Danza la Neve

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    "Quattro anni.

    Quattro fottuti anni senza l'ombra di un sigaro.

    Dio solo sa come ho fatto a non impazzire."




    Giorno Presente


    La neve cadeva violenta, spinta da un vento gelido e incessante. Il sole si apprestava a tramontare e l'oscurità iniziava a incalzare sulle pallide terre di Genosha. Il crepuscolo durò un paio di minuti, nei quali il cielo si tinse dall'arancione al blu notte.
    Infine calarono definitivamente le ombre.
    Sebbene non ci fosse illuminazione artificiale, era davvero sensazionale come la neve brillasse nelle tenebre, rischiarata solamente dalle stelle che facevano capolino nei rari buchi lasciati dalle nuvole minacciose.

    Una figura osava sfidare le intemperie, procedendo a passo lento nella bufera.
    A prima vista poteva sembrare un orso polare eretto su due zampe ma, ponendo maggiore attenzione, si era in grado di riconoscere sotto la candida pelliccia una presenza umana.

    L’individuo raggiunse un cumulo di sassi e rocce e, dopo aver spostato un monumentale pietrone, entrò nell’anfratto sotterraneo che il masso occultava. L’accesso fu lasciato aperto per qualche secondo, in modo da sfruttare la luce delle stelle, seppur fioca, per cercare un oggetto a terra.
    Uno schiocco secco e alcune scintille preannunciarono una piccola fiamma che faceva capolino su di un accendino a liquido, tenuto in una mano che sbucava da sotto il vello. L’arnese fu utilizzato per accendere l’oggetto raccolto pochi istanti prima, una torcia in legno. La microscopica caverna fu inondata dalla luce della fiaccola, che venne incastrata in un apposito foro a terra.
    La grotta misurava a mala pena i due metri per due, con un soffitto alto circa due metri e mezzo. La pavimentazione era irregolare e presentava diverse rocce con spigoli vivi. In un angolo erano ammucchiate alcune scorte di cibo, carni crude decisamente maleodoranti e delle erbe. In un altro cantone vi erano numerosi barattoli di un oro opaco, rudimentali e metallici, suddivisi in tre gruppi. Al centro della caverna un mucchietto di braci e cenere testimoniava la presenza di un piccolo falò ormai estinto. Poco più in là diversi blocchi di legna secca erano impilati, affianco a un groviglio di una strana corda grigiastra.

    Il figuro si avvicinò ai resti del fuoco e si mise a sedere a terra. Posizionò alcuni ciocchi di legno e pose alla base un piccolo gomitolo del filo cinereo. Avvicinò la fiamma dell'accendino al filato, che si incendiò rapidamente e diede inizio alla combustione.
    L'individuo, ora che il piccolo antro iniziava a riscaldarsi, abbassò la parte superiore della pelliccia che lo avvolgeva come un cappuccio.
    I lunghi capelli dell'uomo, canuti e crespi, cadevano scompigliati sulle spalle. Una lunghissima barba sale e pepe faceva capolino sul volto sparuto, terminando in alcune trecce disordinate. Gli occhi erano infossati e segnati dalle rughe, ma le iridi di un incredibile oro acceso conferivano allo sguardo una grande vivacità. Una lunga cicatrice, infine, attraversava il volto trasversalmente.
    Prese uno dei vasetti metallici e lo avvicinò al fuoco, in modo da riscaldarne il liquido contenuto che, presumibilmente, era congelato a causa della bassa temperatura. Il processo di fusione impiegò qualche attimo, al termine del quale l'uomo avvolse il barattolo con la corda a mo' di isolante termico e iniziò a sorseggiarne il contenuto.
    Man mano che i minuti passavano, la sua temperatura corporea saliva grazie alla concomitanza della bevanda - un alcolico distillato artigianalmente, a giudicare dall'espressione di soddisfazione dell'uomo - e del fuocherello. Si tolse perciò la pesante pelliccia, che piegò alla meglio e poggiò a terra.
    L'individuo indossava ora una consumatissima casacca in lana scolorita, lunga fino a metà coscia e senza maniche, e dei larghi pantaloni in pelle animale. Ai piedi portava degli ingombranti stivali di materiale non identificabile. Sulle spalle reggeva un enorme martello da guerra in oro, assicurato a una cinghia portata a tracolla.
    La corporatura e la statura dell'uomo erano inconsuete per l'età che dimostrava, una cinquantina di anni; era alto infatti sui due metri e dal fisico atletico e imponente. Ma, cosa ancor più curiosa, era dotato di ben sei braccia.

    La permanenza a Genosha di Dapaisu Kinchou, lo Shinobi-Kumo originario di Iwa, era stata lunga e ardua. Forse, sarebbe il caso di fare qualche passo indietro ...


    Edited by Dapaisu - 20/12/2010, 16:16
     
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    La neve, unica grande costante fra passato e presente, fioccava con impeto infischiandosene degli eventi che stavano avendo luogo sulle candide lande di Genosha. L'ultima prova per la conquista delle 7 Spade di Kiri era appena terminata.
    La stragrande maggioranza dei partecipanti era deceduta. Dapaisu, dopo aver combattuto fugacemente con uno dei giudici, il giullare Clow Nakastuki, era stato squalificato. Completamente illeso dal punto di vista fisico e mentale, la sua veste era immacolata come la neve che lo circondava.
    Dopo la sentenza enunciata dal clown - che lo condannava all'esilio in quelle terre gelate - il Jonin era andato a sedersi in disparte per fumarsi un sigaro. Il suo sguardo non lasciava trasparire alcuna delusione, le labbra erano serrate in un'espressione atona. La gioia del sigaro durò diversi minuti, durante i quali egli poté assistere all'epilogo della prova.


