Rise - Secondo Atto[Gambe nuove ed Add TS per Kensei]

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    九代目水影 - Kyuudaime Mizukage

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    Rise - Secondo Atto


    I

    Quando tornai a Kiri dopo il mio viaggio ad Oto, il Mizukage aveva già completato gli arti. A quel punto, tutto era pronto per Keiji.
    L'Ospedale, anche se non completamente riaperto, fu allestito in maniera sufficiente per la preparazione anche utilizzando tecniche che in genere avrei usato fuori dal Villaggio, in situazioni ben più drammatiche [Abilità]Ospedale da Campo
    Speciale: L'utilizzatore può allestire un ospedale da campo in 2 giorni; la struttura ha ogni strumento necessario per la cura della maggior parte delle condizioni fisiche che possono affliggere una persona. Nell'ospedale da capo e territori limitrofi, l'utilizzatore può gestire 1 squadra di infermieri come se possedesse 1 competenza Gregari [Alleati]. L'ospedale da campo deve essere voluto da almeno 1 Consigliere di villaggio.[Da chunin in su]
    .
    Avvisai il Mizukage che l'operazione sarebbe iniziata nel primo pomeriggio ed avrebbe richiesto con ogni probabilità tutto il resto del giorno fino a sera inoltrata. Avvisai anche Akira, probabilmente a lui interessava molto della salute del suo compare Kagecida.
    Entrai nella stanza di Keiji a metà mattinata, tenendo in mano solo un rotolo da richiamo. Non mi vedeva da diversi giorni, ma quella volta in viso avevo un sorriso determinato che sembrava promettere buone notizie.
    Abbiamo i tuoi nuovi arti Dissi allora, aprendo il rotolo da richiamo sul suo letto, evocando due oggetti. Un arto superiore completo di braccio, avambraccio e mano ed un altro la cui funzione non era facilmente intuibile. Si trattava di una semisfera concava di un metallo molto leggero, che richiamava una cavità glenoidea, in un certo modo. Dietro questo pezzo di metallo vi era un secondo, una specie di spuntone che ricordava una specie di grosso chiodo ed infine una placca laterale.
    Ciò che io ed il Mizukage abbiamo progettato non è un semplice arto che si attacca al moncone. Differentemente da quanto già esiste, ho pensato di renderlo più pratico. Questo indicai il pezzo dallo strano aspetto Sostituirà l'articolazione della spalla. Il che significa che dovremo tagliare via ciò che rimane del tuo braccio e delle tue gambe, perché il concetto è identico ache per quelle. Questa è un'articolazione artificiale che ti consentirà di inserire il braccio tramite un semplice incastro. Se il braccio dovesse essere danneggiato potrai semplicemente sostituirlo, così come le gambe. Non avrai bisogno di medici per farlo. Tuttavia l'operazione è parecchio più problematica. Devo inserire il sistema di ancoraggio della tua scapola e fissarla fuori di questa. Ma credo proprio che questo non ti interessi. Gli stavo spiegando tutto, ma ero certa che a lui interessasse sopratutto mettersi su due gambe nuovamente. Non posso operarti in una sola sessione. Oggi pomeriggio inizieremo col braccio, poi, se tutto andrà bene, domani passeremo alle gambe.
    Il motivo era piuttosto semplice in realtà. Per operare le gambe avrei dovuto operarlo supino, mentre prono per il braccio visto che dovevo avere accesso totale alla scapola. Sarebbe stato difficile, ma ormai ero certa che il fuoco interiore che avevo visto animare la vita di quell'uomo e che gli aveva consentito di sopravvivere fino a quel momento gli avrebbe consentito di affrontare quelle operazioni senza alcuna difficoltà.



    Non avrebbe pranzato quel giorno. Due infermieri lo aiutarono a togliersi qualsiasi vestito avesse addosso e lo coprirono con un semplice lenzuolo verde. Dunque spinsero il letto fino in sala operatoria, non ancora totalmente funzionante e sollevarono Keiji sul letto.
    A quel punto entrai io, mascherina in viso e guanti. Keiji poteva vedere il mio sguardo come unico dettaglio del mio viso, ma non c'era traccia di paura, senso di colpa o sofferenza. Solo una fredda determinazione.
    Quanto ero cambiata? Non mi rendevo conto nemmeno io dell'estensione del mio cambiamento, ma aver abbracciato quella parte oscura di me aveva avuto i suoi effetti.
    Per fortuna di Keiji, positivi, in questo caso. Non ero certa avrei inventato un sistema così complesso e pericoloso fino a poco tempo fa. Avrei preferito qualcosa di più semplice.
    Bene Dissi avvicinandomi Iniziamo.
    E così Keiji venen addormentato. Se avesse rifiutato avrei insistito, con voce ferma.
    Questa cosa non riguarda te, riguarda me. I miei pazienti sotto i ferri dormono.
    Non volevo avere pensieri riguardo eventuali problemi. Non mi sarei concentrata adeguatamente a saperlo sveglio.
    Ed una volta addormentato, presi il bisturi e lo posai sulla pelle della spalla.
    Affondai la lama.
    Il sangue cadde.


    Descriverò più a lungo all'inizio del prossimo post. Nel tuo di ora però puoi svegliarti.

     
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    L'Operazione
    Capitolo Primo



    Atto I
    Il ritorno di Meika Akuma †


    Erano passati ormai giorni da quando avevo ricevuto visita dal Mizukage e da Meika, il capo della squadra medica di Kiri. La stanza in cui mi trovavo era illuminata tutto il giorno da una flebile luce. Non mi ero mai mosso, non avevo mai chiesto l'aiuto di nessuno. Me ne stavo lì, fermo, a fissare quello che c'era intorno. Nell'isola gemella di Genosha, Azumaido, avevo imparato a percepire l'anima della mia arma di clan nonostante la distanza: il calore di Saruhyondo era l'unica cosa che mi teneva psicologicamente sano. L'odio, il risentimento, le passioni, la smania di affermazione e rivincita mi pervadevano le membra, rendendo ad ogni respiro la mia anima lisa. Eppure in quell'attesa, in quei giorni dove speravo di ricevere la visita di qualcuno, di Akira, di Sanjuro, di Sho ed Oda finanche e che invece mi costrinsero alla più magra solitudine, avevo immaginato il mio futuro. Un futuro completamente diverso dal mio passato, anzi, assolutamente scollegato, potrei quasi dire nuovo. Itai Nara doveva essere informato di quella mia decisione; ma non ebbi modo di richiedere la sua presenza in quei giorni. Le giornate passavano tra un pasto costretto - non avevo bisogno di mangiare, quel qualcosa di vorticante che avevo dentro mi sosteneva senza nutrizione - ed una pulizia intima volta a prevenire la presenza di piaghe - le quali tuttavia non se ne andavano affatto ma per altre ragioni. Fino al giorno del ritorno di Meika Akuma.
    Entrò nella stanza con un largo sorriso sul volto, anche se la sua espressione pareva piuttosto fredda. Erano da poco passate le dieci. Aveva un rotolo da richiamo con sé. Abbiamo i tuoi nuovi arti. Mi disse, evocando dapprima il braccio forgiato con ciò che rimaneva dell'Armatura da Inquisitore e uno strano congegno che non potevo comprendere nelle funzionalità, data la mia inesperienza nel settore. Meika, comunque, si preoccupò di illustrarmene tutte le funzionalità e gli scopi. Ciò che io ed il Mizukage abbiamo progettato non è un semplice arto che si attacca al moncone. Differentemente da quanto già esiste, ho pensato di renderlo più pratico. Questo sostituirà l'articolazione della spalla. Il che significa che dovremo tagliare via ciò che rimane del tuo braccio e delle tue gambe, perché il concetto è identico ache per quelle. Questa è un'articolazione artificiale che ti consentirà di inserire il braccio tramite un semplice incastro. Se il braccio dovesse essere danneggiato potrai semplicemente sostituirlo, così come le gambe. Non avrai bisogno di medici per farlo. Tuttavia l'operazione è parecchio più problematica. Devo inserire il sistema di ancoraggio della tua scapola e fissarla fuori di questa. Ma credo proprio che questo non ti interessi. Invece, cosa che aveva da sempre contrassegnato la mia vita di studioso e di ninja, ero sempre disposto ad ascoltare persone che si dilungavano in argomenti a me estranei in toto. La curiosità è la più grande virtù dei saggi.
    Mi limitavo tuttavia ad annuire, percependomi sempre distante. Le mie attenzioni erano già proiettate a quando tutto sarebbe finito. Non posso operarti in una sola sessione. Oggi pomeriggio inizieremo col braccio, poi, se tutto andrà bene, domani passeremo alle gambe. Detta questa frase, presi parola, con voce grave. Domattina,
    sotto i ferri, morirà Keiji Kagome.
    Mi arrestai immediatamente. Quella frase era di difficile comprensione anche per il sottoscritto. La notizia ufficiale sarà che il ninja del Clan Kenkichi, nonostante il pronto intervento, sia morto qualche giorno dopo, in questa struttura di primo soccorso. Lascia passare qualche istante, prima di diventare leggermente più confidenziale. Non ho voluto che tu curassi il mio volto offeso perché nessuno tornerà a vedere il mio volto quando qui avremmo finito. Il mio volto sarà l'Elmo dell'Inquisitore di Kiri e nessun altro. Io sarò un simbolo per la città, anzi e non solo, sarò un simbolo della città. Sarò la mano sinistra del Mizukage, quella che viene nascosta quando si porge la destra, quella che gioca coi coltelli mentre la destra intrattiene relazioni tra i paesi.
    Voglio che i Kiriani vedano nell'Iquisitore la potenza di Kiri stessa, che, nella sua figura, risplenda il potere del Mizukage e del futuro Daimyio dell'Acqua.

    Ancora silenzio. Dovrò essere morto per tutti, a Kiri e fuori da Kiri; per Ryuu, per Kitori, per Ryosei, per Kodai; per Sho, per Oda, per Kairi, per l'Hokage; per Febh Yakushi. So che alcune informazioni a certi livelli non possono essere nascoste: Akira saprà chi sono, Sanjuro per quanto appaia completamente svitato mi riconoscerà subito se proviamo a nasconderglielo. E poi gli devo la vita e gliela devo più di una volta. Quest'idea mi faceva accapponare la pelle ustionata. C'era una cosa però, che in tutto quel tempo non avevo pensato. Quale sarebbe stata la mia nuova identità? Non avrei certo potuto farmi chiamare "L'Inquisitore di Kiri". Quello era un soprannome come tanti altri nel mondo ninja. No, dovevo trovare un nome. Un nome che fosse una promessa di cambiamento, di potere. Un nome che ricordasse un sacrificio. In quel momento una oscura voce sussurrò nel profondo di quel mondo fatto di tenebre e venature scarlatte le sillabe che stavo cercando: Kensei. Dissi. Kensei sarà il nome con cui tutti conosceranno l'Inquisitore di Kiri. Adesso va' e allestisci quello che serve per l'operazione di oggi.
    Avevo detto tutto. Sapevo che ci avrebbe pensato lei a riferire ad Itai. E sapevo benissimo che prima o poi sarebbe venuto a parlarmi.

    [...]

    Niente pranzo per me quel giorno, disse l'infermiera. Non era importante, ve l'ho già detto. Fui spogliato degli abiti di degenza che avevo e mi fu data una vestaglia verdastra per l'operazione. Quando ebbero allestito la sala fui portato al suo interno e sollevato per essere posto sul tavolo operatorio. Non avevo gambe per farlo da solo né parte delle braccia: mi trovavo esattamente lì per quello. Fu in quel momento che entrò Meika. Si avvicinò con la mascherina che le copriva il viso e mi disse poche parole che neanche compresi per via dell'anestesia. Mi addormentai quasi immediatamente. Avrei potuto far risparmiare a Kiri i soldi di quelle droghe visto che conoscevo un jutsu che non mi permetteva di sentire dolore ma forse fu meglio così.
    Mi risvegliai non so quanto tempo dopo con la parte sinistra del corpo incredibilmente pesante. I dolori ancora non si facevano vivi per via del potente anestetico. Aprii soltanto uno spiraglio tra le mie palpebre: la luce era troppo forte per tenere gli occhi aperti. Li riserrai. Provai a capire se qualcuno intorno a me si stesse muovendo. Se avessi sentito qualcosa avrei parlato. Da quanto tempo sono qui? Com'è andata la prima parte dell'operazione?




