Karyuuken

[Dojo Atasuke Uchiha]

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  1. **Kat**
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    V ~ Il Giglio bianco: Kanjō no chōten


    L

    a Fuyutsuki e l’Uchiha spesero ancora parole per l’eccentrico e particolare Chuunin Accademico. Probabilmente Kazuki-kun non riuscì ad afferrare i rapidi discorsi tra Allieva e Maestro, visto che si stava parlando di persone estranee al Dojo. Ma fortunatamente il giovane Uchiha aveva avuto modo di conoscere Okada-Sensei, anche se si astenne nel proferire alcuna opinione sul suo vecchio Sensei Accademico.
    Il Maestro del Dojo invece espresse la sua personale e saggia opinione, che era pienamente condivisa dalla Genin. A cosa servivano le conoscenze se non venivano utilizzate sul campo di battaglia? Né la Teoria e né la Pratica erano superiori l’una sull’altra. Erano la faccia di una stessa medaglia. L’una completava l’altra. Senza una buona Teoria una Kunoichi rischiava di non riuscire ad aderire a pareti o sulla superficie dell’acqua, non avendo solidi concetti sulla manipolazione del Chakra. Senza una perfetta pratica una Kunoichi rischiava di mostrare solo profonde conoscenze e concetti mnemonici, senza riuscire ad applicarli nella pratica o in un combattimento, diventando una facile preda dei suoi avversari. Ed era questo l’errore che Okada-Sensei commetteva.
    La Teoria non era tutto e la Fuyutsuki non poteva essere più d’accordo con il Maestro del Karyuuken. - Esattamente. Avete riassunto perfettamente il mio pensiero! All’inizio ammetto, forse per inesperienza o forse per l’ardore caratteristico della mia giovane età, prediligevo di gran lunga la pratica. Ma il mio stile di combattimento era grezzo e fin troppo semplice. - Ricordava perfettamente quando era stata convocata per la prima volta dall’Uchiha al Dojo. Era stata sottoposta ad un piccolo esame, che aveva fallito miseramente per inesperienza ed incapacità di comprendere il profondo studio che stava alla base del Taijutsu. Ora invece capiva perfettamente quanti sforzi, non solo fisici ma anche mentali, bisognava compiere per raggiungere un equilibrio tra le due discipline, così “diverse” ma profondamente simili. - Non sono più quella bambina ribelle, schiacciata dal peso dei suoi doveri verso il Clan. - Era passato molto tempo da quando aveva messo piede per la prima volta al Karyuuken. Ora era una ragazza diversa, forse una giovane donna con una strada da percorrere ben chiara davanti a sè. Allargò un sorriso in direzione del Maestro.
    L’imbarazzo era svanito. Forse era stata un po’ inopportuna nel rivolgere domande così dirette e personali nei confronti dell’Uchiha, ma solo in quel momento si era resa conto che in realtà conosceva ben poco dell’uomo che l’aveva seguita ed istruita per tanti mesi. Atasuke-sama era un uomo discreto e riservato. Preferiva trasmettere concetti chiari e precisi agli allievi del suo Dojo, senza nessuna interferenza, comprese esperienze passate e racconti sulla sua “giovinezza”. Lo conosceva solo come Maestro de Dojo, anche se aveva imparato ad apprezzare ed amare l’uomo che si celava dietro quella carica così importante.
    Per evitare di gettare ulteriore imbarazzo sul suo viso, fece un cenno con la testa alle rassicurazioni dell’uomo. Preferì chiudere il discorso, per non sentirsi troppo invadente. Abbozzò un lieve sorriso. Che venne ampliato non appena il Maestro iniziò a correggere il nuovo allievo del Dojo, Kazuki-kun, che evidentemente non si era accorto di aver ricevuto già un prezioso allenamento. - Non aspettarti “grandi” lezioni da Atasuke-sama. Non verrà mai da te per insegnarti qualcosa di preciso come se fossimo in Accademia. Non sei più uno studente, che diligentemente prende appunti durante le ore di lezioni ed esce ordinatamente in fila al suono della campanella… - L’immagine che stava dipingendo le strappò una risata. Cercò comunque di contenersi. Desiderava far capire al giovane ed inesperto Uchiha che non c’era bisogno di troppi preamboli o formalità per trasmettere un insegnamento. - … Ti consiglio di prestare attenzione ad Atasuke-sama in ogni momento della giornata che trascorrerai qui. Molto spesso i migliori insegnamenti arrivano da una sessione di meditazione sotto i Sakura o nella semplice quotidianità del Dojo, e non in una sala di allenamento come questa! - Invitava caldamente il ragazzo dalla chioma corvina ad abbandonare i vecchi “schemi” di lezione che aveva in testa. Solitamente Atasuke-sama, nonostante amasse le formalità e la buona etichetta del Ninja, donava preziosi insegnamenti anche con un semplice discorso, un’acuta osservazione, e non necessariamente con una Katana o un Bokken impugnato in una mano.