    [...]

    I sopravvissuti avevano lasciato Genosha e Dapaisu era rimasto solo; la neve intanto continuava a cadere, ora in maniera più docile.
    Il ninja decise di perlustrare la zona per cercare un riparo, dal momento che la notte si avvicinava e la temperatura continuava a scendere. Non molto lontano dalla grotta dove erano custodite le 7 wakizashi - grosso modo un centinaio di metri più a sud - vi era un grande anfratto scavato nella roccia. Il Jonin lo ispezionò brevemente e ne sbarrò l'entrata, che misurava approssimativamente un metro e mezzo quadrato, per evitare che qualche animale vi si annidasse. Poi, senza allontanarsi troppo, andrò in cerca di alcuni oggetti di prima necessità, quali legno per riscaldare l'antro e qualche pasto che non richiedesse cottura.
    Fece ritorno una mezz'oretta dopo, sigaro in bocca e con diversi tronchi di legna rozzamente tagliati sottobraccio. In una tasca della Tuta Anti-Chakra vi erano alcune radici e foglie di Marchantiophyta, famiglia di piante che presenta alcune specie commestibili. Rientrò nella grotta, ne sbarrò nuovamente l'ingresso e facendosi luce con lo Zippo, un accendino a liquido, preparò i blocchi di legna per il falò. Il legno però, probabilmente a causa della bassa temperatura e dell'umidità, non sembrava prendere. Allora lo Shinobi-Kumo di Iwa impastò una dose di Chakra mandandola in circolo per attivare l'Innata e ne concentrò in seguito una seconda nell'esofago, in modo da secernere e sputare dalla bocca una piccola ragnatela in cui però, a differenza del consueto, non scorreva il Chakra. Mise la tela ben dischiusa sopra i ciocchi di legna e, usandola come innesco, riuscì ad accendere il fuoco.


    [...]

    La notte, a Genosha, era qualcosa di letale. Al calar delle tenebre la temperatura scendeva in brevissimo tempo, con un'escursione termica di quasi venti gradi centigradi. Sebbene la grotta in cui si trovava Dapaisu fosse riscaldata dal piccolo falò, il gelo si faceva sentire. Il vento sferzava il masso posto a protezione dell'ingresso, provocando un fruscìo che raggelava il sangue. La scelta di una caverna di medio-grandi dimensioni si era rivelata un errore, poiché l'estensione non favoriva il riscaldamento. Ad ogni modo Dapaisu riuscì a trascorrere la nottata senza troppi problemi, dormendo vicino al fuoco che durò fino al mattino successivo.
    Un solo impiccio lo seccò, poco prima di essere abbracciato da Morfeo. Il pensiero di come avrebbe fatto a cavarsela in quella situazione, a come fare ritorno da quella landa ostile e sperduta. Ma la stanchezza dei giorni precedenti lo sopraffò e decise di rimandare le preoccupazioni al giorno seguente.
     
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    Giorno Presente



    Un tiepido fuocherello scoppiettante ed una calda bevanda alcolica: il quadretto perfetto di una sera invernale per qualunque uomo oltre la cinquantina. Peccato, però, che Dapaisu si trovasse nel mezzo del nulla, in mezzo al ghiaccio e al gelo.
    Il suo sguardo era totalmente assente, come se il freddo esterno avesse congelato il suo spirito. All'improvviso, forse destato dal rumore secco della legna umida che ardeva, tornò con un tenue sussulto a ciò che lo circondava: la minuscola grotta, il fuoco e l'alcolico.
    Quasi come per un gesto automatico, avvicinò lentamente il barattolo dorato alle labbra e ne tracannò tutto d'un sorso il contenuto. Mentre deglutiva, i suoi occhi si posarono sul palmo della mano che reggeva il recipiente. Posò a terra il vasetto e mise tutte e sei le mani davanti a sé, coi palmi rivolti verso l'alto.
    E' trascorso decisamente un sacco di tempo da allora, pensò fra sé e sé con un'espressione vagamente rassegnata.
    Sui sei palmi vi erano, quasi totalmente sbiaditi e a mala pena leggibili, sei diversi Kanji tatuati, uno per ogni mano. L'uomo chiuse contemporaneamente tutti i pugni, quasi come un gesto di stizza per non si sa cosa.

    Fuori dalla grotta, intanto, la neve continuava a danzare leggiadra.

     
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    Quattro Anni Prima
    Giorno 1



    Il sole iniziò la sua ascesa nel cielo quando ormai era mattino inoltrato, come consuetudine nella stagione invernale di Genosha.
    Dapaisu si destò dal sonno, che era stato tranquillo ed ininterrotto, all'albeggiare. L'entrata della grotta in cui si era stabilito puntava ad Est e dunque, agli albori del giorno, i raggi rosso rubino del sole inondarono spietati l'antro attraverso le fenditure dell'ingresso.
    Il fuoco acceso il giorno prima si stava ormai estinguendo e la temperatura si faceva pungente. Il Jonin decise perciò di uscire, sperando che l'esterno fosse più mite grazie all'irraggiamento del sole. E aveva ragione: l'astro, ancora basso nel cielo, faceva il suo dovere rendendo il freddo accettabile. Il clima era sereno quella mattina, nel cielo vi erano sporadiche nubi e almeno fino a sera non era prevista neve.

