Destino Incerto

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    Panic Room


    Al sicuro, preda della Solitudine





    Quando le luci si spensero nella stanza di Raizen restò da solo, come aveva richiesto di essere. Era stato stabilizzato ed erano state fornite le prime cure, tuttavia era ancora percepibile l’odore del sangue misto a disinfettante, aveva appositamente richiesto un grado di cure non troppo elevato. Forse sapeva di dover sentire qualcosa oppure semplicemente non voleva nemmeno i medici attorno.
    Si adagiò sui cuscini e fissò il vuoto, la tenue luce del villaggio definiva qualche contorno dell’arredamento, il comodino, la cassa delle lampade al neon, il televisore spento, la porta del bagno... i compagni di una notte che sapeva sarebbe passata così, a studiare una stanza che mai pensava avrebbe visto in una simile occasione.

    [5 minuti prima]

    Raizen aveva appena ultimato le cure e i medici avevano lasciato posto ad uno dei pochi ninja non occupati al villaggio, dopo averlo assicurato ad un quantitativo di macchine sufficienti a non farlo svenire.

    Serve che invii delle lettere.
    Non possiamo stare fermi a guardare il vuoto, purtroppo.
    Una per ogni amministrazione, di che siamo stati attaccati da Canta e che abbiamo accusato il colpo ma che il villaggio non è più in pericolo.
    Poche perdite.


    Si guardò la mano, per un istante cercò di guardarsi anche la sinistra, la cercò addirittura, ma l’aveva persa, insieme a gran parte del braccio.
    Quando rialzò la testa l’uomo aspettava altre direttive.

    Separatamente scrivi ad Itai, Diogene, Febh.
    Ad Itai, scrivi che gli basterà uno occhiata dentro di se per comprendere al meglio.
    Lo attendo tra tre giorni, non prima, necessito di riposo e di sbrigare alcune cose.


    Diede qualche secondo al ragazzo di modo che avesse il tempo di completare gli appunti, avrebbe completato le parti mancanti di suo pugno come Raizen aveva richiesto: troppo intontito per pensare alle giuste parole. Itai era tra i primi a dover incontrare, essendo l'unico possibile indizio per rintracciare Sho.

    A Diogene scrivi di informarsi in amministrazione riguardo gli avvenimenti di Konoha, dopodichè fagli sapere che mi serve fare pratica.
    Tra otto giorni a Konoha.


    Inspirò profondamente.

    A Febh…

    Espirò, e si poteva notare qualche borbottio sconnesso

    Digli che mi serve l’aiuto immediato di un ninja della sua levatura.
    È urgente. Voglio che sia qui dopodomani.


    Era sicuro di aver dimenticato qualcuno poi il ciuffo rosso di Hoshi gli tornò alla mente.

    E scrivi pure ad Hoshi, anche lui qui tra otto giorni.
    Poi contatta le mura, chiedi di proseguire lo status attuale, non voglio più civili a giro di quanti ce ne siano, e preferisco che la notizia di diffonda poco velocemente.


    Avrebbe chiesto allo scribacchino di lasciarlo solo, facendogli spegnere la luce quando usciva dalla stanza.

    […]

    Era iniziato come un suono flebile, ma durante la notte si era acutizzato divenendo un fischio fastidioso che lo isolava da tutto, dai suoni tipici dell’ospedale, dal silenzio delle strade, dalla calma dopo la tempesta.
    In quello spazio inesistente dove solo lui esisteva si erano fatti avanti, poco a poco, i ricordi indesiderati che adesso, nella sua solitudine erano liberi di lacerargli l’anima.
    Da quando venne svegliato, a quando indossò il mantello dell’Hokage per la prima volta in missione, senza riuscire a mantenerne il peso, venendone schiacciato come l’insetto quale si sentiva. Aveva sbagliato già da quel momento, peccando di superbia mentre sperava di poter almeno eguagliare i suoi predecessori.
    Aveva calcolato l’inganno, ma una volta che venne teletrasportato al palazzo vi finì imprigionato, condannandosi in un battito di ciglia, la disfatta più veloce che ci fosse mai stata, tentare di recuperare, pur sacrificando una vita fu impossibile.
    Guardava il vuoto ormai da qualche ora, attorno a lui qualche medico aveva ronzato per controllare lo stato delle ferite e dei parametri vitali, ma mentre succedeva, lo stimolo più forte che il Colosso aveva sentito, era il lieve refolo d’aria che respirando gli seccava le labbra.
    Le ore passavano come fossero giorni mentre guardava la mano rimastagli stringendola come se dovesse stringere la sua stessa anima per non farla scappare. Non aveva mai sentito quella sensazione di sconfitta totale, amplificata dal fatto che lui, la figura che tutti si aspettavano dovesse supportare l’intero villaggio era crollata, ingannata, delegando ai suoi uomini tale ingrato compito, scaricandogli addosso il fardello più pesante senza avere nemmeno la cortesia di riparare ai suoi errori.
    I pensieri gli si aggrovigliavano nella mente in un gomitolo indistricabile che rotolava diventando un vortice nero sempre più denso. Qualcuno passò per comunicargli le date dei funerali, ma venne ascoltato soltanto per venir dimenticato pochi istanti dopo aver ottenuto come risposta un mugugno.
    Non seppe quando, non seppe come, e nemmeno se ne accorse ma le lacrime cominciarono a rigargli il volto impassibile, come la pioggia su una statua di marmo, se ne ravvide solamente quando l’ennesimo infermiere, empatico, si rattristò visibilmente osservandolo, eppure non riuscì a dargli importanza.
    C’era qualcosa che aveva importanza, ora?


    Edited by F e n i x - 4/10/2017, 13:31
     
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    Tutti i cittadini di Konoha erano piuttosto tesi dopo gli avvenimenti della luna rossa. Il gruppo di shinobi nemici era riuscito a mettere in difficoltà i combattenti della foglia, senza considerare il suicido dell'Hokage in diretta. Tutti avevano ovviamente visto quella scena. Youkai compreso. Incredulo, mentre fino ad un minuto prima ancora si domandava cosa potesse fare per aiutare i suoi compagni, si rese conto di non aver fatto nulla per fermare il tutto. Non aveva nemmeno partecipato alla battaglia, temendo di risultare solo un peso, ma la cosa lo ferì nel profondo. L'Hokage, la prima persona al di fuori dei dipendenti dell'ospedale che aveva scoperto della sua esistenza, e lo avesse aiutato a ritrovare il suo posto nel mondo, se n'era appena andato, e Youkai non aveva mosso un dito per impedire che accadesse.


    Il giorno successivo la notizia che l'Hokage fosse ancora vivo allentò un minimo la tensione, se così si poteva dire. L'albino era piacevolmente sollevato dalla cosa, ma il senso di colpa ancora si faceva sentire, insistente. Il pensiero di essere inutile, non solo per le sue scarse conoscenze, ma per la sua assenza.
    In ospedale, rimase nella sala d'attesa per una mezz'ora buona, in compagnia di un mazzolino di fiori. C'era da dire che tutti si erano dimostrati molto gentili e disponibili con lui, in fondo aveva passato un intero anno lì dentro, la cosa più simile ad una famiglia che potesse avere al momento erano gli infermieri che lo avevano seguito durante il suo recupero. Discusse con i medici chiedendo di poter visitare Raizen, ricevendo opinioni opposte. C'era chi sosteneva che sarebbe stato meglio lasciarlo solo, che il colpo subito era stato troppo forte e che avrebbe potuto reagire in modi inaspettati. Altri sostenevano che un po' di compagnia di gente a lui familiare gli avrebbe fatto bene, trattandosi di un orfano poi limitare le visite ai parenti sarebbe stato controproducente ai fini di tenergli compagnia.
    Dopo la sua lunga riflessione si decise. Doveva almeno ricambiare il favore. Bussò timidamente, prima di aprire la porta lentamente. Mille pensieri gli attraversarono la mente, indeciso sul cosa dire. "Sono un codardo, mi dispiace" sembrava l'opzione più plausibile. "Sono io il sacrificabile della foglia, ci dovevo essere io al tuo posto, nessuno mi avrebbe pianto". "La prossima volta avverti prima che hai intenti suicidi, che almeno ti troviamo uno psicologo bravo". No, la comicità era meglio lasciarla perdere per il momento.
    Entrò nella stanza, richiudendosi la porta alle spalle. Ancora con gli occhi fissi sul pavimento, vagamente nascosto dai fiori, borbottò un semplice saluto.

    ...Hey.

    Finalmente alzò lo sguardo per osservarlo. Youkai sussultò appena, vedendolo in quello stato. Vedere il pilastro portante di Konoha ridotto ad uno straccio era come ricevere una pugnalata al cuore, vedere le proprie speranze infrangersi nel nulla. Doveva farsi forza. Buttarlo giù ulteriormente non sarebbe stato d'aiuto a nessuno.
    Si avvicinò con cautela, portando in avanti il piccolo boquet di fiori.

    Sai, pronta guarigione.

    Li avrebbe posati sul comodino o dove gli avrebbe chiesto Raizen stesso, per poi restarsene impalato di fianco al letto, visibilmente teso. Non sapeva bene come reagire in quella situazione. E dire che lui per primo avrebbe dovuto sapere cosa significava vedersi portare via tutto... ma come poteva sentirsi triste per quello se non ricordava ciò che aveva?
    Sarebbe rimasto in silenzio per un po', per poi spezzarlo borbottando timidamente una domanda banale, che tutti si aspettando di ricevere ed alla quale nessuno da mai peso:

    ...Come stai?

    Era stato decisamente più breve e conciso rispetto alla visita che aveva ricevuto lui. Non gli sembrava il momento di perdersi in chiacchiere inutili e stupide battute, non finchè non fosse stato l'Hokage stesso a sciogliersi.
     