    Annuì ad ogni singola parola proferita dal Maestro. In effetti già dal loro abbigliamento si potevano distinguere due spiriti molto diversi, il combattimento a mano armate ed il combattimento a mani nude. La Fuyutsuki prediligeva sicuramente la risolutezza e la caparbietà del combattimento senza lama, mentre Atasuke-sama preferiva quello raffinato ed equilibrato con una Katana ben impugnata nella sua mano. Ma come aveva precedentemente precisato l’Uchiha, non c’era alcuna differenza tra le due strade.
    Intanto Kazuki-kun si congedò educatamente dal Maestro del Dojo, mostrando anche profondo rispetto e gratitudine nei suoi confronti. - Mata Aimashou! - Lo salutò con lo stesso rispetto e le buone maniere che Atasuke-sama tanto adorava.
    La Fuyutsuki, rimasti soli, deviò il discorso verso un argomento che le stava particolarmente a cuore. Nella sua primissima missione fuori dalle Mura di Konoha, quando era ancora una semplice studentessa dell’accademia, si era infiltrata insieme al Maestro in un’associazione criminale di combattimenti clandestini. In quell’occasione le era stato offerto un potete oscuro, facile da ottenere, senza nessuno sforzo. Il prezzo da pagare probabilmente non era molto alto, visto che la Kunoichi era accecata dal desiderio di riportare a casa sua sorella. Alla fine aveva scelto la strada più difficile da percorrere, non quella semplice, preservando la purezza del suo spirito.
    Osservò con attenzione ed estrema serietà il volto di Atasuke-sama. Desiderava solo capire se finalmente era pronta per affrontare una simile prova. Ormai erano trascorsi diversi mesi, forse fin troppi. Il Maestro del Dojo si abbandonò all’arte della Retorica per poter rispondere al quesito dell’allieva. La ragazza annuì. Si sentiva pronta, forse poteva ancora migliorare, ma Ai-chan non poteva aspettare in eterno. - Non sarò avventata. Non permetterò alle mie emozioni di prevalere sul mio spirito. Non sono più la ragazzina di molto tempo fa! - Ricordava perfettamente gli errori che aveva commesso durante quella missione. - Non mi sono allenata per riportarla a casa, come ho fatto in passato. Ero completamente accecata dal desiderio di ricongiungere la mia famiglia e far risorgere il mio Clan, accettando il pesante fardello che mio Padre mi ha consegnato senza volerlo. Sono diventata una Kunoichi senza comprendere il vero significato della parola Ninja, senza un Nindo. Ero così immatura e pensavo di risolvere i miei problemi a suon di pugni, diventando sempre più forte. - Stavolta la ragazza desiderava parlare a cuore aperto al suo Sensei, senza riservatezze od impedimenti. - Resisterò a tutto ciò che dovrò affrontare in quell’Arena! - Concluse con determinazione.
    Era caparbia, forse testarda e determinata. Irascibile, sensibile e volubile. Ma era sempre stata una ragazza con la testa sulle spalle. Ora conosceva i propri limiti, fin dove poteva e riusciva a spingersi. Aveva imparato a scindere la sua anima in due parti, spirito ed emozioni. Al Dojo aveva temprato giorno dopo giorno il proprio spirito. Ed aveva custodito gelosamente le sue emozioni, che la spingevano a superare i propri limiti ed i momenti di difficoltà quando tutto sembrava perduto.
    L’improvvisa domanda di Atasuke-sama la spiazzò. Non capiva a cosa si riferisse. Rimase in silenzio, penetrando nello sguardo scuro dell’uomo con le sue iridi cristalline. La percezione del Chakra dell’Uchiha poteva chiaramente percepire il suo costante ed armonioso flusso di energie. Era ben diverso dal solito. Non era più un fiume in piena pronto ad oltrepassare i propri argini, come una tempesta di emozioni, amore, dolore, risentimento, fratellanza. Il Chakra fluiva con tranquillità lungo tutto il temprato corpo della Fuyutsuki. Probabilmente il flusso diventava più intenso in prossimità degli Arti, utilizzati come delle vere e proprie armi dalla Genin. L’Uchiha poteva notare con estrema facilità il colore limpido e cristallino del suo Chakra. Non c’era traccia di Suiton, Raiton, Doton, Katon o qualsiasi altro elemento. La Fuyutsuki rappresentanza la più candida purezza, proprio come un giglio bianco. Le sue energie erano così pacate e cristalline, come i suoi occhi. Ma c’era un punto in cui, proprio come un ramo affluente, goccia dopo goccia, venivano raccolti granelli di Chakra. Una segreta riserva di energie veniva riempita con pazienza, senza nessuna fretta. Quella forza si nascondeva nel Byakugō no In, un rombo violaceo che si confondeva con le sue ciocche di capelli castani nel centro della fronte. Era lì che risiedeva qualcosa d’incomprensibile forse per l’Uchiha, ma che sapeva che qualora quella fonte di Chakra fosse rilasciata avrebbe donato all’Allieva non una forza, un’abilità fuori dal comune. Il limpido fiume di Chakra rappresentava lo spirito equilibrato della Kunoichi, mentre quel Fuinjutsu custodiva le proprie emozioni. - Te l’ho detto. Sono diversa! - Annuì con un sorriso. Quello era un dono di Ai-chan, l’eredità dei Fuyutsuki, il pinnacolo delle emozioni.


     
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