Serpi in Seno

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    "Mors mea, tacci tua."

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    Serpi in Seno


    I



    Ho vissuto tra queste mura per anni, lunghi ed interminabili, una strana casa di cui sentirò la mancanza. Quello che è stato il mio addestramento può ormai definirsi concluso: "Tempo di sistemare alcune formalità burocratiche, poi potrai tornare a Kiri." Così dicono loro, gli stessi che al mio arrivo fecero di tutto per rispedirmi al villaggio, lontana da questo posto: "Un onere troppo grande, non vogliamo addestrare una bambina traumatizzata." Non mi è mai importato, non gli ho mai dato peso, non avevano scelta. Poi sono cominciati gli addestramenti, le prime lezioni, l'insegnamento di quelle che erano le basi del combattimento: "Prova ad usare una lama, Haseya, non hai bisogno di combattere solo a mani nude." Loro hanno ragione. Io ho le mie preferenze. Quando l'addestramento finiva i maestri ci consigliavano di usare la palestra per migliorarci fisicamente, rendere più rapido lo sviluppo fisico, stare al passo con ciò ce apprendevamo. Di giorno c'erano troppe persone, troppo caos, senza contare chi andava li solo per sprecare tempo a parlare con i loro amici. Amici, mai avuto bisogno di loro, me la sono sempre cavata da sola. Però quando il sole tramontava, se ne andavano via tutti, tornavano alle loro stanze. Per parlare, per scherzare, per lamentarsi. Ed io andavo da sola, mi allenavo, notte dopo notte. Quello che era un corpo esile divenne lentamente il fisico di un combattente, o di un mostro. Nonostante il dolore, la fatica, i fallimenti, non mi sono mai fermata: "Attenti, sta arrivando l'ogre!" Fu l'ultima cosa ce un Otese con uno spiccato senso dell'umorismo mi disse, prima di ritrovarsi in infermieria con metà dei denti, troppo confuso dal colpo per ricordare cosa fosse successo. Va bene così. Il rumore ritmico dei pesi metallici che cozzano contro il manubrio, le mani strette a morte attorno l'impugnatura di stoffa, per evitare che il sudore potesse compromettere la presa. Respiri ritmici, regolari, che seguono il movimento. Non bisogna sbagliare, comprometterebbe tutto l'esercizio. Non ho bisogno di loro. Sono tutti nelle loro stanze, c'è silenzio, nessuno passa mai di qui. Perché dovrebbero? Ormai è quasi finita. Domani potrebbe essere l'ultimo giorno qui all'accademia.


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    Ho ancora tutta la notte per starmene qui, dove nessuno mi viene mai a disturbare. Non i cagnolini di Konoha, sempre col loro spiccato senso di giustizia e quella strana tendenza ad immischiarsi negli affari degli altri. Non i topi di Suna, astuti e saccenti, pronti a vantarsi dell'asperità della loro terra natia. Non le vipere di Suna, talmente insignificanti dal dover vivere in un villaggio dimenticato, capaci solo di pugnalarti alle spalle. Ci sono le eccezioni. Sono poche, troppo poche. Mai abbastanza per fare al differenza, per scrollarsi di dosso quel mantello fato di stereotipi e luoghi comuni. Sembra quasi si affannino per apparire esattamente come la gente se li immagina. Un piccolo zoo. Come animali nei recinti, alcuni si fingono amici, ma poi fanno sempre a gara per dimostrare che loro sono migliori. Che il loro villaggio ha i migliori guerrieri, di cui poter essere fieri ed orgogliosi: "Ma a Kiri le balene le fanno tutte così grosse?" Lo sfidai a braccio di ferro, lui accettò. Gli spezzai il braccio, quando mi chiese di lasciargli la mano glie lo torsi. Nulla a che vedere con l'orgoglio nazionalista, o con quello personale. Non sopporto gli idioti e il loro atteggiamento da pagliacci saccenti. Il riso abbonda sulla bocca degli stolti. Se ci sarà una nuova guerra, se quel che si dice in giro è vero e i Cremisi stanno tornando, quanto di loro sopravviveranno? Pochi, molto pochi. Forse troppo pochi. Non è un mio problema. Io sarò pronta. Io riderò per ultima, sulle loro tombe.
     