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    La Domanda più Difficile


    - II -





    Il suono del legno percosso lo riportò alla realtà, facendogli perdere interesse verso il niente che fissava ormai da qualche tempo. Si girò verso la porta, guardandola nella sua interezza e poi focalizzandosi sulla maniglia senza rispondere, dopo qualche secondo ne perse qualsiasi voglia e le sue spalle tornarono a rilassarsi sul cuscino. Non voleva rispondere, gli mancava la voglia di interagire, se fosse stato importante avrebbero insistito pensava. Al contrario delle aspettative però insistettero, ma non era importante.

    Hei.

    Ricambiò tiepidamente il saluto.

    Si… grazie.

    Proseguì tiepidamente. Tentò di indicare il comodino, ma essendo questo dalla parte del braccio assente si mosse lievemente senza scarsi risultati.

    …poggiali pure sul comodino.

    Questa volta il cenno lo fece con la testa.

    Come… sto?

    Si voltò verso il ragazzo e lo guardò, aveva ancora qualche marchio rosso addosso, segno delle cicatrici appena richiuse.

    Non lo so.

    Nel sospirare a conclusione di quella affermazione le sue spalle si abbassarono.

    Il mio corpo lo vedi da solo come sta… ma non è il problema più grande.
    Ovunque io guardi, qualsiasi cosa faccia, pensi… ha un alone, un filtro un fantasma che lo perseguita che lo trasforma.
    Ed ha le sembianze del mio errore, una voce così forte che non riesco a sopraffare, ne a zittire.
    Mi impegno tutto il giorno a negarla… ma so anche io che non si può, so che è reale, so che è la verità.
    Ho sbagliato.
    Ho sbagliato e il mio errore non si ripercuote soltanto su di me.


    Rimase in silenzio qualche secondo, col pugno serrato e le nocche sbiancate.

    Eppure non riesco ad ammetterlo, non so cosa provare perché sto cercando in tutti i modi di giustificarmi.
    Di provarmi che non sono un fallito.


    Si dava il voltastomaco, ma qualcosa in quella visita riusciva a placare il disgusto che provava per se stesso, probabilmente quel gesto, che voleva convincersi essere apprezzamento ed interesse per la sua persona, stava in poche parole usando l’esile figura di Youkai per sorreggere quel mare di senso di inadeguatezza e sconfitta che lo soffocava, qualcosa di così sconfinato e imbattibile da far impallidire persino le grandi statue di Iwa, e probabilmente si sentiva in colpa anche di questo. Era abituato a risolvere da solo i propri problemi.
    Rilasciò la mano per poi fissarla, cercando nelle infauste linee del proprio palmo il coraggio per schiudere nuovamente le labbra.

    Tu cosa vedi, Youkai?

    Non lo guardò direttamente, rimase ad osservare la sua stessa mano.


    Edited by F e n i x - 9/10/2017, 22:42
     
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    Destino Incerto


    1° post



    Pensato
    Parlato


    Probabilmente la persona uscita più illesa, perlomeno a livello fisico, da Cantha dopo Yato, Kairi non era stata ricoverata neppure un giorno in ospedale, seppure vi fosse passata per alcuni controlli di sicurezza e per lenire i colpi ricevuti a causa dell'esplosione.
    Aveva passato i giorni successivi all'attacco in casa al riposo visto il congedo che le era stato concesso dallo stesso villaggio, qualche "ferie" per riprendersi da ciò che era appena successo, come se fosse davvero possibile: aveva smesso nuovamente di dormire, consapevole del fatto che sua madre fosse ancora viva e vegeta a combattere al fianco di uno dei più grandi nemici di Konoha e forse dell'intero continente. Aveva visto la loro potenza, aveva toccato con mano quanto potessero essere forti e pericolosi e quanto le sue capacità non fossero mai abbastanza. Ultimamente aveva la pessima sensazione di collezionare un fallimento dietro l'altro e questo stava influenzando completamente il suo umore e la sua psiche, in peggio.
    Di certo non la condizione migliore per affrontare al meglio ciò che aspettava agli shinobi della foglia; il villaggio era in pericolo ed ora dovevano anche occuparsi della sparizione di uno dei migliori shinobi della foglia, Sho, rapito subito dopo l'attacco di Cantha senza che nessuno potesse fare nulla per aiutarlo. Era sicura che prima o poi sarebbe partita una spedizione per ritrovarlo, spedizione in cui avrebbe volentieri voluto partecipare: sistemare sua madre era sua responsabilità, per togliersi di dosso il peso del tradimento che sentiva sulle sue spalle. Anche se non ne era in alcun modo collegata il solo condividere il suo sangue la faceva sentire sporca e, in maniera inconscia e fondamentalmente priva di logica, colpevole.

    E poi c'era l'Hokage...non sapeva cosa fosse successo esattamente quella notte a Raizen non avendo avuto il coraggio di chiederlo ma era evidente come all'uomo fosse successo qualcosa di realmente grave, la sola mancanza del braccio era un segno più che evidente di come la battaglia per lui non fosse per nulla andata come sperava.
    Anche per quel motivo quel giorno aveva deciso di raggiungerlo in ospedale, dove l'uomo era ricoverato da quando era finito l'attacco e dove probabilmente sarebbe rimasto ancora molto: voleva sapere come stava, voleva capire cosa fosse successo ed infine aveva una richiesta per lui.
    Dopo aver raggiunto l'edificio sarebbe andata a trovare Shin ed Asami per accertarsi delle loro condizioni, la caduta dalla luna per quanto mortale non era stata di certo senza conseguenze per loro, infine avrebbe raggiunto la stanza dell'Hokage, bussando leggermente sulla porta ed affacciandosi non appena avesse ricevuto il permesso di entrare o se l'avesse trovata aperta E' permesso...? se avesse ricevuto il via sarebbe quindi entrata, lanciando un'occhiata preoccupata all'uomo ma accennando pur sempre un sorriso e prendendo una sedia dalla stanza si sarebbe sistemata di fianco al suo letto. Non avrebbe parlato per qualche secondo, lasciando all'uomo eventuale modo di parlare, prima di aprire finalmente bocca Volevo vedere come stavate, vi ho pensato spesso in questi giorni ma anche io avevo bisogno di stare un po' da sola, per questo non sono venuta prima accennò appena un secondo sorriso, sapendo come Raizen avrebbe sicuramente capito il motivo per cui la kunoichi si era presa del tempo per sé. Il suo sguardo si sarebbe fermato inevitabilmente qualche secondo su quello che restava del braccio mozzato prima di tornare ad osservare gli occhi dell'Hokage accorgendosi solo in quel momento di un particolare che sull'altopiano degli Hokage, troppo presa dall'improvvisa resurrezione di sua madre, non aveva minimamente notato: le iridi dell'uomo non erano più rosse e con la pupilla allungata, uno sguardo che da sempre aveva associato al Kyuubi, ma erano color del ghiaccio. Rimase lunghi secondi a fissarlo con uno sguardo che faceva ben fatto intendere la confusione che provava prima di prendere coraggio e parlare.
    Quella notte vi ho trovato perché, assieme al Susanoo, gli abitanti di Konoha hanno visto il Kyuubi ergersi e ruggire sull'altopiano... continuò, prudente ...ed ora noto qualcosa di diverso nei vostri occhi...è troppo chiedere cosa sia successo? aveva il pessimo presentimento di sapere quale fosse la realtà, del perché Raizen fosse in quella condizione psicologica, ma quasi non voleva credervi. Sperò di non aver osato troppo domandando ma le condizioni del Kage la preoccupavano non poco e con esse sentiva anche il destino di Konoha terribilmente incerto in quel momento.


     
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    九代目水影 - Kyuudaime Mizukage

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    Destino Incerto


    I

    [La sera in cui Raizen perdette la Volpe]
    Mi svegliai di soprassalto. Era da tantissimo tempo che Chomei non mi svegliava. Era stato una specie di accordo raggiunto anni fa, quando il nostro rapporto aveva iniziato a migliorare appena. Perché poi avrebbe dovuto svegliarmi così all'improvviso? Cos'era successo?
    Chomei? Cosa c'è? Chiesi al Demone, comparendo nell'immenso cielo che era il mondo che condividevamo.
    La volpe è libera.
    ...Cosa? Dissi al Bijuu. Cosa hai detto?
    Ho detto che Kurama è stato liberato e poi risigillato. Sono riuscito a parlargli per un momento prima che svanisse.
    Raizen è vivo? Chiesi subito.
    Non me lo ha saputo dire. Non ha avuto il tempo di dirmi un granché se non che Raizen era conciato davvero male.
    Rimasi in silenzio, col solo rumore del vento ad agitare i miei vestiti, stupito e preoccupato. Raizen aveva perso la volpe? Era vivo o no? In ogni caso quell'evento era di una magnitudo tale da scuotere le fondamenta stessa dell'Accademia: l'Hokage aveva perso la Volpe.
    Per me la questione però era più personale di così.