    StatisticheStatus
    Forza: 700
    Velocità: 600
    Riflessi: 600
    Resistenza: 575

    Agilità: 600
    Precisione: 600
    Concentrazione: 600
    Intuito: 500

    Vitalità


    Chakra
    Slot Difesa | Slot Azione | Slot Tecnica | Slot Gratuiti


    [Slot Difesa I]
    [Slot Difesa II]
    [Slot Difesa III]


    [Slot Azione I]
    [Slot Azione II]
    [Slot Azione III]


    [Slot Tecnica]

    [Slot Tecnica]



    [Slot Gratuito]



    Legenda


    Narrato
    Citato!
    Parlato!
    Pensato!
    Anima di Saruhyondo.
    Anima di Keiji.

     
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  3. -Meika
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    Rise - Secondo Atto


    II

    Ciò che mi chiedeva, riguardo la sua morte, non ritenevo sarebbe potuto rimanere realmente segreto. Non sarei stata sola in quella Sala Operatoria ed anche se il Mizukage avesse deciso di mettere quell'informazione come top secret, già era compromessa.
    Avevo detto a Febh Yakushi che Keiji aveva bisogno di nuovi arti, non appena l'Otese avesse visto Kensei avrebbe compreso che in realtà era Keiji Kagome.
    Tuttavia non c'era alcuna reale utilità militare in quel cambio di identità. Era un segreto che lui intendeva tenere, per cui anche se in un futuro fosse venuto a galla nessuno ne sarebbe uscito realmente danneggiato, se non forse il suo orgoglio.
    Sospirai a quella richiesta, ma annuii.
    Farò in modo che il Mizukage ne venga informato e dirò a chi assisterà all'operazione ciò che dovrà succedere... non posso garantirti che mai nessuno in futuro scoprirà di questa tua rinascita, ma è il meglio che si può ottenere nelle circostanze attuali.



    [Abilità] Conoscenza Chirurgica [2]
    Conoscenza: L'utilizzatore può effettuare operazioni chirurgiche tramite il chakra, potendo compiere efficaci interventi senza l'utilizzo di nessun kit medico. L'entità di rigenerazione giornaliera delle ferite del paziente alle cure di pronto soccorso dell'utilizzatore è raddoppiata. L’interventi per la rimozione degli status richiede 1 slot azione/tecniche per status Leggero, 2 per status Medio, 3 per status Grave; sono esclusi gli status causati dai veleni.

    Conoscenza Medica (Intermedia) [2]
    Conoscenza: L'utilizzatore può diagnosticare e trattare anche status Medio; richiedono 6 slot azione/tecnica per eliminarli. Può eseguire interventi di pronto soccorso e medicare le ferite: l'entità della ferita medicata si ridurrà di leggera ogni giorno. Possiede conoscenze anatomiche che gli permettono di individuare i punti deboli e resistenti degli avversari, anche nella concitazione della battaglia. Può possedere slot [Veleno] per antidoti. ( [Richiede Conoscenza Medica (Base)] )

    Indole Guaritrice [0]
    Speciale: L'utilizzatore può guarire una maggiore quantità di ferite tramite la tecnica delle Mani Curative. La Guarigione Massima delle Mani Curative è Medioleggera per grado anziché Leggera per grado.


    Il bisturi affondò a fondo, Tagliai la pelle ed i muscoli, recidendoli, facendo un danno irreparabile. Scavai a fondo ma con attenzione, perché dovevo preservare i nervi.
    Il nuovo braccio aveva una struttura che in termini di innervazione ricalcava quella umana, ma ciò che era importante era anche l'interfaccia tra il sistema nervoso naturale e quello artificiale. Fortunatamente gli impulsi nervosi non erano altro che segnali elettrici, potenziali d'azione trasmessi con una certa frequenza che stimolavano i muscoli a compire una certa azione. Per cui immaginare l'interfaccia non era stato difficile, ma a quel punto era necessario collegare ogni nervo alla sua inserzione nel sistema di ancoraggio e nulla era casuale.
    Per cui era necessario che non recidessi casualmente nervi, che li recidessi al punto giusto.
    Vicino al tavolo operatorio c'era un foglio in una custodia trasparente sterile dove c'era uno schema che avevo preparato per capire come collegare i nervi.
    Dovevo cercare il plesso brachiale e seguire i tre tronchi fino a che dopo divisioni e riunioni non diventavano tre code e tagliarle al punto giusto. Dovevo essere precisa. Se avessi reciso il tronco superiore prima dell'emergenza del nervo frenico gli avrei paralizzato il diaframma e l'avrei condannato all'impossibilità di respirare autonomamente. Sarebbe stato troppo per lui dotarsi di un respiratore meccanico che produceva strani suoni ad ogni esalazione.
    Aprii la pelle dalla spalla fino al collo, fino a trovare l'emergenza di quei tre grossi nervi che a loro volta erano formati dalla fusione di diverse radici nervose che provenivano dal midollo spinale.
    In quel caos di sangue e muscoli non era facile individuarli, dovetti far girare il corpo di Keiji di novanta gradi e poggiarlo sul suo braccio destro per avere campo libero. Una volta individuati seguii quello superiore con il dito finché prima si divise e poi si fuse con un ramo di quello medio, formano un unica corda.
    Era quella che dovevo tagliare. La tagliai con le forbici, tenendola ferma nella pinzetta e dunque la segnai con una fascetta colorata. Feci la stessa cosa con le altre due corde, tagliando la media circa alla fine della sua lunghezza e la inferiore

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    A quel punto potevo tagliare il resto del braccio con tranquillità. Clampai l'arteria ascellare e la recisi, dopodiché aprii l'articolazione, tagliandone i tessuti dalla scapola, tagliando via tendini e legamenti che non sarebbero più serviti. Sempre col segetto tagliai via la cavità glenoidea dalla scapola, ossia la superfice articolare che similmente ad una protuberanza accoglieva al suo interno la testa dell'omero e dopo le ultime rimozioni e chiusura dei vasi fui pronta ad iniziare l'inserimento del sistema di ancoraggio.
    Feci rimettere Keiji prono e dunque con un trapano scavai una cavità all'interno della scapola, per quanto possibile data la piattezza dell'osso. Con poca delicatezza vi inserii il dispositivo, infilandone la protuberanza nella cavità che avevo scavato, per poi fissarne la placca esterna con delle viti al corpo della scapola.
    Quando ebbi finito ormai la scapola non somigliava più neanche ad una vera scapola.

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    A quel punto cominciai una lenta opera di ricollegamento dei nervi. Così come un elettricista inserii il nervo nel suo inserto, stringendo poi una vera e propria vita conduttrice fino a farlo rimanere perfettamente fermo nel suo scompartimento. Talora dovetti usare una piccola prolunga, un vero e proprio nervo artificiale di quelli simili al braccio, visto che l'aatomia normale era stata totalmente sconvolta. Feci così per tutti e sei i nervi dei quali dovevo preoccuparmi, dunque, ricollegai i tendini dei muscoli residui al sistema di ancoraggio, fissandoli per i tendini usando delle speciali viti biocompatibili.
    Quei muscoli erano inutili oramai, non avevano più un arto da muovere, tuttavia preferii mantenerli in sede per evitare limitazioni dei movimenti che non avevo previsto. Cercai di basarmi il più possibile sull'anatomia normale laddove avevo distrutto l'inserzione precedente ed alla fine, dopo ore ed ore di lavoro, sporca di sangue ed esausta, potei dire di aver finito.
    Iniziai una lenta operazione di chiusura utilizzando il chakra curativo [Mani Curative], prendendomi il mio tempo per far saldare correttamente ogni muscolo, la pelle con la pelle, fino a richiudere totalmente la ferita. Avrebbe sofferto sufficientemente nell'apprendere che controllare quegli arti era difficile, il dolore poi non avrei potuto cancellarlo nemmeno volendolo: tutto sarebbe stato indolenzito per diversi giorni, ed appena risvegliato sarebbe come se fosse andato a fuoco.
    Alla fine Kensei era più deturpato di prima. La spalla non esisteva più ed al posto di essa si apriva una cavità metallica dall'aspetto anonimo.
    Sembrava quasi un giocattolo.



    Avrebbe sentito dolore dopo alcuni minuti dal suo risveglio. Una bruciante sensazione dolorosa. I nervi stretti nei loro inserti soffrivano e per un lungo istante a Kensei parve di riavere il braccio. Lo sentiva lì, che doleva, un sordo dolore costante che non avrebbe accennato a placarsi.
    Mai.
    Quando entrai lo sentii parlare.
    È finita venti ore fa Kensei. Sarai addolorato nel sapere che ieri uno Shinobi di Kiri, Keiji Kagome, è deceduto in questo stesso ospedale. Dissi, con voce atona, avvicinandomi a lui. Non c'era alcuna medicazione, avevo richiuso tutto con il chakra.
    Sentirai dolore. Dissi, posandogli sulla mano un pulsante. Questa è morfina, ti aiuterà a superarlo. Premi e sarà erogata. È andato tutto bene... vuoi provare il braccio?
    Ora, non avevo idea di cosa sarebbe accaduto quando avessi inserito il braccio nel suo scompartimento. Se avesse acconsentito avrei preso il braccio che era nella stanza e con cautela, avrei inserito il perno sulla sua estremità superiore nella cavità del sistema di ancoraggio.

    Il mondo di Keiji sarebbe divenuto fuoco. Forse i nervi erano impazziti, o forse c'era qualche cosa di carico, ma quel braccio faceva male. Un dolore costante, indomabile, furioso come l'odio che lo stava tenendo in vita nonostante tutto.
    Un dolore in grado di uccidere.
    Un dolore in grado di fargli scoppiare il cuore.
    Un dolore in grado di risvegliare in lui qualcosa di ben più spaventoso dell'oscurità che avevo accettato qualche tempo fa.

    Soffri. Scatena il tuo potere nella sofferenza.




     
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    L'Operazione
    Capitolo Primo



    Atto II
    Un Mondo che Brucia


    Ero sveglio, in una stanza di ospedale. Non riuscivo ad aprire gli occhi ma ero cosciente. Sentii dei passi fuori dal corridoio ed la porta che si apriva. Interrogai chi stava entrando. Ricevetti risposta da Meika che ovviamente controllava il suo paziente con scrupolosa professionalità ed etica. È finita venti ore fa Kensei. Sarai addolorato nel sapere che ieri uno Shinobi di Kiri, Keiji Kagome, è deceduto in questo stesso ospedale. Mi disse. Tacqui un istante, ancora stordito dalle droghe anestetiche ed ancora incapace di aprire gli occhi, e poi risposi. L'Attacco al tempio ha portato con sé molte vittime. Ne sono profondamente dispiaciuto. Mentre pronunciavo questa frase sentii uno strano prurito alla mano sinistra. Al che allungai la destra e provai a grattarmi, toccando tuttavia le lenzuola del letto su cui mi trovavo. Non potendomi affidare alla vista, fui totalmente ingannato dai miei sensi: percepivo il mio braccio ancora lì, attaccato al mio corpo. Anzi, non solo, lo percepivo addirittura infastidito, che pizzicava. Nel momento in cui realizzai tutto questo sentii qualcosa sfiorarmi la destra. Sentirai dolore. Questa è morfina, ti aiuterà a superarlo. Premi e sarà erogata. È andato tutto bene... vuoi provare il braccio? Avrei voluto dirtelo prima dell'operazione ma ... io posso non sentire il dolore. Non ho certo bisogno di quella morfina. Stavo indubbiamente peccando di superbia in quella circostanza ma stavo anche suggerendo alla mia dottoressa che non ci sarebbero potute essere complicazioni sotto quel punto di vista. O almeno credevo. Sì, vorrei provare il mio nuovo arto. Anche se mi sembra di non aver ancora perso niente, mi sembra ancora di essere tutto intero. Meika afferrò il braccio e, dopo averlo avvicinato al sistema che lei ed il Mizukage avevano progettato e costruito, a seguito di un suono come di espulsione completa dell'aria e d'un aggancio metallico, fece un passo indietro aspettando che i nervi ed il sistema circolatorio si adattassero perfettamente su quel corpo estraneo che adesso usciva dal mio corpo. Avevo peccato di hybris poco prima: appena il braccio divenne completamente operativo, un calore immondo si prodigò da quell'arto mefistofelico e abbraccio e cinse tutto il mio corpo. Poco potei fare riguardo Ryuketsu: il dolore era così insostenibile che pensare di controllare il mio sistema circolatorio del chakra era impossibile. I miei occhi si spalancarono, bruciati dalla luce che prima mi dava così tanta noia, luminosi di quel giallo furente e di quel rosso malsano che gli era stato donato dalla vicenda al tempio.