    Come prima cosa, lo Shinobi di Iwa decise di mandare in esplorazione dell'isola alcuni ragni, che si sarebbero divisi le varie zone di Genosha. Evocò dunque tramite Richiamo otto aracnidi della famiglia Lycosidae, chiamati comunemente "ragni-lupo" a causa dell’indole solitaria e della robustezza fisica che gli consente di vivere in qualsiasi clima. Impartì le indicazioni agli animali e una volta terminato questi partirono rapidi, ostentando un passo sicuro anche sulla neve fresca.
    Il Ninja posò lo sguardo sul colle che si ergeva nel mezzo dell'isola, mentre con una mano frugava in una tasca della Tuta Anti-Chakra in cerca di un sigaro.
    Qui bisogna iniziare a fare economia riflettè cupo mentre si portava l'amato toscano alla bocca e dire che la parsimonia non è mai stata un mio pregio continuò, frattanto si apprestava a dar via alla combustione mediante l'accendino.

    Fumando il sigaro e fischiettando un motivetto della Chushingura, percorse in breve tempo la distanza che lo separava dal candido colle solitario.

     
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    Quattro Anni Prima
    Giorno 1
    Il Primo Incontro



    Il piano del ninja a Sei Braccia, in quel suo primo giorno a Genosha, sembrava apparentemente semplice e perfetto: raggiungere la vetta più elevata, verosimilmente l'unica vera vetta dell'intera isola, e lì guardarsi un pò attorno per studiare l'ambiente.
    Un piano perfetto, per l'appunto, ma, come ogni piano perfetto, doveva fare i conti con gli imprevisti...

    Daipasu non aveva fatto che poco più di cinque, forse sei, metri di scalata delle bianche nevi che conducevano in cima alla collina, che una serie di nuvole di fumo apparvero dal nulla: persino i suoi sensi, che erano comunque quelli di uno shinobi classificato come Jonin, non un ninja da poco, non avrebbero avvertito alcunché fino al momento dell'apparizione di quelle cinque nuvole di fumo e, pochi istanti dopo, del delinearsi dalle stesse di cinque individui.
    Quattro di quei nuovi giunti portavano dei mantelli con cappuccio, tali da impedire una piena individuazione delle loro sagome, il quinto, era l'unico i cui lineamenti e fisico erano distinguibili.
    "Dannazione a quel clown del cavolo ed alle sue scelte autonome...", disse una delle quattro figure, "Se è vero che i Kaguya hanno distrutto il suo villaggio, perché proprio lui s'é dovuto salvare mi chiedo...", continuò a lamentarsi.
    "Bé, pare che anche alcuni dei suoi congiunti siano sopravvissuti... i Kaguya devono essere stati un pò sciatti nel compiere questo massacro, avranno perso il tocco con gli anni.", osservò una seconda figura incappucciata.
    "Il problema non è solo il clown, ma anche gli scemi, come Nataku Kaguya, e gli altri che erano con lui ieri, appunto, che lo seguono...", sottolineò un terzo.
    E probabilmente avrebbero continuato tranquillamente la loro chiacchierata, curandosi ben poco di Daipasu, se non fosse che l'unico senza mantello fece un singolo, per quanto maestoso, gesto con la mano destra, indicandogli di tacere.

    L'uomo era alto quanto Daipasu, se non di più, e malgrado non fosse dotato di sei braccia, era senza dubbio minaccioso con la possente muscolatura ben visibile.
    "Io non so chi tu sia, shinobi con Sei Braccia, e non niente contro di te, che sei finito qui a Genosha per i capricci di quel clown, ma c'é una sola regola su quest'isola che nessuno infrange: non si può raggiungere la vetta della collina centrale.
    E' assolutamente vietato anche solo avvicinarsi oltre questa distanza a quel luogo."
    , avrebbe detto con tono perentorio, "Quindi torna sui tuoi passi, o se vuoi chiedi a noi qualsiasi cosa speravi di scoprire salendo fin lassù, ma non continuare, perché dovremmo fermarti in quel caso.", concluse.

    Stava a Daipasu decidere cosa fare.
     
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    Loschi Figuri



    Il tabacco del sigaro volgeva oramai al termine ma, forse per non dover realizzare che terminato quello gliene sarebbero rimasti in numero davvero eseguo, Dapaisu continuava caparbiamente a fumare. Aveva appena iniziato il cammino in pendenza di un lato del colle quando, preannunciati da alcune nuvole di fumo quasi teatrali, fecero la loro comparsa quattro individui ammantati ed un quinto dal fisico decisamente massiccio. Questi iniziarono a parlottare del clown, Clow Nakastuki, e di Nataku Kaguya, che il giorno precedente avevano sancito l'epilogo dell'ultima prova per la conquista delle 7 Wakizashi di Kiri. Lo Shinobi di Iwa azzardò da quelle parole di rimostranza che i figuri ivi apparsi fossero dei nativi dell'isola, o quantomeno persone che vi vivevano stabilmente. Con ogni probabilità erano alcuni dei famosi prigionieri di Genosha.

    Ad un tratto, l'unico che non celava la propria figura in un mantello, mise a tacere gli altri con un gesto semplice ma allo stesso tempo autoritario e si rivolse allo Shinobi-Kumo, affermando in un tono che non ammetteva repliche l'impossibilità di proseguire oltre.
    Dapaisu parve focalizzare nella propria mente il senso di quel divieto e rimase taciturno per qualche secondo. Poi, portando alla bocca il sigaro ormai finito e tentando con pochi esiti di trarne un tiro, posò le iridi dorate sull'uomo che gli aveva parlato.


