Dopo un lungo Riposo

[Corso alle Basi per ‹anti›social pessimist ]

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    Il Ritorno








    Notte, non sapeva bene che orario in preciso, ma una comunicazione l’aveva buttato giù dal letto con urgenza. Mentre raccoglieva i vestiti che qualche ora prima aveva sparso per la stanza si prese qualche secondo per mettere a fuoco l’orologio.

    Le quattro.
    Quattro del mattino, o della notte.


    Prese a parlottare tra di se in un monologo visionario causato dal rapido risveglio.

    Ma perché le brutte notizie arrivano sempre di notte?
    Porco mondo si fa prima a portarsele a letto, almeno non hai la sorpresa.


    Quando uscì di casa l’aria fin troppo frizzante di una notte giunta al suo momento più freddo gli sverzo il viso, costringendolo ad una smorfia di cui nessuno fortunatamente avrebbe potuto ridere: le strade erano deserte.

    E ci credo, chi cazzo lo mette fuori il culo con sto freddo.

    Si tirò il mantello addosso borbottando qualcosa sulla loro scarsa efficacia come riparo contro gli eventi atmosferici.

    Si, l’aria da figo, col vento ad agitarlo.. ma se piove? O fa freddo?
    Uno stronzo dimenticato nell’angolo tra il marciapiede e la strada se la passa meglio.


    Però ormai i precedenti Hokage avevano scelto l’outfit e a lui toccava adattarsi, anche se quel bianco immacolato non gli si addiceva.
    Arrivò all’ospedale in pochi minuti, fortunatamente c’era qualcuno ad aspettarlo e non fu costretto a chiedere informazioni, venendo portato direttamente dalla ragazza.

    Ragazza?

    Si, le abbiamo già fornito le prime cure, non era in delle condizioni splendide, per niente.
    Ma fortunatamente lo sviluppo degli arti sostitutivi ha permesso un ripristino ottimale, fisicamente parlando.


    Mh… capisco, sono felice che non sia stata una cosa fine a se stessa.
    Cosa avete usato per ripristinare le parti perse?


    Osso sintetico, abbiamo puntato ad un integrazione ottimale più che al potenziamento, non sappiamo le condizione in cui si risveglierà.

    Certo… ottimo.

    Mentre parlottavano giunsero alla sala operatoria, il Colosso rimase all’esterno ad osservare, il tavolo era un lago di sangue, ma il corpo che l’aveva perso era integro.

    Manco male, fortuna che ci siamo specializzati in ste cose, sarebbe stato un peccato averne solo mezza.

    Non poteva esimersi dal commentare il corpo di una ragazza, era più forte di lui.

    Pensi che sia stato sconveniente?

    Beh, di certo non può sentirla.

    Meglio così.
    Ma comunque, comprendo la bravura nell’intervento, ma perché sono qui?
    Gran bel pezzo di ragazza, ma intendiamoci, non mi sembra sufficiente per buttarmi giù dal letto, a quel punto potevate spedirmela.


    L’addetto annuì.

    Era in missione nelle zone di Taki, pare si siano scontrati con dei Kijin, dico pare perché è stata riportata qui da un civile che non ha assistito allo scontro.
    Da che ci risulta era una missione per la ricerca di informazioni.


    Si, mi ricordo, avevo mandato qualcuno a cercare un eventuale campo base di quei risultati evolutivi ammezati.
    Dite che potrebbe avere informazioni?


    Beh, lo scontro c’è stato, il resto della squadra è stato raso al suolo, a meno di colossali errori è probabile che avessero raccolto qualcosa.

    Raizen annuì gravemente.

    Capisco.

    Rimase a guardare la donna qualche secondo.

    La testa? Come va?

    Il dottore scosse la testa.

    Ha sicuramente subito dei gravi danni, ora è fuori pericolo, ma è probabile che abbia perso parecchi ricordi.
    Ma potremmo saperlo solo al suo risveglio.


    Sospirò, ancora intento a guardarla.

    Va bene.
    Lasciatela a riposare ancora, non abbiamo fretta, si merita un po’ di totale riposo.


    Hokage-sama è ovvio che…

    E che palle!
    Uno vuole fare il gentile e il magnanimo una volta ogni tanto e vieni a dirgli “si ma no, già ci pensavamo”!
    Rompipalle.


    Un tono falsamente innervosito.

    Quando sarete pronti al risveglio comunicatemelo.

    Si congedarono in maniera abbastanza formale, tornando l'uno al proprio lavoro e l'altro al suo letto.




