Destino Incerto

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  1. Ryose
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    Quando vennero indetti i funerali fui uno dei primi a essere convocat, Raizen voleva unire gli shinobi rimasti far vedere che Konoha non era stata spezzata, o che perlomeno qualcuno aveva intenzione di rimettere insieme i cocci e mi disse che per parlare avrebbe utilizzato la comunicazione Mentale, ero stato ridotto al livello di un microfono, ma non mi importava.
    Mi presentai all’evento con abiti semplici, una casacca ninja nera e nessun ornamento, se trascuriamo il piccolo simbolo di Konoha, cucito in grigio sul petto, e il rosario che portavo sempre al collo. Mi ero rasato la barba, ma non ero riuscito a far niente per le occhiaie, ormai era molto che dormivo poco e male, ma probabilmente agli spiriti non sarebbe importato.

    Non appena tutte le varie famiglie fossero arrivate, attivai la tecnica della comunicazione mentale, modificando il sigillo mentre eseguivo il rituale, in modo da rendere possibile a Raizen la comunicazione con tutti gli altri invitati senza che io dovessi agire da centralino ogni volta.

    Trovavo che quello più che un funerale fosse diventato molto altro, era un evento mondano, gente che probabilmente fino a poco prima si sarebbe presa a coltellate, era tutta riunita lì in silenzio, ascoltando un Hokage di cui ormai non si fidava più.
    “Quanta ipocrisia, solo la metà di loro voleva bene al Daymio… e probabilmente meno della metà di loro vuole bene alla gente che vive qui…”
    Un pensiero rapido che girai a Raizen, avevo creato una stanza nella comunicazione Mentale attraverso cui solo io e lui potevamo comunicare, oltre la stanza principale attraverso cui Raizen parlava a tutti i presenti.
    Lasciai parlare Raizen, ascoltando distrattamente, era giusto piangere i morti, anche perché evitata tutta una serie di eventi spiacevoli come il ritorno di fantasmi assetati di sangue e simile, ma nessuno lì pensava ai vivi. Nessuno aveva pensato a Sho, ma io non potevo dimenticare che mio fratello era vivo, da qualche parte.

    Nessuno è solo

    “Sho lo è”
    Lasciai andare quel pensiero involontariamente, non aveva il tono di una ripicca, volevo soltanto riportare la mente di Raizen sulle cose importanti.

    Mi unii alla fila in direzione delle bare, giunsi le mani sussurrando una piccola preghiera, terminandola con un per favore, non tornate più. Io sorrisi. I bambini dal collo segnato di rosso mi sorrisero, per poi sparire, pazzesco che nessuno li riuscisse a vedere.
     
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