Destino Incerto

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  1. Waket
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    IV



    Le sue parole non riuscirono a convincere il Colosso, almeno in un primo momento. Ancora si addossava ogni colpa. Forse non era un gesto da sottovalutare: prendersi carico di certe responsabilità sigificava anche rendersi conto dei propri errori. Youkai continuava a pensare che si stesse colpevolizzando più del dovuto, ma non poteva certo costringerlo ad affrontare il problema come avrebbe fatto lui. Si sforzò di rispettare la sua decisione, leggermente deluso da se stesso per non essere nemmeno riuscito a risollevare il morale al proprio Hokage.
    Il ringraziamento gli fece alzare la testa, sorpreso. Forse qualcosa era riuscito a fare. Anche il solo il farlo rendere conto che non era solo poteva dirsi un ottimo traguardo. A Youkai sfuggì un sorrisetto, prima di alzarsi dalla sedia, congedandosi.

    Io vado. So che ci sono altre persone che aspettano una visita. ...Se dovessi aver bisogno, fammi sapere.


    Come tutti gli altri konohaniani, Youkai si sarebbe presentato al funerale, mantenendo un profilo basso. Ancora si vergognava nel venir chiamato "shinobi", non avendo partecipato a quella catastrofe. Forse la sua presenza avrebbe potuto cambiare le cose. Non riusciva a perdonarsi la sua assenza, doveva smetterla di tirarsi indietro ad ogni occasione. Desolato, sarebbe rimasto in disparte rispetto agli altri ninja, silenzioso, invisibile. L'Hokage prese ben presto parola, aiutato telepaticamente dal fratello di Sho, in quei giorni sulla bocca di tutti. L'aura di tristezza che avvolse il pubblico colpì anche lui, facendolo lacrimare contro la sua volontà. Si domandò se quella fosse una sensazione provata da Raizen o da Oda, essendo il secondo il creatore. Sicuramente perdere un membro della famiglia non doveva essere facile.
    Il silenzio calò tra i presenti, solo un leggero brusio, qualche sussurro di condoglianze, per i genitori delle vittime, bambini e Damiyo. Qualche voce però sembrava più forte delle altre, o solo più vicina. Youkai si voltò di scatto, sentendo un brivido sul collo. Giurava di aver sentito qualcuno parlargli, dicendogli che quello non era il suo posto. I suoi occhi porpora vagarono tra le persone, confusi: nessuno lo stava guardando. Insicuro di cosa fosse successo, credette di esserselo immaginato. Ultimamente si stava colpevolizzando parecchio, forse era solo la sua coscienza che voleva farlo sentire in colpa.

     
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