    Una settimana dopo



    La graduale riduzione dei sedativi avrebbe lentamente risvegliato la ragazza dal suo sonno senza sogni, i medici avrebbero monitorato la situazione fino all’ultimo, ma quando avrebbe riaperto gli occhi solamente la figura imponente dell’Hokage si stagliava sopra di lei.

    Karota, giusto?
    Come ti senti?


    Domanda di rito, e dopotutto era il punto di partenza, solo lei a quel punto poteva dire cosa c’era e cosa no dentro alla sua testa.




    Bene, primo post, niente di particolare, introduci il tuo pg e ci racconti un pochino di lei per inspessire un pò la sua storia e il suo passato in modo da vedere o da dirci cosa vuoi tenere, ho deciso di iniziare da questo nuovo inizio in modo da darti questa possibilità.
    Interazioni base con l'Hokage e... basta.
    Quando Risponderai a questo topic vedrai il "creapost" uno strumento essenziale se rispondi nel forum: salva automaticamente ciò che scrivi, di continuo, impedendoti di perdere post e, visto che tieni all'estetica degli stessi, di avere un anteprima dei codici che utilizzerai prima di postare, potendo inserire alcune formattazioni direttamente dai bottoni presenti, troverai anche un comodo bottone per l'hostaggio delle immagini, sempre li.
    Per domande di qualsiasi tipo contattami pure.
     
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  2. ‹anti›social pessimist
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    Deduco che debba scusarmi se sembro così disinteressata.
    Non nego di averci provato, mi son sforzata nel tentativo di ricordare qualcosa che fosse produttivo ai fini dell'operazione ma, ahimé, una mente debole e tormentata cade velocemente, quando messa sotto pressione. Il centro di riabilitazione in cui sono ospitata è umida, priva di una adeguata illuminazione e puzza, terribilmente. Diverse volte, in questi giorni, mi son chiesta perché quel civile abbia deciso di salvarmi, ma puntualmente qualcosa non quadra, nella mia testa, e smetto di cercare risposte che possano aiutarmi a smettere di provare questa sensazione di sconforto, orrore.
    Smettere di pensare a cosa ho perso, non avendo avuto la possibilità di scegliere di rimanere in ammollo nel mio stesso sangue, priva di vita, lontana da ogni preoccupazione ed ogni rimorso. Questa vita, dopotutto, questa seconda possibilità non mi è stata chiesta, mi è stata semplicemente data. Ed io, a dirla tutta, non la volevo.

    Distesa, scomoda, questo letto non è proprio l'ideale ma è pur sempre meglio di quelli che concedono ai ninja-medici di turno negli ospedali; la vita di un medico non è facile, a giudicare dal numero di ore che riesce a passare nella sua abitazione senza doversi preoccupare di improvvise emergenze o interventi dell'ultimo momento. Non che mi dispiacesse la vita che vivevo, d'altro canto avevo scelto di intraprendere quella carriera per conto mio e, sempre per conto mio, ero andata avanti scalando silenziosa ogni difficile gradino mi si parasse dinanzi. Una carriera alquanto promettente, dal mio punto di vista, benché la fama non fosse proprio il mio pallino fisso: per molti non esistevo, non avevo identità, non ero neppure una di quelle che si abbandonava a qualche chiavata nel tempo libero - occorre precisare che non vi fossero ninja interessanti, quanto meno nel mio gruppo d'azione - per poi metter su famiglia e veder morire il mio consorte nel finale di stagione più brutto che avessi mai visto.

    E, ironia della sorte, la tragedia credo si sia consumata proprio mentre ero alle prese con l'ennesima missione suicida, alle prese con un qualche gruppo di pazzi omicidi (ricordi vaghi, purtroppo) che vaffancuore, ti riempirei la faccia di Fukibari perché hai scelto di assecondare la fame, sì, ma di noccioline brutta scimmia dimmerda. Sono lì, ad un passo dal condurre la mia squadra di ricerca verso il primo step della missione, quando uno di loro d'improvviso si accorge della nostra presenza. Seguono le solite e noiose procedure di sicurezza in caso di imprevisti, per mia fortuna sono a capo dell'organizzazione e detengo il record assoluto circa il maggior numero di criminali scovati e messi ko, non sarebbe stato un problema accelerare i tempi e riordinare le priorità che mi erano state imposte dai grandi capi, o almeno così credevo.