    Itai? Tutto bene? Sussurrò Ayame vedendomi sveglio, lo sguardo fisso al muro, immerso in riflessioni profonde e discorso con Chomei. Dovette scuotermi per riportarmi alla realtà.
    Eh? Ayame? Scusa, parlavo con Chomei La luce soffusa della luna e le stelle illuminava poco la stanza, non poteva vedere quanto fossi sbiancato. Misi una mano sul viso.
    Ehi... che succede? Si tirò su a sedere e passò una mano sulla mia spalla, poi sul mio viso.
    Raizen ha perso la Volpe a nove code. Ho paura gli sia accaduto qualcosa di grave. Io... io devo andare a Konoha. Sì, era vero che gli equilibri di potere venivano sconvolti da quell'avvenimento ma dentro di me c'era ben altro che quello. La consapevolezza che un mio amico poteva essere morto o gravemente ferito. Non era solo qualcosa che riguardava il Mizukage e l'Hokage, ma anche qualcosa che riguardava Itai e Raizen, al di la dei ruoli.
    Vai, mi disse, baciandomi appena le labbra. Non preoccuparti di nulla. Avviserò io qualcuno riguardo la tua assenza e non dirò nulla a nessuno. So che devi andare però.
    Socchiusi gli occhi, abbracciando piano mia moglie e poi mi alzai dal letto, evocando Yogan all'istante che apparve assonnata ed in forma umana.
    Eh? Perché mi evochi in camera da letto? Ho detto che ho smesso di badare alle mocciose, mi bastano i draghi al Faro.
    Brontola dopo Yogan dissi sbrigativo alla dragonessa che comprese dal solo tono quanto ci fosse qualcosa di profondamente sbagliato in tutto ciò. Dobbiamo partire per Konoha immediatamente, ti spiegherò in volo.
    Lei mi guardò per un istante, intensamente, poi annuì, aprendo la finestra e balzandoci fuori. Mi avvicinai per richiuderla ed il mio sguardo finì sulla culla di Natsu che dormiva beato. Ero stato così impegnato in quei mesi che non avevo avuto il tempo di preparare la sua camera come dovuto.
    Ayame voleva che ce ne occupassimo noi. Di quel passo avrebbe continuato a dormire lì fino alla maggiore età però. Accarezzai la testa del bambino, gli baciai la fronte e dunque mi riavvicinai ad Ayame.
    Parla tu con le pesti, dissi baciandola un'ultima volta, mentre mi toglievo la maglia del pigiama per vestirmi.
    Jukyu brontolerà fino a dopodomani. Portale un regalo, ok?
    Sorrisi appena, ed annuii. Dopo cinque minuti sfrecciavo nel cielo della notte, diretto verso Konoha. Raizen non aveva nemmeno scritto la lettera.

    [Il giorno dopo]
    Sbattei contro un uomo che uscì di corsa dalla stanza di Raizen. in mano aveva un plico di lettere che quasi non gli volarono quando mi vide.
    Ma che diavolo...Faccia attenzione!
    Scusa, devo entrare, dissi allora cercando di superare l'uomo che però mi fermò.
    Non può, l'Hokage sta riposando. E poi tu chi... aspetta... L'uomo strizzò gli occhi. M...Mizukage?
    Sì, esatto. Devo vedere l'Hokage.
    Ma come fa a sapere cosa è successo? Che è qui?
    Non ci era voluto un granché, in effetti. Sapevo che Raizen era stato ferito gravemente, per cui mi ero avvicinato all'ospedale ed avevo cercato il suo chakra. Un'operazione piuttosto semplice, che non mi andava di ripetere a quell'uomo.
    Come faccio a sapere le cose non posso dirlo a chiunque. Ma so cosa è successo e devo parlare con Raizen. Stavo per spostare di peso l'uomo quando tentò un'ultima opposizione.
    L'Hokage... voleva vedervi tra tre giorni. Questa lettera la stavo per spedire ora...
    Stupido Raizen Borbottai, prendendo la lettera, aprendola e leggendola. Credeva che non lo sapessi prima che me lo dicesse? Che sarei stato ad aspettare che mi chiamasse?
    Spinsi la porta, entrando. Raizen era diseso sul letto, ferito. Sopratutto, gli mancava un braccio. Diavolo se sei ridotto ad una pezza da piedi. Kurama aveva ragione. Dimmi Raizen, immaginavi che avrei aspettato che tu mi avvisassi per venire a trovarti dopo che ho saputo cos'è successo a Kurama? Beh, almeno sei vivo... Lo guardai in viso. Era così strano vederlo sconfitto. Come stai?
     
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    L'essenziale è negli Occhi


    - III -





    Il rintocco di nuove nocche sulla porta lo fece ammiccare qualche secondo prima che potesse rispondere.

    Si…

    Un tono piatto, atono, diverso da quello che si poteva udire solitamente uscire dalla bocca di Raizen.
    Furono i capelli corvini di Kairi a fare capolino dalla porta una volta aperta.

    Siediti pure.

    Fece un cenno col mento in direzione della sedia.

    E fai pure a meno del “lei”, altrimenti sembra che sei qui per dovere.

    Gli angoli della bocca gli si incurvarono in un sorriso di cortesia quasi istintivo, comune in un uomo le cui interazioni venivano costantemente fraintese, o che lasciava molto da fraintendere, ma gli occhi rimasero quasi impassibili, un contrasto fastidioso da vedere.

    Penso tu non sia l’unica, nonostante le perdite esigue del villaggio e i danni relativamente ridotti… beh.
    È stato qualcosa di…


    Si perse qualche momento nei suoi pensieri, e fissandosi i piedi riprese a parlare.

    Orribile.
    Calcolato, studiato… con un unico obiettivo.
    Hanno buttato l’amo e ho abboccato, e pur provando a redimermi, pur dando parte di me… non è servito a niente.


    Quella era la parte facile, ripetere meccanicamente che aveva sbagliato era uno scherzo, era un mantra che si ripeteva fin dal momento che aveva ripreso conoscenza e che aveva imparato a recitare bene, soprattutto a se stesso, gli bastava quell’ammissione per sentirsi l’animo più leggero.
    Ma non era una sensazione eterna, e cosa ancor più importante era fragile. Come lo era lui appena doveva mettersi a confronto con ciò che era successo.
    Con ciò che gli avevano fatto.

    La volpe ero io.

    Sciorinò, quasi fosse un bambino che confessava una marachella.

    Tutti gli shinobi che avete affrontato nel palazzo erano li, non so come, probabilmente erano solo copie quelle che avete sconfitto.
    Sapevo che il rituale accettava come unica soluzione una morte, quindi ho sacrificato UN me stesso, ma al mio arrivo ero più morto che vivo…
    …il cuore a mille…
    …l’adrenalina…


    Alzava le sopracciglia a ritmo mentre continuava a fare quella lista distratta.

    Tutte cose che mi hanno impedito di focalizzarmi sul fatto che… non avevo niente addosso a me oltre i vestiti.
    Tutto il resto era insieme al Me che era stato sacrificato.


    Si accigliò per un momento.

    Sono stato picchiato, torturato ed infine mi è stato estratto il demone, ma ora che ci penso, non c’era una reliquia per contenerlo, penso che ora sia dentro uno di loro.
    Ed in tutto questo un sigillo trasferiva i danni a me inferti sul daimyo… vanificando l’unica cosa buona che ero riuscito a fare.


    Si mise una mano sul volto e strinse le tempie, e così coperto riprese a parlare.

    Comprendi?
    Lo comprendi?
    È morto a causa mia!
    E il peggio è che ero del tutto impotente!


    Nasconderlo non era più possibile, già in un occasione era stato in grado di porsi come un muro tra Kairi e i problemi che quell’evento poteva causare, ma adesso che la notte era lontana non era più possibile nascondere ciò che era stato perduto. Aveva qualche modo per rimediare? Per dimostrare che non tutto era perduto?
    Aveva un modo per mostrare che la speranza era ancora viva?
    Chinò il capo in avanti e i capelli gli ricaddero sul viso.

    Sono venuti qui con l’intento di spezzarmi… e ci sono riusciti.

    Ma gli serviva ammettere di essere spezzato?
    Serviva a lui o a qualcun altro un uomo di oltre due metri che si piangeva addosso?
    O forse era più utile qualcuno in grado di notare che agli effetti l’unico ad averci rimesso era lui?
    Il suo villaggio, i suoi uomini, erano ancora vivi ed in salute solo uno di loro necessitava d’aiuto, e quell’unica persona stava aspettando un infante di due metri che si piangeva addosso aspettando un iniezione di fiducia liquida ed approvazione. Fu l'interesse a gettare un telo sul suo stato attuale a fargli rialzare il capo per guardare la kunoichi negli occhi.

    Tu?
    Come stai?
    Vedo ancora nei tuoi occhi una discreta dose di cose che dovresti lasciarti alle spalle.


     
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    La Risposta più Importante


    - IV -





    Alle parole di Itai l’impiegato sospirò, scuotendo lievemente la testa.

    Non è così semplice Mizukage-sama.

    Ed infatti, quando Itai entrò nella stanza potè chiaramente vedere, addirittura percepire, che qualcosa non andava, e non si fermava certamente alle ferite. Il suo ingresso nella stanza attirò l’attenzione degli occhi di Raizen che girandosi si portarono dietro l’intera testa. Stava steso, con lo schienale rialzato ed un lenzuolo a coprirgli le gambe martoriate, la temperatura controllata dell’ospedale gli permetteva di stare a torso nudo e mostrare le numerose medicazioni sparse sul corpo ed il braccio, assente, sostituito d un tampone di fasciature.
    Attorno a lui nulla, solamente silenzio e uno sconfinato senso di colpa.

    No

    Rispose alla prima domanda, prima di voltarsi placidamente a fissare il nulla.

    Non ricordavo della tua capacità di comunicare tra i mondi interni.

    Avrebbe voluto essere ironico, ma non ci riuscì, in quello stato il suo cervello non riusciva a pensare a nulla di troppo costruito, si trascinava avanti da un argomento all’altro dando le risposte che gli venivano richieste e poco più.

    Non sto, semplicemente.
    Mi hanno levato tutto…
    Sono arrivati, ci hanno ingannati, e non mi sono accorto di niente.
    Ci hanno portato dentro ad uno strano rituale, marchiati a coppie, uno dei due doveva morire perché l’altro uscisse.


    Tacque. Non ci volveva in un genio per capire che quei momenti gli stavano scorrendo davanti come un film.

    Sai chi aveva il mio marchio?

    La pausa questa volta fu ancora più lunga, evidenziata sa un silenzio innaturale.

