piccoli frammenti di pietra schizzarono da tutte le parti a causa dell'impatto, sollevando un polverone e terrorizzando a morte uno stambecco che si era avventurato fino a quel punto in cerca dell'erba più soffice. Compiacendosi dello spettacolo, Jeral scese dal dorso blu scuro del Kirin con un balzo che lo portò oltre la coltre di polvere. Non gradiva sporcarsi se non necessario. « Va'. », fu la sua unica parola per l'evocazione, che con un bagliore sinistro nei suoi occhi bianchi senza pupilla sparì in un vortice d'aria e sassi.

    L'Immortale si guardò attorno. Era piuttosto lontano dal punto che gli era stato indicato, proprio come voleva. Shosei era discreto e letale e Jeral non aveva desiderio di rivelare il suo arrivo a tutti, quella volta. Per lo stesso motivo, il Flagello chiuse per un momento gli occhi, concentrandosi sull'ambiente circostante e la profonda dissonanza del proprio essere con lo stesso. Per un momento ripensò alla Serpe, di cui aveva osservato le straordinarie abilità di mimesi, poi si mosse, iniziando la discesa dalla montagna muovendosi tra gli alberi a velocità sostenuta. Mentre si muoveva, la sua presenza divenne via via più impercettibileChakra Nullo
    Villaggio: Specializzazione Sensitivo
    Posizioni Magiche: Tocco (0)
    L'utilizzatore può azzerare il proprio flusso di chakra, rendendosi completamente occultato nei confronti delle abilità di percezione dei Sensitivi e qualsiasi forma d'individuazione del chakra. Non sarà possibile utilizzare il chakra mentre mantenuta attiva la tecnica.
    Tipo: Fuuinjutsu - Ninpou
    [Livello: 4 / Consumo: Basso]
    [Da Chunin in su]
    .

    Impiegò circa un'ora. La montagna divenne presto foresta, che dopo alcuni chilometri in piano si dischiuse in una strana radura che, pur non avendo alberi, era schermata quasi completamente dalla tenue luce tipica della Cascata dai rami degli alberi attigui. Pareva quasi che la natura stessa volesse nascondere all'occhio del cielo quello spettacolo: il terreno, coperto di foglie secche, era incavato dentro di sé e formava una specie di conca naturale profonda diverse decine di metri. Nonostante il dislivello notevole, la discesa era dolce, con una pendenza di pochi gradi. Al centro della conca, le rovine di un'antica città facevano da padrone della scena.

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    Rampicanti di ogni tipo avevano ottenuto il dominio delle pareti degli edifici, le cui vistose crepe e vetri rotti o mancanti non davano mistero dello stato di grave abbandono di quel luogo. Eppure, eppure. Quando il Flagello mise piede nella conca, l'atmosfera cambiò. Il contrasto con il silenzio denso di rumori naturali di cui risuonava la foresta era netto: in quel luogo regnava la morte. In quel luogo non c'era spazio per i suoni della vita. Jeral continuò la discesa, scoprendo i canini in un ghigno appena accennato.

    Gli piaceva quel luogo.

    Quasi si dispiacque di sapere dove andare, pensò. Avrebbe preferito crogiolarsi in quella sensazione oscura per più tempo, beandosi della leggerezza che solo l'ignoranza concede. Invece procedette senza esitazione tra gli edifici in rovina, girando più di una volta a destra e poi a sinistra, finché non raggiunse il retro un palazzo dall'aspetto identico agli altri, compresa un'anonima porta scardinata che dava su una rampa di scale verso il basso. Dall'interno non giungeva un rumore che fosse percettibile, né si poteva vedere alcunché. Eppure, Jeral sapeva che quello era l'ingresso giusto. A confermare quella verità, anche se non avesse già avuto l'informazione, quasi invisibili a occhio nudo se non si sapeva dove o cosa cercare, erano alcune scritte sbiadite e polverose, che parevano incise sullo stipite da unghiate di qualche essere.

    « 'Per me si va ne la città dolente,
    per me si va ne l'etterno dolore,
    per me si va tra la perduta gente. »


    Lesse l'Avatar, osservando la Porta dell'Inferno. Così l'aveva nominata il suo informatore, con l'ultimo accenno di ribellione negli occhi prima che il Flagello glieli cavasse. Era stato quasi come se avesse voluto che l'Immortale entrasse davvero in quel luogo. Quasi come se, una volta dentro, non ne sarebbe mai uscito.

    « Lasciate ogne speranza, voi ch' intrate. »

    Jeral ghignò.

    Iniziò la discesa con deliberata lentezza, godendosi la mancanza della sensazione di pericolo che avrebbe dovuto provare secondo lo sventurato informatore. Ben presto la tenue luce della conca scomparve alle sue spalle e l'Avatar rimase nell'oscurità a scendere gradini che non vedeva. Continuò ad avanzare per un periodo di tempo che non avrebbe saputo stimare, senza poter vedere nulla. Ad un certo punto, poté sentire le pareti allargarsi ed i suoi occhi blu scuro scorsero una luce. A dire la verità, ne scorsero due. Non gli ci volle molto per realizzare che si trattava di due enormi, ripugnanti occhi color ambra di chissà quale creatura sotterranea che, lentamente, si stava avvicinando a lui.