    “Karota, giusto?
    Come ti senti?”
    Darmi tregua per un attimo, prima di cominciare l'interrogatorio della vita è pura utopia, a quanto pare; quest'uomo, chiunque egli sia (difficile mettere a fuoco l'intera questione, finanche l'enorme scimmione davanti a me) si è espresso con chiarezza ed efficacia e con soli due periodi, eppure mi è impossibile non notare che vi sono ben due errori, in tutto ciò: anzitutto, non puoi chiedere ad una reduce di guerra come stia, è praticamente una presa per il culo e meriteresti il clistere tre volte giorno, tutti i giorni; e poi, chi diavolo è Karota?
    Come diavolo mi ha chiamata?

    “Levati da lì, fai ombra.
    E poi non ho capito: mi hai chiamata Karota o ti stai chiedendo se ho fame?”
    La sua inesperienza mi ha infastidita, per quanto mi sia difficile perdere le staffe così facilmente; al momento, pur volendo continuare la mia regressione psicologica, pecco di concentrazione. Non avevo idea di cosa volessero da me finché restavo sdraiata sul freddo acciaio, intubata come un malato terminale e mutilata in più punti: una sensazione dolorosa, presto addolcita dalle diverse operazioni che il mio corpo ha subito sotto ordine dei ninja medici, unita al vuoto più totale sull'intera faccenda, almeno nei punti più cruciali. Mi sento per metà bionica, e questo è un male.
    Ed ho voglia di ciambelle.

    “Dimmi chi sei, e cosa ci fai qui.
    O cosa ci faccia io, ancora viva... Anzi, se vuoi renderti utile, ricordami come mi chiamo e perché ho in mente enormi scimmioni ammacca-banane e poi il mio sangue, quello dei miei compagni... quali compagni, poi?
    Wowowo, la mia testa.”
    Tornavo a pensare, e pensare mi procurava dolore.
    Avrei dovuto affrontare un'ansia alla volta.
     
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    Una nuova via







    Quando la ragazza rispose il Colosso sollevò gli occhi al cielo, non era difficile comprendere quando un volto rude come il suo pendeva si piegava per assecondare una vena rabbiosa. Ma si impose la calma, spostandosi dalla luce e permettendo alla fastidiosa lampada di accecare la ragazza, le stanze da terapia intensiva sapevano essere molto scomode.

    Oh, colpa mia, generalmente in questi casi si soffre lievemente di fotosensibilità, ma se gradisci.

    Una piccola vendetta già cotta che non si sottrasse dal servirgli, sia mai che lasciasse digiuna una povera eroina.
    Una volta riacquisita la vista, cosa possibile in pochi istanti, quelli necessari alle iridi di contrarsi, avrebbe notato come la sala in cui era non aveva alcun tipo di mancanza tecnologica in campo medico, la pressione degli arti era costantemente misurata, come anche l’ossigenazione e pareva tutto nella norma, numericamente parlando.
    Tutto era di un asetticità quasi fastidiosa, il letto seppur rivestito da un comodo materasso antidecubito era dotato delle tipiche sponde da ospedale ed il bip delle macchine scandiva fastidiosamente il tempo.
    La ragazza aveva a disposizione il meglio parlando di cure, ma pareva che per lei fosse ora di separarsi da tutto quello. Mentre parlava uno staff di medici e infermieri entro nella candida stanza e prese a lavorargli attorno, il primo fu un ragazzo dall’aria gentile che gli afferrò le intubazioni nasali e con un sorriso le intimò di trattenere il respiro qualche istante, appena lei avesse eseguito, senza ulteriori richieste le avrebbe alzato il mento per poi sfilare i tubi con un gesto abbastanza rapido: non era decisamente la prima volta che lo faceva.
    Le annuì una singola volta con un sorriso e lasciò spazio agli altri mentre si occupava di mettere da parte il tutto.
    Altri due iniziarono ad occuparsi delle bende, permettendo a Karota, questo il nome che la ragazza pareva non ricordarsi, di constatare dove fosse stata ferita. Dal colore più roseo e lucido di alcune parti del corpo pareva che il braccio e la gamba fossero nuovi, ma decisamente umani all’apparenza, una parte del ventre e del fianco aveva subito lo stesso innesto e le cure col chakra avevano permesso alle cicatrici presenti nelle congiunzioni di appiattirsi senza dare troppa mostra di loro.
    I movimenti non erano semplici, le zone erano comunque intorpidite ed i collegamenti nervosi a quegli arti ancora da trattare, anche se le ossa davano le sensazioni più strane, l’assenza del senso del tatto sulle stesse sarebbe stata curiosa, ma abituarsi non era difficile.
    Mentre gli infermieri agivano il medico osservava e appuntava su un tacquino. Quando le prime operazioni furono completate braccio, gamba e ventre erano scoperti, ma il resto no.

