[Gioco] Gli infami venti di Shulva

Quest Livello B

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  1. Bartok
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    Ascoltando le parole del giovane Shulviano, la situazione sembrava essere molto peggiore di quanto gli fosse stato comunicato all'inizio. La città era dilaniata da una guerra intestina che stava lentamente portando i suoi abitanti all'estinzione. O quantomeno quelli che loro avrebbero dovuto salvare. I nemici potevano contare su un numero di gran lunga superiore. Era evidente che i loro assistiti avessero fatto qualcosa per attirare su di sé l'ira Divina. Le modalità che avevano portato allo scoppio dei disordini non lasciavano adito a fraintendimenti. La Fiamma aveva voluto che il castigo e la distruzione si riversassero su di loro e i loro discendenti. Quella piaga era stata inflitta per mondarli da un qualche gravissimo peccato che dovevano aver commesso. Haruki non aveva ancora tutte le tessere del puzzle, ma era convinto che fosse così. Sopratutto, perché lui era stato scelto per quella missione. Sarebbe stato compito suo riportare quei dannati tra le grazie di Dio. Avrebbe dovuto condurli lontano dal peccato, avviandoli verso la saggezza e l'obbedienza. Il peso della loro redenzione sarebbe gravato anche sulle sue spalle e lui l'avrebbe portato con fierezza. Non v'era piacere più grande per un monaco di quello che si ottiene dalla genuina conversione di un peccatore. Questi ragionamenti ravvivarono il buon umore del monaco rosso. Servire la Fiamma era ciò per cui era nato. Il fatto che Colui-che-arde-in-eterno l'avesse scelto come suo strumento ancora una volto non poteva che riempirgli il cuore di gioia. Gioia che nemmeno la reazione imbarazza di Meika e la sorpresa di Akira sarebbero riusciti a smorzare. Il Miyazawa non capiva perché la ragazza avesse reagito così. La sua era una domanda più che legittima. Inoltre, anche se ora che aveva ottenuto una risposta provava vergogna per la loro impudicizia, Haruki aveva domandato con sincerità, aspettandosi una risposta affermativa. Invece, come aveva scoperto non senza un po' di disappunto, i due non erano affatto marito e moglie. Nonostante ciò, durante tutto quel breve alterco, Haruki aveva conservato la sua stoica compostezza, non lasciando che alcun sentimento trasparisse dai suoi modi o dalla sue parole. Per questo, quando prese a rispondere, la sua voce conservava il suo caratteristico tono calmo e grigio: il marchio di fabbrica di un predicatore consumato. No, Akira-san. Non intendevo recarvi offesa. Poi, allo stesso modo, avrebbe replicato alla giovane donna. Ha ragione, Meika-san. Normalmente non mi interesserei di queste chiacchiere da lavandaia, ma, durante una missione, anche un particolare come questo è di fondamentale di importanza. Si interruppe per pochi istanti, poi riprese il filo del discorso da dove l'aveva lasciato. Non c'è niente che non faremmo per amore, lei non crede? O almeno questo era quello che gli era stato insegnato. Per lui anche quell'emozione non era nient'altro che una superflua debolezza. Era contento di non provare nulla di simile. D'altronde, Haruki conosceva solo la cieca e infinita devozione alla Fiamma. Nessun altro sentimento albergava nel suo animo. Nessuna ambizione. Nessuna gretta meschinità. Ma nemmeno l'Amore. Ad ogni modo, non ne sentiva la mancanza. Lui era un monaco e, in quanto tale, aveva rinunciato dal molto tempo al mondo terreno, in favore di qualcosa che andava ben oltre la comprensione degli uomini. Ovviamente, non era insolito che qualcuno venisse meno ai giuramenti fatti, scegliendo di condividere il futuro con la persona amata, ma non era certo questo il suo caso. Haruki, che non aveva nemmeno conosciuto l'amore di una madre, non poteva desidera qualcosa di simile. Anche se l'avesse voluto, sarebbe stato impossibile. Gli abusi e la violenza della sua infanzia lo avevano reso arido, mentre la rigidissima educazione monastica aveva completato quel tragico processo, impedendogli anche solo di immaginare cosa significasse vivere una vita normale. Ciò risultava ben evidente dalla sua totale incapacità di comprendere anche la più basilare e fondamentale delle interazioni umane. Haruki non si comportava in quel modo freddo e austero perché animato da una qualche turba psichica, ma poiché non gli era mai stato insegnato un modo diverso di vivere. E allo stato attuale delle cose non sarebbe nemmeno riuscito ad immaginarlo. Anzi, non lo voleva nemmeno.


    Concluso quel siparietto imbarazzante, Haruki sarebbe rimasto in silenzio fino all'arrivo nel Paese delle Paludi. Anche quando Riwa li mise difronte a quella difficile scelta, il Miyazawa avrebbe preso a parlare solo quando tutti gli altri avessero finito. Apprezzò i ragionamenti di Meika, mentre lo strambo modo di fare di Akira lo lasciò perplesso. Non capiva perché ci fosse bisogno di tante parole per qualcosa che poteva essere detto con un sì o con un no. Anche il resto del suo discorso gli apparve inutilmente prolisso. In contrasto con la verbosità dei suoi compagni di missione, lui sarebbe stato estremamente laconico. La seguirò, qualunque sia la sua scelta, Akira-san. Poi, rivolgendosi anche al resto del gruppo, avrebbe elencato le sue abilità. Anche io prediligo il combattimento a breve distanza. Tuttavia, l'uso di Fuuinjutsu e il recupero di informazioni sono la mia vera specializzazione. Non aveva alcuna intenzione di rivelare i suoi segreti, ma non poteva esimersi anche da quel breve riepilogo. D'altraparte, ne andava del successo della missione. Avrebbero potuto coordinarsi con più efficienza, conoscendo i rispettivi punti di forza.


    Edited by Bartok. - 3/6/2016, 16:36
     
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