    Dal daimyo.
    Ho cercato in tutti i modi di evitarlo, e ci sono riuscito, ma non so come, una volta fuori non avevo più nulla con me, ed avevo persino perso un braccio.
    Ero già finito in quel momento.


    Guardò Itai negli occhi, non ricordava se l’avesse conosciuto prima o dopo il confinamento della volpe, ma era improbabile che il mizukage non notasse la differenza negli occhi della Montagna, adesso color ghiaccio.

    E come se non bastasse hanno preso l’altro jinchuriki, sospetto sia a Cantha, ma non ho modo di accertarmene.
    Forse tu…


    Sospirò pesantemente, le costole incrinate erano una discreta croce in quel momento.

    Sei un mizukage, e se anche i nostri caratteri son diversi puoi capire cosa significa una sconfitta simile.
    Non sei riuscito a proteggere il tuo villaggio, i tuoi ninja, te stesso, i tuoi tesori più importanti.
    Quando sei tornato a Kiri, e l’hai vista distrutta, in fiamme… come ti sei sentito?
    Cosa hai pensato?


    Dire che Raizen fosse spezzato, o abbattuto non era corretto, cercava con tutte le sue forze di rimettersi in piedi, di scalare quel pendio, ma qualsiasi appiglio si rivelava sdrucciolevole, ovunque poggiasse le mani scivolava, sprofondando sempre più in basso, poco importava quanto fossero larghe le sue spalle o il suo spirito forgiato, niente bastava.


     
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    Guardare Troppo Avanti



    Giacevo per terra, senza muovermi per non provare dolore. Avevo gli occhi aperti ma non vedevo Konoha, vedevo la mia vita passarmi davanti. Io e Sho da piccoli, giochiamo per il villaggio con gli altri bambini, ogni tanto litighiamo, facciamo a botte, ma poi torniano a casa insieme. I primi anni d’accademia, i primi successi e la promozione a Chunin. Poi la sconfitta dell’edera, grazie anche alla nostra coordinazione perfetta. Infine il nostro più grande successo: la sconfitta di Cantha, Sho quel giorno aveva attraversato il villaggio come un eroe e tutti lo guardavano con ammirazione, perché lui ci aveva salvati.

    Ma questo non è mai successo…

    Diventa difficile capire quando la mia mente ha iniziato a fabbricare quei ricordi, saranno ore che sono lì a chiedermi se tutto ciò che è successo è solo un terribile incubo, la mia mente deve aver iniziato a rielaborare quel pensiero, presentarmelo come una realtà, quando purtroppo è soltanto una lurida menzogna.

    Sho odia le bugie, soprattutto le mie.


    La mia testa ha dovuto fare qualcosa in quelle ore in cui sono stato totalmente immobile, ormai le squadre se ne sono andate da un pezzo, perché i feriti sono stati portati tutti via, tutti tranne me. Io ho aspettato, mentre la pioggia mi bagnava completamente.
    Alla pioggia non importa che il villaggio sia stato preso in giro, che Shiro abbia distrutto lo spirito del Kage, che il daimyo o tutti quei bambini siano stati uccisi senza pietà. Alla pioggia non importa che Sho sia sparito nel nulla, bastarda insensibile.

    Ho aspettato, dicevo, ma non so cosa. Forse ho aspettato questo, di vedere Sho ancora una volta, entrare anche solo per un momento in un mondo in cui lui stava bene, un mondo in cui non era stato rapito dal nemico. Forse aspettavo quella bugia, quella speranza, quella... possibilità.

    Che quella non fosse un’invenzione ma una possibilità? Che fossi riuscito a sbirciare in uno degli infiniti mondi possibili se gli eventi si fossero mossi nei giusti tempi e modi?
    Si, ne sono certo.
    Avevo ricevuto un segnale, chiaramente, ma purtroppo io e mio fratello non eravamo stati gli unici protagonisti, o per lo meno non lo eravamo stati… ancora!

    Dovevo parlare con un paio di persone, ma dovevo trovare le parole giuste. Mi sollevai a fatica, ogni fibra nel mio corpo era pesante, infreddolita e bagnata, eppure c’era un calore che veniva da qualche parte… dalla stella che mi collegava a Sho, la stella rossa, quella stella che io avevo trasformato da elemento di separazione a simbolo di fratellanza. Lentamente mi mossi nella notte, non c’era fretta. Tutto stava andando in moto.

    […]


    Ero andato direttamente all’ospedale, e ne avevo approfittato per farmi medicare la ferita al torace, prima non avevo permesso a nessuno di toccarmi o spostarmi, quindi mi incamminai verso la stanza di Raizen e aspettai che mi facessero entrare.
    Entrato avrei trovato l’Hokage disteso sul letto, le energie circolavano normalmente nel suo corpo, ma erano deboli, lui era debole. Era disperato, solo, non gli avrei permesso di parlare, se non per chiedermi come mai ero lì.

    Tu hai certamente molte colpe, Raizen, ma non è per queste che sono venuto qui a parlare con te. Non voglio le tue scuse, voglio solo sapere.
    Quindi feci una pausa, radunando le idee, Raizen aveva avuto un ruolo nella visione, ma io prima dovevo sapere…
    Sho è il portatore del cinque code, ed era il torturatore di Konoha… non abbiamo parlato di come e perché tu l’abbia convinto a diventare una forza portante, lui ha sempre rinviato l’argomento…

    Mi ricordavo la porta chiusa nella psiche di mio fratello, quella porta che per quanto piccola riuciva a bloccare il demone, evitando che prendesse il sopravvento.
    Ma ora lui non è qui, quindi voglio sapere la verità, me lo devi... come ha fatto Sho a diventare il cinque code? Cosa aveva il suo demone e perché lo hai convinto a diventare la forza portante?
     
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    Perdite


    - V -





    Definire Oda un visitatore non era del tutto corretto, ma fu comunque il primo ad entrare nella stanza di Raizen e con un cipiglio ben poco conciliante, cosa che avrebbe presto notato, alle macerie del Colosso dinnanzi a lui importava poco.
    Non gli chiese cosa voleva, al suo ingresso si girò semplicemente a guardarlo.

    Ciao

    Salutò con voce stanca e roca, cosa lo costrinse a schiarirsi la voce e sputare su delle garze messegli appositamente sul comodino vicino al braccio.
    Lo ascoltò parlare, e per un breve momento gli venne voglia di sputargli in faccia, ma non gli venne difficile evitarlo, Oda non aveva colpe, semplicemente non sapeva, e come chiunque scaricava su di Raizen ciò che poteva.

    È curioso che tu sia così tanto in apprensione per una persona che conosci così poco.

    Fu quella la prima frase di Raizen, poco gentile, come al solito, ma vera. Anche se qualcuno l’avrebbe incolpato di non aver indorato la pillola.
    Ma stranamente non ebbe la necessità di dover sviare quella futura critica aggiungendo un secondo commento, era l’uomo dalle mille colpe, milleuna erano ben poca differenza.

    Sei sciocco a pensare che si debba convincere qualcuno ad essere una forza portante.
    Non si può obbligare qualcuno ad esserlo o instillargli il pensiero, oppure credi che sia una mera lotta fisica?
    No.


    Tossì qualche grumo di sangue, condendolo con un turpiloquio.

    È una lotta di volontà, in cui l’uno tenta di arrivare al cuore dell’altro, con un proprio obiettivo, combattendo esclusivamente con il proprio ego, o almeno è ciò che ho fatto io, ed è un po’ simile per tutti.
    Per ego intendo se stessi, un qualcosa che rappresenti e concretizzi la volontà trasformandola in un arma, secondo te è possibile farlo perché qualcuno te lo ordina o te lo chiede?


    Lasciò allo Yamanaka la risposta.

    Inoltre i demoni hanno modi di agire particolari, non li comprendiamo del tutto e per questo non siamo in grado di prevedere o fronteggiare tutto ciò che possono fare.
    E questo era il preambolo.


    Che se fosse stato in qualche modo interrotto dopo una breve pausa sarebbe continuato senza curarsi della fretta del suo interlocutore, a meno di reiterate interruzioni che avrebbero portato Raizen ad abbandonare la sua posizione per voltarsi verso Oda.

    Mi lasci parlare?
    O gradisci ancora brancolare nel buio più totale senza sapere nemmeno da che parte girarti per trovare risposte?


    E senza proseguire oltre in una carovana di insulti musicali come avrebbe fatto di solito, si sarebbe adagiato al suo giaciglio, riprendendo a parlare come un narratore.

    Il cinque code al tempo era stato corrotto, non so come, ma so da stanotte, che c’è lo zampino di Shiro, o comunque di qualche canthiano.
    Grazie a tale corruzione è stato in grado di interagire con delle persone fuori dalla reliquia, Sho per la precisione.
    Ed il grado di interazione era fin troppo alto, così alto che la scorta della reliquia, che in quel momento veniva portata al santuario, ha tentato di correre ai ripari, cercando di dare a Sho un potere per salvarsi.
    Basicamente, sentimenti puri, se te lo stai chiedendo.
    Un arma che in quel momento aveva solo lui, un arma con cui abbiamo deciso di purificare il demone.
    Siamo partiti per questa ragione, ma al santuario gli eventi ci hanno portato a sigillare il demone al suo interno.
    Semplicemente, quando il demone ha sfiorato Sho l’ha trasformato in un contenitore ideale, nessuno glielo ha imposto, il destino l’ha scelto e lui, senza che nessuno glielo chiedesse o ordinasse, ha accettato.
    Tu, dopotutto, dove metteresti il problema se non vicino alla soluzione?


    Si girò nuovamente verso Oda.