    Se ti da noia mi giro eh.

    Chiese Raizen prima di iniziare a dare le risposte ma non prima di aver eseguito l’eventuale richiesta.
    Intanto le mani del dottore si illuminarono di chakra blu, che lentamente fece riprendere un colorito più “vissuto” alla pelle, rendendola uguale a quella presente nel resto del corpo, nella quale era ancora presente qualche escoriazione non trattata, roba da poco. Non sarebbe stato difficile avvertire che il senso del tatto si acuiva e muoversi correttamente veniva più semplice.

    Allora, pare che tu ricordi poco.
    Anche perché non penso sia facile dimenticarsi una delle facce appesa nel monte degli Hokage… e il tuo nome.
    O almeno quello che era indicato nella tua scheda, si, Karota.
    Io invece sono Raizen, Raizen Ikigami.
    Decimo Hokage del tuo villaggio, Konoha, paese del Fuoco.


    Sospirò.

    Onestamente non so da dove cominciare, sappiamo poco di ciò che ti è capitato, solamente che sei stata mandata a Taki per rintracciare i Kijin ed il loro eventuale campo base, poiché per ora sappiamo solamente che sono dei nomadi e qualche nozione sulla loro abilità innata.
    Quelli che tu hai chiamato mangiabanane, ed è comprensibile visto che la loro tecnica li trasforma in grossi scimmioni.
    Fortunatamente la cosa non ti ha lasciato traumi emotivi pare, oppure sei semplicemente stronza, perdona la finezza, e riesci a passarci sopra.
    Comunque questo è quanto, pare che tu abbia qualche problema con la memoria, qualche grosso problema con la stessa, ed io non posso certo stare qui a farti affaticare.


    Si voltò quando il dottore ebbe finito con le sue operazioni.

    Per cui, mettiamo in chiaro le cose.
    Non hai passato di certo una bella avventura, per le persone come te diciamo che c’è il pensionamento anticipato.
    Ma se non ti accontenti e vuoi qualcosa di più, se vuoi rimetterti in gioco, quando starai meglio vieni pure in amministrazione e vedremo di reinserirti.
    I dottori mi hanno descritto sommariamente la tua situazione e… paradossalmente ciò che ti ha quasi ucciso potrebbe tirarti fuori da questa situazione, l’attività fisica, ma prima di essa l’afflusso di chakra al corpo stimola l’autorigenerazione, anche cerebrale.


    Disse battendo con un dito sulle tempie.

    Domande?
    In caso ti presentassi da me ricorda, ti serve una motivazione, un ideale. Non si decide di mettere in gioco la propria vita, di nuovo, per capriccio.


    In caso non gliene fossero state poste sarebbe uscito con un cenno della mano, uscito fuori avrebbe sbuffato verso l’infermiere.

    Porco mondo questa mi da filo da torcere, segnatelo, parola di Raizen Ikigami.




    Ambientati. :wosd:
    Un semplice post descrittivo, hai tutto a portata di mano:
    Come è avere due arti nuovi, cosa si prova a non ricordarsi un cazzo, un intero villaggio che nel frattempo potrebbe sorprenderti… puoi far passare qualsiasi lasso di tempo desideri in questo post (non superiore alle tre settimane, questione di timeline XD), narrazione libera.
    Ma soprattutto forma una parte basica della tua PG: il carattere, l’orientamento, o per riassumere in termini narutiani il nindo.
    Al successivo, si inizia col regolamento :zxc:
     