    AAAAAAAARGH


    Un urlo straziante avrebbe rotto il silenzio della curiosità che si era appena creato; l'attesa spasmodica di una buona riuscita aveva quasi allontanato ogni possibile spettro del disastro: eppure quello spettro era lì ed accarezzava il mio corpo orribilmente deturpato e la fragile coscienza di Meika. Entrambe le mani si alzarono verso il cielo e si strinsero in modo violento. Quel poco che era rimasto delle unghie della mano destra penetrò nella mia carne, aprendo nuove ferite e facendole sanguinare: la destra era anche la mano dove avevo il pulsante per la morfina che Meika mi aveva appena dato. Stringendola lo ridussi in brandelli ed anche schegge di plastica e ferro mi penetrarono le carni. Il fatto che durante la distruzione del marchingegno avessi inavvertitamente premuto il pulsante per il rilascio di morfina, però, non mi fu affatto d'aiuto. Il dolore era insostenibile e con le braccia rivolte verso il cielo iniziati a scuotermi, a dimenarmi come era già successo la prima volta che mi ritrovai con Meika. Sentivo il mio corpo cedere ad ogni istante, un dolore insostenibile per ogni cuore attanagliarmi le membra. Ero convinto che sarei morto lì, con un braccio nuovo che rispondeva benissimo ad ogni mio stimolo - in quanto stavo dimenandomi, avevo portato le braccia verso l'alto, le avevo serrate - ma che mi provocava un dolore così intenso che solo quel sentimento che fino ad adesso mi aveva tenuto in vita riusciva ad arginare. Li vedevo: il dolore e l'odio erano due bestie chimeriche di orribile fattezza, l'una più tetra dell'altra, l'una avvolta in un manto elettrico, l'altra in un vorticare di fiamme. Si scontravano come due Demoni soltanto sanno fare, gonfie nelle loro criniere, avide e sanguigne nei loro artigli. Non v'era esclusione di colpi: chi si sarebbe portato a casa la testa trofeica dell'altro avrebbe affondato definitivamente la bilancia della mia esistenza verso la vita e la morte. Ma mentre ero spasmodicamente chiuso in me stesso, sbraitante, urlante dal dolore nel mondo reale - con delle conseguenza e delle gatte da pelare per Meika non da poco - nel mio mondo interiore successe l'impensabile. Fui richiamato lontano da quel combattimento di Demoni e mi ritrovai alla presenza di Yakusoku.

    Brandiva il femore di Kensei nella destra e mi fissava con la solita maschera d'osso striata di sangue. Inespressivo. Lo Spirito dei Kenkichi mi aveva chiamato un'altra volta ma taceva e mi osservava. Sembrava quasi che si stesse impegnando a distrarmi dal combattimento d'Odio e Dolore. Quando fu certo di avere la mia completa attenzione, quando i dubbi sul suo richiamo furono più rumorosi delle colonne di fuoco e del trepidare saettante di fulmini, egli tornò ad esprimersi. I Guardiani del Tempio ti avevano informato ma tu continui a non comprendere. Come al solito, la voce di Yakusoku prima di prendere manifestazione concreta, era più un coro di voci perdute, di uomini e donne che si erano uniti nella sua figura. Era estremamente difficile per il simulacro apparire come immediatamente corpo. In te alberga l'oscuro potere di Midorinaka. Il tuo corpo si ciba di odio e dolore, la vita ti ricaccia come il corpo rigetta i liquidi infermi della malattia. Non puoi vivere ma il tuo potere non ti permette di morire. Quelle parole così oscure e lentamente più decifrabili erano per me incomprensibili. Non riuscivo a capire cosa volesse la Promessa dal sottoscritto: Fintanto che non abbraccerai consapevolmente questa tua duplice natura, quella di Odio Incarnato e di Eterno Dolore, non potrai camminare sulla terra tra i vivi né riposare le membra negli inferi dei morti. La tua vita sarà sofferenza stagna, la tua esistenza rimarrà imperituro rimpianto. Un corpo inerme, un vegetale, cosciente e massimamente impotente. Un lungo silenzio seguì quest'ultima frase, come se volesse che riuscissi a prefigurarmi quella vita non-vita d'eterna immobilità. Il mondo interiore in cui mi trovavo iniziò lentamente a sgretolarsi e l'azzurro del fulmine ed il rosso del fuoco tornarono a venare l'oscurità assoluta della presenza di Yakusoku. La sua voce tornò eterogenea, multiforme, tornò l'eco di mille grida di guerra. Placa i demoni del tuo animo e torna Demone tu stesso. furono le sue ultime parole prima che l'arma si spegnesse e mi ritrovassi sotto le zampe infernali dei due demoni ammantati. Si erano fermati: non combattevano più tra di loro, le ferite che si erano inferti, profonde e mortali, stavano lentamente smettendo di sanguinare. Mi osservavano con le fauci della morte spalancate, mi scrutavano con i fari dell'inferno che avevano al posto degli occhi. Poi si chinarono, miti come dei docili cani ed avvicinarono i loro musi spaventosi. Digrignavano i denti, ancora per niente appacificate ma come domate da qualcosa che le avvolgeva e che non era altro che la mia presenza. Allargai le braccia e toccai il loro naso, la loro fronte, carezzai le loro guance. Ancora una volta fui pervaso da un dolore insostenibile e da una passione inarrestabile: mi sentivo come puro chakra vorticante nel caos eterno, totipotente e incontenibile.
    E fu in quell'istante che tornai da Meika, nell'ospedale. Qualsiasi forma di prevenzione avesse adottato, adesso non serviva più. Gli spasmi erano cessati ma non certo era il dolore né l'animosità immonda che mi muoveva: si era trasferito tutto all'interno, nelle mie membra, nelle mie ossa. Le chimere che lottavano contro e per la mia vita adesso si erano unite nella mia vita stessa ma ad un prezzo infinitamente alto: dovevo condividere eternamente con un corpo che sembrava camminare nel mezzo di un mondo che brucia, dovevo condividere la mia coscienza e la mia mente con l'eterna volontà di non placare le emozioni più disumane. Il mio corpo venne circondato da un sottile strato di chakra nero che saltuariamente sfumava verso il rosso. Non potevo controllarlo, era come se fuoriuscisse indiscriminatamente dal mio corpo. Mi voltai verso Meika e mossi il braccio artificiale con sguardo vitreo, vuoto, profondo. Aprii e chiusi la mano, ruotai il braccio in ogni sua direzione,
    anche su se stesso e, mi accorsi, pure dietro la schiena. Mi sembra d'avere ancora la mia mano. Non riconosco questo braccio, mi sembra sia mosso da qualcuno che non sia il sottoscritto, anche se so benissimo di essere io a muoverlo. Parlavo come se gli attimi di terrore che avevo vissuto e che anche la Dottoressa doveva aver vissuto con me esternamente. Avrò bisogno di un po' di tempo per riuscire a muovermi come prima. E credo che la riabilitazione del braccio sia la parte più semplice.
    Non restava che attendere la seconda parte dell'intervento.




    StatisticheStatus
    Forza: 700
    Velocità: 600
    Riflessi: 600
    Resistenza: 575

    Agilità: 600
    Precisione: 600
    Concentrazione: 600
    Intuito: 500

    Vitalità


    Chakra
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    [Slot Tecnica]

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    Legenda


    Narrato
    Citato!
    Parlato!
    Pensato!
    Anima di Saruhyondo.
    Anima di Keiji.

     
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  5. -Meika
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    Rise - Secondo Atto


    III

    Mi spaventai.
    Gli avevo detto che avrebbe provato dolore, ma non mi aspettavo un'esplosione tale nel momento in cui inserii l'arto nel suo alloggiamento del sistema di ancoraggio.
    All'istante scattai all'indietro mentre Keiji urlava, contorcendosi dal dolore. Aveva distrutto il pulsante della morfina, ma serviva? Di certo usarne altra avrebbe potuto ucciderlo ed evidentemente gli antidolorifici per quanto potenti erano perfettamente inutili allo scopo di placarne il dolore.
    C'era qualcosa che stava accadendo in quel momento. Ricordai allora che rispetto alle gambe quel braccio aveva qualcosa di diverso. Il metallo utilizzato per la costruzione della struttura era stato ricavato dall'armatura speciale che Keiji ci aveva fornito. Quel braccio aveva poteri, a detta del Mizukage stesso.
    Che fossero quei poteri a determinare un dolore così atroce.

    L'urlo aveva attirato alcuni infermieri, mi avvicinai alla porta allora dicendo loro di andare via.
    Non possiamo fare nulla per lui. Aspetterò io, tornate a svolgere i vostri compiti. Dissi con voce ferma, tornando ad avvicinarmi al letto di Kensei.
    Kensei? Domandai allora mentre l'uomo parve calmarsi. Quando accadde il chakra stava avvolgendo il suo corpo, ma era oscuro, terribile. Sentii una sensazione di freddo assalirmi, quasi quel posto fosse stato riempito di ostilità allo stato puro. Il mio primo istinto fu quello di allontanarmi e lasciarlo solo.
    Lo combattei, perché era un mio paziente e non potevo lasciarlo lì a morire di dolore. Non potevo lasciarmi spaventare da qualsiasi cosa stesse accadendo.
    Rinvenne, in quella strana forma. Non potevo spiegarmi cosa fosse accaduto. Cosa avesse fatto in quel dolore così atroce.
    Il dolore... come va il dolore? Non credevo potesse essere così atroce. Dissi allora, avvicinandomi per analizzare il braccio. Lo mosse in ogni direzione senza problemi, raccontandomi di quanto lo sentisse estraneo.
    Non compresi immediaamente ciò che volesse dire a riguardo.
    Le sensazioni potrebbero essere nuove. Non è il braccio al quale sei abituato, con il quale hai vissuto per quarantanni. In ogni caso, il braccio è la parte più facile per davvero. Dissi Forse avrai difficoltà iniziali con i movimenti più fini. Magari urterai qualcosa senza accorgertene perché non avrai una buona percezione del braccio nello spazio. Ciò che mi preoccupa è ciò che accadrà per le gambe.
    Lo ero davvero.
    L'intervento sarà incredibilmente demolitivo. Ciò che ti porterò via saranno molteplici muscoli e parti di ossa. I movimenti che hai appreso da infante per tenerti in piedi e camminare saranno praticamente inutili, Kensei. Dovrai imparare nuovamente a farlo e non so predire quanto possa essere difficile e doloroso. Ma questa è la realtà. Non solo, ci sono altissime probabilità che io possa danneggiare altre strutture mentre opero. Strutture nervose e canali deferenti. Potrei renderti impotente o sterile. O entrambi. Ci sono molti muscoli che dovrò tagliare, sarà un vero e proprio inferno di lavoro. Ti opererò domattina, probabilmente ci vorrà tutto il giorno. Cerca di riposare, se non senti troppo dolore, puoi abituarti al braccio. Cerca di fare movimenti fini, abitua il tuo cervello a questa sensazione. Non hai bisogno di recuperare forza non avendo muscoli, ma dovrai abituare i tuoi nervi, perché la stessa quantità di forza che immaginavi di imprimere prima ora potrebbe essere aumentata o diminuita. Ci vorrà del tempo, ma finché sei allettato qui è il massimo che puoi fare.