    Hai reputato tuo fratello un cacasotto che ascolta gli ordini, senza pensare che è stato in grado di fare una scelta giusta per il bene del villaggio, pensa, inizialmente glielo avevo addirittura vietato.
    E da qui si torna al concetto di volontà, la sua era quella.
    Smettila di credere tuo fratello un debole solo perché è lontano da te.
    Non lo è. Se la caverà a prescindere dal fatto che tu sia li a spiarlo col tuo occhio.


    Respirò affondo, e sarebbe stato possibile sentire un lieve raspio provenire dai suoi polmoni.

    Non sei l’unico ad aver perso qualcosa, Oda.
    Per quanto la disperazione possa sembrarti insormontabile, per quanto tu creda di sentirti unico e solo in tutto questo.
    Credi realmente che le tue emozioni, li fuori, mi abbiano fatto sentire qualcosa di nuovo?


    Lo guardava senza battere ciglio, con un insistenza pesante, quasi inquietante.

    Sono stato dentro la mente di Sho…
    Ho combattuto per lui e con lui.
    Pensi davvero che solo il sangue possa creare un legame?
    O magari pensi che essere un jinchuriki non sia niente di più che avere una batteria in corpo?
    Quando un demone ti viene sigillato dentro si crea un mondo al tuo interno, non so a quale livello, inconscio, subconscio, di basti solo sapere che è così strettamente collegato da rendere possibile una contaminazione mentale, esattamente come fate voi Yamanaka.
    Sai dirmi quanto son profonde le tue arti?


    E con quella domanda il suo sguardo perse nuovamente quel minimo di calore che aveva acquisito, e forse, se Oda fosse riuscito a comprendere le parole di Raizen avrebbe dedotto che perdere un demone una volta stabilito un contatto forte come quello posseduto da lui, non era facile, era come prendere due cose, fonderle a tal punto da non farne percepire più i margini e poi strappare di violenza il punto in cui prima questo era presente. Dividere una persona a metà probabilmente era meno crudele.

    Tutti abbiamo perso qualcosa oggi.
    Puoi credere che faccia male solo a te, o che a te faccia più male di tutti, è una tua egoistica scelta.
    Ma non entrare qui, sbandierando il tuo dolore come un diritto, mostrando il tuo secchio di lacrime, senza sapere quanti la gente ne abbia da parte.


    Fu quasi una confessione, ammettere che anche lui soffriva per un qualcosa, un qualsiasi tipo di cosa, era un evento così raro che solamente situazioni di quel tipo potevano scaturire, forse Oda era la seconda persona a sentirlo.

    Vorrei partire in questo momento, se fossi stato in grado mi sarei tuffato in quella pozza di schifo per andargli dietro… ma non posso Oda…
    Non posso fare niente.


    Avrebbe teso i palmi delle mani dinnanzi a se, mostrandoli vuoti e impotenti, ed il fatto che soltanto uno si allungasse ad afferrare l’aria gli fece quasi venire un groppo alla gola, la mancanza di un arto non era qualcosa a cui ci si abituava.

     
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    È colpa tua. Ratty

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    A volte sono Questioni Personali
    I


    Era suonato l'allarme quel giorno a Konoha. Un allarme di massima allerta, come purtroppo era accaduto col fenomeno della Luna Rossa di pochi giorni prima. Un allarme che preannunciava una catastrofe a cui solo restando uniti i ninja avrebbero potuto opporsi, pur feriti e ancora terribilmente scossi dall'attacco di Cantha...ma la vita di un ninja è una costante di pericoli e di vite che, potendo esaurirsi in fretta, devono sempre bruciare al massimo. Bruciare è la parola giusta, perchè mentre una creatura gigantesca avanzava verso Konoha la foresta intorno aveva preso fuoco, per quanto in maniera stranamente controllata, con ogni singola impronta della maestosa lucertola rossa che fumava come una piccola pozza di lava incandescente. Ssalaard, Regina delle Salamandre di Fuoco del Paese dei Vulcani era giunta a Konoha dopo una corsa forsennata a partire da Oto, senza mai fermarsi e senza mai rallentare, distruggendo col fuoco quanto le si parava davanti, perchè il suo Brennblut, il suo Sangue Ardente, che aveva quasi adottato come fosse un suo figlio e protetto, aveva avuto bisogno di lei. E l'istinto materno della sovrana era qualcosa che pochi potevano sperare di fermare...inoltre accadeva molto, molto di rado che l'umano a lei legato le chiedesse qualcosa in maniera così perentoria, con quel tono che ammantava di importanza, di reale importanza, le sue altrimenti scanzonate e decisamente poco profonde parole. Non le era però piaciuto che lui si portasse quella ragazza dietro: non avevano ancora avuto modo di fare due chiacchiere da femmina a femmina e lei non sapeva affatt quali potessero essere le intenzioni di quella vipera dal corpo sinuoso. Si ripromise di prenderla da parte un giorno o l'altro, magari facendola rapire per portarla al Paese dei Vulcani.

    Ma al di là del terrore e dell'allarme scattato alla sola comparsa della titanica lucertola rosso-magma alle mura, qualunque guardiano si sarebbe sentito piccolo e impotente sotto lo sguardo di Febh Yakushi, Amministratore di Oto e uno dei ninja più forti del continente, noto anche come Conquistatore degli Otto Cancelli del Tuono ai tempi dell'invasione straniera a Kumo, anni prima, e considerato da molti più una calamità che un alleato (anche se verosimilmente le voci erano esagerate, era impossibile che avesse fatto esplodere la sua stessa amministrazione così tante volte, o che avesse causato tutti quei guai tra le famiglie di mercanti di Suna aiutando lo scapestrato Shinichi Kurogane...avevano anche fatto un fotoromanzo degli eventi), e tuttavia Febh era là, su una lucertola gigante, ma assai più pericoloso di essa, con una tizia dai capelli rossi vicino. Alle porte di Konoha, con aria tutt'altro che conciliante. Sarebbe sceso dalla regina avvicinandosi alle porte e ignorando gli alt o le richieste di riconoscimento, salvo poi prendere a calcioni lo stipite. Sono Febh Yakushi di Oto. Il pivello ha chiamato e ho letto cosa è successo, quindi se non è morto sono qui per finire il lavoro! Aprite, o quanto è vero il cielo questo villaggio non avrà più una porta fra dieci...nove...otto...

    Era raro vederlo così infuriato. No, in effetti a dirla tutta lui era quasi sempre infuriato, ma di solito per brevi periodi o per motivi talmente futili da risultare comico prima di causare gravi lesioni, e comunque in genere gli passava tutto non appena trovava altro a cui pensare. Stavolta era stato diverso. Stava disperatamente cercando di infilare un modulo per le ferie in mezzo al plico di carte che gli aveva portato Hebiko da firmare prima di protocollarle per renderle ufficiali, cercando di distrarla con un discorso senza nè capo nè coda su quanto le pentole a pressione siano potenzialmente nocive per l'universo, quando la porta si era spalancata e uno degli impiegati era entrato trafelato con due comunicazioni, una pubblica e una privata. Non senza lamentele Febh si era messo a leggerle, salvo poi accigliarsi, stranamente (e pericolosamente) serio, ed era poi passato alla successiva, quella rivolta a lui personalmente, che aveva poi accartocciato e distrutto con un guizzo di chakra elettrico. Konoha. Ora. Al diavolo queste carte! Con una manata aveva sparso le carte che la segretaria aveva in mano facendole volare via, brusco e maleducato nel senso cattivo del termine, ignorando ogni possibile rimprovero. E tu vieni con me. Non sia mai che impari qualcosa. Forse, in realtà, la stava portando per avere una sorta di valvola di sicurezza, casomai la situazione di Konoha, rivelandosi più tragica del previsto, lo facesse uscire fuori dai gangheri in maniera eccessiva. Hebiko poteva avere una vaga possibilità di calmarlo...forse.

    [...]

    Sicuramente c'era stato qualche problemino alle mura, ma alla fine lo avevano fatto passare, dopotutto era stato invitato, anzi, convocato, nonostante i suoi modi quantomeno discutibili (per usare un eufemismo) e il discretamente esagerato metodo con cui si era presentato ai guardiani del villaggio (che pure avevano già avuto a che fare con lui). Lasciò la lucertola fuori solo dopo una discreta opera di convincimento e si incamminò verso l'ospedale dove a quanto pare era atteso. Il villaggio aveva subito pesantemente i danni dell'attacco nemico, anche se quando avesse scoperto l'effettiva portata di ciò che era successo probabilmente li avrebbe riclassificati come danni marginali. Ricorda Oto il giorno dell'incidente... si riferiva a quando aveva involontariamente liberato un elefante per il villaggio ovviamente, non certo qualche vero attacco...oro era stata distrutta più spesso dall'interno che non da forze esterne, e questo non era esattamente un pregio per quanto l'Amministratore la pensasse diversamente.

    Era improbabile che qualcuno fosse tanto scemo o suicida da provare a fermarlo e infine raggiunse la fatidica stanza dell'ospedale, aprendo la porta di malagrazia senza farsi annunciare (non che servisse dopo aver invaso il villaggio con un grosso dinosauro sputafuoco) né bussare. Poi rimase in silenzio a lungo, osservando il corpo spezzato di Raizen. Ammutolito, ma senza perdere l'espressione ostile che aveva indossato fin dalla partenza. Ebbene? Chiese dopo un lungo minuto. Chissà cosa passava per quella testa che non considerava una mutilazione come una ferita permanente o per cui una frattura era una faccenda da poco. Cosa quanti di quei secondi di silenzio erano stati dedicati a contemplare la fragilità umana e a realizzare che lui, privo di quei limiti, non poteva più pensare come un normale essere umano. Chissà quanto di quel tempo era stato una pericolosa deriva mentale di chi almeno potenzialmente poteva considerarsi immortale. Non avevi anche quella batteria pelosa che io non posso comprendere? Gli rinfacciò una discussione di tanto tempo prima, con il portatore del cinque code rapito e la scienziata ribelle di oto. E nonostante tutto ti ritrovo così? Spero vivamente che tu abbia una giustificazione plausibile, pivello.