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  4. ‹anti›social pessimist
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    Devo ammettere non sia stata un'ottima idea, chiedere al mio interlocutore di scostarsi dall'unica fonte di luce presente nella stanza, i miei occhi risentono ancora del lungo periodo di stasi in cui ero sottoposta fino a quel momento; il mio orgoglio innato non mi avrebbe tuttavia abbandonato, motivo per cui oppongo resistenza, dando l'idea di capire perfettamente chi o cosa mi si pone davanti agli occhi.
    Reggere un discorso, ora come ora, mi pare eccessivo e questo lo deduco dal forte mal di testa che mi ha pervasa non appena son riuscita ad aprire gli occhi; il respiro quasi mi manca, e fatico persino a concentrarmi sul medico che ora mi pone una serie di domande a cui abbozzo risposta con un semplice cenno del capo, lasciando che questi e l'intera equipe medica finisca il suo lavoro.
    Nel mentre, cerco di fare mente locale sulla faccenda, ancora una volta: ricordo con difficoltà la mia ultima missione, non è più un mistero chi fossi o quale fosse il mio compito all'interno di Konoha, sebbene sia vano lo sforzo di chiarire il preciso istante in cui ho compreso di essere davvero in pericolo. Anche quando uno dei medici mi sfila il respiratore non emetto lamento alcuno, probabilmente devo essere abituata a soffrire in silenzio, e questa è una di quelle cose che il cervello non dimentica, neppure un attimo.
    “Se ti da noia mi giro, eh.”
    L'omaccione in vesti formali mi parla ancora, e non mi è chiaro se do l'impressione di sembrare interessata alla sua attenzione oppure, semplicemente, a questi vada di parlarmi perché boh, lo status di Hokage dona, a chi ne è custode, la consapevolezza che chiunque lo starebbe a sentire, a prescindere da quanto pedante o poco opportuno possa essere.
    Gli faccio dunque cenno che può fare quel che gli pare, nel mentre osservo il giovane ninja medicarmi a dovere laddove le cicatrici sono ancora visibili e antiestetici; farle sparire, alla fine, non cambia il fatto che abbia innesti esterni al posto dei miei arti veri, e la cosa mi snerva ogni qual volta mi capita di pensarci e, in tal caso, accade veramente molto spesso.
    “Credo di poter finire da sola, grazie.”
    Con un gesto secco della mano invito il medico a levarmi quelle manacce di dosso, se c'è una cosa che non sopporto è l'essere toccata, quasi quanto mi infastidisca che mi si rivolga la parola se son sveglia da neppure quindici minuti.
    E qui, per il momento, stanno sbagliando tutti, con me.
    Mo' lo brucio, sto villaggio.
    “[...] Io invece sono Raizen, Raizen Ikigami.”
    Decimo Hokage, insomma.
    Mi pare di ricordare, ora, un volto grottesco come il suo; del mio nome, invece, il buio più totale. Devo presumere che non mi piacesse molto, se riesco a ricordare - seppur con fatica - scene del mio ultimo combattimento prima di soccombere in una valle di sangue e terriccio umido, ferroso e colmo di sterco di vacca, a discapito di una cosa che ti vien data sin dalla nascita, e cioè il tuo stesso ed unico nome.
    Karota, poi. Chi diavolo dimenticherebbe un nome così buffo?

    Toh, è giunto anche il momento dell'introduzione noiosa: se da un lato sia felice di seguire nel dettaglio l'ultimo scorcio di vita prima del blackout mentale, dall'altro non mi pare il caso di esasperare una degente con una storia triste e di cui nessuno pare più curarsi, neppure il famigerato Decimo Hokage il quale, con una certa mancanza di tatto, mi ricorda persino il pensionamento anticipato.

    “[...] Non si decide di mettere in gioco la propria vita, di nuovo, per capricc-”
    “Ma non mi dire, Decimo Hokage!”
    A stento riesco a guardarlo negli occhi, dopo che ha osato lavarsi le mani per quanto accaduto. Come se ipotizzare una vita da scontare in casa, in attesa del giorno in cui potrò recarmi in deposito a ritirare la mia pensione o, ancor peggio, animare nuovamente la speranza del popolo tornando in servizio, escludessero reazioni come quella che sto per avere. Stringo il pugno destro ma non oso alzargli le mani solo perché consapevole di non esserne in grado, né ora né in un'altra vita ma maledizione, quanto mi piacerebbe.

