Aka Kekkonshiki

[Quest di Villaggio, grado A]

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    九代目水影 - Kyuudaime Mizukage

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    Aka Kekkonshiki

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    Quel matrimonio s'aveva da fare. Sapevo fin dal principio di quella recita (che scricchiolava sotto il peso di una verità imprevista) che quel tanto temuto momento sarebbe giunto. Il momento in cui tutto si cristallizzava nell'attimo in cui Shizuka avrebbe dovuto conoscere i miei genitori. Alcuni giorni prima, in un incontro estremamente segreto con l'Hokage, avevo chiarito quel punto con estrema chiarezza.
    Ce la giocheremo in due momenti, Hokage-sama, avevo spiegato Il primo momento è quando Shizuka incontrerà mio padre. Il secondo momento quando dovremo organizzare il tutto. E per ora tu non potrai far nulla se non fidarti della migliore Kunoichi in termini di infiltrazione che abbia mai conosciuto. In questo mesi non c'è stato alcun sospetto ed è giunto il momento che Jinsuke Kurogane conosca sua nuora e quello sarebbe certamente accaduto.


    Comunicai di persona la notizia a Shizuka. Non che fosse inattesa: era certo come il sole che sorge al mattino che prima del matrimonio avrebbe dovuto incontrare i miei genitori e sottostare ai loro sguardi. In particolar modo, allo sguardo indagatore di mio padre. Jinsuke Kurogane non era divenuto l'uomo che era facendosi raggirare con facilità. Le sue doti di commerciante erano leggendarie, ma ancora di più la sua capacità di scandagliare nel profondo l'animo delle persone.
    Ero certo, in cuor mio, che l'unico motivo per cui con ogni probabilità non mi aveva scoperto fosse che ero realmente (ed inaspettatamente) innamorato della donna che mi era stato ordinato di fingere di amare. Ero bravo a recitare, ma non bravo quanto Shizuka. Sapevo che iniziando quella missione stavo mettendo in pericolo la mia vita (e non solo) ed ero pronto ad accettare tutto ciò che ne sarebbe conseguito, morte compresa.
    Shizuka, in qualche modo ero riuscito ad allontanare Ritsuko. Avevamo deciso di vederci per una semplice passeggiata al tramonto per le verdeggianti colline di Konoha ed eravamo seduti sotto lo stesso albero sotto il quale ci eravamo conosciuti. È giunto il momento, mormorai allungando una mano per stringere una sua. Un lampo di preoccupazione attraversò i miei occhi, ma non lo diedi a vedere. Mio padre desidera immensamente conoscerti e fissare una data per il matrimonio, mormorai. Eravamo abbastanza vicini da far si che parlare ad alta voce non servisse. Avvicinai le labbra al suo orecchio destro.
    Fa attenzione, non glie lo avevo mai detto. Era la migliore infiltrata della Foglia ed ero certo che avrebbe fatto di tutto per garantire il successo di quella missione che, sopratutto in quella prima fase, coincideva col suo benessere più totale.


    Il giorno fissato era da lì ad una settimana. Sarebbe stata attesa lei e se l'avesse desiderato una guardia del corpo fidata. Cosa fare in quella settimana per prepararsi al meglio stava solo a lei.


    So we begin (again).
    Dati gli eventi la vecchia quest non aveva molto da dire, per cui ho cambiato appena la trama per adattarla alla nuova situazione.
    In questo primo post Shizuka (e se vuole, anche Raizen) hanno una settimana di tempo per preparare Shizuka all'incontro.

    Masaki vi è totalmente alleato e farà tutto ciò che gli chiederete di fare. A voi!
     
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    Oltre il Limite







    Era stato complesso organizzare quell’incontro, estremamente.
    Essere sicuri di non avere orecchie alle calcagne o spie era quasi impossibile, nessuna lettera, nessun messaggero, nessun sigillo, solamente incontri casuali dettati da routine inosservabili e concordate, ed in momenti la cui importanza lo richiedevano.
    Una linea d’azione decisa fin dal loro primo incontro che rendeva quella prima parte lievemente instabile a causa della carenza di informazioni sull’avanzamento della situazione.

    Va bene Masaki, non ho alcun problema, tanto più che di procedure nobiliari non capisco un fico secco, per un contadinotto come me presentare una ragazza al proprio padre equivale a portarla per mano a casa e dirgli quale è il suo nome ed eventualmente durante una chiacchierata dirgli cosa fa nella vita.
    Ma voi nobili siete degli scassa cazzo.


    Sospirò a fondo.

    Tuttavia ci sono informazioni necessarie ed importanti che devi iniziare a raccogliere in questo periodo.
    Non serve infiltrarmi alle tue nozze, sono l’Hokage e la mia presenza è scontata, vista anche l’amicizia che mi lega ai Kobaiashi. E poi sono la carica più alta del paese, per voi è un onore e paradossalmente una sicurezza avermi li.


    Non riusciva a stare fermo mentre esternava quei pensieri, per cui camminava a passi lenti e misurati mentre teneva le mani intrecciate dietro la schiena.

    Quindi non mi serve nulla per nascondermi, ma mi serve sapere quali teste devono cadere con precisione, e mi serve averle tutte li.
    Persino i membri della famiglia più attaccati a coloro che moriranno dovranno rientrare in questa stima, se possibile non li ucciderò, ma se li reputerò in grado di riprendere le attività di famiglia dovrò valutare il loro status, potrebbero benissimo essere imprigionati, ma non a Konoha, e non vicino a qualcuno interessato a liberarli.
    Per questo non posso permettere che i Kurogane spariscano semplicemente.


    Guardò Masaki a lungo, quasi scavandogli dentro con lo sguardo, aveva qualcosa di difficile da chiedere.

    Dovremmo…

    Un nuovo sospiro.

    …dovremmo proseguire il lavoro dei Kurogane.

    Ancora guardava la pecora nera.

    Dovrai proseguirlo, dovrai metterti addosso i panni del traditore, del figlio ambizioso, del rampollo tradito che cerca rivalsa, dovrai essere per il mondo la più spregevole forma di vita esistente al mondo.
    Dovrai essere per gli acquirenti del ferro, colui che per ambizione ha bevuto il sangue di suo padre dal calice del tradimento.
    Questo è quello che sapranno i tuoi acquirenti quando gli venderai per un primo periodo le armi ad un prezzo ridotto in modo da invitarli a stringere nuovi contratti o rafforzare i precedenti.


    Le ultime parole pesavano, pesavano su Masaki quanto su Raizen. Era l’Hokage, la prima fiamma della nazione del fuoco, il fuoco puro che ardeva in ogni konohaniano e quelle parole non erano semplici da dire, nemmeno da immaginare, persino per lui quelle azioni erano troppo grette.
    Ma il gioco valeva la candela?

    La foglia non avrà nemici, chiunque necessiterà di armi in quantità, chiunque debba armare un gruppo in grado di ledere un intero villaggio verrà dai Kurogane, e quando lo farà la foglia saprà ed ingrasserà le sue fila con i soldi che hanno usato per comprare le armi che li decapiteranno.

    Si prese il capo tra le mani, quasi stesse confessando il più orrido dei peccati.

    Volevo farti aiutare dai Kobaiashi per rendere ancor più fiorenti le entrate che, eccezion fatta per quelle necessarie al tuo agio personale ed al mantenimento dell’attività verranno rigirate al villaggio.
    Hanno una grande conoscenza di questi meccanismi e ti aiuteranno ad eliminare le mele marce in poco tempo.
    Qualsiasi criminale che voglia lederci non farà che arricchirci.


    Alzò nuovamente la testa, aveva scritto colpevole nella fronte.

    Per questo, per non ledere questa visione di pace, per non danneggiare il fine ultimo mi serve sapere i nomi e le facce di tutti, ma soprattutto di chi li difende e con quali mezzi.
    E se sono legati da qualcosa che non siano soldi, ed in particolar modo se hanno interessi secondari verso la famiglia, potrebbero anelare posti di potere o amministrativi al suo interno.
    Ultimo ma non ultimo: la loro posizione durante la festa, se necessario iniziate a persuaderli riguardo il loro eventuale allontanamento, dopotutto, c’è l’Hokage alla festa, è già sicura a sufficienza.


    Tutte parole e richieste che già aveva comunicato a Shizuka, complesso sapere cosa i due sarebbero riusciti a raccogliere e comunicargli di tutte quelle informazioni.
     
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    I AM...

    The future rewards those who press on. I don't have time to feel sorry for myself. I don't have time to complain. I'm going to press on.




    Shizuka Kobayashi era una Principessa.
    Destinata ancor prima di nascere a responsabilità ed oneri molto più grandi di quelli di chiunque altro, era stata cresciuta ed educata per due soli adempimenti: diventare la Capoclan della più potente e ricca Dinastia delle Terre del Fuoco, ed essere una moglie e una madre eccellente.
    Non c’era niente che non fosse stata preparare a fare. Dal canto alla danza, colta in letteratura ed economia, abile sarta e ricamatrice, mercante di portata pari o forse addirittura superiore a quella di suo padre –il Re dei Mercanti e delle Menzogne–, Shizuka aveva ricevuto l’istruzione più rigida. Aveva sofferto i peggiori dei castighi. Era stata soffocata dalle più pesanti aspettative.
    E tutto per il futuro dell’Airone.

    Era tutto per il Clan Kobayashi.

    «Il Kimono è stato aperto, mia Signora.» Una voce elegante fu l’anticamera di un profondo inchino.
    «Grazie, Mayuko.» Mormorò una mano sollevata, prima di muoversi di scatto in un cenno di congedo.
    «Ricordi la tradizione, spero bene, Shizuka. E il nostro patto, anche.» Esordì una voce austera di donna quando la porta scorrevole di riso di una stanza priva di finestre si chiuse. Enormi ante di legno di ciliegio lucido sembravano sostituire le pareti ed alte cassettiere intarsiate riempivano gli angoli. Tappeti di sete e broccati intrecciati a mano vestivano i pavimenti di legno su cui sostava solo un alto specchio dalla cornice di puro argento, raffigurante una fantasia di aironi in volo, e un basso sgabello. Su questo, le spalle di una giovane donna dai capelli castani, tanto lunghi da solleticare il suolo con le loro punte, si fecero rigide. «Le mogli Kobayashi sono Imperatrici di ricchezza ed eleganza. Non c’è spazio per nient’altro, nelle nostre vite. Abbiamo avuto un’enorme indulgenza nei tuoi confronti, da quando sei voluta diventare una kunoichi…ma finalmente sembri aver capito che le tue non erano altro che sciocchezze, nipote mia.» Disse ancora quella voce. Sembrava ridere. «Non ci saranno altre concessioni, per te. Il matrimonio finalmente ti darà un posto nel mondo.» Una porta che si apriva. «Doma quel Kurogane. Sei tu che devi acquisire la sua famiglia e non il contrario. Non deludere le nostre aspettative, Shizuka.» E la porta si chiuse.

    Ma Shizuka Kobayashi, per quanto potesse non essere la migliore degli Shinobi, era certamente la più eccellente delle Eredi. E nessuno temeva davvero che le proprie apprensioni venissero deluse.
    ...In un angolo della sala, aperto su di un espositore di corno d’avorio, un grande kimono scarlatto ricamato millimetro per millimetro da puro filo d’argento, arieggiava placidamente.
    Erano trascorsi ventisei anni dall’ultima volta che aveva visto la luce del mondo.

    […]

    “Fa attenzione.”



    C’erano stati momenti, invero sempre più rari mano a mano che il tempo trascorreva, in cui Shizuka aveva capito quanto Masaki ci tenesse a quella missione. Era sempre concentrato, sempre profondamente rivolto verso il suo obiettivo. Non sembrava pensare ad altro, soprattutto quando era con lei, l’ago della bilancia. La sua bilancia.
    ...Quello, era uno di quei momenti.
    Fermo di fronte a lei, il Principe dei Kurogane la guardava con apprensione dopo averle sussurrato l’unica frase che per ovvie ragioni nessuno le aveva mai detto da quando quella farsa era iniziata. Era evidente che l’idea di fallire in quel piano lo terrorizzava, per giusti motivi avrebbe aggiunto, e lei allora, suo malgrado, non poté fare a meno di sollevare una mano verso il suo volto e con dolcezza premere le dita fresche sulla pelle più accalorata di lui, sperando così di calmare quell’espressione di preoccupazione che, per quanto sapientemente nascosta, non poteva sfuggire proprio a chi aveva fatto della menzogna la sua vita.
    «Ti va di sedere?» Chiese sorridendo, ma non aspettò che lui rispondesse per inginocchiarsi a terra. Il bello scialle sfrangiato verde smeraldo che le carezzava il collo, copriva un kimono d’oro dalla fattura rara e preziosa, ma lei non sembrò preoccuparsene quando si accomodò sull’erba e la terra fresche, invitando Masaki a fare altrettanto. «Facciamo meglio.» Avrebbe infatti detto, e così dicendo avrebbe battuto allegramente le mani sulle sue gambe. «Distenditi, dai.» Mormorò, ma il sorriso labile che le illuminava il viso sarebbe scomparso presto…se non avesse invece, e finalmente, cominciato a recitare come si conveniva.

    Se fosse tornata indietro nel tempo, al giorno in cui per pura ripicca nei confronti del suo talentuoso fratello maggiore aveva deciso di diventare ninja, era certa che alla domanda “a cosa auspichi, in futuro?” lei avrebbe risposto “occupare una posizione di rilievo a Konoha!”
    …In verità le cose erano cambiate un bel po', da allora. Non le interessava più essere una “personalità”, un “eroe”. C’era chi viveva per quel titolo, ma lei, di essere identificata per un’onorificenza, si preoccupava poco. Indubbiamente però, ora al contrario di un tempo, voleva il potere. Voleva il sapere.
    Ed era conscia del fatto che solo scalare la gerarchia le avrebbe potuto dare ciò che voleva. Per questo aveva accettato quella missione. Per nessun altro motivo.

    «Masaki, conosci l’Haiku della fiducia?»

    Sarebbe stata pronta ad uccidere, corrompere, manipolare e distruggere pur di ottenere il potere. Il suo potere.
    Non le interessavano le verità fornite da altri. Non era mai stata una gregaria.
    Voleva salire la vetta. Ma la vetta doveva essere solo sua.

    «“Come il vento che si insinua tra le rocce,
    fiducia antica,
    non negare lui l’accesso.”
    …credo fosse così, no?»


    Con quella Missione avrebbe ottenuto tutto. Tutto.
    E dopo, sarebbe stata libera anche dal suo ultimo giogo.
    Libera... finalmente.

    «Non tradirò le aspettative tue e della tua famiglia, Masaki. Sarà per me un onore conoscere i tuoi genitori…» Mormorò la ragazza, accarezzando con dolcezza i capelli d’argento del Dislocatore mentre guardava questi dritto negli occhi. Il suo sguardo, a differenza di quello più spontaneo del solito, era affilato e acuto, adesso: “ascoltami” stava dicendo “ascolta bene ciò che sto dicendo”. «…abbi fiducia in me. Sempre. Permettimi di entrare nella tua vita, nel tuo cuore e nella tua mente. Non ti tradirò, né ora né mai.» Disse ancora, chiudendo gli occhi per poi annuire con fermezza. Le sue dita si intrecciarono ai capelli del giovane, sfiorando e fermandosi sulla testa di lui, mentre lei si abbassava...e tutto ciò che seguì da quel momento in poi sarebbe stato, in verità, solo un attimo. «Grazie per avermi dato la grande occasione di innamorarmi di te.» …E mentre le sue labbra avrebbero tentato di toccare quelle del Dislocatore, la connessione mentale sarebbe stata instaurata [Interrogazione Mentale]
    Interrogazione Mentale
    Villaggio: Generico
    Posizioni Magiche: Tigre (1)
    L'illusione si attiva tramite il contatto con la vittima. L'utilizzatore sarà in grado di interrogarla, cercando di estorcerle le informazioni direttamente dalla propria psiche leggendo la mente. Può essere utilizzata anche su bersagli incoscienti, riuscendo a comunicare mentalmente. L'utilizzatore vedrà le immagini dei pensieri superficiali della vittima, la quale è consapevole dell'interrogazione. Per mostrare un'immagine diversa dal reale pensiero è necessaria molta concentrazione, uno slot difesa e un consumo pari a medio ogni domanda.
    L'efficacia è pari a 30. Ogni domanda oltre alla prima richiede slot azione/tecnica.

    Tipo: Genjutsu - Tameshi
    (Livello: 4 / Consumo: Mediobasso ogni domanda )
    [Da genin in su]
    .

    «Masaki, mantieni la calma. Sono io.»
    Era come se qualcuno parlasse direttamente alla sua mente. Ma la voce, quella almeno, era sempre la stessa. Quella di Shizuka.
    «Ci sono Shinobi sensitivi o con capacità simili tra le fila del tuo Clan, che potrebbero percepire l’utilizzo del mio chakra in questo momento e dunque l’attivazione di questa tecnica o di altre più potenti?»
    La domanda era, al contrario del parlato solito della Principessa, concisa e diretta. Figlia di un’esperienza che sembrava cantare da sola sulla sua età.
    A seconda di come il Kurogane avrebbe risposto, Shizuka avrebbe deciso –non senza prima avvertire mentalmente il suo compagno e chiedere lui di non opporre resistenza– se attivare subito o meno la sua seconda abilità [La Manipolazione]La manipolazione
    Villaggio: Personale
    Posizioni Magiche:
    L'utilizzatore è in grado, mediante il chakra, di isolare e sigillare un ricordo se subita una Interrogazione Mentale od affini. Il terzo deve essere incosciente o consenziente. Quel ricordo non sarà accessibile a nessuno fino a che la tecnica non verrà rilasciata, e sarà sostituito temporaneamente da falsi ricordi di scarsa rilevanza. E' possibile Dissociare un alleato consenziente se toccato, e se si è a conoscenza del ricordo da nascondere.
    Tipo: Fuuinjutsu
    (Livello: 6 / Consumo: Medio per Ricordo)
    [Da Chunin in su]


    in unione alla semplice interrogazione mentale, così da avere, nel secondo caso, un quadro più perfetto –arricchito di immagini, suoni e ricordi tutti. Non le interessava estrarre. Le bastava vedere.
    Quale che sarebbe risultato il caso, tuttavia, la donna sarebbe stata pronta ad allontanarsi con il futuro sposo pur di avere la libertà di porre le domande che sapeva essere doverose. E se per questo avesse dovuto creare una situazione abbastanza compromettente, che presupponeva la solitudine limitata al suo corpo e quello dell’uomo del Ferro, pur di riuscirci non si sarebbe fatta problemi.
    Perché la Missione era prioritaria. Sempre. Questo era ciò che Raizen le aveva insegnato.
    «Il tuo Clan, sia membri che guardie, dunque Baiko compreso, possiedono abilità innate o capacità particolari di cui dovrei sapere?»
    Mentre la sua mente parlava, il suo corpo reagiva come sarebbe stato logico.
    Si allontanò dal Chunin, ridendo imbarazzata. Il suo volto e persino le sue orecchie erano imporporati da un visibile misto d’emozioni: vergogna, desiderio, felicità… E come poterglielo negare? Shizuka e Masaki si frequentavano da mesi, ormai, e finalmente, dopo la rigida etichetta che avevano sempre seguito, alla soglia del loro matrimonio e della loro vita insieme, avevano iniziato a concedersi qualche bacio rubato laddove si presupponeva nessuno li vedesse. E molto altro, forse.
    Abbassandosi di nuovo sull’Erede del Ferro, Shizuka lo avrebbe stretto in un abbraccio, posando poi la sua testa nell’incavo del collo di lui… mentre la sua mente procedeva con l’interrogatorio.
    «Ho bisogno della mappatura completa della tua casa e di sapere se ci sono trappole, stanze segrete ed in caso il loro uso, e se i pezzi grossi del tuo Clan si riuniscono in un’ala o camera in particolare.»
    Nella realtà visibile a tutti si sarebbe messa a ridere con fare malizioso e un pò impacciato, ma felice dopotutto, terribilmente felice. Avrebbe stropicciato il proprio volto nel collo del Principe, sul quale avrebbe poi sostato placidamente, inspirando a fondo il profumo della pelle dell’amato; nella sua mente, però, la voce sarebbe rimasta stabile e tagliente.
    ...E c’era, in quella spontaneità d’apparenza e in quell’acutezza di profondità, qualcosa che andava molto oltre un addestramento senza nome e senza trascorsi, quanto piuttosto un’attitudine naturale, un’inclinazione alla menzogna che sembrava tessere ogni fibra del suo corpo, penetrandovi.
    Era un’attrice, Shizuka Kobayashi. La Regina della menzogna.
    «Dimmi come posso ottenere il consenso di tuo padre, di tua madre, e di tutti i membri del tuo Clan: cosa piace loro, cosa vogliono, che ambizioni perseguono, ideali, desideri, tutto ciò che sai.»
    Chiuse gli occhi, stringendo le labbra in una smorfietta capricciosa e tenera.
    C’era qualcosa, nell’odore della pelle di Masaki, che riusciva a calmarla sempre. Anche la sua mente allentò la tensione. Il suo volto, da felice che era, divenne sereno. E improvvisamente, forse con orrore, si rese conto che era davvero priva di nervosismo.
    «Se c'è altro che devo sapere, che può servirmi: ricordi, esperienze, progetti... dimmi tutto. Non temere per l’esito della missione, non c'è alcuna possibilità che io fallisca. Insieme possiamo riuscirci, lo sai. Insieme.»