    Edited by Febh - 11/10/2017, 19:55
     
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    Serious Youkai

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    Il leggero imbarazzo nel rendersi conto della mancanza del braccio lo costrinse a trovare goffamente una soluzione a quel gesto, seguendo il cenno fattogli con la testa e posandoli sul comodino. Rimase lì in piedi, portando una mano dietro al collo, indeciso sul dafarsi. La situazione gli appariva quasi surreale, vedere il proprio capovillaggio conciato in quel modo era terribile, e gli si leggeva in faccia che i danni erano soprattutto interiori. Anche gli occhi avevano qualcosa di diverso dal solito, ma non domandò nulla a riguardo per il momento, lasciando parlare l'Hokage.
    Intuendo dove sarebbe andato a finire il discorso, si arrese e si spostò per un attimo avvicinando una delle sedie nella stanza al letto, aspettando la fine del discorso di Raizen. Non si aspettò la domanda che gli venne posta, ma dopo un rapido pensiero, capì che cercare di tirargli su il morale a frasi fatte sarebbe stato inutile.

    Vedo quello che avrei potuto provare io se non avessi perso la memoria. Probabilmente.

    Parlare di sè non era l'ideale in un momento del genere, tuttavia avrebbe sfruttato la sua esperienza per cercare di empatizzare al meglio con lui.

    Immagina di non sapere nulla. Ti svegli, e non ricordi perchè sei lì, nemmeno il tuo nome, e nessuno sa dirti cosa sia successo o chi tu sia. Quel senso di vuoto che ti avvolge, dato dall'aver dimenticato te stesso... fa meno male del sapere perchè sei conciato in quelle condizioni, e a cosa hanno portato i tuoi sbagli. In un certo senso, anche io potrei aver fatto qualcosa di terribile, eppure non ho sensi di colpa, non ho la coscienza sporca, non mi sento male perchè non so cosa sia successo. Quindi non può essere colpa mia, qualsiasi cosa abbia fatto il vecchio me, non era mia responsabilità.

    Raizen poteva apparire confuso dopo quel discorso apparentemente scollegato dalla situazione. Youkai riprese timidamente a parlare, quasi vergognandosi di dover fare il discorso "importante", non sentendosi all'altezza, ma glielo doveva. Era pur sempre l'unica persona che era andata a trovarlo durante un intero anno in ospedale, non poteva ignorare quel gesto come una gentilezza qualsiasi.

    Ma tu ricordi tutto, e la cosa ti uccide dentro. Perchè sai cos'hai sbagliato, e probabilmente a mente fredda sai anche come avresti potuto evitarlo. Ed il fallimento ti distrugge. Ma dimmi, preferiresti dimenticare tutto e ripetere quell'errore, oppure sopportare la botta e far sì che la cosa non si ripeta?

    L'albino sospirò un paio di volte, indeciso sul dafarsi. No, quella non era una situazione che sapeva come gestire, nonostante anche lui fosse quasi morto per chissà quale motivo, la sua esperienza era stata completamente diversa. Aveva improvvisato come al suo solito, lasciando che fosse l'istinto a parlare per lui, ma la cosa sarebbe davvero servita ad aiutare il suo Hokage? Non lo sapeva, doveva provarci. L'assenza durante la missione lo aveva distrutto, chiunque gli avrebbe potuto dire che anche la sua presenza non avrebbe cambiato le sorti, ma non gli importava. Qualcosa in lui lo convinceva che, se fosse stato lì, le cose sarebbero andate diversamente, per il meglio. E quell'assurda convinzione non faceva che peggiorare il suo stato d'animo.

    ...Mi dispiace.

    Gli sfuggì un commento su quel pensiero, mordendosi subito dopo il labbro. Ormai era partito, non poteva tirarsi indietro.

    Mi sembra da ipocriti dire che avrei voluto fare qualcosa. Sono rimasto a protezione del villaggio in caso di ogni evenienza, perchè qui mi sentivo più al sicuro. Perchè con voi temevo che sarei finito con l'essere un peso. Però, sai... Sarebbe stato diveso, con un sacrificabile in squadra. Una persona senza parenti, senza un passato... Una persona che nessuno avrebbe pianto. Invece abbiamo perso il Damiyo, e per un miracolo sei riuscito a salvarti. Per quanto tu possia piangerti addosso per la cosa... Ci sono tante persone sollevate per la tua sopravvivenza. Avete trovato dei nemici tosti, vi hanno colti alla sprovvista. Insomma, il loro attacco è stato a dir poco d'effetto, chissà da quanto stessero progettando la cosa. Presi così alla sprovvista, è una fortuna che ci sia stata una sola perdita. Certamente una perdita importante, però...

    Si strofinò nervosamente il collo, sentiva di aver perso il controllo di quel discorso, e c'era il rischio di peggiorare la situazione. Buttarlo più giù di quanto già non fosse non gli sarebbe stato per nulla salutare. Eppure faticava a trovare le parole giuste, o cercare di spiegargli che non pensava fosse colpa sua. Dirgli che i nemici erano troppo forti perchè potesse contrastarli sentiva non sarebbe stato d'aiuto. Sarebbe rimasto in silenzio per un po', senza infierire ulteriormente parlando del suo disagio nel non saper reggere quella situazione. Si lasciò scappare una semplice frase, mentre nella folla di pensieri cercava di capire cosa poter dire per migliorare la situazione:

    Sono felice di sapere che sei vivo.
     
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    La lettera


    I



    Per contrastare l'intrattabile insistenza di Febh, Hebiko aveva imparato un semplice ma efficacissimo metodo: ignorare e annuire. Ogni volta che iniziavano a lavorare sul serio, la Vipera faceva scattare una sorta di meccanismo di risposta automatico, dove alternava gli ordini da imporre allo Yakushi con cenni di assenso e commenti come "interessante, continua", consapevole che l'ego del ragazzo lo avrebbe spinto a continuare qualsiasi assurdo discorso stesse facendo impedendo la sua fuga. E quella mattina proseguì esattamente così come le altre, con la ragazza che aveva imparato a leggere con sufficiente velocità da non far passare troppo tempo da un modulo all'altro, in modo da porgergli solo quelli che lei voleva firmasse, e scartare tutte le richieste di ferie. Certo, la cosa faceva saltare le ferie anche ad altri shinobi più bisognosi, ma almeno Febh non avrebbe avuto delle ferie gratis.
    Passare così tanto tempo con lo Yakushi le aveva permesso di imparare le sue reazioni. Si bloccava a fissarla con sguardo da stoccafisso? Stava nascondendo qualcosa. Rispondeva distrattamente alle sue domande? Sicuramente era distratto, la maggior parte delle volte da una difficile parola della settimana ninjistica. Cambiava atteggiamento, ricordandole vagmente il terribile giorno della confessione riguardo all'essere la figlia di Orochimaru? Grossi problemi in arrivo.
    Riconoscere il cambiamento d'umore però non le permetteva di conoscere anche quale fosse il problema, ma le dava modo di cambiare atteggiamento. Il fatto che la lettera che l'aveva agitato in tal modo provenisse da Konoha avrebbe reso la reazione della Vipera ancora più seria e preoccupata.

    Che è successo? Che c'è scritto nella lettera?

    Si sforzò di ignorare i metodi bruschi. Per quanto fatti da una qualsiasi altra persona l'avrebbero fatta infuriare, conosceva abbastanza bene l'Amministratore per rendersi conto che rimproverarlo avrebbe solamente peggiorato la situazione. Il fatto che lui la volesse con sè la rassicurò in parte, partecipare ad incontri potenzialmente importanti la faceva sentire pian piano più importante, rendendola felice del fatto che Febh potesse considerarla come più di una segretaria. Aveva confessato di fidarsi di lei, e che fosse una cosa più unica che rara che accadesse.
    Se non avesse ottenuto una risposta, avrebbe insistito con voce ferma, seppur gentile:

    Febh, per favore, rispondi! Non posso sapere come aiutarti se non mi dici qual è il problema.

    Non pensò nemmeno per un momento che Raizen avesse potuto tradirla. Dopo le loro precedenti esperienze, aveva avuto modo di capire che per quanto riguardavano le missioni l'uno poteva contare sull'altra, e sarebbe stato stupido da parte sua rinunciare ad una spia ad Oto (poteva effettivamente definirsi spia? Aveva promesso di boicottare i piani di Diogene, ma la cosa andava a favore di Oto, no? Sempre che le informazioni datele non fossero menzogne). Senza considerare che, se così fosse stato, si sarebbe sicuramente sentita più al sicuro di fianco a Raizen, dove apparentemente Febh la stava portando. L'Hokage aveva espresso il suo desiderio di averla tra le file di Konoha, non l'avrebbe sorpresa troppo una richiesta diretta, ma era sicura che lo Yakushi non avrebbe reagito in quel modo. C'era altro sotto, ne era sicura.


    Nonostante la sua passione per i rettili, l'apparizione di Ssalaard non provocò alcuna reazione nella Vipera, che rimase per tutto il viaggio con un terribile nodo allo stomaco. Probabilmente la cosa aveva infastidito la lucertola, ma poche e secche parole da parte di Febh l'avrebbero ammutolita, acconsentendo la richiesta di passaggio. Ignorò persino i tremendi danni alla foresta prodotti dal passaggio di quella bestia ricoperta dalle fiamme (ora i due villaggi potevano vantare di un'enorme strada percorribile, al prezzo di ettari di foresta andati a fuoco). Non era chiaramente in lei, dall'esterno poteva apparire come il riflesso più sensibile dello Yakushi, che al contrario di lei sembrava stesse per dichiarare guerra al villaggio.
    Arrivati alle mura e visti i metodi bruschi del ragazzo, gli avrebbe preso con delicatezza un braccio, invitandolo ad indietreggiare, non riuscendo a nascondere la preoccupazione nel suo sguardo:

    Lascia fare a me. Ci vorrà un attimo, lo prometto.