    “Vuoi sapere cosa non mi ha uccisa? Tutto questo.”
    Indico i miei nuovi arti sintetici, per poi passare in rassegna ognuno dei medici presenti nella stanza; per concludere, punto l'indice proprio in sua direzione, e per un istante una piccola scintilla di chakra attira la mia attenzione, procurandomi tuttavia dolore localizzato su tutta la mano ed il braccio.
    “Non un esperimento evolutivo mai completato, non la sfortuna né, per giunta, la mia inesperienza; ciò che non mi ha uccisa è stato l'avermi tratta in salvo, costringendomi ad aggrapparmi ad una nuova vita per cui non mi è stato chiesto il permesso. Nessuno decide di mettere in gioco la propria vita una seconda volta, hai ragione, ma ciò non vale quando la vita è di un altro? E PORCA MISERIA SMETTETELA DI FISSARMI VOIALTRI.”
    Come se non avessero mai visto una donna con il quarto girato.
    O, più semplicemente, come se non conoscessero me. Cosa che, d'altro canto, mi faceva dubitare sulla mia appartenenza a Konoha. E fanculo se il mio naso sanguina, o se la testa mi brucia sì tanto che potrei urlare LA PASTA E' PRONTA da un momento all'altro, tutto ciò non basterebbe a contenere la mia voglia di sbattere in faccia alla massima autorità in loco tutta la verità su ciò che veramente conta per me.
    “Ero ad un passo dalla morte, probabilmente ero fiera di aver servito la mia Nazione sino alla fine, cadendo per mano del nemico ma non prima di aver dimostrato loro che la paura si cela solo negli occhi di chi la prova realmente; sarei morta con onore, assieme al mio gruppo, con il mio corpo il quale, sebbene mutilato, poteva essere ancora quello di sempre, il mio. E invece no, qualcuno ha deciso che non fosse necessario perdere una unità, quando tutte le altre oramai erano divenute pedine celate inutili... E sono qui, con un corpo che è mio solo per metà, un enorme buco in testa e con te che mi parli di pensionamento anticipato o reinserimento forzato... Qual coraggio, Decimo Hokage.”
    E se pensava che avrei concluso la mia sfuriata così, si sbagliava.
    “... Sai, forse ho una valida ragione per tornare quella che ero.
    Anche perché, solo tornando la vecchia Karota potrò valutare l'ipotesi di prenderti a calci in culo per avermi abbonato un viaggio sola andata per l'inferno, e immagino già quanto possa essere eccitante il momento.”
    Tampono la perdita di sangue dal naso con le lenzuola, abbozzandogli poi un sorriso carico di sfida. Con fare quasi automatico, porto l'altra mano all'altezza degli occhi, come se voglia aggiustare, alzare, sistemare qualcosa che al momento non indosso.
    Occhiali da vista, forse? Effettivamente, non mi pare che tutto sia abbastanza a fuoco, e non perdo tempo nel menzionare la faccenda ad uno dei medici presenti in stanza.
    “Pensa un po', posso essere più stronza di così, perdona la finezza.”

     
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    Seconda opportunità







    Sopportò l’interruzione, proseguendo nel suo discorso, con un tono lievemente infastidito, ma nulla che qualche secondo di chiacchiere non avrebbero fatto dimenticare, dopotutto non poteva darle tutti i torti, per questo ascoltò le parole della ragazza con un misto di sorpresa, risentimento e incertezza.
    Quando finì le si avvicinò porgendogli una garza.

    Credo sia meglio del lenzuolo.

    Tuttavia, vista la voglia di interagire della ragazza non potè andarsene dalla stanza, bensì tirò a se una sedia e si sedette affianco al letto, ricambiando il sorrisetto della ragazza.

    Mettiamo in chiaro le cose, di nuovo -mi piace farlo-, io volevo lasciarti a riflettere e riposarti, ma insomma visto che le tue sofferenze sono così scarse da permetterti tutta questa riottosità… beh, non sia mai che io lasci il ring.
    E comunque, volevi davvero risvegliarti e non sapere nulla di ciò che ti era successo?
    Dev’essere una sensazione piacevole per te il disorientamento. Scusami non volevo interromperla.


    Mise un braccio sullo schienale e ci si abbandonò.

    Allora, io non so che problemi hai con la vita, ma onestamente una morte per quanto mi riguarda è sempre stupida se ci si può salvare.
    Non sei morta?
    Beh, tornaci e vendicati, no?
    Lo troverei decisamente più utile per il villaggio rispetto ad una tomba. E per te, beh, nulla di più onorevole di una buona vendetta che una morte da sfigata in chissà quale buco di culo dimenticato da dio alla caccia di scimmioni lanciamerda.


    Gli strizzò l’occhio in segno d’intesa, anche se probabilmente più che sull’ intesa premeva sulla logica della sua risposta che trovava maggiore, non era li per consolare nessuno a quanto pareva, non più almeno.

    Siccome mi piace far prevalere il mio punto di vista ti do il mio.
    Nel tuo corpo poche cose non ti appartengono, di fatto i tessuti li rigeneriamo partendo comunque dai tuoi geni, almeno secondo quello che dicono i signori qui.
    Avresti preferito morire anche se un danno alla schiena ti avesse privato della sensibilità come lo stanno facendo queste nuove parti?
    Perché la differenza a questo punto è soltanto quella.
    Ma se vogliamo farne una questione di principio, beh, farti secca non costa a nessuno.


    Una maniera abbastanza singolare di trovare le soluzioni che fece rabbrividire i medici li presenti che giuravano di proteggerla la vita, ma per Raizen pareva non valere lo stesso discorso.