    Il mio nome è Dapaisu borbottò mentre passava in rassegna con lo sguardo i volti celati degli altri individui e qualcuno dovrebbe insegnarvi le buone maniere! aggiunse gesticolando uno "j'accuse" teatrale all'indirizzo di questi.
    Ad ogni modo, dici che mi è proibito avanzare.riprese, rivolgendosi ora all'uomo che palesava volto e corpo Posso saperne il motivo? Voi chi siete?concluse quasi secco.
     
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    Dopo lunghi secondi passati a guardare i cinque figuri, il ninja con sei braccia parlò, presentandosi, e da bravo ospite in casa d'altri, era giusto che lo facesse lui per primo, almeno secondo i presenti là in mezzo, ad ogni modo, quando pose le sue domande, fu l'uomo che gli si era parato davanti, il primo a parlare.

    "Il mio nome è Rao Temuri e puoi considerarci come una sorta di secondini liberamente eletti qui a Genosha.
    Rappresentiamo alcune delle comunità di abitanti più antiche dell'Isola, se così possiamo chiamarci, che si sono riuniti e prosperate, in qualche modo. Io rappresento i Temuri, un clan fra i più antichi di Kiri, al pari dei Kaguya e degli Shinretsu."
    , esordì l'uomo, volgendosi poi verso gli individui dietro di lui.

    "Il primo sulla sinistra è il rappresentante di un altro clan qui residente: Xain Shinretsu.", disse indicando il primo che aveva parlato, che si tolse il cappuccio, rivelando il proprio volto
    "Il ragazzo alla sua sinistra è Kyo Utakata, rappresentante degli Utakata in questo luogo, un altro nobile clan della Nebbia.", spiegò, verso un secondo che mostrò il proprio volto, prima di estrarre una sorta di pipa ed iniziare a fumarla, anche se ne uscivano bolle di sapone piuttosto che fumo.
    "Poi c'é Ryomei, che fa parte di una delle tribù di senza clan che abitano questi luoghi, prigionieri che si sono riuniti per avere almeno un tetto comune sotto cui stare.", continuò accennando ad un altro, che tolse del tutto il mantello, rivelando per intero il proprio aspetto
    "Lei, invece, è mia nipote: Uma Temuri.", avrebbe poi detto verso l'ultima figura presente, che di lì a poco si sarebbe tolta il mantello, mostrandosi nella sua interezza
    "Ah, e poi c'é quello che per primo ti ha seguito e ci ha portato fin qui senza che tu te ne rendessi conto, Hitode, che rappresenta un altro gruppo di residenti di questi luoghi ghiacciati.", affermò poi, mentre un altro uomo appariva, come se fosse sempre stato lì presente, in mezzo ai quattro.

    "Relativamente al motivo per cui non puoi salire sulla cima di questa altura, shinobi, triste a dirsi, ma il motivo è semplicemente uno: è vietato.
    Un divieto in atto dai tempi della fine dell'ultima Grande Guerra, un divieto che i primi residenti di quest'Isola sancirono, uomini che avevano scelto di restare qui, non che vi erano stati costretti per i loro crimini.
    Tutti rispettano questo divieto e tutti fanno in modo che sia rispettato, quindi torna per la tua strada, o, come ti ho gentilmente proposto, chiedi a noi relativamente ai tuoi possibili dubbi."
     
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    Vetta Proibita



    Quegli individui si rivelarono essere esponenti di spicco di diversi Clan di Genosha, una sorta di custodi in quella prigione di ghiaccio. Dapaisu posò man mano gli occhi sui volti di coloro che venivano presentati, annotandosi mentalmente nomi e fattezze. Quanto poi a quell'invisibile pedinatore, il ninja di Iwa esibì un enigmatico ghigno quando questi apparve in mezzo agli altri figuri.

    Relativamente al motivo per cui non puoi salire sulla cima di questa altura, shinobi, triste a dirsi, ma il motivo è semplicemente uno: è vietato. Un divieto in atto dai tempi della fine dell'ultima Grande Guerra, un divieto che i primi residenti di quest'Isola sancirono, uomini che avevano scelto di restare qui, non che vi erano stati costretti per i loro crimini. Tutti rispettano questo divieto e tutti fanno in modo che sia rispettato, quindi torna per la tua strada, o, come ti ho gentilmente proposto, chiedi a noi relativamente ai tuoi possibili dubbi

    Avrebbe poi continuato il monumentale Temuri. Il Ronin ascoltò in silenzio le sue parole, mantenendo lo sguardo fisso sul suo interlocutore. Interessante. Probabilmente non sanno neanche loro cosa ci sia lassù. Molto bene: lo scoprirò. pensò fra sé e sé Dapaisu, prima di prendere parola.

    Le mie intenzioni sono semplici: devo conoscere l'isola. Durante le prove dei giorni scorsi ho avuto modo di esplorarne soltanto una piccola parte. Dato che non posso salire sulla collina, siate gentili: ditemi tutto ciò che c'è da sapere su Genosha.

    Gli occhi dorati dello Shinobi-Kumo, posati su Rao, erano delle fessure fredde e impassibili.

