Il Fiore e la Bestia

[Free GdR]

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1. -Meika
        Like  
     
    .

    User deleted


    Il Fiore e la Bestia

    II



    Quando aprii la porta vidi il solito Akira. Ero più abituata a vederlo in abiti di servizio che in vestiti civili, così per un attimo rimasi spiazzata come se mi aspettassi di vederlo con la solita maglia bianca e azzurra, il fuuma kunai sulla schiena e sacche alla cinta. In più portò una bottiglia di vino bianco. Sorrisi appena, evitando di dire un circostanziale “non dovevi”.
    Mentre ero ai fornelli sentii i suoi passi avvicinarsi e quando lui mise le sue mani sulle mie spalle sentii chiaramente il cuore mancare un battito e quando mi baciò la guancia il viso avvampare. Lui si allontanò, non facendo nemmeno una battuta riguardo quel rossore.
    Semplicemente virò sulle pietanze che avevo cucinato durante l'ultima missione. Bé, da quando la mamma è morta ho fatto di necessità virtù. E poi mi piace. Era vero. Non avrei dedicato tutto quell'impegno per cercare di cucinare sempre meglio se non mi avesse divertito. Amavo provare e sperimentare. Per me la cucina era più un hobby, con sentiti ringraziamenti di mio padre.
    Dopo aver servito i piatti ed essermi tolta di dosso quel grembiule lui commentò con una battuto l'orrore che quel capo doveva avergli suscitato. Alzai un sopracciglio, senza riuscire a non sorridere appena mentre mi sedevo di fronte a lui. Le scelte di mio padre. Dissi solamente. Quel grembiule l'aveva acquistato lui in un mercatino durante la Fiera Invernale del Villaggio qualche anno prima. Appena l'avevo visto ero rimasta perplessa ma dovendolo usare solo in casa ed avendo io circa quindici anni d'età all'epoca, pensai che alla fine andasse bene lo stesso.
    meika77
    Mh, consiglio, se devi fare un complimento fermati alla parte in cui il complimento è sensato e taglia il resto che lo sminuisce. Lo canzonai quando mi disse che il tutto sembrava buono, ma che “anche i calzari ninja fritti lo erano”. Risi però, evidentemente divertita e non offesa. Lo conoscevo troppo bene per prendermela per quel suo modo di fare.
    Il discorso poi si spostò sulle spade e la promozione. Suo zio doveva essere severo (Akira se ne ero lamentato più volte) ed espresse la sua voglia di possedere una delle nuove Sette che sarebbero state forgiate da lì a breve. Sorrisi appena, annuendo Sono sicuro che ne avrai una, cavolo. Abbiamo passato l'inferno per prendere quel metallo e sei anche uno spadaccino! Dissi, sinceramente. Il ricordo dei geli di Genosha era ancora troppo vivido per scherzare sul fatto che “un idiota come te potrebbe ambire al massimo ad un kunai con i bordi smussati”. Ci meritavamo tutti i premi di questo modo per aver portato a termine quella sotto specie di gara di sopravvivenza mista a missione. Io non saprei che farmene, giuro. Anche se proprio me ne desse una, io sono totalmente inutile con un'arma così in mano. Presi un pezzo di carne, infilandolo in bocca. A meno che non sia una spara-dardi. Sarebbe ottima per avvelenare. Akira poté notare una strana luce sul fondo dei miei occhi. Quella sì che sarebbe stata un'arma adatta a me.
    La mia corporatura gracile mi rendevano una spadaccina pressoché inutile. Avevo rinunciato da tempo ad allenare i miei muscoli alla forza. Era inutile: non sarei di certo stata in prima linea a combattere col mio corpo.
    Al contrario di Akira.
    Dopodiché lui stappò il vino bianco che aveva portato e riempì due bicchieri, porgendomene uno. Lo soppesai per un lungo istante, mentre l'odore della bevanda mi pungeva la narici. Lui mi chiese a cosa avremmo dovuto brindare, ed io mi trovai in seria difficoltà. Quando si veniva a brindisi non sapevo mai cosa dire.
    Akira propose alla Sette, al che – fossimo stati su un tavolo normale – gli avrei calciato gli stinchi. Uomini e la loro fissazione per le spade! Ci brinderemo quando saranno forgiate. Dissi, facendo un'infantile linguaccia. Dunque passò ad un discorso più serio, proponendo un brindisi al fatto che eravamo ancora vivi. Un brindisi a noi. Sorrisi, allungando il mio bicchiere fino a farlo toccare col suo. A noi... E bevvi un sorso del vino.
    Era aspro, ma buono. Ne bevvi un secondo e poi il bicchiere sul tavolo, guardando poi Akira in viso. Riprendemmo a mangiare dopo quel brindisi. Assaporai il tonkatsu che avevo preparato, appurando che era venuto bene e mangiai anche un po' di insalata. Anche Akira sembrava essere affamato.
    O sono straordinariamente brava, o hai saltato il pranzo. Dissi, divertita. Anche io in realtà avevo "saltato il pranzo". Mezza porzione di ramen presa da un banchetto e mangiata a malavoglia non era considerato un pranzo nemmeno nei peggiori bassifondi del Porto di Kiri.
    Così mangiammo, parlammo e pian piano tre quarti della mia porzione di tonkatsu era scomparsa, i gamberi e verdure fritte erano un ricordo e la mia insalata a metà. Così come la bottiglia di vina, ridotta ad un quarto.
    Avevo del tutto dimenticato l'acqua. Non ero (ancora) brilla, ma sapevo che prima o poi l'alcool avrebbe raggiungo il sangue e da lì il mio cervello. Anzi, stava già in parte accadendo.
    Sentivo la testa leggera, vagare nei pensieri nei quali avevo indugiato per tutto il giorno. Volevo parlare, ma non sapevo se farlo ora.
    Avrei dovuto attendere? E sopratutto che dovevo dire? Come dovevo dirlo? Perché ero così confusa? Ah, l'alcool. Con ogni probabilità.
    Non avevo pensato minimamente a cosa dire, come dirlo e quando dirlo. Avevo invitato Akira lì a casa quella senza senza avere nemmeno l'esatta percezione di ciò che intendessi fare, agendo più d'istinto che di coscienza. Volevo solo passare un po' di tempo con lui, in un ambiente privo di interferenze che si manifestavano sotto forma di Samoru.
    Pensai a cosa sarebbe potuto accadere quella sera se fossimo rimasti davvero soli. Dove mi avrebbe portato l'istinto? Forse era stato un bene che Samoru si fosse intromesso, ma non sapevo quanto questo avrebbe realmente cambiato le cose – almeno dal mio punto di vista – perché non ero solita mentire a me stessa: ero stata bene, mi ero sentita felice.
    Senza che me ne rendessi conto le guance di erano imporporate e non ero certa che la colpa fosse della misera quantità di alcool che avevo ingerito.
    Ehm, sì... afferrai (infilzai) un altro pezzo della mia carne, mangiandolo quasi nervosamente. Akira poteva vedere che qualche pensiero mi aveva scosso, non potevo di certo utilizzare le mie doti recitative con lui. Ingoiai il boccone e bevvi un altro sorso di vino, dunque, con calma, sospirai.
    A che serviva rimandare?





