I fratelli Jindai

Giocata introduttiva per Ryosuke e Kogen Jindai

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  1. Bartok
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    Un nuovo inizio

    IX


    Era stato più semplice di quanto me l'ero immaginato. La lama del dadao era affondata facilmente nel petto del nukenin e immediatamente i suoi occhi si erano fatti vuoti, spenti, privati dell'ultima scintilla vitale. Lo sapevo perché i miei erano rimasti fissi nei suoi fino al momento in cui avevo rimosso la spada e il suo corpo era scivolato a terra. Se dovevo uccidere un uomo, volevo almeno farlo nella giusta maniera. Non avrei distolto lo sguardo come un codardo, cercando di allontanare quella responsabilità da me. Io avevo posto fine alla sua vita e quel peso sarebbe stato sempre con me. Anche se a differenza del vecchio, che semplicemente si era trovato nel posto sbagliato al momento sbagliato, lui era un Ninja. Gli shinobi muoio sul campo di battaglia: questa è la regola del gioco e per quel giorno io avevo beccato la mano fortunata, mentre lui era stato maledetto dalla cattiva sorte. Nulla di più, nulla di meno.


    Strappai una parte del suo vestito e la usai per pulire la lama del mio dadao, prima di rinfoderarlo. Sì, siamo davvero liberi ora. Dissi, fissando Ryosuke negli occhi. Aveva pienamente ragione nel dire che avevamo commesso un grave errore, ma era altrettanto corretto nel dire che non sarebbe più capitato. Non avrei più permesso che una simile stupidaggine mettesse a rischio la sua o la mia vita. Eppure, quanto lo senti pronunciare le frasi di una poesia, non potei trattenere la sorpresa. Inarcai le sopracciglia e gli diedi un pugno sul braccio destro. Ehi, non la smetterai mai con queste stronzate da letterato, vero? Ciò che aggiunse dopo quella citazione colta mi divertì ancora di più. Ryosuke Jindai? Dissi, cercando di abituarmi a quel nuovo cognome. Beh, allora io sarò Kogen Jindal, fratello. Conclusi, poggiandogli un braccio intorno al collo. Sollevai il pugno destro e strofinai energicamente le nocche contro la sua testa. Jindai? Epoca degli dei? Solo tu potevi trovare un nome così pomposo. Gli dissi, prima di esplodere in una fragoroso risata. Dopo quelle parole, sciolsi l'abbraccio e tornai a concentrarmi sulla realtà. Ora che era morto, dovevamo liberarci del cadavere. Non dovevamo lasciare alcuna traccia, cosicché i suoi amici non potessero venire a cercarci. Su, aiutami a portalo nella foresta. Dobbiamo bruciarlo, prima che qualcun altro ci veda. A quel punto, mi sarei abbassato, mi sarei preso qualche secondo per dare un'occhiata ai buchi che aveva sulle mani e poi avrei sollevato il cadavere dalla parte del torso. Raggiunto un posto adatto nella foresta, avrei preparato tutto il necessario per il falò. Con quel nukenin sarei bruciato anche io, perché la persona che sarebbe emersa dal fumo e le fiamme sarebbe stata totalmente diversa dall'individuo che in passato, circa alla stessa ora, faceva tranquillamente colazione con suo padre e suo fratello.
     
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