    E mentre gongolava come una bambina, godendo del sole ancora freddo dell'inverno e del corpo dell'uomo che era costretta ad amare per dovere, sperò che fosse davvero così.

     
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    Aka Kekkonshiki

    II



    Non ribattei su nulla. Rimasi silenziosamente ad ascoltare l'Hokage, i suoi ordini e le sue richieste. Erano dure da accettare, non quanto per la durezza delle condizioni cui la mia famiglia era sottoposta con merito, quanto più per la richiesta di rimanere lì, a capo dei Kurogane, sedendo sulla scranno insanguinato di mio padre eseguendo per anni gli ordini dell'Hokage al fine di sterminare sistematicamente tutti quanti i nemici di Konoha che venivano alimentati dalle armi dei Kurogane.
    Qualsiasi cosa tu mi ordini di fare, la farò, Juudaime, dissi con tono rigido, sforzandomi di dire quelle parole. Quelli che erano i miei desideri al termine di quella storia non contavano nulla rispetto al bene superiore che stavamo inseguendo. Nomi e facce di tutti, Hokage? Certo, ti farò arrivare le informazioni non appena le avrò in modo tale che tu possa consultare al meglio. Nel mentre, per sicurezza, allunga un braccio.
    Qualora l'avesse fatto avrei posato la mano sul braccio di Raizen, tracciandovi un sigillo. [Sigillo di Dislocazione Remota]
    Così potrò raggiungerti senza rischi se necessario, dissi per poi sparire. Le informazioni richieste le avrebbe avute, ma richiedevano una raccolta ed una valutazione attente che necessitavano di qualche giorno di riflessione. Le parole erano volatili e cangianti.




    Shizuka mi guardò con comprensione. Aveva letto la preoccupazione nel mio sguardo e chissà se aveva compreso cosa in realtà stesse facendomi arrovellare il cervello. Mio padre ed il suo fiuto per le menzogne.
    Lei non mi rispose, mi chiese se ci potevamo sedere. Annuii e sedetti al suo fianco ma lei, non paga, batté le mani sulle sue gambe invitando a distendermi e posare il capo sulle sue gambe. Le sorrisi dolcemente e con delicatezza abbassai il tronco all'indietro finché non toccai le sue gambe con la testa. Le sue mani, in un gesto automatico andarono a sfiorare i miei capelli, passando le dita tra essi con garbo e delicatezza.
    Lo conosco, dissi a voce bassa, mentre lei iniziava a recitare l'Haiku. Annunciò di non voler tradire le aspettative della mia famiglia, di aver fiducia in lei.
    E mentre diceva quelle parole istintivamente alzai la mano destra per posarla sulla sua guancia, accarezzandone la pelle vellutata e candida. Non ho mai, per un solo secondo, dubitato di te, sussurrai mentre lei si avvicinava con lentezza sussurrando le parole che mi fecero stringere il cuore nel petto.


    Aveva detto che con me non aveva mai recitato. Con me era sempre stata sincera, eppure in quel momento non potevo togliermi dalla testa il fatto che quelle parole fossero state pronunciate a beneficio di eventuali ascoltatori segreti.
    Shizuka..., dissi in un soffio mentre le nostre labbra si incontravano. Decisi allora di credere alle sue parole. Per il bene della missione. Poiché se fossero state da me considerate vere allora mio padre non avrebbe mai dubitato del fatto che fossi convinto che quell'amore fosse ricambiato dalla donna che avevo scelto.
    E quando quel contatto fu stabilito sentii la sua voce nella mia mente. Allora compresi. Mentre fuori alzai appena il busto mettendomi seduto mentre godevamo entrambi di quel contatto sfiorandole con la mancina piano i capelli, nella mia mente la sottile arte di Shizuka iniziò a sortire i suoi effetti. Ma mi fidavo di lei: comunicare in quel modo era la cosa migliore.
    Così risposi alla prima domanda.
    Sì Shizuka, ci sono sensitivi. Non nel mio clan, ma di coloro che si occupano della nostra protezione, non siamo un clan di Shinobi anche se alcuni di noi come me hanno deciso di esserlo, risposi Potrebbero comprendere se una persona è sotto l'effetto di un Genjutsu o se porta sigilli su di se, anche se in realtà molti di noi portano sigilli per diverse ragioni, spiegai. Le immagini che fluivano dalla mia mente furono molteplici: Shinobi vestiti totalmente in nero con mazze maschere che coprivano i loro volti e gli occhi inespressivi come quelli di Baiko, una bandiera nera con una mezza luna argentea che sventolava su una grande casa di fianco la Magione di Ferro, dunque sigilli, molti sigilli posti sulla lingua di tali Shinobi, altri posti sul cranio. L'immagine di un'operazione a cuore aperta dove un medico tracciava un sigillo sul cuore del paziente anestetizzato, dunque Baiko a petto nudo che recava sul petto una enorme cicatrice che attraversava il suo petto lungo tutto lo sterno.
    Nel mondo esterno ci allontanammo, lei mi abbracciò ed io la strinsi istintivamente a me, respirando a pieni polmoni il suo profumo, stringendola a me mentre le accarezzavo con delicarezza i capelli.
    No, Shizuka. Il nostro clan non ha conoscenze particolari. Baiko nemmeno, è un assassino, un combattente ed è la mia ombra, ma non ha un'arte segreta... almeno che non l'abbia nascosta da che vivo, il che onestamente sembrava essere francamente probabile.
    L'interrogatorio andrò avanti mentre all'esterno sembravamo soltanto una felice coppia che si scambiava amorevoli effusioni. La mappatura è estremamente complessa Shizuka, posso fartela avere in un rotolo piuttosto che in un ricordo? Ho paura di tralasciare dettagli. Schematicamente la Magione è in un parco di circa dieci ettari, delimitato da una fitta siepe che in realtà ricopre robuste mura di pietra. Sono sorvegliate giorno e notte dal clan Hangetsu, che si occupa della nostra sorveglianza. Baiko fa parte di questi. Il clan vive in un palazzo distaccato dalla Magione, sempre nel parco. La Magione è un castello di quattro piano, non è complesso e non ci sono stranezze. Ci sono anche tre piani seminterrati dove teniamo i nostri tesori. Sono sorvegliate dal clan Hangetsu giorno e notte e su ogni porta c'è un sigillo esplosivo che ucciderebbe chiunque osasse entrare senza esserne autorizzato, senza essere un Kurogane, spiegai cercando di sottolineare il concetto con attenzione. Kurogane di nascita o Kurogane di matrimonio, esserlo non fa attivare quelle trappole.
    L'interrogatorio proseguì nonostante all'esterno ormai fossimo abbracciati. Nessuno poteva sospettare qualcosa e sensitivi abbastanza vicini per comprendere ciò che shizuka stesse facendo non ve n'erano.
    Il consenso di mia madre è il consenso di mio padre. È una donna estremamente infelice legata per la vita ad un uomo che detesta, la storia di mia madre era indicativa sulla voglia dei Kurogane di espandersi. Lei è Hayako Seiju, forse avrai sentito parlare dei Seiju, erano un clan di mercanti di pietre preziose e mia madre era la figlia nonché unica erede dei Seiju. Quando ha sposato mio padre, in poco tempo, mio nonno è morto e le ricchezze dei Seiju sono state usate come investimento nel campo bellico. Sono totalmente scomparsi. Mia madre non approverà mai nulla così come non disapproverà mai nulla, ella seguirà mio padre perché ella vive a malapena solo per attendere il giorno della sua morte. Questo dovrebbe farti capire che hai già la più totale approvazione di mio padre. Sei l'erede dei Kobayashi e lui si sta sfregando le mani da quando ha saputo di te. Il problema è che Jinsuke Kurogane non è divenuto chi è facendosi raggirare come stiamo tentando di fare. Nessuno, mai, è riuscito ad ingannarlo. Nemmeno io, dissi. Che il mio disprezzo per lui fosse chiaro mio padre l'aveva sempre saputo ma non vi aveva mai dato preso, troppo convinto del fatto che fossi troppo incapace e debole per comportarmi come l'uomo che lui si aspettava che fossi.
    Per cui Shizuka, l'importante non è compiacerlo, sei perfetta sia nelle maniere che nella dote. Il grosso problema che mi strugge l'anima è che possa comprendere la missione, quell'ultima parola mentale rispondeva anche all'ultima domanda, che completai con le informazioni sul clan Hangetsu.
    Il Clan Hangetsu si occupa della nostra sicurezza, sono loro che si assumeranno parte dell'incarico. Sarebbe inusuale se mio padre non si offrisse di garantire della sicurezza dell'evento, ma è probabile che non voglia indispettire i Kobayashi con inutili insistenze... sempre che lui le ritenga inutili. Come ti ho già detto sono un clan di guerrieri, legati a noi tramite accordi vecchi ed in realtà sono mercenari, ma non conosco i termini dell'Accordo, quello è qualcosa che solo mio padre sa, e così risposi a tutto. Mi allontanai da Shizuka appena, senza però distaccarmi dalle sue braccia, lasciando che le mie labbra sfiorassero delicatamente le sue per un brevissimo istante. Se c'era qualcos'altro che intendesse chiedermi non doveva far altro che domandare: la tecnica era ancora lì, attiva e sentivo ancora chiaramente la sua presenza nella mia mente.
    Ma come per lei, non ero minimamente nervoso. Preoccupato, forse un po' in ansia, ma desideravo che quel contatto non finisse mai. Poiché con lei stavo bene... e lei era ciò che aveva salvato me dallo sguardo di mio padre, fino a quel momento. Dovevo solo assicurarmi che continuasse ad essere così ancora per un po'.
     
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    THE GAME

    Most virtue is a demand for greater seduction.



    Nemmeno la sua recitazione sarebbe servita ad evitare che un’espressione di stupore le illuminasse i lineamenti. E lei, rendendosene conto, non poté far altro che così fosse.
    La ragione sarebbe stata presto chiara…
    «I bravi ragazzi non dovrebbero saper baciare in questo modo, Kurogane.»
    …perché non era di Shizuka tenere per sé quel genere di cose.
    Posando una mano sul torace del Dislocatore, la donna sorrise. Il suo volto, pericolosamente vicino a quello dell’altro, si reclinò leggermente di lato, mentre il naso di lei spingeva un poco in alto quello di lui, e le sue labbra, schiudendosi di fronte a quelle che ancora esitavano, si increspavano sardoniche. Non avrebbe davvero voluto passarsi la lingua sul labbro inferiore in quel momento, come invece fece, ma si rese conto improvvisamente che la bocca le era divenuta arida…
    «Non dovresti proprio essere in grado di…» Sussurrò appena, sollevando i suoi occhi in quelli dell’Erede del Ferro, che avrebbe inchiodato con uno sguardo che non lasciava nessuno spazio per l'immaginazione. Non c’era possibilità di sognare, infatti. Era tutto lì, e Masaki lo avrebbe capito. «…lo sai, no?» O forse no. Perché Shizuka era cambiata di nuovo, e stavolta non era né la Principessa, né la ragazza.
    Era una donna. Una donna fatta di carne e sangue.
    E allora Masaki Kurogane avrebbe scoperto, proprio in quell’occasione e proprio in quel momento, che l’eredità delle Donne della famiglia della sua fidanzata non era solo quella di raffinata eleganza che in molti guardavano con ammirazione...
    «Il rotolo può andar bene, ma devi consegnarlo direttamente a me e nessuno deve vedere né mentre lo scrivi né mentre lo cedi, quindi dobbiamo ordire un incontro "di un certo tipo" per "inaugurare" il futuro matrimonio…hai capito?»
    Nella realtà vista da tutti, facendo passare la mano destra dietro al collo del Kurogane, su cui avrebbe poi lasciato scivolare in un sinuoso sfiorare le unghie ben curate, dalla base della nuca fino all’attaccatura del kimono; la Principessa avrebbe sorriso. E c’erano molte risposte al suo interrogatorio mentale in quella percezione ottica.
    «Sai dirmi quanti membri contano gli Hangetsu e se c’è anche solo una possibilità che tu sia all’oscuro di qualcosa inerente ai Kurogane e gli Hangetsu stessi?»
    …Se c’era una sola difficoltà che Masaki avrebbe trovato in quella faccenda, sarebbe stata probabilmente quella di mantenere il sangue freddo mentre le mani di Shizuka, condotte sul suo torace, si aprivano a ventaglio verso le sue spalle per poi precipitare verso il basso, passare sotto le sue braccia ben formate e intrecciarsi infine dietro alla sua schiena, su cui le dita sarebbero state premute in un modo molto distante dalla gentilezza, e più simile, anzi, alla possessività. Il contatto non si perse nemmeno per un istante. Né quello delle dita, né quello dello sguardo.
    «Tratterò io con tuo padre per la sicurezza del nostro matrimonio, come tradizione del mio Clan vuole, e spero così di ottenere che questa venga gestita quantomeno a metà tra le nostre famiglie –anche se sperava di poter far passare come offerta al Ferro la gestione completa da parte degli Aoki dell'intera faccenda–, tu invece puoi entrare nella stanza sorvegliata prima del matrimonio e riferirmi, al nostro incontro galante di stanotte, circa il contenuto della stessa come anche della verità che si cela dietro l’Accordo?»
    Era dopotutto vero, e non un segreto, che i Kobayashi iniziassero a protendere i propri Eredi ai segreti del Clan quando "il tempo" diventava maturo e cioè quando, in prossimità dell’età adulta –che in molti casi coincideva appunto con il matrimonio, inteso come posto nel mondo– questi si rendevano pronti ad accogliere le verità dell’Airone. Vi era dunque una possibilità, agli occhi della Kunoichi, che così fosse anche per i Kurogane… anche se questo implicava una richiesta, una presa di posizione, un avanzamento da parte di Masaki nei confronti di suo padre. Perché se aveva capito che tipo di persona era Jinsuke Kurogane, mai questo si sarebbe sottratto alla possibilità di concedere al figlio le chiavi del potere del Clan… se questo significava ottenere quelle dei Kobayashi. E se per Masaki quella richiesta avrebbe assunto le sfumature del “diventare un uomo di valore per la donna che amava” per Jinsuke avrebbe significato denaro e potere.
    Secondo il principio per cui la mente elabora in tempo reale le idee, e queste attraverso le tecniche della Chunin si trasmettono dall’uno all’altro dei soggetti preposti come due vasi comunicanti di sentimenti e pensieri, Masaki avrebbe compreso la posizione della fidanzata anche senza che nessuna domanda venisse posta. E lei si sarebbe allora limitata ad attendere che un’opposizione, laddove vi fosse, venisse mossa. Perché a quel punto il piano non era più solo suo.
    «Masaki…» La voce di Shizuka era soffusa e sussurata…
    «Non ho mai recitato con te. Mai. Nemmeno per un secondo. Non temere che tuo padre possa scoprire quello che non c’è. Non temere che questa missione possa mettere in pericolo te e le persone a te vicine. Non tradirò le tue aspettative, mi capisci?»
    «…Ala Est. Magione Kobayashi. Stanotte la mia famiglia presenzia alla danza Kabuki di Kaien Shabaruta. E sempre stanotte, all’ora del topo, Ritsuko si assenterà con Mamoru per il loro consueto incontro.» Come anche le parole da lei dette… perché Masaki già sapeva che l’Ala Est della Dimora dei Kobayashi, venticinque stanze in tutto, erano ad uso e consumo esclusivo di Shizuka. E nessuno, nel suo Clan, aveva il permesso di entrarvi senza invito.
    «E un’altra cosa, Masaki…lo sai, vero, che tutto quello che pensi, anche le cose più turpi e perverse, io posso vederle nitidamente...sì?»
    Il sorriso ironico e malizioso che si dipinse sul volto della Principessa non si sarebbe saputo dire se fosse stato per via dell’invito o di ciò che lei professava di aver visto nella mente dell’Erede del Ferro…
    …certo fu che quando, alzandosi in piedi, mostrò il viso, questo era rosso di vergogna, ma fremente di qualcosa che sembrava aspettativa. E speranza.
    Imbarazzata come era lecito che potesse esserlo una ragazza di fronte ad un'intraprendenza come quella, di fronte ad un invito del genere, Shizuka scosse la testa deglutendo. E poi corse via, nascondendosi il viso con una manica del suo pregevole kimono.
    Non si curò poi molto del fatto che il suo scialle sfrangiato cadde ai piedi del Dislocatore. Né di lui stesso, dopotutto.
    ...Aveva infatti come la netta sensazione che se lo avesse guardato meglio, forse, sarebbe arrossita per un valido motivo.

    Era divertente notare come, a dispetto della loro vita messa in palio in quella missione dalle incognite imprevedibili, lei non riuscisse ancora a perdere l’abitudine di scherzare e giocare.
    E dopotutto, quello, era un lato del suo carattere che Masaki avrebbe capito non sarebbe scomparso mai.

    "Bisogna guardare sempre il lato positivo e divertente delle cose, Masaki" diceva lei. "Perché la paura chiama paura, e l'odio chiama odio. Ma la gioia e la serenità chiamano molte cose diverse, ogni volta"

     
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    九代目水影 - Kyuudaime Mizukage

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    Aka Kekkonshiki

    III



    Quando le parlò, nella realtà che tutti potevano udire fu chiaro come la Kobayashi rimase stupita dalla piega che presero gli eventi a breve. Non le avrei detto che era non era la prima donna che baciavo in vita mia, ma le sue parole produssero un accentuarsi del rossore che imporporò le mie guance. Le mani che stringevano Shizuka esplorarono possessivamente la sua schiena e finirono per stringerla ancora di più a me mentre tutto ciò che era stato dolce ed amorevole fino a poco prima cambiava improvvisamente tono. La dolcezza parve sparire per un secondo mentre nell'aria si respirava qualcosa di ben diverso.
    Non so nulla, Shizuka, dissi in un mormorio mentre nella mente lei mi istruiva su come preparare e consegnare il rotolo... già, un incontro galante per inaugurare il recente matrimonio. Si sa che quando chiedi ad un uomo di non pensare ad una scimmia la prima cosa che esso pensa è proprio una scimmia. Così quando Shizuka prospettò un incontro a porte decisamente chiuse in una delle molteplici stanze alle quali solo lei aveva accesso immediatamente i miei sentimenti (romantici, ma non per questo privi di carnalità) generarono pensieri che era bene rimanessero ben confinati nella privacy della mente dell'uomo che però, per forza di cose, mi era stata negata... solo che non ne ero del tutto consapevole!
    Starò molto, molto attento, dissi mentre immaginavo il suo corpo disteso su un prezioso futon con le coperte verdi ed intarsiate di fantasie dorate, le sue guance lievemente arrossate per l'imbarazzo e le sue labbra, appena dischiuse che si univano alle mie in baci ben più passionali di quelli che ci eravamo scambiati fino a quel momento.