    meika55



    Scusa. In genere non era un buon segno quando una donna iniziava un discorso con “scusa”. Forse dovevo attendere almeno il dolce... il tono era abbastanza agitato. I pensieri avevano vagato liberamente senza che me ne rendessi conto, così alla fine lo stomaco si era praticamente annodato su se stesso e dovetti posare le bacchette e stringere le mani tra loro sotto il tavolo per impedire che si capisse con chiarezza che non riuscivano a star ferme.
    Stupida, emotiva, Meika.
    Mi sono lasciata prendere dai pensieri. Sospirai, abbassando poi lo sguardo sulla carne finita a tre quarti. Non avevo ancora toccato la zuppa di misou però. Forse tu stai pensando che sia stato un errore... a quel punto avrebbe potuto pensare che avrei detto da lì a poco “lo è stato anche per me” ... Questo dovrebbe essere il punto in cui una ragazza dice “non voglio perdere un così caro amico”... Ma che stavo dicendo e sopratutto, come lo stavo dicendo? Qualsiasi cosa stessi cercando di affrontare lo stavo facendo decisamente male visto che tutto era fraintendibile dalla prima all'ultima parola. Dopotutto dovrebbe essere più facile così, dimenticare tutto e fare come se quel bacio non fosse mai accaduto... insomma, forse non avrei dovuto cedere a me stessa. Probabilmente Akira a quel punto stava subendo un arresto cardiaco. Ma...


    Che parola potente era “ma”. Aveva la forza di annullare un sacco di sciocchezze dette precedentemente quasi a sproposito, ribaltando totalmente il senso (apparente) di un discorso. Non mi rendevo conto del mio pessimo approccio alla questione, ero troppo nervosa ed inesperta per poter tenere una fredda calma in quel momento.
    Quelle sono solo le scuse che noi ragazze usiamo per scaricare chi non ci piace. Era quello il punto focale della questione: ero stata bene. Ero stata bene nel momento in cui l'avevo baciato, ero stata bene quando avevo capito che lui avrebbe risposto, ero stata bene quando al mattino dopo mi sono svegliata ancora lì, tra le sue braccia. Ero stata semplicemente troppo bene per poter pensare che fosse un errore.
    Se fosse stato un errore avrei dovuto pentirmene, eppure nel marasma di sentimenti che provavo non vi era alcun rimorso.
    ... ed allora non le userò, Akira. Forse tu sì, lo capisco... ma nel rifugio sono stata sincera, in tutto. Quelle ultime parole erano state pronunciate quasi a bassa voce. L'emozione mi aveva fatto salire le lacrime agli occhi, ma le ricacciai indietro con uno sforzo titanico.
    Col timore di ciò che avrei potuto leggere sul viso di Akira, rialzai gli occhi. Avevo sempre parlato per battute, espresso i miei sentimenti con sarcasmo. Akira aveva già conosciuto quel lato sincero di me che difficilmente mostravo ad altre persone. L'aveva conosciuto per la prima volta a Taki, sulla barca durante il viaggio di ritorno e lo stava rivedendo ora. Non c'era spazio per chiudere tutto con una battuta, ridendo.
    Non quella volta.
     
    .
12 replies since 11/12/2015, 00:50   324 views
  Share  
.