La Città Dolente

Taki - Confine Orientale

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  1. Boreanz
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    « Let alone yourself. »

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    « E tu chi saresti? »

    La voce dell'uomo seduto al grosso tavolo scarsamente illuminato era quella di chi si sentiva padrone della situazione e risuonava della sicurezza di essere nella propria casa.

    « Un cliente. », replicò l'Immortale, con voce incolore.

    Si trovava in una grossa stanza riccamente decorata, con mobili in mogano nerissimo alle pareti e drappi color porpora a bloccare la luce davanti ad ogni finestra. Un fioco bagliore rossastro era proiettato in tutto l'ambiente, creando un'atmosfera surreale. Era entrato nell'obitorio pochi minuti prima, ma per qualche motivo, invece di essere indirizzato alle sale comuni dove becchini ed eliminatori di cadaveri di ogni tipo analizzavano le merci da acquistare o vendere, un uomo dalla pelle scura e con un turbante color senape in testa gli si era parato davanti con fare mellifluo, invitandolo a seguirlo dal "Direttore", come lo aveva chiamato.

    Il Direttore era un uomo grassoccio sulla sessantina, come tradivano le numerose pieghe attorni ai suoi piccoli occhi nocciola da scoiattolo, e indossava un largo vestito occidentale, pure rosso, con motivi violacei e d'oro a impreziosirne la figura. Nonostante fosse in casa, inoltre, sul capo faceva mostra di un largo cappello color sanguigno, a fianco del quale un grosso rubino fissava la piuma di chissà quale animale. Quando l'Immortale era entrato, egli stava mangiando a quattro palmenti, attingendo ingordamente alla ricca tavola imbandita davanti a lui. I suoi corti baffetti, nerissimi nonostante l'età, erano prigione a innumerevoli frattaglie di carne, pane e altre pietanze da lui consumate. Nel complesso, pur con il suo aspetto poco imponente, l'uomo riusciva a creare una vaga impressione di minaccia nella mente di chiunque lo osservasse.

    « Un cliente, eh? Già. Se così non fosse, l'unico modo per trovarsi davanti a me sarebbe in catene, come articolo per la mia altra attività. » Il Direttore ridacchiò, un suono simile al grugnito di un maiale, ma i suoi occhietti scintillarono nella penombra. « Benvenuto nella Città Dolente, straniero. Io sono il Direttore, come avrai sentito. La prima regola di questo luogo è che non si fanno nomi. » Malgrado le parole di benvenuto, l'uomo non aveva invitato il Flagello a sedere. « La seconda è che qui si parla solo di denaro, e di morte. » Una pausa densa di significato. « In breve, di affari. » Il Direttore accompagnò il termine della sua spiegazione levando calice di vino, pure rosso, nella direzione del nuovo venuto.

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    « Sembra interessante. », replicò l'Avatar con naturalezza.

    Si domandava se il lardoso mortale sarebbe stato in grado di reggere una trattativa con lui, una volta che avesse tolto la maschera innocua che aveva assunto. Non aveva dubbi che, per quanto l'intera stanza fosse stata costruita per dare l'impressione che il Direttore fosse solo, diverse guardie del corpo fossero in agguato, pronte a reagire al minimo segnale di pericolo per il loro datore di lavoro e, forse, padrone.

    « Le mie regole per questo incontro, invece, sono tre. » Sollevò il dorso della mancina; indice indice, medio e pollice erano distesi. « Mi pagherai in diamanti. » Il medio, ricoperto dal guanto nero, rientrò nel pugno. « Sei al cospetto del Flagello Immortale. Agirai di conseguenza. » Anche l'indice calò. « Ciò che uccido, mi appartiene. Scatenami contro i tuoi cani e dovrai ricomprarli da me, cadaveri. » Anche l'ultimo dito rientrò, attirando l'attenzione sul pugno chiuso dell'Immortale.

    Ci fu un silenzio di qualche attimo. Il Direttore si era fatto appena più pallido, ma la sua mano sinistra stringeva ancora con forza la coscia di pollo che era nel mezzo di divorare. In un angolo buio della stanza, alle spalle dell'uomo in rosso, si udì un leggero scricchiolio. Il Direttore alzò la mancina di scatto, senza staccare gli occhi di dosso dal Flagello, e il rumore cessò. « Avrai i diamanti che chiedi, Flagello. », disse, sfoderando per un momento un sorriso inquietante, poi tornò serio e professionale.
    « La merce? »

    Questa volta fu la destra dell'Immortale ad alzarsi; al suo interno si trovava un piccolo rotolo di carta bianca. Impossibile non riconoscerne la natura. Senza un commento, Jeral lo appoggiò sul tavolo davanti a lui, che era apparecchiato solo per la metà del Direttore. Lo aprì con calma, rivelandone il contenuto denso di sigilli. Uno schiocco di dita, invece dei sigilli ninja che lo sguardo consapevole del Direttore si aspettava, preannunciò la comparsa di un enorme corpo al di sopra della tavola. Aveva lunghi capelli argentei che cadevano in modo disordinato sul suo busto carbonizzato, nel macabro disegno di morte che le arti dell'Avatar avevano prodotto. La pesante armatura dell'uomo era in pezzi e le sue armi assenti, ma non potevano esserci dubbi sulla sua identità, persino in un luogo così lontano dal Paese del Ferro.

    « La Lama del Silenzio! », squittì il Direttore.

    « Perdonate, padrone. », risuonò all'improvviso una terza voce. « È arrivato il secondo elemento. »

    La porta alla sinistra di Jeral si era aperta senza un rumore, interrompendo quel momento di teatralità. L'uomo con il turbante si fece da parte, ammettendo nella stanza una seconda figura.
     
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