    Impassibile alla minaccia, Jeral tirò un calcio ad una delle diverse pietre per terra, spendendola a velocità folle contro una parete. La scintilla che, frantumandosi all'impatto, produsse per un istante rivelò molte cose: la prima era che le scale continuavano verso il basso, sostenute da alcune colonne di roccia naturale, fino ad arrivare ad un altro ingresso in pietra ad una cinquantina di metri di distanza. Ai suoi lati, il buio più totale nascondeva una caverna di chissà quali dimensioni, la continuazione naturale della conca. Probabilmente, qualche temerario aveva scelto di costruire una città su di essa per ripararsi dal vento quando la foresta ancora non c'era, e solo dopo, evidentemente, la popolazione si era resa conto del pericolo.

    La seconda era che quella caverna sotterranea era un nido di ragni giganti.

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    Prima che la scintilla svanisse, rapida com'era venuta, oltre all'enorme esemplare peloso e nero che si avvicinava e gli bloccava la strada, Jeral poté scorgere diversi altri aracnidi, di ogni forma e dimensione, che si muovevano sulle pareti con la lentezza tipica di un predatore passivo. Non si sarebbe stupito se la nidiata fosse stata composta da almeno un'ottantina di quegli esseri, più chissà quanti altri al di sotto del livello delle scale, dove non aveva potuto scorgere. Il significato di quella scoperta era evidente: riuscire a passare da un lato all'altro della scalinata era il requisito minimo per poter essere ammessi alla Città Dolente.

    Con il jutsu di elusione dei sensitivi in azione, rifletté Jeral, era poco plausibile che l'enorme aracnide - ormai a meno di quattro metri da lui - l'avesse percepito arrivare. Con tutta probabilità, si era semplicemente trovato sulla scala nel momento in cui l'Immortale era arrivato. Il carapace peloso della creatura scintillò nell'oscurità mentre questa, con le sue enormi zampe nere, continuava ad avvicinarsi al Flagello senza produrre un rumore. Jeral poteva leggerglielo in quegli occhi giallastri: la creatura pensava che la sua preda fosse troppo terrorizzata anche solo per provare a scappare. Una vera sfortuna, per il ragno, che il chakra dell'Immortale fosse nascosto. Se almeno avesse potuto percepire la quantità immane di energia che il corpo di quest'ultimo conteneva, l'istinto di sopravvivenza della creatura avrebbe avuto la meglio e, invece di avanzare, si sarebbe subito tolta di mezzo.

    Il ragno scattò in avanti improvvisamente, spalancando le fauci dentate e caricando con tutta la sua considerevole massa [Energia Rossa]. L'Immortale rimase immobile, cieco in quell'oscurità. Poi, un lampo incandescente squarciò la notte eterna di quella realtà sotterranea, accompagnato da orrendo grido di dolore, simile ad un fischio. Un attimo dopo il corpo carbonizzato dell'enorme aracnide scivolò nella scarpata, scomparendo nel buio.

    « .... »

    Ciò che avrebbe colpito l'osservatore esterno era che il chakra dell'Immortale, nonostante l'accaduto, era ancora impercettibile, esattamente come se non lo avesse usato per nulla. Il Flagello aveva da poco sviluppato un'altra delle sue diavolerie, con la quale non aveva che iniziato a divertirsi. Continuò dunque la discesa, mantenendo i sensi vigili ma convinto che quegli aracnidi troppo cresciuti non avrebbero più tentato di dargli fastidio. Imboccò dunque la seconda soglia in pietra e l'atmosfera tornò a farsi chiusa attorno a lui.

    Scese per diverse decine di metri senza che nulla cambiasse. Poi, ad un certo punto, le sue orecchie esperte captarono un inconfondibile brusio. Ancora qualche passo e, accompagnato da una timida luce artificiale sempre crescente, il rumore si rivelò per ciò che era: il ciarlare di innumerevoli voci. Sbucando da una arcata di roccia costruita al termine delle scale, infatti, lo spettacolo che si rivelò agli occhi dell'Immortale fu a dir poco inaspettato: era all'interno di un'enorme volta sotterranea, grande almeno il doppio della caverna dei ragni ed illuminata da fiaccole esposte ovunque; al di sopra di tutto, un enorme pietra rilucente - di cui non seppe identificare la natura - provvedeva poi a catturare ogni bagliore e ad amplificarlo nell'ambiente. Nel complesso, il risultato era più che ottimo.

    Da ogni direzione proveniva un incredibile miscuglio di suoni, odori e sapori trasportati dai flebili aliti di vento in grado di raggiungere quelle profondità. Evidentemente, oltre ai vari articoli immondi che gli occhi scintillanti dell'Immortale scorsero ogni dove, in quel luogo qualcuno vendeva persino cose commestibili. Non commise l'errore di rimanere a guardare le decine di avventori, uno dall'aspetto più sinistro dell'altro, che sciamavano tra i banchi all'aperto e si mescolò subito a quel fiume di mortali. Non c'era dubbio che quella fosse "perduta gente", ma non era così sicuro sulla parte della "città dolente".

    Quel luogo era denso di avidità, morte, veleni, schiavismo e sangue.

    Procedendo verso la sua meta, l'Avatar si leccò le labbra.

    Sarebbe stata una magnifica notte.


    OFF GAME

    Benvenuto nella Città Dolente! A te come muoverti, descrivendo l'accesso nell'ambientazione e le azioni del tuo PG al suo interno. Sentiti libero di aggiungere elementi e manovrare PNG di tua invenzione!

    Buona giocata :guru:

     
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17 replies since 28/8/2015, 01:45   408 views
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