    Al suo risveglio Kensei avrebbe scoperto che lei sue gambe erano totalmente andate. Qualsiasi residuo avesse avuto un tempo era stato rimosso con attenzione e sopratutto, al livello dell'anca, proprio dove normalmente il femore si inseriva nell'anca stessa, c'era una cavità metallica non dissimile a quella nel suo arto superiore.
    Era abbastanza grottesca come cosa. Il taglio era stato fatto seguendo anteriormente la linea inguinale, mentre posteriormente quella del gluteo. L'enorme piana sanguinolenta che si sarebbe aperta era stata trattata con abbondante chakra per chiudere al più presto quella enorme ferita ed alla fine ciò che rimaneva era uno stato di cute rossa, infiammata, nuova e deforme orrenda da vedere se non per l'inserzione del sistema di ancoraggio che si apriva come un nero buco nella carne devastata.
    Beh, sospettavo che Kensei, sfigurato e convinto a rimanere tale, non avesse in mente l'aspetto estetico prima di ogni altra cosa.
    Quella volta mi avrebbe trovato nella sua stanza mentre si risvegliava. Il mio volto era segnato da una stanchezza residua non indifferente. Non appena mi accorsi del fatto che fossi sveglio lo guardai in viso, quel viso distrutto dal morso delle fiamme.
    Sei sveglio... come ti senti? Mi hai fatto sudare sette camice durante e dopo l'operazione. Ero certa saresti morto. Dissi con voce un po' bassa. Non potevo dire di essere affezionata a Kensei, ma in un certo modo ci tenevo a lui. Come compaesano, come paziente, come persone che con la sua forza di volontà mi aveva aiutato ad accettare la mia oscurità, cresciuta al punto da diventare insostenibile.
    Non volevo morisse, ma quella volta c'era andato così vicino da farmi realmente spaventare.
    Sei stato venti ore in sala operatoria, il tuo cuore ha smesso di battere per tre volte, per tre volte sei tornato. Riesci a parlare? Riesci a muovere il braccio che ti rimane normalmente? Non lo dicevo, ma volevo valutare eventuali perdite di funzionalità dovute al periodo in cui il suo cuore non aveva battuto durante l'operazione.
    Le gambe le proverai domani, quando inizierai a muovere i primi passi. L'articolazione deve sostenere un carico più elevato rispetto a quella del braccio, per cui voglio prima curarti un altro po'. Ho dovuto tagliare un pezzo di anca e sostituirlo con il sistema di ancoraggio. Credo che in una macelleria farebbero meno danni, ma se tornerai a camminare, brutto che può essere stato l'intervento, almeno sarà servito. Dissi allora Stai giù aggiunsi poi, scoprendolo per osservare il risultato.
    Era raccapricciante nella sua riuscita.
    Avvicinai la mano al sistema di ancoraggio di destra ed inizia a trattare l'osso col chakra. Ci sarebbero voluti diversi minuti per parte e non richiedeva una grandissima concentrazione da parte mia. Se avesse voluto chiedermi qualcosa, quello era il momento.

    Fai sentire un po' di sano odio a Meika. Dopo di questa, entrerà in scena Itai.


     
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    ~ The Red Capes are coming!

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    L'Operazione
    Capitolo Primo



    Atto III
    Un tetro mantello †


    Me lo sarei portato eternamente con me: il dolore del corpo interiorizzato e amplificato nello specchio dell'anima non avrebbe lasciato un momento di pace al mio corpo. Perché, dopotutto, la pace è una menzona, c'è solo la passione. Il dolore... come va il dolore? Non credevo potesse essere così atroce. mi chiese Meika. La protesi è l'unica cosa importante. Dobbiamo assicurarci che funzioni. e la mossi in ogni direzione, nuovamente. Era davvero incredibile come non riuscissi a focalizzare nella mia mente quel corpo estraneo, come riuscissi a muoverlo ed a controllarlo senza a tutti gli effetti sentirlo. L'unica cosa che percepivo era il mio reale arto, lungo il fianco, intorpidito e dolorante ma non potevo farci niente perché quell'arto ... non c'era più. Le sensazioni potrebbero essere nuove. Non è il braccio al quale sei abituato, con il quale hai vissuto per quarantanni. In ogni caso, il braccio è la parte più facile per davvero. Forse avrai difficoltà iniziali con i movimenti più fini. Magari urterai qualcosa senza accorgertene perché non avrai una buona percezione del braccio nello spazio. Ciò che mi preoccupa è ciò che accadrà per le gambe. Fa' ciò che deve essere fatto. L'essere uscito dalla mia interiorità, l'aver vinto i miei mostri mi aveva riportato a quell'esatto stato in cui mi trovavo subito dopo essermi svegliato. I giorni di cura avevano dato al mio corpo un po' delle forze che nelle fasi critiche del mio trauma avevo ricercato solo in me stesso. Il trovarmi nuovamente davanti a quei dolori letteralmente mortali aveva ancora fatto sì che attingessi a qualcosa cui non sapevo di poter attingere. L'intervento sarà incredibilmente demolitivo. Ciò che ti porterò via saranno molteplici muscoli e parti di ossa. I movimenti che hai appreso da infante per tenerti in piedi e camminare saranno praticamente inutili, Kensei. Dovrai imparare nuovamente a farlo e non so predire quanto possa essere difficile e doloroso. Ma questa è la realtà. Non solo, ci sono altissime probabilità che io possa danneggiare altre strutture mentre opero. Strutture nervose e canali deferenti. Potrei renderti impotente o sterile. O entrambi. Ci sono molti muscoli che dovrò tagliare, sarà un vero e proprio inferno di lavoro. Ti opererò domattina, probabilmente ci vorrà tutto il giorno. Cerca di riposare, se non senti troppo dolore, puoi abituarti al braccio. Cerca di fare movimenti fini, abitua il tuo cervello a questa sensazione. Non hai bisogno di recuperare forza non avendo muscoli, ma dovrai abituare i tuoi nervi, perché la stessa quantità di forza che immaginavi di imprimere prima ora potrebbe essere aumentata o diminuita. Ci vorrà del tempo, ma finché sei allettato qui è il massimo che puoi fare. Mentre il capo della squadra medica di Kiri parlava le parole parevano scivolarmi addosso. Fa' ciò che deve essere fatto. mi sarei limitato a ripetere nuovamente. I discorsi sul dolore e sulla fatica erano banali e scontati ma sapevo che l'etica medica imponeva a Meika di farmeli presenti nonostante la notizia non certo segreta delle conseguenze dell'operazione. Quanto riguardava però la mia virilità un po' mi turbava. Non ero e non sono mai stato un grande amante - la mia attitudine alle emozioni era la completa devozione. Non esisteva l'amore occasionale, esisteva la brace dell'amore perfetto. La donna della mia vita era sfuggita dalle mie braccia ed anche se ancora raggiungibile, ancora disposta a parlarmi, ancora disposta ad ospitarmi ed a ricordare i momenti vissuti insieme, era ormai persa per sempre. Per quanto mi sarei sforzato ad amare, nessun'altra avrebbe ricambiato con un amore puro come il suo. Non mi restavano che pallide imitazioni, sbiadite impressioni di fugaci bellezze che lasciavano nel mio animo un vuoto ancora più grande della mia devozione assoluta alla causa della giustizia. Nonostante questo, l'idea di non poter avere più figli mi disturbava: quella che era un'autoconvinzione - quella riguardo l'amore della vita perso - si sarebbe tramutata in fredda certezza in quel caso. Quando Meika lasciò la stanza mi lasciai andare in un'urlo liberatorio. A questo si accompagnarono poche lacrime. Ciò di cui non riuscivo a rendermi conto è che ad ogni manifestazione di dolore o di intensa passione il mio corpo rilasciava nell'aria un'incredibile quantità di chakra facendo scendere la temperatura della stanza e attenuando la luce che filtrava dalle finestre. L'oscurità che avevo dentro sembra abbracciare tutto ciò che avevo intorno.

    [...]

    Quando aprii gli occhi, Meika era già nella stanza. Sei sveglio... come ti senti? Mi hai fatto sudare sette camice durante e dopo l'operazione. Ero certa saresti morto. Un piccolo sorriso comparve sul mio volto sfigurato. A questo punto sono piuttosto convinto che io non possa morire. Lasciai andare una risata dal sapore dolcemaro che anche Meika avrebbe compreso. A meno che non lo voglia. C'era più di qualcosa di vero in quella frase ma non potevo saperlo. Sei stato venti ore in sala operatoria, il tuo cuore ha smesso di battere per tre volte, per tre volte sei tornato. Riesci a parlare? Riesci a muovere il braccio che ti rimane normalmente? Meika sembrava sensibilmente sconvolta: glielo leggevo in viso, lo dimostravano le occhiaie ed il pallore della sua pelle. Riuscivo a parlare, glielo avevo già dimostrato e di tutta risposta, mossi tranquillamente la mano destra verso la testa, esibendomi in una sorta di saluto militaresaluto-militare. Le gambe le proverai domani, quando inizierai a muovere i primi passi. L'articolazione deve sostenere un carico più elevato rispetto a quella del braccio, per cui voglio prima curarti un altro po'. Ho dovuto tagliare un pezzo di anca e sostituirlo con il sistema di ancoraggio. Credo che in una macelleria farebbero meno danni, ma se tornerai a camminare, brutto che può essere stato l'intervento, almeno sarà servito Meika sapeva quanto un'informazione di quel genere avrebbe potuto urtarmi. Il giorno precedente fu molto più semplice col braccio: esso infatti non richiedeva alcun tipo di prevenzione totale del corpo in quanto singola parte anche autonoma rispetto al resto della mia persona; ma le gambe? Le gambe no, le gambe mi sostenevano e senza una buona funzione di esse sarei caduto. Ma avevo paura di cadere? Certamente no, dopotutto ero lì proprio per rialzarmi. Come un sesto senso, prima che riuscissi a fare qualcosa, prima che rifiutassi eventuali nuove cure - principalmente perché tutto il dolore che quella situazione mi stava causando era stato portato all'interno di me, non riuscendo a distinguere le singole parti del corpo ferite ma percependo solo un incessante, perpetuo dolore - Meika mi bloccò: Stai giù. disse, scoprendomi le gambe. Non fui turbato alla loro vista ma ancora una volta fui sconvolto dal fatto che non le percepissi come mie. Sentivo poco altro che il mio busto nonostante ormai fossi completamente integro benché praticamente non più umano. No. Risposi mentre, come se fossi completamente conscio delle mie azioni, col braccio nuovo spinsi viaLascio a te gestire la Forza di Kensei.
    Considerando entrambe le TS ha +6 Tacche, ci sarebbe anche il bonus che ho dato flat e che dovrò modificare al prossimo aggiornamento della scheda ma sono già al CAP (se non consideri la seconda TS sono a +4)
    Meika. Non volevo farle male ma indubbiamente calcolai in modo errato la distanza che separava il mio arto metallico dal suo corpo, urtandola col gomito anziché con l'avambraccio anziché con la mano. Fu in quel momento che, ancora una volta, il mio corpo fu circondato da quella particolare aura di chakra: quella flebile emissione tetra come la morte non sarebbe rimasta soltanto appiccicata al mio corpo ma avrebbe lentamente permeato la stanza, raffreddandola dapprima, oscurandola poi. Se Meika avesse cercato di trattenermi ancora avrei impastato tutto il chakraKensei dopo l'operazione non controlla il chakra, quindi non metto impasti ma tieni conto che ogni utilizzo porta via una grandissima quantità, anche se in realtà sarebbe stata minima. Considera comunque fino al massimo per grado (Mediobasso) in forza, con eventuale overcap se necessario. possibile per liberarmi da eventuali prese senza ferire la ragazza direttamente - quel che sarebbe successo per una sua eventuale ostinazione non sarebbe stato affar mio. Fu così che tentai di scendere dal lettino muovendo a tutti gli effetti le gambe. Così come il braccio, infatti, riuscivo a muoverle senza alcun tipo di problema. Le complicazioni venivano quando si trattava di considerare la percezione del mio corpo nello spazio. Una volta poggiate per terra, infatti, mi alzai, urtando col nuovo braccio il macchinario lì vicino e buttandolo a terra. Feci finta di niente. La riabilitazione comincia adesso. Non abbiamo tempo da perdere. Dissi, fissando Meika negli occhi. Chiunque fosse nella stanza in quel momento o fesso entrato avrebbe sentito come un insostenibile peso sulle sue spalle. Allo stesso modo era palese come la fonte di quel malessere provenisse dal sottoscritto. La Dottoressa avrebbe visto un uomo che si sosteneva sopra le sue nuove protesi ma avrebbe probabilmente percepito il terrore ed il moto vorticoso dei miei sentimenti travolgerla come i Canthiani travolsero Kiri. Mi avrebbe, probabilmente, odiato per via di quella passione oscura ed angosciosa che suscitavo nel suo cuore. Mentre tenevo gli occhi su di lei provai a muovermi in avanti, facendo un passo verso la porta. Se muovere le gambe e riuscire ad alzarmi su di esse fu facile, lo stesso non potei dirlo del deambulare: infatti subito mi squilibrai, perdendo l'equilibrio e cadendo in avanti, quasi di faccia.
    NON È POSSIBILE! Gridai con voce graffiata ed esausta mentre cercavo di rialzarmi. Nuovamente, cercando di piegare un piede verso il petto e tirarmi su, caddi in avanti, sbattendo la faccia. Un urlo infernale uscì dalla mia bocca.