    Edited by Dapaisu - 6/10/2012, 11:10
     
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    Il gruppetto di "indigeni" di Genosha osservava in silenzio l'interlocutore a sei braccia e quando quello parlò, fu di nuovo Rao a rispondergli: "Mi sembra una giusta concessione. Sei su un'isola grande circa un terzo dell'isola del Paese dell'Acqua su cui si trova Kiri, quindi comunque abbastanza grande da mantenere un elevato numero di abitanti e da richiedere un totale di almeno 6 giorni per visitarla interamente a piedi.
    Ci sono 5 colline, fra tutte, questa è la più alta, poi ce ne sono altre, una è la base del mio clan, i Terumi, un'altra è nel territorio dei Kaguya ed altre due si affacciano sulla zona nord-ovest, che non appartiene a specifici clan.
    Siamo circondati da un mare costantemente in tempesta ed abitato da alcuni animali che, non sappiamo bene come, sembrano assalire tutte le navi non kiriane.
    L'isola è divisa fra le zone appartenenti ai clan più grossi di Kiri stessa, e le aree dove vanno tutti quelli che vengono scacciati dai loro clan, che non hanno un clan di appartenenza, o che preferiscono stare da soli e, di fatto, è l'area in cui trovavi all'inizio del tuo viaggio, quando sei sbarcato per le prove di quel pezzo d'idiota di un clown..."
    , spiegò il Terumi.
    "Ed a meno che i Kaguya abbiamo imparato un nuovo trucchetto con le ossa, dubito che tu appartenga ad un qualsiasi clan Kiriano, amico, quindi ti consiglierei di tornare indietro.", suggerì quello che era stato presentato come Xain Shinretsu.
    "Non serve essere così inospitali... era qui in cerca delle wakizashi, alla fin fine, è un predone di potere come molti di voi.", commentò Ryomei, "Anzi, se vuoi puoi pure visitare il mio accampamento, è pieno di gente poco affidabile come me e te.", scherzò.

    "In tutto ciò, comunque, ancora non ti sei presentato, ninja con sei braccia... chi sei?", s'intromise Rao, riprendendo il capo della conversazione.
    Stava a Daipasu decidere come presentarsi.
     
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    Man mano che Rao dava notizie su Genosha, Dapaisu disegnava una mappa mentale via via più accurata dell'isola. Quando poi lo Shinretsu scoccò una frecciatina all'indirizzo del Ronin, questi si limitò ad esibire un sorriso di gelida cortesia al suo interlocutore.
    Non serve essere così inospitali... era qui in cerca delle wakizashi, alla fin fine, è un predone di potere come molti di voi. Anzi, se vuoi puoi pure visitare il mio accampamento, è pieno di gente poco affidabile come me e te. commentò scherzosamente Ryomei. Lo farò con piacere. rispose prontamente Dapaisu, senza distogliere lo sguardo da Xain.
    In tutto ciò, comunque, ancora non ti sei presentato, ninja con sei braccia... chi sei? riprese poco dopo il Temuri.
    Domanda lecita. mormorò in risposta lo Shinobi-Kumo, prendendo tempo. Chi sono? Mi conviene tenere un profilo basso, evitando di attirare troppo l'attenzione di questi reietti, oppure dire loro la verità sul mio grado Nukenin, facendo a gara a chi ce l'ha più grosso?Era un bell'interrogativo, e ogni opzione aveva i suoi pro e i suoi contro. Sono originario di Iwa. Lasciai la Roccia da ragazzo e non vi ho ancora, ahimé, fatto ritorno. Varie vicissitudini mi hanno portato prima ad Oto e più recentemente a Kiri. avrebbe quindi ripreso Dapaisu, osservando in viso i vari Shinobi Sono una nomade che si ritrova segregato in prigione, nè più né meno. terminò allargando le braccia, come a volersi scusare di quelle circostanze.


    [...]

    Ad ogni modo, intendo rispettare il vostro divieto. Sarei felicissimo di visitare il tuo accampamento, Ryomei. Questo freddo mi sta gelando le palle. sentenziò in seguito Dapaisu con un sorriso, mentre portava un nuovo sigaro alla bocca.
     
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    Il gruppo scrutò per bene il ninja a sei braccia quando si presentò come un vagabondo di Iwa, "E hai anche un nome, o ti dobbiamo chiamare Vagabondo di Iwa?", sottolineò Xain, prima che tutti guardassero ancora una volta verso Daipasu che, in effetti, non s'era ancora presentato dando un vero e proprio nome.

    Quando si fosse presentato, Ryomei gli si sarebbe avvicinato, dandogli una pacca sulla spalla, "Bé, amico, allora vieni con me, ti offrirò un bel fuocherello e magari qualche abito migliore per stare qui con noi!", avrebbe detto il prigioniero senza clan.
    Il ninja a sei braccia avrebbe potuto seguire tranquillamente l'uomo, mentre gli altri, a poco a poco, si sarebbero allontanati da loro, per ultimi i due Temuri che gli avrebbero lasciato un'occhiata prima di allontanarsi.
    L'accampamento che Daipasu si sarebbe trovato davanti era una serie di capanne fatte di roccia, blocchi di ghiaccio e pelli di orsi e foche, un accampamento di almeno una dozzina di quelle stesse capanne, con qualche bambino che correva qua e là.
    "Che posso dire? Siamo anche dei farabutti, ma qui fa tanto freddo e la notte non c'é niente da leggere... quindi dopo nove mesi nascono tanti figli di farabutti.", avrebbe scherzato Ryosei, guardando all'altro, mentre due bambini si rincorrevano fra le tende.
    "Ad ogni modo, vieni nella mia tenda, ho un pò di distillato di un liquore che ci fanno arrivare dal continente, dato che, a quanto pare, l'attuale Mizukage, mi dicono essere la Nidaime, ci tratta abbastanza bene, berremo e mangeremo un pò, poi, domani dovrai dare un aiuto per stare qui con noi, se vorrai restare.", avrebbe detto, invitandolo a seguirlo in una delle tende.
    Lì i due avrebbero potuto mangiare e bere tutta la serata, durante la quale Ryosei gli avrebbe dato anche qualche suggerimento: "Se vuoi sopravvivere su quest'isola, non da solo, ci sono delle regole non scritte come quella della Collina su cui non si deve salire.
    La prima è: non avere a che fare con i Kaguya, sono brutta gente, parecchio pieni di se e molto molto razzisti con i non Kaguya.
    La seconda è: se ti vuoi cercare una ragazza e lasciarla, non farlo mai con due di due clan diversi... avevo un amico, Toii, se la faceva con una Utakata, poi la lasciò per una del clan Shinretsu... nessuna delle due la prese bene e, prima ammazzarono lui, poi si ammazzarono fra loro quelli dei due accampamenti... un vero casino...
    La terza regola: tutti danno una mano nel loro accampamento, quindi domani bello devi metterti a cacciare, o a tessere, o che so io.
    E naturalmente c'é la regola della collina."
    , concluse quello, leggermente brillo.