    Poi il discorso passò sugli Hangetsu. Era indubbio che la loro presenza fosse tanto misteriosa quanto potenzialmente pericolosa per la riuscita della missione.
    Sono circa cinquanta membri, trenta guerrieri, una decina di bambini ed una decina di anziani più o meno... e sì, sono certo di non sapere molte cose su di loro ed i Kurogane. Mio padre non ha mai avuto troppa fiducia in me, risposi mentre le mani di Shizuka vagavano sul mio corpo fermandosi dietro la mia schiena. Eravamo così stretti che potevo sentire chiaramente le sue forme premere contro il mio corpo.
    Nelle stanze sorvegliate c'è l'oro di famiglia, i nostri cimeli, armi preziose ed antiche. Posso accedervi quando preferisco, non vi sono segreti lì sotto se non un'infinità di tesori, ne ero certo. Tuttavia vi farò un altro giro, così da dirti tutto ciò che posso con precisione... questa sera. Parlerò con mio padre riguardo gli Hangetsu oggi stesso, affermai poi con certezza. Forse non sarei riuscito ad ottenere tutti i dettagli dell'accordo, tuttavia avrei potuto avere chiari indizi sullo stesso. Da quando avevo annunciato la mia intenzione di sposare Shizuka Kobayashi mio padre era divenuto assai bendisposto nei miei confronti.


    Nel mondo reale lei pronunciò il mio nome, mi diede un appuntamento mentre mentalmente mi rassicurò riguardo le mie parole. Istintivamente la strinsi a me con la mancina mentre la destra sollevò il suo mento per donarle un bacio che forse di dolce aveva ben poco. Così come di falso non aveva nulla.
    Nemmeno io posso recitare con te, Shizuka. Ma è anche vero che è un complotto ciò che stiamo ordendo e temo che mio padre possa comprendere la verità dietro le nostre maschere, mormorai mentalmente alla Kobayashi. Ma mi fido totalmente di te, aggiunsi mentre i pensieri andavano a quella sera. All'incontro in stanze chiuse e ripresero esattamente da dove erano state interrotte. A lei distesa su un futon di pregiata fattura, alle nostre labbra che si univano e poi lentamente alle mie mani che scioglievano i nodi del suo obi prezioso rivelando la pelle che il kimono nascondeva fin troppo bene, pelle baciata con maniacale attenzione dalle mie labbra...
    Cos... QUESTO DOVEVI DIRMELO PRIMA!, l'urlo mentale era chiaramente imbarazzato giacché i pensieri si erano spinti a punti che esulavano del tutto dalla nostra missione. Certo, era chiaro come il sole ce provassi qualcosa per lei a quel punto. Certo però che essere beccato così in fragrante era imbarazzante oltre ogni dire. Lei sciolse la nostra stretta e scappò via, visibilmente imbarazzata, lasciandosi dietro lo scialle che cadde in terra lentamente. Lo raccolsi cercando di calmare i battiti del mio cuore... se non altro vista dall'esterno la scena doveva essere sembrata davvero incredibilmente reale.




    Avrei dovuto darle un sigillo di dislocazione remota. Mentre uscivo di casa Baiko mi fermò, domandandomi dove fossi diretto e se voleva che mi scortasse a quell'ora tarda.
    No, Baiko, non ce n'è bisogno, vorrei vedere Shizuka da solo, dissi guardando distrattamente il soffitto.
    Oh. Chiaro. Bene, spero che passi una splendida serata, disse con la solita voce atona l'uomo voltandosi e lasciandomi solo. Se avessi mentito sulla mia destinazione sarebbe stato peggio: Baiko avrebbe fatto di tutto per agevolare il mio rapporto con Shizuka, secondo i desideri miei e di mio padre.
    Sospirai, pensando che tra i vari significati di quella sera c'era anche il progetto di ottenere lo scalpo degli Hangetsu... o la loro collaborazione. Dovevo portare ciò che avevo scoperto a Shizuka, immediatamente! Circa mezz'ora prima dell'una di notte mi incamminai con calma presso la Magione dei Kobayashi. Circumnavigai il recinto esterno fino all'ala est. Dunque distrattamente afferrai un sasso da terra, marchiandolo con un sigillo, allontanandomi quando bastava per far sembrare che stessi ignorando la recinzione. Assicuratomi di non avere nessuno attorno lanciai il sigillo all'interno del giardino e dunque mi dislocai, comparendo a mezz'aria al di sotto della roccia. La afferrai al volo, silenzioso come un'ombra e con precisione studiata l'afferrai mentre ero ancora in volo, lanciandola fin sotto la finestra dell'unica stanza illuminata tra le molteplici. Scagliai il sasso con precisione verso il suolo, facendolo atterrare sulla morbida erba, riapparendo lì un istante dopo. Lasciai lì il sigillo, sarebbe servito in caso di necessità di una fuga estremamente rapida ma rimasi abbassato sotto la finestra per alcuni secondi. Lanciai una fugace occhiata all'interno, constando che lì, nella stanza, vi era solo Shizuka. Bussai sul vetro, aspettando che lei aprisse ed una volta che l'ebbe fatte scavalcai agilmente la finestra.


    Eccomi, mormorai, sfiorando il suo viso con le dita con dolcezza e delicatezza. Oggi pomeriggio hai dimenticato questo, aggiunsi, tirando fuori dalla sacca che avevo con me e che avevo recuperato da un luogo sicuro affinché uscissi di casa senza portar nulla dietro, il suo scialle perfettamente ripiegato.
    Ti ho portato i libri che mi avevo chiesto, aggiunsi poi. Non avrei osato pronunciare la parola "mappe" se non nella mia mente. All'interno della sacca c'erano i rotoli che mi aveva domandato. Erano quattro in tutto, tre erano libri, il quarto anche ma ad un certo punto a metà del libro la scrittura si interrompeva lasciando spazio ad un sigillo che se attivato avrebbe rivelato l'esistenza di altri tre rotoli contenenti le mappe richieste.


    La prima mappa [LINK] era la pianta del primo del secondo e del terzo piano. Era praticamente identica per tutti e tre i piani per cui avevo evitato di recapitare tre mappe identiche. Sul retro però era segnata con precisione la funzione di ogni piano.
    [Primo Piano: Piano dei Ricevimenti. La sala centrale è dove mio padre riceve e vengono discussi gli affari più importanti, le quattro attorno hanno funzioni simili e possono ospitare banchetti. Le quattro sale periferiche sono invece adibite ai pranzi informali.]
    [Secondo Piano: Piano delle Stanze Private. Sono le stanze private della mia famiglia. Mio padre e mia madre occupano la stanza centrale, io ho a disposizione le quattro stanze sulla sinistra, mio padre quelle sulla destra ad eccezione di quella in basso a destra riservata al clan Hangetsu.]
    [Terzo Piano: Piano della Servitù. Ci sono le cucine nella sala in alto a destra, i bagni in alto a sinistra, gli alloggi della servitù occupano le stanze centrali, quelle in basso sono invece stanze per il tempo libero della servitù]


    La seconda mappa invece era assai più piccola [LINK], ed era semplicemente l'ingresso che stagliava a chiunque entrasse nel castello. Visto così non era nulla di che, ma era di fatti assai riccamente decorato.
    Per quanto riguardava la terza mappa essa raccoglieva la planimetria del primo, secondo e terzo piano seminterrato. Erano molteplici stanze, collegate in maniera intricata ed erano le stanze dei tesori dei Kurogane. [LINK]


    Una volta consegnati i rotoli a Shizuka, feci un passo verso di lei, dimostrando una certa audacia che fino a quel momento mi ero negato. Con lentezza sollevai le mani fino al suo volto, posandole entrambe su esso a circondarlo con dolcezza e sollevarlo appena. C'erano molte cose che dovevo dirle. Avevo parlato con mio padre del Clan Hangetsu nella maniera che lei mi aveva suggerito, avevo ricontrollato i sotterranei come promesso. Ma nulla di tutto ciò poteva essere riferito a voce. Così, con lentezza, abbassai le mie labbra sulle sue posandovi un bacio lento ma delicato.
    Shizuka, mormorai ad una distanza esageratamente breve tra i nostri visi. Perdonami, sussurrai in un soffio, emozionato. Ma temo di essere perdutamente innamorato di te. Quelle parole potevano essere lette in diversi modi. A chi non sapeva, solo una romantica quando giocosa dichiarazione (ribadita). Per loro due, una confessione che faceva assumere alla parola perdonami un significato tutto diverso. Ma era vero. Non stavo mentendo, non avrei mentito in quelle stanze, con l'avvicinarsi dell'incontro con i miei genitori. Ero bravo a mentire. Ma meno bravo di lei a non farmi scoprire. E non abbastanza bravo per mentire sia a Shizuka che a mio padre... e lei lo sapeva. Ero certo che ne fosse a conoscenza e che in quel momento ne aveva appena avuto la certezza assoluta.


     
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    THEATRE

    All the best performers bring to their role something more, something different than what the author put on paper. That's what makes theatre live.



    “Shizuka, essere infiltrati è uno dei ruoli più difficili per noi Shinobi, in quanto…”


    «Voi…COSA?»
    «Ritsuko, abbassa la voce…!»
    «Voi siete pazza, non vi coprirò mai in questo! Non in questo! Perdere la vostra purezza, stanotte, con quel sudicio delinquente?! Alle soglie del vostro onorevole matrimonio, poi!»

    Seduta sul pavimento di legno delle sue stanze Shizuka Kobayashi guardò per un attimo Ritsuko Aoki in volto, esitando. Non sapeva precisamente di quale purezza stesse parlando, poiché aveva perso quella fisica e mentale da molto tempo ormai, ma fece finta di nulla, guardando piuttosto gli splendidi giardini della sua immensa Magione. L’attenzione che rivolse però agli arabeschi del ponticello che sovrastava uno degli specchi d’acqua dell’Area Verde fu talmente sospetta che per quel motivo -o forse perché pareva che un Aoki vedesse attraverso al Kobayashi in onore del quale era nato con una chiarezza priva di paragone- che la povera Ritsuko, spalancando la bocca, si portò le mani al volto ringhiando qualcosa sottovoce. Un improprio, forse.
    «…Lo avete già fatto una volta…?» Gemette dopo un attimo, cercando mentalmente di elaborare le varie menzogne che avrebbe dovuto dire per coprire la sua Padrona dall’opinione comune.
    «Non credo di dover rispondere a questa domanda, Ritsuko.» In effetti non avrebbe saputo come dirle che alla prima erano seguite molte altre soddisfacenti “volte”, e nessuna di queste con Masaki. Per ora, almeno.
    «Perché diavolo state arrossendo, ora?!» Strillò la Kumori, agguantandosi i capelli con le mani nel fissare il volto della sua Signora che avvampava e si tendeva in un’espressione contesa tra imbarazzo e qualcosa di molto simile a quello che dovette arrendersi a chiamare “desiderio”.
    «Oh insomma, Ritsuko!» Balbettò Shizuka, cancellando rapidamente dalla sua mente l’immagine, viva e palpabile, delle nerborute mani di Masaki che si aprivano a ventaglio sotto il primo strato del suo kimono, scoprendole la pelle nuda, su cui… «Ritsuko!» Ripeté, deglutendo. Si sistemò a sedere, sentendo bruciare il collo su cui le labbra di lui sapeva l’avrebbero baciata. «Mi aiuterai oppure no?» Ringhiò, scuotendo la testa: la missione prima di ogni altra cosa. Punto.
    «Come vostra Kumori, Ojou-sama, vi sarò sempre fedele.» Ringhiò tra i denti Ritsuko Aoki. Sospirò, suo malgrado. «Vi amo troppo per non cercare la vostra felicità prima della mia…» Mormorò ancora, arrendendosi. «Mi occuperò della servitù, di Mamoru e Ayano. Per tutta la notte l’Ala Est sarà libera. Farò in modo che nessuno maturi alcun dubbio… pregandovi di essere discreta e facilitarmi il compito, ovviamente.» Borbottò, inchinandosi. Qualcosa le stava bucando il petto, ma non se ne curò.
    «Grazie, Ritsuko.» Si limitò a rispondere la Principessa. Anche il suo petto fu trapassato dal dolore mentre, sorridendo, aggiungeva: «Ti voglio bene, è proprio per questo che non posso mentirti. Ecco perché ti dico sempre tutta la verità. Non biasimarmi, ti prego…»
    Per ingannare i propri nemici, era necessario prima ingannare gli amici.

    “…se lo vorrai troverai sempre il modo di diventare fisicamente più potente, ma le arti che derivano da un intelletto raffinato richiedono tempo. E questo non è sempre ben speso.”


    Quando era piccola suo padre le aveva insegnato che l’obiettivo della vendita era prioritario. Quando era diventata ninja, poi, Raizen le aveva detto pressoché la stessa cosa: la missione aveva la priorità su tutto. Su di lei. Sui suoi sentimenti. E se necessario, anche sui suoi compagni.
    Con questi principi radicati nel suo cuore, Shizuka Kobayashi sapeva che ogni errore commesso poteva richiedere la sua vita. E lei, per quanto non potesse dirsene incurante, accettava quella responsabilità. Non era dato ad una Corrotta dire di muoversi solo per ambizioni di Pace e Amore, che troppo spesso nel suo caso convivevano con i suoi interessi personali, mai troppo legali, ma era indubbio che ogni cosa facesse era per Konoha. Volle credere allora che anche quell’incontro fosse stato voluto per lo stesso motivo.
    …Suo malgrado non ne fu più molto sicura quando Masaki, scavalcata la finestra che aveva aperto per lui, le sfiorò il viso, avvicinandosi.
    «Ben arrivato.» Si limitò a dire la Principessa del Fuoco. Annichilire nella sua mente l’espressione e la voce inquisitoria di Raizen che le intimavano certi risultati fu un’impresa non meno che eroica. «Hai avuto difficoltà ad essere qui?» Vestita di un kimono da camera di seta chiara, la donna si aggiustò l’hanten di broccato sulle spalle per poi scostarsi i lunghissimi capelli dal collo, lasciati comodamente sciolti sulla schiena, prima di far strada al Kurogane senza aggiungere altro.
    A dispetto della grandezza e ricchezza tipica della Magione dell’Airone le stanze di Shizuka erano semplici, di un raffinato buon gusto femminile che contrastava un poco con la confusione dettata dai libri accatastati ovunque, dai rotoli impilati su ogni tavolino, dai pennelli da trucco e le carte di dolci abbandonati su cuscini da compagnia spiegazzati. Era logico supporre, dopotutto, che essendo quello un incontro “segreto”, la ragazza avesse fatto di tutto per non destare sospetti nelle sue domestiche, prima che queste venissero liberate per la serata.
    «Oh, grazie.» Prese il suo scialle dalle mani di Masaki, ben attenta a non toccare le dita di lui adottando una precisione quasi millimetrica. La stessa che le servì per lanciare il coprispalle addosso ad un paravento di carta di riso dipinto a mano, senza per questo distogliere gli occhi da quelli del Dislocatore. Un tessuto da 15.460 ryo non aveva mai avuto così poco interesse, per lei. «E grazie ancora.» Aggiunse, prendendo con sé il rotolo e i libri. Le ci volle un notevole sforzo per girarsi e decidere di prendere posto nella stanza tradizionale in cui aveva condotto l’uomo: centrale rispetto all’Ala Est, studiata per essere la sicurezza e incolumità dell’Erede di un Clan come il Kobayashi, quella spaziosa camera sembrava essere la personale di Shizuka, come testimoniava la rialzata privata sulla destra, in cui uno splendido futon matrimoniale di sete e tessuti a trama fitta sedeva nascosto da veli semitrasparenti color avorio, pendenti dal soffitto a travi nette. Poco distante una pedana, il cui legno intarsiato narrava con immagini alcune fiabe tradizionali, ospitava un angolo lettura affiancato da due lanterne di riso sferiche. E fu lì, al riparo delle ombre delle colonne portanti e del muro a doppio livello alle sue spalle, che l’Erede dello Smeraldo si accomodò.
    «Com’è andata oggi, Masaki…?» Avrebbe domandato. Non era necessario nessun contatto mentale per capire a cosa accennasse. «Gradisci un po' di tè?» Chiese ancora, continuando ad intavolare sussurrate discussioni sottovoce circa per lo più banalità, così da ottenere tempo.
    Capire la scelta di confinamento di Masaki fu intuitivo [Esperta in Fuuinjutsu], e così dopo aver conquistato la calma interiore che era certa il suo aspetto comunicasse, e aver affinato i suoi sensi [percezione 9]; prese il rotolo e richiamò gli altri tre, che appena ebbe tra le mani aprì rapidamente. Un secondo dopo era già completamente assorta, intenta alla memorizzazione di quello che sembrava un labirinto più che una mappa, come ebbe tristemente modo di constatare la donna. Fortuna voleva però che Shizuka fosse una Kobayashi e quel genere di planimetrie dunque, per quanto complicate, non le erano del tutto estranee.
    Quando fu sicura di aver memorizzato tutto, avrebbe fatto cenno allo Shinobi di sigillare nuovamente i rotoli dentro quello piccolo d’inizio, che successivamente avrebbe riposto con cura dentro una canna di bamboo munita di beccuccio, che in altre occasioni sarebbe servita come porta tè per qualche scampagnata. Solo a quel punto avrebbe sospirato.
    Per qualche ragione la tensione che credeva essere collegata all’azzardo di un appuntamento come quello, anche in seguito alla presa visione dei rotoli non svanì. Suo malgrado decise però di non curarsene, sapendo di dover piuttosto approfittare di quella solitudine per continuare le domande che quella mattina non aveva potuto porre. Immaginò che fosse per quella ragione –l’attaccamento alla buona riuscita della missione, ovviamente– che sentì dunque un certo sollievo quando, posando il palmo della mano destra sul tatami, si portò sulle ginocchia, protendendosi poi in avanti verso l’Erede del Ferro.
    «E ora…» Mormorò, facendo scorrere l’indice della sinistra dall’obi di Masaki fino al torace di lui, dove la mano si acquattò, premendosi contro il tessuto del suo kimono. «…cosa avevamo detto, stamattina…?» Non riuscì a non sorridere, alzando appena gli occhi alla ricerca di quelli del Kurogane, prima di muovere rapidamente il viso verso quello di lui. Si fermò ad appena qualche millimetro.
    E un istante dopo avrebbe cercato di instaurare il contatto mentale [Interrogazione Mentale]
    Interrogazione Mentale
    Villaggio: Generico
    Posizioni Magiche: Tigre (1)
    L'illusione si attiva tramite il contatto con la vittima. L'utilizzatore sarà in grado di interrogarla, cercando di estorcerle le informazioni direttamente dalla propria psiche leggendo la mente. Può essere utilizzata anche su bersagli incoscienti, riuscendo a comunicare mentalmente. L'utilizzatore vedrà le immagini dei pensieri superficiali della vittima, la quale è consapevole dell'interrogazione. Per mostrare un'immagine diversa dal reale pensiero è necessaria molta concentrazione, uno slot difesa e un consumo pari a medio ogni domanda.
    L'efficacia è pari a 30. Ogni domanda oltre alla prima richiede slot azione/tecnica.

