Una sfida all'Arena

Restammo entrami in attesa, io in piedi e l'impiegato seduto davanti alla tavola. Appoggiando la schiena al muro incrociai le braccia, desideroso di incontrare quanto prima il mio futuro avversario. Nel frattempo osservai il tizio che doveva fare da garante, davanti a sé aveva diverse carte e probabilmente alcune di esse riguardavano proprio il mio scontro futuro. Una burocratizzazione del Sangue. Scrollai la testa, non era il momento per pensarci.

A un certo punto fuori da quella stanza le mie orecchie udirono chiaramente una sorta di fischiettare, dinamico e ben eseguito. Per quanto assurdo poteva sembrare non avevo mai sentito nessuno usare la voce così bene. Il che mi sorprese ma non diedi troppo bado, poiché quel fischiettare svanì da lì a poco. Tuttavia nel giro di pochi secondi si ripropose, e poi proseguì diverse volte. Mi staccai dalla parete e fissai l'impiegato. Tutto quella situazione stava assumendo un contorno grottesco.

Il tizio dell'amministrazione decise di indagare e uscì dalla stanza. Seguì una sorta di battibecco che mi incuriosì non poco. Mi ero deciso a quel punto di capire che cosa stava effettivamente succedendo e nel momento stesso in cui presi a muovermi vidi la porta aprirsi di colpo e intrufolarsi abilmente un tizio che definire strano era un eufemismo. Era vestito in un modo estremamente elegante, ben al di fuori dei standard shinobi. Alto e molto longilineo. Tuttavia quello che mi fece più impressione in assoluto fu il suo sguardo. O meglio il suo volto nascosto da una maschera. Bianca con numerosi risvolti colorati. Non avevo dubbi, se avevo capito una cosa da quanto avevo iniziato la carriera ninja certe cose non accadevano per caso. Quel strano tizio che mi si parava di fronte doveva essere il mio avversario.

Restai in silenzio, pensieroso. Non riuscivo a capire con chi avevo veramente a che vedere. Stava scherzando? Oppure stavo giocando qualche trucco che non conoscevo? I miei pensieri tuttavia furono interrotti nel momento in cui l'impiegato prese a sbattere con i pugni la porta. Che cosa diavolo stava facendo quel tizio, se era stato anche lui invitato in quel posto sapeva che prima di tutto bisogna accordarsi per combattere. Poi il suo sguardo si rivolse verso di me, e scrollò la testa. Come se volesse indicare di non aiutare il tizio fuori. Mi allontanai di un passo, creando un metro di distanza. Non mi piaceva quel comportamento, era qualcosa di al di fuori di ogni logica. L'istinto mi diceva di non fidarmi.

Mandai giù la saliva. E lasciai cadere le braccia lungo i fianchi, fu un gesto naturale ma in realtà lo scopo era quello di prepararmi per qualunque evenienza. A quel punto dunque mi limitai ad esporre a parole il mio pensiero: -Forse è meglio aprire quella porta. Perché, come immagino, se sei il mio avversario senza il consenso di quel tipo patetico là fuori non potremo combattere... o nemmeno andarcene visto che hai bloccato l'ingresso-

Sgranai gli occhi. La scena, nell'evolversi degli eventi, si stava rendendo ancora più assurda. Il tizio mascherato, che aveva generato tutta quella confusione mi fissò al termine delle mie parole. Rimase in silenzio e da parte mia non osai parlare. Non avrebbe avuto senso, dovevo prima di tutto aspettare una sua reazione. Fu un pensiero corretto. Dopo qualche secondo di apatia una voce tremendamente strana e singolare raggiunse le mie orecchie. Mi definì noioso e si limitò a qualche strano accenno ad una recita. Nuovamente rimasi allibito. Chi mi trovavo veramente davanti? Non capivo nemmeno se effettivamente si trattava di un uomo o di una donna, sebbene a guardare la figura immaginai più la prima ipotesi. L'impiegato tuttavia ebbe modo di entrare, nel momento in cui il tizio di fronte a me si diresse verso il divanetto, alquanto malmesso a dire la verità, di quella stanza. Mi chiese di presentarmi, sorrisi. Fu il suo primo discorso sensato: - Di solito non ci si presenta per primi?- fu l'unica mia risposta telegrafica. Ma senza quasi reagire alla mia provocazione il tizio mascherato proseguì con il suo discorso. L'ascoltai e in mezzo a molti farfugliamenti realizzai definitivamente che la persona che mi trovavo davanti era proprio il mio avversario, quello che l'Amministrazione di Oto, forse il Jonin Yakushi, aveva scelto per me. Un avversario molto diverso da Aoi di Suna, decisamente.

Tuttavia non ebbi modo di rispondere a tono, perché fui anticipato dall'impiegato:- Ehm... sorvolando su tutto quello è che successo fino ad ora gentili Shinobi vi darò indicazioni sulle modalità e luogo dello scontro. Vi prego di apporre una firma su questo modulo. Dopo di che potete dirigervi subito al luogo.- il tizio a quel punto appoggiò una sorta di cartellina sulla scrivania. Mi avvicinai, anticipando il mio avversario e lessi il contenuto.

Su quella sorta di foglio scoprii così il nome del tizio: Nobuo. Chunin di Oto. Mandai giù la saliva. Chunin? Un tizio del genere? Qualcosa decisamente non tornava. Non avevo mai sentito parlare di scontri simili. Sospirai, ma del resto stavamo parlando del Paese del Suono; niente era scontato o banale all'interno di quelle mura. Di certo dopo le provocazioni di quel tipo non potevo tirarmi indietro. Stavo decisamente correndo un rischio notevole ma di fronte a me vedevo anche un'opportunità di crescita. Firmai senza troppi indugi e mi avvicinai alla porta. Esattamente un attimo prima di valicare la soglia voltai lo sguardo verso il Chunin.

-Ti aspetterò in Arena. Inizierò io e ti dimostrerò quanto posso farti veramente divertire. Ah... il mio nome è Kato Yotsuki. Genin di Oto.-

Con rapidità uscii dalla piccola struttura e seguii le indicazioni per l'Arena in questione. Volevo arrivare per primo. Notai la presenza di alcune persone, all'apparenza operatori di supporto o giudici. In quel momento tuttavia sorvolai sulla loro utilità. La mia mente era focalizzata sul mio imminente scontro. Non potevo nemmeno lontanamente permettermi nessun errore contro un Chunin.

Mi posizionai al centro dell'Arena guardando verso l'entrata della stessa. Avrei aspettato in piedi, a braccia incrociate. Quando il mio avversario si sarebbe presentato mi sarei avvicinato a lui, mantenendo una distanza di circa sei metri.

Portando le braccia vicino ai fianchi mi sarei limitato a dire:

- Preparati. -