Destino Incerto

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  1. Zakira
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    Passarono diversi giorni dal suo ricovero in ospedale. Aveva subito diverse fratture su tutto il corpo dopo la tremenda “caduta”. Durante la convalescenza cercò una spiegazione a quello che successe quella sera. Ma i suoi ricordi furono spezzati da vuoti di memoria.
    In un attimo si ritrovò sospesa in aria pronta a schiantarsi su quella che sembrò ai suoi occhi Konoha. L‘attimo dopo si ritrovò dolorante e seduta sul terreno ricoperta di sangue, cercando di muoversi ma fallendo miseramente. Come misero fu il tentativo di raggiungere il suo alleato, Sho, che venne portato via da uno strano individuo. Al suo risveglio ricordò perfettamente quella scena che rimase impressa nella sua mente. Non poteva dimenticare. Oppure non voleva.
    Durante i giorni in ospedale, oltre alle varie visite quotidiane di suo zio, ce ne fu una inaspettata. Quella di una giovane ragazza dai capelli e occhi neri. Fortunatamente, quella volta, ricordò perfettamente il suo volto, nonostante i traumi ricevuti. Kairi fortunatamente stava bene, ma gli altri? E l’Hokage?

    [...]

    Le fasce che coprivano le sue braccia e le sue gambe furono tolte dopo gli ultimi accertamenti. Aveva passato troppi giorni all’interno di quella stanza monocolore e non vedeva l’ora di uscire. Guardò dall’unica finestra della stessa, cominciando ad osservare in un punto indefinito. L’unica cosa che vedeva non era il via vai di persone, che entravano e uscivano dalla struttura ospedaliera, ma la sua immagine riflessa sul vetro. La voce dello zio la portò nuovamente alla realtà, aspettando sulla soglia la genin dai capelli rossi. Il suo viso, caratterizzato il più delle volte da un’espressione spensierata, quella volta era teso come una corda di violino. Ma Asami non indagò poichè anche lei cominciò a provare esattamente le sue stesse emozioni.
    Una volta tornata a casa, mai immaginava di trovare gli ospiti che, molto probabilmente, aspettavano il suo ritorno. Entrambi eleganti ma i loro volti, confrontati tra di loro, avevano due espressioni totalmente diverse. Un volto femminile, che esprimeva solo ed esclusivamente preoccupazione, anche se incorniciato da un trucco più o meno naturale e da gioielli lussuosi. Lo stesso per i vestiti, decorati da fantasie floreali di mille colori e dal tessuto, forse, un pò troppo pregiato. L’altro volto maschile, a differenza di quello femminile, fu totalmente impassibile. Come i suoi vestiti, che non si spostarono di un millimetro non appena la ragazza entrò all’interno della lussuosa villa.
    Non credeva di trovare i suoi genitori, arrivati a Konoha in occasione del funerale del Daimyo. L’uomo, esponente di una nobile famiglia, aveva calpestato le strade di Konoha solo in occasione di grossi affari commerciali in vista. La presenza del fratello all’interno del villaggio era più che sufficiente, dal punto di vista dell’uomo. Ma in un'occasione del genere la presenza della nobile famiglia, almeno parte di essa, era indispensabile poichè resiedevano all’interno del paese. La giovane Hoshiyama non credeva nemmeno in una sua partecipazione, rimanendo di stucco quando vide la maestosa figura del padre. Nonostante ciò si era presentato al villaggio, con la sua consorte, anche con un comportamento piuttosto arrogante agli occhi della giovane donna, che nel frattempo si sentiva piuttosto amareggiata dagli episodi che aveva vissuto in prima persona. La Hoshiyama sapeva perfettamente che la presenza del padre all’interno del villaggio era forzato e che, in realtà, non vedeva l’ora di lasciare la città non appena finito il funerale.

    [...]

    Tutti gli esponenti, come vuole la tradizione, erano vestiti di nero. Numerosi avevano raggiunto il cimitero di Konoha per assistere al funerale delle vittime sacrificate quella sera. Perfino dei bambini non riuscirono a scampare dalla follia di Shiro e dei suoi aiutanti. Con lo sguardo cercò d’intravedere qualcuno dei ninja che parteciparono alla missione. Ma l’unica figura che vide fu quella dell’Hokage. Vestito di nero, come tutti i presenti al cimitero, pronto a salutare coloro che persero la vita. La diciannovenne osservava i volti affranti dei genitori dei pargoli uccisi. Non poteva nemmeno immaginare il loro dolore. Il suo senso di colpa non poteva superare quello degli uomini e donne che dovevano dire addio ad una parte di loro. E le parole del Kage di Konoha, che arrivarono dritte all’interno della sua mente, furono colme di tristezza tanto da riuscire a provare lo stesso sentimento del capo-villaggio. Una sensazione paragonabile ad un cuore ferito che in quel momento nessuno poteva colmare. Un peso sulle spalle che non poteva essere alleggerito.
    La voce dell’Hokage ruppe finalmente il silenzio, rivolgendosi alla popolazione.
    La tristezza man mano si trasformò in speranza legate anche alle ultime parole che il Kage rivolse non solo a coloro che furono colpiti da quella drammatica tragedia, ma anche agli shinobi demoralizzati dalla missione che fu tutto al di fuori di una vittoria. Un sacrificio che potevano guidare i guerrieri della foglia verso la vittoria contro il nemico che li aveva sconfitti, soprattutto psicologicamente.
    Parole servite per non cadere nella tristezza più totale ma per reagire, nonostante le complicazioni che ognuno di loro stava affrontando in quel momento. Ma quello che era successo quella sera non doveva essere un ostacolo ma uno sprono a non mollare. Per non arrendersi di fronte alle avversità della vita. Per non lottare mai per se stessi ma per gli altri.

    [...]

    Toccò alla famiglia Hoshiyama a commemorare le vittime. I quattro si avvicinarono alle diverse tombe, iniziando da quella della guardia del Daimyo. Una cascata di fiori, diversi l’uno con l’altro, che molto probabilmente cercò invano di fermare la minaccia in arrivo all’interno del palazzo.
    Per ognuno dei bambini uccisi, il gruppo lasciò una camelia. Mentre per il nobile Daimyo numerosi crisantemi per onorarne la figura. Alla vista della tomba funebre il volto dell’aspirante medico non cambiò minimamente.

    -La famiglia Hoshiyama vi ricorderà con affetto. Auguro, alla vostra anima, di riposare in pace.-

    A parlare fu suo zio Bumi, che in quel gruppo rappresentava l’esponente più anziano della famiglia Hoshiyama. Commemorò la perdita dell’uomo restando inchinato di fronte al monumento funebre. Asami si limitò ad un solenne inchino per poi unirsi alla preghiera.
    Guardò la tomba un’ultima volta prima di ritornare al suo postofare spazio ai prossimi che dovevano commemorarla. Ripensò alle ultime parole dell’Hokage. Nessuno era solo.

    §Nessuno lo sarà.§

    Una volta ritornati tra i nobili, la genin della foglia spostò lo sguardo verso il padre che sembrò in quel momento piuttosto pensieroso. Perchè aveva quell’espressione? Stava aspettando la fine della cerimonia per andare via dal villaggio? Oppure stava ripensando alle parole del capo-villaggio?
     
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59 replies since 4/10/2017, 11:57   1379 views
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