    Stava a Daipasu dire cosa voleva fare e come avrebbe voluto aiutare.

    ----------------

    OT: Ok, a te la palla... dato che è una giocata free gdr per il background dei 4 anni a Genosha del tuo pg, se vuoi mò puoi anche descrivere un lungo periodo di tempo passato all'accampamento, oppure posso intanto farti interagire con qualche elemento femminile di quello stesso accampamento e poi facciamo un "flash foward" :sisi: /OT
     
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    L'Importanza di un Nome


    Date tutta quest'importanza al Clan? mormorò Dapaisu in risposta all'ennesima frecciatina dello Shinretsu. Proprio voi che siete stati esiliati dal vostro? continuò il Ronin con un sorriso sarcastico all'indirizzo di Xain Curioso. concluse, rivolgendo un'ultima occhiata gelida al suo interlocutore.
    Cos'è, infondo, un cognome? riprese, spostando lo sguardo sugli altri Shinobi, Soltanto un appellativo che non ti è concesso sceglierti, ma che ti viene relegato per nascita le sue parole erano piene di fervore, così come i suoi occhi dorati E' un legame che ti imprigiona.
    Fece una pausa quasi teatrale, mentre si armava di accendino e attizzava il sigaro, tirandone poi una lenta boccata. Ma se per voi è tanto importante: Kinchou, sono Dapaisu Kinchou. Cognome che avrebbe potuto accendere qualche lampadina unicamente nei presenti più anziani, creando una connessione tra il Ronin e una figura di spicco di Iwa durante la Guerra Civile.


    [...]

    Terminata la breve discussione, Dapaisu avrebbe seguito Ryomei fino al suo accampamento. Quest'ultimo era abbastanza semplice, costituito principalmente da capanne di roccia e ghiaccio, pelli e pellicce. Che posso dire? Siamo anche dei farabutti, ma qui fa tanto freddo e la notte non c'é niente da leggere... quindi dopo nove mesi nascono tanti figli di farabutti. commentò il Senza-Clan osservando la corsa giocosa di alcuni bambini. Ad ogni modo, vieni nella mia tenda, ho un pò di distillato di un liquore che ci fanno arrivare dal continente, dato che, a quanto pare, l'attuale Mizukage, mi dicono essere la Nidaime, ci tratta abbastanza bene, berremo e mangeremo un pò, poi, domani dovrai dare un aiuto per stare qui con noi, se vorrai restare. riprese poco dopo Ryomei, scortando Dapaisu nella sua tenda. Ti ringrazio infinitamente borbottò lo Shinobi-Kumo mentre si metteva comodo, Penso che mi fermerò per un po' continuò con un sorriso, mentre posava lo sguardo sul liquote che gli stava venendo servito. Alla Nidaime! sbottò sollevando il proprio bicchiere per un brindisi, per poi svuotarlo in un solo sorso. Ho un sacco di storie interessanti su Tsunade, sai? osservò il Ronin, sfoggiando un sorriso malizioso sul volto, mentre veniva versato il secondo di innumerevoli giri. Sarebbe stata una lunga e piacevole serata.


    [...]

    Vita Ordinaria a Genosha
    Giorno 2


    Il mattino successivo, Dapaisu si svegliò in uno dei tappeti nella tenda di Ryomei. Il "dolce" risveglio post sbronza era praticamente un'abitudine per il nativo di Iwa e sulle prime parve dimenticarsi di essere in un'isola di ghiaccio in mezzo all'oceano. Quandò ne arrivò la consapevolezza col pieno risveglio, un'inevitabile imprecazione lasciò le labbra martoriate dal freddo e dall'alcol del Ronin.
    Cinque minuti più tardi, il Ronin vagava in esplorazione del bivacco alla ricerca dell'amico. Lo trovò intento a spellare la carcassa di un monumentale orso bianco. Ehi! Che diavolo di ore sono?! esordì Dapaisu osservando il cielo cupo, che poteva significare metà mattina come metà pomeriggio. Come mai non mi hai svegliato? Vuoi farmi fare brutta figura già da subito con questa gente? scherzò l'uomo mentre prendeva posto vicino a Ryomei e si apprestava a svolgerne il medesimo lavoro.



     
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    Xain fece una smorfia alle parole dell'altro: "Non dare per scontato che i nostri crimini siano contro i nostri clan, non tutti rinnegano il proprio passato arrivando qui, o non arrivano qui proprio per aver protetto al di là dei limiti dettati da altri il proprio clan.", lamentò lo Shinretsu.
    "Piacere di conoscerti, Daipasu Kinchou", disse invece Rao, con un tono cordiale, prima che i presenti si dividessero.