    Tipo: Genjutsu - Tameshi
    (Livello: 4 / Consumo: Mediobasso ogni domanda )
    [Da genin in su]
    .
    «Masaki, quello che ti chiedo ora è difficile. E non intendo non dare fondo alle tue più turpi fantasie. Ho bisogno di sapere quanto sono spessi i muri esterni della tua Magione e se ci sono alcuni muri interni che presentano lo stesso spessore.»
    Sorrise mentre il suo naso cercava il contatto con quello di lui, e non smise di farlo quando improvvisamente la mano sul petto oppose pressione, spingendo il Dislocatore ad inclinare la schiena indietro, rispetto alla posizione seduta in cui si trovava, quel tanto che sarebbe bastato lei per poter far scivolare un ginocchio tra le gambe del ragazzo, e intrecciare il suo braccio libero dietro le spalle di lui.
    «I membri della tua famiglia o gli Hangetsu godono di un qualche tipo di resistenza ai veleni, a tecniche di un certo tipo o possiedono tecniche di cura superiori al normale?»
    Arcuando la schiena e approfittando della posizione in cui sperava di aver condotto il Kurogane, la donna si sarebbe alzata sulle ginocchia; e allora, per una volta, sarebbe stata lei la più alta tra i due. Non mancò di farlo presente reclinando la testa, dall’alto verso il basso, così da poter portare i suoi occhi verdi in quelli cremisi di lui, e abbassare poi il suo viso su quello di Masaki, a cui sorrise sardonica mentre il suo corpo si faceva più vicino, aderendo lentamente all'altro.
    «Tua madre è a conoscenza dei segreti o dei piani di tuo padre che nessun altro, o pochi altri, sanno?»
    Si muoveva lentamente e ogni gesto era calibrato come una danza silenziosa scandita solo dal suo respiro, di per sé impercettibile. E così, quando le mani di lei scivolarono fino al collo di lui, per poi affogare sotto il primo strato del suo kimono, disegnando un arco lungo le spalle e le braccia dell’uomo, invitando il tessuto dell’abito tradizionale a seguirle; sembrò tutto uno spettacolo lontano nel tempo, antico e misterioso. Ma implacabile.
    «Devi raccontarmi tutto quello che hai scoperto oggi in merito alle chiavi del tuo Clan e all’Accordo degli Hangetsu, Masaki. Inizia subito, capito?»
    Le mani della donna avrebbero seguito i lineamenti delle braccia dello Shinobi, ma sfiorati i gomiti di questo si sarebbero ritratte con eleganza, lasciando il primo strato del kimono maschile di cui aveva spogliato il suo interlocutore accasciato in una scala di pieghe.
    Solo a quel punto, incredibilmente, Shizuka Kobayashi si sarebbe fermata... perché era una recita quella, dopotutto, no?
    «Stavo scherzando, ovviamente…» Sussurrò all’orecchio di lui, mentre le sue labbra sfioravano il lobo dell’ascoltatore, il quale avrebbe nitidamente potuto percepire quel Demone sorridere, prima di vederlo ritrarsi lentamente.
    Gli avrebbe lasciato del tempo, sia per ottenere le risposte che necessitava, sia per permettere lui di riottenere un certo decoro.

    “Potrà dunque capitare che il target della tua missione si innamori di te, Shizuka. E’ la migliore delle prospettive che si possa presentare ad un’infiltrata, perché solo allora avrai il controllo totale dell’intera scacchiera.”


    Capì di attendere quel bacio nel momento stesso in cui il suo corpo rispose a quel contatto e lei, protendendosi verso il Kurogane, cercò allora di prolungare quel momento. Di averne ancora. Ancora una volta.
    Allungando le mani avrebbe cercato di afferrare istintivamente il kimono di lui, così da trarlo di scatto a sé. E in quel momento persino la buona riuscita della missione sembrava contare poco. Perché c’era qualcosa, in Masaki, che sapeva farle perdere completamente il controllo, inebriarla, stordirla quasi.
    Terminò però tutto molto bruscamente.
    «…Innamorato?» Ripeté la ragazza con voce strozzata.

    “Sii grata, Shizuka. E’ davvero la migliore delle prospettive.”


    Masaki era sempre apparso ai suoi occhi come acqua di sorgente, in rapida cascata, tumultuoso, ma limpido. Avrebbe voluto dire di vedere attraverso di lui con la chiarezza che solo pochi potevano vantare, ma la verità era che forse in molti altri erano capaci di interpretarlo con la sua stessa semplicità.
    Pensò a suo padre. A Jinsuke Kurogane.
    Ed ebbe paura.

    Amore?
    Non aveva mai pensato a niente del genere.
    La carne era un conto, il cuore -era chiaro- un altro.

    Confusione.

    Avrebbe potuto dire lui che non aveva mai riflettuto in quei termini. Che non lo aveva mai pensato davvero come compagno. Che era una missione, la loro, dopotutto.
    Oppure avrebbe potuto mentire –dicendogli che anche lei provava le stesse cose, chiedendo a sua volta perdono–, salvando in questo modo le reazioni tanto facili di lui dal giudizio dei terzi, e così facendo proteggendo l’esito della missione…
    …ma Shizuka Kobayashi non aveva mai mentito dall’inizio di quel grande teatro. E capì allora che era proprio quella la sua grande forza: il credere davvero in ciò che stava facendo. In chi le stava davanti.
    Di credere in Masaki.
    «Avresti potuto dirlo sembrando almeno un po' felice…» Perché sapeva bene –mentre alzava le mani a prendere il volto del Kurogane per avvicinarlo a sé– che qualsiasi menzogna avesse detto si sarebbe ritorta contro di lei. «…almeno un po' felice.» E se voleva che Masaki fosse al sicuro, se voleva proteggerlo da tutto… «Devi imparare a fare le cose giuste al momento giusto, Kurogane-sama.» …doveva essere lei a scendere a patti con se stessa.
    Per lui. Per la missione.
    E probabilmente anche per ciò che era diventata negli anni.

    Lo avrebbe baciato.



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    IV



    Una volta che lei ebbe controllato i rotoli che le avevo portato (cosa che fece rapidamente) ed una volta che li ebbe riposti la vidi sporgersi verso me, seduto dinanzi a lei. Si sporse verso di me. La sua mano con una lentezza esasperante si posò sull'obi che stringeva il mio kimono e poi, lentamente si portò verso l'alto posandosi sul mio petto. Eravamo tremendamente vicini, eppure separati da un filo di vuoto che pareva chilometrico. Bramavo le sue labbra. Ero innamorato di lei, quasi scioccamente ed in maniera imprevista, ma non per questo avrei venerato con sacralità la perfezione del suo corpo impedendomi di bramarlo per rispetto.
    La desideravo, e lei lo sapeva. Me lo aveva letto dentro. Un appuntamento galante, no?, le risposi senza lasciarmi sfuggire un filo di sottilissima ironia in quelle parole. Un momento di pausa, e la sua voce tornò a rimbombarmi nelle orecchie con forza.
    Shizuka, questa scelta di parole in questo contesto è alquanto azzardata, risi mentalmente tornando subito serio. I muri che circondano le quattro stanze periferiche e quelli che circondano la stanza centrale. So di per certo che sono i muri portanti della magione , i nostri visi erano incredibilmente vicini me le sue mani, spingendo contro il mio petto, mi costrinsero ad inclinarlo all'indietro. Spostai le braccia all'indietro poggiandomi sui gomiti mentre lei scivolava tr le mie gambe. La soffusa luce delle lampade di riso nascondeva gran parte della scena ai miei occhi. E quando agli occhi era negata una chiara visione era l'immaginazione a generare immagini.
    La forma di resistenza ai veleni preferita da mio padre sono proprio gli Hangetsu, per essere preciso, Mujōna Hagetsu, che è per mio padre ciò che Baiko è per me. Sia Baiko che Mujōna sono capaci di riconoscere i veleni più comuni con estrema facilità, in più se mio padre ha dei sospetti lascia che Mujōna mangi per primo. Non so come, ma so di per certo che Mujōna Hangetsu è immune ai veleni più potenti. Non ho mai visto usare tecniche strane agli Hangetsu... per quanto riguarda mia madre, no, ne sono abbastanza certo. Mio padre a malapena sopporta di dormire nella sua stessa stanza una volta al mese, figurarsi dirle i suoi segreti. Potrebbe morire, a mio padre non importerebbe di meno, quelli erano ricordi di infanzia ed adolescenza, quando vidi Mujōna Hangetsu salvare mio padre da un veleno infilato nel suo te da un servitore che in realtà era uno shinobi in missione per assassinare mio padre per conto terzi. E poi i ricordi di una madre infelice, costretta dagli eventi ad odiare persino il suo stesso figlio, reclusa in una enorme casa piena di servitù ed una felicità rovinata che tutte le ricchezze del mondo non avrebbero potuto mai ripagare.
    All'esterno la situazione andrò progressivamente surriscaldandosi in maniera quasi intollerabile. Le sue mani raggiunsero le mie spalle e con un gesto delicato eppur sicuro fecero scorrere via dalle mie spalle lo strato più superficiale del tessuto del kimono chiaro che indossavo. Il mio respiro si fece via via più affannoso ed ogni volta che le sue dita sfioravano la mia pelle era come se ferri arroventati venissero pressati a forza contro di me, non tanto per il calore ma per la sensazione di persistente tocco che ti lasciavan anche una volta alzate.
    Ho seguito i consigli che mi hai dato, Shizuka, ed è andato meglio di quanto osassi sperare. Non sono in grado di dirti tutto in maniera dettagliata, ma è più di quanto avevamo prima. Gli Hangetsu, mi pare di aver detto, sono dei mercenari. Ci proteggono dietro pagamento e fino ad oggi credevo che si trattasse di denaro. Non è così. Mio padre mi ha detto che il clan Hangetsu serve il clan Kurogane prestando al capoclan i loro "occhi" ed il loro "cuore", oltre che le loro lame, mentre il clan Kurogane offre loro qualcosa che solo il capoclan può comprendere. Ha usato una strana inflessione sulle parole occhi e cuore. Ho insistito per saperne di più e l'unica cosa che mi ha detto è stata "le nostre sale sono piene di tesori, Masaki? Ti sei mai soffermato a guardarli?" e non mi ha detto altro. Al che sono sceso nei sotterranei e con un po' di fatica ho trovato alcune vecchissime pergamene che narravano degli albori del clan Kurogane, feci una pausa per riorganizzare mentalmente la storia prima di narrarla. Il Clan Kurogane fu fondato circa trecento anni fa da Tetsuya Kurogane, il quale ebbe un figlio ed una figlia. Egli teneva in grande considerazione la sua figlia minore alla quale diede il compito di gestire i suoi affari. Suo figlio maggiore invece era grande guerriero ed assassino. Il figlio maggiore, oltraggiato, rubò la vita di sua sorella per vendetta. Il di lei figlio, di cui il nome è andato perduto, decise di vendicare la madre. Ma come sua madre egli era debole nel corpo sicché assoldò cento guerrieri per andare a distruggere suo zio e la sua famiglia. Durante la battaglia il figlio maggiore di Tatsuya venne ucciso e suo figlio giurò vendetta verso suo cugino. La storia di vendetta insanguinata va avanti per altri cinquant'anni finché Tsuki Kurogane, discendente del primo figlio, non vi pose fino stringendo un patto con Taiyō Kurogane, mia venerabile antenata. Taiyō consegnò a Tsuki la Chiave delle Fucine, e Tsuki giurò che la sua famiglia avrebbe protetto i discendenti dei Kurogane. Non ho certezze, ma è possibile che Tsuki Kuorgane abbia cambiato poi il suo cognome in Hangetsu e che la Chiave delle Fucine sia il centro dell'Accordo, feci un breve sospiro. Solo che non ho idea di cosa sia, Shizuka. Scusa, non sono riuscito ad ottenere di più riguardo l'Accordo, ma sul Primo Figlio di Tetsuya Kurogane sì, l'Accordo era un segreto alquanto importante se mio padre era stato reticente a svelarmene i dettagli più succosi. Ma forse con le mie forze ero riuscito ad ottenere un certo risultato! Si diceva che i suoi occhi fossero in grado di penetrare qualsiasi velo di menzogna. È una versione romanzata per dire che era in grado di comprendere facilmente gli uomini e le loro bugie o altro? Non lo so, però spiegherebbe come sia possibile che mai nessuno è riuscito a mentire facilmente a mio padre ed a mio nonno prima di lui, quella prospettiva mi inquietava. E se avesse già scoperto tutto?


    A quel punto avvenne l'impensabile, ciò che avrebbe strozzato le parole in gola a qualsiasi uomo. Si allontanò, mormorandomi nell'orecchio che stava scherzando, lasciandomi per alcuni secondi con un'espressione beota in faccia che dovette risultato in un certo qual modo comica. Sbattei le palpebre per alcuni istanti e cercai di ritrovare un contegno, senza però riuscirci davvero. L'immobilità nella quale mi forzai mi impedì persino di sistemarmi il kimono, mentre la mia mente decisamente annebbiata dal comportamento di Shizuka... e non potei resistere. Mi riavvicinai a lei, con l'abito più tolto che indossato, posando le mie labbra sulle sue per poi dischiuderle senza un'oncia della mia solita delicata prudenza ed attenzione. Lei, in compenso, afferrò il mio kimono con entrambe le mani e lo tirò verso di se ed io accompagnai quel movimento facendo aderire il mio corpo al suo con forza.
    Le mie mani, con un gesto istintivo si portarono possessive dietro la schiena di Shizuka, aprendosi e premendo su di essa per schiacciare con passione il corpo della Kobayashi contro il suo. La mancina discese senza timore, ormai svanito nei miei occhi, afferrò l'obi della Principessa del fuoco stringendolo ma senza muoverlo più di tanto.
    Non sono per niente bravo con le parole, Kobayashi-sama, dissi in risposta alle sue parole, dopo che le nostre labbra si furono separate. Non l'avrei lasciata, l'avrei stretta a me finché lei me lo avesse consentito. Una luce diversa dal solito brillava nei miei occhi. Ero eccitato, nel corpo e nell'anima, e potevo forse scorgere in lei le stesse sincere emozioni che mi stavano sconvolgendo. Per cui per ora starò zitto, aggiunsi mentre un sorriso malizioso nasceva sulle mie labbra.
    Le mani che fino a quel momento avevano avevano con forza premuto contro la sua schiena si mossero fino ai suoi fianchi e senza timore. Con un fluido movimento ricambiai la spinta che mi aveva costretto prima ad arretrare il busto all'indietro ma quella volta mi spinsi oltre, fino a far distendere la schiena della Kobayashi sul tatami e, come aveva fatto lei precedentemente scivolai piano sul suo corpo. Le mie spalle erano scoperte e senza che me ne rendessi conto il braccio destro abbandonò la manica del kimono e totalmente scoperto ne uscì, mentre il sinistro rimaneva coperto solo dal gomito in giù.
    Posai le braccia ai fianchi del suo viso e discesi nuovamente verso le sue labbra, ma non vi era niente di dolce in quel bacio. Era vero, l'amavo. Ma la desideravo. E fino ad un certo punto ero in grado di controllare le mie azioni stando al gioco che lei imponeva con gesti esperti. Certo, non mi era dato dire se persino quello fosse, il suo gioco ma a quel punto fermarmi mi era difficile. Allora la destra andò ad accarezzare il corpo di lei, ma lo fece facendo scorrere la punta delle dita dalla spalla fino al prezioso obi che stringeva la vita della Principessa e le dita si insinuarono tra i nostri corpi e poi andò verso destra insinuandosi tra il tatami e la schiena di lei. Avrei alzato lo sguardo su Shizuka mentre sulle mie labbra nasceva un sorriso sincero ma anche carico di desiderio, lo stesso desiderio che ardeva nei miei occhi senza ritegno. In quella situazione, da quel preciso momento in poi, sarebbe entrata in vigore la regola del silenzio-assenso, da esprimersi anche rapidamente. Poiché se nulla fosse stato impedito avrei sciolto il nodo dell'Obi e come lei aveva potuto vedere quella mattina, avrei dato compimento alle mie turpi fantasie sulla sua pelle nuda, profumata come un fiore di pesco e liscia come marmo levigato se non per quelle cicatrici che erano segni di forza ritrovata per una kunoichi e che non ne potevano sminuire minimamente la bellezza.
     
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    BECAUSE...

    ...your eyes said you were feeling it too.



    Senza mezzi termini: quella missione le serviva per diventare Jonin, ed emanciparsi così dai vincoli che la sua posizione gerarchica le imponeva. Voleva il potere. La conoscenza suprema. E solo venendo promossa sarebbe riuscita ad ottenere ciò che desiderava come l’ossigeno. Per questa ragione non avrebbe commesso alcun errore, perché prima come Kobayashi e poi come unica allieva dell’Hokage, Shizuka sapeva che la missione era sempre prioritaria. Sempre.

    Sempre.

    Chiudendo gli occhi, la donna sentì le mani dell’Erede dei Kurogane serpeggiarle dietro la schiena e stringerla in modo tutt’altro che pudico e gentile. Reclinò leggermente la testa di lato, mentre i suoi lunghi e lisci capelli castani scivolavano a scoprirle il collo, la cui pelle chiara era costellata di brividi che non poterono che accentuarsi quando il volto del Dislocatore si avvicinò, parlandole piano all’orecchio.
    Rabbrividì, schiudendo le labbra tremanti e desiderose di essere sfamate ancora una volta, e suo malgrado si ritrovò a seguire il viso di lui quando questo si allontanò lentamente…
    …fu solo allora che la Principessa del Fuoco vide con chiarezza l’espressione del suo opponente: stava sorridendo con ironia tagliente e arrogante. E lei, esitando, non poté fare a meno di chiedersi se non la stesse forse prendendo in giro.
    Oh Dei, quell’uomo –creta calda tra le sue mani– credeva davvero di poterla dominare? Di avere ragione su di lei, proprio lei che–…

    Ma cadde.

    La sua schiena, rigida come le sue spalle, venne gettata all’indietro, fermandosi sul tatami verde salvia delle sue stanze private. Sopra di lei Masaki –il volto regolare e affilato adombrato dalla luce delle lanterne– sorrise ancora una volta, in quel modo poco gentile e ormai poco paziente che contrastava così tanto con l’espressione di cui solitamente si vestiva in pubblico e per la quale era conosciuto come un uomo intransigente e privo di flessioni… e lei allora, prima di potersi dare un freno, sentì il suo corpo dolere terribilmente, come se pulsazioni di piacere e sofferenza pungessero ogni fibra del suo corpo, tendendola in uno spasmo unico e insopportabile.
    Suo malgrado si lasciò sfuggire un gemito appena percettibile quando lui si abbassò a baciarla. Perché non vi era nulla di timido in quel contatto, e lei, percependolo, non riuscì a frenarsi dal volerne ancora. E ancora. Ancora.

