[Gioco] Gli infami venti di Shulva

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  1. -Meika
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    Gli Infami Venti di Shulva

    I



    Ero appena rincasata quando Akira arrivò. Appena rincasa dopo un'intera nottata passata in ospedale. Avrei voluto maledire il Mizukage come avevo fatto quando mi aveva costretta sulle mura a portare avanti il lavoro più noioso che la mente umana potesse concepire, tuttavia non ci riuscivo: mi piaceva, lo facevo con un certo piacere ed ora la situazione andava lentamente assestandosi diventava tutto più semplice. Ma ecco, talvolta capita di dover rimanere molto a lungo, molto più del dovuto, così tanto che finisci per dormicchiare tre ore su una branda gettata in ufficio e rientrare al mattino col solo pensiero di dormire almeno fino all'ora di cena.
    Così quando Akira giunse ad aprirgli non fui io, ma l'austera figura di mio padre. Un uomo alto persino più di lui (verrebbe da chiedersi di fatti da dove fosse uscita una figlia così nana e fragile), dalla pelle dura come la corteccia di una vecchia quercia, che squadrò Akira per un lungo istante. Ovviamente aveva capito tutto, per cui per un bel po' avrebbe continuato a squadrare Akira.
    Una missione?, disse l'uomo osservando di fatti gli svariati litri d'acqua che l'Hozuki si portava dietro. Molto più visiibli del suo bagaglio. È appena tornata dall'Ospedale, l'uomo si scostò di lato facendogli cenno di entrare.
    Io non la sveglio ora, a ben vedere. Quando ero troppo stanca e venivo svegliata divenivo irritabile.


    Così quando aprii gli occhi il mio primo pensiero fu chiaro: uccidere. Alzai una mano afferrando il bavero di Akira, senza alzare la testa dal cuscino. Pero ci shia una ottima ragione pe queshto, parole che sembravano per poco minacciose visto che erano state pronunciate con il viso contro il cuscino e con la voce impastata dal sonno. Quando fui informata della missione mi tirai su, ed avevo un aspetto assolutamente adorabile.
    I capelli non avevano un ordine, ed Akira non aveva avuto ancora modo di metterci le mani come a suo solito. Due occhiaie definibili da "panda" ed un broncio tipico di chi ha solo da dire "non mi va di andare a scuola, voglio solo dormire".
    Missione? Ah, firmata dal Mizukage? Ma sapevo che era fuori, dissi grattandomi il capo, ma la soluzione più rapida al dilemma fu che avesse dato l'ordine "dall'estero", ovunque fosse.
    Ci volle mezz'ora prima che fossi pronta (ed era un tempo decisamente breve) e da casa ci dirigemmo verso il porto. Lì ci raggiunse anche Ryuu.
    Ehi, Ryuu-kun!, lo salutai aspettandomi una reazione ben più calorosa del sorrisetto che fece. Alzai un sopracciglio perplessa ma decisi di non dire nulla, dirigendomi con gli altri verso il ragazzo che avremmo dovuto incontrare. Aveva la pelle scura ed i capelli biondi, nonché un vestito alquanto particolare. Mi incuriosì. Akira fece per salutarlo, ma non si ricordò il nome... come al suo solito. Riwa, sussurrai al ragazzo. Io sono Meika Akuma, Riwa-kun, mi presentai e dunque mi rivolsi ad Akira. Devi fare qualcosa, hai un evidentissimo problema con i nomi tu, era più una presa in giro, ma la dissi in tono serissimo.


    Il viaggio per il Paese del Miele fu abbastanza tranquillo ma non riuscii a distogliere la mia preoccupazione da Ryuu, che sembrava decisamente con la testa tra le nuvole. E le nuvole erano temporalesche ed oscure. Era circa il tramonto quando decisi di parlargli.
    Ehi Ryuu, gli dissi, beccandolo in un momento di solitudine. Che accade? Non propinarmi stupide scuse, si vede chiarissimamente che hai qualcosa che non va, è successo qualcosa?, domandai fissandolo in viso. Ero preoccupata, sia per lui che per l'impatto che quello stato d'animo avrebbe potuto avere sulla missione.


    Il giorno dopo giunti al Paese del Miele notammo con una sorpresa che il quarto componente del gruppo era Haruki Myazawa, ergo, il povero cieco che avevo urtato e poi aggredito verbalmente alla Festa della Fondazione. Il ricordo mi provocava ancora una vergogna quasi umiliante. Anche Akira parve notarlo. ... Suvvia, ci siamo scusati, è stato solo un incidente innocente..., tuttavia era pressoché certo che Akira si sarebbe umiliato in tutti i modi possibili ed immaginabili di fronte l'handicap di Haruki. Magari ecco, ascolta nella tua mente cosa vuoi dirgli prima di parlargli, un consiglio che sapevo benissimo lui non avrebbe mai seguito.
    Salve, dissi con una risatina nevrotica. Meika Akuma, chunin di Kiri, mi presentai sperando che ignorasse (volutamente o meno) quanto accaduto in accademia.


    Mentre ci dirigevamo verso Shulva Akira decise di stendersi sul carretto mettendo la testa sulle mie gambe. Gli accarezzai distrattamente i capelli, riflettendo sulla missione. Infatti, dissi dopo le parole di Akira. Vorremmo avere quanti più dettagli possibili sulla situazione che ci attenderà lì, sui vostri clan e come siete organizzati, insomma dobbiamo avere una chiara idea della situazione, le informazioni del resto potevano determinare il falliento o il successo di una missione.
     
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16 replies since 28/3/2016, 22:10   400 views
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