    Fortuna volle che Kairi fosse alle mura anche quel giorno. Se in precedenza Febh le avesse ceduto la lettera, l'avrebbe semplicemente mostrata alla guardiana, in caso contrario avrebbe spiegato brevemente la situazione:

    Siamo stati convocati. Io non... non gli bloccherei il passaggio, è piuttosto nervoso, ma posso garantire che siamo qui per ragioni pacifiche.

    L'insistenza di Febh per far passare anche la lucertola (e forse persino lei avrebbe avuto qualcosa da ridire sul fatto di voler seguire il suo figliolo adottivo) venne placata dalla Vipera, che tentò per la seconda volta un approccio gentile, seppur fosse evidente che c'era qualcosa che non andava nel suo tono di voce, per quanto si sforzasse di nasconderlo:

    Non potrebbe comunque entrare in alcun edificio, e non penso che vogliano incontrarti per strada. Vengo io con te, lei lasciala tornare nel suo regno, ha sicuramente cose più importanti di cui occuparsi, che doversene stare parcheggiata fuori da un edificio. A proposito, grazie infinite per il passaggio.


    L'arrivo in ospedale fu piuttosto brusco, Hebiko era sicura che ogni suo tentativo di rallentarlo sarebbe stato inutile, piuttosto cercava di rassicurare eventuali infermieri evidentemente spaventati dalla sua faccia che era stato convocato, e che non erano lì per infastidire nessuno. A parte Raizen, sempre che la loro visita si potesse definire un fastidio.
    La brusca entrata dello Yakushi venne seguita da una più timida Vipera, che fece capolino dalle sue spalle, richiudendo la porta una volta entrata. Lo shock alla vista delle condizioni in cui si ritrovava Raizen fu un duro colpo al cuore. Un sussulto anticipò due righe di lacrime che preso le si formarono sulle guance, quasi senza che se ne rendesse conto, e le gambe si mossero da sole nell'avvicinarsi a quella che a malapena riconosceva come la sua faccia, talmente distorta dal suo solito volto sicuro di sè che a malapena sembrò riconoscerlo.
    Gli avrebbe toccato una guancia con delicatezza, facendolo voltare appena se avesse potuto e fissandogli gli occhi, trovandoli... spenti. Le fiamme tipiche del suo sguardo erano svanite, così come il loro colore. Osservandolo, si rese conto dell'assenza del braccio, che indicò con entrambe le mani mentre fissava Febh, con l'aria di chi chiedeva di fare qualcosa. Rimase a girare attorno al lettino con aria confusa, con le lacrime che non smettevano di scendere e lei che ancora non capiva che emozione stesse provando tra tristezza, confusione, incredulità e un pizzico di rabbia. Un'unica domanda, per lei la più importante, uscì dalla sua bocca:

    Chi ti ha ridotto così?
     
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    Pioggia di Sangue


    - VI -
    Youkai





    Si aspettava qualsiasi risposta da parte di Youkai, persino una delle sue pessime battute, ma non una specie di impacciato monologo che mischiava il suo stato d’animo da redivivo, alle sensazioni che provava in quel momento, a quelle che immaginava avrebbe dovuto provare Raizen e quelle che avrebbe provato lui al suo posto.
    Ne rimase confuso, gli sembrava che l’albino si avvitasse su un discorso senza capo ne coda che lo costrinse a ragionare. Il problema dei discorsi contorti era proprio quelli, il cervello doveva costringersi a seguirli anche se quello di Raizen lo fece quasi con riluttanza.

    Impedire che si ripeta, Youkai?

    Era riuscito a trovare un capo a quel discorso.

    Avere un’ esperienza pronta per il futuro?

    Domande retoriche che avevano bisogno di qualche secondo per far si che venissero comprese.

    Certi errori non sono esperienze per il futuro, sono…

    Cosa potevano essere simili errori?
    Uno scotto da pagare per la sua eccessiva sicurezza? Probabile.
    Pensava di essere partito una marcia in avanti rispetto a Cantha perché sapeva del suo arrivo, e nonostante tutto si era fatto mettere nel sacco, nonostante le sue parole sfrontate.

    …solo una pioggia di sangue.

    Buttò fuori un sospiro.

    Non si può apprendere niente da simili errori.
    Ma almeno c’è qualcuno che è felice di vedermi vivo.


    L’ultima frase aveva un tono malinconicamente ironico, non era una gran cosa, ma era evidente che fosse qualcosa.

    Il problema è essere sopravvissuto, Youkai.
    Un sopravvissuto può davvero rappresentare un villaggio?
    Dovrò uscire, tra qualche giorno, con questa faccia, a seppellire il daimyo, sua moglie e i suoi figli.
    E cosa dirò?


    Lo chiedeva alla parete dinnanzi a se, più che al ragazzo.

    Scusatemi, ho provato ma loro erano più preparati?
    Si, si erano organizzati da tempo.
    No non potevamo immaginarlo.
    Abbiamo tentato in tutti i modi ma niente, non siamo riusciti a far nulla.
    E ora…


    Strinse i denti con così tanta forza da farli digrignare con un suono simile al cordame di una grossa nave.

    E ora l’unico uomo che ha creduto in me è morto!
    Lo comprendi?
    Mi ha messo lui qui sopra!
    E io… l’ho…


    Si abbandonò, come una marionetta senza fili, gli occhi lucidi per aver nuovamente realizzato ciò che era accaduto.

    …ucciso

    Concluse con un sussurro.
    Raizen non era uomo da fare segreto delle sue sofferenze, ma parimenti non era nelle sue corde scaricare su prossimo la sua frustrazione, ed ora la riversava su quello scricciolo albino che a stento sorreggeva e stesso. Lo vedeva, avrebbe potuto cancellarlo dall’esistenza con un dito, eppure il suo animo era così incrinato che persino lui gli sembrava adatto. Non lo sapeva, non era consapevole di ciò che faceva in quel momento, eppure si ritrovava a farlo, a mostrarsi debole, distrutto. Umano.
     
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    La voce del popolo

    III



    Youkai era già dubbioso per conto suo per via del confusionario discorso che aveva abbozzato, ma la reazione di Raizen fu la conferma. Certo, non si poteva pretendere di fargli tornare il sorriso dopo soli due minuti. L'albino tentò di sprofondare nella sedia, con scarsi risultati, ed una goffa faccia imbarazzata. Fu l'altro a tirargli un po' su il morale, ringraziandolo per il suo supporto.
    L'Hokage si perse in un discorso buttandosi nuovamente giù di morale. Come capovillaggio doveva sopportare quell'onere, soprattutto davanti alla famiglia, ed era chiaro come si facesse ricadere la colpa di quella morte. Youkai però sembrò cambiare espressione quando Raizen si spense, drizzando la schiena e fissandolo più serio, seppur vagamente intimidito:

    Tu... Ma che vuol dire, tu l'hai ucciso?! Io... Ugh, ascolta, capisco che dal tuo punto di vista tu possa aver visto tutt'altro e chissà cosa ti hanno fatto credere quei tizi da Cantha. Ma io, come tutto il villaggio, l'ho visto cosa proiettava la luna. E nelle immagini che ho visto non c'eri tu ad uccidere il Damiyo, ma il contrario! Tutta Konoha ti ha visto venir pugnalato a morte dal Damiyo!

    Il ricordo di quella notte gli fece tremare le mani. Ricordava bene la paura che aveva provato, come tutti gli altri, di aver perso un'importante pilastro, ed il sollievo quando la notizia della sua sopravvivenza si era sparsa. Sicuramente Raizen non lo aveva notato, ma il fatto che lui era ancora vivo aveva permesso a molti di non perdere la ragione, nè la speranza, per quanto la perdita del Damiyo fosse un duro colpo da sopportare.

    La folla era in panico. Ero in strada, volevo placare le persone, ma a stento riuscivo a controllarmi. Credevo fossimo spacciati. Invece no. Ti hanno sicuramente distrutto, se arrivi a parlare in questo modo... Ma sei ancora qui! Qualsiasi cosa ti abbiano fatto, sei vivo. E non appena ti sarai ripreso, potrai dimostrare a quegli stronzi di che pasta è fatta "la Montagna di Konoha". Avrebbero potuto ucciderti, hanno preferito lasciarti vivere sperando che ti saresti rinchiuso in te stesso e non ti saresti mai ribellato? Beh, vuoi dargli la soddisfazione di avere ragione?

    Si calmò, smettendo di tremare, concludendo il tutto con un sospiro. Non era facile gestire un argomento del genere, tantomeno con una persona che conosceva a malapena, se non tramite riviste e gossip, eppure tutti conoscevano il temperamento di Raizen. A prescindere dagli schieramenti di chi riteneva giusto o meno il suo atteggiamento, era necessario che ritrovasse la forza di rialzarsi in piedi, per dimostrare che non si sarebbe fatto cogliere di sprovvista una seconda volta.

    Penso sia giusto rendersi conto dei propri errori. E stare male per essi. Però... bisogna anche cercare la forza per ricominciare. E magari iniziare a guardarti un po' attorno. Non era l'unico a credere in te. E non ci sono solo io. Dimostraci che non stiamo sbagliando.

    Sapeva di essere stato un po' più aggressivo di quanto avesse voluto, lasciandosi cogliere dalle emozioni. Forse la cosa gli aveva dato abbastanza forza per rispondergli a tono e farlo ragionare. Magari lasciando passare un po' di tempo sarebbe riuscito a rendersene conto da solo, oppure qualcuno con più confidenza avrebbe saputo meglio come comportarsi. Youkai da parte sua cercava di fare sempre il possibile quando poteva, non voleva arrendersi ora che il suo Leader aveva bisogno di supporto.
     