    Non avrebbe mai detto che…

    «…che tu fossi così intraprendente, Kurogane.»
    La voce di Shizuka, persino se mentale, era insopportabilmente instabile. Avrebbe voluto tacere, imporre il suo ordine, lei che amava sempre controllare tutto. Non aveva mai creduto che proprio quel pulcino, così insicuro nei suoi confronti, così ossessionatamente composto e sempre ben misurato, osasse porsi in modo tanto sfacciato nei suoi confronti…con chi credeva di avere a che fare? Davvero pensava di essere alla sua altezza? Di poterla vincere?
    «Ma parliamo di cose serie: è mai capitato che un membro degli Hangetsu, a seguito della morte del Kurogane che proteggeva, divenisse parte del ramo principale del Clan o assumesse un ruolo diverso rispetto a quello normalmente ricoperto?»
    …Ma il lavoro era lavoro –ahimé, qualcuno doveva pur farlo– e così, domando il suo corpo ruggente, la donna riprese l’interrogatorio. Perché ciò che aveva ascoltato e visto le era bastato per capire che c’era altro, molto altro, di cui dover tenere conto.
    «E' mai capitato che alla morte di uno dei membri del ramo principale, uno degli Hangetsu sparisse o cambiasse carattere?»
    Ancora distesa a terra la donna mosse leggermente la gamba destra, disegnando sul tatami un’elegante semicirconferenza con il piede e andando così a spingere la gamba sinistra del Kurogane, con l’intenzione di far mancare lui uno degli appoggi che lo sorreggevano e costringendolo allora a scivolare con le gambe e il bacino su di lei. Stavolta sarebbe stata l'unica dei due a sorridere con ironia.
    «A te, come ad ogni altro Kurogane, è mai capitato, a seguito di una ferita o alterazione di salute di qualsiasi natura, di guarire più rapidamente rispetto al normale? E questa guarigione si è forse accompagnata ad un comportamento anomalo o un peggioramento dell’Hangetsu che vi protegge?»
    Quando alzò le braccia verso l’alto sembrò una pittrice che si appresta a dipingere la sua opera migliore. E quando le sue mani si posarono, dapprima con le punte e poi per tutta la loro minuta ampiezza sull’addome del Dislocatore, quell’impressione non poté che trovare una riprova viva e forte.
    «Pensi che tuo padre possa fisicamente essere una persona diversa da quella che si mostra a te e agli esterni alla famiglia? Potrebbe cioè letteralmente invertirsi con la sua guardia del corpo?»
    …E così, mentre la mano destra scivolava lentamente lungo gli addominali dello Shinobi, circumnavigando il suo sterno in modo da arrivare alla schiena, dove le unghie decisero di affondare delicatamente nella pelle temprata da passati che nessuno avrebbe mai conosciuto; l’altra continuava a salire verso il petto, e poi verso il collo, e da lì fino alla nuca, dietro la quale le dita affogarono nei folti capelli d’argento dell’uomo… per poi addentarli in una morsa feroce. E affamata.
    «E’ mai capitato che un Hangetsu, a seguito di una propria mancanza reale o tale considerata, accusasse o lasciasse intendere forti dolori al cuore o alla testa, oppure si ammalasse improvvisamente o addirittura morisse per cause sconosciute? A questo si è accompagnato un nuovo arricchimento della vostra tesoreria? E sempre in merito a questi tesori, sapresti mandarmi un’immagineLa manipolazione
    Villaggio: Personale
    Posizioni Magiche:
    L'utilizzatore è in grado, mediante il chakra, di isolare e sigillare un ricordo se subita una Interrogazione Mentale od affini. Il terzo deve essere incosciente o consenziente. Quel ricordo non sarà accessibile a nessuno fino a che la tecnica non verrà rilasciata, e sarà sostituito temporaneamente da falsi ricordi di scarsa rilevanza. E' possibile Dissociare un alleato consenziente se toccato, e se si è a conoscenza del ricordo da nascondere.
    Tipo: Fuuinjutsu
    (Livello: 6 / Consumo: Medio per Ricordo)
    [Da Chunin in su]


    mentale degli stessi, nel dettaglio di tutti quelli che rammenti?»

    Si sarebbe sollevata da terra lentamente, e facendo leva sui suoi appigli si sarebbe avvicinata al petto del Kurogane, fermandosi in prossimità di questo quel tanto che le sarebbe bastato per catturare lo sguardo di lui. Solo a quel punto, muovendosi in modo impercettibile, sarebbe arrivata al volto, avendo premura lungo il suo percorso di non trattenere il respiro che, regolare e misurato, avrebbe carezzato come zefiro la pelle nuda del Chunin.
    «Masaki…» Aveva pronunciato solo il suo nome, ma sembrava aver appena suggerito in un sussurro le più incontrollabili delle fantasie.
    «Hai mai avuto modo di vedere i sigilli che portano sul corpo gli Hangetsu o anche i Kurogane? Se sì, mi sai dire di quale tipologia sono e che effetti hanno?»
    …Forse non tutti sapevano che esiste un punto, in ciascuno degli obi maschili, che se tirato porta allo scioglimento immediato della cintura tradizionale. E’ necessario far scivolare le dita dall’esterno verso l’interno del tessuto, frontalmente rispetto al kimono, e dopo aver trovato con i polpastrelli il punto giusto, solleticare tra indice e medio il nastro di cotone raso considerato la causa di tanto disordine.
    Questo fu proprio ciò che fece Shizuka Kobayashi, facendo scivolare la mano da dietro la schiena alla cintola dello Shinobi di Konoha. I suoi occhi verdi si socchiusero, sorridendo, quando le sue dita sfiorarono con lenta e sapiente esperienza il tessuto pregiato dell’abito tradizionale dell’altro.
    E solo allora Masaki Kurogane avrebbe forse capito di aver commesso un terribile errore.
    «Tua madre è sorvegliata o gode della protezione di uno degli Hangetsu o di chiunque altro? Per quale ragione è tenuta in vita se pare che la sua esistenza valga meno di zero? Serve forse per qualche scopo o per un qualsiasi motivo a tuo padre o al Clan di lui?»
    Il viso di lei era troppo vicino a quello di lui.
    Reclinò un poco la testa verso destra, poi, con snervante lentezza, la fece leggermente pendere a sinistra. E mai, durante nessuno di quei movimenti, smise di torturare le labbra di lui con le proprie, sfiorandole in quello che sembrava quasi un errore, una svista…
    «Io non ho fatto davvero nulla…» Non stava solo suggerendo quelle fantasie. Masaki lo avrebbe capito quando, se non avesse opposto resistenza, avrebbe sentito un leggero fruscio alla base del suo kimono.
    «Tua madre ti ha mai parlato di cicatrici o sigilli caratteristici sul corpo di tuo padre, o in alternativa ti è mai capito di vederne in prima persona?»
    «…oh, scusami…» Puntò i suoi occhi in quelli dell’uomo. E sorrise mentre si passava la lingua sulle labbra.
    Fu davvero un errore che ad essere toccate furono anche quelle di lui.
    «E’ mai capitato che qualcuno abbia tentato di intrappolare in Genjutsu tuo padre o qualsiasi altro Kurogane, come pure gli Hangetsu? Se sì, come si è svolta la vicenda? E in che modo ambo i rami del Clan hanno reagito dinanzi ad altre tipologie di tecniche e impronte chakriche?»
    Quando girò la testa, così da portare la sua bocca nuovamente vicino all’orecchio del Dislocatore, la sua cascata di capelli castani ricadde al suo fianco, scoprendo il collo che rimase di fronte alla bocca di lui. Una precisione voluta senza dubbio dal caso…
    «…ti ho forse provocato un poco…» Ma non fu un caso che le sue labbra si schiudessero, scoprendo i denti che andarono a mordere il padiglione auricolare del ninja. «…Masaki-sama?»

    […] Si diceva che Shizuka Kobayashi fosse la più raffinata tra le Yamato Nadeshiko del Paese del Fuoco.
    Posata, graziosa e ben educata, era infatti il sogno di molti nobili e ricchi rampolli del continente conosciuto…
    …in verità nessuno di questi sapeva che, sotto nomi e aspetti diversi, la tanto ambita Principessa della Foglia era anche una delle più cercate e desiderate Figlie della Peonia Bianca di Kabuchou, che l’aveva accolta e cresciuta come la tradizione delle donne del suo Clan pretendeva.

    L’errore di Masaki Kurogane era stato sperare di poterla avere grazie alla sua volontà.
    Perché mai, nemmeno per un istante, era stato lui a tirare le fila di tutto quel grande teatro.
    Non era lui a volerla. Era lei a volere lui.
    Non era lui ad averla spogliata. Era lei ad averlo reso nudo prima nella libido e poi nel vestito.

    Masaki Kurogane avrebbe allora presto scoperto…

    «Oh…basta, ora.» Le labbra si richiusero. E il brivido avvertito subito dall’uomo non sarebbe forse stato tra i più casti.

    …che Shizuka Kobayashi non era solo la migliore infiltrata di Konohagakure no Sato…

    «Mi sono divertita abbastanza, con te.» La lingua disegnò un arco. Lento. Misurato.

    …era anche la peggiore e ingestibile delle amanti.



    E il tessuto dell’obi venne tirato via con uno scatto secco.





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    Aka Kekkonshiki

    V



    Mantenere la concentrazione adeguata a rispondere le domande fu la prova che Masaki Kurogane era uno Shinobi provetto e che non era del tutto vero che solo le donne potevano fare due cose contemporaneamente. Shizuka però mi incalzò con una serie infinita di copiose provocazioni alle quali non sarei mai, e dico mai, l'avrei immaginata in grado di torturarmi in quella maniera così atroce, tale da farmi tremare di un piacere che non avevo motivo fisico di provare. E mentre lei faceva in modo di farmi credere che si stesse abbandonando a me, mentre in realtà mi guidava verso dove lei voleva portarmi, l'incessante interrogatorio mentale proseguì. E potei anche ammirare come fosse in grado di provocare la mia libido con tanta efficacia ed al contempo mantenere abbastanza concentrazione da pormi dettagliate domande sul clan Hangetsu.
    Oh, Shizuka, ho solo seguito il mio istinto per una volta, non gli davo mai ascolto, nella mia situazione poteva essere pericoloso. Ma non in quel momento. In quel preciso istante il mio desiderio per lei superava di gran lunga qualsiasi prudenza e fu una gran fortuna che quell'atteggiamento così deciso fosse tutt'altro che compromettente per il successo della missione. Il desiderio carnale era parte integrante di un amore sincero del resto: quelle sue provocazioni per quanto efferate non avrebbero fatto altro che rafforzare e cementificare quella realtà che avevano costruito.
    No, non è mai successo, Shizuka. Gli Hangetsu rimangono Hangetsu. Ichigo Hangetsu, il nonno di Baiko, proteggeva mio nonno. Mio nonno è morto prima che nascessi, Ichigo è morto due anni fa di vecchiaia ed è rimasto da noi ad addestrare i nuovi Hangetsu, era evidente che il clan Hangetsu fosse sì legato al Clan Kurogane eppure non abbastanza da essere considerato un legame "durante la vita ed oltre la morte". E quello già rispondeva alla domanda successiva.
    No, non è mai successo. Guarisco normalmente, ne sono certo e Baiko non ha mai mostrato nulla di insolito mentre ero ferito... nemmeno preoccupazione, ma lui è espressivo quanto una banana in un calzino, divertente metafora. Perché l'avevo usata poi? Probabilmente perché la gamba della Kobayashi con un gesto esperto e calcolato si intrecciò con la mia e la tirò. Così fui costretto a cadere addosso a lei ed il mio bacino entrò in contatto col suo in maniera così intima che non potei esserne colpito ed eccitato. Le sue forme premettero gementi e tremanti contro le mie ed il mio desiderio proruppe i limiti del sensato. Affondai le mie labbra sulle sue e le nostre lingue danzarono un ballo primordiale ed istintivo, incessante ed incessabile.
    Mio padre un uomo diverso da ciò che è Shizuka? Mi sembra improbabile onestamente, anche se non mi stupirei se in certe situazioni mio padre abbia preso il posto di Mujōna e viceversa. Del resto gli Hangetu sono Shinobi, per uno Shinobi addestrato come loro un'operazione del genere è uno scherzo, stava forse pensando ad uno scambio di persona? Era probabile, ma c'era una questione da considerare: io e Baiko che condividevamo lo stesso rapporto tra Mujona e mio padre. Baiko ed io però non l'abbiamo mai fatto, nemmeno quando per delle missioni mi sono trovato realmente in pericolo o quando qualcuno ha minacciato la mia vita per cercare di minacciare mio padre... sciocchi, sciocchi idioti. Per i tesori no, non credo proprio che sia mai successo, e le immagini che fluirono nella mente di Shizuka raccontavano di cumuli di oro fittamente stipati in pesanti forzieri di metallo nero, diverse spade cerimoniali di fattura pregiata al pari delle sete delle quali il clan Kobayashi andava così tanto orgoglioso, ma anche diversi documenti e rotoli tra i quali avevo trovato la storia che le avevo raccontato e poi un enorme quanto misterioso forziere nero grande abbastanza da riempire metà della più grande sala dell'ultimo piano dei sotterranei, che nessuno aveva mai aperto da che vivevo.
    Mentre rispondevo a quelle parole le mie labbra si erano allontanate da quelle di lei solo quanto bastava per riprendere fiato per un mero istante, salvo poi tornare ad abbassarsi su quelle della Kobayashi con inarrestabile desiderio, catturandole in un movimento compulsivo e voglioso che poteva essere a malapena definito "bacio". E senza timore, ormai svanito nel momento stesso in cui avevo abbandonato ogni reticenza e l'avevo spinta sul tatami con tutto l'intento affatto celato di farla mia - anche se lei in pratica mi aveva fatto suo - , tirai il nodo dell'obi fino a scioglielo mentre lei alzandosi sui gomiti mi sospingeva appena all'indietro. L'altro braccio era stato spogliato al kimono in un punto temporale imprecisato. Quel movimento con l'elegante cintura ormai non può tesa e stretta attorno alla sua vita avrebbe fatto sì che l'indumento abbandonasse in maniera scomposta il corpo della Kobayashi, scoprendone le spalle candide e le generose forme ma senza permettere ai miei occhi di coglierle del tutto, come se il tessuto, opponendosi a quella precisa opera di svestizione, avesse deciso di nascondermi agli occhi le parti più nascoste e ricercate, lasciando all'immaginazione il compito di vederle ed alle mani il compito di scoprirle.
    Può sembrar strano, ma certi sigilli sugli Hangetsu non li poniamo noi, ma loro. Ho chiesto a Baiko a cosa servissero e lui mi ha risposto solo "a preservare la rettitudine", per cui è chiaro che sia qualcosa che serve a prevenire un loro tradimento, ma oltre ciò non avevo molto da raccontarle sui sigilli. Sentii le mani di Shizuka muoversi attorno al mio corpo fino a raggiungere il mio obi. Come un'esperta commerciante di sete e tessuti quale era lei trovò con sicurezza il punto dal quale far sciogliere l'obi come se fosse un pezzo di ghiaccio di Genosha sotto il sole di Suna. Sentii la tensione allentarsi unita ad un imprecisato ma certamente piacevole senso di liberazione. I pantaloni del kimono calarono appena ma la mia posizione distesa impedì loro di scendere del tutto fino alle mie ginocchia.
    Perché è più facile tenerla viva che spiegare la sua morte cercando di mantenere l'onorabilità del clan. È protetta da una Hangetsu pure lei, perché questo vuole la tradizione del clan, la madre di Baiko, Kūhaku, risposi mentre lei inclinava il capo ed iniziava a farmi desiderare le sue labbra senza però donarmele mai davvero, sfiorandomi con tocchi delicati eppur audaci, apparentemente casuali.
    Che io sappia mio padre ha una cicatrice sul petto, sul pettorale destro, segno di un vecchissimo allenamento quando da giovane si dilettava nell'arte della spada. A tutti i Kurogane viene insegnato l'uso delle armi che vendiamo, è tradizione e convinzione che saperle usare ci permetta di venderle meglio, non a tutti torti: solo quando si conosceva a fondo un oggetto si potevano esternarne tutte le caratteristiche che più avrebbero allettato un compratore. Ho subito diversi genjutsu in vita mia, ma non è mai accaduto nulla di strano. Stessa cosa per Baiko, da che ne so io almeno, mentre rispondevo a quell'ultima domanda lei con innocenza affermò di avermi provocato un pochino.


    Sorrisi nuovamente con quel piglio malizioso sulle labbra tremanti di desiderio. Con una sicurezza che derivava dall'abbandonare la provocazione Shizuka rabbrividì contro il mio corpo e quel brivido fu trasmesso al mio come una dolorosa urgenza di piacere. Le sue dita si chiusero di scatto sul tessuto del mio obi e tirandolo via affermò che si era stancata di giocare con me. Senza più il supporto della cintura di tessuto i pezzo superiore del kimono cadde in terra dimenticato ed i pantaloni calarono seguendo la gravità. Lanciai uno sguardo alla Kobayashi, osservando i suoi lineamenti arrossati eppure divertiti e che non potevano nascondere l'eccitazione che montava dentro di noi come una marea inarrestabile. Allora con un gesto secco allontanai i rimasugli dei miei abiti, scagliandoli a qualche metro di distanza. E nudo com'ero venuto al mondo mi abbassai su di lei, cercando con le dita il suo obi ormai slacciato, mandandolo a far compagnia con il resto dei suoi vestiti. A quel punto l'abito come se comandato da una forza sovrannaturale si aprì com'era accaduto nelle mie fantasie di quella mattina. Scesi e sfiorai le labbra della Kobayashi con le mie, ma non le diedi la soddisfazione di goderne troppo, giacché spostai le mie sul suo collo, assai in alto proprio laddove si è assai più sensibili a causa di una qualche arcaica reazione di difesa. E con le labbra discesi verso il basso, con lentezza, dandole così tempo di godersi le attenzioni quasi sfidandola a trovar modo di formulare altre interessanti domande. E quella scia di baci infuocati raggiunse senza fretta la clavicola destra della Kobayashi. Scostai il vestito allora, scoprendone il petto nudo, baciando le sue forme senza candore o pudore, mentre man mano che il capo scendeva lungo il suo corpo le mani lo precedevano allargando il kimono per lasciar spazio alle labbra, le quali non persero tempo e baciarono la pelle della Kobayashi, incrociando la cicatrice che scendeva dalla spalla destra verso il bacino alla fine dello sterno, percorrendola poi con la stessa estenuante lentezza fino alla sua naturale conclusione.


    Solo a quel punto avrei osato alzare gli occhi verso di lei. Nuovamente essi brillarono di una impudica malizia, promessa di ciò che da lì a poco sarebbe accaduto. Non ero stato cresciuto in maniera tale da essere un seduttore. Non ero un uomo che poteva vantare un'esperienza paragonabile a quella di Shizuka. Eppure dimostravo sicurezza nei miei gesti e nessuna esitazione nel compierli. Quella pausa non era una richiesta di permesso, era una muta promessa. E quando abbassai nuovamente gli occhi - e le labbra - sulla sua pelle, spostandomi piano verso destra e verso il basso.


    Dicevo, non mi era stato concesso lo studio delle arti amorose. Ma ero certo che ciò che avrei fatto da lì a quel punto, finché lei avesse desiderato, sarebbe stato quasi esclusivamente a vantaggio suo e del suo piacere. Poteva sempre pormi tutte le domande che voleva ovviamente, ammesso che fosse stata in grado di raccogliere abbastanza concentrazione per farlo.
     
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    TOXIC

    Power is domination, control, and therefore a very selective form of truth which is a lie.



    Shizuka Kobayashi era una donna dal forte auto-controllo. Il suo equilibrio era perfetto e non presentava pecca. Dapprima come Principessa e in seguito come Kunoichi, l’Erede dell’Airone si era infatti sempre distinta per la sua capacità innegabile di camminare sul filo del discernimento. Impossibile il contrario, per chi come lei era il perno di una bilancia dai piatti troppo ampi per essere considerati solo “propri”, la pudicizia della misura era una dote senza pari…
    …ma quella volta dovette mordersi amaramente l’interno della bocca per impedire alle sue mani di muoversi istintivamente in avanti.

    La missione.
    Doveva tenere a mente solo quella.
    Era evidente.