    [L'Accampamento]

    "Storie interessanti su Tsunade? L'hai conosciuta?", commentò sorpreso Ryosei, fra una bevuta e l'altra, al suo interlocutore, restando poi ad ascoltarlo.

    [Il Mattino Dopo]

    Ryosei stava spellando un grosso orso quando Daipasu lo raggiunse, "No, nessuna brutta figura... solo che data la mia sbronza, ho pensato che fosse meglio lasciarti riposare... comunque è metà mattina, dopo pranzo ti porterò a fare la tua parte, non ti preoccupare, c'é giusto bisogno di qualcuno che aiuti con la pesca... tu a mira come te la cavi?", avrebbe esordito, passandogli un rudimentale coltello per scuoiare l'orso, mentre due kunoichi poco lontano sistemavano dei cesti, fatti con, forse, pelle di un qualche animale più piccolo, una terza, dopo, vi passava dentro quello che sembrava una specie di grasso.
    "Stanno sistemando le sacche per i fuochi, sai, qui il legno è difficile da tenere e gli utilizzatori di katon, escluso qualche Terumi, sono pochi... con il grasso il fuoco brucia più a lungo e più intensamente e la pelle di foca bagnata evita che si disperda.", gli avrebbe spiegato Ryosei, sorridendo alle due che sistemavano i cesti, "Starci vicino è anche un ottimo motivo per cui la notte mi ubriaco... oltre che almeno qui si preparano le pelli per i prossimi vestiti e anche la carne per le prossime cene...", scherzò ancora continuando con Daipasu il suo lavoro.

    [Il Pomeriggio]

    Di pomeriggio, Ryosei avrebbe accompagnato Daipasu fin sui bordi di una scogliera, aveva con se dei grossi arpioni rudimentali con altrettanto rudimentali corde, "Ci sono gruppi più fortunati, come i Kaguya che si fanno gli arpioni con le ossa, o i Terumi che li fanno con lava solidificata, o gli Shinretsu, ma noi andiamo avanti con ciò che riusciamo a fabbricarci, quindi ti consiglio di non sprecare né l'arpione, né le corde. Hai sei braccia ed immagino che tutte ti diano una buonissima forza, quindi, amicone mio, vedi di beccare qualche pesce bello grosso e tirarlo a riva, così facciamo festa!", avrebbe spiegato Ryosei, preparandosi a sua volta per lanciare, in cerca di qualche grosso pesce in mezzo all'acqua.

    -------

    OT: C'é vita in un modo selvaggio e donne dai capelli rossi, penso tu non possa lamentarti :sisi: /OT
     
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    Lo Shinobi d'Oro


    Il Senza-Clan passò un rudimentale coltello a Dapaisu, spiegandogli il motivo per cui non l'aveva svegliato quella mattina. Ahahahahah, sei stato oltremodo premuroso, allora! affermò affabile il Ronin, con la sua voce cavernosa che quella mattina era ancora più baritonale a causa dell'alcol, Ma ti renderai conto che posso ingerire colossali quantità di alcolici senza risentirne troppo il mattino successivo. La sera prima, in effetti, Dapaisu aveva bevuto come se non ci fosse stato un domani, mentre raccontava a Ryomei della sua storia adulterina con la Nidaime Mizukage. Comunque, in quanto a mira, hai davanti a te un cecchino infallibile! si vantò con una grassa risata lo Shinobi-Kumo, mentre infilava una mano in una qualche tasca interna della veste Tanto che spesso vengo soprannominato "Taka no Me", "Occhi di Falco" dichiarò dopo aver scagliato con un "no-look" un Kunai all'indirizzo delle due Kunoichi lì vicino, Kunai nel cui anellino si trovava una grossa stella polare bianca, ed essersi esibito in un inchino teatrale. Dapaisu Kinchou al vostro servizio, mademoiselles scimmiottò il Ronin, prima di scoppiare in un'altra fragorosa risata.

    [...]

    Quel pomeriggio, Ryomei portò Dapaisu sul bordo di un promontorio che si affacciava sull'oceano, per praticare un po' di pesca. Ci sono gruppi più fortunati, come i Kaguya che si fanno gli arpioni con le ossa, o i Terumi che li fanno con lava solidificata, o gli Shinretsu, ma noi andiamo avanti con ciò che riusciamo a fabbricarci, quindi ti consiglio di non sprecare né l'arpione, né le corde. Hai sei braccia ed immagino che tutte ti diano una buonissima forza, quindi, amicone mio, vedi di beccare qualche pesce bello grosso e tirarlo a riva, così facciamo festa! disse l'uomo mentre si apprestava a passare un arpione al Ronin. Questi lo fermò con il gesto di un braccio, massaggiandosi lentamente la lunga barba sale pepe prima di replicare con un gran sorriso: Allora è la tua giornata fortunata! Hai qui il tuo Mida personale. Portando quattro mani alla bocca si coprì il volto, facendo apparire quasi per magia sui palmi delle mani una strana sostanza dorata [2 Slot Dimensionali], che manipolò senza perder tempo dandò così forma a quattro arpioni dorati. Ecco qui, per ora dovrebbero bastare. sentenziò mentre il metallo si solidificava, porgendo due arpioni a Ryomei; da una tasca fece poi sbucare un voluminoso rotolo di spago sottile e argentato: Questo lo offre la casa. A dispetto dell'apparenza, è resistente come cavo d'acciaio. Avanti, diamoci da fare!