    RIALZATI!

    Gridai mentre il flusso di chakra che mi avvolgeva aumentava a dismisura, cingendomi nel suo oscuro mantello, ora inquietantemente visibile, e disperdendo tutte le mie energie nella stanza. Se qualcuno non mi avesse fermato avrei finiti di lì a poco il chakra. Come una tartaruga sul suo guscio, cercavo di tirarmi su senza risultati, solo che a differenza della tartaruga giacevo sulla mia faccia e mi sentivo un verme.




    StatisticheStatus
    Forza: 700
    Velocità: 600
    Riflessi: 600
    Resistenza: 575

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    Precisione: 600
    Concentrazione: 600
    Intuito: 500

    Vitalità


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    Legenda


    Narrato
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    Parlato!
    Pensato!
    Anima di Saruhyondo.
    Anima di Keiji.

     
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    九代目水影 - Kyuudaime Mizukage

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    Rise - Secondo Atto


    I

    La mia Mano Sinistra, eh? Dissi pensieroso. Meika era appena uscita dalla porta di casa. Mi aveva appena annunciato che avrebbe operato Keiji il giorno successivo e mi aveva elencato tutte le sue volontà.
    La volontà di morire e rinascere sotto nuove spoglie. Non che ci fosse un reale problema ad esaudire quella sua richiesta, ma probabilmente sarebbe rimasta solamente simbolica. Troppe persone sapevano, prima o poi quel segreto sarebbe sfuggito... e non sarebbe comunque accaduto nulla.
    Ciò su cui mi concentrai era quel concetto di essere la mia Mano Sinistra. La mano in ombra, quella che agiva di nascosto. Che puniva i nemici della nebbia con indomita fedeltà e totale assenza di compassione.
    Le ferite di Keiji, ora Kensei, erano ben più profonde della sola pelle arsa e dei soli arti bruciati.
    Natsu attirò la mia attenzione con uno strillo infantile e mi tirò la stoffa dei pantaloni. Da che aveva iniziato a camminare sembrava volersi far vedere da tutti mentre lo faceva. Beh, non che potessi fare a meno di dargli un'occhiata visto che cercava costantemente di uccidersi in qualche modo.
    Sì sì ti sto guardando Dissi al bambino, senza sapere se mi capisse davvero. Ma quelle parole tanto gli bastarono perché mi diede la schiena ed iniziò a camminare ballonzolante, tenendo larghe le braccia paffute, poi accelerò ed andò avanti. Sembrava tremendamente instabile, ma non sembrava cadere.
    Sorrisi appena nel vederlo. E mentre sentivo l'orgoglio paterno scaldarmi il cuore Natsu cadde in avanti, incespicando su i suoi stessi piedi.
    Ovviamente le fontane si aprirono ed io accorsi, prendendolo in braccio rapidamente.
    Ehi ehi, non è nulla, non è nulla Dissi stringendo il fragile corpicino di mio figlio a me. Lui si era abbarbicato al mio corpo, singhiozzando, più spaventato che dolorante.
    Ah, imparare a camminare era una cosa difficile. Era stancante. Cadevi così tante volte che ne perdevi il conto. Ti facevi male e ti disperavi.
    Però alla fine, ci riprovavi, perché era ciò che dovevi fare. Era la tua natura.



    Quando aprii la porta qualcosa di orribile stava accadendo. Percepivo Percezione del Chakra [0]
    Speciale: L'utilizzatore può vedere il colore del chakra di una persona osservata. L'utilizzatore può scoprire alcuni aspetti del chakra: impronte possedute; alterazioni da tonici, droghe, tecniche speciali, possessioni e simili; quantità approssimata della riserva.
    qualcosa di freddo ed oscuro provenire da Kensei. Una sensazione che non avevo mai provato prima, quasi opprimente.



    Era una sensazione opprimente e travolgente, ma non così tanto da fare effetto su di me. Forse su di Meika sì. Forse Meika stava subendo tutto ciò con un impatto decisamente maggiore. Non lo sapevo con certezza, ma agii prontamente.
    Presi Meika per un braccio e la allontanai da Kensei, voltandomi a parlarle.
    Questa cosa non è medicina temo dissi alla dottoressa, chinandomi poi sull'uomo distrutto.
    Rialzati. Gli dissi, ripetendo quelle parole con calma. Misi una mano sulla sua spalle e la stessa venne avvolta da fiamme dorate. [Abilità]Kinen 金炎 - Fiamme Dorate
    Arte: L'utilizzatore è in grado di creare le Fiamme Dorate sulla sua mano. Chiunque entri in contatto con le fiamme, se arrabbiato, si calmerà. Non calma rabbia dovuta all'attivazione di tecniche avanzate o tecniche speciali. Non modifica i pensieri o i sentimenti della vittima, né le sue azioni se non mosse dalla rabbia.(Consumo: Basso)
    [Da chunin in su]

    Quasi come uno scherzo del destino, io, capo dell'Ordine dei Ryuukishi avevo avuto comando sull'uomo che era Odio e Rabbia incarnati. Cose che avevo giurato di combattere dalla mia persona, sensazioni che non potevo fare mie per il bene di ciò che credevo, di ciò che avevo costruito e dei Draghi che avevo giurato di proteggere.
    Rialzati. Strinsi la presa di quella mano fiammeggiante sulla sua spalla, cercando di placarne la rabbia, cercando di ridargli la lucidità di tentare ancora. Ed ancora. Ed ancora. A dispetto del dolore.
    Rialzati, Kensei. Ho un figlio che sta imparando ora a camminare. Cade di continuo, sbatte, piange addosso a me per un po'. Poi ci riprova. Urla e piangi, maledici i Chantiani, maledici me se ti fa stare meglio. Le fiamme, senza potere di fargli del male, continuarono a tentare di calmarlo. Ma rialzati.
    Ma le fiamme sarebbero servite? La sua rabbia era qualcosa di inconcepibile. Non era nemmeno simile alla Furia dei Draghi dell'Ovest. Mi ricordava più qualcosa di radicato, profondo ed incorruttibile.
    Mi ricordava Kutsu.
    E non avevo idea se quelle fiamme avrebbero retto o se quella furia e quell'odio non le avessero soffocate come se private dell'ossigeno per continuare ad ardere. Le Fiamme Dorate bruciavano la furia.. ma quanta furia potevano sopportare prima di essere sopraffatte?

    Hai delle fiammelle da spegnere :ahsi:
    Attendi il post di Meika però, arriverà probabilmente in giornata.



     
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    Rise - Secondo Atto


    IV

    La fredda, orribile morsa dell'odio.
    Una sensazione che non mi era sconosciuta ma alla quale non ero affatto abituata. Avevo perduto molto in vita mia per la stupida ed insensata sete di sangue di altri. Mia madre mi era stata strappata via che avevo solo otto anni, uccisa da una folla di Kappa che non ne avevano un reale motivo, spinti ancora dall'odio.
    Già.
    Per quanto difficile fosse da credere, la mia vita sembrava ruotare attorno a quell'atavica sensazione umana. L'avversione verso qualcosa poteva essere tanto forte da uccidere oppure garantire così tanta forza da tenere in vita persino un organismo devastato. Così tanta forza da farlo continuare a muovere finché quell'odio ne alimentava le membra.



    Quando Kensei cadde, schiacciato dalla sua stessa temporanea inutilità, l'odio che riversò in quell'urlo divenne tangibile e contagioso. Ero empatica? No, l'empatia non centrava molto. Era qualcosa di diverso, lui forse ancora inconsciamente mi stava spingendo ad odiare.
    L'aria si fece pesante, arretrai anziché di avvicinarmi al paziente in difficoltà. La mano destra, che aveva tenuto il bisturi che lo aveva devastato ma che gli aveva anche ridato speranza tremava in maniera incontrollata.
    Strinsi il pugno, fissai Kensei come si fissano le bestie pericolose e quasi ero pronta a stordirlo. I miei occhi avevano già cambiato colore quando sentii delle dita cingermi il braccio ed allontanarmi da lì.

    Vidi solo i capelli biondi del Mizukage per un breve istante, poi quando si voltò verso me, ne riconobbi anche i lineamenti. Sembrava più tranquillo di me, abbastanza da essere lucido sul da farsi. Mi disse che la scienza aveva poco a che fare in quel momento ed io annuii.
    Questo è un vero e proprio potere Mizukage... dunque arretrai fino ad uscire dalla stanza, respirando affannosamente.
    Un'infermiera si avvicinò, preoccupata.
    Meika-san, è pallida come un lenzuolo... cosa è accaduto? domandò con fare materno.
    Non ne ho idea risposi Non fate entrare nessuno a meno che il Mizukage non chiami. Se mi cercasse sono nel mio ufficio.
    Ed il paziente?
    In questo momento non ha bisogno di medicine. Dissi solo, con tono enigmatico, voltando le spalle a quella stanza.

    Una volta nel mio ufficio sedetti sulla sedia dietro la mia scrivania. Le mani mi tremavano ancora.
    La sensazione che mi aveva pervaso era stata potente, ma pericolosa. Mi sembrava di essere davanti a Chi-Hi, il Kappa Bruciato (da mia madre), mentre mi confessava il suo crimine. I residui dell'azione di Kensei però mi fecero nascere pensieri che avevo represso. Pensieri vendicativi. Non era sufficiente a farmi rimpiangere delle mie scelte, ma più che sufficiente a farmi ponderare una eventuale futura soluzione più drastica al problema.
    Pensieri che svanirono col passare dei secondi... cosa era diventato Kensei?
     