    Era altrettanto evidente che a ventuno anni, con un uomo di rara bellezza di ventiquattro addosso e una Magione alle proprie dipendenze completamente vuota, pensare ad una missione era una questione sin troppo spinosa. Che lei aveva creato, per altro.
    A sua discolpa si sarebbe potuto dire che aveva ritenuto quel gioco nient’altro che tale fino a quando non aveva capito che le era sfuggito di mano, il che era accaduto più o meno quando si era ritrovata troppo nuda per poter invocare la scusa del “passatempo”. Suo malgrado cresciuta ed educata per due anni alla Peonia Bianca di Otafuku, agli ordini della Stella Maggiore Izumi-sama, il passatempo adoperato su Masaki non era davvero…
    «…il meglio che posso che fare.» La sua voce era l’arpeggio di un koto nella notte, e lei, sorridendo nel notare lo sguardo del Kurogane, abbandonò alla semi-oscurità della stanza il suo forte divertimento. «Perdonatemi, Ouji-sama…» Sussurrò mentre le sue mani si adagiavano sul suo stesso corpo, scivolando sulla sua pelle con la punta delle dita che, simili a quelle di un burattinaio esperto, si intrecciarono a quelle del Dislocatore, bloccandone la discesa. «…mi sembrava di aver detto che ci saremmo riservati il meglio per dopo il matrimonio…»
    Non era mai stata più falsa di quel momento. E il sorriso sarcastico che le si dipinse sul volto mentre la sua lingua scivolava a cristallizzare le carnose labbra rosse, ne fu l’ennesima riprova.
    «Devi concentrarti, Masaki. Non vorrai davvero smettere di ragionare ora.»
    Se non fosse stata la sua voce interiore a ridere, lo avrebbe con ogni probabilità fatto lei, e su questo l’Argenteo del Ferro ne fu certo quando avesse sentito il suo volto bloccato e il suo mento alzato in direzione di quello di lei. Per qualche ragione, adesso, sembrava irritata.
    «Sono io che decido.» Disse la donna. E non era un avvertimento, né una semplice constatazione.
    «Nella fucina cos’altro c’è oltre le armi? I Kurogane hanno così tanti segreti per ragioni particolari, magari nemici da cui devono guardarsi o pericoli di un qualsiasi genere e tipo?»
    «Sono sempre stata io quella che decide.» Era una realtà.
    «Sei a conoscenza dell’esistenza di un qualsiasi genere di barriera di individuazione attorno alla Magione del Ferro? Per quanto riguarda le mura esterne, invece, dimmi qual è lo spessore delle stesse e se posseggono qualsiasi tipo di proprietà utile a bloccare chakra o tecniche di sorta.»
    Era un segreto quale fosse l’abilità che le permetteva di toccare la pelle nuda del Kurogane con quella delicatezza violenta, quella fame controllata. Era incomprensibile come riuscisse a guidare le mani di lui lungo il suo stesso corpo, insegnandogli a mapparlo con l’esperienza autoctona di chi possiede e non semplicemente conosce. Il modo in cui faceva affondare la punta delle dita dell’uomo nelle sue carni, in quei punti che sapeva essere sensibili e da cui sbocciava una rosa di brividi, era molto oltre il semplice livello di seduzione.
    «All’interno della Magione del Ferro esistono trappole o meccanismi segreti di difesa?»
    La seduzione era possessione. Carnale desiderio.
    …Ma lì non c’era niente che sembrava potersi ottenere, se non solo vedere, sfiorare, odorare… e così, prima che il Kurogane potesse capire l’esatto istante in cui la tela si era aperta sotto di lui, divorandolo, un caledoscopio di percezioni lo avrebbe sopraffatto. E mentre il corpo della Kobayashi si muoveva sotto di lui, sfiorando la sua pelle con movimenti lenti e calibrati come quelli di una danza antica, il profumo di fiori di loto e magnolia di lei inebriava la sua coscienza, le luci soffuse della stanza ingannavano la sua mente, e la delicatezza della carnagione di chi lo stava giocando così bene stordivano la sua sensibilità, protendendola al limite dell’accettabile.
    “Mi dispiace” sembrava dire quel nuovo intrattenimento “Non sei tu che prendi l’iniziativa”.
    «Rimandami tutti i volti degli Hangetsu e dei Kurogane, il loro nome e la loro esatta collocazione all’interno della gerarchia, quindi il ruolo che rivestono e le funzioni che svolgono.»

    Ma poteva fare peggio. Molto peggio.
    E fu presto evidente come.
    «Tutti i membri dei Kurogane vivono dentro la Magione o alcuni membri sono lontani? Se sì, quali e perché. Per quanto riguarda gli Hangetsu, invece?»
    Passando la mano destra sul torace dell’uomo, la Figlia della Peonia Bianca fece scivolare le dita lungo lo sterno, disegnando curvature con le unghie sulla pelle temprata del Kurogane, almeno fino a quando i contorni sfumati dei fianchi di lui non solleticarono il suo tatto.
    Sorrise, sardonica: aveva smesso di pronunciarsi innocente. Non lo era mai stata, dopotutto.
    E lui, pur sapendolo, aveva osato dove non doveva. Facendole chiaramente perdere la pazienza.
    «Ho bisogno di sapere la stima delle capacità di ogni Hangetsu e dei membri dei Kurogane in grado di fare qualsiasi cosa nell’ambito del combattimento; tu o Baiko dovreste essere in grado di fornirmi tutto.»
    Distendendo la mano per tutta la sua lunghezza, la donna unì l’indice e medio della mano e applicò a quel punto una leggera pressione sulla pelle del Dislocatore, lì dove il corpo maschile tendeva, in certi contesti, a subire una reazione tutt’altro che educata. A dispetto di quello che ci si sarebbe aspettati, però, il tocco non era finalizzato ad aumentare la vicinanza, ma ad allargarla portando l’Argenteo, nuovamente, a sedersi sul tatami.
    «Dimmi qual è la funzione di ciascuna stanza della Magione, chi è la persona che ne fa uso e in che modo. Dimmi inoltre se nel sottosuolo c’è altro oltre alle stanze del tesoro.»
    Avrebbe allontanato il corpo dell’uomo dal sé, sospingendolo perché fosse lui a farlo e non lei ad obbligarlo. Quando il Kurogane si fosse dunque trovato ad una distanza sufficiente da permetterle di ottenere di nuovo la libertà del movimento, la donna si sarebbe voltata dentro le sete del suo kimono da camera, portandosi in ginocchio. Benché ormai nuda, riusciva a sostenere il tessuto interno del suo abito perché di lei si vedessero solo le spalle e i lineamenti del suo corpo attraverso le luci. La geometria del suo fisico morbido, scuro in contrasto con il fuoco delle lanterne di riso, vibrò mentre lei…rideva.
    «Vedete, Kurogane no Ouji-sama… avete errato nel momento stesso in cui avete cercato di avere ragione su di me.» Disse la donna, conducendo i suoi occhi in quelli dell’interlocutore. Esitò un istante sulla figura di lui, e dovette impedire alle sue mani si portassero avanti. Il suo corpo, però, si mosse -più istinto che pensiero- scivolando quasi addosso all’altro. La distanza era appena quella di un respiro a pieni polmoni, e lei, nel rendersene conto, smise di respirare. «ll problema, temo…» Era che lo desiderava troppo. Era evidente e sarebbe stato strano il contrario: la verità era che il corpo era debole e l’istinto difficile da domare. Non era amore, era sesso. «…è che non siamo ancora sposati.» Sorrise di quella menzogna evidente, ma necessaria. I suoi occhi verdi, incatenati a quelli cremisi del Dislocatore, si socchiusero: lo stava prendendo in giro. O forse no. «Kurogane-sama…» Mormorò la donna, incapace a quel punto di frenare le sue braccia dallo scivolare avanti, sulle spalle dell’uomo, dove si posarono come ali stanche. «…vedete, vi spiego…» Il tessuto interno del suo kimono cadde dal leggero equilibrio in cui si trovava, scivolando lungo i lineamenti del corpo nudo per poi inginocchiarsi a terra, esanime. «…le Matrone Kobayashi sono donne di Potere e non apprezzano che venga tolta loro la supremazia in nessun campo…tantomeno in questo.» Schiuse le labbra, reclinando leggermente la testa di lato mentre il suo corpo si arcuava in avanti andando a ricercare quello del Chunin della Foglia. Ma non lo toccò. Nemmeno per errore. «Mi dispiace, la prossima volta che oserete…» Fare la metà di quello che aveva fatto lei –sembrò dire, mentre si abbassava a mordere il labbro inferiore dell’uomo. Lo trattenne tra le sue qualche istante, prima di lasciarlo. «…chiedetemi il permesso E così dicendo, posando le mani sulle spalle dello Shinobi, si alzò in piedi.
    Il suo corpo, completamente nudo, sostò di fronte al Kurogane mentre lei, guardando dall’alto in basso l’interlocutore, si abbandonò ad un ghigno ironico prima di voltarsi e dare lui le spalle.

    «Sono sempre io che decido.»

    Sorrise, scostandosi i capelli che ricaddero dietro la sua schiena, accasciandosi sulla curva dei glutei.

    «Vedi di tenerlo a mente.»

    Il suo lavoro era finito.

    E anche il suo gioco.
     
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    九代目水影 - Kyuudaime Mizukage

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    Aka Kekkonshiki

    VI



    Piccolo maledetto Oni dal corpo perfetto e dalla mente maligna. L'aria in quel momento era torrida come i venti meridionali di Suna ed era così evidente che quel desiderio fosse reciproco che la domanda sarebbe salita in mente spontaneamente a chiunque non fosse dotato di una certa vena malvagia olre ogni dire. Perché interrompere?
    Il suo tocco mentale fu leggero ma sufficiente a farmi recuperare un po' di concentrazione necessaria a proseguire quell'interrogatorio che speravo davvero fosse finito con le domande precedenti. Più il tempo passava, meno la missione sembrava importante, segno che la ragione stava soccomendo al desiderio. Le implicazioni di un atto divenivano incredibilmente poco importanti quando si desiderava compierlo con tutto il proprio essere come me (e lei) in quel momento.
    A me sta bene se decidi, dissi in un soffio appena divertito. Un sussurro appena udibile, che celava malamente la leggera ilarità che le sue parole mi avevano suscitato. Lei aveva deciso tutto ciò o forse ero io che avevo deciso di lasciarmi guidare in quel gioco da lei? Ed anche se ciò fosse stato, quale sarebbe stato il problema che potrei aver avuto con ciò? Semplcemente alcuno: quel gioco era troppo bello per non essere provato, anche con un ruolo da comprimario.
    Forse mi hai frainteso, Shizuka. La "Chiave delle Fucine" non porta alle vere Fucine dei Kurogane. Esse sono locate fuori dalla Magione, ed i depositi sono fermamente sorvegliati, e vi sono armi e solo armi Shizuka. Nulla di strano o compromettente sarà mai posto insieme a ciò che ci garantisce la ricchezza... per quanto riguarda cosa sia questa "Chiave delle Fucine", non lo so, il sospiro fu più fisico che mentale.
    Che c'è, Shizuka, sei per caso qui contro la tua volontà che temi di non essere in grado di decidere?, domandai con lo stesso sorriso tagliente sul volto. Il suo controllo estremo si stava esplicando in una maniera che sembrava errata: avevo preso l'iniziativa, ma eravamo adulti e consenzienti. Il concetto di subire l'iniziativa altrui era sempre sottointeso ad una personale decisione: accettare ciò che si stava facendo. Noi siamo pieno di nemici, Shizuka. Se armi metà del continente, l'altra metà finisce per volerti morto... o fare affari con te, porta i nemici dei tuoi clienti alla disperazione e poi armali per la vendetta. I Kurogane avevano creato il loro disgustoso impero su tale concetto.
    Sì, è presente una Barriera che permette ad un Hangetsu di conoscere chi entra nella Magione, ma le mura non sono dotate di proprietà particolari. Solide, ma pur sempre muri, dopotutto chi spendeva vagonate di soldi per costruire muri appena più resistenti del normale che gli Shinobi presto o tardi avrebbero comunque fatto in modo di distruggere? Non ne valeva la pena, non secondo i suoi antenati e suo padre aveva rispettato quella tradizione. E mentre le mie dita la accarezzavano passarono sulla sua schiena e le sue spalle. Ti lascio una cosa, sussurrai mentre le dita toccavano le pelle del suo fianco in basso, molto in basso, in un punto che logicamente nessuno avrebbe dovuto vedere mai. Se non si fosse opposta allora lì sarebbe comparso un sigillo [Sigillo di Dislocazione Remota], Mi permetterà di raggiungerti in qualsiasi momento, sussurrai e quando le nostre menti tornarono in contatto le spiegai. Ne ho lasciato uno anche a Raizen, è per maggiore sicurezza. Lo userò se necessario, significava "in situazioni di mergenza". Per colpa sua però sarei stato costretto a smentirmi a breve, ma quella era un'altra storia. Per tutti i Kami, Shizuka, non li ricordi mica tutti i nomi. Per quelli che ricordo: Jinsuke Kurogane, il mio stimato padre. Hayako Seiju, mia madre. Poi c'è mio zio paterno, fratello minore di mio padre, Hamano Kurogane, uno dei Quattro che fanno parte dell'organizzazione chiamata Tetsu no Te (mano di ferro), di cui ho parlato a Raizen. Poi c'è il figlio di Hamano Kurogane, Tetsujin Kurogane, circa sei anni più grande di me che è un altro dei Quattro. La moglie di Hamano è morta. Gli altri due che fanno parte dei Quattro sono Ayuki Kurogane, figlia del fratello di mio nonno e sua figlia... Shizuka Kurogane. Anche se nonostante l'omonimia non ha molto a che vedere con te, tutti quei nomi furono correlati da immagini mentali e quando si giunse alla cara cugina Shizuka poté vedere una donna dalle scarse forme, le pelle candida e rivestita di metallo anziché di seta. Shizuka era una guerriera provetta, forgiata nel freddo del Paese del Ferro e da quelle parti molto stimata. Per quanto riguardava Jinsuke, aveva la mia stessa carnagione e capelli chiari, con due occhi neri come la notte incastrati sul viso serio e temprato. Un uomo duro, severo, potente. Le stesse immagini mentali sarebbero seguite successivamente mentre parlavo degli Hangetsu. Baiko lei lo conosceva, Mujona era incredibilmente simile al figlio, ma con i capelli assai corti e due occhi rosso sangue. La madre di Baiko invece era una donna estremamente attraente, dalla pelle diafana ed i capelli neri, con i lineamenti gentili e più espressivi di quelli del figlio e due grandi occhi neri assai identici a quelli di Baiko. Gli Hangetsu che ricordo sono Baiko, Mujona, Kūhaku che proteggono me, mio padre e mia padre. I Quattro sono accompagnati anche loro da degli Hangetsu ma ammetto di non sapere un granché di loro. In ogni caso, le loro abilità di combattimento sono abbastanza elevate. Sicuramente Baiko è più abile di me, Mujona è terrificante, così come Kūhaku. Gli altri sono di un livello variabile, assimilabile a quello di un Genin fino a quello di un Jonin esperto. Sono degli assassini sublimi ed amano manipolare le ombre... come, non lo so, ma non centrano nulla col Clan Nara. Le stanze le ho segnate sulle mappe, i loro utilizzi almeno. La servitù ha accesso a tutte le stanze per le normali pulizie. Tutti i documenti che documentano gli affari di famiglia sono chiusi in una cassaforte nella sala centrale del primo piano, per questo la servitù è libera. In ogni caso, nelle nostre sale private lasciamo che entrino solo quando abbiamo necessità. Nei sotterranei hanno accesso solo i Kurogane, Shizuka. I Kurogane di sangue o per matrimonio. Ed è lì che ci sono le trappole: ogni porta dei sotterranei lo è, ma non ho modo di farti vedere con certezza quali sono: gli Hagetsu le rinnovano periodicamente, ogni mese circa, così da non dare alcun riferimento a chi volesse intrufolarsi al loro interno. Posso solo dirti che le trappole sono dei Fuuinjutsu però. No, nel sotto suono non c'è altro oltre le stanze del tesoro, che io sappia., dissi. Nel mentre lei con movimenti atti ad allontanarmi da lei non facevano altro che alzare il grado della mia eccitazione. Sapevo bene che nulla di ciò era casuale, eppure ad un certo punto in mezzo a quella casualità qualcosa cambiò. Ero certo di non aver agito in maniera sconsiderata, essendo stato condotto a ciò, eppure lei - dimostrando un certo grado di malvagità - mi rimise a sedere sul tatami, morse il mio labbro e dunque si alzò, lasciando che le sete che la ricoprivano scivolassero in terra lasciandola così completamente nuda davanti ai miei occhi. La gola era così arida che dovetti deglutire un paio di volte prima di poter parlare. E l'avrei fatto.
    Oh, pare che qui siamo arrivati ad un'impasse Kobayashi-sama, sussurrò Masaki. L'interrrogatorio era finito, lei aveva avuto tutto ciò che potevo darle. Perché anche gli Uomini di Ferro dei Kobayashi sono uomini di potere..., lei si voltò, io sorrisi. Lo stesso sorriso tagliente di poc'anzi, che brillava sotto due occhi rossi e guizzanti. Non appena lei si voltò a fare un passo fuori dalla stanza io ricompravi (letteralmente) alle sue spalle, silenzioso come un'ombra. Rapido come solo io potevo essere avrei allungato le braccia attorno al suo corpo e dunque l'avrei stretta a me, lasciando che la nostra pelle nuda aderisse. Le mie labbra allora si portarono al suo orecchio in un sussurro che poteva essere udito solo da noi, nella più totale privacy di quelle stanze.
    Cara Shizuka, abbandonai quella ironica formalità che ci stavamo riservando per un tono più schietto che meglio si addiceva La decisione l'hai presa, più e più volte questa sera. Avresti potuto condurre questo interrogatorio tenendomi la mano mentre bevevamo il Tè eppure eccoci qui, feci una brevissima pausa Nudi. No, Shizuka, non è un'impasse, non è una forza inarrestabile che incontra un oggetto inamovibile, la mano destra si sollevò piano fin sul suo mento ed a quel punto le avrei fatto voltare appena il capo, senza metterci davvero forza nell'atto: nulla di tutto ciò era una forzatura. Qui noi vogliamo la stessa cosa, e dimmi, Principessa Mercante, cosa accade quando le due parti hanno gli stessi interessi?. La risposta era tanto semplice da essere scontata. E se lei avesse voluto allora sarei andato via all'alba, senza dormire nemmeno un secondo, senza lasciarla dormire, mostrandole che così come lei era assai versata nell'arte della seduzione anche io, non per un rigoroso addestramento, avevo una certa considerabile esperienza e bravura. Altrimenti sarei scomparso ancora una volta, riapparendo laddove avevo lasciato i miei vestiti. Li avrei indossati con calma quasi serafica, passandomi alla fine una mano tra i capelli per dar loro un'ordine. Qualsiasi cosa fosse accaduta, prima di andar via avrei detto le stesse parole.
    Abbiamo una settimana di tempo prima dell'incontro con mio padre, Shizuka. Ripensa a quanto ti ho detto oggi, se dovessi avere idee per aumentare la certezza della riuscita dell'evento, scrivimi per rivederci. Le tue lettere non destano sospetti alla Magione, del resto lei sapeva bene cosa scrivere all'interno delle stesse. Devo parlare con l'Hokage, quelle ultime parole furono un mormorio. Ho informazioni anche per lui... ti prego, avvisalo tu che voglio vederlo, fai in modo di farmi sapere quando vederci in modo sicuro. Le tue lettere non destano sospetti, le sue potrebbero, aggiunsi. Le sorrisi un'ultima volta, dunque scomparvi, riapparendo fuori dalla finestra laddove avevo lasciato il Kunai prima di entrare. Ripensai alle sue parole "avevamo detto di lasciare il meglio dopo il matrimonio". Dopo quel bagno di sangue con ogni probabilità avrei voluto solo gettarmi dal Monte degli Hokage diritto giù per il suolo.