    Non sei stronza, sei ingrata, è diverso.
    Nessuno qui è un unità, ed è proprio questo il motivo per cui sei qui ora, io non ti ho dato un abbonamento, ho solo fatto fare un po’ di ritardo all’autobus.
    Cioè, fermiamoci un pelino, io vengo qui, ti chiedo gentilmente come stai e starnazzi su quanto la tua condizione sia misera e poi, rincari la dose dicendo che vuoi farmi il culo.
    A me.


    La guardò con l’espressione di chi si domanda se il suo interlocutore parlasse seriamente.

    Ora devi ringraziarmi almeno due volte.
    Giusto perché in risposta avrei potuto trasformare la tua testolina anarchica in un soprammobile di pessimo gusto semplicemente con uno schiaffo.


    Puntò le mani in avanti.

    Ma mettiamo tutto da parte e proviamo a riniziare.

    Ripose le mani lentamente ed in silenzio.

    Ciao Karota, sono Raizen il tuo Hokage, mi dispiace di questa situazione, non intendo lasciarti sola e per questo sono venuto di persona a trovarti, sono qui a tua completa disposizione, posso esserti utile a…

    Sorrise nuovamente.

    … farti imboccare la strada migliore per prendere a calci i culi giusti?

    Un’altra risposta sgarbata avrebbe decisamente mutato il suo approccio, la ragazza non aveva memoria, ma non si faceva fatica a pensare che Raizen era incline agli scatti d’ira, e che questi erano facilmente provocabili, quando il suo viso non era indottrinato dalle sue doti recitative era un continuo guizzare di emozioni che, era evidente dalla sua mimica, tendevano al serioso.
     
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  6. ‹anti›social pessimist
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    Resto sorpresa quando l'Hokage mi porge una garza, offrendomela come alternativa al lenzuolo.
    Dovevo forse pensare che nella sua testolina colma di stemmi e riconoscimenti, vi fosse posto anche per un po' di sana logica platonica? Lo avrei scoperto col tempo.
    “... Grazie.”
    Accetto l'offerta ma non distolgo lo sguardo dal suo, nel mentre l'osservo mettersi comodo con l'intento di riprendere il discorso da dove lo avevo interrotto. Cavolo, ed io che credevo di essermi divincolata da una possibile reazione verbale.
    “[...] Avresti preferito morire anche se un danno alla schiena ti avesse privato della sensibilità
    come lo stanno facendo queste nuove parti?”
    Bene, questo è il punto in cui comprendo una cosa importantissima: l'Hokage non ha capito un cazzo di quanto detto da me fino a qualche momento prima. Ed io che speravo vi fossero uomini di una certa saggezza, al potere. D'altra parte, l'idea che potessi non essere riconoscente di essere ancora in vita era una ipotesi assurda, che non aveva né capo né coda; voglio dire, quale pazzo avrebbe rinnegato la vita stessa, finanche in punto di morte? Il punto non era questo, ma bensì un altro: passava che avessero recuperato il mio corpo e ne avessero fatto oggetto di sperimentazioni avanzate - vero, la sensibilità ne risentiva ma, al tempo stesso, non potevo non negare che tutte le normali funzioni fossero ristabilite - e passava pure che l'Hokage in persona mi onorasse della sua presenza ma, ahimé, la memoria fritta non mi aveva resa più stupida, e avevo visto abbastanza da poter ricostruire parecchie cose.

    Primo: Raizen non sa chi sono realmente.
    Non ha mai sentito parlare di me, per lui non son altro che un semplice rapporto letto in fretta e furia poiché imposto dalle autorità mediche, le quali deduco siano le uniche persone ad essersi realmente interessante alla mia persona, vuoi per fini medici ma vabeh, è già tanto che sia in grado di formulare pensieri così complessi senza dovermi pulire la bocca altrimenti colma di saliva.
    Quale ragione avrebbe avuto, altrimenti, nel ritenere che non ci sarebbero stati problemi nel farmi secca? Avrebbe davvero ascoltato il mio volere di essere lasciata in pace, se fossi stata per davvero un elemento imprescindibile all'interno della sua personale organizzazione gerarchica? E poi, da quando chiedi conferma delle generalità ad una persona che conosci sì bene da poterne addirittura tessere lodi e onori?

    Secondo: ingrata sarà sua sorella, senza ombra di dubbio.
    Partiamo dal presupposto che un Hokage non scende a compromessi con una ingrata, vestendosi formalmente del suo potere e minacciando una degente che ha avuto il coraggio di dire ciò che, forse, in molti pensano già. Sì, perché un Hokage così non fa molta strada, almeno non in un'epoca in cui una mente elaborata vince su di un cuore carico di passione.