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    Atto IV
    Fiamme Dorate


    C'era qualcosa che non controllavo in quella situazione e me ne rendevo conto soltanto a momenti alterni. Quando caddi Meika parve terrorizzata ed a differenza di quanto accadde prima dell'operazione, quando tentai di scendere dal lettino per dimostrare che avevo tante forze in corpo quante ne avessi volute, nessuno mi fermò: un po' perché la mia condizione e la mia testardaggine mi avevano dotato di una forza straordinaria, un po' perché il mio corpo emanava qualcosa di così oscuro che terrorizzò la dottoressa. Anzinché avvicinarsi, Meika si ritrasse, come un bambino che ascolta una storia dell'orrore: cercavo di risollevarmi ma avevo un controllo ed una cognizione dei miei arti inferiori davvero minima ed ogni volta scivolavo o perdevo l'equilibrio tornando a cadere in avanti. Ogni caduta mi provocava un insensata sensazione di rabbia e dolore, una pura manifestazione d'odio verso la mia inettitudine. Odiavo me stesso prima che ogni altra cosa: ero riuscito solo in parte a fermare i canthiani, ero riuscito solo in parte a fermare Seinji Akuma - non sferrai io il colpo mortale -, ero riuscito solo in parte a non morire. Fu in quel momento, in quell'ennesimo tentativo che il mio volto venne circondato da delle fiamme dorate provenienti dalla mano che mi cingeva la spalla. Quasi non riuscivo a sentirla. Alzai la testa per vedere chi mi stesse soccorrendo: era Itai. Rialzati. mi disse con calma. Meika, nel frattempo era stata allontanata dalla stanza. Cosa ero diventato? Tutto d'un tratto mi feci consapevole di quello che mi stava accadendo intorno: sentii la stanza più fredda, l'opprimente sensazione di morte scendermi addosso e mentre tutto questo si manifestava mi domandavo Dovrei sentirmi peggio? Dovrei stare male? In quella situazione, infatti, mi sentivo estremamente a mio agio. Con Meika fuori dalla stanza, tutto ciò che prima ruotava su di lei adesso si sarebbe trasmesso sul Mizukage. Mi dispiaceva, sinceramente ma non riuscivo a controllarlo. Era ciò che mi dava forza in quella circostanza, era tutto ciò che mi aveva tenuto in vita fino a quel momento. Rialzati. Mi ripeté. Posai lo sguardo su di lui. Quelle parole mi aiutavano ma quelle fiamme che avevo sul corpo mi infastidivano. Mi davano la stessa sensazione - che ormai non potevo più provare - di un arto "addormentato": esse erano l'ostruzione vascolare che non mi permetteva di camminare al meglio e che mi lasciava quella fastidiosissima sensazione di prurito mista a dolore. Portai una gamba verso il petto, nuovamente, con più calma, tentando di misurare e passi e lentamente vi impressi forza per alzarmi. Mi sollevai per buona parte ma quando si trattò di accompagnare l'altra gamba persi nuovamente l'equilibrio e caddi di lato. La mano di Itai era sempre sulla mia spalla, la sua presa si faceva di volta in volta più stretta. Se avevo smesso di gridare era solo perché stavo cercando di recuperare la lucidità: quello che mi diede però definitivamente la forza per alzarmi furono le successive parole del Nara. Rialzati, Kensei. Ho un figlio che sta imparando ora a camminare. Cade di continuo, sbatte, piange addosso a me per un po'. Poi ci riprova. Urla e piangi, maledici i Chantiani, maledici me se ti fa stare meglio. Ma rialzati. Itai, se avesse mantenuto lo sguardo sul sottoscritto, avrebbe potuto vedere nei miei occhi il baratro della più oscura cattiveria. Cosa? Dissi con voce rauca ed estremamente profonda. Mi mossi come se fosse qualcosa di naturale questa volta, come se il mio cervello avesse improvvisamente imparato come muovere quelle membra d'acciaio; la mano destra sollevò il busto e la gamba sinistra si piegò verso la natica. Entrambe fecero forza verso il pavimento ed alzarono il corpo così da permettere alla gamba destra di inserirsi e tirarsi definitivamente su. Quando fui in piedi un'esplosione di chakra nero e gelido, breve, volta a incrinare il potere delle fiamme dorate, fuoriuscì dal mio corpo mentre il mio sguardo non osava staccarsi dagli occhi del Mizukage. Mi sta forse paragonando ... ad un bambino!? Gridai ed assieme al mio urlo uscì tutto l'orgoglio che una frase di quel tipo poteva smuovere. Era palese che il Mizukage non volesse offendermi, anzi, stesse cercando soltanto un buon paragone per far ragionare il mio cervello su ciò che sarebbe dovuto essere il suo lavoro post operatorio ma quello che Itai non aveva davvero compreso era che non c'era niente da imparare per me in quella circostanza: il mio corpo si muoveva perché qualcosa lo teneva in vita e quello stesso qualcosa era capace di qualsiasi cosa il destino lo avesse messo davanti. Provai a fare un passo indietro, allontanandomi da Itai e comprendendo quanto avessi appena detto, quanto il mio corpo avesse appena manifestato e contro chi lo avesse fatto. In quella circostanza però, non potevo chiedere scusa. Non ne ero fisicamente in grado, sentivo come se quel solo pensiero andasse contro ogni singola molecola del mio corpo; sforzarmi avrebbe sfaldato il legame che le teneva unite e probabilmente mi avrebbe privato della forza che mi teneva in vita. I due passi indietro furono saldi per quanto sprecisi e poco simmetrici tra loro. Non le ho mai chiesto se ci sono stati altri gravi feriti dall'attacco al Tempio. Dissi, con voce adesso più calma ma come distante. Stavo cercando di cambiare discorso non potendo mettere una pezza a ciò che avevo fatto prima.
    L'aria nella stanza era ancora estremamente pesante.




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    Rise - Secondo Atto


    II

    La mia era ovviamente una provocazione. Volevo provocarlo e farlo riflettere sul fatto che tutti potevano imparare a camminare se persino un bambino poteva farlo. Non negavo che fosse più duro. Un bambino agiva per istinto, imparava qualcosa di naturale per lui. La configurazione del suo corpo era nata ed adatta a quello, mentre Kensei stava cercando di dimenticare ciò che aveva fatto per tutta una vita, imparando qualcosa di totalmente nuovo.
    Era dura. Il che non significava essere autorizzati a pensare alla resa. Per quanto potesse essere difficoltoso e doloroso, Kensei aveva tutto ciò che gli serviva per farcela.
    Quando lui mi domandò se lo stavo paragonando ad un bambino sorrisi, quasi beffardo, pronto a dargli la spinta finale verso quella scura determinazione che aveva e della quale aveva davvero un disperato bisogno.
    Ti paragonerò ad un bambino solo quando ti rialzerai, dissi, osservandolo mentre si ergeva con difficoltà. Il suo odio era qualcosa di mostruoso ed infettivo. L'aria stessa era pesante da respirare, ma ero troppo esperto per lasciarmi spaventare da quello. Del resto io avevo conosciuto qualcosa di simile, se non peggiore. Io mi ero immerso nel mio stesso odio e lo avevo vinto e tutti i pensieri negativi che Kensei mi metteva nella testa li avevo già analizzati da tempo.
    La comprensione dei miei stessi errori passati era la mia difesa. Ad ora ero davvero l'unico che era in grado di rimanere vicino il Kenkichi senza soffrirne.
    La fiamma dorata si spense e lui si avvicinò a me, camminando con estrema difficoltà. Dunque mi domandò qualcosa che con tutto quello che era appena accaduto non centrava assolutamente nulla, probabilmente solo un modo per cambiare argomento o alleggerire la tensione.
    No, nessuno in maniera così grave dall'esplosione. Risposi, posando le mani sulle sue spalle Camminiamo fino all...
    E qualcosa accadde.

    Non erano passati che pochi istanti da che avevo posato la mano sinistra sulla spalla di Kensei. Il guanto che indossavo su quella mano era un pesante guanto ricoperto di scaglie ottenute da Kutsu, figlio di Jigoku. La Fiamma Contaminata dalla Furia Sanguinaria, dalla maledizione di Odio e Rabbia che qualcuno aveva lanciato sui Draghi dell'Ovest. Così come Yogan era la Fiamma Immacolata, nata per cancellare tale Furia, Kutsu era nato per preservarla e cancellare gli sforzi di Yogan. La sua sconfitta metteva a riparo i Draghi, ma l'anima di quella bestia era davvero fuori da questo mondo?
    Chi poteva dirlo. I poteri che quel guanto aveva li avevo sempre attribuiti al fatto che venisse da una delle scaglie di quel drago, ma era davvero quella la realtà? Evidentemente doveva esserci qualcosa, un frammento di anima della povera bestia che ancora rimaneva nella sua eterna furia e sofferenza nel guanto. Incapace di fare presa su di me e troppo debole per tentare chiunque altro sulla faccia quella terra non si era mai fatta notare, ma il contatto con Kensei fu come gettare un seme nella terra fertile dopo averne gettati quintali nel deserto.
    Il guanto prese fuoco, nere fiamme indolori e senza calore mi avvolsero la mano sinistra ma non si spansero oltre i confini del guanto ma contaminando Kensei con una rapidità disarmante.
    E tutto sarebbe divenuto nero.

    Un nero abisso di fiamme. Lì l'Odio di Kensei era a suo agio. Tutto bruciava, tutto era ridotto a cenere eppure nonostante ciò le fiamme continuavano ad ardere, bruciando invisibili muri ed invisibili soffitti.
    E tra le fiamme un'ombra sinuosa simile ad un serpente si avvicinò a Kensei. Le spesse scaglie erano nere ad una prima visione, ma il riverbero del fuoco rivelava un'altra realtà, poiché Kutsu era un Drago dell'Ovest e i Draghi dell'Ovest avevano le scaglie rosse a causa del sangue che avevano versato. Il colore delle scaglie di Kutsu era lo stesso del sangue più scuro, lo stesso colore di litri e litri di liquido cremisi ammassato finché da rosso non diventava assai simile al nero.

    Chi sei tu? La tua furia è grande, la tua furia mi da vigore...


    Il serpente si avvicinò a Kensei finché l'enorme muso non fu che a pochi centimetri dal corpo dell'uomo. Annusò l'aria attorno a lui.

    Nemmeno i Draghi provano così tanto odio... No la nostra è cieca furia senza senso, mentre la tua no...


    Il drago allora snudò le zanne. Stava forse sorridendo?

    Che cosa desidera il tuo cuore?






     
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    Capitolo Secondo



    Atto V
    Ceneri Nere


    Gli stavo davanti, lo osservato. No, nessuno in maniera così grave dall'esplosione. Mi disse rispondendo alla mia domanda. Una breve fiammella si accese nel fondo del mio animo: la soddisfazione del rendersi conto che il proprio grido disperato abbia potuto salvare delle vite venne immediatamente spenta da un disgusto più grande, quello che gli inetti si sarebbero potuti salvare. Sono felice che a Kiri non ci siano altri idioti che si sono fatti prendere in contro tempo. Molti ninja hanno lavorato bene in squadra, in particolar modo Kodai Terumi e Ryuu Mizukiyo. Era doveroso complimentarsi con chi ha saputo eseguire bene gli ordini ricevuti, come nel caso della Forza Portante del tre code, e chi ha saputo gestire una squadra di ninja, nonostante anche lui sia stato indirizzato da me ed Akira durante l'elaborazione del nostro piano. Ripensando però a cosa avrei fatto in quella situazione e con quella nuova consapevolezza, probabilmente non mi sarei spinto così oltre per chi non se lo meritava come il ragazzino che si è messo a frignare durante il mio combattimento contro Seinji Akuma. Itai avrebbe potuto vedere comparire una decisa smorfia sulla mia faccia. Sembrava calmo: Meika era fuggita via in preda al terrore ma lui sembrava completamente distaccato, immune quasi a tutto ciò che stava accadendo in quella stanza e che stava turbando anche me. Sembrava ... aver già vissuto un'esperienza simile. Camminiamo fino all... Riuscì a dire Itai, prima che il suo guanto nero e pesante che aveva appena poggiato sulla mia spalla prendesse fuoco: era un fuoco freddo, completamente diverso da quello che precedentemente aveva provato ad usare sul sottoscritto, ed era nero. Un fuoco che sembrava piacermi, nonostante mi opprimesse alla stregua dell'atmosfera pre-operatoria, soltanto lo faceva con un piglio caotico, mi stimolava con una costanza e insensatezza simili a quelle del gatto quando vede un oggetto soprelevato, vicino al cadere ma saldo nella sua posizione: doveva scuoterlo e buttarlo giù, doveva giocare col sottoscritto e sentirsi bene. Ed io con lui.
    In un istante, similmente a quanto accadde ad Azumaido col primo incontro con la Promessa, fui catapultato in un mondo scuro, ricoperto di cenere e, nuovamente, in fiamme. Era tetro ma non opprimente come l'oscurità che aveva pervaso il mio mondo interiore l'ultima volta che Yakusoku mi aveva richiamato. Era come un ribollire eterno, un perpetuo fiume di lava calma che corrodeva tutto quello su cui si distendeva senza però riuscire mai a spandersi su tutto. Mentre le fiamme nere ardevano, una figura serpentiforme gettava la sua immateriale ombra in questo mondo di morte, girando intorno alla mia figura come un'ape intorno ad un odoroso fiore nettareo. Per un secondo vidi la sua vera forma mentre, attraversando un focolaio nero ed un altro in sequenza, il suo corpo venne illuminato da quella fredda luce: nere scaglie cangianti, rilucenti un rosso intenso, cupo, rilucenti il rosso del sangue coagulato, mi sibilarono davanti ed assieme ad esse tuonò una voce.