    Tornai a casa all'alba, in ogni caso. Trovai Baiko sveglio, ad attendermi, senza apparenti segni di stanchezza sul viso. La sua inespressività mi inquietava: cosa stava pensando in quel momento? Baiko? Perché sei in piedi?, domandai.
    Non amo quando sono costretto a lasciarvi solo, Masaki-sama, disse allora l'Hangetsu. Ma non temere, ho riposato a sufficienza per questa notte, poi rimase in silenzio per qualche secondo, chiudendo poi gli occhi. Masaki-sama, sta accadendo qualcosa? Non dovresti avere segreti con me. Guardai Baiko per un secondo, infine sorrisi e scossi il capo.
    Nessun segreto, mentii spudoratamente. Cosa te lo fa pensare?
    Mi siee sembrato pensieroso, nonostante l'apparente carenza di emozioni Baiko era un maestro a leggere quelle altrui. Tutto qui.
    Baiko, io sono pensieroso. Tra una settimana Shizuka incontrerà mio padre, poi ci sposeremo. Sono agitato come un ragazzino, maledetto manichino senza emozioni, le ultime parole erano state dette con tono divertito. Avevo chiamato Baiko in quel modo un'infinità di volte. Vado a dormire un po' Baiko, dissi all'uomo gettandomi senza troppi complimenti sul tatami. Baiko mi osservò, senza che potessi vederlo. Socchiuse gli occhi e le sue labbra si piegarono in un'espressione tra il triste ed il preoccupato. Solo che io non potei vederlo. Nessuno poteva.


    Prossimo post spero breve: Shizuka deve organizzare un incontro con Raizen e Masaki. La lettera deve essere scritta, così come tutte le future comunicazioni epistolari da Shizuka e Masaki.
    Ricordo che i vostri pg hanno una settimana di tempo per effettuare la preparazione all'incontro col babbo. Poetete postare quante volte volete, se avete bisogno di Masaki avvisate.
     
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    ANOTHER STEP

    The journey of a thousand miles begins with one step.



    Masaki Kurogane era un uomo veloce.
    Shizuka Kobayashi, però, aveva riflessi molto più veloci.
    E molta più creatività.

    Prevedendo in anticipo la dislocazione del Kurogane (ahi ahi, giovane Principe del Ferro, quanta prevedibilità in camera da letto), la donna si sarebbe sostituita al suo appendi-kimono, lasciando abbracciare lui un manichino di legno dalle braccia distese.
    «Cosa pensavi di fare alle mie spalle con quell’arma impropria?» Ghignò subito la kunoichi, voltandosi a guardare in faccia il ragazzo. Non era necessario dire a cosa si stesse riferendo. «…Mi dispiace, Kurogane no Ouji-sama…voi potete essere il più abile degli uomini, ma le vostre capacità risultano inutili se tanto ovvie.» Rise, mettendosi a braccia conserte. Evidentemente il fatto di essere completamente nuda non era un problema sufficiente a frenare il suo sarcasmo, come se per la verità fosse abbastanza abituata a trovarsi in situazioni in cui la sua presunta pudicizia principesca era messa alla prova… una dura prova…
    Quale che fossero le sue intenzioni, la Kobayashi ascoltò in silenzio le parole del suo interlocutore, benché ad un certo punto non poté trattenersi dal muoversi rapidamente in avanti. Alzando una mano, la donna bloccò infatti la bocca del Kurogane dal momento in cui questi pronunciò “Avresti potuto condu–…”, interrompendo in questo modo tutto ciò che questi avrebbe detto a voce alta.
    «Taci.»
    L’ordine mentale arrivò immediatamente, irrompendo nella mente del Chunin argenteo come un rombo di tuono. A differenza del tono suadente dell’interrogatorio di poco prima, adesso vi era una filatura molto più tagliente a caratterizzare ciascuna sillaba.
    «Oh Masaki…tu parli troppo…» La voce udibile all’esterno rise, soave ma sarcastica.
    «Questa è una missione, Masaki. E io non perdo mai di vista la mia missione. Siamo soli, alla mia Magione, ma anche se lo siamo pretendo accortezza. Parlerai del nostro dovere solo previo contatto mentale, altrimenti non lo farai. Anche quando presupporremo di essere soli, ci comporteremo come se non lo fossimo. Abbiamo molti modi per parlare senza che altri ascoltino, del resto.»
    «…non è con le parole che mi convincerai a rimanere.»
    Le mani della donna si alzarono, scivolando sulle spalle nude dello Shinobi, per poi precipitare ancora una volta e circumnavigato lo sterno ampio rampicarsi lungo la schiena. Dove si arpionarono, con rabbia.
    «Mi sembra evidente che tu non sia capace di gestire il ruolo da infiltrato: errori come questo possono costarci l’esito della missione.» Non stava scherzando.
    «Non sei capace di gestire il ruolo da amante, temo.» E nemmeno ora.
    «Un infiltrato che tale si possa definire, lo è sempre: anche a casa propria, nella sua intimità, e persino con le persone che ama.»
    «Mi dispiace dirlo…ma per quanto Potere tu possa ostentare, non sei ancora al mio livello Di cosa stava parlando, ora?
    «Non osare mai più mettere a repentaglio il mio lavoro…»
    La donna tirò una spinta al Dislocatore, ma non c’era niente di seducente in quel gesto. Se la mano di lei avesse infatti impattato contro il torace di lui questi avrebbe avuto di che cadere all’indietro e finire letteralmente disteso sul pavimento di legno spoglio.
    «…errori come questi sono da dilettanti, Kurogane-sama, e…» Un piede nudo avrebbe bloccato una delle gambe dell’uomo, impedendo a questi di muoversi, ma al contrario permettendo alla Principessa del Fuoco di avanzare di un passo sul corpo nudo del Kurogane.
    «…scarse accortezze di questo genere durante una missione…» Guardò il giovane Erede del Ferro dall’alto in basso, reclinando leggermente la testa all’indietro per poi mettersi a braccia conserte. I suoi profondi occhi verdi, adesso cupi come un abisso in tempesta, non tradivano eccitazione…ma un’incontrollata e improvvisa irritazione.
    «…mi fanno arrabbiare davvero tanto.» Si abbassò in avanti fino a quando il volto di lei non fu al pari di quello di lui. «Masaki…» Sibilò, feroce, agguantando il mento del ragazzo con la mano destra in modo tutt’altro che delicato. Scosse la testa di lui, arricciando il labbro superiore con strafottenza.
    «Mi vedo costretta a fare un po’ di pulizia, marito mio.»
    «Odio non avere il comando di ciò che desiderio ottenere.»
    E mettendo una mano sulla gola dell’uomo la kunoichi alzò di scatto la gamba destra, tirando un potente calcio alla lanterna da terra che illuminava la stanza, la quale, oscillando pericolosamente per mezzo istante, cadde infine a terra.
    E mentre si inclinava, la fiamma, al suo interno, si spegneva…

    Sarebbe stato solo un secondo.

    «Impara a chiedere scusa.»

    E fu l’oscurità.

    […]


    Avrebbe chiesto al Dislocatore di darle le informazioni che intendeva comunicare all’Hokage, per il semplice fatto che sarebbe stato più semplice farlo per lei, che per lui. Avrebbe detto di volere tutto -le informazioni, si intendeva- e si sarebbe messa a ridere se questi si fosse lamentato della pessima tempistica della donna: doveva essere molto stanco, il Principe del Ferro. Esausto, probabilmente.

    «Masaki…»

    Quando anche quell'accortezza si fosse conclusa un bagliore blu elettrico si sarebbe avvicinato alla tempia dell’uomo disteso a terra sul parquet nudo e crudo: era addormentato, o sveglio ma troppo stanco per reagire. Quale che fosse la circostanza, si sarebbe accertata di poter fare quanto necessario, prima di agire.

    «…provo per te un sentimento incredibile…io…»

    Le informazioni dell’interrogatorio e ogni dettaglio dello stesso sarebbero state prelevate dalla mente del Kurogane, al quale sarebbero stati lasciati solo i ricordi della vicenda in quanto tale, estrapolata però dal contesto informativo: ed ecco qual era sempre stato il senso di condurre due filoni di conversazione differenti, vocali e mentali [Furto]Furto
    Arte: L'utilizzatore può estrarre un ricordo dalla mente di una vittima dell'Interrogazione Mentale ed assorbirlo come proprio. Alternativamente può inserire il ricordo in un rotolo da richiamo sotto forma di Sigillo e successivamente apporlo su una creatura vivente. Se compatibile, il ricordo verrà assorbito dal ricevente come proprio. Se il ricordo è falso, verrà prelevato come tale. Qualora l'utilizzatore conosca per certo il contenuto del ricordo, questo potrà essere prelevato senza possibilità di menzogna.
    (Consumo: Mediobasso per Ricordo)
    [Da Genin in su]

    [Alterazione]Alterazione
    Arte: L'utilizzatore modifica leggermente i ricordi della sua vittima. Al termine dell'Interrogazione Mentale, la vittima non ricorderà le domande che le sono state poste. Se speso un ulteriore MedioBasso è possibile cancellare il ricordo dell'Interrogazione.
    (Consumo: Basso)
    [Da Chunin in su]



    «…ho bisogno di te.»

    I ricordi vennero impiantati nella mente della donna, i cui occhi lucidi avrebbero brillato del riverbero della luna piena perché lui li potesse vedere. Scostando con dolcezza una ciocca di capelli dalla fronte del ragazzo, la Principessa del Fuoco sorrise con amore, abbassandosi per poi a baciare con dolcezza la fronte scoperta.

    «Ho bisogno di averti nella mia vita. Sempre.»

    Parlava con voce gentile, un po’ timida forse, decisamente impacciata… e faceva in modo che ciò che diceva venisse ben udito.
    Un altro piccolo bagliore avrebbe illuminato la semi-oscurità della stanza, che poi sarebbe stata inghiottita nella quiete fino all’alba.

    […]


    «Ehilà, Hokage ammantato!»

    Quando Shizuka Kobayashi entrò nell’ufficio di Raizen Ikigami, sorrideva.
    Il bel kimono rosa pesca dall’obi color dell’oro ravvivava la sua espressione serena, e la borsa da compere di seta color ocra, da cui spuntava un mazzo di fiori e qualche scatolina del mercato di Villaggio che quella mattina si teneva nella Via Principale, davano lei l’aspetto di una moglie più che di una ragazza di ventuno anni. Era incredibile quanto fosse cambiata, negli ultimi anni…negli ultimi mesi, soprattutto. Sembrava essersi fatta più bella, più matura. Persino la fisionomia delle sue espressioni era mutata, divenendo più posata.
    «Mi dispiace essere arrivata senza preavviso, oggi ho messo ad arieggiare il kimono delle Eredi dell’Airone e non ho avuto modo di mandarti una missiva avvertendoti che sarei venuta a trovarti…beh, non che tu abbia chissà cosa da fare.» Esordì così la Principessa del Fuoco, richiudendo la porta alle sue spalle e avvicinandosi alla scrivania del Colosso. Inarcò un sopracciglio con ironia. «Sei pieno di segretarie che lavorano per te, dopotutto.» Commentò, e adesso apparì più tagliente che divertita. Se non avesse sorriso di nuovo, infatti, sarebbe apparsa quasi irritata. «In ogni caso, sono qui per parlarti di un argomento importante. Te lo dico da ora, testone, perché voglio la tua totale attenzione, quindi cerca di capire bene tutto quello che dico…chiaro?» Guardò la Volpe aggrottando le sopracciglia, quasi non ci sperasse troppo in quanto aveva appena detto, realtà che sembrò rimarcare sospirando sonoramente mentre si accomodava sulla poltrona dall’altro capo della scrivania. «Tra una settimana esatta a partire da oggi incontrerò Jinsuke Kurogane-sama, il padre del mio fidanzato, per concordare con lui gli estremi del mio matrimonio. In vista dello stesso la mia famiglia si è stretta parecchio nelle sue concessioni…infatti posso garantirti che non rimango sola nemmeno per un istante. Mai. Capisci il mio dramma...che ansia!» Borbottò. I suoi profondi occhi verdi si piantarono in quelli del Kage prima di alzarsi al cielo. Sospirò, grattandosi il retro della nuca con poca convinzione: non era una novità per nessuno che la ragazza fosse allergica alla claustrofobia del suo titolo. Solo a quel punto, comunque, Raizen avrebbe notato che le maniche del suo abito tradizionale si erano allungate di tre quarti: segno di una donna impegnata,con auspicio di un matrimonio prossimo. Vedere quell'abbigliamento su di lei, dava una strana sensazione. «Ma non posso dare loro torto...come futura Capoclan Kobayashi devo cominciare a pensare meno a me stessa e più alle mie responsabilità.» Chiuse gli occhi, pronunciando quelle parole. «Arriva un momento in cui una donna desidera essere amata e trovare qualcuno di prezioso per sé, con cui condividere la vita e formare una famiglia, che guardi solo lei e nessun’altra…» Sorrise di quelle parole, reclinando poi leggermente la testa di lato, e così rimase per qualche istante mentre i lineamenti del suo volto si ammorbidivano in un’espressione gentile che raramente era apparsa nell’ironia irruenta del suo aspetto. «…sono fortunata ad essere riuscita in questo, perciò, anche se mi addolora non poter divenire Jonin prima di questa decisione, desidero comunicarti che rinuncio, a tempo indeterminato, alle mie responsabilità come ninja.» Alzò leggermente il volto, conducendo i suoi occhi verde smeraldo in quelli scarlatti del Kage. Per un istante non disse niente. «Sono certa che concorderai con me nel definire la mappatura significativa della definizione dell’essere shinobi, qualcosa di simile ad uno shinshi-odoshi: inizialmente è vuoto, perché si è inesperti, ma una volta che si è riempito deve essere svuotato per guardarne il contenuto da lontano e carpire così i suoi segreti, che indicano il percorso generale di ciascuno. Il mio, rappresenta la decisione di servire Konoha non più come shinobi, ma come Capoclan Kobayashi e moglie Kurogane.» Lo shinshi-odoshi era la tradizionale fontana giapponese: un bamboo tagliato in cui si raccoglieva l’acqua e che si svuotava da solo ad ogni riempimento. Nella cultura shintoista, rappresentava la mappa del percorso segreto di ciascuno che, a piccole gocce, simili a piccoli passi, portava alla completezza dell’essere. «Tutto ciò che sono e soprattutto tutto ciò che ho scoperto, che ho sperimentato, che ho capito e che dunque ha arricchito me e la mia causa –quella, come ben sai, di supportare la Foglia– lo devo anche alla mia esperienza come Shinobi, di cui non rimpiango niente, Raizen. Assolutamente niente.» Sorrise, e adesso sembrò farsi nostalgica. Per un attimo alzò gli occhi al soffitto dell’ufficio, infine battendo il pugno della mano destra sopra il palmo della mano sinistra. «...Ecco, è un po’, sai, come pettinarsi i capelli!» Rise di quel paragone, scuotendo la testa. “Non me ne viene uno migliore” ammise ad alta voce, prima di cercare di spiegare l’elaborato arzigogolo mentale che l’aveva condotta a quel risultato. «Si dice in quel vecchio proverbio, sai, che pettinarsi i capelli porta ordine in testa, perché ogni capello allineato è un’informazione sistemata. Ecco, è stato proprio così per me: ho dato un senso alla mia vita da quando ho deciso di sposare Masaki, un ordine che non ho mai ottenuto essendo "solo" kunoichi. Improvvisamente è come se tutte le cose un po’ storte che avevo nel cervello si fossero sistemate. A forza di spazzolare, tutti i pensieri sono stati portati via. I miei capelli sono diventati lisci e la mia mente sgombera dalle incertezze.» Esitò, corrucciando la fronte. «Cioè, non che non mi sia davvero pettinata di continuo, eh.» Borbottò. «Nel senso, sono sempre ben pettinata ovviamente. È un esempio, spero tu abbia capito.» Cercò di mantenersi seria per un attimo, ma alla fine sghignazzò di nuovo. Suo malgrado inarcò le sopracciglia in modo colpevole. «Sono un disastro a spiegarmi.» Non che fosse proprio una novità, Raizen Ikigami lo sapeva bene. «...Ma il senso è, insomma, che tutti i nodi vengono al pettine. Sono tutti lì, alla fine. E la mia testa è più leggera, ora, lo ammetto. Sono felice come non lo ero da tempo, Raizen. Sono felice davvero.» A quel punto, lanciando un’occhiata sarcastica alla Volpe, esitò un attimo. Subito dopo stava velocemente rovistando nella sua borsa –da cui tirò inizialmente fuori due pacchettini di mochi, un libro, un porta tè di bamboo e tre rotoli di pizzo ricamato a mano–, da cui estrasse infine un pettine di corno bianco che lanciò prontamente sulla scrivania al Kage. Fu talmente delicata nel gesto che cadde anche il resto delle cose, per terra, costringendo la Principessa a far roteare gli occhi al cielo e schioccare la lingua con irritazione. «Maledette maniche di maledetti kimono da donne sposate.» Ringhiò, feroce. L’oggettino, che con ogni probabilità costava più di ogni valore di Raizen, roteò intanto su se stesso prima di fermarsi sotto il viso di lui...anche se a quel punto l'effetto ironico era già che andato a farsi benedire. Ma ovviamente questo, alla caparbia Principessa, non interessava. «Pettinati di più, Ikigami. Non sia mai che qualche risposta la trovi anche tu.» Ghignò infatti puntualmente, mostrando i denti. Ed eccola lì, come al solito a tirare in mezzo il pessimo aspetto trasandato del suo Kage, su cui gli Dei sapevano solo quanto lei insistesse ogni giorno. Nonostante tutto, stavolta, non concluse il suo discorso con acredine…ma con un sorriso. La sua espressione si ammorbidì. «Raizen.» Chiamò a quel punto, e la sua voce era gentile. Incredibilmente dolce. «Sei il mio migliore amico.» Disse piano. I suoi occhi non si discostarono da quelli del Kage neanche per un istante. «Sono certa che capirai la mia decisione, e benedirai il mio nuovo futuro e la mia felicità con Masaki, mio marito.» Mormorò, e contro ogni aspettativa si inchinò profondamente. «Ho bisogno di sapere che hai capito quello che ho detto…e voglio anche cogliere l'occasione, tutt'altro che non voluta, per chiedere di permettermi di affiancarti come consulente economico-sociale di Konoha: benché non più attiva rimango pur sempre una Chunin, e anche da sposata, come moglie e madre, potrò aiutare il mio Villaggio, se tu me lo permetterai. Le mie conoscenze frutterebbero enormi vantaggi alla Foglia, e le mie abilità mercantili permetterebbero grandi affari. Ovviamente il mio interesse è supportare prima di tutto l’Airone e il Ferro, il desiderio di mio marito è anche il mio dopotutto, ma anche il mio Gakure occupa un posto speciale nel mio cuore, e sono qui per chiederti di permettermi di non dimenticarlo.» Detto questo, molto lentamente, si riportò in eretta postura. «So che è una decisione grande, quella che ti chiedo.» Disse, congiungendo le mani in grembo: non si era mai sentito, del resto, di un amministratore che si auto-candidava. Ma Shizuka Kobayashi non era famosa per la sua modestia, in quel senso. «Ma so anche di poterla valorizzare meglio di chiunque altro.» Ed era evidente che ne fosse certa. «Non voglio una risposta ora, perché so che non me la puoi dare: tornerò qui ogni giorno per sei giorni, fino a che tu non avrai deciso.» Era inutile aggiungere che il settimo non sarebbe arrivata perché avrebbe concesso il suo tempo all’incontro che avrebbe cambiato la sua vita. «Spero che prenderai quantomeno in considerazione le mie parole.»

    E così dicendo, dopo un attimo di silenzio, si abbassò a raccogliere le poche cose che in precedenza le erano cadute. Richiuse dunque la sua borsa, si inchinò profondamente e stringendo le labbra con fermezza, suo malgrado non riuscendo a non tradire un’espressione di tensione mista a nostalgia –era ancora la solita bambina di un tempo, dopotutto, l’allieva del burbero gigante– si congedò.