    La Stagione della Prosperità
    Giorno 100


    La vita di Dapaisu in quel di Genosha trascorreva agiata. Si era insediato stabilmente nell'accampamento dei Senza-Clan e lì si trovava decisamente bene. Una capanna, rigorosamente in roccia, provviste e persone interessanti con cui interagire. Il Ronin non poteva chiedere di più alla vita.
    Duranti questi mesi, Dapaisu aveva stretto un'amicizia sincera con Ryomei: i due avevano un approccio alla vita simile. Lo Shinobi-Kumo aveva inoltre fatto conoscenza con diverse figure dell'accampamento, in buona parte donne.
    Le sue mansioni all'interno del bivacco erano le più disparate: dalla caccia alla pesca, ricerca di materie prime e relativa lavorazione, produzione di utensili e armi con la sua Ragnatela Dorata. Col suo arrivo, la qualità della vita degli abitanti era sicuramente migliorata.

    Il sole era da poco sorto quando Dapaisu fece il suo ritorno all'accampamento, reggendo sulle monumentali spalle la carcassa di un bue muschiato di media taglia. Il Ronin aveva la lunga barba grigia legata in una treccia, mentre i fluenti capelli brizzolati cadevano alla rinfusa fino a metà schiena.
    Fece una colazione frugale e raggiunse l'amico Ryomei, salutandolo con un sorriso: Sveglia di primo mattino, oggi? Che ne dici di andare ad allenarci un po'? Mi sembri appesantito!

     
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    [Giorno 2 - Mattino]

    Ryosei fu sorpreso non tanto dalle parole dell'altro, che sapeva essere un tipo di compagnia, dopo la serata di chiacchiere su come si fosse "conosciuto" con la Nidaime, ma dalla sua abilità come tirato.
    Certo, le prime a reagire furono le giovani ragazze, quella con i capelli biondi sparò un urlo sorpreso, mentre la terza, si voltò verso il ninja a sei braccia che si presentava loro e disse: "Ehi, tu, signor Daipasu, attento quando tiri quei cosi!", sbottò la rossa, prima che, senza che nemmeno lo toccasse, ma semplicemente aprendo la mano, il kunai stesso volasse indietro verso il "ninja-kumo", "Anche perché non sei l'unico a saperlo fare!", gli sorrise lei.
    "Ok, Maya, abbiamo capito, sei brava anche tu a lanciare!", scherzò Ryosei, avvicinandosi all'altro, "Comunque il mio amico qui è di certo un ottimo cecchino... magari qualche volta, potrete scambiarvi qualche trucco.", aggiunse, dando una bottarella sul fianco al ninja di Iwa e facendogli l'occhiolino.
    "Se ne può parlare... se sa fare qualche buon tiro.", ribatté l'altra sorridendo.

    [Giorno 2 - Pomeriggio]

    Quando il pomeriggio poi i due andarono a pesca, Ryosei vide con stupore l'altro formare delle armi dorate, "Sei meglio di un Kaguya, uno Shinretsu ed un Temuri messi assieme!", esclamò felice come una pasqua, prima di legare il filo attorno alla prima delle fiocine e puntando poi verso un grosso pesce che si agitava in acqua, colpendolo poi con discreta bravura, prima di ritirarlo a riva.
    "Anch'io ho preso qualche lezioncina da Maya un tempo.", scherzò, prima di guardarsi attorno e, con il pesce appena preso vicino a se, suggerì a Daipasu di avvicinarsi: "Non sono un bravo cecchino, ma direi che è giusto che tu sappia che, se un giorno ti servirà una mano dopo delle ferite, allora non ti preoccupare, se mi hai vicino, ti curerò io.", sussurrò, mentre la ferita da fiocina sul corpo del pesce si riduceva sensibilmente d'intensità, anche se la cosa parve leggermente affaticare lo stesso nukenin.
    Quello poi avrebbe ripreso a pescare assieme al compagno, verosimilmente.

    [Giorno 100]

    Quella particolare mattina, Ryosei era in piedi, beveva un distillato vagamente paragonabile al caffé, cosa rara per chi si divertiva ad ubriacarsi tutta la sera e la mattina non aveva problemi a lavorare nella comunità in piena sbornia.
    "Buongiorno a te, vecchio mio.", rispose al saluto l'altro nukenin, sorridendo poi alla proposta di Daipasu: "Ti stavo giusto per proporre una gitarella, ci sono delle diatribe fra i criminali Kenkichi e quelli Kakita, a quanto pare e Rao mi ha chiesto di andare a dare uno sguardo dall'alto.", spiegò il prigioniero di Genosha, invitando poi l'altro a seguirlo.
    I due avrebbero dovuto fare un pò di strada, in mezzo alla neve ed al ghiaccio, spostandosi fino ad una piccola altura da cui avrebbero visto due gruppi da quattro spadaccini per uno, o almeno le loro armi, piuttosto mal ridotte, sembravano molto simili a delle spade.
    "Che facciamo? Restiamo a guardare, oppure proviamo a fare qualcosa? In teoria se si scannano non è che mi preoccupi, però dato che la nostra comunità s'é messa d'accordo con quelli dei Temuri, degli Utakata, degli Shinretsu ed ad un altro gruppo di senza-clan, dovrei provare a farli pacificare... ma noi siamo in due, quelli in otto... potrebbe non essere bello.", osservò, attendendo un parere dal ninja a sei braccia.

    -------------------

    OT: Ok, un pò di informazioni su Ryosei (che in pratica ha il tocco infernale come TS), qualche nota di colore per il secondo giorno del tuo pg e, dulcis in fundo, il pò d'esercizio fisico è diventato la scelta se intromettervi nelle questioni fra due gruppi di spadaccini criminali, oppure no ^^' /OT
     
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