    Il giovane e novello Hokage era stato smascherato, non era poi sì lontano dalla sua natura animale.
    Un capo grottesco, e c'era da chiedersi se fosse davvero il mio, di capo.
    “Ma mettiamo tutto da parte e proviamo a ricominciare.”
    Ero stata in silenzio per tutto il tempo, tamponandomi il naso con la garza e controllando spesso la sensibilità dei miei nuovi arti, continuando a ripensare alle sue parole e sforzandomi di trovarvi qualcosa che fosse vero ai miei occhi.
    Non me la bevevo, purtroppo.
    “Ciao Hokage, c'è un solo culo che voglio prendere a calci, ed è il tuo.
    Perché davvero, ci provi con tutto te stesso a farmi credere che sia più che un semplice fascicolo sfogliato qualche ora prima che qualcuno t'informasse del mio arrivo in ospedale, o credi che l'unità speciale di spionaggio servisse solo a spiare gente random?”
    Rido di gusto, cercando di raccogliere le briciole seminate dalla palese ignoranza dell'uomo che avevo davanti. Ignoranza in materia di spionaggio e psicologia, s'intende.
    “Mettiamola così: ti concedo la possibilità di recuperare all'enorme errore che hai fatto onorandomi della tua presenza, oggi.
    Attua il tuo piano di reintegro previsto per quelli come me, mantieni la promessa e fammi tornare la Karota descritta nel fascicolo che tieni nascosto al di sotto della tua uniforme pomposa.”
    Adoro i bluff, nel 90% dei casi funziona ed ottengo le mie risposte.
    “Se tutto va come previsto, ti lascio palpare le mie tette per tuuuutto il pomeriggio, in caso contrario ti fai prendere a calci in culo almeno una volta nella tua vita da Hokage.
    Deal?”


     
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    Quando riprese a parlare ancora tutta impettita capì che le sue parole facevano la stessa fine del mestolo e del pentolone quando si rimestava la merda: la merda restava merda, e il pentolone con il mestolo puzzavano ed erano sporchi di merda. In poche parole del tutto inutile.
    Respirò a fondo comprendendo che aveva a che fare con una seconda Shizuka e che, poverine, non era colpa loro se il mondo le aveva dotate di una visione personalissima e inappellabile di ciò che le accadeva attorno.
    Inspirò ancora una volta prima di alzarsi e pinzare le labbra della degente prima che finisse il suo discorso, interrompendolo sul passaggio cruciale delle tette, con un ineluttabilità che per la Kunoichi aveva un retrogusto di onnipotenza vista la preparazione fisica del Colosso che avrebbe reso il gesto inevitabile.
    Sorrise, senza alcun tipo di piacere, risultando sinistro.

    Parli troppo, e deduci ancor di più, sbagliando, tra l’altro.
    Probabilmente a chiedere avresti fatto meno sforzo, e con risultati migliori.


    Tenne ancora le mani sulle labbra della ragazza.

    Allora.
    Io non posso sapere chi sei, di certo mi avrebbe fatto piacere saperlo, hai un carattere tutto pepe che da dei buoni momenti di intrattenimento, ma purtroppo io, come i medici qui attorno non possiamo conoscere tutti, e tra i tanti che non conosciamo, viste le dimensioni del mondo in cui viviamo ci sei anche tu.
    E non pretendiamo di voler riuscire ad inquadrare le persone, semplicemente cerchiamo di essere gentili. Non sei un numero, ma non sei nemmeno Karota, visto che non ti abbiamo mai conosciuto di persona.
    Tuttavia resti una persona, un’ alleata, una compagna. Per questo meriti comprensione, gentilezza e soprattutto cure.


    Sull’ultima parola rilasciò le labbra, liberando la mano da quel fastidioso –per la ragazza- compito e aprendola verso di lei per porgergliela.

    Quindi, potrei non aver conosciuto Karota, ma potrei voler conoscere te, o conoscere Karota se recupererai i ricordi, vedilo come un tentativo amichevole di strapparti a quel fascicolo e renderti a te stessa e alle persone che ti vivranno.
    Non cercavo di farmi bello, volevo aiutare uno dei miei ninja, una persona che anche per causa mia, o per meglio dire di un mio errore di valutazione, non se l’è passata bene.


    Era amichevole e sincero, c’era soltanto da accettarlo.

    Per quanto riguarda le tette invece direi che tutto ciò che le riguarda ti richieda qualche pasto completo per ripristinare un po’ di energie, non pensare di aprire la porta e sperare che mi accontenti di una sbirciata.

    Sorrise malizioso e si drizzò, aspettando di vedere se la ragazza avesse accettato di stringergli la mano o meno.
     
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