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    Lavori arretrati

    I - Se vuoi un lavoro ben fatto, fallo da sola



    Quel posto di lavoro garantiva ad Hebiko un controllo quasi totale su ciò che succedeva al villaggio di Oto. Si poteva dire che fosse più Amministratrice lei di Febh stesso, ma preferiva comunque lavorare “sotto copertura” e lasciare che lui ci mettesse la faccia ed il nome. Senza considerare l’enorme divario di forza ed importanza che c’era tra i due; se sfruttate le giuste debolezze dello Yakushi, Vipera sarebbe riuscita a mantenere il controllo. E probabilmente era solo un bene, poiché quel paesello non se la stava passando bene a causa dell’incompetenza dell’attuale capo, aveva bisogno di qualcuno che gli desse una svegliata.

    Spero per lui che l’ufficio sia impeccabile quando torno. O se la vedrà molto brutta. Molto, molto, brutta.

    Dato l’incidente dell’ultima volta, dove al posto dei dettagli fondamentali di una missione si era ritrovata mezza ricetta di biscotti, arrabbiandosi sia per la mancata informazione, sia per l’assenza dei dosaggi per il dolce, aveva deciso di occuparsi delle missive più importanti lei stessa, dandosi da sola l’ordine di recuperarle. Avevano sicuramente un mucchio di arretrati, e già sudava freddo pensando a tutto il lavoro da dover svolgere.

    Quando ho deciso di cambiare vita non mi sarei aspettata di arrivare così in alto in così poco tempo. Non mi sarei nemmeno aspettata di trovare un beota come Amministratore. Sta a vedere che toccherà sempre a me fargli fare una figura decente. ...Chissà chi è il kage che ha detto di aver addestrato… Come mai non comanda lui Oto? Ha conquistato un altro villaggio sotto nostro nome? Dovrei indagare. Se solo NE AVESSI IL TEMPO.

    Arrivata in Accademia, si fiondò senza troppi complimenti in uno degli uffici, dichiarando la sua posizione e richiedendo tutti i documenti destinati ad Oto che non erano mai stati ritirati.

    Uhm. Sì, mi faccia controllare.

    La segretaria sparì per una buona decina di minuti, tornando poi senza nulla in mano. Hebiko la fissò confusa.

    ...Dove sono le missive?
    Le stiamo cercando, signorina Dokujita. Abbia pazienza, ma ci vorrà un po’ per trovarle tutte. Posso consigliarle di tornare tra… Diciamo mezz’ora? Faremo più in fretta possibile.
    Sarà meglio.

    La Vipera sibilò, allontanandosi innervosita. Se c’era una cosa che detestava con tutto il cuore era perdere tempo, ed era proprio ciò che stava accadendo. L’unica cosa che poteva fare era occupare quel tempo in un modo o nell’altro.
    Alcuni rumori metallici la distrassero, attirandola verso una palestra. Una figura, enorme, si stava allenando, sola. A guardar meglio era una figura femminile, nascosta da una massa di muscoli a dir poco impressionante. La serpe si poggiò sulla porta a braccia incrociate, ridacchiando tra se, senza riuscire a trattenere un commento.

    Che costanza, ancora ti alleni a quest’ora? Oppure è di notte che ti trasformi in quella maniera e qui ti nascondi?

    Ridacchiò tra sé. La stazza della donna la impressionava, senza ombra di dubbio, ma la Vipera spesso sminuiva chi si trovava davanti, necessitava di prove per ritenerli davvero degni di rispetto. Tutto a causa delle sue esperienze durante i combattimenti illegali che frequentava quando era ancora una teppistella. Aveva già steso uomini massicci quanto lei, quindi perché avrebbe dovuto temerla?
     
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