    Chi sei tu? La tua furia è grande, la tua furia mi dà vigore...

    Tacqui. Era palese che fosse lui a volere qualcosa da me, non il contrario. Attesi. Ed infatti si mostrò, avvicinandosi in modo inquietante al mio volto. Non avevo paura, non potevo averne.

    Nemmeno i Draghi provano così tanto odio... No la nostra è cieca furia senza senso, mentre la tua no...

    Era come geloso del mio odio, della forza che quel sentimento puro che mi animava. Sembrava un uomo deforme che ammira un anello d'oro. Ma qui digrignò le fauci, facendomi indietreggiare la testa, percependo un pericolo imminente. Pericolo che però non arrivò: sembrava che il drago mi stesse sorridendo.

    Che cosa desidera il tuo cuore?

    Che cosa desiderava il mio cuore? La domanda era più difficile di quanto sembrasse. Perché mi ritrovavo quel caos emotivo in corpo? Non erano i Canthiani ad avermi tramutato in quell'essere che incarnava sofferenza, no, il mio cammino era stato più lungo. Ogni volta che sembravo afferrare qualcosa, essa veniva a me soltanto in parte, spezzata. Anche quando militavo nell'esercito Maeda: il braccio destro del signor Maeda, Meis Wundi ebbe il coraggio, dopo la guerra con Iwa, di rifiutare il titolo di Generale. "Siederai nel consiglio ma non ti riconosciamo il rango di Generale", mi disse. Quel bastardo presuntuoso con una manciata di parole incrinò i miei rapporti con il mio patrigno. Bhè, col senno di poi è stata una fortuna.
    Ma dunque, che cosa volevo io? Soffrire? No. Volevo la certezza che tutti i miei sforzi fossero riconosciuti, volevo che coloro che amavo - se davvero ero ancora in grado di provare un'emozione di quel tipo - stessero bene, vivessero al meglio la loro vita; volevo che i miei cari fossero quello che io non ero mai stato in vita mia: felici; e se soffrendo avessi potuto garantirgli una vita perfetta, l'avrei fatto. Sono Kensei,
    sono la Promessa di un uomo alla sua stirpe, l'incarnazione dell'Odio più Profondo, a manifestazione della Sofferenza più cieca.
    Dissi, con voce grave. E tutto quello che voglio è il potere. È il potere illimitato.




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    Un mondo in fiamme

    Le parole di Kensei furono musica nelle orecchie di Kutsu. Il suo odio fiammeggiante lo stava rafforzando ed il fuoco oscuro che ardeva in quella dimensione dalla localizzazione non ben chiara si rafforzò, ardendo con maggiore vigore, gettando lame di luce oscura ovunque. Le squame di Kutsu brillarono di un colore rosso intenso per un lungo istante prima di affievolirsi, poi una basse risata gutturale nacque dalla gola del drago, facendo tremare terra e timpani dell'uomo che era davanti a lui.
    Mi piaci Kensei, mi ricordi ciò che sarebbe dovuto diventare l'uomo che si sarebbe dovuto legare a me disse il Drago, muovendosi sinuoso come un seprente, ritirandosi nelle fiamme e nell'oscurità di quel luogo. Sollevò il lungo corpo, toerraggiando così su Kensei, ma gli occhi rossi luminosi del drago erano ben visibili anche nella più fitta oscurità di quel cielo nero senza fine che comapeggiava in alto.
    Io sono Kutsu, il Tormendo dei Draghi dell'Ovest, figlio di Jigoku e principe tra i Draghi. Sono stato ucciso dall'uomo che mi ha imprigionato dentro un guanto ed impossibilitato in eterno a compire il mio destino, poiché il mio corpo è stato ridotto in cenere.
    C'era una sofferenza immensa in quelle parole, una rabbia senza fine sebbene fosse a stento dimostrata dal tono composto che il drago stava riuscendo a tenere. Kutsu era il figlio della furia più nera, contaminato da essa quando era ancora nell'uovo, nato dal sacrificio che suo padre aveva fatto su quello scoglio nell'oceano: aveva arso suo madre assieme all'uovo, imprimendo così per sempre la maledizione su un'anima altrimenti innocente. Kutsu era nato nel sangue di sua madre con lo scopo di perpetrare quell'infinita scia di sangue, qual'era il desiderio di suo padre.
    Quanto affini erano le loro anime? Fin troppo, questo Kensei non poteva negarlo.
    Accettami disse il Drago, col tono suadente di chi prometteva il mondo Lascia che io diventa parte della tua anima ed abbandoni quell'inutile manufatto nel quale mi sono nascosto. Accettami, ed io brucerò questo tuo odio e lo renderò il tuo potere e finché questo odio brucerà in te con esso arderà la fiamma della tua vita e mai e poi mai questa si spegnerà. Accettami ed avrai il potere...
    Kusu calò nuovamente su Kensei, fiamme nere uscirono dalle sue narici, lambendo il corpo del Kenkichi.
    Accettami ed avrai il potere di proteggere Kiri, di distruggere i suoi nemici, potrai proteggere Sho, potrai riavere Saruhyondo al tuo fianco.
    Kutsu aveva scavato nei suoi desideri più profondi, forse indovinandoli o forse no, ma a quel punto era chiaro che stava facendo leva su i sentimenti più oscuri di Kensei per ottenere ciò che voleva. Il drago voleva una vita di fuga e l'aveva trovata nell'uomo, già profondamente immerso in una oscurità senza fine.
    Forse ciò che stava chiedendo Kutsu a Kensei era davvero semplice. Era sull'orlo del baratro, avrebbe dovuto solo gettarsi a capofitto dentro esso.

     
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    La Tragedia di Kutsu, il Tormento dei Draghi dell'Ovest
    Capitolo Terzo



    Atto VI
    Offerte †


    Rise il serpentiforme drago, rise illuminando le sue tetre scaglie. Io me ne stavo immobile al suo cospetto, reggendo la tensione che una bestia di quel tipo gettava su tutte le mie membra. Non potevo avere paura; non perché la situazione me lo vietasse o quant'altro ma perché il mio corpo non era più in grado di provare quella sensazione. La stanza attorno a me tremò assieme al cupo suono della voce di Kutsu: ciò che mi domandavo era quanto fosse potente quel drago in quel momento e quanto lo fosse stato al massimo del suo potere. Mi piaci Kensei, mi ricordi ciò che sarebbe dovuto diventare l'uomo che si sarebbe dovuto legare a me. disse, dopo la risata. Mi stava dunque dando del rimpiazzo o si stava complimentando per quanto potessi essere diligente? Mentre mi parlava indietreggiò nelle fiamme oscure di quel luogo che doveva essere una sorta di punto di contatto tra il mio regno interiori e la prigione di scaglie nere del guanto del Mizukage. Poi si alzò, gigantesco, mentre i suoi occhi, braci di rabbia e delusione, si accendevano nel buio di quel cielo, posandosi sul sottoscritto.
    Io sono Kutsu, il Tormendo dei Draghi dell'Ovest, figlio di Jigoku e principe tra i Draghi. Sono stato ucciso dall'uomo che mi ha imprigionato dentro un guanto ed impossibilitato in eterno a compire il mio destino, poiché il mio corpo è stato ridotto in cenere. Se Kutsu era morto per mano di Itai qualcosa sicuramente non era andata. Certo, io ed il Nara non eravamo proprio le persone più affini del mondo. Sentivo un risentimento immenso in quelle parole composte ma quasi tremanti, sentivo l'odio tipico della vendetta trasudare da quel demone oscuro come il più tetro degli incubi e inondarmi il corpo, ristorandolo come una doccia salvifica d'acqua santa. Accettami mi disse, dopo una breve pausa che sapeva d'invito, Lascia che io diventa parte della tua anima ed abbandoni quell'inutile manufatto nel quale mi sono nascosto. Accettami, ed io brucerò questo tuo odio e lo renderò il tuo potere e finché questo odio brucerà in te con esso arderà la fiamma della tua vita e mai e poi mai questa si spegnerà. Accettami ed avrai il potere... Ascoltavo, incantanto da quel drago disposto a concedersi al primo sconosciuto pur di liberarsi da quella prigionia eterna in cui era stato rilegato, arma e mezzo del suo uccisore, votato alla vita di strumento delle stesse intenzioni che lo avevano tramutato in cenere. Sorrisi, soddisfatto, proiettato nel futuro e già con la sensazione addosso di ciò che sarebbe successo di lì a poco, mentre il drago mi cingeva con le sue cineree fiamme. Accettami ed avrai il potere di proteggere Kiri, di distruggere i suoi nemici, potrai proteggere Sho, potrai riavere Saruhyondo al tuo fianco. Tacqui un lungo istante, abbassando perfino lo sguardo mentre le fiamme ancora mi rivestivano, quasi come un abito funereo. Alzai poi nuovamente la testa, osservando il mio interlocutore. Kutsu dissi, chiamandolo per nome come se fosse il più vecchio degli amici, io non accetterò mai un perdente. Il mio sorriso si fece più largo sul volto deturpato dalle vere fiamme che mi avevano avvolto. Feci un passo avanti. Hai fallito, hai fallito perché sei nato dall'odio, camminavi sulla terra perché l'odio ti ha dato vita ed hai servito male la possibilità che esso ti ha concesso. Io sono l'Odio. Io sono il ricettacolo di ogni sentimento bellicoso del globo, sono l'incarnazione della passione di sé, sono ciò da cui tu hai preso forza. Tacqui nuovamente. Mi renderesti soltanto più debole, mi metteresti nella condizione di perdonare ... Aprii entrambe le braccia, concentrandomi, quasi come se volessi richiamare a me entrambe le mie spade. Una cosa però posso concedertela: la liberazione da questa prigionia eterna ... con la morte della tua anima! Kutsu non era stato degno ed io non potevo accettare i fallimenti: soltanto una volta ridotta a cenere calda anche la sua anima avrei potuto banchettare di quell'odio imperfetto in un estremo atto catartico della sua inutilità.