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    Dracarys

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    Destino Incerto


    2° post



    Pensato
    Parlato


    Dopo l'attacco di Cantha la kunoichi sperava di potersi godere un po' di tranquillità sulle mura, ne aveva bisogno: le sue speranze però furono ben presto vanificate, quel giorno.
    Quando un'enorme lucertola infuocata si avvicinò di gran carriera alle mura proveniente da chissà dove la ragazza pensò davvero che fosse giunta la fine...avevano scampato l'attacco di Shiro e del suo serraglio ma non aveva idea di come potessero scampare ad una simile creatura. Era ancora debole, troppo debole, e le sembrava di non aver fatto ormai alcun progresso da mesi a quella parte, come poteva pensare di affrontare QUELLA COSA?
    Tutti a raccolta, chiamate i rinforzi! Non so come potremmo fermarla, ma è nostro dovere provarci! lei ed un paio di suoi colleghi si piazzarono sulla porta, armi impugnati e pronti al peggio, mentre diverse gocce di sudore imperlavano la fronte dell'Uchiha mentre valutava una possibile strategia. Colpirla agli occhi sarebbe servito almeno per rallentarla un minimo? Non ne aveva la più pallida idea, ma era la prima cosa che le era venuta in mente.

    Fu solo quando la bestia rallentò fino a fermarsi che Kairi riprese a respirare normalmente, non abbassando però la guardia: due figure scesero dal destriero ed alla ragazza non servirono che pochi istanti per riconoscerli, si trattava di Hebiko e dell'amministratore di Oto Febh Yakushi, che già una volta aveva accolto qualche mese prima al villaggio. Non c'era che dire, l'uomo sapeva farsi riconoscere ogni qual volta che arrivava al villaggio.
    Il suo approccio non fu di certo dei migliori, ma la ragazza aveva ben capito come anche volendo non avrebbe potuto avere alcuna possibilità di fermarlo: ricordava bene lo scontro fra quell'uomo e l'Hokage ed era convinta che l'otese potesse schiacciarle la testa con un solo pugno se solo avesse voluto. Tuttavia non riusciva di certo ad apprezzare i suoi modi di fare e seppure senza rispondere a parole i suoi occhi, incorniciati da pesanti occhiaie che ormai la accompagnavano ogni giorno dall'attacco di Cantha, lanciarono uno sguardo severo e di rimprovero all'uomo lasciando intendere quanto quel modo di fare non fosse gradito.
    Fu Hebiko ad intervenire calmando gli animi dell'amministratore ed osservandola lo sguardo dell'Uchiha si addolcì mentre sul suo viso si formava uno stanco sorriso Ciao Hebiko, è un piacere rivederti. Febh Yakushi, ben arrivato a quest'ultimo riservo un formale ed educato inchino per poi tornare sulla ragazza e prendere la lettera di convocazione, leggendola velocemente prima di rialzare lo sguardo su entrambi Vi stavo aspettando, ero stata avvisata del vostro arrivo continuò, indicando l'enorme lucertola alle loro spalle e fu ben lieta di non dover essere lei stessa a dover convincere l'uomo a doverla lasciare fuoriPotete passare, ma per prassi devo chiedervi di lasciare le vostre armi, sapete come funziona. Per favore lanciò uno sguardo preoccupato allo Yakushi nella speranza che si dimostrasse collaborativo: sapeva bene come anche a mani nude fosse in grado di compiere danni estremi ma le regole erano regole ed era suo compito farle rispettare. O almeno provarci Potrete trovare Raizen in ospedale, i medici sapranno indicarvi la stanza concluse, facendo un cenno agli uomini con lei di farli passare e spostandosi a sua volta di lato non appena fosse tutto sistemato.

    ---------------------------------------------------



    Vada per il tu allora accennò un sorriso per poi tornare seria quando l'uomo cominciò a spiegare l'accaduto. La sua intuizione era stata corretta, non che fosse difficile capirlo, Raizen aveva realmente liberato la potenza del Kyuubi per tentare di contrastare Shiro ma evidentemente non era stato abbastanza. Il successivo racconto non fu però particolarmente chiaro, capì come gli avversari che avevano affrontato fossero in realtà copie ma non per quale motivo l'Hokage si fosse ritrovato improvvisamente mutilato a Konoha Sacrificare UN te stesso? ripetè confusa Com'è possibile farlo? Per uscire dal rituale era necessario uccidere l'avversario, il tuo era il daymo? domando in maniera più retorica che altro, ascoltando la seconda parte del racconto e cominciando man mano a collegare: lo shinobi doveva aver in qualche modo cercato di uccidere in qualche modo a lei inspiegabile solo una parte di lui per non sacrificare il daymo, finendo però con lo scatenare una reazione totalmente diversa da quella che si aspettava. Era dunque quello il motivo della scritta che aveva visto non appena ritornata a Konoha quella notte.

    Rimase lunghi istanti in silenzio come faceva spesso dopo aver sentito il discorso riflettendo su quello che aveva appena sentito, osservandosi le mani che inconsciamente si stavano massaggiando appoggiate sulle gambe quasi tentasse di auto-confortarsi ed ignorando per il momento la domanda che la riguardava prima di tornare ad osservare gli occhi grigi dell'uomo Dunque il kyuubi è stato rapito da Shiro? E' un miracolo tu sia ancora vivo non sapeva come potesse essere successo ma gli occhi erano un chiaro segnale di come Raizen non fosse più un jinchuuriki ormai Hai fatto quello che ritenevi fosse meglio per il villaggio e per il continente del fuoco, ma non è andata come speravi. Errare è umano e noi lo siamo tutti, non penso sia diritto di nessuno crocefiggere qualcuno che ha sbagliato credendo che una sua azione fosse la soluzione più giusta per salvare tutti non sapeva se l'uomo stesse aspettando una sorta di giudizio da parte sua, ma espose ugualmente il suo pensiero a riguardo Ogni azione ha una conseguenza, e tu ne hai pagato pienamente il prezzo il suo sguardo passo velocemente sul braccio mozzato prima di tornare al viso Ma purtroppo ad averne pagate le conseguenze è stato anche Sho, e per questo è tuo dovere riprenderti per andare a salvarlo. E' dovere di tutti noi continuò seria: non aveva conosciuto il chunin prima della missione ma Shin le aveva spiegato come il rituale fosse stato spezzato solo grazie a lui, erano in molti a dovergli la vita. Ed anche se così non fosse stato, era loro indubbio compito salvare un compagno in difficoltà.Piangersi addosso non è mai la giusta soluzione, e lo dico da persona che lo ha fatto fin tropo spesso e continua a farlo quella frase non era rivolta solo all'hokage davanti a lei ma anche a se stessa: per quanto la ricomparsa improvvisa di sua madre l'avesse fatta crollare era consapevole che continuare a rimuginarci sopra senza agire l'avrebbe solo fatta affossare sempre di più e basta.

    Io? Non sto bene, questo mi pare ovvio. Credo di non essere mai stata così male in vita mia ammise rispondendo infine alla domanda senza vergognarsi di esprimere ciò che provava Rivedere mia madre viva è stato un duro colpo, ancora di più che sapere di essere sua figlia una settimana prima. Credo tu abbia letto dai rapporti come durante la missione con Jotaro sia andata proprio alla sua ricerca e come a Konoha fosse stato riportato il suo corpo, morto e senza occhi. Ciò che ho visto la scorsa notte va oltre mia umana comprensione... scosse la testa quasi stesse cercando di scacciare un pensiero che non voleva accettare.
    Ed è anche per questo che ho una richiesta...se dovesse esserci una missione di recupero di Sho a Cantha, vorrei partecipare domandò fissando l'uomo e lasciando intendere come fosse sicura di ciò che diceva e come ci avesse pensato a lungo Voglio aiutare il villaggio a recuperarlo e vorrei anche occuparmi di lei. Certo, ora sono ancora troppo debole... strinse i pugni ...ma pensò che la spedizione non partirà subito, dovrai riprenderti e così dovranno fare gli altri shinobi di Konoha, fino ad allora mi allenerò fino allo sfinimento per migliorare sempre di più. Quella donna è sangue del mio sangue ed è mia responsabilità occuparmi di lei dopo quello che ha fatto alla mia famiglia, al mio clan ed al mio villaggio. La missione doveva essere segreta, la sua stessa identità doveva rimanere segreta e non ne ho parlato con nessuno, ma purtroppo non sono proprio riuscita a trattenere le mie reazioni quando l'ho rivista e potrei aver fatto capire a Yato ed Oda più di quanto fosse necessario spostò lo sguardo verso la finestra della stanza, cercando di nascondere la vergogna che provava per l'essersi lasciata andare così tanto ai sentimenti davanti ai suoi compagni di battaglia. Una figura che non le rendeva di certo onore.
    Sospirò quasi a voler buttare fuori la sensazione prima di rivolgersi nuovamente a Raizen Vorrei anche conferma di ciò che è necessario fare alle mura. Ho letto l'avviso che è stato mandato, dunque dovrò ancora negare l'accesso a chiunque si presenti, shinobi o civile? Io...potrei aver bisogno di rinforzi allora ammise, abbassando il capo ed ingoiando ancora una volta l'orgoglio Sono appena una genin e per quanto io sia fra le più forti del mio grado difficilmente potrei competere con un chunin o con un jonin se qualcuno di loro volesse davvero entrare, e non vorrei che la mia debolezza fosse causa di guai per il villaggio... l'incontro con i ninja di Cantha le aveva fatto ben capire come fosse per lei impossibile contrastare qualcuno più forte di lei e realmente intenzionato ad entrare. E quella era una cosa con cui era sicura avrebbe dovuto fare i conti, prima o dopo.




     
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