    Rimasto solo nel suo ufficio, Raizen Ikigami avrebbe avuto modo, arrivati a quel punto, di notare diverse cose: che Shizuka Kobayashi sembrava essere cambiata davvero e in un modo realmente incredibile; che il cilindro di bamboo con il beccuccio era rotolato sotto la libreria, scappando così alla pudica ricerca della sua proprietaria; e che il suo nuovo pettinino aveva impresso sopra il proprio corpo un ideogramma più piccolo di un'unghia. Che se lui avesse toccato, sciogliendolo, avrebbe rimandato un’infinità di ricordi.

    Il giorno in cui qualcuno aveva scelto una ragazza per una missione troppo difficile.
    I sentimenti di quella ragazza. I veri sentimenti e i veri pensieri. Le paure. Le determinazioni.
    La recita. La decisione. La fermezza.
    Le informazioni. Le memorie di una seconda persona. Gli accadimenti. Le prese di posizione atte a rendere tutto perfetto.
    La fedeltà che non sarebbe mai scemata. Piuttosto, morta.
    L'attaccamento a ciò che amava.
    La voglia di dimostrare qualcosa. Qualcosa che fu evidente.
    Queste e molte altre cose.


    Tutto.
     
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    九代目水影 - Kyuudaime Mizukage

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    VII



    La ragazza non perdonava. Impietosa ed incredibilmente professionale, riuscì in un sol colpo a scavare un solco nella mia anima e nella mia vergogna. Non mi opposi ai suoi atti, abbassando lo sguardo mestamente. Sapevo che non avevo messo in reale pericolo la missione: anche se spiati, parole sussurrate senza collegamento alla missione stessa (l'interrogatorio poteva mettere in pericolo la missione solo se la si conosceva, del resto) non erano un reale pericolo per il raggiungimento dei nostri scopi, ma l'irritazione che dimostrò fu più che sufficiente a farmi tacere.
    Almeno per un po'.
    Ma io non sono un infiltrato, Shiuzka le dissi, con tono di voce quasi sornione. Io sono un Assassino.
    Ed in quel momento diverse immagini le sarebbero comparse nella mente. Io che comparivo all'improvviso dietro i miei bersagli, un turbinio di lame silenzioso e dunque un nuovo teletrasporto lontano dalla scena. I pedinamenti interminabili, nell'ombra, ma sempre rimanendo me stesso.
    Io ero invisibile.
    Shizuka Kobayashi avrebbe dunque scoperto che quell'intera missione non era adatta alle mie capacità, e che avrebbe dovuto lavorare per due per esser certa che non commettessi banali errori. Ero pronto a seguirla ovunque, anche all'inferno se fosse stato necessario, ma non potevo garantire che tutti i passi che avrei compiuto fossero scevri dall'errore come potevano essere, in teoria, i suoi.


    Lei mi propose di passarle le informazioni, che sarebbe stato meglio così. Acconsentii con tranquillità alla richiesta, non avendo motivo di oppormi. Così, quando nuovamente le nostre menti tornarono a contatto le passai le informazioni (che in parte lei già aveva) sui componenti della Tetsu no Te.

    Jinsuke Kurogane
    Il mio stimato padre, nonché principale obiettivo della missione.
    È il Capostipite dei Kurogane, Indice della Tetsu no Te, nonché uomo più potente del clan. Lui decide tutto, gli altri eseguono meramente i suoi ordini.
    Ciò non significa che non sia in grado di accettare consigli. Sperro e volentieri si riunisce con gli altri membri della Tetsu no Te per ascoltare i loro consigli, ma fidati che non c'è assolutamente nulla di democratico nel processo.
    Lui ascolta, poi decide. È capitato non poche volte che agisse in contrasto con quanto gli viene consigliato, ma per qualche ragione nove volte su dieci ha sempre la meglio.
    Non ha alcuna capacità rilevante di combattimento. Ama tenersi in forma, sa usare la spada, ma tutto sommato l'ho superato molto tempo fa per quanto riguarda mere capacità fisiche. Ha deciso che dovevo essere un guerriero migliore di lui e così è stato alla fine.

    Hamano Kurogane
    Mio zio, fratello di mio padre, Pollice della Tetsu no Te. Attualmente regge la parte Produttiva dei Kurogane. Se avessi avuto un fratello minore, lui avrebbe preso il posto di di Hamano ed io di mio padre.
    La tradizione del Clan vuole che i Kurogane primogeniti ereditino il potere commerciale, i secondogeniti il produttivo. Ma visto che l'utero di mia madre ha chiuso i battenti dopo di me mio zio e mio cugino continueranno ad occuparsene.
    Risiede presso le Fucine dei Kurogane, che sono in un luogo iper-sorvegliato tra le montagne. Lì forgiamo le nostre armi, e lì risiede. Ma le fucine rimarranno abbastanza fuori dalla faccenda.

    Tetsujin Kurogane
    Il caro cugino Tetsu figlio di Hamano, medio della Tetsu no Te. Medio è anche il dito che gli si addice visto per quante volte ho desiderato mandarlo a quel paese. Un infido figlio di puttana, che mira ad accumulare quanto più potere possibile all'interno del Clan. Ambizioso, senza scrupoli, con una dialettica da mercante eccezionale.
    Il padre non lo vuole vicino a lui, per paura che lo possa avvelenare e ne ha ben donde. Così lo ha spedito a gestire i mercati minerari che il clan dei Kurogane sta avendo col Paese della Terra. Sembra che sia riuscito a mettere le mani su un metallo molto raro ultimamente, l'ultima volta che l'ho visto circa sei mesi fa mi ha detto "cuginetto, ho trovato una cosa così dura che finalmente potremo costruire un martello abbastanza potente da ficcarti in testa un po' di buonsenso".
    Simpatico.

    Ayuki Kurogane
    È la cugina di mio padre, un tempo Anulare adesso Mignolo dopo che sua figlia ha preso il suo posto. È quella che vale meno, un po' avanti negli anni (è nata prima di mio padre). Si occupa delle relazioni estere con i Paesi meridionali più tranquilli, stipulando contratti. Ha una certa autonomia e gode di una certa fiducia da parte di mio padre.
    Se non altro perché è cauta e se c'è da prendere qualche decisione difficile si rivolge sempre a lui. Il sottoposto ideale, ma del resto è stata cresciuta per servire mio padre.

    Shizuka Kurogane
    La figlia di Ayuki. Ha la mia stessa età ed è il figlio che mio padre avrebbe voluto avere. Ti giuro, è più maschile di me. Quando l'ho vista in kimono la prima volta le ho riso in faccia, e lei mi ha colpito su un occhio.
    Bé non aveva tutti i torti.
    In ogni caso, lei è l'Anulare della Tetsu no Te. Combattiva, fiera, quasi belligerante. Grande guerriera anche, si è fatta una certa fama tra i Samurai del Paese del Ferro.
    Si occupa delle relazioni Commerciali con i Paesi Settentrionali ed è incredibilmente abile. Dotata di uno spirito per gli affari invidiabile, sopratutto perché incredibilmente acuta e con una mente strategica.
    Sopratutto perché è in grado di creare conflitti dal nulla con una facilità disarmante. Se sentite di problemi grossi nei Paesi del Nord ci sono buone probabilità che sia stata lei a volerli.
    Mio padre ha un'ammirazione totale per lei. Quante volte ho sentito che devo imparare dalla cara cugina Shizuka.


    Se loro cadono, cade tutto. Cadono i contatti, cadono le decisioni. Essi sono la testa dei Kurogane, o meglio, mio padre è il cervello loro gli altri organi. Sarebbe meglio se morissero solo loro, se devono morire.




    Quando il trasferimento fu concluso e lei ebbe cancellato tutti i ricordi di quell'interrogatorio lei si abbassò su di me, baciandomi la fronte. Chiusi gli occhi e la mano risalì fin sul viso della Kobayashi, accarezzandolo con dolcezza ma con decisione.
    Allora non lasciarmi mormorai Io non lo farò mai.
    Rimasi fermo in silenzio fino all'alba. Stanco e riflessivo, non riuscii a chiudere occhio, ma per tutta la notte giocherellai con leggerezza con i capelli di Shizuka. Quando le prime luci del mattino giunsero mi rialzai, rivestendomi. Se fosse stata addormentata non l'avrei di certo svegliata, altrimenti le avrei sorriso.
    A presto dissi, avvicinandomi per darle un ultimo bacio.
    Ah, sappi che sarò io a venirti a prendere da qui tra una settimana ricordai all'improvviso Tradizioni.
    Dissi quella parola con un gesto seccato della mano, dunque dopo un ultimo sguardo alla Koabyashi mi dislocai fuori alla finestra dove la sera prima avevo lasciato il kunai. Lo ripresi, mi guardi attorno per un istante e mi teletrasportai ancora, lontano da lì.
    Shizuka aveva ottenuto molte informazioni. Un sigillo. E parecchi ricordi da donare al suo Kage.

     
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    Le vie dell'inganno








    Quando Shizuka irruppe nello studio quasi Raizen sobbalzò.

    Oh, alzata col piede giusto vedo.
    Un miracolo di sti tempi.


    Disse scherzoso, salvo rimanere indispettito dalle parole a riguardo della sua scarsa mole di lavoro.

    Hey hey.
    La tua massima fatica stamattina è stata portata portare le tue chiappette da Kobayashi dalla magione a qui, io sto spulciando rapporti di missioni da stamattina.


    La puntò con l’indice, ma non c’era tempo per quegli piccoli screzi, il motivo della visita era ben diverso e richiedeva ben più serietà.

    Oh, in visita eh?
    Interessante sviluppo… insomma, stai venendo a dirmi che appendi il kunai il chiodo.


    Sospirò sfregando le tempie con le mani.

    Che rottura di coglioni.

    Intanto la mano scivolava sugli oggetti di Shizuka prendendoli e riponendoli su un cassetto della scrivania.

    È inutile, cerchi da un paio di mesi di far quadrare ogni stramaledetto pezzetto di puzzle e appena ti sembra che tutto sia apposto uno stronzetto decide di saltare fuori dal suo posto e rompere le palle.
    Nobili del cazzo.


    Sbuffò rumorosamente.

    Va bene va bene, vai pure.
    Tanto per oggi non credo avrai risposte.
    È come quando ti organizzi tutto un mese di spese e poi ti arriva una bolletta da millanta ryo da pagare, e rimani povero come un sunese, ed il massimo che puoi fare è startene a casa a farti riscaldare dalla fiatella di un bue.
    Ok, forse il paragone è un po’ forzato… a suna non ci sono buoi, ma ci siamo capiti.


    Tamburellò sulla scrivania per qualche secondo.

    Via, direi che puoi andare, ci vediamo domani, tanto perdo tempo a dirti di non venire, ripassa alla stessa ora così mi faccio trovare libero

    E rimase solo.
    Solo con i pochi oggetti lasciati da Shizuka.
    Un ottima recitazione, anche se non era del tutto sicuro della sua utilità, ma a questo punto, meglio in una botte di ferro che in una di legno, per quando pregiato, dovevano essere protetti dopotutto, non comodi.
    Quando toccò l’oggetto il flusso di ricordi lo invase, ormai abituato al procedimento riuscì a non esserne disorientato, accogliendo i ricordi, seppur non come propri, con una certa dimestichezza.
    D’improvviso vide tutto.
    Tutto divenne chiaro?
    Decisamente no, ma era certo che con quelle domande fosse stato fatto un bel lavoro, e tante risposte vennero date.
    Era l’ora di fare un piccolo sunto di tutta quella situazione e cercare di trovare il modo di chiarire gli ulteriori dubbi emersi da quella valanga di informazioni.
    Sicuramente la cosa migliore era introdurre uno dei suoi dentro al palazzo dei Kurogane, un esperto raccoglitore di informazioni, sensi sviluppati, magari qualcuno dalle innate doti… uno Hyuuga?

    Cosa non ci si potrebbe fare con quegli occhi... che poi, a chi vorranno raccontarla, è palese che quelle vene accanto agli occhi non siano afflusso di chakra, ma ben altro15qk2a.

    Tra le varie informazioni ce ne stavano di svariate che meritavano un approfondimento, soprattutto in vista dell’evento, ed ormai il tempo stringeva, aveva un unico problema, per quanto fossero state decantate le abilità degli Aoki non sapeva minimamente cosa potessero fare, organizzarli sul campo diventava quindi complesso.
    Da ciò che aveva compreso però poteva comunque vedere Masaki, e non sarebbe stato male, dopotutto gli aveva tracciato addosso quel sigillo, sapeva bene cosa era, lui stesso stava tentando di sviluppare un abilità simile, grazie a quella non era poi così complesso vedersi.
    Il giorno seguente, alla venuta di Shizuka avrebbe salutato con un gesto della mano.

    Toh guarda, la baby pensionata.

    L’avrebbe a malapena toccata, trasportandola in un luogo più sicuro, certamente lontano da orecchie indiscrete senza lasciare alcuna traccia, dove andavano dopotutto era affari loro
    Era una parte isolata dell’amministrazione, sotterranea per la precisione, in disuso da qualche mese a causa di un tentativo del Colosso di migliorare le difese di Konoha.

    Abbiamo un po’ di terra sopra la testa e addentrandoci per questo corridoio saremmo irrintracciabili per qualsiasi udito.

    Si sedette in mezzo al corridoio, di fatto in mezzo al nulla, solo pareti bianche che continuavano per qualche decina di metri davanti e dietro a loro.

    Ci serve parlare con Masaki, sai toccata e fuga no?
    Ma dobbiamo farlo con le tue abilità
    Fargli delle domande da portare a casa potrebbe esporlo a qualche pericolo, però, se gli innestassimo qualche ricordo cancellando il resto della visita saprebbe di dover fare quelle domande per un motivo X, entro un tale momento e quando lo richiameremo soddisferebbe le nostre curiosità senza necessità di richiesta.


    Prese le guance di Shizuka tra pollice e indice.

    Ma CHI ti conosce meglio di tutti eh?!?

    Agitò lievemente il capo della principessa.

    Ora dobbiamo trovare il modo di farlo venire da noi, come?
    Se volete farlo antisgamo gli basta creare un clone contemporaneamente al suo teletrasporto, dandosi un orario entro il quale tornare alla magione, orario che coinciderà alla perfezione con il pareggio del clone che ovviamente per quell’ora sarà in una stanza sicura.
    Un po’ come pigiare contemporaneamente due interruttori nella stessa stanza, mettersi d’accordo sul tempo è semplice, basta creare un clone con un orologio clonato, e il tempismo sarà perfetto.
    E sta roba direi che puoi dirgliela condividendo i ricordi no?
    Su, su, marsh!


    Quando Masaki si fosse unito alla combriccola, in giornata oppure no, a seconda del piano applicato da Shizuka Raizen l’avrebbe accolto con una pacca sulla spalla.

    We testa di groviera.
    Piacevoli gli interrogatori?


    Ridacchiò.

    Sentite a me, sta storia penso inizi un peletto a farsi invasiva, e reggere il gioco potrebbe tornarci complesso, sarebbe il caso di darvi una mano iniziando a sfruttare al meglio Shizuka e la capacità di creare falsi ricordi.
    Ma passiamo alle cose che è necessario sapere.
    Innanzitutto grazie per le tue ricerche Masaki so tutto ciò che hai detto a Shizuka ed ancora mi è rimasto qualche domanda, anche se penso sarà complesso ottenere risposte a tutte, giusto come preambolo te le pongo io, magari evitiamo di scaricartele in testa se proprio non c’è risposta, poi Shizuka penserà ad un modo migliore per inculcartele coerentemente a qualche scusa.
    -Tra i kurogane c’è qualcuno con abilità ninja, ho visto saltar fuori qualche nome sporadico, alla festa potrebbe venire qualcuno di loro?
    -Baiko pare porti sul cuore un sigillo che sembra sia uguale per tutti gli Hangetsu gli si potrebbe chiedere cosa è e a cosa sono vincolati questi sigilli e cosa causerebbe la rimozione
    -Tra le tante ho visto tua cugina, Shizuka e le sue capacità mi insospettiscono, quanto mi insospettisce lo smodato apprezzamento di tuo padre per lei. Ora. Tuo nonno riusciva a smascherare chi mentiva, tuo padre idem… ma tu no. Lei al contrario tuo fa scoppiare guerre con facilità, mi chiedo, potrebbe aver ereditato lei questo particolare potere?
    Comprendere lei potrebbe farci comprendere tuo padre ed avvicinarti a lui.
    -Dobbiamo sapere di cosa sono in grado di fare gli Hangetsu, Masaki, come diavolo è possibile che non sai cosa sono in grado di fare coloro che dovrebbero proteggerti? Non penso ti venga nascosto, tuo padre non mi sembra così sprovveduto da non tenere in considerazione questo aspetto.
    -Tuo padre poi. Quanto si allontana da casa? Quanto dorme fuori? Quanto dentro? Quando lo fa è sempre nei suoi alloggi?
    -Gli altri quattro della mano invece? Quando verranno? Dove passeranno il loro tempo? Se stanno alla magione dove stanno?
    -Occhi e cuore, ho sentito che gli Hangetsu ve li donano, potrebbe essere una metafora per identificare attenzione e dedizione, ma penso Baiko possa dirci di meglio, no?
    Essendo la tua guardia del corpo è erede quanto te al clan degli Hangetsu, qualcosa dovrebbe saperla.
    -Chiave delle fucine. Inizia a frullarmi in testa che possa essere qualcosa di più impalpabile di un oggetto vero e proprio, magari ha a che fare con il cuore degli Hangetsu e il sigillo posto li? È così segreta da esserti impossible vederla?
    -Il gigantesco forziere nero. E le sale dei tesori: scorre del chakra in quelle pareti o nel forziere? Sarebbe bene riuscire a capire cosa cela al suo interno.
    Hai una mandria di sensitivi, si potrebbe trovare un modo per chiedergli di tale cosa, no?
    Probabilmente se ci fosse del chakra il tuo teletrasporto li dentro dovrebbe essere impossibile, potresti usarlo come prova, sempre che il tuo chakra non ti dia accesso a prescindere. Il alternativa potresti stampare un sigillo sul forziere e teletrasportarti al suo interno, un clone dovrebbe essere abbastanza sacrificabile direi.
    -Colore del chakra di tutte le personalità citate fino ad ora, non so quanto sia fattibile, ma potrebbe essere cosa buona saperlo.
    Ed infine.


    E si focalizzò su Shizuka.

    Hai presente quella gradevole abilità che ti permette di sapere cosa le persone gradiscano?
    Mi pare che avevi qualcosa di simile… beh, sai cosa fare durante la prima stretta di mano con Jinsuke.


    Infine sospirò, esporre il piano con la certezza di non dimenticare nulla quasi lo affaticava, sentiva il cervello galoppare e rielaborare di continuo aggiungendo o togliendo particolari, limando o squadrando.

    Veniamo all’incontro.
    Jinsuke è abile a sgamare chi mente?
    Beh.
    Shizuka, te sei più brava a creare una realtà fittizia.
    Questa missione per un po’ andrà sostituita del tutto nelle vostre menti con… sentimenti, avete ricordi, di incontri, ma vi manca un incontro, la scintilla. Createla.
    Una volta creata l’ambientazione non sarà complesso inserire la ricerca di informazioni.
    Ad esempio, vogliamo sapere se Jinsuke sa leggere l’animo delle persone, bene, Shizuka vorrebbe poterlo scoprire perché in ansia che legga in lei qualcosa a lui sgradito e che gli possa impedire di accasarsi col suo amato.
    E via discorrendo.
    Se riusciamo a rispondere a qualcuna delle mie domande prima dell’evento si potrebbe pensare all’infiltrazione di un “guardone” professionista.
    Ma ci si penserà più tardi.
    Suggerimenti? Rifiniture?


    Si mise a braccia conserte, troneggiando sui due.
    Quando il Colosso era serio era complesso non percepire una certa autorità nell’osservarlo, attitudine fisica e portanza era indubbio che giocassero dalla sua, ma la mente e la finezza dei suoi intricati piani facevano il resto.
     
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