    Sorpresa! :guru:
    Kensei ha praticamente sfidato Kutsu!
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    九代目水影 - Kyuudaime Mizukage

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    Rise - Secondo Atto


    La sfida del mutilato contro il nero drago dell'ovest

    Gli occhi del drago fiammeggiarono d'Ira, furiosa ira senza fine, eppure non si mosse. Le fiamme parvero quietarsi sempre di più fino a spegnersi, finché tutto attorno a Kensei non ci fu solamente un deserto di braci accese.
    Coloro che mi hanno ucciso erano ninja molto più potenti di te e persino in quel momento hanno dovuto combattere in due per potermi uccidere, tu, storpio, intendi farlo da solo?
    La parola "storpio" fu pronunciata con tono carico di disgusto. Kensei forse si stava domandando com'era possibile che camminasse in quel luogo. Se si fosse visto le gambe e le braccia avrebbe scoperto che erano le sue. Quelle che ricordava. Se avesse toccato il suo viso avrebbe scoperto che non era butterato dalle ustioni. Se avesse passato le dita sulla sua testa avrebbe scoperto che c'erano i capelli ancora. Lì era ancora se stesso. Perché allora Kensei lo aveva chiamato storpio?
    Patetico.
    Quella parola si abbatté su Kensei con la forza di un macigno, nel senso più letterale del termine. La pressione dell'aria fu tale che Kensei subì una spinta dall'alto verso il basso, venendo messo in ginocchio senza avere la forza di opporsi. Perché non c'era vera fisicità in quel mondo d'odio, solo le intenzioni contavano e nel pronunciare la parola patetico c'era così tanta verità e disgusto che il peso di quelle intenzioni schiacciò Kensei sulle ginocchia e lo tenne inchiodato lì, senza possibilità di rialzarsi.
    Rifiuti la mia offerta con grandi parole, quando non sei in grado nemmeno di stare in piedi. Patetico.
    Ancora una volta altra pressione si abbatté su Kensei, che quella volta fu ridotto a carponi, ancora troppo debole per opporsi alla spinta di quelle parole.
    Ti credi chissà chi eppure i miei occhi vedono che dentro di te sei ancora quello che credevi. Il tuo odio è flebile, Keiji Kagome.
    Il vecchio nome non fu usato per errore. Forse Kensei lo pensava, ma la sua vecchia identità non era ancora annullata del tutto. Ciò che aveva passato non era sufficiente a far ciò che accadesse. Dentro di se ancora c'era un residuo di quello che era Keiji Kagome.
    Se volessi potrei bruciare la tua anima, potrei usare il tuo corpo come vessillo. Il tuo corpo è rotto, è un inutile cartoccio privo di senso, tenuto in piedi dall'abilità di uomini e donne migliori di te. Sei così incredibilmente patetico.
    Le fiamme stavano riattivandosi piano piano, iniziando ad ardere con maggior forza. Solo che a differenza di quella volta bruciavano per davvero, anche se nessuna era abbastanza vicina a Kensei da fargli del male. E Kensei poté sentire Koutsu scavare nei suoi ricordi, recuperando tutto ciò che gli aveva provocato rabbia, dolore, vergogna e paura.
    Tu osi chiamare me un fallimento, piccolo umano senza orgoglio. Tu, che ti sei fatto sottrarre la tua spada da un folle che ti ha comandato a bacchetta per questo. Non sei che la disgrazia del tuo clan. Tu, che hai amato una donna che ti ha lasciato, con in grembo un figlio che ha fatto crescere all'uomo che è venuto dopo di te. Tu patetico piccolo uomo che osa dare a me lezioni e che mi vorrebbe liberare.
    Una risata gutturale si dipanò dalla bocca di Kutsu. tra le sue fauci iniziavano a spuntare fiamme mortifere.
    Keiji Kagome non potrà mai rialzarsi dal peso della sua pateticità. Resta lì e muori, consumato dal mio odio.


    Un po' strano, non ti ho dato molti indizi su cosa potresti fare in questa situazione, giusto qualcuno importante. La soluzione è solo una però :guru:
     
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    ~ The Red Capes are coming!

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    La Tragedia di Kutsu, il Tormento dei Draghi dell'Ovest
    Capitolo Terzo



    Atto VII
    Il potere del Drago


    In cuor suo Koutsu non si sarebbe mai aspettato una risposta del genere. Si era sempre considerato il più potente, probabilmente, il più cattivo, il più nefasto; il problema di un atteggiamento di questo tipo, però è soltanto uno: definirsi potente rimanda all'idea di Potenza dalla quale discente la tua qualità. È dunque una implicita assunzione di qualcosa di più grande tramite cui confrontarti. Definendoti il più grande, insomma, stai ponendo qualcosa come più grande di te. Il Terrore dei Draghi dell'Ovest era questo: manifestazione della superbia e sua forma subottimale. Ma nonostante tutto ciò, in vita era una creatura terribilmente potente, ben oltre ogni mia possibile capacità di rispondervi, ben oltre ogni mia facoltà. In quel mondo che sembrava sottostare più alle sue regole che alle mie - quando infatti cercai di richiamare a me le mie spade per fronteggiarlo, non accadde assolutamente niente - egli era indebolito dalla morte ma comunque estremamente potente. Vi erano solo le nostre anime là dentro: il mio corpo stava da qualche altra parte nel mondo reale con Itai davanti a sé, martoriato e ricostruito ma verso la via della guarigione; la mia anima, invece si era appena messa nella condizione di morire e vanificare ogni sforzo.
    Continuando a tenere gli occhi su di me, Koutsu li infiammò ancor di più nell'udire la mia risposta. Coloro che mi hanno ucciso erano ninja molto più potenti di te e persino in quel momento hanno dovuto combattere in due per potermi uccidere, tu, storpio, intendi farlo da solo? Disse, con un disprezzo tale che quasi potei sentirmi le parole colpire le membra. Patetico. Ma quando il Drago dell'Ovest riaprì le sue fauci per parlare mi accorsi che quello che avevo sentito non era solo una sensazione. Era realtà. L'ultima parola pronunciata da Koutsu mi schiacciò a terra, costringendomi ad inginocchiarmi. Nessuno era mai riuscito a soverchiare la mia forza fino a quel momento: nessuno era mai riuscito a costringermi in ginocchio fisicamente, figuriamoci col solo potere delle parole. Qualcosa non andava, quel drago non poteva avere tutto quel potere dopo essere morto! Ma fu in quella circostanza che, dovendomi chinare sulle mie gambe, e abbassandosi contemporaneamente la testa, notai qualcosa di strano: vestivo gli abiti cerimoniali Maeda ed avevo entrambe le mani. Cosa? pensai. Com'è possibile? Mentre quell'enorme peso mi giaceva sulle spalle, mi toccai il volto per sentirne le condizioni: era liscio e sano. Le mani si alzarono verso la fronte, sfiorando con i polpastrelli i capelli e sentendone la sensazione tra le dita. Era come se tutto ciò che era successo a Kiri non fosse mai accaduto. Ero Keiji.
    Rifiuti la mia offerta con grandi parole, quando non sei in grado nemmeno di stare in piedi. Patetico. Un nuovo colpo mi investì, costringendomi a portare le braccia su quel tetro pavimento di nulla per non venire schiacciato a terra. Ti credi chissà chi eppure i miei occhi vedono che dentro di te sei ancora quello che credevi. Il tuo odio è flebile, Keiji Kagome. Il Drago mi chiamò col nome con cui non mi ero presentato, si appellò al me col mio vero nome! Come poteva ... Come osi!? Riuscii soltanto a dire, tra i denti, mentre mi opponevo a quella forza estenuante. Se volessi potrei bruciare la tua anima, potrei usare il tuo corpo come vessillo. Il tuo corpo è rotto, è un inutile cartoccio privo di senso, tenuto in piedi dall'abilità di uomini e donne migliori di te. Sei così incredibilmente patetico. Digrignavo i denti, producendo orribili suoni gutturali, mentre la mia rabbia cresceva inesorabile, ferita là dove più fa male, nell'orgoglio. Tu osi chiamare me un fallimento, piccolo umano senza orgoglio. Tu, che ti sei fatto sottrarre la tua spada da un folle che ti ha comandato a bacchetta per questo. Non sei che la disgrazia del tuo clan. Tu, che hai amato una donna che ti ha lasciato, con in grembo un figlio che ha fatto crescere all'uomo che è venuto dopo di te. Tu patetico piccolo uomo che osa dare a me lezioni e che mi vorrebbe liberare. Tutti i miei più grandi fallimenti, tutti i motivi per cui mi ero odiato ed ero diventato quello che ero fino ad annientarmi. Koutsu faceva leva su quello, su ciò che, in fin dei conti, mi aveva ridotto in quelle condizioni: più della bomba di carne di Cantha, più delle protesi metalliche del Mizukage, più dell'operazione di Meika Akuma. Keiji Kagome non potrà mai rialzarsi dal peso della sua pateticità. Resta lì e muori, consumato dal mio odio. Tutt'intorno a me le fiamme erano tornate ad ardere e questa volta riuscivo a sentirne addosso il calore ... calore vero, non più freddo sentimento oscuro. Ero soggiogato, ancora una volta e non potevo stare in quel modo se volevo rimanere vivo. Dovevo rialzarmi. Mi sforzai spingendo con le braccia con tutta la forza che avevo, provai a concentrare il chakra, a superare ogni mio limite ma non riuscivo a muovermi di un centimetro. La Forza non serviva, la forza non bastava. Moralmente a terra, oltre che fisicamente, la mia bocca iniziò a muoversi da sola, come per istinto di sopravvivenza. Io non ho mai deluso la mia stirpe. Cominciai. Stavo attingendo ai segreti di quel luogo, stavo cercando di scavare io, questa volta, dentro l'anima del Drago Nero. Con me non è morta nessuna idea. Koutsu, col suo fallimento infatti, aveva resa vana la corruzione dei Draghi dell'Est. Ciò per cui viveva non si era mai realizzato. Io ho riportato il mio Clan nel luogo che gli apparteneva. Mentre parlavo la forza che faceva presa su di me sembrava quasi, lentamente affievolirsi, pur rimanendo, in quelle fasi iniziali, ancora troppo soverchiante. Io ho sacrificato la mia vita privata per il bene di Taki, della mia città natia. La voce si faceva sempre più alta, la gola iniziava a gridare con rabbia tutto ciò. Io ho servito Kiri fino a sacrificare la mia stessa vita per il mio obiettivo, ho salvato la vita dei miei compagni col martirio del mio corpo! Piano piano le forze diventavano maggiori e le braccia riuscirono a tirare su il busto, tornando in posizione eretta, tuttavia ancora in ginocchio. Io non sono mai stato sconfitto in combattimento. I miei occhi tornarono a cercare quelli fiammeggianti di Koutsu. Ma hai ragione. Anche io ho qualche piccolo fallimento nella vita, qualche errore collaterale, qualche situazione che mi ha costretto all'adattamento, alla metamorfosi. Ma sai perché? Tutt'attorno a me sarebbe stata nuovamente visibile quella sottile patina di chakra nero che anche Meika in precedenza aveva visto. Koutsu era molto più simile al Mizukage, però, il quale non fu minimamente influenzato da quel potere almeno non a livello conscio. Perché non ho mai perso di vista lo scopo, il motivo della mia vita. La Giustizia. Mi dirai su sui miei piedi. Lentamente, ancora con tutto quell'enorme peso addosso, cercai di muovere di passi, dirigendomi verso le fiamme che sentivo ardere. Il mio scopo mi ha fatto comprendere che il passato non è necessario, che gli unici legami importanti sono quelli delle passioni o quelli teleologici. Lo Scopo mi ha fatto comprendere che ero una pedina di qualcosa di più grande. Oramai ero molto vicino a quelle fiamme. Ma anche quello non è bastato: essere un Simbolo significa agire per qualcosa,
    porre qualcosa al di sopra di sé stessi ma sopra di me, non c'è ...
    entrai nelle fiamme. NIENTE. Lentamente il mio corpo iniziò ad ardere, i miei vestiti a carbonizzarsi, i miei capelli bruciarono velocissimamente lasciando poc'altro che una testa glabra. La carne sul mio viso iniziava a deturparsi, a sciogliersi, a butterarsi. Le mie gambe, esattamente come cera, si liquefacevano mostrando sotto di esse duro metallo, forte acciaio. Insieme a loro anche il mio braccio sinistro. Fu in quel momento che riemersi dalle fiamme. Così ho deciso di morire. Ho deciso di diventare Kensei, l'Inquisitore di Kiri, una Promessa. Io sono diventato l'Odio,
    non ne sono più una sfaccettatura. Sono diventato la Rabbia, non un uomo rabbioso. Io ho sconfitto la morte elevandomi sopra di essa.
    Riposai i miei occhi sui suoi. Per ultima l'iride cambiò lentamente colore mostrando quel giallo e quel rosso malati e profondi che si erano manifestati, durante la mia sofferenza, per primi. E tu, invece? Che cosa hai saputo fare se non essere rinchiuso in un guanto per l'eternità?




    StatisticheStatus
    Forza: 700
    Velocità: 600
    Riflessi: 600
    Resistenza: 575

    Agilità: 600
    Precisione: 600
    Concentrazione: 600
    Intuito: 500

    Vitalità


    Chakra
    Slot Difesa | Slot Azione | Slot Tecnica | Slot Gratuiti


    [Slot Difesa I]
    [Slot Difesa II]
    [Slot Difesa III]


    [Slot Azione I]
    [Slot Azione II]
    [Slot Azione III]


    [Slot Tecnica]

    [Slot Tecnica]



    [Slot Gratuito]



    Legenda


    Narrato
    Citato!
    Parlato!
    Pensato!
    Anima di Saruhyondo.
    Anima di Keiji.

     
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16 replies since 28/7/2017, 13:38   290 views
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