Il recinto degli schiaffi

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  1. Ayato
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    Horobi



    La parola Horobi non ha alcun significato nella lingua comune, ma in un antico villaggio dimenticato si sarebbe potuto tradurre in "fiamma che tutto consuma". Il giovane Horobi non aveva molto a che fare con le fiamme, tantomeno era il genere di ninja che qualcuno avrebbe potuto accostare al fuoco. Egli era come la nebbia, Oboro, e come il vento, Kaze. Eppure questo era il suo nome, un nome da primogenito, colui che si sarebbe sostituito al padre assassinandolo. Più di sei anni separavano Horobi da quella prova, nonostante il suo pensiero vagasse spesso per quei lidi oscuri.

    "Recati alla festa. Cerca un maestro"

    Erano questi gli ordini. Ad Horobi non interessavano le feste, ne divertirsi, ne distrarsi in alcun modo. Ma non era tipo da discutere un ordine, non senza valide argomentazioni personali. Perciò andò alla festa, prese una maschera da volpe da una bancarella, ed attese. Indossava una tenuta insolita per lui, completamente nera: l'unico elemento colorato era la maschera, arancione e rossa, che però al momento teneva riposta nella tasca della felpa. Aveva scelto di vestirsi di nero senza un motivo particolare, e teneva il cappuccio tirato indietro, stranamente poco attento a non farsi vedere.

    °Un maestro in mezzo a tutti questi pagliacci. Non farò fatica a riconoscerlo°

    Ma fu il maestro a riconoscere Horobi, o quantomeno a fissarlo in modo davvero preoccupante. Sembrava aver visto uno spettro.

    Horobi non era che un principianti nella gerarchia degli shinobi, eppure era già molto sveglio, e non mancò di notare quello che c'era dietro quel buffo costume da drago. L'ipotetico maestro fece entrare nel recinto un'altra figura bizzarra, una ragazza. Lei non emanava alcuna aura particolare, eppure quel ninja esperto le stava chiedendo di mettersi alla prova. La mossa di Horobi non si fece attendere.

    °Ho aspettato fin troppo in questo luogo chiassoso°

    Balzò giù dalla sua postazione e tirò fuori la maschera da volpe. Prima di indossarla fisso per qualche secondo la persona che aveva immaginato poter essere un maestro: il suo non era uno sguardo di sfida, ma uno sguardo curioso e determinato. Gli occhi del giovane erano molto simili a quelli dell'Horobi conosciuto da Raizen, ma mancava da loro la profondità, e la sofferenza.

    "Combatto io"

    Disse infine il ragazzo, calzando la maschera, ed entrò a sua volta nel recinto. Le mani tornarono a mettersi nella tasca della felpa, le spalle erano rilassate e sembrava quasi fuori guardia. Soltanto gli occhi, che si intravedevano attraverso il muso da volpe, mostravano la sua concentrazione.

    Scelgo +1 a velocità e +1 a riflessi.


    Ayato



    La Voce di Castlevania portò al signore dei vampiri un pensiero. Ayato dischiuse gli occhi bicolore e si alzò a sedere, contemplando la notizia.

    °Un mio vecchio allievo è progredito così tanto da pensare questo°

    I suoi pensieri erano un misto di orgoglio e curiosità, e la sua risposta non si fece attendere. Così la Voce di Castlevania corse veloce, ed udibile solo a Raizen, sussurrò: l'Ottavo Hokage è lieto della vostra volontà, ed egli è pronto a soddisfare il vostro intimo desiderio...

    Dopo qualche secondo un secondo sussurro: Tuttavia il luogo dove vi trovate ora, e le persone con cui vi accompagnate, non sono al giusto livello per ospitare ed assistere ad una vostra dimostrazione di forza. Vi invita perciò a raggiungerlo nell'Arena di Castlevania tra sei giorni esatti. Se lo desiderate potete portare un pubblico adeguato. Infine, per arrivare, l'Hokage è certo che non avrete difficoltà, vi basterà pensarlo...

    Poi la Voce andò via, così come era venuta, e senza possibilità di replica. Ayato finalmente si alzò dal suo maestoso letto vittoriano ed andò a fare una ricca colazione, mentre nella mente già pregustava ben più prelibate libagioni.

    Edited by Ayato - 4/3/2016, 16:12
     
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